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CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 Marzo 2008 (ud. 27 novembre 2007), sentenza n.
1005
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Comune - Rilascio di concessioni per lo scavo
- Operatori di TLC - Imposizione di indennità a carico degli operatori di TLC -
Divieto - Art. 93 d.lgs.n. 259/2003. L’art. 93, comma 2 del decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259 ha precluso che il rilascio
dell’autorizzazione e la gestione dell’impianto siano subordinati al pagamento
di importi ulteriori rispetto a quelli ivi espressamente previsti: ciò comporta
che il Comune non può più subordinare il rilascio di concessioni per lo scavo al
pagamento di indennità, quale l’indennità di ristoro civico, a carico degli
operatori di TLC che devono eseguire scavi sul territorio comunale. Non è
tuttavia precluso all’amministrazione la richiesta ex post al gestore del
pagamento dell’importo che abbia effettivamente speso per il ripristino, che il
medesimo gestore abbia omesso di effettuare. Pres. Varrone, Est. Giovagnoli - T.
s.p.a. (avv.ti Satta, Santorio, Farnetani e Lattanzi) c. Comune di Firenze
(avv.ti Visciola, Sansoni e Lorizio) - (Riforma T.A.R. Toscana n. 8249/2005).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7/03/2008 (ud. 27/11/2007), sentenza n. 1005
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1005/2008
Reg.Dec.
N. 920 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 920/2007, proposto da TELECOM ITALIA s.p.a, in
persona dell’avv. Giovanni Venditti, procuratore speciale, rappresentato e
difeso dagli avv.ti prof. Filippo Satta, Pier Luigi Santorio, Riccardo Farnetani
e Filippo Lattanzi, elettivamente domiciliata presso lo studio legale Satta &
Associati in Roma, Via G.P. da Palestrina, 47;
contro
il Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Claudio Visciola, Andrea Sansoni e Maria Athena Lorizio, ed
elettivamente domiciliato in Roma, alla via Dora n. 1, presso lo studio
dell’avvocato Maria Athena Lorizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tar Toscana, sez. III, n. 8249/2005, resa tra le parti;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 27 novembre 2007, relatore il Consigliere Roberto
Giovagnoli ed uditi, altresì, l’avv. Lattanzi e l’avv. Lorizio;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. Oggetto del presente giudizio è la sentenza del T.a.r. Toscana n. 8249/2005,
che ha respinto l’impugnativa proposta da Telecom Italia s.p.a. avverso una
serie di atti adottati dal Comune di Firenze, tra cui la delibera CC n. 532/2001
recante “regolamento per la concessione del suolo, del sottosuolo e delle
infrastrutture municipali per la sistemazione degli impianti tecnici”, la
delibera di GM n. 789/2002, che aumentava l’indennità di civico ristoro, la nota
n. 535/37 del 22.1.2004.
2. Con tali provvedimenti il Comune aveva stabilito che:
- gli operatori di TLC sarebbero stati obbligati a versare una indennità a
titolo di civico ristoro, per i maggiori oneri che verrebbero a gravare
sull’ente ed i disagi che si determinerebbero sul regolare svolgimento delle
attività e dei servizi della città, in conseguenza della realizzazione di scavi
sul suolo pubblico, nonché a titolo di corrispettivo per il rilascio della
concessione d’uso del suolo, del sottosuolo pubblico e delle infrastrutture
comunali predisposte per il passaggio delle reti di TLC;
- le somme avrebbero dovuto essere versate al momento del rilascio della
concessione;
- in caso di utilizzazione di una infrastruttura comunale predisposta per il
passaggio delle reti di TLC, l’operatore avrebbe dovuto corrispondere, oltre a
quanto dovuto ai sensi della vigente normativa per l’occupazione del sottosuolo
pubblico, un canone annuo d’uso forfettario.
3. Il T.a.r. Toscana ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti
considerazioni:
- l’indennità di civico ristoro ed il canone d’uso non hanno natura tributaria,
bensì indennitaria e risarcitoria; non costituiscono, quindi, prestazioni
unilateralmente imposte e per questo non contrasterebbero con l’art. 23 Cost.;
- il loro fondamento normativo va ravvisato nell’art. 2041 c.c.
- sono infondate le censure avanzate avverso l’aumento dell’indennità di civico
ristoro disposto nel 2003 (secondo il T.a.r. risulta plausibile l’assunto dei
maggiori oneri manutentivi, mentre non sarebbe stato affatto dimostrato che
l’andamento della tariffa sia dovuto soltanto a mere esigenze di bilancio).
- è inammissibile il ricorso con il quale si censurava la nota del Comune che
stabiliva che non sarebbero stati rilasciati permessi di scavo in difetto di
pagamento preventivo dell’indennità di civico ristoro (per il T.a.r. tale nota è
carente di contenuti provvedimentali innovativi rispetto al thema decidendum,
già introdotto, perché si limita a richiamare soltanto le disposizioni del
regolamento in materia di civico ristoro).
4. Con l’appello in esame, Telecom Italia s.p.a. ha impugnato la sentenza del
TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.
5. Il Comune di Firenze si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del
gravame, ed ha depositato memorie difensive, con cui ha illustrato le questioni
controverse ed ha insistito nelle già formulate conclusioni.
6. All’udienza del 27 novembre 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Nel presente giudizio, è contestata la legittimità:
a) della delibera del consiglio comunale di Firenze n. 532/75 del 2 luglio 2001,
nella parte in cui esso ha istituito l’indennità di ristoro, che deve
corrispondere l’operatore che intenda installare infrastrutture telefoniche nel
territorio comunale, e il canone anno d’uso forfetario al metro/tubo qualora
l’operatore utilizzi una infrastruttura comunale predisposta per il passaggio
delle reti TLC;
b) della delibera della Giunta comunale dell’11.8.2001, n. 789/602 con la quale
l’indennità di civico ristoro veniva determinata in £ 120.000 per metro lineare
di cavo;
c) della delibera della Giunta comunale n. 230/126 del 31 marzo 2003, con cui
l’indennità di civico ristoro veniva aumentata da € 63 a € 83;
d) della nota n. 537/37 del 22.1.2004 con cui il Comune comunicava all’odierna
appellante che, in difetto di pagamento dell’indennità, non sarebbero state più
rilasciate le concessioni per lo scavo.
2. Le censure dell’appellante possono dividersi in due gruppi:
a) alcune si rivolgono direttamente avverso la delibera del consiglio comunale
del 7 luglio 2001 e delle successive delibere di giunta che quantificano
l’indennità di civico ristoro (di cui è lamentata l’illegittimità, per contrasto
con l’art. 23 della Costituzione e della normativa sui tributi e sulla autonomia
dei Comuni);
b) altre hanno rilevato come – a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 93 del
decreto legislativo n. 259 del 2003 – il Comune non possa più previamente
chiedere il pagamento dell’indennità di ristoro.
3. Come questa Sezione ha già avuto modo di precisare nella sentenza n.
1775/2006, le censure dell’appellante vanno respinte, nella parte in cui fanno
riferimento al periodo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 259/2003.
Sul punto, è decisivo il richiamo alla giurisprudenza di questo Consiglio, per
la quale – nel vigore dell’art. 238 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 –
l’amministrazione comunale ben poteva istituire una indennità di ristoro, a
carico di coloro che eseguano scavi nella sua sede stradale, per evitare che
questi conseguano un arricchimento senza causa (Sez. V, 20 dicembre 1996, n.
1572; Sez. VI, 1° marzo 1995, n. 214).
Infatti, poiché i costi dei lavori devono restare a carico di chi realizza
l’impianto (in base al principio generale dell’ordinamento cuius commoda, eius
et incommoda), ben può l’amministrazione predeterminare i criteri per liquidare
ciò che le spetta, ai sensi dell’art. 2041, ferma restando – peraltro – la
possibilità per il debitore di contestare l’atto di liquidazione e la previsione
regolamentare, ove in concreto non sia rispettato il canone della congruità.
3.1. Sotto tale aspetto, come si legge nella citata sentenza n. 1775/2006, non
risulta violato il principio della riserva di legge, sancito dall’art. 23 della
Costituzione, poiché:
- la pretesa dell’amministrazione ha la finalità di ripristinare il suo
patrimonio, ai sensi dell’art. 2041 del codice civile, ed è comunque azionabile
innanzi al giudice civile, nei confronti di chi abbia causato le spese di
riparazione;
- l’art. 4, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249, aveva espressamente
ammesso che i Comuni potessero “prevedere obblighi di natura civile”, per
esigenze di razionale utilizzo del sottosuolo e della tutela dell’interesse
collettivo.
4. Sennonché, come ha evidenziato l’appellante, rileva in materia l’art. 93,
comma 2, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, per il quale, oltre
alla tassa, al canone e al contributo una tantum ivi elencati, “nessun altro
onere finanziario o reale può essere imposto, in base all’articolo 4 della legge
31 luglio 1997, n. 249, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al
presente decreto”.
Tale disposizione ha fatto dunque perdere efficacia alle disposizioni
regolamentari, emesse dai Comuni – con riferimento a tali opere - sulla base
della previgente normativa (l’art. 238 del d.P.R. n. 156 del 1973, ovvero l’art.
4 della legge n. 259 del 1997), e dunque preclude all’amministrazione di
subordinare il rilascio delle autorizzazioni al pagamento di importi riferibili
al periodo successivo alla data di entrata in vigore del medesimo art. 93.
4.1. Sotto tale aspetto, non è condivisibile l’osservazione del Comune
appellato, secondo cui le contestate disposizioni del regolamento del 2001
continuerebbero ad avere un proprio fondamento nell’art. 2041 del codice civile:
- il testo dell’art. 93, comma 2, è univoco nel disporre che non può essere più
“imposto” dall’amministrazione alcun altro onere, oltre quelli espressamente
previsti dalla legge, e cioè che non può essere subordinato il rilascio
dell’autorizzazione al pagamento di altri importi, né può essere imposto un
pagamento sulla base di determinazioni unilaterali;
- l’art. 2041 conserva il suo rilievo di carattere generale, poiché consente
all’amministrazione – una volta constatata la spesa pubblica con cui i luoghi
sono stati ripristinati, in assenza di corrispondenti lavori di ripristino a
regola d’arte da parte del gestore – di formulare la relativa richiesta e di
agire in giudizio, conseguentemente, per la condanna del debitore.
4.2. In altri termini, l’art. 93, comma 2, ha precluso che il rilascio
dell’autorizzazione e la gestione dell’impianto siano subordinati al pagamento
di importi ulteriori rispetto a quelli ivi espressamente previsti (poiché non
può essere determinata ex ante alcuna spesa per il ripristino a regola d’arte),
ma non preclude che l’amministrazione ex post chieda al gestore il
pagamento dell’importo che abbia effettivamente speso per il ripristino, che il
medesimo gestore abbia omesso di realizzare.
Ciò comporta che, successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 259/2003,
il Comune non può più subordinare il rilascio di concessioni per lo scavo al
pagamento dell’indennità. Deve, quindi, dichiararsi l’illegittimità degli atti
impugnati, nella parte in cui impongono, in contrasto con l’art. 93 D.Lgs. n.
259/2003, il pagamento preventivo di oneri aggiuntivi (quali l’ “indennità di
civico ristoro” ed il “canone metro/ tubo”) a carico degli operatori di TLC che
devono eseguire scavi sul territorio comunale.
4.3. Sussistono giusti motivi, anche in considerazione del parziale accoglimento
del ricorso, per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi
del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello
n. 920 del 2007 nei sensi specificati in motivazione.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il giorno 27 novembre 2007 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con l'intervento dei
Signori:
Claudio VARRONE Presidente
Giuseppe ROMEO Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere
Francesco CARINGELLA Consigliere
Roberto GIOVAGNOLI Consigliere, est. e rel
Presidente
Claudio Varrone
Consigliere
Segretario
Roberto Giovagnoli
Vittorio Zoffoli
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 07/03/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva
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