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CONSIGLIO DI STATO,
Sez. IV - 31 Marzo 2008, n. 1363
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Accesso -
Riconducibilità delle sentenze alla nozione di “documento amministrativo”, ai
fini dell’esercizio del diritto di accesso - Esclusione. Le sentenze non
possono essere ricondotte al genere dei “documenti amministrativi”, formati
dall’amministrazione: qualunque possa essere l’accezione di “documento
amministrativo” e quale che sia la latitudine della tutela che si vuole
garantire al (e con il) diritto di accesso, al fine di “assicurare la
trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento
imparziale” (art. 22, comma 2, della legge n. 241/1990), le “sentenze” (peraltro
pubbliche) non possono essere ricomprese tra gli atti nei cui confronti sia
esercitabile il diritto di accesso. Sono di ostacolo sia la formulazione
letterale dell’art. 22, che si riferisce ad “atti, anche interni, formati, dalla
pubblica amministrazione”, che siano espressione di una “attività
amministrativa”, sia la finalità della previsione che vuole garantire la
imparzialità e la trasparenza della pubblica amministrazione. Pres. Vacirca,
Est. Romeo - W. (avv. Lucisano) c. Ministero dell’Economia e delle Finanze (Avv.
Stato)- (Conferma TAR Piemonte n. 3500/2007). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV -
31/03/2008, n. 1363
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 1363/2008
Reg. Dec.
N. 410 Reg. Ric.
Anno 2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello ex art. 25 L. n. 241/1990 proposto dalla
Associazione non riconosciuta WWW.Fiscosos.it Il Portale del Contenzioso
Tributario, rappresentata e difesa dall’avv. Claudio Lucisano, e con lo stesso
elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio, n. 91,
contro
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge domiciliato in
Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per l'annullamento
della sentenza n. 3500/2007 del Tribunale Amministrativo Regionale per il
Piemonte, sez. I, resa inter partes.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla Camera di Consiglio del 19 febbraio 2008, relatore il Consigliere Giuseppe
Romeo, uditi l’avv. Diego Vaiano per delega dell’avv. Lucisano e l’avvocato
dello Stato Giannuzzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il TAR Piemonte, con la sentenza di cui si chiede la riforma, ha respinto il
ricorso dell’istante avverso il provvedimento di rigetto della sua domanda di
accesso del 20.7.2007 e il silenzio rifiuto, formatosi sulla successiva domanda
del 14.9.2007.
In particolare, il TAR ha indicato i motivi di ricorso (con il primo e il
secondo sono stati denunciati vizi procedurali, quali l’irrituale comunicazione
di avvio del procedimento e l’omesso preavviso di diniego; con il terzo, il
quarto e il quinto sono state contestate le ragioni ostative all’accesso, come
formulate nel provvedimento impugnato; con il sesto si lamenta l’illegittimità
del silenzio rifiuto), ha specificato il carattere della tutela offerta dal rito
camerale disciplinato dall’art. 25 L. n. 241/1990 (costitutiva e di condanna
all’esibizione dei documenti richiesti per la visione), ed ha precisato che
l’assenza “dei presupposti per l’esercizio dell’accesso” comporta l’inutilità
dell’esame delle censure dedotte.
Su questa premessa, il primo giudice, previa definizione dell’oggetto del
diritto di accesso secondo il comma 1 dell’art. 22 della legge n. 241/1990
(“documento amministrativo, cioè rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche
interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica
amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente
dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”),
ha statuito che, nella specie, il diritto di accesso non può essere
riconosciuto, giacché esso è stato esercitato per la visione (e la successiva
estrazione di copia) di sentenze della Commissione Tributaria, che non sono
riconducibili alla categoria dei documenti amministrativi. Conseguentemente è
stata respinta anche la censura avverso il silenzio rifiuto, formatosi sulla
domanda per la visione della documentazione attestante l’invio delle sentenze
all’ufficio del massimario (la domanda era volta “a dimostrare l’inefficacia
dell’ufficio massimario”).
2. Appella l’interessata, la quale richiama le varie fasi della vicenda, a
cominciare dalla proposizione delle due istanze (ambedue non accolte), e reitera
le censure originarie in forma strettamente embricata con le statuizioni del
primo giudice (si insiste molto sul fatto che “la sentenza tributaria” è un
documento amministrativo, di cui possiede i requisiti, soggettivo ed oggettivo;
si lamenta la violazione dell’art. 743 cpc, applicabile nel giudizio tributario,
che, nella sua generalità, permette il rilascio di copie delle sentenze “non
autentiche” alle parti che non hanno partecipato al processo tributario, art.
38, comma 1, d. lgs. n. 546/1992).
3. Resiste l’Amministrazione intimata, chiedendo la reiezione del gravame,
siccome infondato.
4. Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla camera di Consiglio del 19
febbraio 2007.
5. L’associazione appellante ha chiesto (con una prima istanza) alla Commissione
Tributaria Provinciale di Torino di “prendere visione di tutte le sentenze
formate negli anni 2002, 2003, 2004, e 2005, e 2007”, limitatamente al secondo
semestre, e di estrarne copia successivamente, e, a seguito del rigetto di
questa istanza, ha reiterato una seconda istanza (senza esito) per “estrarre
copia della documentazione attestante l’avvenuto invio all’ufficio del
Massimario, negli anni 2002, 2003, 2004, 2005, e secondo semestre 2007, delle
sentenze già oggetto di richiesta”.
La Commissione Tributaria Provinciale di Torino, a seguito di “richiesta di
chiarimenti” dell’interessata, fatta dopo la comunicazione del diniego del 6
agosto 2007, ha precisato (con nota del 20 settembre 2007) che “le sentenze
pronunciate dalla Commissione sono pubbliche a norma di legge”, riconoscendo
(“fermo”) “il diritto della associazione istante di accedere, visionare ed
estrarre copie delle sentenze presso le relative segreterie competenti, nei
limiti di legge”.
Precisato l’oggetto delle richiesta della istante, la quale ha attivato il rito
speciale ex art. 25 della legge n. 241/1990, e richiamato il contenuto della
citata nota della Commissione Tributaria del 20 settembre 2007, deve convenirsi,
con il primo giudice, sulla inammissibilità dell’originario ricorso, perché il
diritto rivendicato dalla istante non è riconosciuto dall’art. 22 della legge n.
241/1990.
Essa, invero, invoca il diritto di accesso con riferimento alle sentenze emesse
dalla Commissione Tributaria, che non possono essere ricondotte al genere dei
“documenti amministrativi”, formati dalla amministrazione.
Qualunque possa essere l’accezione di “documento amministrativo” (ogni
rappresentazione di un “contenuto” di atti che siano formati dalla pubblica
amministrazione, ovvero di atti che, sebbene di diritto privato, siano
finalizzati alla cura di interessi pubblici) e quale che sia la latitudine della
tutela che si vuole garantire al (e con il ) diritto di accesso, al fine di
“assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo
svolgimento imparziale” (art. 22, comma 2, della legge n. 241/1990), le
“sentenze” (peraltro pubbliche) non possono essere ricomprese tra gli atti nei
cui confronti sia esercitabile il diritto di accesso.
Sono di ostacolo sia la formulazione letterale dell’art. 22, che si riferisce ad
“atti, anche interni, formati, dalla pubblica amministrazione”, che siano
espressione di una “attività amministrativa”, sia la finalità della previsione
che vuole garantire la imparzialità e la trasparenza della pubblica
amministrazione.
Altro ostacolo di ordine positivo è dato rinvenire nella dizione dell’art. 23
della legge n. 241/1990, che specifica i soggetti passivi dell’accesso, tra i
quali non sono previsti gli organi giurisdizionali, che emettono atti con un
regime definito (anche di pubblicità), che è completamente estraneo e non
assimilabile alla disciplina in tema di accesso amministrativo.
In questo senso, non merita di essere assecondato il tentativo della appellante
di assimilare “la sentenza tributaria” al “documento amministrativo”, al fine di
includere la prima nella sfera di applicabilità degli artt. 22 e segg. della
legge n. 241/1990 (la sentenza tributaria possiederebbe sia “il requisito
soggettivo” sia quello “oggettivo” del documento amministrativo).
L’assimilazione della “sentenza” (tributaria o altra) al “documento
amministrativo” deve arrestarsi al primo termine, cioè al “documento”, non
potendo mettersi in dubbio che anche la sentenza sia un documento, nel senso che
è qualcosa che rappresenta “un contenuto”, rendendolo utilizzabile; non è
possibile procedere oltre nella identificazione dei due “documenti”, giacché la
qualifica di “amministrativo” del documento, in relazione al quale è previsto
l’accesso, non può in alcun modo essere assegnata alla “sentenza”, che conclude
il processo, e non il procedimento (in questo senso, C.S. sez. IV, n. 1043/1996,
secondo la quale il diritto di accesso riguarda i documenti amministrativi,
formati dalla pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini
dell’attività amministrativa, e non quelli che riguardano attività e organi
giurisdizionali).
L’infondatezza dell’originario ricorso (meglio l’inammissibilità per carenza dei
presupposti che ne legittimano la proposizione, la cui verifica spetta d’ufficio
al giudice investito della questione, a prescindere dal fatto che la stessa sia
stata eccepita o meno) esime il Collegio dall’esame della problematica (non
esaminata dal TAR) relativa alla applicabilità nella specie dell’art. 743 c.p.c.,
non avendo richiesto l’istante copie autentiche delle sentenze, come anche
dell’esame della censura avverso il silenzio rifiuto, strettamente connesso al
primo provvedimento di rigetto dell’istanza di accesso. In ogni caso, la dedotta
violazione dell’art. 743 c.p.c. che consentirebbe il rilascio di copie non
autentiche di sentenze anche a chi non ha partecipato al processo, conferma che
nella specie l’interessata ha fatto valere un diritto che è estraneo alla
disciplina dell’accesso ex lege n. 241/1990, e che trova la sua specifica
disciplina nella apposita normativa processuale.
L’appello va, pertanto, respinto.
Sussistono motivi per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, respinge il
ricorso in epigrafe. Compensa le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2008 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) nella Camera di Consiglio con l'intervento dei
Signori:
Giovanni Vacirca Presidente
Luigi Maruotti Consigliere
Giuseppe Romeo est. Consigliere
Anna Leoni Consigliere
Carlo Deodato Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Giuseppe Romeo
Giovanni Vacirca
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
Depositata in Segreteria
Il 31/03/2008
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Dirigente
Dott. Giuseppe Testa
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