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TAR SICILIA, Palermo, Sez. I, 5 novembre 2007, sentenza n. 2511
RIFIUTI - Autorità d’Ambito - Art. 201 D.Lgs. n. 152/2006 - Procedure per il
conferimento del servizio - D.M. 22164/2006 - Inapplicabilità. Ai sensi
dell’art.201 D.Lgs.152/06, per l’istituzione delle neo “Autorità d’Ambito
Territoriale Ottimale”, le quali svolgono essenzialmente funzioni di
organizzazione e controllo e sono preposte alla organizzazione del servizio (non
anche alla effettiva gestione dello stesso), è previsto un termine di sei mesi
dalla entrata in vigore della parte IV: nelle more sono fatte salve (ai sensi
del successivo art.204) le “gestioni” esistenti. Peraltro, le procedure
individuate dal D.M. 2/5/2006 n. 22164 per il conferimento del servizio, non
sono attualmente applicabili, anche in ragione del fatto che detto decreto è
stato dichiarato “non produttivo di effetti” (giusto comunicato del Ministero
dell’Ambiente del 26/06/2006 in G.U.R.I. n.146 del 26/6/2006) in quanto non
preventivamente sottoposto al parere obbligatorio della Corte dei Conti. Pres.
Giallombardo, Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao e Serra) c. SOGEIR
Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e Mangano) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I
- 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Servizio pubblico - Art. 113 D.Lgs. n. 267/2000 - Gestione degli
impianti - Erogazione del servizio - Modalità di conferimento -
Esternalizzazione, “autoproduzione”, società mista. L’art.113 D.Lgs 267/00
differenzia nettamente la disciplina della gestione (separata dall’erogazione
del servizio) delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali
dell’ente locale (co.4 art.113 cit.), da quella afferente l’erogazione del
servizio che, in conformità alla previsioni comunitarie in materia di
concorrenza, deve essere conferito: a) a società di capitali individuate
attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a
società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga
scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che
abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia
di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti
attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale
interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del
capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante
della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. In
ragione della normativa in parola, possono quindi essere individuati tre
differenti modelli organizzativi. Ai due estremi si posizionano le contrapposte
soluzioni riconducibili 1) alla c.d. esternalizzazione (variamente definita con
il termine outsourging o contracting out) del servizio, in cui l’amministrazione
si rivolge al privato, scelto attraverso gara (art.113 co.5 lett.a); ovvero 2)
alla c.d. autoproduzione del bene o del servizio da erogare, mercè il ricorso
alla propria compagine organizzativa e senza apertura a terzi e al mercato. Tra
i differenti opposti, si posizione il modello riconducibile alla c.d. “società
mista” (art.113 co.5 lett.b cit.), a prevalente partecipazione pubblica, in cui
il socio privato è scelto con procedura di evidenza pubblica. Pres. Giallombardo,
Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a.
(avv.ti Pitruzzella e Mangano) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre
2007, n. 2511
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - In house providing - Partecipazione
pubblica totalitaria - Necessità - Esclusione - Giurisprudenza comunitaria.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee (causa
C-107/98 - Teckal, C-26/03 - Stadt Halle e RPL Lochau; C 231/03; C 458/03;
C-29/04; C-410/04; C-340/04; C-220/05) ha delineato i contorni dell’istituto
dell’in house providing, precisando che la partecipazione pubblica totalitaria è
condizione necessaria ma non sufficiente per la compatibilità del modello con le
regole comunitarie. Queste ultime possono essere legittimamente derogate ove si
dia prova che l’ente locale possa in concreto esercitare idonei mezzi di
controllo sulla società in house, in misura più penetrante di quanto previsto
dal diritto civile. Gli indici rivelatori del c.d. controllo analogo sono
individuabili come segue: - il consiglio di amministrazione della società in
house non deve avere rilevanti poteri gestionali e l’ente pubblico deve poter
esercitare maggiori poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce
alla maggioranza sociale; - l’impresa non deve aver “acquisito una vocazione
commerciale che rende precario il controllo” da parte dell’ente pubblico (tale
vocazione risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale;
dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali;
dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e
all’estero: cfr., in tal senso, le già citate sentenze 13 ottobre 2005, causa C
458/03 - Parking Brixen GmbH e 10 novembre 2005, causa C-29/04 - Mödling o
Commissione c/ Austria); - le decisioni più importanti devono essere sottoposte
al vaglio preventivo dell’ente affidante (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V,
decisione 8 gennaio 2007, n. 5, in cui si afferma che se il consiglio di
amministrazione ha poteri ordinari non si può ritenere sussistere un “controllo
analogo”); - il controllo analogo si ritiene escluso dalla semplice previsione
nello statuto della cedibilità delle quote a privati (tra le tante cfr.Tar
Puglia, 8 novembre 2006, n. 5197; Consiglio di Stato, V sez., 30 agosto 2006, n.
5072). La stessa giurisprudenza comunitaria ha inoltre precisato che, in
astratto, non è escluso un “controllo analogo” anche nel caso in cui il
pacchetto azionario non sia detenuto direttamente dall’ente pubblico, ma
indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding)
posseduta al 100% dall’ente medesimo. Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune
di Sciacca (avv.ti Armao e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e
Mangano) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Pubblica amministrazione - Società mista - Riconducibilità al modello
dell’in house providing - Esclusione - Parere Cons. Stato n. 456/07. Il
modello organizzativo della società mista non è riconducibile all’in house
providing (cfr. Consiglio di Stato, parere n.456/07 del 18/04/2007, nonchè Corte
di Giustizia C.E. del 6 aprile 2006, causa C-410/04 - ANAV c/o Comune di Bari:
“se la società concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al
capitale privato, tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di
gestione «interna» di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la
detiene”). Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao e
Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e Mangano) - T.A.R. SICILIA,
Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
RIFIUTI - Affidamento di servizi pubblici - Società mista - Compatibilità con il
sistema comunitario - Condizioni. Nell’ambito dell’affidamento di servizi
pubblici, il modello “società mista” è percorribile (in un’ottica di
compatibilità con il sistema comunitario e semprechè siano ravvisabili congrue
ragioni per non procedere ad un affidamento integrale esterno) in presenza di
adeguate garanzie, ossia: 1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara
per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui
quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, che concorre
materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso; 2)
che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del
periodo di affidamento” (in tal senso, soccorre già una lettura del comma 5,
lett. b), dell’art. 113 t.u.e.l. in stretta connessione con il successivo comma
12), evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista,
possibilmente prevedendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio
privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con
liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva
tara egli risulti non più aggiudicatario (così letteralmente C.d.S., sez.II,
parere cit.). Pres. Giallombardo, Est. Valenti - Comune di Sciacca (avv.ti Armao
e Serra) c. SOGEIR Ag 1 s.p.a. (avv.ti Pitruzzella e Mangano) - T.A.R.
SICILIA, Palermo, Sez. I - 5 novembre 2007, n. 2511
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA SICILIA
Sezione Prima
N. 2511/07 Reg. Sent.
N. 1355 Reg. Gen.
ANNO 2006
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso N. 1355/2006 Sezione Prima, proposto da: Comune di Sciacca, in
persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli
Avv.ti. Gaetano Armao e Avv.Antonino Serra, elettivamente domiciliato in
Palermo, via Noto 12, presso lo studio del primo,
C O N T R O
- la Società “SO.GE.I.R. AG.1 S.p.A.” - Gestione Integrata dei Rifiuti ATO AG 1,
in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli
Avv.ti Giovanni Pitruzzella e Massimiliano Mangano, presso lo studio dei quali
in Palermo, via N. Morello 40, è elettivamente domiciliato;
E NEI CONFRONTI
- della Società “SO.GE.I.R. Gestione T.I.A. S.p.A.”, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Girolamo Rubino
presso il cui studio in Palermo, via Oberdan 5, è elettivamente domiciliata;
- della Provincia Regionale di Agrigento e dei Comuni di Alessandria della
Rocca, Bivona, Burgio, Calamonaci, Caltabellotta, Cattolica Eraclea, Cianciana,
Lucca Sicula, Menfi, Montevago, Ribera, S. Margherita Belice, S. Stefano di
Quisquina, Sambuca di Sicilia, S. Biagio Platani, Villafranca Sicula, in persona
dei rispettivi rappresentanti legali p.t., non costituiti in giudizio;
PER L’ANNULLAMENTO
- del bando di gara, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 18 del 5.5.2006 avente ad
oggetto: “Selezione del socio di minoranza per la partecipazione mediante
acquisto del 49% del capitale sociale della “SO.GE.I.R. Gestione T.I.A. S.p.A.”,
società costituita da “SO.GE.I.R. AG 1 S.p.A.”, società a totale partecipazione
pubblica, per la gestione ordinaria, la liquidazione, l’accertamento e la
riscossione della T.I.A. determinata dalle ATO;
VISTO il ricorso introduttivo, notificato in data 21.06.06 e depositato in data
03.07.06, con i relativi allegati;
VISTA la costituzione in giudizio della “S.O.GE.I.R. AG1 S.p.A.” e le successive
memorie;
VISTA la costituzione in giudizio della “SO.GE.I.R. Gestione T.I.A. S.p.A.” e le
relative memorie;
VISTA l’ordinanza n.810 del 17.06.06 sulla domanda cautelare, in seguito
riformata in appello dal C.G.A. giusta ordinanza n. 706 del 08/09/06;
VISTA l’ordinanza n.23 del 29 gennaio 2007 di integrazione del contraddittorio
nei confronti degli ulteriori enti controinteressati, eseguita in data 4-4-2007;
VISTI gli atti tutti di causa e le memorie conclusive di parte;
Designato relatore alla udienza pubblica del 3 luglio 2007 il Referendario Dott.
Roberto Valenti;
Udito l'Avv.to G. Armao per il Comune ricorrente, l’Avv.to M.B. Miceli, su
delega dell’Avv.to G. Pitruzzella per la “SO.GE.I.R. AG.1 S.p.A.” e l’Avv.to D.
Piazza, su delega dell’Avv.to G. Rubino per la “SO.GE.I.R. Gestione T.I.A.
S.p.A.”;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Premette il Comune ricorrente che in ossequio alle norme in materia di gestione
dei unitaria ed integrata dei rifiuti, di cui all’art.23 D.Lgs.22/97 (cd.
Decreto Ronchi) sono stati individuati in Sicilia gli “Ambiti territoriali
Ottimali” - A.T.O. - (ord.280 del 19 aprile 2001 del Presidente della Regione -
Comm. Straordinario Emergenza rifiuti). Con successiva ordinanza commissariale
n.1069 del 28/11/2002, sono state dettate le disposizioni per costituzione delle
società d’ambito per la gestione integrata del servizio.
Con particolare riferimento al caso di specie, ed in ragione della normativa di
settore, è stata quindi istituita la Società d’ambito “So.Ge.I.R. Ag. 1 S.p.a.”
tra la Provincia di Agrigento ed i Comuni rientranti nel contesto dell’A.T.O.
Ag.1, avente lo scopo di assicurare la gestione unitaria ed integrata dei
rifiuti nel contesto del suddetto A.T.O.. Successivamente i singoli Comuni del
comprensorio, tra cui compare anche il Comune di Sciacca, hanno stipulato con la
predetta So.Ge.I.R. AG.1 S.p.A. i singoli contratti aventi ad oggetto
l’affidamento del servizio di gestione e smaltimento.
Con delibera dell’11 giugno 2005 il Consiglio di Amministrazione della
So.Ge.I.R. Ag.1 S.p.A. ha dato mandato al Presidente di costituire, secondo il
modello del “in house providing” e ai sensi dell’art.113 D.Lgs.267/00, tre
società di scopo: per la parte che qui rileva, è stata prevista la costituzione
di una società di scopo, a totale partecipazione pubblica, per la gestione della
T.I.A. - Tariffa Igiene Ambientale. A tal fine veniva quindi istituita la
“So.Ge..I.R. TIA S.p.A.”, giusto atto notarile del 7 luglio 2005 in atti. In
seguito, in data 2 marzo 2006, veniva stipulata apposita “convenzione -
contratto” tra la “So.Ge.I.R.-AG.1 S.pA.” e la “So.Ge.I.R.-TIA S.p.A.” della
durata ventennale (cfr. art.12 della relativa convenzione) per l’affidamento del
servizio di gestione ordinaria, liquidazione, accertamento e riscossione della
T.I.A.. Ai sensi della stessa convenzione, la predetta Società di scopo si è
impegnata ad accettare il subentro nel capitale sociale di un partner privato
nella misura del 49%, come individuato a seguito dell’espletamento di procedura
di evidenza pubblica, al fine di far assumere a detta società la configurazione
sociale di società mista ex art. 113 co.5 lett.b D.Lgs.267/00.
Con il bando pubblicato sulla G.U.R.S. del 5 maggio 2006 n.18, la
“So.Ge.I.R.-AG.1 S.p.A.” ha indetto una gara per l’individuazione del socio di
minoranza cui conferire il 49% del capitale sociale della “So.Ge.I.R.-TIA
S.p.A.”.
Con ricorso introduttivo, il Comune di Sciacca ha proposto gravame avverso il
bando in premessa chiedendone l’annullamento, previa sospensione degli effetti,
articolando le censure della violazione di legge, sotto diversi profili, nonché
per la violazione dei principi comunitari in tema di concorrenza, oltre che
all’eccesso di potere per illogicità manifesta.
Per resistere al ricorso si costituiva la “So.Ge.I.R.-AG.1 S.p.A.” articolando
difese, chiedendo il rigetto della domanda cautelare e nel merito del ricorso,
siccome infondato.
Si costituiva altresì la “So.Ge.I.R.- Gestione T.I.A. S.p.A.” chiedendo il
rigetto del gravame.
Con ordinanza n.810 del 17 luglio 2006 la domanda cautelare era rigettata ed in
seguito riformata dal C.G.A su appello del Comune ricorrente, anche ai fini
della fissazione dell’udienza di discussione, giusta ordinanza n. 706
dell’8.9.06., “atteso l’orientamento espresso in ultimo dal medesimo organo
sulla alla necessità della doppia gara per l’individuazione del socio privato di
minoranza e per il conferimento del servizio”.
Con ordinanza n.23 del 29.1.07 veniva disposta l’integrazione del
contraddittorio nei confronti di tutti gli altri enti territoriali facenti parte
del medesimo A.T.O.: detta ordinanza è stata eseguita in data 4-4-07.
Alla pubblica udienza del 3 luglio 2007, presenti le parti come da verbale, il
ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1. Si controverte sulla asserita illegittimità del bando predisposto dalla
“So.Ge.I.R.-AG1 S.p.A.” per la individuazione del socio privato cui conferire il
49% del capitale sociale della “So.Ge.I.R.- Gestione TIA S.p.A.” (interamente
detenuto dalla prima) ai fini della gestione del servizio di liquidazione e
riscossione delle T.I.A. nell’ambito dell’ATO.1 di Agrigento.
1.1 La tematica che qui ci occupa rientra nel più ampio contesto della materia
afferente i servizi pubblici locali, come disciplinati dal D.Lgs.267/00, le cui
norme risultano in parte qua applicabili in Sicilia in ragione del rinvio
dinamico agli artt.22, 23, 24, 25, 26 e 27 L.142/90, come recepiti con modifiche
dalla L.r.48/91, secondo la nuova previsione dell’art.37 l.r.7/92, come
modificato dall’art..47 co.2 l.r.26/93.
1.2 Ciò posto, lamenta parte ricorrente l’illegittimità del bando in epigrafe in
quanto emesso in violazione di legge, con espresso riferimento alle nuove
disposizioni introdotte dal D.Lgs.152/06 in materia di servizio di smaltimento
dei rifiuti: in particolare, ai sensi dell’art.201 e 202 del D.Lgs. cit, le
(neo) istituite “Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale”, svolgono
essenzialmente funzioni di organizzazione e controllo e sono preposte alla
organizzazione del servizio (non anche alla effettiva gestione dello stesso)
attraverso il conferimento del medesimo secondo le procedure e le modalità di
cui al D.M. da emanarsi all’uopo. In particolare, in forza del D.M 2/5/2006
n.22164 l’unica modalità di conferimento del predetto servizio, in difformità
alla molteplicità delle forme previste in via generale dall’art.113 co.5
D.Lgs.267/00, è quella prevista dalla lett.a co.5 art.113 cit: ossia
conferimento a società privata a mezzo di gara pubblica.
1.3 La censura, così come articolata, risulta priva di pregio.
In primo luogo si osserva che il bando impugnato è stato pubblicato in G.U.R.S.
del 18/05/2006. Ebbene, ai sensi dell’art.201 D.Lgs.152/06 per l’istituzione
delle neo “Autorità d’ambito” è previsto un termine di sei mesi dalla entrata in
vigore della parte IV dello stesso decreto (pubblicato in G.U.R.I. 14 aprile
2007 n.88, suppl.ord. n.96): nelle more sono fatte salve (ai sensi del
successivo art.204) le “gestioni” esistenti, tra cui non può non ricomprendersi
quella della “So.Ge.I.R. Ag.1 S.p.A”.
Inoltre, come rilevato dalle Società resistenti, le norme calendate non
risultano utilmente applicabili alla questione qui esame, anche in ragione del
fatto che D.M. 2/05/06 cit. è stato dichiarato “non produttivo di effetti”
(giusto comunicato del Ministero dell’Ambiente del 26/06/2006 in G.U.R.I. n.146
del 26/6/2006) in quanto non preventivamente sottoposto al parere obbligatorio
della Corte dei Conti.
2. Sotto altro profilo, il Comune resistente censura l’illegittimità della bando
in quanto emesso in palese violazione delle regole comunitarie in materia di
concorrenza, come integrate dalla copiosa giurisprudenza comunitaria e nazionale
in tema di c.d. controllo analogo per le ipotesi di affidamento del servizio
attraverso il modulo del “in house providing”.
La censura merita approfondimento.
2.1 Sul piano normativo si osserva preliminarmente che l’art.113 D.Lgs 267/00 -
applicabile in specie per quanto già illustrato - differenzia nettamente la
disciplina della gestione (separata dall’erogazione del servizio) delle reti,
degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali dell’ente locale (co.4
art.113 cit.), da quella afferente l’erogazione del servizio che, in conformità
alla previsioni comunitarie in materia di concorrenza, deve essere conferito:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con
procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato
venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie
in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità
competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti
pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo
analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la
parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che
la controllano.
2.2. In ragione della normativa in parola, possono quindi essere individuati tre
differenti modelli organizzativi. Ai due estremi si posizionano le contrapposte
soluzioni riconducibili 1) alla c.d. esternalizzazione (variamente definita con
il termine outsourging o contracting out) del servizio, in cui l’amministrazione
si rivolge al privato, scelto attraverso gara (art.113 co.5 lett.a); ovvero 2)
alla c.d. autoproduzione del bene o del servizio da erogare, mercè il ricorso
alla propria compagine organizzativa e senza apertura a terzi e al mercato.
Tra i differenti opposti, si posizione il modello riconducibile alla c.d.
“società mista” (art.113 co.5 lett.b cit.), a prevalente partecipazione
pubblica, in cui il socio privato è scelto con procedura di evidenza pubblica.
2.3. Giova sin da adesso evidenziare quanto la disciplina normativa
dell’evidenza pubblica, già conosciuta dal nostro ordinamento per la tutela
della p.a. nella individuazione del “miglior contraente”, assuma oggi una
differente connotazione in ragione dei principi comunitari in materia di
concorrenza e di accesso al mercato.
2.4. Ciò posto, l’adozione del modello organizzativo che preclude il ricorso al
mercato (e alle regole dell’evidenza pubblica) è stato ritenuto compatibile con
le regole comunitarie in materia di concorrenza a patto che l’amministrazione
eserciti sul soggetto aggiudicatario “un controllo analogo” a quello esercitato
sui propri servizi, di guisa tale che quest’ultimo non può essere considerato
“terzo” rispetto all’amministrazione. Tale modello è stato definito con
l’espressione in house providing già dal libro bianco sugli appalti del 1998.
2.5. La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee (sin
dalla prima pronunzia in subiecta materia risalente al 18 novembre 1999, causa
C-107/98 - Teckal, cui hanno fatto seguito le sentenze: 11 gennaio 2005, causa
C-26/03 - Stadt Halle e RPL Lochau; 21 luglio 2005, causa C 231/03 - Corame; 13
ottobre 2005, causa C 458/03 - Parking Brixen GmbH; 10 novembre 2005, causa
C-29/04 - Mödling o Commissione c/ Austria; 6 aprile 2006, causa C-410/04 - ANAV
c/o Comune di Bari; 11 maggio 2006, causa C-340/04 - Carbotermo; 18 gennaio
2007, causa C-220/05 - Jean Auroux) ha delineato i contorni dell’istituto de
quo, precisando che la partecipazione pubblica totalitaria è condizione
necessaria ma non sufficiente per la compatibilità del modello “in house
providing” con le regole comunitarie. Queste ultime possono essere
legittimamente derogate ove si dia prova che l’ente locale possa in concreto
esercitare idonei mezzi di controllo sulla società in house, in misura - per
certi aspetti - più penetrante di quanto previsto dal diritto civile. Sono stati
quindi individuati, sia dalla giurisprudenza comunitaria che nazionale, gli
indici rilevatori del c.d. controllo analogo, così come di seguito riassumibili:
- il consiglio di amministrazione della società in house non deve avere
rilevanti poteri gestionali e l’ente pubblico deve poter esercitare maggiori
poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza
sociale;
- l’impresa non deve aver “acquisito una vocazione commerciale che rende
precario il controllo” da parte dell’ente pubblico (tale vocazione risulterebbe,
tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria
della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale
dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero: cfr., in tal senso,
le già citate sentenze 13 ottobre 2005, causa C 458/03 - Parking Brixen GmbH e
10 novembre 2005, causa C-29/04 - Mödling o Commissione c/ Austria);
- le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo
dell’ente affidante (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, decisione 8 gennaio 2007,
n. 5, in cui si afferma che se il consiglio di amministrazione ha poteri
ordinari non si può ritenere sussistere un “controllo analogo”);
- il controllo analogo si ritiene escluso dalla semplice previsione nello
statuto della cedibilità delle quote a privati (tra le tante cfr.Tar Puglia, 8
novembre 2006, n. 5197; Consiglio di Stato, V sez., 30 agosto 2006, n. 5072).
2.6 Tuttavia la stessa giurisprudenza comunitaria ha altresì precisato che, in
astratto, non è escluso un “controllo analogo” anche nel caso in cui il
pacchetto azionario non sia detenuto direttamente dall’ente pubblico, ma
indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding)
posseduta al 100% dall’ente medesimo, anche se non si è mancato di specificare
che tale forma di partecipazione “può, a seconda delle circostanze del caso
specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato dall’amministrazione
aggiudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione al
suo capitale” (cfr. Corte di Giustizia com. Europee, sentenza Carbotermo, 11
maggio 2006, causa C-340/04): in tali evenienze, in altri termini, la
partecipazione pubblica indiretta, anche se totalitaria, è in astratto
compatibile, ma affievolisce comunque il controllo.
2.7 Con la citata sentenza della Corte di Giustizia C.E. del 6 aprile 2006,
causa C-410/04 - ANAV c/o Comune di Bari - è stato affermato che “se la società
concessionaria è una società aperta, anche solo in parte, al capitale privato,
tale circostanza impedisce di considerarla una struttura di gestione «interna»
di un servizio pubblico nell’ambito dell’ente pubblico che la detiene (v. già,
in senso analogo, anche la sentenza 21 luglio 2005, causa C 231/03 - Corame)”.
In altri termini, si ritiene che qualsiasi investimento di capitale privato in
un’impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati,
perseguendo obiettivi di natura differente rispetto a quelli
dell’amministrazione pubblica. Si può parlare di società in house, pertanto,
soltanto se quest’ultima agisce come un vero e proprio organo
dell’amministrazione “dal punto di vista sostantivo”, non contaminato da alcun
interesse privato. Tuttavia si osserva che tutte le pronunce sopra riportate
hanno avuto riguardo a casi in cui il socio privato era stato individuato senza
gara.
3.0 L’arresto giurisprudenziale di cui si è dato conto ha consentito al
Consiglio di Stato, con argomentazioni qui condivise dal Collegio, di poter
escludere in via generale la riconducibilità del modello organizzativo della
“società mista” a quello dell’in house providing (Consiglio di Stato, Sez.II -
parere n.456/07 del 18/04/2007): Da ciò consegue - ad avviso del Consiglio di
Stato - l’inutilità di ricercare, allo scopo di giustificarne la compatibilità
con la disciplina europea, i (sempre più selettivi) requisiti richiesti per l’in
house anche nel modello di parternariato pubblico-privato o “società mista”. Ed
invero, su tale modulo organizzativo la Corte di Giustizia non ha avuto
occasioni di pronunciarsi in modo diretto.
3.1 Al modello generale contenuto nell’art.113 co.5 lett.b) D.Lgs.267/00 fanno
per altro rinvio le recenti disposizioni del c.d. Codice degli appalti
(D.Lgs.163/06) che, pur non generalizzando il ricorso all’istituto, ribadiscono
la necessità di procedere con gara pubblica per la scelta del socio privato
(co.2 art.1; co.1 lett.c) e co.3 art.32 D.Lgs 163/03).
3.2 Ritiene il Collegio di poter condividere le conclusioni cui è giunto il
Consiglio di Stato in ordine alla compatibilità con il sistema comunitario
dell’istituto della “società mista”.
Ad avviso del consesso di Palazzo Spada, chiamato in sede consultiva, tale
compatibilità può essere rinvenuta, alla stregua dei principi espressi,
direttamente o indirettamente, dalla Corte di giustizia, quantomeno in un caso:
quello in cui - avendo riguardo alla sostanza dei rapporti giuridico-economici
tra soggetto pubblico e privato e nel rispetto di specifiche condizioni, (…) -
non si possa configurare un “affidamento diretto” alla società mista ma
piuttosto un “affidamento con procedura di evidenza pubblica” dell’attività
“operativa” della società mista al partner privato, tramite la stessa gara volta
alla individuazione di quest’ultimo (C.d.S. Sez.II, parere 456/07 cit).
3.3 Per quanto qui rileva, occorre quindi che il socio privato sia
identificabile quale “socio di lavoro” o socio industriale, assumendo in altri
termini, e per un periodo limitato, un ruolo meramente operativo e non anche
finanziario.
A tali conclusioni il Consiglio di Stato giunge in esito a puntuali valutazioni
cha appare opportuno riassumere brevemente di seguito.
3.4 Se, per un verso, non è stata ritenuta condivisibile la tesi secondo la
quale il semplice espletamento di una gara per la scelta del socio privato
renderebbe possibile ogni affidamento diretto, per altro verso non si è ritenuta
percorribile l’ulteriore tesi secondo cui, alla stregua della giurisprudenza
comunitaria in materia, occorrerebbe procedere ad una interpretazione
restrittiva, se non addirittura disapplicativa dell’art. 113 co.5 lett.b (cfr.
C.G.A., decisione n.589/06).
4.0 Gli argomenti sono condivisi dal Collegio e, conformemente al Consilio di
Stato, inducono a dover disattendere l’orientamento in ultimo espresso dal C.G.A
con la decisione 589/06 cit. (richiamata nell’ordinanza di riforma in epigrafe)
secondo cui, malgrado l’espletamento della gara per la scelta del socio, occorre
procedere comunque ad una ulteriore gara per il conferimento del servizio. La
“doppia gara” (già ritenuta non necessaria dal giurisprudenza prevalente, come
riconosce lo stesso C.G.A. nella propria motivazione) non costituisce ex ante
una garanzia per il rispetto della normativa comunitaria in tema di concorrenza:
infatti “sembrano comunque ravvisarsi elementi di conflitto di interessi e di
distorsione del mercato, senza risolvere la pretesa “anomalia” della società
mista ma anzi consentendole di conservare, nel confronto con le altre imprese
“solo” private, la sua “situazione privilegiata” dell’essere partecipata dalla
stessa amministrazione che indice l’appalto” (C.d.S. Sez. II, parere 456/07
cit).
4.1 Altrettanto condivisibili risultano le argomentazioni del consesso di
Palazzo Spada circa l’incongruenza cui si giungerebbe mercè la rigida
interpretazione dei precedenti giurisprudenziali comunitari (che - ripetesi -
anno avuto riguardo, nella maggioranza dei casi, a fattispecie in cui il socio
provato era stato selezionato senza pubblica gara).
Una interpretazione restrittiva - che muovendo da una (non condivisa)
omologazione dell’istituto della “società mista” all’in house providing -
incentiverebbe infatti le amministrazioni locali al ricorso al modello
organizzativo tutto interno all’amministrazione (ove non diversamente imposto
dalla legge), con conseguente contrazione del mercato. Allora appare plausibile,
ad avviso del Consiglio di Stato, considerare percorribile - secondo le
ulteriori indicazioni fornite con il prefato parere - il ricorso alla “società
mista” quale occasione per una apertura seppur parziale al mercato: “se è vero
che la società mista, in quanto tale, non è sottoposta al controllo analogo, è
dirimente la circostanza che proprio la componente esterna, che esclude la
ricorrenza dell’in house, è selezionata con procedure di evidenza pubblica: la
quota esterna alla pubblica amministrazione è, cioè, reperita con il ricorso ad
un mercato che è certamente premiato, diversamente da quanto avviene nel caso
della “chiusura in se stessa” dell’amministrazione in un modello di pura
autoproduzione”.
4.2 Così posta la problematica relativa all’istituto in esame, il ricorso alla
“società mista” risulta allora compatibile con le previsioni comunitarie
(quantomeno) nel caso in cui questa non costituisca, in sostanza, la
beneficiaria di un affidamento diretto, ma la modalità organizzativa con la
quale l’Amministrazione controlla l’affidamento disposto, con gara, al “socio
operativo” della società. Ed il ricorso a tale modello, già ritenuto non
“ordinario” dallo stesso Consiglio di Stato, impone all’amministrazione di
motivare congruamente sulla sua necessità.
4.3 Riassumendo, il modello “società mista” appare percorribile (semprechè siano
ravvisabili congrue ragioni per non procedere ad un affidamento integrale
esterno) in presenza di adeguate garanzie, ossia:
1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del
servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si
configuri come un “socio industriale od operativo”, che concorre materialmente
allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso;
2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del
periodo di affidamento” (in tal senso, soccorre già una lettura del comma 5,
lett. b), dell’art. 113 t.u.e.l. in stretta connessione con il successivo comma
12), evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista,
possibilmente prevedendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio
privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con
liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva
tara egli risulti non più aggiudicatario (così letteralmente C.d.S., sez.II,
parere cit.).
5.0 Le argomentazioni svolte sono, per quanto di ragione, suscettibili di
puntuale applicazione alla presente controversia: in cui, a ben vedere, è
riscontrabile una discutibile commistione tra i differenti modelli organizzativi
appena delineati.
5.1 Se l’affidamento del servizio alla “So.Ge.I.R. Ag.1 S.p.A.” può farsi
rientrare nel modello dell’in house, alle stesse conclusioni non può giungersi
con riguardo alla “So.Ge.I.R. Gestione T.I.A. S.p.A.”. Non è qui in discussione
il modello della holding già previsto nell’atto costitutivo della “So.Ge.i.R.
AG.1 S.p.A.” (cfr. quanto già riportato al precedente punto 2.6) ma l’ulteriore
configurazione, per quanto qui rileva, della società di scopo.
5.2 In primo luogo, infatti, osta la previsione statutaria che consente
l’ingresso nella compagine sociale (ancorché a mezzo gara) di un socio privato
definito “partner strategico”.
Invero, come per altro desumibile anche dalla ordinanza del giudice di seconde
cure, si è in presenza di una “società mista” nei confronti della quale debbono
essere riscontrati i presupposti prima evidenziati.
5.3 Costituisce altresì ostacolo, travalicando i margini delineati dal Consiglio
di Stato per il legittimo ricorso alla “società mista”, la constatazione che,
prima ancora della pubblicazione del bando, tra la “So.Ge.I.R. Ag.1 S.p.A.” e la
gemmata società di scopo “So.Ge.I.R. Gestione T.I.A. S.p.A.” fosse stata già
stipulata in data 02/03/2006 una convenzione-contratto (in atti) secondo il
modello dell’in house (art.2), della durata ventennale (art.12), avente ad
oggetto “l’affidamento in house alla <<So.Ge.I.R. - Gestione T.I.A. S.p.a.>> …
delle attività operative” (già richiamate al punto.9 delle premesse alla
convenzione) relative alla fatturazione ed incasso del corrispettivo tariffario
del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti connesso ai contratti di servizio
stipulati dalla stessa “So.Ge.I.R. AG.1 S.p.A” con i singoli Comuni
(dell’A.T.O.). Ai sensi dell’art.3 della medesima convenzione-contratto, la
società di scopo si è impegnata ad accettare l’ingresso di un socio privato (cui
attribuire il 41% delle azioni). Quanto appena delineato risulta utile per
confutare la tesi delle società resistenti secondo cui, mercè il bando
impugnato, la “So.Ge.I.R. AG.1” ha, invero, inteso non solo individuare il socio
privato cui conferire (secondo le previsioni statutarie della società di scopo)
il 49% del dell’intero pacchetto azionario detenuto, ma anche assegnare il
“servizio” di che trattasi. Nello stesso “patto parasociale”, predisposto dalla
stazione appaltante per regolare i rapporti con il (selezionando) socio privato
all’interno della “So.Ge.I.R. Gestione T.I.A. S.p.A. (patto parasociale chiamato
a regolare l’appalto ai sensi dell’art.1 del capitolato d’oneri), si fa espresso
richiamo alla convenzione-contratto (ripetesi: ventennale) già stipulata tra la
stessa stazione appaltante e la gemmata società di scopo.
5.4. Non sono comunque riscontrabili gli ulteriori elementi evidenziati nel più
volte richiamato parere del Consiglio di Stato. Ed invero, malgrado l’art.17 del
capit. d’oneri quantifichi in anni nove la durata del servizio, nessuna
disposizione è utile evincere in merito alla fuoriuscita del socio privato dalla
compagine sociale alla scadenza del periodo in questione. Socio privato che, per
espressa previsione, assume il ruolo di “partner strategico” con evidenti
finalità finanziarie e non solo meramente esecutive (diverso cioè dal cd. Socio
di lavoro menzionato nel predetto parere del C.d.S.). In altri termini,
risultano condivisibili le tesi del Comune ricorrente (di cui alla memoria
conclusiva del 27/06/07) per cui con il bando impugnato si determinerebbe,
vieppiù in mancanza di una congrua motivazione che ne giustifichi la scelta, un
illegittimo ricorso all’istituto della “società mista” mercè l’ingresso stabile
di un socio privato nella compagine della “So.Ge.I.R. - Gestione T.I.A. S.p.A.”
(già) a totale partecipazione pubblica.
5.5 In conclusione, per quanto argomentato, il bando impugnato non resiste alle
censure mosse risultando illegittimo. Lo stesso, per quanto di ragione, va per
l’effetto annullato.
Considerata la natura della controversia, ritiene il Collegio sussistere giusti
motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, accoglie il
ricorso in epigrafe indicato, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, e
per l’effetto annulla per quanto di ragione il provvedimento impugnato.----------------------
Spese compensate.------------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrazione.---------------------------------------------------
Così deciso in Palermo, in Camera di Consiglio, addì 03.07.2007, con
l’intervento di Signori Magistrati:------------------
- Giorgio Giallombardo Presidente
- Agnese Anna Barone Refedendario
- Roberto Valenti Referendario-est.
Depositata in Segreteria il 05/11/2007
Il Segretario
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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
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