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TAR SICILIA, Catania, Sez. II, 5 novembre 2007, sentenza n. 1801
 

CACCIA - Rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia - Diniego - Impugnazione - Associazioni venatorie - Intervento ad adiuvandum - Interesse azionato - Tutela e sviluppo dell’esercizio della caccia - Inammissibilità dell’intervento. E’ inammissibile l’intervento ad adiuvandum (spiegato, nella specie, da Assoarmieri e Comitato Nazionale Caccia e Natura), nel ricorso avverso il provvedimento di diniego al rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, ove l’interesse azionato dalle associazioni sia volto alla tutela di interessi di carattere economico o di sviluppo dell’esercizio della caccia. Nel determinare i requisiti di carattere soggettivo per il rilascio della licenza di porto di fucile e nel valutare, nel caso concreto la sussistenza di tali requisiti da parte dell’organo che è preposto al rilascio e/o alla revoca del titolo autorizzatorio, vengono perseguiti infatti fini di interesse pubblico, quali la difesa dell’ordine pubblico mediante una ponderata e rigorosa disciplina delle armi di uso privato, che non collidono con gli interessi azionati dalle associazioni intervenute le quali nessun pregiudizio ricavano dal provvedimento impugnato. Pres. Vitiello, Est. Leggio - G.G. (avv. Russo) c. Ministero dell’Interno e Questura della Provincia di Catania (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. II - 5 novembre 2007, n. 1801

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA, SEZIONE STACCATA DI CATANIA - SEZIONE SECONDA INTERNA,


N. 1801/2007 Reg. Sent.

N. 1370/06 Reg. Gen.


composto dai Signori Magistrati:


DOTT. Italo Vitellio - Presidente
DOTT. FRANCESCO BRUNO REFERENDARIO
DOTT. Giuseppa Leggio - Referendario, rel. est.

ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA


sul ricorso n. 1370/2006 R.G., proposto da GIUSA Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Russo, presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Catania, Viale Libertà n.160,


CONTRO


Il MINISTERO DEGLI INTERNI, in persona del Ministro pro tempore e il QUESTORE DELLA PROVINCIA DI CATANIA, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria ex lege,


E NEI CONFRONTI
della ASSOARMIERI e del C.N.C.N.( Comitato nazionale caccia e Natura ), ciascuno in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Angelo Russo con domicilio eletto in Catania, Viale Libertà n.160, che propongono
INTERVENTO AD ADIUVANDUM


PER L'ANNULLAMENTO


- del decreto del Questore della provincia di Catania del 31.01.2006, notificato in data 13.02.2006, con il quale è stata rigettata l’istanza presentata dal ricorrente per il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e l’atto di intervento spiegato ad adiuvandum;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del giorno 4 luglio 2007, la dott.ssa Giuseppa Leggio;


Uditi altresì gli avvocati delle parti come da verbale di udienza;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO


Con provvedimento datato 31 gennaio 2006 il Questore della Provincia di Catania decretava il rigetto dell’istanza presentata dal ricorrente per il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, ritenendo che quest’ultimo non desse sicuro affidamento di non abusare del titolo di PS. sul presupposto delle vicende giudiziarie occorse al figlio convivente Giusa Carmelo,deferito all’A.G. per rissa ed arrestato per spaccio di sostanze stupefacenti.


Il provvedimento descritto è stato impugnato dal ricorrente sulla scorta delle seguenti censure:
VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 11 E 43 R.D. N.773 DEL 18/6/1931- DIFETTO DI MOTIVAZIONE- INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI ED ERRONEA VALUTAZIONE DEGLI STESSI- ILLOGICITA’ MANIFESTA- CONTRADDITTORIETA’ E INGIUSTIFICATA DISPARITA’ DI TRATTAMENTO- CARENZA DI ISTRUTTORIA- VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE-
Afferma il ricorrente che non sussiste nessuna delle condizioni per il diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile di cui è titolare, in quanto non ha riportato condanne penali e non è stato provato non solo che il ricorrente abbia abusato delle armi, ma neanche che lo stesso non dia affidamento di non abusarne, tale convincimento non potendo trarsi dal mero rapporto di parentela con il figlio, ove non sia supportato da seri ed oggettivi elementi che evidenzino la “pericolosità sociale” del ricorrente.
Mancherebbe poi nel caso di specie una congrua istruttoria ed una congrua motivazione, necessaria quando, come nel caso di specie, si incide negativamente sulla situazione giuridica del privato.
I presupposti su cui si fonda l’atto impugnato sarebbero inadeguati a legittimarlo, in quanto l’unica circostanza dedotta, ossia il rapporto di parentela con il figlio, non afferisce a comportamenti del ricorrente sintomatici di un carattere violento o tale da suscitare fondato allarme di abuso delle armi; inoltre, il Sig. Carmelo Giusa, figlio del ricorrente, risulta incensurato e senza carichi pendenti, ed ancora, il ricorrente non ha alcun contatto con il figlio il quale vive e lavora in Emilia Romagna da oltre due anni.
Ne deriva, ad avviso del ricorrente, che tale parentela non ha mai inciso sulla condotta sociale di quest’ultimo,assolutamente irreprensibile, tanto è vero che la licenza di porto di fucile è sempre stata regolarmente rinnovata.


Le Amministrazioni intimate, costituite in giudizio, hanno chiesto il rigetto del ricorso.


L’ASSOARMIERI e il C.N.C.N., intervenuti ad adiuvandum, insistono per l’accoglimento del ricorso in epigrafe.


Alla pubblica udienza del giorno 4 luglio 2007 la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO


Il Collegio in via preliminare valuta l’intervento ad adiuvandum spiegato dalla ASSOARMIERI e dal C.N.C.N. e ne riscontra la inammissibilità per carenza di interesse.
L’interesse azionato dalle associazioni intervenute è di carattere economico e di tutela e di sviluppo dell’esercizio della caccia, interessi questi che non risultano minimamente pregiudicati dal provvedimento impugnato, col quale viene negato il rinnovo di una licenza di porto di fucile sul presupposto che sono venuti meno in capo al suo titolare i requisiti prescritti dalla legge.


Nel determinare i requisiti di carattere soggettivo per il rilascio della licenza di porto di fucile e nel valutare, nel caso concreto la sussistenza di tali requisiti da parte dell’organo che è preposto al rilascio e/o alla revoca del titolo autorizzatorio, vengono perseguiti fini di interesse pubblico, quali la difesa dell’ordine pubblico mediante una ponderata e rigorosa disciplina delle armi di uso privato, che non collidono con gli interessi privati azionati dalle associazioni intervenute le quali, pertanto, nessun pregiudizio ricavano dal provvedimento impugnato col ricorso introduttivo.


Rilevata la inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum spiegato nel presente giudizio, si procede all’esame congiunto delle censure poste a fondamento del ricorso e se ne riscontra la infondatezza.


Sulla questione consistente nello stabilire se la mancanza di "affidamento di non abusare delle armi", di cui all'ultimo comma dell'art. 43 del T.U.L.P.S.,approvato con T.U. 18 giugno 1931 n. 773, possa essere riscontrata sulla base dell'esistenza di un rapporto di parentela dell'interessato con soggetti indiziati o autori di  attività illecite, la giurisprudenza ha, in linea generale,affermato che per il diniego della licenza di porto d'armi (come per la sua revoca) non occorre che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto, sulla base di un giudizio probabilistico delle circostanze che lo hanno visto coinvolto, non dia affidamento di non abusarne ( Consiglio di Stato, sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6347).


La lettura dell'art. 43 T.U.P.S., in ordine al necessario riscontro dell'affidabilità al buon uso delle armi da parte del titolare dell'autorizzazione di porto e custodia di armi, impone peraltro non solo una ricognizione della personalità del titolare stesso, ma altresi l'accertamento e l'evidenza di tutte le circostanze di fatto in ordine ad elementi di probabilità sul corretto esercizio del dovere di custodia delle armi, onde evitare la sottrazione delle stesse ad opera di soggetti non autorizzati, con presumibile
pericolo per la pubblica incolumità.


Più in particolare, con riferimento a fattispecie simili a quella in esame, è stato rilevato che legittimamente l'amministrazione revoca il porto d'armi ad un soggetto, pur essendo questi incensurato, solo perché é parente di un pregiudicato, nel timore che quest'ultimo possa esigere, vantando diritti morali, aiuto da parte dei suoi congiunti, anche solo nella fornitura delle armi (Tar Reggio Calabria, 21 marzo 2003 n. 226; Tar Valle d'Aosta, 14 novembre 2001 n. 177; Tar Palermo, 13 ottobre 1999 n. 1978; Tar Catanzaro, 28 settembre 1998, n. 811).


Ora,nel caso di specie, risulta per tabulas, contrariamente a quanto dichiarato in ricorso, la situazione di convivenza del ricorrente con il figlio Giusa Carmelo ( cfr documento n. 5 della documentazione depositata dall’Avvocatura); ritiene il Collegio che trattasi di elemento significativo, che incide sull’affidamento che il ricorrente non faccia abuso delle armi in suo possesso,determinandosi pertanto, il venir meno in capo al Giusa del requisito predetto.


Le argomentazioni dell’Autorità procedente contenute nella motivazione del provvedimento impugnato, laddove si ritiene che debba essere presa in considerazione soprattutto “la situazione e la condizione personale del soggetto, con riferimento anche all’ambiente sociale e familiare in cui concretamente si esplica la sua vita di relazione ove sia dimostrata la capacità o la possibilità di incidenza di detto ambiente sul modus agendi dell’interessato, al fine di valutare se esista pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica sulla base di un giudizio ex ante circa la possibilità e la capacità del soggetto di abusare delle armi”, sono da ritenere assolutamente idonee a supportare quel giudizio ampiamente discrezionale di possibile rischio di abuso del titolo che la legge affida espressamente alla valutazione dell’Autorità di P.S. nella delicata attività di emissione delle autorizzazioni aventi ad oggetto le armi.


La valutazione operata dalla PA appare quindi sorretta da un valido referente normativo, e corredata da adeguata motivazione.


Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.


Motivi di equità inducono il Collegio a compensare le spese del giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sez. seconda, rigetta il ricorso in epigrafe.
Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2007.
 

L'ESTENSORE
Dott.ssa Giuseppa Leggio
IL PRESIDENTE
Dott. Italo Vitellio

 

Depositata in Segreteria il 05 novembre 2007
 


 

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