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TAR TOSCANA, Sez. III - 6 novembre 2007, sentenza n. 3580
RIFIUTI - Ordinanza ex art. 14 D.Lgs. n. 22/97 - Competenza dirigenziale - Natura vincolata - Art. 21 octies L. 241/1990. L’ordinanza di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 costituisce espresso esercizio delle competenze previste dall’art. 107 del TU degli Enti locali (d. l.vo 267/2000), ed assolvendo chiaramente a finalità di prevenzione ambientale d’urgenza è ascrivibile alle competenze dirigenziali verso l’esterno individuate dalla norma citata, che del resto ha ridisegnato in via generale tutti i poteri delle autorità locali. Peraltro, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/90, che deve ritenersi rivolto anche al potere di annullamento giurisdizionale, i vizi formali del procedimento quali l’incompetenza non possono determinare l’annullamento dell’atto allorquando il potere di cui esso ha costituito espressione ha natura vincolata; e l’espressione utilizzata dall’art 14 del decreto n. 22/97 (“dispone”) non induce dubbi sulla natura vincolata del potere di rimozione esercitato. Pres. Radesi, Est. Potenza - S.I.C. s.r.l. (avv.ti Altavilla e D’Antone) c. Comune di Cascina (avv. Bimbi) - T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 6 novembre 2007, n. 3580
RIFIUTI - Attività di lavorazione e deposito di materiali edili - DIA presentata
allo Sportello Unico Imprese - Sufficienza ai fini del recupero dei rifiuti -
Esclusione - Comunicazione ex art. 33 D.Lgs. n. 22/97. La DIA presentata
allo Sportello Unico Imprese, relativa all’attività di lavorazione e deposito
dei materiali edili, non sostituisce la comunicazione alla Provincia dell’inizio
attività di recupero dei rifiuti. La prima si riferisce infatti all’attività
generica di natura commerciale e viene presentata al Comune; per l’attività di
recupero, che, comportando differenziazione tra materiali utili e rifiuti, ha
valenza ambientale, si richiede invece la comunicazione prevista dall’art 33 del
d.lgs. n. 22/97, da inoltrarsi alla Provincia, competente a procedere a
verificarne l’ammissibilità. Pres. Radesi, Est. Potenza - S.I.C. s.r.l. (avv.ti
Altavilla e D’Antone) c. Comune di Cascina (avv. Bimbi) - T.A.R. TOSCANA,
Sez. III - 6 novembre 2007, n. 3580
RIFIUTI - Trattamento di inerti su aree vincolare - Regione Toscana - Attività
libera - Esclusione - Art. 13 regolamento attuativo L.R. n. 25/98. Il
trattamento degli inerti su aree site in zona vincolata non è libero, a ciò
ostando l’art. 13 del regolamento attuativo della legge regionale toscana
n.25/98, che impone il rispetto delle prescrizioni urbanistiche. Pres. Radesi,
Est. Potenza - S.I.C. s.r.l. (avv.ti Altavilla e D’Antone) c. Comune di Cascina
(avv. Bimbi) - T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 6 novembre 2007, n. 3580
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA
- III SEZIONE -
N. 3580 REG. SENT.
ANNO 2007
N. 2590 REG. RIC.
ANNO 2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 2590 del 2004 proposto dalla Società Immobiliare Cascina s.r.l.
in persona del legale rappresentante sig. Alberto Rocchi, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Giancarlo Altavilla e Carmelo D'Antone, ed elettivamente
domiciliata in Firenze, Lungarno Vespucci n. 20 presso l'avv. Andrea Cuccurullo
c o n t r o
- il Comune di Cascina, in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall' avv. Luigi Bimbi ed elettivamente
domiciliato in Firenze presso la Segreteria del TAR della Toscana , Via Ricasoli
n. 40
P E R L’A N N U L L A M E N T O
1) con l'atto introduttivo del giudizio:
- della nota 6.10.2004 (prot. n. 2439 S.U. /01/10/2004 - 530 reg.), con il quale
il dirigente del Settore Tecnico del Comune di Cascina ha dichiarato
l'improcedibilità delle pratiche con le quali la Società ricorrente aveva
denunciato l'inizio di alcune attività edilizie e dell'attività di "lavorazione
materiali inerti" in un'area di sua proprietà, nonché di tutti gli atti
presupposti e conseguenti, ancorché incogniti.
e per l'annullamento
1) con il primo atto di motivi aggiunti, depositato presso la Segreteria di
questo Tribunale il 9 02.2005,
- dell'ordinanza dirigenziale 1° dicembre 2004, n. 49, con la quale il dirigente
del Settore Tecnico del Comune di Cascina ha ordinato alla Società ricorrente la
rimozione dei rifiuti presenti sull'area di sua proprietà posta in Cascina, loc.
Musigliano, ed il ripristino dello stato dei luoghi entro trenta giorni dalla
sua notifica, nonché di tutti gli atti presupposti e conseguenti, ancorché
incogniti;
2) Con il secondo atto di motivi aggiunti, depositato presso la Segreteria di
questo Tribunale il 12 marzo 2005, per l'annullamento:
- del provvedimento a firma del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di
Cascina, emesso in data 14.1.2005, con il quale è stata respinta l'istanza di
attestazione di conformità in sanatoria presentata dalla società ricorrente il
26.10.2004, nonché di tutti gli atti presupposti e conseguenti, ancorché
incogniti;
3) Con il terzo atto di motivi aggiunti, depositato presso la Segreteria di
questo Tribunale il 27 settembre 2006, per l'annullamento, previa sospensiva:
- dell'ordinanza a firma del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di
Cascina, 6.7.2006 n. 10, con cui si ingiunge alla società ricorrente di demolire
entro 90 giorni le opere abusivamente eseguite in loc. Musigliano, e
contestualmente si irroga la sanzione pecuniaria di euro 2.664,50, nonché di
tutti gli atti presupposti e conseguenti, ancorché incogniti.
Visto il ricorso e la relativa documentazione;
Visto l' atto di costituzione in giudizio del Comune di Cascina;
Visti gli atti di motivi aggiunti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 24 maggio 2007 - relatore il Consigliere
Raffaele Potenza -, gli avv.ti A. Cuccurullo, delegato da G. Altavilla e C. D'Antone,
e L. Bimbi;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F A T T O
Con il ricorso in esame la Società Immobiliare Cascina ha esposto di essere
proprietaria di terreno ed immobile insistenti su area golenale del fiume Arno
(classificata dal R.U. del Comune di Cascina rilevante dal punto di vista
ambientale) e di esercitare sulle stesse attività di estrazione, lavorazione e
stoccaggio di materiali inerti fluviali.
In relazione a detta attività la società esponente ha presentato al Comune due
distinte denunzie di inizio di attività:
- in data 5.7.2004 (n. 514) una DIA relativa ad intervento edilizio definito di
manutenzione straordinaria di edificio produttivo industriale (uso recupero
terre da demolizione);
- in data 6 7 2004 (n. 1076) una DIA relativa all’attività di recupero terre e
rocce.
1- Con ordinanza dirigenziale n. 37 del 21 9 04 il Comune ha sospeso i lavori
relativi alla dia edilizia; la ricorrente ha presentato una integrazione
documentale (29 e 30 sett. 2004) ma, con provvedimento in data 6.10.04 , il
Comune, richiamando la sospensione, l’ha confermata aggiungendo la dichiarazione
di improcedibilità della DIA. Avverso tale atto la ricorrente ha notificato
l’atto introduttivo del giudizio.
2- In relazione alla seconda DIA l’Amministrazione, richiamata la prima
ordinanza, ha intimato la rimozione dei rifiuti (costituiti da cumuli derivanti
da demolizione e scavo) ed ordinato il ripristino dei luoghi (ord. 1.12.04, n.
49). Contro tale atto la società Immobiliare Cascina ha formulato un primo atto
di motivi aggiunti (dep. 9.2.05 ).
3- In relazione ad una domanda di accertamento di conformità edilizia presentata
dalla ricorrente (26 10 04) e riferita ai lavori sospesi, la ricorrente ha
notificato al Comune (30 12 04) un atto di diffida a provvedere sull’istanza;
l’Amministrazione, sulla base di rapporto della polizia municipale (3 9 04), ha
respinto la domanda (ord 14.1.05), e contro tale reiezione la ricorrente ha
proposto un secondo atto di motivi aggiunti (dep. 12 3 05).
4- Infine il Comune ha ingiunto (ord. n. 10/06) la demolizione edilizia delle
opere realizzate senza permesso ed irrogato sanzione pecuniaria Di tale
ingiunzione la società istante ha chiesto l’annullamento con un terzo atto di
motivi aggiunti (dep. 27.6.06).
- A sostegno delle deduzioni, principali ed aggiuntive, sono state svolte
censure e considerazioni che si intendono qui richiamate.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, resistendo al
ricorso ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive,
che si hanno qui per trascritte.
Anche parte ricorrente ha riassunto in memoria le proprie tesi ed alla pubblica
udienza del 24 maggio 2007 il ricorso è stato trattenuto in decisione nel
merito.
D I R I T T O
1- L’atto introduttivo del giudizio, rivolto contro l’ordinanza dirigenziale n.
37 del 21.9.04, è improcedibile sia con riguardo alla sua valenza di sospensione
dell’attività edilizia, che con riferimento alla dichiarazione di
improcedibilità della DIA che la concerne. La sospensione ha infatti perso
efficacia per decorso del termine di 45 giorni dalla sua adozione (art. l reg.
toscana. n. 52/1999); la dichiarazione di improcedibilità riguarda invece
aspetti sui quali il Comune si è pronunziato nella successiva sede di istanza di
conformità, emanando il provvedimento oggetto del secondo atto di motivi
aggiunti, alla cui trattazione perciò si rinvia (punto 3).
2- Con riguardo al primo ricorso per motivi aggiunti, infondata si palesa
l’eccezione comunale di improcedibilità dell’impugnativa, per sopravvenuta
carenza di interesse in rapporto all’ intervenuta cessazione della attività in
favore di altro soggetto; questa circostanza non esime infatti il destinatario
dell’ordine, ed autore dell’attività reprimenda, dal darvi esecuzione e quindi
non determina il venir meno dell’interesse ad impugnarlo.
Infondato è anche il ricorso nel merito. Il provvedimento costituito
dall’ordinanza di rimozione dei rifiuti n. 49/2004 ed oggetto del ricorso è
stato motivato dall’Amministrazione con la mancata separazione tipologica del
materiale di risulta e con l’omessa comunicazione preventiva alla Provincia,
dell’inizio dell’attività.
Il primo mezzo aggiuntivo, che lamenta a carico dell’atto un difetto formale di
motivazione (ex art. 3 l.n. 241/90), non è condivisibile.
Il lamentato vizio non sussiste in quanto l’ordine è stato esplicitamente
motivato “per relationem”, mediante richiamo alla nota ARPAT 30 9 04.
Anche il vizio di omesso avviso dell’ avvio del procedimento, correlato all’art
7 della legge citata, non ha consistenza; ed invero l’ordinanza di rimozione
richiama l’ordinanza di sospensione n. 37/04, che a sua volta, recando
specificamente la constatazione dell’attività da reprimere, deve ritenersi abbia
assunto piena valenza di avviso del procedimento repressivo. A ciò giova
aggiungere che il verbale del sopralluogo 30.9.04 (doc. 11 prod. res.), allegato
alla citata nota ARPAT , è sottoscritto dal titolare della ditta interessata,
che quindi deve ritenersi fosse a conoscenza dell’avvio dell’azione da parte
dell’amministrazione.
-La società istante deduce poi la violazione dell’art. 14 del decreto n. 22/97,
per incompetenza del dirigente, in luogo del Sindaco, ad emettere l’ordinanza di
rimozione. Rileva tuttavia il Collegio che l’ordinanza “de qua” costituisce
espresso esercizio delle competenze previste dall’art. 107 del TU degli Enti
locali (d. leg.vo 267/2000), ed assolvendo chiaramente a finalità di prevenzione
ambientale d’urgenza è ascrivibile alle competenze dirigenziali verso l’esterno
individuate dalla norma citata, che del resto ha ridisegnato in via generale
tutti i poteri delle autorità locali. Peraltro, ai sensi dell’art. 21 octies
della legge n. 241/90, che deve ritenersi rivolto anche al potere di
annullamento giurisdizionale, i vizi formali del procedimento quali
l’incompetenza non possono determinare l’annullamento dell’atto allorquando il
potere di cui esso ha costituito espressione ha natura vincolata; e
l’espressione utilizzata dall’art 14 del decreto n. 22/97 (“dispone”) non induce
dubbi sulla natura vincolata del potere di rimozione esercitato.
- Con altra censura si contesta che, come rilevato dal Comune, i rifiuti
derivanti dall’attività siano incontrollati, affermando che essi sono invece in
sicurezza. Il mezzo però non indica a suo supporto elementi di prova a
contestazione della opposta circostanza, che a sua volta emerge da una nota
ARPAT di natura tecnica, da cui risulta anzitutto la non separatezza dei
materiali (doc. 11 e 13 prod. res), circostanza che non appare logicamente
compatibile con la posizione di messa in sicurezza.
- Analoghi rilievi valgono per la doglianza di mancata precisazione del potere
esercitato che emergerebbe, secondo la ricorrente, dalla ritenuta mancanza di
riferimenti alla pericolosità; tale valutazione è invece presente nella
richiamata nota ARPAT 30 9 04 e quanto alla natura del potere esercitato
l’ordinanza costituisce chiara applicazione del potere di rimozione previsto dal
menzionato art. 14 .
- Infondata è anche la contestazione della mancata comunicazione alla Provincia
dell’inizio dell’attività, che la ricorrente individua invece nella DIA
presentata allo Sportello Unico imprese del Comune il 6.7.04. Questa denunzia si
riferisce però all’attività in genere, di natura commerciale, di lavorazione e
deposito dei materiali edili e viene presentata al Comune, mentre per l’attività
di recupero, che, comportando differenziazione tra materiali utili e rifiuti, ha
valenza ambientale, si richiede la comunicazione prevista dall’art 33 del
decreto, da inoltrarsi alla Provincia, competente a procedere a verificarne
l’ammissibilità. Peraltro sotto il profilo commerciale si tratta di attività
produttive soggette ad autorizzazione comunale, sia pure nella forma della
denunzia di attività (ex art.19 legge n.241/90).
- Non sussiste infine alcuno sviamento di potere, ricollegato al fatto che
l’ordinanza impedisce un attività in genere libera quale il trattamento degli
inerti considerandoli rifiuti; il trattamento degli inerti non è libero su aree
site in zona vincolata, a ciò ostando l’art. 13 del regolamento attuativo della
legge regionale toscana n.25/98, che impone il rispetto delle prescrizioni
urbanistiche (nella specie costituite dall’art. 34 delle NTA del R.U. 2005)
3- Il secondo atto di motivi aggiunti ha impugnato il diniego di conformità
delle opere edilizie intraprese, reso per tre ragioni: la necessità di piano
unitario ex art 34 NTA del Regolamento urbanistico; si tratta di opere su
impianti in disuso; sussistono difformità planimetriche.
- Sfornita di interesse è anzitutto la censura di violazione dell’art. 36 TU
n.380/01, che affliggerebbe l’ordinanza nella parte in cui ha anche dichiarato
inammissibile la diffida a provvedere sull’istanza di conformità,
illegittimamente negando la sussistenza di in interesse della ricorrente ad un
provvedimento esplicito; anzitutto la diffida è stata notificata (il 30 12 04)
successivamente ai 60 giorni (dall’istanza) previsti dalla legge, quindi dopo la
formazione (25 12 04) del silenzio qualificato previsto dall’art. 36 e che ha
natura non di silenzio assenso ma di silenzio-rifiuto (quindi già formatosi il
25 dicembre 04); inoltre il diniego successivamente espresso supera comunque il
silenzio qualificato dall’art. 36.
- Sostiene inoltre la ricorrente che, contrariamente a quanto affermato dal
Comune, per realizzare gli interventi edilizi in questione non occorre un
preventivo piano unitario e che l’art. 34 della NTA di PRG consente gli
interventi sino alla ristrutturazione urbanistica, quindi anche il recupero. Il
motivo è infondato.
Occorre anzitutto precisare la tipologia degli interventi in questione, al fine
di confrontarla con la normativa applicata dal Comune.
L’istanza di conformità riguarda lavori definiti, dalla denunzia di attività
inizialmente presentata (n. 514/04), di manutenzione straordinaria di
fabbricati, a fronte dei quali l’amministrazione (nella citata ordinanza n.
37/04) ha inoltre verificato la presenza di alcune piattaforme di cemento in
assenza di permesso; ed ancora, dalla relazione allegata alla domanda, emergono
a ragione della stessa, opere definite di ristrutturazione edilizia (come emerge
dalla relazione tecnica allegata all’istanza 26.10.04 e confermato peraltro da
nella nota 22.10.04, prot com 15941, all.6). In proposito il Collegio osserva
quanto segue. Non è contestato che le aree oggetto degli interventi, in quanto
inerenti al sub-sistema del fiume Arno, rientrano tra quelle, ai sensi dell’art
34 delle NTA del R.U., rilevanti sotto il profilo ambientale e sono soggette al
vincolo paesaggistico (cfr. nota sovrint. Pisa, n.482/06, in atti). Alla stregua
di quanto sopra deve quindi ed anzitutto escludersi la conformità alla normativa
delle piattaforme in cemento, costituendo senza dubbio le stesse opera di
trasformazione del territorio .
Quanto agli interventi complessivamente qualificati come ristrutturazione
edilizia del fabbricato, si rileva che lo stesso art. 34, u.c.,dopo la
previsione (comma 2, punto a e comma 3) di soli interventi che comportino il
cambio di destinazione d’uso, ammette interventi sino alla ristrutturazione
urbanistica, ma solo per manufatti non schedati, isolati, o in resedi di
edifici. Inoltre, con specifico riferimento alla prospettiva di realizzazione
del parco territoriale golenale, in relazione al quale opera il vincolo
ambientale, l’ultimo comma dell’art. 34, dopo aver comunque stabilito la
necessità di un piano attuativo, indica gli obiettivi cui tendono gli interventi
che si limitano unicamente a controllo rischio idraulico , miglioramento
ambientale, ripristino vegetazione, tutela testimonianze storiche e
valorizzazione attività di tempo libero. E' agevole notare quindi come la
normativa non contempli alcun intervento di ristrutturazione o recupero che non
sia finalizzato al perseguimento di tali obiettivi.
Il diniego di conformità per le opere come sopra evidenziate è perciò legittimo
alla stregua delle prescrizioni urbanistiche applicate, la cui osservanza è del
resto confermata dall’art. 13 del regolamento attuativo della legge regionale
toscana n.25/98, che impone il rispetto delle prescrizioni urbanistiche .
Tale conclusione, avendo carattere assorbente, permette di ritenere irrilevanti
le censure ulteriormente articolate, sulla differenza (ai fini della
ristrutturazione) tra edifici e di impianti in disuso e sulle difformità tra
planimetria ed accertamenti della p.m..
Anche il ricorso aggiuntivo sin qui esaminato è pertanto infondato.
4- In conseguenza del rigetto dell’istanza di conformità il Comune ha emanato la
sanzioni edilizie costituite dalla demolizione edilizia e pecuniaria,
rispettivamente ex artt. 132 e 134 della legge regionale n.1/05, sia per le
opere senza permesso (le platee in cemento) che per quelle in difformità. Tali
provvedimenti vengono contestati dal terzo ed ultimo atto di motivi aggiunti,
che risulta parimenti infondato. Ed invero:
a- La legittimità del diniego di conformità non consente di configurare
l’illegittimità derivata delle sanzioni applicate in sua conseguenza.
b- Parimenti non sussiste l’errata applicazione dei citati artt 132 e 134, che
viene ipotizzata sul presupposto che gli abusi contestati come ristrutturazione
edilizia (del fabbricato) integrerebbero invece lievi e parziali difformità.
Dall’esame degli atti già sopra evidenziati (relazione tecnica allegata
all’istanza 26 10 04 e nota 22 10 04, prot com 15941, all.6) emerge invece che
le opere rappresentano invece ristrutturazione edilizia. Nel merito il Comune,
ha peraltro contestato anche ampliamenti volumetrici, che escludono in radice la
configurabilità di una semplice ristrutturazione.
c- Anche la censura del mancato esame , per le opere in difformità parziale
dalla DIA, della possibilità di irrogare la sola sanzione pecuniaria non ha
infine fondamento.
A parte il rilievo che le opere realizzate sono risultate in entrambe le
tipologie (ristrutturazione fabbricato e piattaforme) in contrasto con la
normativa e quindi non realizzabili nemmeno con permesso (e che quindi non si
verte in fattispecie di difformità tra DIA ed opere), va osservato che
l’alternativa tra le due sanzioni nei casi di abusi in zona vincolata è prevista
solo per le opere di ristrutturazione realizzate in difformità dal titolo (v
art. 9 legge n.47/85), e non nei casi di carenza del medesimo.
- II ricorso deve conclusivamente essere dichiarato improcedibile nelle
deduzioni introduttive e respinto in quelle aggiuntive.
- Le spese del giudizio esse seguono il principio della soccombenza (art. 91
c.p.c.) e sono pertanto poste a carico della parte ricorrente
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, dichiara improcedibile
l'atto introduttivo del giudizio e respinge i ricorsi per motivi aggiunti.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Cascina, delle spese
del giudizio, che liquida complessivamente in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre
accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 24 maggio 2007, dal Tribunale Amministrativo
Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Avv. Angela RADESI - Presidente
Dott. Giuseppe DI NUNZIO - Consigliere
Dott. Raffaele POTENZA - Consigliere est.
F.to Angela Radesi
F.to Raffaele Potenza
F.to Mara Vagnoli - Collaboratore di Cancelleria
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 6 NOVEMBRE 2007
Firenze, lì 6 novembre 2007
Il Collaboratore di Cancelleria
F.to Mara Vagnoli
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