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CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/04/2008 (Ud. 05/02/2008), Decisione n. 1939
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Tutela di singoli beni culturali e di aree
vaste - Vincolo indiretto e piano paesaggistico - Strumenti diversi di tutela -
Principio di proporzionalità - Fattispecie. Il c.d. principio di
proporzionalità impone che il contenuto del provvedimento con il quale
l’amministrazione fa uso del relativo potere sia definito sulla base delle
esigenze di tutela del bene in questione, mentre costituisce causa di
illegittimità la compressione dell’esercizio del diritto di proprietà su
immobili che abbiano un labile collegamento con il bene da tutelare. Nella
fattispecie, tenuto a conto della diversa finalità del vincolo indiretto e del
piano paesaggistico, risulta legittimo il silenzio dell'amministrazione nei casi
in cui all'interessato sia stato già comunicato l'avvio del procedimento di
imposizione del vincolo indiretto su beni diversi da quelli oggetto di
aspettativa dell'interessato e sia stato comunicato che l'effetto al quale
mirava (costituzione di un vincolo su beni e fabbricati circostanti un immobile
già vincolato) andava salvaguardato mediante strumenti diversi dal richiesto
vincolo indiretto. Pres. Varrone - Est. Atzeni - GEFI s.p.a. (avv.ti Garancini e
Pafundi) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale
dello Stato) (Conferma TAR Friuli Venezia Giulia n. 715/2007 8/11/2007).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 29/04/2008 (Ud. 05/02/2008), Decisione n. 1939
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Protezione di un bene culturale - C.d. vincolo
indiretto - Nozione, utilizzo e preclusione - Casi di ricorso alla
strumentazione di piano - Piano paesaggistico - D. Lgs. n. 42/2004. Il
vincolo indiretto, a protezione di un bene culturale, è disciplinato dagli artt.
45 sgg. del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ed è finalizzato alla tutela di uno
specifico bene culturale. Qualora l’esigenza di tutela non sia strettamente
legata ad uno specifico bene culturale ed occorra salvaguardare un’area vasta,
il cui pregio è solo sottolineato dalla presenza, al suo interno, di uno o più
singoli beni di interesse culturale, la legge impone l’adozione dello strumento
di programmazione dell’uso del territorio disciplinato dalla parte terza, titolo
primo capo terzo, del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, costituito dal piano
paesaggistico. La ratio della richiamata normativa va interpretata nel senso che
solo aree territoriali circoscritte possono essere incise mediante il ricorso al
c.d. vincolo indiretto. In ogni altro caso, la composizione degli interessi,
pubblici e privati, che coesistono in un determinato contesto territoriale con
quello storico-artistico testimoniato dall’immobile oggetto di fruizione deve
essere realizzata mediante il ricorso alla strumentazione di piano. Essa solo è
in grado di assicurare la presenza e la partecipazione dei titolari
istituzionali degli interessi altrui, che debbono essere appurati nel corso
della procedura che sfocia nell’atto finale di programmazione territoriale. Il
sottoindicato esercizio del potere impositivo del vincolo indiretto è
evidentemente del tutto precluso se la disciplina del territorio è già stata
adottata. Pres. Varrone - Est. Atzeni - GEFI s.p.a. (avv.ti Garancini e Pafundi)
c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello
Stato) (Conferma TAR Friuli Venezia Giulia n. 715/2007 8/11/2007). CONSIGLIO
DI STATO Sez. VI, 29/04/2008 (Ud. 05/02/2008), Decisione n. 1939
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 1939/08
Reg.Dec.
N. 9880 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9880/2007, proposto da GEFI s.p.a. in persona
del Presidente del Consiglio di Amministrazione rappresentata e difesa dagli
avv.ti Gianfranco Garancini e Gabriele Pafundi ed elettivamente domiciliata
presso quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
contro
il Ministero per i beni e le attività culturali in persona del Ministro in
carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui
uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliato;
la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Regione Friuli
in persona del Direttore in carica e la Soprintendenza per i beni ambientali,
architettonici, artistici e storici di Udine in persona del Soprintendente, non
costituiti in giudizio;
e nei confronti
della sig.ra Odilla Codutti, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Sbisà,
Carlo Monai e Mario Sanino ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in
Roma, viale Parioli n. 180;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo per il Friuli Venezia Giulia n.
715/2007 in data 8 novembre 2007, resa inter partes;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato
e della controinteressata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla udienza pubblica del 5 febbraio 2008 il consigliere Manfredo
Atzeni ed uditi l’avv. dello Stato Cesaroni, l’avv. Garancini, l’avv. Pafundi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con ricorso al Tribunale Amministrativo per il Friuli Venezia Giulia GEFI s.p.a.
chiedeva l’accertamento dell’illegittimità del silenzio mantenuto dalla
Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di
Udine, nonché dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici
della Regione Friuli e dal Ministero per i beni e le attività culturali sulla
sua istanza in data 10 aprile 1997, più volte reiterata fino all’ultima
comunicazione in data 27 giugno 2007 in forma di diffida, volta a produrre
provvedimento espresso in relazione all’applicazione del vincolo indiretto sui
beni e fabbricati circostanti il complesso immobiliare della “Villa Del Torso -
Amodio”, vincolata con decreto in data 7 gennaio 1982, ed in particolare sui
mappali 603 e 604 (ex 352), 601 e 602 (ex 495), 496, 497, 353, 488, 308, 309,
224, 289, 226, 225, 236, 237, 110, 265, 510, 511 del foglio 17 ed il mappale 257
del foglio 9 del Comune di Moruzzo.
Sosteneva l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sulla istanza suddetta,
chiedendo al Tribunale adito di impartire l’ordine di provvedere, con la nomina
di un commissario ad acta in caso di persistente inadempimento.
Con la sentenza in epigrafe il TAR Friuli Venezia Giulia dichiarava
improcedibile il ricorso in quanto l’amministrazione aveva avviato il
procedimento di imposizione del vincolo su alcuni mappali circostanti il
complesso immobiliare in questione, in tal modo manifestando la volontà di
escludere dal medesimo quelli indicati dalla ricorrente, ed aveva comunicato
all’odierna appellante che l’effetto al quale mirava l’istante andava
salvaguardato mediante strumenti diversi dal vincolo indiretto.
Avverso detta sentenza propone appello GEFI s.p.a. in persona del legale
rappresentante criticando gli argomenti del decisum e chiedendo la sua riforma
ed il rigetto del ricorso di primo grado.
Si è costituita in giudizio per l’amministrazione intimata l’Avvocatura Generale
dello Stato chiedendo il rigetto dell’appello.
Anche la sig.ra Odilla Codutti si è costituita in giudizio, formulando analoghe
conclusioni.
All’udienza del 5 febbraio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è infondato, in quanto la comunicazione della Soprintendenza in data
14/9/2007 costituisce adeguato adempimento dei suoi obblighi, conseguenti
all’iniziativa dell’appellante.
Con tale nota, infatti, la Soprintendenza ha avviato il procedimento per
l’apposizione del vincolo indiretto su alcuni dei mappali indicati dall’odierna
appellante, comunicando inoltre che per giungere al risultato integrale da essa
perseguito è necessario uno strumento diverso da quello al quale erano
preordinate le sue istanze.
Osserva il collegio che la risposta dell’amministrazione da una parte avvia il
procedimento preordinato all’accoglimento, sebbene parziale, delle pretese
dell’odierna appellante, e dall’altra pone un chiaro arresto procedimentale,
affermando che per quanto riguarda i restanti mappali, l’appellante avrebbe
dovuto chiedere l’avvio di un procedimento diverso da quello preordinato
all’imposizione del vincolo indiretto.
Tale impostazione non appare affatto illogica.
Il vincolo indiretto, a protezione di un bene culturale, è disciplinato dagli
artt. 45 sgg. del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in base ai quali il Ministero
per i beni e le attività culturali ha la facoltà di prescrivere le distanze, le
misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità
di un bene specificamente individuato, ne sia danneggiata la prospettiva o la
luce e ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
Lo strumento in questione, quindi, è finalizzato alla tutela di uno specifico
bene culturale; il principio di proporzionalità impone che il contenuto del
provvedimento con il quale l’amministrazione fa uso del relativo potere sia
definito sulla base delle esigenze di tutela del bene in questione, mentre
costituisce causa di illegittimità la compressione dell’esercizio del diritto di
proprietà su immobili che abbiano un labile collegamento con il bene da
tutelare.
Qualora l’esigenza di tutela non sia strettamente legata ad uno specifico bene
culturale ed occorra salvaguardare un’area vasta, il cui pregio è solo
sottolineato dalla presenza, al suo interno, di uno o più singoli beni di
interesse culturale, la legge impone l’adozione dello strumento di
programmazione dell’uso del territorio disciplinato dalla parte terza, titolo
primo capo terzo, del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, costituito dal piano
paesaggistico. La ratio della richiamata normativa va interpretata nel
senso che solo aree territoriali circoscritte possono essere incise mediante il
ricorso al c.d. vincolo indiretto. In ogni altro caso, la composizione degli
interessi, pubblici e privati, che coesistono in un determinato contesto
territoriale con quello storico-artistico testimoniato dall’immobile oggetto di
fruizione deve essere realizzata mediante il ricorso alla strumentazione di
piano. Essa solo è in grado di assicurare la presenza e la partecipazione dei
titolari istituzionali degli interessi altrui, che debbono essere appurati nel
corso della procedura che sfocia nell’atto finale di programmazione
territoriale. Il sottoindicato esercizio del potere impositivo del vincolo
indiretto è evidentemente del tutto precluso se la disciplina del territorio è
già stata adottata.
Le argomentazioni appena esposte dimostrano la correttezza dell’impostazione
seguita dall’amministrazione la quale, una volta individuate le aree da
sottoporre a vincolo indiretto, a tutela della Villa di proprietà dell’odierna
appellante, ha riscontrato che le ulteriori esigenze di tutela ad essa
sottoposte riguardavano un territorio di ampiezza tale da non consentire
l’imposizione di un vincolo, connesso con la presenza del bene di interesse
culturale, costituito dalla Villa in questione, ma comportavano la necessità di
coordinare l’utilizzo di una vasta porzione di territorio (giova sottolineare
come l’appellante abbia richiesto l’imposizione del vincolo indiretto su ben
ventuno mappali).
L’amministrazione, quindi, non ha escluso in radice l’esistenza delle ragioni di
tutela avanzate dall’appellante, ma ha ritenuto che le stesse possono essere
soddisfatte con l’imposizione del vincolo indiretto solo in relazione ad alcuni
dei mappali elencati caratterizzati dalla loro contiguità con il bene vincolato;
per tutti gli altri ha rilevato come l’appellante abbia preteso di avviare un
procedimento inadeguato rispetto all’estensione di territorio, ritenuta ben
superiore a quella in diretto rapporto con la Villa di sua proprietà, tanto più
che da alcune delle aree da vincolare l’immobile non era perfettamente visibile.
Giustamente, quindi, l’amministrazione ha affermato che il provvedimento
richiesto dall’odierna appellante non costituisce la corretta forma
d’intervento, da adottare nella fattispecie concreta.
La sentenza appellata merita, in conclusione, conferma, condannando l’appellante
al pagamento, in favore delle parti resistenti, di spese ed onorari del
giudizio, liquidati nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge
l’appello.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’amministrazione e della
controinteressata costituita, di spese ed onorari del presente grado di
giudizio, che liquida in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00) in
favore di ciascuna delle parti resistenti, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2008 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Claudio VARRONE Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Paolo BUONVINO Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere
Manfredo ATZENI Consigliere, est
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere
Segretario
MANFREDO ATZENI
GLAUCO SIMONINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
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