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TAR UMBRIA, 5 giugno 2007, sentenza n. 498
CACCIA - Ordinanza sindacale -
Divieto di caccia su porzione del territorio comunale - Timore di possibili
violazioni delle distanze di sicurezza di cui all’art. 21 della L. n. 157/1992 -
Pericolo generico e non attuale - Usurpazione di competenze regionali e
provinciali. Il provvedimento sindacale di divieto di caccia a tempo
indeterminato su una vasta area del territorio comunale non può essere
giustificato dal timore di possibili violazioni delle distanze di sicurezza di
cui al’art. 21 L. n. 157/1992 (50 metri dalle strade e 100 o 150 dai fabbricati
abitativi o produttivi, secondo che si faccia o meno fuoco in loro direzione).
Il pericolo generico e non attuale, l’ampiezza del divieto e la sua natura
permanente fanno sì infatti che il potere esercitato si connoti come usurpazione
delle competenze regionali e provinciali in materia di gestione del territorio
ai fini venatori. La violazione delle distanze di sicurezza, il cui rispetto,
per valutazione del legislatore, deve considerarsi idoneo a scongiurare i temuti
pericoli, costituisce illecito da reprimersi nelle competenti sedi e non con
provvedimenti irrituali. Pres. Lignani, Est. Cardoni - A.T.C. Perugia 1 (avv.
Rampini) c. Sindaco del Comune di Castiglione del Lago (Avv. Stato) - T.A.R.
UMBRIA - 5 giugno 2007, n. 498
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELL'UMBRIA
ha pronunciato la seguente
Dec. n. 498
depositata il
5 giugno 2007
SENTENZA
sul ricorso 399/2006 proposto da:
AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA (A.T.C.) - PERUGIA 1
rappresentato e difeso da:
RAMPINI MARIO
con domicilio eletto in PERUGIA
VIALE INDIPENDENZA, 49
presso
RAMPINI MARIO
contro
COMUNE DI CASTIGLIONE DEL LAGO
SINDACO DEL COMUNE DI CASTIGLIONE DEL LAGO
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA STATO
con domicilio eletto in PERUGIA
VIA DEGLI OFFICI, 14
presso la sua sede
e nei confronti di
AZIENDA AGRARIA TERESI GIORGINA
rappresentato e difeso da:
MAJORCA FULVIO CARLO
con domicilio eletto in PERUGIA
VIALE ROMA, 74
presso la sua sede
e con l'intervento ad opponendum di
ASSOCIAZIONE ITALIANA FAMILIARI E VITTIME DELLA CACCIA
rappresentato e difeso da:
BROCCHI PAOLO
con domicilio eletto in PERUGIA
VIA DEL ROSCETTO, 3
presso la sua sede;
per l'annullamento
dell'ordinanza sindacale n. 61 prot.n. 25336 del 20 luglio 2006, con la
quale è stato disposto il divieto, a tempo indeterminato, dell'esercizio
dell'attività venatoria in una porzione di territorio comunale di circa 48
ettari in frazione Pozzuolo e compresa tra Via Galeotti – loc. Cozzano e via
Fioretti, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e/o
collegato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Sindaco del Comune di Castiglione
del Lago e della controinteressata Azienda Agraria Teresi Giorgina;
Visto l'atto di intervento ad opponendum dell'Associazione Italiana Familiari e
Vittime della Caccia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza del giorno 16 maggio 2007 la relazione del
Dott. Carlo Luigi Cardoni e uditi i difensori delle parti come da verbale
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:
FATTO E DIRITTO
1- Con il provvedimento impugnato il Comune resistente ha imposto il divieto di
caccia su di un'area di circa 48 ettari, condotta dall'azienda agraria Teresi.
Ciò in considerazione del pericolo che deriverebbe per il personale ed i clienti
della stessa dall'esercizio dell'attività venatoria.
Nel ricorso si formulano articolate censure d'eccesso di potere e violazione di
legge (art. 21 L. n. 157/1992 e art. 54 D.Lgs. n. 267/2000) sostenendo, in
estrema sintesi:
- l'illegittima sovrapposizione del provvedimento con la disciplina statale e
regionale della caccia
- l'assenza dei presupposti per l'emanazione della contestata ordinanza
contingibile ed urgente giacché in realtà essa non sarebbe volta a fronteggiare
uno specifico ed immanente pericolo, ma ad inibire permanentemente l'attività
venatoria nel territorio di cui trattasi;
- il difetto di motivazione circa le ragioni per le quali è stata disattesa la
proposta della Polizia Municipale volta all'installazione di tabelle nelle quali
si rammentassero le distanze legali di sicurezza per l'impiego delle armi da
caccia;
- violazione dei principi in materia di giusto procedimento, per il mancato
coinvolgimento dell'ente ricorrente e di altre autorità nonostante che il
provvedimento avversato sia stato emanato dopo molto tempo dalla piena
conoscenza dei fatti;
- carenza di potere del Sindaco in ordine all’emanazione della disciplina
contenuta nel provvedimento.
2- Si sono costituiti in giudizio il Comune e la controinteressata azienda
Teresi; è altresì intervenuta ad opponendum l'Associazione Italiana Familiari e
Vittime della Caccia. Tutti hanno controdedotto ed eccepito il difetto
d'interesse al ricorso poiché la normativa sulle distanze di sicurezza farebbe
sì che in pratica tutta l'area di cui si discute sarebbe di per sé già sottratta
all'attività venatoria.
3- Il Collegio respinge in primo luogo tale eccezione preliminare.
Infatti, dette distanze consistono
(art. 21 L. n. 157/1992) in 50 metri dalle strade, 100 metri dai fabbricati
abitativi o produttivi ove si faccia fuoco non in loro direzione, ovvero 150
metri nell'ipotesi opposta.
E’ dunque evidente al comune buon senso e all’ordinaria esperienza che un
vincolo imposto su ben 48 ettari (circa 700 metri per 700 metri) copre una
superficie ben più ampia di quella delimitata anche dalle massime fra le
indicate distanze.
3- Ciò premesso, si ritiene che tutti i motivi di ricorso siano fondati.
Infatti, con il provvedimento impugnato si pone un divieto di caccia a tempo
indeterminato su una vasta area di territorio in relazione ad un pericolo
generico e non attuale.
Vengono così meno i presupposti tipici del provvedimento contingibile ed
urgente, di natura residuale, costituiti dalla presenza di un pericolo
determinato ed immediato altrimenti non fronteggiabile.
Prova ne sia che l'atto impugnato è in data 20 luglio 2006 e cioè segue di quasi
un mese l'esposto presentato in data 24 giugno 2006, di circa dieci mesi mesi la
denuncia ai Carabinieri in data 29 settembre 2005 e di circa sette mesi la
relazione della Polizia Municipale in relazione al precedente esposto già
presentato sullo stesso tema dall'azienda agraria il 20 ottobre 2005.
4- In più, l'ampiezza del divieto, la sua natura permanente, la sostanziale
assenza di collegamento con un pericolo specifico ed attuale, fa sì che il
potere esercitato si connoti in realtà come un’usurpazione delle competenze
regionali e provinciali in materia di gestione del territorio ai fini venatori
(art.2 L.R. 17 maggio 1994 n. 14).
5- Inoltre, l’atto impugnato è macroscopicamente irrazionale, come esattamente
sostiene la parte ricorrente.
Invero, osserva il Tribunale, il pericolo cui si intende ovviare è quello
generale cui sono esposti tutti gli individui presenti nello Stato in relazione
all'attività venatoria. Pericolo contemplato e disciplinato specificamente dalla
legg mediante la previsione, fra l’altro, delle suddette distanze di sicurezza.
Sottrarre il territorio alla caccia nel timore che quelle distanze possano
essere violate è manifestamente irragionevole giacché, accedendo ad un simile
procedimento logico, si dovrebbe vietare qualsiasi attività umana nel timore che
questa possa costituire una infrazione della legge od un pericolo per le persone
e le cose.
Si dovrebbe cioè, ad esempio, vietare la circolazione di ogni automezzo per
evitare che un criminale, guidando in stato d'ebbrezza, travolga dei passanti.
Il procedimento logico seguito nel provvedimento impugnato ripugna dunque
all’ordinaria razionalità prima che al diritto ed altro non v'è d'aggiungere sul
punto.
6- Va da se che il rispetto delle distanze di sicurezza deve ritenersi di per sé
idoneo, almeno perché tale è stata la valutazione del Legislatore, a scongiurare
i temuti pericoli e che la violazione delle distanze stesse costituisce un
illecito da reprimersi nelle competenti sedi e non con provvedimenti irrituali
come quello qui avversato.
Il tutto a maggior ragione, ove si consideri che dalla ripetuta relazione della
Polizia Municipale risulta che i danni ai rivestimenti delle serre dell'azienda
controinteressata provocati dalle munizioni da caccia, appaiono tali da "…
escludere il caso fortuito…." Pertanto si sarebbe in presenza di eventi prodotti
da condotte dolose che, in quanto tali, non possono certe essere prevenute o
represse sovrapponendo un ennesimo divieto, a dir poco singolare, a quelli
legittimamente già esistenti in forza delle inerenti disposizioni di legge.
7- In tale prospettiva, appare dunque logica e addirittura tuzioristica la
proposta a suo tempo avanzata dalla Polizia Municipale (1 Dicembre 2005 ) volta
ad autorizzare l'azienda Teresi ad installare cartelli che rammentassero le
suddette distanze.
Orbene, come esattamente lamenta la parte ricorrente, la proposta stessa è stata
disattesa senza alcuna motivazione e ciò costituisce un ulteriore vizio
dell'atto impugnato.
8- Sussiste altresì la violazione dei principi in tema di giusto procedimento
(ricorso pagina 10) giacché il lungo tempo trascorso dalla piena conoscenza dei
fatti da parte dell'Amministrazione Comunale (sia sufficiente pensare
all'esposto in data 20 ottobre 2005) avrebbe ben consentito il coinvolgimento
sia dell'ente ricorrente, sia di altre autorità, quanto meno per concertare
eventuali specifici interventi, ammesso e non concesso che fossero ritenuti
necessari in seguito ad un’obiettiva valutazione degli effettivi interessi
pubblici.
9- Per tutte le considerazioni sin qui svolte il ricorso dev’essere accolto, con
conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria, definitivamente pronunciando, accoglie
il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna le parti resistenti ed intervenienti al pagamento, in solido ed in
parti uguali, delle spese del giudizio, complessivamente liquidate in € 5.000
oltre agli oneri di legge ed alle ulteriori spese eventualmente occorrende.
Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del giorno 16 maggio 2007 con
l'intervento dei signori:
Avv. Pier Giorgio Lignani Presidente
Avv. Annibale Ferrari Consigliere
Dott. Carlo Luigi Cardoni Consigliere, estensore
L'ESTENSORE
F.to Carlo Luigi Cardoni
IL PRESIDENTE
F.to Pier Giorgio Lignani
IL SEGRETARIO
F.to Rossella Cardoni
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