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TAR VENETO, Sez. III, 30 novembre 2007, sentenza n. 3807
INQUINAMENTO ACUSTICO - Tutela della quiete pubblica - Interesse prevalente sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi - Limitazione degli orari di apertura - Legittimità. L’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa alla salute individuale e collettiva, prevale sugli interessi commerciali dei pubblici esercizi, e sulla gratificazione dei loro frequentatori: una volta accertata la lesione di quel bene, detta prevalenza impone alle autorità preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa senza dubbio la limitazione degli orari di apertura. Pres. De Zotti, Est. Gabricci - L.B. (avv. Tezza) c. Comune di San Bonifacio (avv.ti Lequaglie e Acerboni) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30 novembre 2007, n. 3807
INQUINAMENTO ACUSTICO - Ordinanza contingibile e urgente ex art. 54, c. 3,
T.U.E.L.- Efficacia temporalmente limitata - Mancata previsione di una scadenza
finale - Illegittimità. In materia di tutela della quiete pubblica, deve
ritenersi illegittima l’ordinanza contingibile e urgente emanata ex art. 54, c.
3 del d.lgs. n. 267/2000, priva di una scadenza finale adeguatamente
prestabilita. Tali ordinanze, infatti, “oltre al carattere della contingibilità,
intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in
casi di pericolo attuale od imminente, presentano il carattere della
provvisorietà, intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive
e di efficacia temporalmente limitata. Sicché oltre a non ammettersi che le
ordinanze in questione vengano emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e
permanenti non è ammesso che le stesse vengano adottate per regolare stabilmente
una situazione od assetto di interessi “(Consiglio Stato, sez. VI, 9 febbraio
2001, n. 580; TAR LAZIO, Roma, Sez. III, 15 settembre 2006, n. 8614). È poi vero
che la misura urgente può, in relazione al suo contenuto concreto, avere
l’attitudine a produrre conseguenze non provvisorie, e non per questo diviene
illegittima. Tuttavia, una cosa è che un ordine non abbia scadenza; altra che,
nel periodo prestabilito in cui l’ordine è vigente, esso produca effetti
destinati a persistere oltre la scadenza dell’ordine stesso, ciò che è ben
possibile. Pres. De Zotti, Est. Gabricci - L.B. (avv. Tezza) c. Comune di San
Bonifacio (avv.ti Lequaglie e Acerboni) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 30
novembre 2007, n. 3807
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VENETO,
terza sezione
Ric. n. 2662/2005
Sent. 3807/07
con l'intervento dei signori magistrati
Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere
Angelo Gabbricci Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio, introdotto con il ricorso n. 2662/2005, proposto da Lazia Boseggia,
rappresentata e difesa dall’avv. M. L. Tezza, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avv. F. Zambelli in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;
contro
il Comune di San Bonifacio, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dagli avv. ti Lequaglie e Acerboni, con domicilio eletto presso lo studio
del secondo in Venezia, S. Croce 312/a;
per l’annullamento dell’ordinanza 28 settembre 2005, n. 159, prot. n.
27350/28900, con cui il sindaco di San Bonifacio ha ordinato a Lazia Boseggia,
quale titolare dell’omonimo esercizio pubblico, di cessare alle ore 23,30 ogni
attività nei giorni di venerdì, sabato e domenica;
nonché per il risarcimento del danno ingiusto sofferto.
Visto l’ atto di costituzione in giudizio del Comune di San Bonifacio;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 25 ottobre 2007 - relatore il consigliere avv.
Angelo Gabbricci - l’avv. Avino in sostituzione di Zambelli, per la ricorrente e
l’avv. Acerboni per il Comune resistente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. L’ordinanza sindacale 28 settembre 2005, n. 159, qui impugnata, ha per
oggetto la “riduzione orario di attività per situazioni di disturbo alla
pubblica quiete e di pericolo per la pubblica incolumità”, disposta nei
confronti della “ditta Boseggia Lazia titolare di licenza di pubblico esercizio
di somministrazione alimenti e bevande in via Cav. V. Veneto n. 22”.
Nel preambolo del provvedimento sono intanto richiamati i rapporti di polizia,
relativi a verifiche disposte dopo le “numerose ... segnalazioni di disturbo
alla quiete pubblica da parte dei residenti nel fabbricato in cui trova
collocazione il pubblico esercizio di cui trattasi, unitamente alle segnalazioni
dei residenti nelle immediate vicinanze”; gli stessi rapporti avevano altresì
ravvisato pericoli “per l’incolumità delle persone che si trovano a transitare
sul tratto di strada interessato”.
Tale situazione sarebbe da imputare ai comportamenti dei clienti del “Bar Lazia”,
i quali vi affluiscono in soprannumero rispetto alla capienza del locale, in
particolare nei giorni di venerdì, sabato e domenica dopo le ore 23,00.
1.2. Così, tenuto altresì conto che precedenti richiami alla titolare, affinché
adottasse comportamenti appropriati, non avevano avuto esito, ed affermato che
“giurisprudenza costante attribuisce al Sindaco, ai sensi dell’ art. 54 comma 3
del d. lgs. 267/00, il potere di ordinare l’anticipazione dell’orario di
chiusura di un esercizio pubblico (bar) in presenza di reiterate segnalazione e
lamentele”, l’ordinanza sindacale stabilisce in conclusione che l’orario di
chiusura del bar Lazia nei giorni di venerdì, sabato e domenica sarebbe stato
anticipato alle ore 23.30, rimanendo invariato negli altri giorni della
settimana.
2.1. Avverso l’ordinanza la Boseggia ha proposto il ricorso in esame; si è
costituito in giudizio il Comune di San Bonifacio, concludendo per la reiezione.
La Sezione, con ordinanza cautelare 1029/05, ha accolto l’istanza di sospensione
.
2.2. Nel 2007, persistendo la situazione di disagio, il Comune ha reiterato
l’ordinanza de qua: e, in questo caso, l’istanza cautelare è stata respinta con
l’ordinanza 610/07.
Quasi contemporaneamente, l’Amministrazione resistente “si è fatta carico” –
come essa si esprime – di un’istanza per il prelievo del ricorso 2662/2005, che
è stato così assegnato a decisione.
3.1. Il ricorso della Boseggia può essere così riassunto:
a) quanto al primo ed al terzo motivo, nella violazione dell’art. 54 d. lgs.
267/00, oltre che sull’eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto:
sarebbero mancate le condizioni d’indifferibilità ed urgenza per emettere il
provvedimento de quo;
b) quanto al secondo motivo, nell’eccesso di potere per sviamento: le situazioni
addotte a fondamento dell’ordinanza non sono imputabili alla ricorrente, ma
consisterebbero in comportamenti vietati e sanzionati dalle norme in materia di
polizia urbana, igiene pubblica e traffico, che il Comune dovrebbe far
rispettare direttamente, e con strumenti appropriati;
c) quanto al quarto ed al quinto motivo, ancora nella violazione del ripetuto
art. 54, nonché nell’eccesso di potere sotto vari profili: la chiusura
anticipata sarebbe una misura sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito,
il quale, peraltro, consisterebbe non già in un interesse pubblico, ma in quello
privato dei cittadini residenti in prossimità del locale.
3.2. Infine, il VI motivo è ancora compendiato nella violazione del ripetuto
art. 54, nello sviamento di potere, nonché “nell’eccesso di potere per mancata
fissazione del periodo temporale di efficacia”.
Secondo la ricorrente, invero, le ordinanze contingibili ed urgenti non possono
assumere in relazione al loro scopo, carattere di continuità e stabilità di
effetti: essendo un provvedimento a carattere eccezionale, deve avere un preciso
termine finale di efficacia, che qui manca.
4.1. Orbene, per quanto riguarda le censure compendiate sub 3.1., la Sezione ha
già affrontato buona parte delle questioni proposte nella sentenza 1582/07, in
cui ha affermato come l’interesse alla quiete pubblica, strettamente connessa
alla salute individuale e collettiva, prevalga sugli interessi commerciali dei
pubblici esercizi, e sulla gratificazione dei loro frequentatori: prevalenza
che, una volta comunque accertata la lesione di quel bene, impone alle autorità
preposte di avvalersi di ogni strumento idoneo a tutelarlo, inclusa senza dubbio
la limitazione degli orari.
4.2. La lesione del bene va naturalmente accertata in concreto: ciò che,
peraltro, nella specie si presenta superfluo.
Come si vedrà più oltre, il ricorso è certamente fondato con riferimento al VI
motivo (sub 3.2), né, d’altro canto, vi è un particolare interesse all’esame
degli altri motivi, in rapporto ad un’ipotetica futura reiterazione del
provvedimento.
Come si è detto, infatti, l’Amministrazione – pur non avvalendosi neppure questa
volta dei poteri attribuiti ai sindaci in materia, dapprima dalla l.r. 14
settembre 1994, n. 40, e, attualmente, dalla l.r. 21 settembre 2007, n. 29 – ha
già emesso una nuova ordinanza nel 2007 (alla quale è stato questa volta apposto
un termine finale di efficacia), che il T.A.R. non ha sospeso.
5.1. Come si è testé accennato, l’ordinanza impugnata è illegittima perché priva
di una scadenza finale adeguatamente prestabilita.
La giurisprudenza è, in tal senso, univoca, ed il Collegio non vede motivo di
discostarsene: come osserva da ultimo T.A.R. Lazio Roma, III, 15 settembre 2006,
n. 8614, tali ordinanze, “oltre al carattere della contingibilità, intesa come
urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in casi di
pericolo attuale od imminente, presentano il carattere della provvisorietà,
intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e di efficacia
temporalmente limitata. Sicché oltre a non ammettersi che le ordinanze in
questione vengano emanate per fronteggiare esigenze prevedibili e permanenti non
è ammesso che le stesse vengano adottate per regolare stabilmente una situazione
od assetto di interessi (Consiglio Stato, sez. VI, 9 febbraio 2001, n. 580).”
5.2. È poi vero, va soggiunto, che la misura urgente può, in relazione al suo
contenuto concreto, avere l’attitudine a produrre conseguenze non provvisorie, e
non per questo diviene illegittima.
Tuttavia, una cosa è che un ordine non abbia scadenza; altra che, nel periodo
prestabilito in cui l’ordine è vigente, esso produca effetti destinati a
persistere oltre la scadenza dell’ordine stesso, ciò che è ben possibile, ma non
si realizza nella fattispecie, dove la mancanza di un termine non può dunque
venire così giustificata.
La funzione che un’ordinanza contingibile ed urgente è destinata a svolgere
nella materia su cui si controverte, è invero pienamente compatibile con la
fissazione nella stessa di un limite temporale finale, pur non potendosi
escludere una successiva reiterazione dell’ordinanza stessa per un ulteriore
periodo di tempo.
6. In conclusione il ricorso va accolto, e l’ordinanza impugnata va annullata.
La sospensione a suo tempo disposta consente di escludere la sussistenza di un
danno risarcibile e quindi di respingere la relativa istanza.
Le spese, compensate per un terzo seguono per il residuo la soccombenza e sono
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:
a) accoglie la domanda di annullamento e, per l’effetto, annulla il
provvedimento in epigrafe impugnato;
b) respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa le spese di lite tra le parti per un terzo e condanna il Comune
resistente alla rifusione del residuo, liquidandole in € 300,00 quanto alle
spese anticipate, nonché in € 2.500,00, per diritti, onorari e spese generali,
oltre ad i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 ottobre 2007.
Il Presidente
l’Estensore
Il Segretario
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