AmbienteDiritto.it 

Legislazione Giurisprudenza


AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/04/2008 (Ud. 05/02/2008), Decisione n. 1939



BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Tutela di singoli beni culturali e di aree vaste - Vincolo indiretto e piano paesaggistico - Strumenti diversi di tutela - Principio di proporzionalità - Fattispecie. Il c.d. principio di proporzionalità impone che il contenuto del provvedimento con il quale l’amministrazione fa uso del relativo potere sia definito sulla base delle esigenze di tutela del bene in questione, mentre costituisce causa di illegittimità la compressione dell’esercizio del diritto di proprietà su immobili che abbiano un labile collegamento con il bene da tutelare. Nella fattispecie, tenuto a conto della diversa finalità del vincolo indiretto e del piano paesaggistico, risulta legittimo il silenzio dell'amministrazione nei casi in cui all'interessato sia stato già comunicato l'avvio del procedimento di imposizione del vincolo indiretto su beni diversi da quelli oggetto di aspettativa dell'interessato e sia stato comunicato che l'effetto al quale mirava (costituzione di un vincolo su beni e fabbricati circostanti un immobile già vincolato) andava salvaguardato mediante strumenti diversi dal richiesto vincolo indiretto. Pres. Varrone - Est. Atzeni - GEFI s.p.a. (avv.ti Garancini e Pafundi) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello Stato) (Conferma TAR Friuli Venezia Giulia n. 715/2007 8/11/2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/04/2008 (Ud. 05/02/2008), Decisione n. 1939

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Protezione di un bene culturale - C.d. vincolo indiretto - Nozione, utilizzo e preclusione - Casi di ricorso alla strumentazione di piano - Piano paesaggistico - D. Lgs. n. 42/2004. Il vincolo indiretto, a protezione di un bene culturale, è disciplinato dagli artt. 45 sgg. del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ed è finalizzato alla tutela di uno specifico bene culturale. Qualora l’esigenza di tutela non sia strettamente legata ad uno specifico bene culturale ed occorra salvaguardare un’area vasta, il cui pregio è solo sottolineato dalla presenza, al suo interno, di uno o più singoli beni di interesse culturale, la legge impone l’adozione dello strumento di programmazione dell’uso del territorio disciplinato dalla parte terza, titolo primo capo terzo, del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, costituito dal piano paesaggistico. La ratio della richiamata normativa va interpretata nel senso che solo aree territoriali circoscritte possono essere incise mediante il ricorso al c.d. vincolo indiretto. In ogni altro caso, la composizione degli interessi, pubblici e privati, che coesistono in un determinato contesto territoriale con quello storico-artistico testimoniato dall’immobile oggetto di fruizione deve essere realizzata mediante il ricorso alla strumentazione di piano. Essa solo è in grado di assicurare la presenza e la partecipazione dei titolari istituzionali degli interessi altrui, che debbono essere appurati nel corso della procedura che sfocia nell’atto finale di programmazione territoriale. Il sottoindicato esercizio del potere impositivo del vincolo indiretto è evidentemente del tutto precluso se la disciplina del territorio è già stata adottata. Pres. Varrone - Est. Atzeni - GEFI s.p.a. (avv.ti Garancini e Pafundi) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello Stato) (Conferma TAR Friuli Venezia Giulia n. 715/2007 8/11/2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/04/2008 (Ud. 05/02/2008), Decisione n. 1939


 www.AmbienteDiritto.it


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 1939/08
Reg.Dec.
N. 9880 Reg.Ric.
ANNO 2007

 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 9880/2007, proposto da GEFI s.p.a. in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianfranco Garancini e Gabriele Pafundi ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
contro
il Ministero per i beni e le attività culturali in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato;
la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Regione Friuli in persona del Direttore in carica e la Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Udine in persona del Soprintendente, non costituiti in giudizio;
e nei confronti
della sig.ra Odilla Codutti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Sbisà, Carlo Monai e Mario Sanino ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli n. 180;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo per il Friuli Venezia Giulia n. 715/2007 in data 8 novembre 2007, resa inter partes;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato e della controinteressata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla udienza pubblica del 5 febbraio 2008 il consigliere Manfredo Atzeni ed uditi l’avv. dello Stato Cesaroni, l’avv. Garancini, l’avv. Pafundi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Con ricorso al Tribunale Amministrativo per il Friuli Venezia Giulia GEFI s.p.a. chiedeva l’accertamento dell’illegittimità del silenzio mantenuto dalla Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Udine, nonché dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Regione Friuli e dal Ministero per i beni e le attività culturali sulla sua istanza in data 10 aprile 1997, più volte reiterata fino all’ultima comunicazione in data 27 giugno 2007 in forma di diffida, volta a produrre provvedimento espresso in relazione all’applicazione del vincolo indiretto sui beni e fabbricati circostanti il complesso immobiliare della “Villa Del Torso - Amodio”, vincolata con decreto in data 7 gennaio 1982, ed in particolare sui mappali 603 e 604 (ex 352), 601 e 602 (ex 495), 496, 497, 353, 488, 308, 309, 224, 289, 226, 225, 236, 237, 110, 265, 510, 511 del foglio 17 ed il mappale 257 del foglio 9 del Comune di Moruzzo.


Sosteneva l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sulla istanza suddetta, chiedendo al Tribunale adito di impartire l’ordine di provvedere, con la nomina di un commissario ad acta in caso di persistente inadempimento.


Con la sentenza in epigrafe il TAR Friuli Venezia Giulia dichiarava improcedibile il ricorso in quanto l’amministrazione aveva avviato il procedimento di imposizione del vincolo su alcuni mappali circostanti il complesso immobiliare in questione, in tal modo manifestando la volontà di escludere dal medesimo quelli indicati dalla ricorrente, ed aveva comunicato all’odierna appellante che l’effetto al quale mirava l’istante andava salvaguardato mediante strumenti diversi dal vincolo indiretto.


Avverso detta sentenza propone appello GEFI s.p.a. in persona del legale rappresentante criticando gli argomenti del decisum e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado.


Si è costituita in giudizio per l’amministrazione intimata l’Avvocatura Generale dello Stato chiedendo il rigetto dell’appello.


Anche la sig.ra Odilla Codutti si è costituita in giudizio, formulando analoghe conclusioni.


All’udienza del 5 febbraio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


L’appello è infondato, in quanto la comunicazione della Soprintendenza in data 14/9/2007 costituisce adeguato adempimento dei suoi obblighi, conseguenti all’iniziativa dell’appellante.


Con tale nota, infatti, la Soprintendenza ha avviato il procedimento per l’apposizione del vincolo indiretto su alcuni dei mappali indicati dall’odierna appellante, comunicando inoltre che per giungere al risultato integrale da essa perseguito è necessario uno strumento diverso da quello al quale erano preordinate le sue istanze.


Osserva il collegio che la risposta dell’amministrazione da una parte avvia il procedimento preordinato all’accoglimento, sebbene parziale, delle pretese dell’odierna appellante, e dall’altra pone un chiaro arresto procedimentale, affermando che per quanto riguarda i restanti mappali, l’appellante avrebbe dovuto chiedere l’avvio di un procedimento diverso da quello preordinato all’imposizione del vincolo indiretto.


Tale impostazione non appare affatto illogica.


Il vincolo indiretto, a protezione di un bene culturale, è disciplinato dagli artt. 45 sgg. del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in base ai quali il Ministero per i beni e le attività culturali ha la facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità di un bene specificamente individuato, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce e ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.


Lo strumento in questione, quindi, è finalizzato alla tutela di uno specifico bene culturale; il principio di proporzionalità impone che il contenuto del provvedimento con il quale l’amministrazione fa uso del relativo potere sia definito sulla base delle esigenze di tutela del bene in questione, mentre costituisce causa di illegittimità la compressione dell’esercizio del diritto di proprietà su immobili che abbiano un labile collegamento con il bene da tutelare.


Qualora l’esigenza di tutela non sia strettamente legata ad uno specifico bene culturale ed occorra salvaguardare un’area vasta, il cui pregio è solo sottolineato dalla presenza, al suo interno, di uno o più singoli beni di interesse culturale, la legge impone l’adozione dello strumento di programmazione dell’uso del territorio disciplinato dalla parte terza, titolo primo capo terzo, del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, costituito dal piano paesaggistico. La ratio della richiamata normativa va interpretata nel senso che solo aree territoriali circoscritte possono essere incise mediante il ricorso al c.d. vincolo indiretto. In ogni altro caso, la composizione degli interessi, pubblici e privati, che coesistono in un determinato contesto territoriale con quello storico-artistico testimoniato dall’immobile oggetto di fruizione deve essere realizzata mediante il ricorso alla strumentazione di piano. Essa solo è in grado di assicurare la presenza e la partecipazione dei titolari istituzionali degli interessi altrui, che debbono essere appurati nel corso della procedura che sfocia nell’atto finale di programmazione territoriale. Il sottoindicato esercizio del potere impositivo del vincolo indiretto è evidentemente del tutto precluso se la disciplina del territorio è già stata adottata.


Le argomentazioni appena esposte dimostrano la correttezza dell’impostazione seguita dall’amministrazione la quale, una volta individuate le aree da sottoporre a vincolo indiretto, a tutela della Villa di proprietà dell’odierna appellante, ha riscontrato che le ulteriori esigenze di tutela ad essa sottoposte riguardavano un territorio di ampiezza tale da non consentire l’imposizione di un vincolo, connesso con la presenza del bene di interesse culturale, costituito dalla Villa in questione, ma comportavano la necessità di coordinare l’utilizzo di una vasta porzione di territorio (giova sottolineare come l’appellante abbia richiesto l’imposizione del vincolo indiretto su ben ventuno mappali).


L’amministrazione, quindi, non ha escluso in radice l’esistenza delle ragioni di tutela avanzate dall’appellante, ma ha ritenuto che le stesse possono essere soddisfatte con l’imposizione del vincolo indiretto solo in relazione ad alcuni dei mappali elencati caratterizzati dalla loro contiguità con il bene vincolato; per tutti gli altri ha rilevato come l’appellante abbia preteso di avviare un procedimento inadeguato rispetto all’estensione di territorio, ritenuta ben superiore a quella in diretto rapporto con la Villa di sua proprietà, tanto più che da alcune delle aree da vincolare l’immobile non era perfettamente visibile.


Giustamente, quindi, l’amministrazione ha affermato che il provvedimento richiesto dall’odierna appellante non costituisce la corretta forma d’intervento, da adottare nella fattispecie concreta.


La sentenza appellata merita, in conclusione, conferma, condannando l’appellante al pagamento, in favore delle parti resistenti, di spese ed onorari del giudizio, liquidati nella misura indicata in dispositivo.


P.Q.M.


il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.


Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’amministrazione e della controinteressata costituita, di spese ed onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00) in favore di ciascuna delle parti resistenti, oltre agli accessori di legge.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio VARRONE Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Paolo BUONVINO Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere
Manfredo ATZENI Consigliere, est


Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere                                                     Segretario
MANFREDO ATZENI                                      GLAUCO SIMONINI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA


 


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza - Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA - Ricerca in: LEGISLAZIONE - Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006