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TAR TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, sentenza n. 393
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Operazioni di M.I.S.E. e bonifica - Proprietario dell'area inquinata - Responsabilità per danno cagionato da cose in custodia. Il proprietario, secondo le regole civilistiche, si presume responsabile dei danni cagionati a terzi dalle cose in custodia, salvo che non provi il caso fortuito. E' pertanto correttamente individuata nella persona del proprietario dell'area inquinata la responsabilità ai fini dell'imposizione dell'obbligo di attivare le operazioni di M.I.S.E., a prescindere dalla sua dichiarazione di non aver avuto conoscenza dell'esistenza di una fonte di inquinamento (nella specie, cisterna interrata utilizzata per il deposito di idrocarburi). Pres. Petruzzelli, Est. Spiezia - B.M. (avv. Formichini) c. Comune di Capannori (avv. Masi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 393
INQUINAMENTO - RIFIUTI - Bonifica di siti contaminati - D.M. 471/1999 -
Parametri previsti per le aree residenziali - Obiettivo - Immobile adibito ad
attività produttiva ubicato in area residenziale - Parametri applicabili. In
materia di bonifica dei siti inquinati, i limiti più severi (rispetto a quelli
dettati per le zone industriali) previsti dal D.M. n. 471/1999, all. 1, tab. A
per le aree residenziali sono riconducibili all’obiettivo di tutelare non il
singolo immobile, ma l’intera area circostante. Ne deriva la legittimità
dell’ordinanza di bonifica che faccia riferimento alla classificazione
urbanistica residenziale della zona, richiamandone i relativi parametri, senza
tener conto che l’immobile interessato è adibito ad attività produttiva. Pres.
Petruzzelli, Est. Spiezia - B.M. (avv. Formichini) c. Comune di Capannori (avv.
Masi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 14 marzo 2007, n. 393
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA
- II^ SEZIONE -
N. 393 REG. SENT.
ANNO 2007
N. 456 REG. RIC.
ANNO 2005
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 456/2005 proposto da BIANCHI MARLENE, rappresentata e difesa
dall’avv. Laura Formichini di Livorno, in Firenze domiciliata con la stessa
presso l’avv. Jacopo Di Passio Via Zara n. 7;
c o n t r o
- il COMUNE DI CAPANNORI (LU), in persona del Sindaco e del Dirigente
dell’Ufficio Ecologia, il primo rappresentato e difeso dall’avv. Leonardo Masi,
in Firenze domiciliato con il medesimo a Lungarno Corsini 2, il secondo non
costituito in giudizio;
nonchè
-l’A.R.P.A.T., Dipartimento Provinciale di Lucca, non costituitosi in giudizio;
e nei confronti di:
LENCIONI GIUSEPPE E FABBRI TAMARA, non costituito in giudizio;
p e r l ‘ a n n u l l a m e n t o, previa sospensione
dell’ordinanza 3 gennaio 2005 n. 7 con cui il dirigente dell’ufficio
Ecologia del Comune di Capannoni (LU) ha intimato alla ricorrente, in qualità di
proprietaria dell’area e dell’edificio in cui ha sede la soc. Calzaturificio
Carosello s.r.l., di attivare le operazioni di messa in sicurezza d’emergenza
della matrice suolo ed acque sotterranee e di successiva bonifica (ai sensi
dell’art. 17 d.leg.vo n. 22/1997) del terreno di sua proprietà situato in
frazione Segromigno in Monte, via dei Piaggiori;
Visto il ricorso e la relativa documentazione;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Capannoni;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Vista l’ordinanza cautelare 31 marzo 2005 n. 270;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore designato il Cons. Lydia Ada Orsola SPIEZIA;
Uditi, alla pubblica udienza del 15 giugno 2006, gli avv.ti Iacopo Di Passio per
Laura Formichini e Diletta Lastraioli per Leonardo Masi;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
1.A seguito di una serie di accertamenti compiuti dalla ARPAT, Dipartimento di
Lucca, su aree di proprietà dei signori Lencioni Giuseppe e Fabbri Tamara, da un
lato, e della signora Bianchi Marlene, dall’altro (ed originati dalla rilevata
presenza di idrocarburi nelle acque di un pozzo a servizio dell’abitazione dei
signori Nencioni-Fabbri), si rilevava che in quell’area il terreno era
contaminato da idrocarburi con concentrazioni variabili (vedi rapporto ARPAT
10.6.2004) derivanti presumibilmente da strutture interrate utilizzate per il
deposito di idrocarburi; successivamente, a seguito di attività di scavo
eseguite nel suolo di proprietà della sig.ra Bianchi dalla soc. Calzaturificio
Carosello s.r.l., affittuario a partire dal 1993, veniva rinvenuta una prima
cisterna (utilizzata per deposito del gasolio per riscaldamento dalla Soc.
Carosello) e di poi, in posizione sottostante, una seconda cisterna (contenente
acqua contaminata da gasolio e della cui esistenza la ditta era allo oscuro) la
cui rimozione consentiva di effettuare nuove analisi al fine di individuare con
maggiore precisione l’andamento dell’area contaminata.
Pertanto, con nota 17 novembre 2004, l’ARPAT ha comunicato al Comune di
Capannori l’esito degli accertamenti effettuati, individuando altresì nella
proprietaria del terreno il soggetto responsabile dell’inquinamento e, quindi,
obbligato alla messa in sicurezza ed alla successiva bonifica del terreno;
l’Agenzia, infatti, ha ritenuto che la contaminazione sia derivata dal mancato
svuotamento della seconda cisterna dismessa presumibilmente prima del 1993, anno
in cui la proprietaria ha dato in locazione l’area e l’edificio al
Calzaturificio Carosello.
Alla luce di tali indicazioni, quindi, con determinazione dirigenziale 3.1.2005
n. 7 il Comune di Capannori, Ufficio Ecologia, ha ordinato alla sig.ra Bianchi
Marlene, in qualità di proprietaria dell’area inquinata, di attivare le
operazioni di messa in sicurezza del suolo e delle acque sotterranee e di
successiva bonifica in base all’art. 17 del d.leg.vo n. 22/1997 e del Decreto
Min.Ambiente n. 471/1999 artt. 7 ed 8.
Avverso tale provvedimento l’interessata ha proposto il ricorso in epigrafe,
chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti motivi:
1, 2 e 3) Insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 7 del D.Min.
471/1999 nei confronti della proprietaria, poiché questa non era a conoscenza
dell’esistenza della seconda cisterna, che aveva cagionato l’inquinamento
dell’area; inoltre le operazioni di bonifica effettuate dalla impresa
affittuaria sarebbero state già esaustive poiché ulteriori scavi avrebbero
compromesso la stabilità delle opere insistenti sul terreno; infine la normativa
di settore penalizzerebbe le aziende industriali che – come nel caso di specie –
vengono a trovarsi in aree destinate solo attualmente ad uso residenziale,
poiché in queste ultime, per il parametro idrocarburi, viene imposto il rispetto
di valori limite molto più rigorosi rispetto a quelli consentiti in zone
destinate ad uso industriale.
Si è costituito in giudizio il Comune di Capannori che, dopo aver eccepito
l’inammissibilità del primo e motivo per la mancata impugnazione degli atti
emessi dall’A.R.P.A.T. di Lucca, nel merito ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con ordinanza cautelare 31 marzo 2005 n. 270 questa Sezione ha respinto
l’istanza di sospensione.
Nell’imminenza della trattazione della causa ciascuna delle parti ha presentato
una memoria difensiva insistendo nelle proprie conclusioni.
Alla pubblica udienza del 15 giugno 2006, udito il difensore presente per la
ricorrente, nonché quello del Comune di Capannori che ha eccepito il tardivo
deposito in data 5.6.2006 della memoria difensiva della ricorrente, la causa è
passata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne
l’asserita illegittimità dell’ordinanza dirigenziale con cui il Comune di
Capannoni ha ingiunto alla ricorrente, in qualità di proprietaria di un’area
situata in fraz. Segromigno in Monte, di attivare le operazioni di messa in
sicurezza d’emergenza della matrice suolo ed acque sotterranee nonché la
successiva bonifica, in base all’art. 17 decreto leg.vo n. 22/1997, a causa
della contaminazione da gasolio delle acque del pozzo del fondo limitrofo dei
signori Lencioni-Fabbri, nonché del terreno circostante la collocazione delle
due cisterne per deposito di gasolio nel piazzale di carico del calzaturificio
(in prossimità della cabina ENEL).
A prescindere dai profili di inammissibilità eccepiti per il primo e terzo
motivo di impugnazione, il collegio ritiene che le censure sono infondate e,
pertanto, non prende in considerazione neanche il preteso tardivo deposito della
memoria difensiva della ricorrente.
In primo luogo non è esatto che la responsabilità della contaminazione non possa
addebitarsi alla proprietaria, che ha dichiarato di essere venuta a conoscenza
della esistenza della seconda cisterna soltanto al momento in cui la medesima è
stata rinvenuta.
Invero, premesso che l’ARPAT di Lucca è giunta alla conclusione che
l’inquinamento di acque e terreno proviene proprio da questa vecchia cisterna
dismessa e contenente acqua mista a gasolio, in punto di fatto va altresì
ricordato che tale cisterna era in disuso almeno dal 1993, epoca in cui la
ricorrente aveva affittato il complesso immobiliare al calzaturificio Carosello
che (per le sue esigenze di alimentazione dell’impianto di riscaldamento) aveva
utilizzato una sua cisterna fino al settembre 2003, epoca in cui è stata dimessa
e bonificata da ditta specializzata.
Pertanto, poiché la seconda cisterna (quella cioè rinvenuta in occasione della
rimozione di quella utilizzata dal Calzaturificio) è collocata nel fondo di
proprietà della ricorrente, correttamente il Comune, in conformità alle
indicazioni fornite dall’A.R.P.A.T. di Lucca, ha ritenuto la proprietaria
responsabile della contaminazione dell’area ed obbligata alle relative
operazioni di messa in sicurezza e bonifica.
In questo caso la dichiarazione della ricorrente di non avere avuto conoscenza
della esistenza di tale cisterna fino al momento del suo rinvenimento risulta
ininfluente, atteso che, da un lato, il proprietario secondo le regole
civilistiche si presume responsabile dei danni cagionati a terzi dalle cose in
custodia, salvo che non provi il caso fortuito, mentre, dall’altro, nel caso di
specie la ricorrente non ha portato alcuna prova che consentisse di ricondurre a
terzi estranei la sistemazione di tale serbatoio nell’area di sua proprietà a
sua insaputa; né tanto meno la ricorrente nel corso del giudizio ha dimostratao
di aver acquistato l’area in questione proprio all’epoca in cui, poi, l’ha data
in locazione al calzaturificio, al fine di corroborare (sotto qualche profilo)
la propria tesi di aver ignorato l’esistenza della cisterna in disuso.
Né l’ordinanza risulta illegittima perché la società affittuaria ha già eseguito
le operazioni di bonifica tecnicamente compatibili con la stabilità degli
immobili insistenti sul terreno della ricorrente e su quelli limitrofi.
Al riguardo è sufficiente far riferimento agli esiti degli accertamenti compiuti
dall’A.R.P.A.T. Lucca che, nel citato rapporto del 17 novembre 2004, evidenzia i
valori di contaminazione rilevati nello scavo relativo alla seconda cisterna e
nel terreno in prossimità del pozzo Lencioni-Fabbri; era, pertanto, necessario
che il Comune ordinasse alla proprietaria del terreno di proseguire gli
interventi in parte già realizzati dalla società affittuaria al fine di
bonificare l’area, tenendo conto altresì della circostanza che si tratta di zona
ad uso residenziale per cui vanno rispettati i più severi limiti (rispetto a
quelli dettati per la zona industriale) indicati dal D.Min. n. 471/1999, all. 1
tab. A.
Infine va ricordato che l’obiettivo della richiamata normativa, che impone la
bonifica dei siti inquinati, non rimane circoscritto al singolo immobile ma
ricomprende l’intera area circostante: pertanto il D.Min. 471/1999, nello
stabilire i valori limite consentiti, fa riferimento alla classificazione
urbanistica della zona e quindi, nel caso di specie, correttamente l’ordinanza
richiama i parametri stabiliti per la zona residenziale senza tener conto che
l’immobile di proprietà della ricorrente (pur se situato in zona classificata
residenziale, dal nuovo piano strutturale in vigore dal giugno 2004) comunque è
adibito ad un’attività produttiva.
Anche nel caso di specie l’esigenza che in sede di bonifica debbano applicarsi i
parametri fissati per le zone residenziali trova conferma nella circostanza che
l’inquinamento provocato dalla cisterna dismessa si è propagato fino al pozzo
della proprietà limitrofa, destinata ad uso residenziale, ed all’ambiente
circostante “mediante trasporto naturale secondo la direttrice di flusso della
falda Sud-Sud Ovest” (vedi rapporto ARPAT Lucca 17 nov. 2004).
Ove la ricorrente avesse ritenuto non corretta la nuova classificazione
urbanistica dell’area come zona esclusivamente residenziale (senza cioè
prevedere regimi differenziati per le attività produttive da decenni impiantate
nella stessa località), avrebbe dovuto impugnare tempestivamente tale
classificazione urbanistica.
In conclusione il provvedimento impugnato è immune dai vizi dedotti.
3. Per le esposte considerazioni, quindi, il ricorso va respinto.
Gli oneri di lite seguono la soccombenza e, pertanto, liquidati in € 2.000,00
oltre gli accessori di legge, vengono posti a carico della ricorrente
soccombente.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II^, respinge il
ricorso in epigrafe.
Pone gli oneri di lite, liquidati in € 2.000,00 oltre gli accessori di legge, a
carico della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 15 giugno 2006, dal Tribunale Amministrativo
Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe PETRUZZELLI - Presidente
Lydia Ada Orsola SPIEZIA - Consigliere, est.
Stefano TOSCHEI - Consigliere
F.to Giuseppe Petruzzelli
F.to Lydia Ada Orsola Spiezia
F.to Silvana Nannucci - Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 MARZO 2007
Firenze, lì 14 MARZO 2007
Il Direttore della Segreteria
F.to Silvana Nannucci
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