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TAR VENETO, Sez. II - 26 marzo 2007, sentenza n. 938
 

V.I.A. - Regione Veneto - Parco commerciale - Sommatoria degli esercizi precedenti - Equivalenza - Esclusione. Ai fini dell’applicazione della disciplina sulla valutazione di impatto ambientale, di cui all’art. 18 della L.R. Veneto n. 15/2004, l’istituzione di un parco commerciale è da considerarsi, sotto il profilo della tutela ambientale, qualitativamente e quantitativamente diversa da una sommatoria di precedenti esercizi, soprattutto qualora l’edificazione delle opere stradali di urbanizzazione sia ancora in fieri. Pres. ed Est. Zuballi - I. s.r.l. (avv.ti Vettor Grimani, Di Maria e Biagetti ) c. Comune di Roncade (avv. Munari) - T.A.R. VENETO, Sez. II - 26 marzo 2007, n. 938
 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VENETO

SECONDA SEZIONE


con l'intervento dei signori magistrati:


Umberto Zuballi Presidente relatore
Riccardo Savoia Consigliere
Alessandra Farina Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 1540/06 proposto da Iper Gara srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti, Pier Vettor Grimani, Franco Di Maria, Vittorio Biagetti, con elezione di domicilio presso lo studio del primo, in Venezia, Santa Croce 466/G, come da mandato a margine del ricorso;


CONTRO


il Comune di Roncade, in persona del Sincaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Antonimo Munari, con elezione di domicilio presso il suo studio in Venezia, Piazzale Roma 464 ;


e nei confronti di


Regione Veneto, non costituita in giudizio;
Provincia di Treviso, non costituita in giudizio;
Gruppo Basso spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Curato, Vittorio Domenichelli e Guido Zago e domiciliato presso il primo, in Venezia, Piazzale Roma 468/B;


PER


l’annullamento della delibera della Giunta Comunale di Roncade 19 ottobre 2005 n 154 di approvazione del provvedimento ricognitivo diretto a qualificare come parco commerciale l’aggregazione di esercizi commerciali del Gruppo Basso spa;
della delibera del Consiglio comunale di Roncade n 69 del 18 novembre 2005 di adozione della variante urbanistica;
della delibera del Consiglio comunale di Roncade n 26 del 3 maggio 2006 di approvazione della variante urbanistica;.


Quanto ai motivi aggiunti:
per l’annullamento
delle autorizzazioni al commercio al dettaglio rilasciate dal Comune di Roncade alla PROMEDI srl (poi fusasi con la Gruppo Basso spa) n. 2366 del 10 febbraio 2004, n 2367 del 10 febbraio 2004, n. 2368 del 10 febbraio 2004, n 4 del 2 gennaio 2004, n 5 del 2 gennaio 2004, n 21182 del 24 novembre 2003 e n 21183 del 24 novembre 2003;
dei provvedimenti del Capo del settore III del Comune di Roncade n 4699 del 14 marzo 2005, n 4703 del 14 marzo 2005, n 4707 del 14 marzo 2005, n. 23902 del 23 dicembre 2004, n. 23094 del 23 dicembre 2004, n 23095 del 23 dicembre 2004, n 23097 del 23 dicembre 2004 che concedevano una proroga di 12 mesi per l’attivazione delle sopra citate strutture di vendita;
delle domande di proroga delle citate medie strutture di vendita presentate dalla PROMEDI al Comune il 7 dicembre 2005 e il 18 novembre 2005, della nota comunale del 5 dicembre 2005 di richiesta di integrazioni, nonché della nota della PROMEDI del 23 dicembre 2005 che indicava le ragioni della richiesta di proroga;
del provvedimento n 2525 del 3 febbraio 2006 del Responsabile del servizio sportello unico attività produttive di accoglimento delle richieste di proroga fino al 29 settembre 2007,
dell’autorizzazione di commercio n 3800 del 4 marzo 2004 rilasciata dal Comune alla PROMEDI;
della domanda di proroga presentata dalla PROMEDI al Comune il 23 dicembre 2005;
del provvedimento del Responsabile del procedimento n 487 del 9 gennaio 2006 che ha concesso al Gruppo Basso la proroga al 2 marzo 2007 del termine utile per l’attivazione della grande struttura di vendita;


Visto il ricorso, notificato il 10 luglio 2006 e depositato presso la Segreteria il 18 luglio 2006, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune, depositato il 25 luglio 2006 e del Gruppo Basso depositato il 25 luglio 2006;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti i motivi aggiunti depositati il 2 ottobre 2006;
Visti gli atti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 23 febbraio 2007 - relatore il presidente Zuballi – gli avvocati Biagetti e Di Maria per la ricorrente, Amadio in sostituzione di Munari per il Comune e Zago e De Salvo in sostituzione di Domenichelli per il gruppo Basso;


Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


La ditta ricorrente, titolare di alcuni esercizi di vendita, ha avuto contezza che il Comune aveva qualificato come parco commerciale una serie di esercizi del Gruppo Basso spa e aveva altresì variato lo strumento urbanistico in modo da consentire la realizzazione di detto centro commerciale.


Riservandosi di produrre ulteriori motivi aggiunti una volta acquisita la documentazione completa, illustra i seguenti motivi di gravame:


1. Violazione dell’art 22 del D. Lgs. n. 114 del 1998, dell’articolo 20 della lr 37 del 1999, dell’art 10 e 23 della lr 15 del 2004.
Premessa la natura ricognitiva della prima delibera giuntale impugnata, la ditta ricorrente rileva che illegittimamente il Comune ha attribuito la qualifica di parco commerciale a un insieme di esercizi le cui autorizzazioni commerciali erano da tempo decadute e prive di giuridica efficacia.
Le medie e grandi strutture di vendita non erano infatti state attivate nei tempi previsti dalla normativa.


2. Carenza di istruttoria e sviamento. Un semplice attività istruttoria avrebbe evidenziato l’intervenuta decadenza delle autorizzazioni commerciali della ditta Gruppo Basso spa; da ciò lo sviamento di potere.


Con appositi motivi aggiunti la ditta ha impugnato i seguenti atti:
delle autorizzazioni al commercio al dettaglio rilasciate dal Comune di Roncade alla PROMEDI srl (poi fusasi con la Gruppo Basso spa) n. 2366 del 10 febbraio 2004, n 2367 del 10 febbraio 2004, n. 2368 del 10 febbraio 2004, n 4 del 2 gennaio 2004, n 5 del 2 gennaio 2004, n 21182 del 24 novembre 2003 e n 21183 del 24 novembre 2003;
dei provvedimenti del Capo del settore III del Comune di Roncade n 4699 del 14 marzo 2005, n 4703 del 14 marzo 2005, n 4707 del 14 marzo 2005, n. 23902 del 23 dicembre 2004, n. 23094 del 23 dicembre 2004, n 23095 del 23 dicembre 2004, n 23097 del 23 dicembre 2004 che concedevano una proroga di 12 mesi per l’attivazione delle sopra citate strutture di vendita;
delle domande di proroga delle citate medie strutture di vendita presentate dalla PROMEDI al Comune il 7 dicembre 2005 e il 18 novembre 2005, della nota comunale del 5 dicembre 2005 di richiesta di integrazioni, nonché della nota della PROMEDI del 23 dicembre 2005 che indicava le ragioni della richiesta di proroga;
del provvedimento n 2525 del 3 febbraio 2006 del Responsabile del servizio sportello unico attività produttive di accoglimento delle richieste di proroga fino al 29 settembre 2007,
dell’autorizzazione di commercio n 3800 del 4 marzo 2004 rilasciata dal Comune alla PROMEDI;
della domanda di proroga presentata dalla PROMEDI al Comune il 23 dicembre 2005;
del provvedimento del Responsabile del procedimento n 487 del 9 gennaio 2006 che ha concesso al Gruppo Basso la proroga al 2 marzo 2007 del termine utile per l’attivazione della grande struttura di vendita.

 

Le proroghe delle autorizzazioni commerciali rilasciate al Gruppo Basso vengono impugnate per i seguenti motivi di diritto:


1. Violazione dell’articolo 22 del D Lgs 114 del 1998, mancata indicazione delle ragioni di comprovata necessità della proroga.
Nonostante la genericità delle richieste di proroga, il Comune ha concesso tutte le proroghe assumendo che il ritardo non era imputabile al richiedente.


2. Difetto di istruttoria in relazione alle ragioni di comprovata necessità della proroga.


3. Disparità di trattamento e manifesta illogicità in relazione alla mancata indagine sulla necessità delle istanze di proroga. In occasione delle seconde proroghe, il Comune ha svolto un’ulteriore attività istruttoria, affatto mancante per quanto riguarda il primo gruppo di richieste.


4. Violazione dell’art. 22 del D. Lgs. n. 114 del 1998, illegittima reiterazione dei termini per l’apertura delle medie strutture di vendita. Le proroghe sono state duplicate, laddove la norma citata consente una sola proroga.


5. Violazione art. 23 della lr 15 del 2004 e art. 20 della lr 37 del 1999. Il responsabile ha ritenuto applicabile la normativa sulle grandi strutture, per cui il periodo di tempo risulta di tre anni compresa la proroga; la normativa regionale citata peraltro prevede che la richiesta di proroga sia presentata al Comune entro e non oltre i sessanta giorni precedenti la scadenza del termine di attivazione, salvo il caso in cui il termine intervenga successivamente. Per quattro delle sette strutture di vendita la richiesta di proroga è stata presentata oltre il termine di legge.


6. Violazione art. 23 della lr 15 del 2004 e 20 della lr 37 del 1999. Il termine concesso supera il limite massimo di tre anni previsto dalla legge.


7. Violazione art. 23 della lr 15 del 2004 e 20 della lr 37 del 1999; il termine massimo della proroga è di un anno mentre nel caso sono stati concessi circa 19 mesi.


8. Illogicità manifesta, sviamento ed erroneità dei presupposti. E’ mancata la necessaria valutazione del pubblico interesse, anche perché in materia di revoca non residua alcuna discrezionalità in capo all’amministrazione.


9. Illogicità manifesta, sviamento ed erroneità dei presupposti. Quanto sopra indicato vale anche per la proroga relativa alla grande struttura di vendita.


10. Violazione art 22 D Lgs 114 del 1998, violazione art 10 e 23 della lr 15 del 2004 e 20 della lr 37 del 1999. Il provvedimento ricognitivo dell’esistenza del centro commerciale e i successivi provvedimenti sono tutti affetti dai medesimi vizi sopra elencati.


11. Carenza di istruttoria.


12. Sviamento, in quanto il Comune ha dato un eccessivo e ingiustificato vantaggio al Gruppo Basso spa.


13. Violazione art. 18 lr 15 del 2004, art. 15 lr 37 del 1999, sviamento e mancato espletamento della procedura di impatto ambientale.


Il Comune resiste in giudizio ed eccepisce la tardività dell’impugnazione della delibera della Giunta comunale 19 ottobre 2005 pubblicata all’albo pretorio. Eccepisce poi la carenza di interesse della IPER GARA evidenziando la diversità dei settori merceologici oggetto della sua attività rispetto a quelli della controinteressata Gruppo Basso spa.

Il Comune eccepisce poi l’inammissibilità delle censure avverso il primo gruppo di proroghe, atteso l’intervento di successivi provvedimenti di ulteriore proroga.

Eccepisce infine la tardività dell’impugnazione della determinazione del Responsabile del 3 febbraio 2006 n 2525 di proroga del termine di attivazione delle sette strutture di vendita in relazione alla sua pubblicazione all’albo pretorio dal 13 al 27 febbraio 2006.
Il Comune replica anche nel merito del ricorso concludendo per il suo rigetto.


Anche la ditta controinteressata si costituisce in giudizio aderendo sostanzialmente a parte delle eccezioni comunali.


Infine con successiva memoria parte ricorrente replica alle eccezioni avversarie e insiste per l’accoglimento del gravame.


Nel corso della pubblica udienza, le parti hanno ulteriormente ribadito le rispettive tesi.


DIRITTO


1. Nel ricorso in esame la IPER GARA, proprietaria del Centro Commerciale “Tiziano” in località Olmi di S. Biagio di Callalta (TV) e titolare di autorizzazioni commerciali per la vendita di prodotti non alimentari, ha impugnato tutta una serie di provvedimenti volti ad autorizzare la GRUPPO BASSO all’apertura di un nuovo “parco commerciale” nella zona “Fusana”, sita nel territorio del comune di Roncade.
In via preliminare, va anzitutto esaminata, in quanto assorbente, l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse della “Ipergara srl” (d’ora in poi: Ipergara) ad impugnare le autorizzazioni commerciali del Gruppo Basso spa, evidenziando che non è in grado di entrare in concorrenza con l’attività che dovrebbe essere aperta in forza dei provvedimenti impugnati, stante la diversità dei settori merceologici oggetto delle attività delle due società.
L’eccezione è infondata.
Innanzi tutto, il D. Lgs. 114 del 1998 ha eliminato le tabelle merceologiche, conservando unicamente la distinzione tra generi alimentari e non alimentari per cui sussiste una sovrapposizione almeno parziale tra i prodotti venduti dalle due società sopra citate.
Inoltre, come già evidenziato nella sentenza di questo TAR n. 4302 del 2005, l’attuale facilità degli spostamenti e la indiscussa funzionalità dello shopping nel centro commerciale (in termini vuoi di reperibilità di parcheggio, vuoi di possibilità di scelta tra una vasta gamma di prodotti a prezzi spesso competitivi, vuoi di utilizzo dei servizi accessori) sono elementi che consentono di superare il tradizionale limite del collegamento della struttura di vendita con il territorio. La concorrenzialità di una struttura commerciale dipende, invero, (anche) dalle economie di scala che essa è in grado di realizzare, in quanto comportano, come effetto finale, la diminuzione del prezzo al consumatore: e poiché le economie di scala, nel breve periodo, sono in relazione alla quantità venduta (stante l’invariabilità degli altri fattori), segue necessariamente che il centro commerciale, per ottimizzare il profitto, deve proporsi – come in effetti si propone - su un mercato piuttosto vasto, certamente ultroneo rispetto all’area geografica che costituisce il suo apparente bacino di utenza.
Ma se, dunque, il consumatore si sposta volentieri laddove può scegliere meglio ed ottenere prezzi migliori, allora deve concludersi che l’apertura di un nuovo centro commerciale, tra l’altro localizzato nelle immediate vicinanze di un altro, comporta comunque un potenziale sviamento di clientela in grado di procurare quel nocumento che la giurisprudenza amministrativa ritiene meritevole di tutela (cfr. CdS, IV, 27.5.2002 n. 2921).
In generale poi il problema sulla sussistenza dei presupposti dell’azione, nel caso di impugnazione di licenze o autorizzazioni commerciali che legittimano altri soggetti all’apertura di nuovi esercizi commerciali, creando situazioni di concorrenza con i precedenti operatori, sembra esser stato risolto dalla giurisprudenza in senso positivo.
In un caso similare a quello di specie, il T.A.R. della Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria – con la decisione n. 418/2005, richiamando una lunga serie di pronunce giurisprudenziali, si è pronunciato nel seguente modo riconoscendo la legittimazione ad agire ai “titolari” di altri impianti, ancorando il loro interesse al potenziale sviamento della clientela e riduzione dei profitti (Vd. Cons. St., V, 15 giugno 1998 n. 848 e già 19 luglio 1989 n. 414; Tar Bologna, I, 7 febbraio 2002 n. 383; Tar Latina 14 luglio 1998 n. 60; Tar Lazio, II, 23 gennaio 1997 n. 233 e 11 aprile 1996 n. 666).
In senso analogo si è pronunciato il T.A.R. della Lombardia, il quale, dopo aver evidenziato come la parte ricorrente abbia fatto valere il pregiudizio economico, in termini di sviamento della clientela, ha precisato che i titolari di impresa sono portatori di posizioni che l’ordinamento riconosce meritevoli di tutela nei confronti di atti suscettibili di restringere indebitamente gli spazi di mercato in cui operano (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 2 ottobre 1998, n. 2298, poi confermata da C.d.S., Sez. IV, 27 marzo 2002, n. 1716).
In conclusione, va ritenuto che la ricorrente sia fornita di legittimazione a ricorrere avverso gli atti impugnati, in quanto asseritamente illegittimi e quindi idonei a restringere indebitamente lo spazio di mercato in cui la ricorrente stessa opera.
Va affermata quindi la legittimazione di Ipergara ad impugnare i provvedimenti che hanno acconsentito l’apertura della nuova, grande struttura di vendita.


2. La ditta Gruppo Basso spa eccepisce altresì l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica alla controinteressata LEFIM spa, società proprietaria delle aree oggetto della variante. L’eccezione è infondata, in quanto la questione palesemente riguarda gli interessi della società che gestisce il centro commerciale e non già la proprietaria dell’area, stanti gli interessi economici e commerciali fatti valere in ricorso.


3. Altra questione preliminare sollevata nelle memorie difensive riguarda la presunta tardività dell’impugnazione della delibera della Giunta comunale del 19 ottobre 2005 n 154 ricognitiva del Parco commerciale; secondo il Comune, essendo detta delibera stata pubblicata all’Albo pretorio il 9 settembre 2005 per 15 giorni, essa andava impugnata entro il 23 gennaio 2006. Dello stesso tenore l’eccezione di tardività formulata dal Gruppo Basso spa.
Per affrontare l’eccezione testé illustrata, conviene por mente all’articolo 10 della legge regionale del Veneto n 15 del 2004, che al comma 8°, dispone che «In caso di individuazione di parchi commerciali ai sensi del comma 7 […] il Comune provvede all’approvazione della variante urbanistica […]».
Il successivo articolo 18 comma 1° stabilisce poi che: “Le grandi strutture di vendita e i parchi commerciali, come definiti all’articolo 10, devono essere localizzati in aree e/o edifici previsti allo scopo dagli strumenti urbanistici generali in zone territoriali omogenee di tipo D a specifica destinazione commerciale per grandi strutture di vendita o per parchi commerciali….”
Ad avviso di questo Collegio, dal tenore letterale delle norme citate emerge in maniera inequivoca l’interdipendenza tra il provvedimento ricognitivo e l’adozione e approvazione della variante urbanistica.
In altre parole, se la procedura di ricognizione, sull’esistenza delle strutture e relative autorizzazioni commerciali, ha esito positivo il Comune è obbligato, o meglio deve procedere in maniera vincolata, ad approvare la variante urbanistica.
In altri termini, il provvedimento n. 154/2005, avente carattere ricognitivo, conclude un procedimento ma costituisce, allo stesso tempo, il presupposto per il procedimento di adozione della variante urbanistica, conclusa col provvedimento n. 69/2005, che a sua volta è presupposto per la procedura di approvazione della variante stessa, terminata con il provvedimento n. 26/2005, che ha collocato il Parco commerciale nel P.R.G. del Comune di Roncade.
In tal caso l’illegittimità del provvedimento ricognitivo (derivante dal fatto che questo si fonderebbe su autorizzazioni scadute) si ripercuote necessariamente sull’approvazione della variante, proprio perché il primo provvedimento costituisce il presupposto sostanziale e procedurale del secondo.
Del resto lo stesso Comune appare convinto del fatto che solo la variante al PRG conclude il procedimento complesso iniziato con il provvedimento ricognitivo, in quanto nella delibera della Giunta comunale del 19 ottobre 2005 n 154 precisa che con successiva specifica variante urbanistica il Consiglio comunale “dovrà” provvedere a conferire all’area la specifica destinazione commerciale.
Il ricorso, quindi, risulta ricevibile perché IPER GARA ha impugnato nei termini l’approvazione della variante urbanistica e, con questa, anche gli “atti presupposti”.


4. Altra analoga eccezione viene formulata dal Comune in relazione all’impugnazione asseritamene tardiva della determinazione del responsabile del servizio sportello unico attività produttive del 3 febbraio 2006 n 2525 recante proroga del termine di attivazione delle 7 medie strutture di vendita sino al 29 settembre 2007 in relazione alla sua pubblicazione all’albo pretorio dal 13 al 27 febbraio 2006.
Come noto la pubblicazione dei provvedimenti costituisce forma legale di conoscenza solo ove sia normativamente imposta, il che non avviene per le determinazioni dirigenziali.
Va a questo punto richiamata quella giurisprudenza che in generale afferma che, per i soggetti diversi dai diretti interessati, la decorrenza del termine per l'impugnazione di un provvedimento dalla sua pubblicazione presuppone che questa sia prevista da norme legislative o regolamentari (Consiglio Stato , sez. VI, 28 febbraio 2006 , n. 870).
Orbene, per quanto riguarda le determinazioni dirigenziali esse non sembrano rientrare nella dizione “deliberazioni” di cui all’articolo 124 del D Lgs 267 del 2000; questo Collegio non ignora certo la giurisprudenza che al contrario considera che la pubblicazione all'albo pretorio del comune riguardi non solo le deliberazioni degli organi di governo (consiglio e giunta municipali), ma anche le determinazioni dirigenziali, esprimendo la parola "deliberazione" “ab antiquo” sia risoluzioni adottate da organi collegiali che da organi monocratici ed essendo l'intento quello di rendere pubblici tutti gli atti degli enti locali di esercizio del potere deliberativo, indipendentemente dalla natura collegiale o meno dell'organo emanante (Consiglio Stato , sez. IV, 15 marzo 2006 , n. 1370), in quanto la considera non solo contrastante con la lettera della norma ma altresì eccessivamente gravosa per i terzi. In altri termini, date le conseguenze che la pubblicazione all’albo comporta in relazione all’impugnazione, e trattandosi di una fictio juris, l’interpretazione delle relativa normativa non può che risultare restrittiva.
Inoltre, nel peculiare caso in esame la proroga della validità delle autorizzazioni commerciali si inserisce anch’essa nel complesso procedimento che ha portato alla variante impugnata, e quindi rientra tra gli atti ad essa presupposti.
Va per completezza aggiunto che la proroga delle autorizzazioni commerciali è divenuta lesiva per gli interessi della ricorrente solo al momento in cui la stessa ha avuto contezza che detta proroga aveva costituito un elemento indispensabile per la ricognizione e attivazione del centro commerciale.


5. Viene altresì eccepita da parte del Comune resistente l’inammissibilità delle censure sollevate avverso il primo gruppo di proroghe, atteso l’intervento delle successive ulteriori proroghe.
Su tale eccezione si rileva innanzi tutto che l’eventuale vizio delle prime proroghe si ripercuote sulla validità delle seconde, che presuppongono evidentemente un’autorizzazione commerciale validamente in atto e non ancora scaduta. A ciò si aggiunga che – come si esaminerà meglio in prosieguo - le leggi regionali n. 37 del 1999 e n 15 del 2004 prevedono un sistema di decadenza in caso di inosservanza dei termini di attivazione delle strutture di vendita.


6. Venendo al merito, il punto focale del ricorso e dei motivi aggiunti riguarda la legittimità dei provvedimenti di proroga alle autorizzazioni della Gruppo Basso, rilasciate dal Comune di Roncade.
Invero, ove venisse acclarata l’illegittimità delle proroghe alle autorizzazioni commerciali, allora ne conseguirebbe un effetto “a cascata” su tutti gli atti derivati, la delibera di ricognizione (n. 154/2005) operata dal Comune di Roncade, dal momento che l’accertamento ha avuto ad oggetto proprio l’esistenza delle suddette autorizzazioni, e, a seguire, i provvedimenti di adozione (delibera n. 69/2005) e di approvazione (delibera n. 26/2006) della variante urbanistica.
Sul punto, la ricorrente sostiene che le autorizzazioni commerciali della Gruppo Basso, sulla base delle quali il Comune di Roncade ha approvato i provvedimenti di ricognizione del Parco Commerciale e di variante agli strumenti urbanistici, erano ormai decadute e prive di efficacia perché non attivate entro i termini imposti dalla disciplina nazionale e regionale.
Il Comune e la controinteressata rilevano invece che tutte le autorizzazioni commerciali sarebbero valide ed efficaci poiché il Comune di Roncade ha concesso le relative proroghe alle scadenze dei titoli.
Vari sono i profili di illegittimità sollevati dalla società ricorrente nei motivi aggiunti.
La ricorrente rileva che, da un lato, le istanze di proroga si basavano su motivazioni generiche, dall’altro, che il Comune di Roncade, le avrebbe accolte senza effettuare un’adeguata istruttoria. Rileva l’istante che il Comune, dopo aver ricevuto un’ulteriore istanza di proroga, nel concedere una seconda dilazione temporale, abbia prima richiesto all’istante ulteriori informazioni ed integrazioni, per cui emergerebbe che, nel concedere la seconda proroga avrebbe compiuto un’istruttoria più approfondita rispetto a quanto avvenuto in occasione della concessione della precedente dilazione.
Su tale questione, il Comune ha prodotto in causa le relazioni tecniche, allegate all’istanza di proroga, dove si attesta la complessità dell’intervento, la necessità della proroga e la presunta data di conclusione dei lavori.
Da canto suo la ditta controinteressata fa presente come il ritardo nell’ultimazione dei lavori non le sia imputabile, visti alcuni elementi di oggettiva complessità, legati alla natura e dimensioni dell’intervento (tra cui la realizzazione delle opere di urbanizzazione nonché l’ottemperanza alle nuove prescrizioni dettate dalla Provincia di Treviso). Osserva poi che il diniego alla proroga presuppone, al contrario, un’inerzia “colpevole” dell’interessato: tale inerzia nel suo caso non si sarebbe verificata.
Inoltre, secondo le parti resistenti, le proroghe sarebbero motivate per relationem alle ragioni contenute nelle domande.
Questo Collegio ritiene fondata la censura di difetto di motivazione della concessione delle prime e delle seconde proroghe; invero non vengono affatto esplicitate le ragioni della concessione delle dilazioni, né appare sufficiente il richiamo al contenuto delle istanze, trattandosi di atti di parte non suscettibili di motivazione per relationem, possibile solo se riferita ad atti della medesima amministrazione. Si aggiunga che nelle relazioni stesse depositate in atti si afferma che i lavori di urbanizzazione erano ormai completati e comunque non si fa alcun cenno a ragioni indipendenti dalla volontà della ditta titolare che avrebbero causato la necessità delle dilazioni.
Né ovviamente le esaurienti spiegazioni contenute nelle memorie difensive valgono ad integrare una motivazione del tutto carente.


7. Con altra articolata censura, la ricorrente afferma che l’art 22 del d.lvo n. 114/1998, disciplinante l’istituto de quo, concede all’Amministrazione l’esercizio del potere di proroga per una sola volta. Tale assunto è basato sull’interpretazione letterale della norma, che parla di “proroga” al singolare, nonché sul carattere eccezionale dell’istituto.
Questo Collegio non condivide tale assunto, in quanto la dizione della norma non pare escludere la possibilità di più proroghe; ma in tal caso l’onere motivazionale risulta ancor più stringente, per cui il rigetto di tale doglianza rafforza la sopra evidenziata fondatezza della precedente censura di difetto di motivazione e di istruttoria.


8. La ricorrente contesta poi la legittimità della seconda proroga, concessa con la determinazione n. 2525 del 03/02/2006, in quanto il Comune da un lato, ha applicato la normativa sulle grandi strutture di vendita, concedendo in tal modo alla controinteressata una proroga in totale di tre anni (24 mesi + 12 mesi di proroga), ma, dall’altro, non ha tenuto in considerazione che, proprio sulla base di quella normativa (art. 23 L.R. Veneto n. 15/2004), la richiesta di proroga era tardiva e non poteva, quindi, essere accolta. Invero prescrive detto articolo 23 (e analogamente il precedente articolo 20 della lr 37 del 1999) che le domande di proroga devono essere presentate entro i sessanta giorni precedenti la scadenza del termine di attivazione, mentre nel caso il termine non risulta rispettato.
Inoltre sia l’articolo 23 della lr 15 del 2004 sia l’articolo 20 della lr 37 del 1999 prevedono che la Grandi strutture di vendita e i parchi commerciali devono essere attivati a pena di decadenza entro 2 anni dalla loro autorizzazione, prorogabili una sola volta per un ulteriore anno, e quindi entro tre anni al massimo; anche tale termine non risulta rispettato.
La doglianza risulta pertanto fondata, in quanto non può il Comune applicare alternativamente alla medesima fattispecie ora la normativa relativa alle grandi strutture e ora quella relativa alle medie strutture. Invero, le strutture vengono considerate grandi strutture di vendita per definire la durata massima del termine di attivazione, e medie strutture in relazione alle modalità di presentazione delle domande di proroga. In sostanza, come emerge dalla documentazione in atti, almeno 4 su 7 delle istanze di proroga sono state presentate oltre il termine di cui all’articolo 23 della lr 15 del 2004.
Infine, da quanto detto emerge palese, in relazione alle seconde proroghe, la loro illegittimità, in quanto il termine massimo di attivazione per le grandi strutture di vendita (tre anni comprensivo di eventuali proroghe) risulta superato ed è stata la stessa amministrazione a considerare applicabile al caso la disciplina dei parchi commerciali e delle grandi strutture di vendita.


9. Va poi aggiunto come ex articolo 22 del D Lgs 114 del 1998 la decadenza delle autorizzazioni commerciali non sia affatto facoltativa, ma vincolata e quindi conseguenza automatica dell’inattività, che può essere evitata solo a seguito della dimostrazione di comprovate necessità affatto estranee alla responsabilità del titolare.
Invero, i provvedimenti di revoca dell'autorizzazione commerciale per protratta inerzia del titolare vanno collegati all'obiettiva circostanza del decorso del tempo, senza alcuna necessità di dover motivare in ordine all'imputabilità della condotta inerte dell'interessato. Il carattere dichiarativo dell'atto di revoca deriva dalla circostanza che l'amministrazione ha la possibilità di accertare la presenza di gravi motivi ostativi alla revoca, ma, in mancanza, deve procedere all'adozione dell'atto, senza poter compiere ulteriori valutazioni di interessi, analoghe a quelle proprie dei provvedimenti di autotutela (Consiglio di Stato , sez. V, 29 luglio 2003, n. 4314).
Come già visto, la dimostrazione della non imputabilità ai richiedenti nel caso è mancata, sia in occasione delle prime proroghe sia delle seconde.


10. Fondata risulta infine la censura relativa alla mancata attivazione della procedura di VIA e di violazione dell’art. 18 della legge regionale del Veneto n. 15/2004, in relazione alla circostanza che nella zona “Fusana” viene a crearsi un parco commerciale di oltre 11.000 mq.. Va premesso che la censura va considerata tempestiva, in quanto la rilevanza della mancanza di VIA è emersa solo con la conoscenza da parte della ricorrente delle proroghe.
Conviene riprodurre il comma settimo dell’articolo 18 della legge regionale n. 15 del 2004, che qui rileva:
“ 7. Tutte le grandi strutture di vendita ed i parchi commerciali con superficie di vendita superiore a mq. 8000 sono assoggettati alla valutazione di impatto ambientale (VIA).Qualora le suddette tipologie di vendita siano annesse o collegate ad attività di intrattenimento, come definite all'articolo 8, comma 1, lettera h), a pubblici esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande o ad attività artigianali, situati nel medesimo spazio unitario e omogeneo, la procedura di VIA va riferita all'insieme delle attività.
Orbene, anche convenendo con quanto assume nella sua memoria la ditta controinteressata, che riferisce la citata norma unicamente ai nuovi parchi commerciali e non a quelli derivanti dall’accorpamento di esercizi già esistenti, l’obbligo di valutazione di impatto ambientale riguarda i parchi commerciali, almeno nelle parti non ancora realizzate. A tale conclusione porta la stessa ratio della norma sulla valutazione di impatto ambientale, in quanto l’istituzione di un parco commerciale risulta a tutta evidenza qualitativamente e quantitativamente diversa da una sommatoria di precedenti esercizi, sotto il profilo della tutela ambientale, soprattutto qualora l’edificazione delle opere stradali di urbanizzazione sia ancora in fieri.
Invero, nel caso in esame, come ripetutamente sottolineato dal Comune e dalla controinteressata nelle rispettive memorie (soprattutto per confutare la censura di illegittimità delle proroghe) l’individuazione del parco commerciale ha comportato la realizzazione ex novo di complesse opere di urbanizzazione e viarie, per cui la valutazione di impatto ambientale risultava necessaria.
Ne discende la fondatezza anche di tale doglianza.


11. Per la fondatezza delle censure sopra illustrate, il ricorso va accolto e gli atti impugnati vanno annullati. Naturalmente si intende che vanno annullati i soli provvedimenti amministrativi lesivi, laddove non appare ammissibile l’impugnazione effettuata con i motivi aggiunti delle istanze proposte dalla controinteressata e delle autorizzazioni ormai decadute.
In sostanza, vanno annullati:
la delibera della Giunta Comunale di Roncade 19 ottobre 2005 n 154 di approvazione del provvedimento ricognitivo diretto a qualificare come parco commerciale l’aggregazione di esercizi commerciali del Gruppo Basso spa;
la delibera del Consiglio comunale di Roncade n 69 del 18 novembre 2005 di adozione della variante urbanistica;
la delibera del Consiglio comunale di Roncade n 26 del 3 maggio 2006 di approvazione della variante urbanistica;
i provvedimenti del Capo del settore III del Comune di Roncade n 4699 del 14 marzo 2005, n 4703 del 14 marzo 2005, n 4707 del 14 marzo 2005, n. 23902 del 23 dicembre 2004, n. 23094 del 23 dicembre 2004, n 23095 del 23 dicembre 2004, n 23097 del 23 dicembre 2004 che concedevano una proroga di 12 mesi per l’attivazione delle strutture di vendita;
il provvedimento n 2525 del 3 febbraio 2006 del Responsabile del servizio sportello unico attività produttive di accoglimento delle richieste di proroga fino al 29 settembre 2007;
l’autorizzazione di commercio n 3800 del 4 marzo 2004 rilasciata dal Comune alla PROMEDI;
il provvedimento del Responsabile del procedimento n 487 del 9 gennaio 2006 che ha concesso al Gruppo Basso la proroga al 2 marzo 2007 del termine utile per l’attivazione della grande struttura di vendita;
Le spese di giudizio, secondo la nota regola, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie come da motivazione.


Condanna il Comune di Roncade e la ditta controinteressata al pagamento, in parti eguali e in solido, a favore della ditta ricorrente delle spese ed onorari di giudizio che liquida in complessivi euro 10.000 (dieci mila //0) esclusi IVA e CAP.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 23 febbraio 2007.


Il Presidente estensore
Il Segretario
 


 

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