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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 8 Maggio 2008 (ud. 12/02/2008), sentenza n. 2122



BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Annullamento di dell’autorizzazione paesaggistica - Natura - Valutazione discrezionale estesa al merito - Illegittimità. Il provvedimento statale di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non può essere espressione di una valutazione discrezionale estesa al merito delle valutazioni inerenti l’oggetto di tutela, ossia di un tipo di valutazione la quale si palesi come sostitutiva e/o aggiuntiva rispetto alle proposizioni tecnico-discrezionali già espresse dai competenti Organi regionali in sede di rilascio dell’autorizzazione medesima (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 14 dicembre 2001, n. 9; id., Sez. VI, sent. 30 maggio 2007, n. 2762; id., Sez. VI, sent. 21 ottobre 2005, n. 5937). Pres. Ruoppolo, Est. Contessa - Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato) c. Comune di Bonorva (avv. Corda) - (Conferma TAR Sardegna n. 227/2006). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 8 maggio 2008 (ud. 12 febbraio 2008), sentenza n. 2122

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistica - Funzione - Accertamento della compatibilità dell’intervento con i valori paesaggistici. La funzione dell’autorizzazione paesaggistica non è quella di rimuovere tout-court il vincolo, bensì - e più limitatamente - quella di accertare in concreto la sola compatibilità dell’intervento con il mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 14 novembre 1991, n. 828). Pres. Ruoppolo, Est. Contessa - Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altro (Avv. Stato) c. Comune di Bonorva (avv. Corda) - (Conferma TAR Sardegna n. 227/2006). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 8/05/2008 (ud. 12/02/2008), sentenza n. 2122


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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


 N.2122/08
Reg.Dec.
N. 4145 Reg.Ric.
ANNO 2006


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello n. 4145 del 2006 proposto:
- dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro, legale rappresentante, p.t.,
- dalla Soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico, in persona del Soprintendente p.t., entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
c o n t r o
il Comune di Bonorva, in persona del Sindaco, legale rappresentante, p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Corda ed elettivamente domiciliato in Roma via Filippo Carcano, n. 27, presso lo studio dell’avv. Antonio Vallebella;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna – Sezione Seconda, n. 227/2006, pubblicata il 16 febbraio 2006;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
alla pubblica udienza del 12 febbraio 2008, relatore il consigliere Claudio Contessa, uditi l’avvocato Saulino per l’Avvocatura Generale dello Stato e l’avvocato Corda per il Comune di Bonorva;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Il Ministero ricorrente riferisce che con Det. dirig. 19 dicembre 2003, il competente Direttore dell’Assessorato della Pubblica Istruzione e Beni Culturali della Regione Sardegna rilasciava al Comune di Bonorva (SS) l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un Parco eolico da realizzarsi in area sottoposta a tutela ex lege ai sensi del comma 1, lett. g), d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (ora: art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).


Dall’esame dell’atto regionale emerge che l’autorizzazione alla realizzazione del proposto intervento fosse rilasciata (inter alia) in quanto “l’opera in questione non incide direttamente con gli elementi di pregio paesistico riferibili alla categoria di vincolo [di cui al richiamato art. 146, n.d.E.] in quanto coerente con i valori tutelati” ed in quanto dalle risultanze istruttorie emergeva che “l’intervento proposto è coerente con le valenze paesistiche generali dell’area vincolata in quanto lo stesso, pur visibile a discreta distanza, non costituisce elemento dequalificante del macro ambito, poiché non interferisce su visuali di rilevante valenza paesistica”.


Con provvedimento in data 9 marzo 2004 (oggetto dell’impugnativa in primo grado), la Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e Nuoro (d’ora in poi: ‘la Soprintendenza’) disponeva l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica di cui sopra, ai sensi del comma 4 dell’art. 151, d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (ora: art. 159, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).


Dalla parte motiva del provvedimento in questione emerge che, ad avviso della Soprintendenza, «l’autorizzazione regionale è carente nella parte relativa alla motivazione in quanto si limita ad affermare che “(…) l’opera in questione non incide direttamente con gli elementi di pregio paesistico riferibili alla categoria di vincolo [di cui all’art. 146, comma 1, lettera g), cit., n.d.E.] in quanto coerente con i valori tutelati”, affermazioni queste generiche che nulla dicono sull’incidenza dell’intervento né motivano adeguatamente sotto il profilo paesistico la coerenza dell’opera in questione con il contesto tutelato».


Ancora, ad avviso della Soprintendenza, l’autorizzazione paesaggistica oggetto di annullamento giustificherebbe in maniera contraddittoria l’impatto visivo dell’intervento in quanto in primo luogo sottovaluterebbe la distanza dalla quale l’intervento, una volta realizzato, sarebbe visibile ed in quanto – in secondo luogo – sottovaluterebbe la rilevanza dei ‘quadri paesistici’ percettibili da più punti di vista attorno al sito in questione.


Sotto altro profilo, la Soprintendenza giustifica l’annullamento in base alla circostanza per cui “dalla simulazione fotografica allegata al progetto emerge in tutta chiarezza la portata dell’intervento e il suo rapporto dimensionale con le caratteristiche del sito (la cui singolarità e rilevanza paesistica è già stata riconosciuta nel momento in cui è stata sancita la sua appartenenza ad una precisa categoria di beni ambientali da sottoporre a tutela), ovvero con caratteristiche morfologiche e altimetriche che rendono particolarmente percettibile il sito sia dall’alto, dalle libere ed ampie visuali della strada 131 in direzione sud-nord, sia dai numerosi scorci dell’abitato di Bonorva sul quale andrebbe ad incombere visivamente la mole degli enormi e numerosi aerogeneratori”.


Ancora, l’Organo statale osserva che l’autorizzazione oggetto di annullamento «si basa sull’errato presupposto di un intervento “(…) non dequalificante al macro-ambito considerato (…)” trascurando invece l’evidente stravolgimento del pregevole quadro paesistico».


In definitiva, la Soprintendenza fonda l’annullamento attizio sulla circostanza per cui il provvedimento regionale «non esterna adeguatamente e chiaramente le ragioni giustificatrici in base alle quali l’intervento è stato ritenuto paesisticamente ammissibile nel contesto vincolato in relazione all’esigenza di rispetto e conservazione dei valori ambientali che hanno dato luogo al provvedimento di vincolo, valori comunque primari rispetto a qualsiasi altro interesse pubblico o privato».


Il provvedimento di annullamento adottato dalla Soprintendenza veniva impugnato innanzi al T.A.R. Sardegna dal Comune di Bonorva, che ne deduceva l’illegittimità sotto numerosi profili.


Con l’appellata sentenza n. 227/06, il Tribunale sardo accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento in data 9 marzo 2004.


La sentenza in questione veniva, a propria volta, gravata dal Ministero per i BB.CC.AA. e dalla Soprintendenza per le Province di Sassari e di Nuoro.


Nell’occasione, l’Avvocatura erariale contestava la correttezza della sentenza gravata attraverso un unico articolato motivo di ricorso.


Si costituiva in giudizio il Comune di Bonorva, il quale concludeva per l’integrale reiezione del gravame.


Con ordinanza n. 2673/06 (resa all’esito della Camera di consiglio del 30 maggio 2006), la Sezione respingeva l’istanza di sospensione cautelare della sentenza appellata, proposta dalle Amm.ni appellanti ai sensi dei commi terzo e quarto dell’art. 33, l. T.A.R.


Nell’occasione, la Sezione motivava il provvedimento giudiziale di reiezione sulla rilevata assenza di sufficienti elementi di fumus boni juris.


All’udienza pubblica del 12 febbraio 2008, le Parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con la sentenza oggetto dell’odierno appello, il T.A.R. Sardegna ha accolto il ricorso proposto dal Comune di Bonorva per l’annullamento del decreto della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Sassari e Nuoro in data 9 marzo 2004 con il quale era stata annullata l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Sardegna in data 19 dicembre 2003 ai fini della realizzazione di un parco eolico in area vincolata ai sensi della lett. g) del comma 1 dell’art. 146, d.lgs. 490 del 1999 (ora: art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).


Con la sentenza in questione, in via di estrema sintesi, il T.A.R. della Sardegna riteneva che, con l’adozione dell’impugnato decreto, la Soprintendenza avesse travalicato i limiti dei poteri in concreto spettanti all’Autorità statale nell’esercizio dell’attività di tutela del vincolo paesaggistico, come individuabili in base alla più corretta interpretazione in tema di riparto dei poteri statali e regionali in subjecta materia.


In particolare, il Giudice di prime cure osservava che l’impugnato provvedimento di annullamento non risultasse conforme ai limiti dei poteri statali di intervento, quali delineati dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, n. 9 del 14 dicembre 2001 e della successiva giurisprudenza formatasi sul solco dei principi di diritto rinvenienti dalla pronuncia dell’Ad. Plen. (si citavano, al riguardo, le conclusioni contenute in: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 9 marzo 2005, n. 971).


La sentenza gravata, inoltre, nel ritenere insussistente in capo all’autorizzazione regionale il lamentato vizio di carenza motivazionale, osservava altresì che fosse proprio l’atto di annullamento a non fornire un’adeguata motivazione in ordine alla ponderazione fra i vari interessi pubblici nella specie emergenti: ponderazione – quest’ultima - che necessariamente avrebbe dovuto essere compiuta prima di eventualmente addivenire all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica.


La sentenza in questione veniva gravata dal Ministero per i BB.CC.AA. e dalla Soprintendenza per le Province di Sassari e di Nuoro con un unico, articolato motivo.


Con il ricorso in questione, le Amm.ni appellanti lamentano in primo luogo che la sentenza oggetto di gravame, pur prendendo le mosse dal corretto inquadramento sistematico dei rapporti fra Autorità statale e regionale nell’esercizio dei poteri relativi alla tutela dei vincoli paesistici, giungerebbe in concreto ad una soluzione ‘apodittica ed illogica’ (pag. 8 del ricorso).


In particolare, la sentenza gravata avrebbe illegittimamente dequotato il vizio di difetto di motivazione (che certamente vizierebbe l’atto regionale annullato dalla Soprintendenza) da puntuale parametro di legittimità di una scelta discrezionale a mero vizio formale.


In particolare, la sentenza gravata avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione che il provvedimento autorizzatorio regionale conterrebbe una motivazione ‘per relationem’ di carattere certamente generico in relazione all’incisività dell’intervento autorizzato.


Ancora, la sentenza del T.A.R. avrebbe omesso di rilevare che gli atti istruttori posti a fondamento dell’atto autorizzatorio conterrebbero a propria volta lacune e vizi tali da renderli inidonei a dimostrare la corretta formazione della volontà e dell’uso del potere discrezionale.


2. I motivi in questione, che possono essere esaminati congiuntamente, non possono trovare accoglimento.


Prendendo le mosse dalla questione del lamentato difetto di motivazione, si osserva che il Collegio non nega in alcun modo la correttezza del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il potere ministeriale di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica possa essere esercitato per qualunque profilo di illegittimità, ivi compreso il vizio di carenza di motivazione (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 29 novembre 2004, n. 7776).


Neppure può negarsi che, in via generale, l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica risulti correttamente disposto quante volte l’autorizzazione stessa non contenga alcuna motivazione in ordine alla compatibilità dell’intervento con il vincolo ambientale e non sussista almeno un rinvio per relationem a specifici atti istruttori (Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. 23 giugno 2006, n. 3991).


Si osserva, tuttavia, che nel caso di specie l’applicazione dei richiamati princìpi non potrà condurre all’accoglimento delle tesi di Parte ricorrente.


In particolare il Collegio osserva che, riguardando le censure di Parte attrice sotto il profilo sostanziale, emerge che i lamentati profili di difetto di motivazione i quali vizierebbero l’autorizzazione paesaggistica regionale palesino – a ben vedere - altrettanti profili di valutazione circa i quali l’Amministrazione statale ha operato in concreto una sovrapposizione (rectius: sostituzione) della propria valutazione di merito rispetto a quella compiuta dall’Amm.ne regionale in sede di rilascio del titolo autorizzatorio.


Dall’esame del provvedimento soprintendizio sinteticamente descritto in narrativa, infatti, emerge che la censura rubricata quale difetto di motivazione non derivi da altro, se non dall’aver fornito una valutazione concreta affatto opposta rispetto a quella fornita in prima battuta dai competenti Organi regionali.


A ben vedere, infatti, l’atto di annullamento individua profili di difetto di motivazione nella ritenuta, inadeguata valutazione della ‘lata invasività’ che caratterizzerebbe l’intervento oggetto di autorizzazione.


Ancora, esso giudica immotivata l’autorizzazione regionale per la parte in cui ravvisa la complessiva coerenza dell’intervento con le valenze paesistiche generali dell’area vincolata, senza ravvisare il contrasto fra tali affermazioni e la circostanza per cui sull’intera area “andrebbe ad incombere visivamente la mole degli enormi e numerosi aerogeneratori”.


Ed ancora, l’atto di annullamento rileva l’erroneità del provvedimento regionale per la parte in cui esso reputa il progettato intervento ‘non dequalificante il macro-ambito considerato’, trascurando, invece (nella tesi della Soprintendenza) “l’evidente stravolgimento del pregevole quadro paesistico”.


E’ tuttavia evidente che gli argomenti in questione, sotto il diaframma logico-giuridico del difetto di motivazione, celino un approccio metodologico volto ad ascrivere indirettamente all’alveo dell’illegittimità la mera difformità degli esiti della valutazione operata dagli Organi regionali rispetto a quella (ritenuta) più corretta sulla base di un alternativo approccio tecnico-discrezionale tenuto dall’Autorità statale.


E’ altresì evidente che, operando in tal modo, la Soprintendenza abbia operato in contrasto con l’ormai pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui il provvedimento statale di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non possa essere espressione di una valutazione discrezionale estesa al merito delle valutazioni inerenti l’oggetto di tutela, ossia di un tipo di valutazione la quale si palesi come sostitutiva e/o aggiuntiva rispetto alle proposizioni tecnico-discrezionali già espresse dai competenti Organi regionali in sede di rilascio dell’autorizzazione medesima (in tal senso, ex plurimis: Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 14 dicembre 2001, n. 9; id., Sez. VI, sent. 30 maggio 2007, n. 2762; id., Sez. VI, sent. 21 ottobre 2005, n. 5937).


Neppure può trovare accoglimento il motivo di doglianza fondato sull’esistenza, nel caso di specie, di lacune e vizi nella fase istruttoria i quali si sarebbero riverberati in modo invalidante sull’atto autorizzatorio e non sarebbero stati adeguatamente valutati dal Giudice di prime cure.


Al contrario, si osserva che (come condivisibilmente rilevato dal Tribunale Amministrativo Regionale) l’istruttoria prodromica all’emanazione dell’autorizzazione paesaggistica risulti adeguata sia per quanto concerne i profili paesaggistici (se pure, con esiti difformi da quanto ritenuto corretto dagli Organi statali), sia per quanto concerne i più generali profili relativi all’impatto ambientale dell’impianto oggetto di autorizzazione (profili – questi ultimi – i quali, nella concreta valutazione offertane dagli Organi istruttori, fornivano elementi utili ad apprezzare in modo adeguato l’effettivo impatto che l’opera avrebbe sortito sui valori paesaggistici ed ambientali dell’area interessata).


Ai fini che qui rilevano, viene in particolare in rilievo il contenuto della delibera di G.R. 7 novembre 2003, n. 40/13 (di approvazione definitiva della V.I.A. regionale), da cui emerge:

- che l’area su cui sorgerà l’impianto di cui è causa non rientra nella perimetrazione di alcun S.I.C. ovvero di Z.P.S., né risulta soggetta alle norme per l’istituzione e gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, ovvero alla disciplina in tema di aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale;
- che in sede di istruttoria sono state adeguatamente esaminate le misure di mitigazione degli impatti ed indicate le necessarie misure di ripristino ambientale;
- che in sede di studio di impatto ambientale sono stati adeguatamente affrontati i profili relativi all’impatto visivo determinato dalla realizzazione del parco eolico e sono state previste misure di mitigazione degli impatti ed attività di ripristino da porre in essere al termine della fase di esercizio del parco.


Sotto tale profilo, anzi, è lo stesso provvedimento di annullamento a palesare lacune motivazionali per la parte in cui non dà partitamene conto delle ragioni per cui il contenuto della richiamata valutazione di impatto ambientale non viene in alcun modo preso in considerazione.


Né può trovare accoglimento l’argomento in base al quale l’illegittimità del provvedimento di autorizzazione deriverebbe da ciò, che il competente Servizio della Regione Sardegna avrebbe attestato l’esistenza in loco di un vincolo paesaggistico, salvo poi - in sede di V.I.A. – contraddittoriamente affermare che nell’area non sussisterebbe uno specifico vincolo paesaggistico.


Ciò in quanto, se è pacifico in atti che l’area oggetto di intervento rientra fra quelle sottoposte a tutela ex lege (si tratta dell’ipotesi di cui al primo comma, lettera g) dell’art.146 del d.lgs. 490 del 1999 – territori coperti da foreste e da boschi -), è pur vero che la circostanza in questione non risulti in alcun modo idonea a supportare ex se la legittimità del provvedimento di annullamento.


Sotto tale profilo, sarà sufficiente richiamare il tradizionale orientamento secondo cui la funzione dell’autorizzazione paesaggistica non è quella di rimuovere tout-court il vincolo, bensì – e più limitatamente - quella di accertare in concreto la sola compatibilità dell’intervento con il mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 14 novembre 1991, n. 828).


Ne consegue che la (per altro, indiscussa) sussistenza del vincolo ex lege sull’area non determina di per sé l’accoglimento delle tesi di Parte attrice, atteso che solo la dimostrazione in ordine alla radicale non compatibilità dell’intervento con i valori tutelati (dimostrazione in concreto non fornita da Parte attrice, se non attraverso il non condiviso argomento della carenza di motivazione dell’atto regionale) potrebbe consentire di supportare correttamente in parte qua il richiamato provvedimento di annullamento.


I profili di illegittimità sin qui sinteticamente esaminati inficiano il provvedimento soprintendizio e conseguentemente palesano la correttezza dell’impugnata sentenza di annullamento che deve essere, quindi, confermata.


Ciò rende inessenziale ai fini del decidere l’esame dell’ulteriore motivo di ricorso, con il quale la pronuncia del T.A.R. viene censurata per aver essa introdotto ex post (i.e.: a prescindere dall’articolazione fattane dalla Parte ricorrente in primo grado) un giudizio di bilanciamento fra l’interesse pubblico alla tutela paesaggistica e l’interesse (parimenti pubblico) alla realizzazione dell’opera di cui è causa.


Ed infatti, quand’anche tale ulteriore motivo di accoglimento del ricorso di primo grado venisse ritenuto non condivisibile (con conseguente riforma in parte qua della sentenza del T.A.R.), ciò non consentirebbe comunque di giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui tracciate.


3. Per le considerazioni che precedono il ricorso in appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.


La specialità della controversia giustifica la compensazione delle spese di lite fra le parti costituite per la presente fase del giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe specificato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Compensa le spese relative alla presente fase del giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2008, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giovanni Ruoppolo Presidente
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Bruno Rosario Polito Consigliere
Roberto Giovagnoli Consigliere
Claudio Contessa Consigliere, est.


Presidente
GIOVANNI RUOPPOLO
Consigliere                                               Segretario
CLAUDIO CONTESSA                              GIOVANNI CECI

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 8.05.2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA


 


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