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CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9 Giugno 2008 (Ud. 20/05/2008), Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG - Formazione degli strumenti urbanistici -
Osservazioni dei privati - Funzione - Mero apporto collaborativo - Rigetto -
Motivazione - Necessità - Esclusione. Le osservazioni dei privati ai
progetti di strumenti urbanistici sono un mero apporto collaborativo alla
formazione di detti strumenti e non danno luogo a peculiari aspettative, con la
conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo
sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli
interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano
(C.d.S., Sez. IV, 21.5.2007, n.2577; C.d.S., Sez. IV, 11.10.2007, n.5357). Pres.
Vacirca - Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c. Comune di Siena (avv. Pisillo)
(conferma TAR Toscana, Sez. III, depositata in data 31.5.2001 n.994).
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud. 20/05/2008), Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG - Esercizio del potere di pianificazione -
Criterio di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli -
Applicazione - Esclusione. La scelta amministrativa sottesa all’esercizio
del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio
di razionalità nella definizione delle linee dell’assetto territoriale,
nell’interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell’ambiente, e non
anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con
la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di
trattamento. Pres. Vacirca - Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c. Comune di
Siena (avv. Pisillo) (conferma TAR Toscana, Sez. III, depositata in data
31.5.2001 n.994). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud. 20/05/2008),
Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG - Esercizio del potere di pianificazione -
Poteri dell’amministrazione. In fase di elaborazione del PRG, le scelte di
pianificazione urbanistica relative ad un determinato terreno o immobile
appartengono alla sfera degli apprezzamenti di merito dell’amministrazione, per
cui in ordine ad esse non sono ipotizzabili censure di disparità di trattamento
basate sulla comparazione con la destinazione impressa ad immobili adiacenti.
Pres. Vacirca - Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c. Comune di Siena (avv.
Pisillo) (conferma TAR Toscana, Sez. III, depositata in data 31.5.2001 n.994).
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud. 20/05/2008), Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG - Esercizio del potere di pianificazione -
Scelte urbanistiche - Lesione di aspettativa tutelata - Motivazione - Necessità.
Le scelte urbanistiche, che di norma non comportano la necessità di specifica
giustificazione, oltre quella desumibile dai criteri generali di impostazione
del piano o della sua variante, necessitano di congrua motivazione, solo quando
incidono su aspettative dei privati particolarmente qualificate, come quelle
ingenerate da impegni già assunti dalla amministrazione mediante approvazione di
piani attuativi o stipula convenzioni; in tali evenienze, la completezza della
motivazione costituisce infatti lo strumento dal quale deve emergere la avvenuta
comparazione tra il pubblico interesse cui si finalizza la nuova scelta e quello
del privato, assistito appunto da una aspettativa tutelata (C. d. S., Sez. IV,
14.5.2007, n.2411). Pres. Vacirca - Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c.
Comune di Siena (avv. Pisillo) (conferma TAR Toscana, Sez. III, depositata in
data 31.5.2001 n.994). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud.
20/05/2008), Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG - Vincoli conformativi e vincolo particolare -
Nozione e differenza. Si è al cospetto di vincoli conformativi allorchè le
prescrizioni mirino ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di
parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una
pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta
dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche
intrinseche, o del rapporto (per lo più spaziale) con un’opera pubblica;
laddove, invece, allorquando le previsioni non abbiano una tale natura generale,
ma impongano un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione
della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può
coesistere con la proprietà privata, il vincolo deve essere qualificato come
preordinato alla relativa espropriazione, con conseguente ininfluenza agli
effetti indennitari (Cassazione civile, I, 19.9.2006, n.20252). Pres. Vacirca -
Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c. Comune di Siena (avv. Pisillo) (conferma
TAR Toscana, Sez. III, depositata in data 31.5.2001 n.994). CONSIGLIO DI
STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud. 20/05/2008), Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - Limiti posti nei regolamenti urbanistici - Natura.
I limiti posti nei regolamenti urbanistici e nelle relative norme tecniche e
riguardanti altezza, cubatura, superficie coperta, distanze, zone di rispetto e
indici di fabbricabilità non costituiscono vincoli ablatori, ma conformativi e
connaturali alla proprietà, e non comportano diritto all’indennizzo. Pres.
Vacirca - Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c. Comune di Siena (avv. Pisillo)
(conferma TAR Toscana, Sez. III, depositata in data 31.5.2001 n.994).
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud. 20/05/2008), Sentenza n. 2837
URBANISTICA E EDILIZIA - PRG contenente prescrizioni dettagliate -
Legittimità. Il carattere di strumento urbanistico a contenuto generale del
piano regolatore, consistente nella introduzione di norme programmatiche da
specificare a mezzo degli strumenti attuativi, non esclude la possibilità che il
piano contenga anche prescrizioni dettagliate, immediatamente eseguibili in
concreto, (indipendentemente dallo strumento esecutivo rappresentato dal piano
particolareggiato). Pres. Vacirca - Est. De Felice - Ricci (avv. Hofer) c.
Comune di Siena (avv. Pisillo) (conferma TAR Toscana, Sez. III, depositata in
data 31.5.2001 n.994). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 9/06/2008 (Ud.
20/05/2008), Sentenza n. 2837
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2837/2008
Reg. Dec.
NN. Reg.Ric.:
5451/2002 e 10527/2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
D E C I S I O N E
Sul ricorso r.g.n.5451/2002 proposto in appello da Sandro, Dario e
Valentina Ricci, e Francesca Abati, in proprio e quale erede del sig.Sergio
Ricci, rappresentati e difesi dall’avv. Felix Hofer, con domicilio in Roma al
Lungotevere Flaminio n.46 presso lo studio del dott. Gian Marco Grez,
contro
comune di Siena, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. F. Pisillo, con il quale domicilia in Roma al Lungotevere Flaminio 46
presso studio Grez,
Regione Toscana, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Mary
Rosi Ciofi e dall’avv. Fabio Lorenzoni con domicilio eletto presso lo studio del
secondo in Roma alla via del Viminale n.43,
per l’annullamento
della sentenza n.994/2001 della terza sezione del TAR Toscana, depositata in
data 31.5.2001, con la quale sono stati decisi i ricorsi nn.1329/1995,
1829/1995, 1993/1995, 3326/1995, proposti dai signori Sergio Ricci e Francesca
Abati,
Sul ricorso r.g.n.10527/2004 proposto da Valentina Ricci, Dario Ricci, quali
eredi e aventi causa del padre defunto Sergio Ricci, la signora Francesca Abati,
in proprio e quale erede del defunto marito Sergio Ricci, rappresentati e difesi
dall’avv. dall’avv. Felix Hofer, con domicilio in Roma al Lungotevere Flaminio
n.46 presso lo studio del dott. Gian Marco Grez,
contro
comune di Siena, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. F. Pisillo, con il quale domicilia in Roma al Lungotevere Flaminio 46
presso lo studio Grez,
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Siena e della Regione
Toscana;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Relatore alla udienza pubblica del 20 maggio 2008 il Consigliere Sergio De
Felice;
Uditi gli avvocati delle parti, come da verbali di causa;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;
FATTO
I signori Ricci Sergio e Abati Francesca proprietari di un terreno e immobili in
Siena alla via S.Abbondio n.13 impugnavano con distinti quattro ricorsi i
seguenti atti.
Con il ricorso 1329/95 impugnavano la ordinanza del comune di Siena di
provvedere alla demolizione del manufatto ritenuto abusivo; con il ricorso
1829/95 impugnavano la ordinanza di revoca della precedente ordinanza e
ordinanza di demolizione; con il ricorso r.g.n.1993/95 impugnavano la
deliberazione del Consiglio comunale di Siena n.554 del 1990 e n.555 del 1990
recanti adozione del nuovo Piano Regolatore Comunale nonché delibera di
approvazione del Consiglio Regionale della Regione Toscana; con ricorso r.g.n.3326/95
impugnavano la reiezione della domanda di concessione edilizia in sanatoria
presentata ai sensi dell’art. 13 l.47/1985.
Con una prima ordinanza era stata ordinata la sospensione dei lavori;
successivamente era stata ordinata la demolizione del manufatto realizzato dal
signor Ricci in aderenza a fabbricato rurale in località strada S.Abbondio n.13.
Poiché tra i motivi di ricorso r.g.n.1329/95 veniva svolta la censura
riguardante la notifica al solo Ricci Sergio e non anche a Abate Francesca, il
comune successivamente, in data 13.4.95, revocava tale atto e contestualmente
intimava ad entrambi i coniugi la demolizione del manufatto.
Con ricorso 1389/95 veniva impugnato anche tale atto facendo presente che era
stata presentata istanza di sanatoria.
Con il ricorso 1923/95 venivano impugnati gli atti di adozione e approvazione
del piano regolatore, lamentando in sostanza la mancanza di adeguata motivazione
rispetto al sacrificio del privato, la contraddittorietà, la circostanza che la
approvazione non aveva tenuto conto delle numerose osservazioni.
Successivamente il comune di Siena si pronunciava sulla istanza di sanatoria,
decidendone la reiezione.
Con la impugnata sentenza (n.994/2001) il primo giudice, previa riunione,
decideva i quattro ricorsi.
Il primo ricorso (r.g.n.1329/95) veniva dichiarato improcedibile perché il
precedente atto era stato rimosso dal mondo giuridico revocandolo e/o
annullandolo; anche il ricorso 1829/95 veniva dichiarata improcedibile perché
era stata presentata istanza di sanatoria; il terzo ricorso (r.g.n.1993/95)
veniva rigettato perché infondato in base al principio della ampia
discrezionalità della amministrazione in sede di pianificazione, al principio
della insussistenza dell’obbligo di motivazione puntuale e alla non
irrazionalità e illogicità delle scelte; il quarto ricorso (r.g.n.3326/1995)
veniva rigettato in quanto ritenuto infondato rispetto alle dedotte censure.
Con altra sentenza (n.5401/2003) il TAR Toscana si pronunciava in merito alla
domanda di annullamento proposta da Sandro, Dario e Valentina Ricci, e Francesca
Abati, in proprio e quale erede del sig.Sergio Ricci, impugnavano una nuova
ingiunzione con ordine di demolizione.
Venivano dedotte le censure di eccesso di potere e violazione di legge sotto
vari profili.
La prima sentenza (994/2001) viene impugnata con il ricorso in appello
5451/2002.
Gli appellanti dichiarano di non avere interesse sui ricorsi 1329/95 e 1829/95;
dichiarano di avere interesse sui ricorsi 1993/95 e 3326/95. Ripropongono le
censure relative alla necessità della adeguata motivazione in presenza di
aspettative qualificate; ripropongono le censure relative alla mancata
motivazione sulle osservazioni; lamentano la errata interpretazione dell’art. 13
L.47/1985; si lamenta la erroneità della collocazione dell’intervento in “zona
territoriale A”; si lamenta la erroneità della qualificazione del manufatto come
“nuova costruzione”; si rappresenta che l’intervento non incide sulla linea dei
crinali.
La seconda sentenza (n.5401/2003) viene impugnata con il ricorso in appello
r.g.n.10527/2004. Si fa presente che la sospensione ex art. 295 c.p.c. doveva
essere disposta.
Si lamenta che la rinnovazione della ingiunzione di demolizione doveva avvenire
rinnovando il procedimento sanzionatorio. Poiché le opere risalivano a ben sette
anni prima, doveva disporsi la descrizione delle opere abusive; era necessaria
una nuova istruttoria.
Alla udienza pubblica del 20 maggio 2008 le cause sono state trattenute in
decisione.
DIRITTO
1.In via preliminare deve disporsi la riunione per connessione oggettiva e in
parte soggettiva delle cause.
2.Avendo gli appellanti dichiarato di non avere più interesse sui primi due
ricorsi (di primo grado) del primo appello, non può che dichiararsi la parziale
improcedibilità dell’appello.
3.Si può prescindere dall’esame del motivo di appello incidentale proposto dal
comune di Siena - che pertanto è inammissibile per difetto di interesse - che
riguarda la asserita tardività del ricorso avverso l’adozione e approvazione del
piano, che decorrerebbe dalla pubblicazione, in quanto l’appello principale è
comunque infondato.
4.Per il resto, in relazione al primo appello (r.g.5451/2002) va affrontata la
questione relativa all’obbligo di motivazione in relazione alle osservazioni
presentate dai privati (il comune non ha contro dedotto alle osservazioni, né la
Regione nella approvazione ha tenuto conto delle osservazioni), alla scelta di
divisione in sottozone, alle limitazioni di edificabilità peggiorative.
Con riguardo alla impugnativa della adozione e approvazione del piano regolatore
generale del comune di Siena, gli appellanti lamentano il difetto di
motivazione, la circostanza che la divisione in sottozone sia peggiorativa della
precedente normativa urbanistica e in contraddizione con i precedenti
provvedimenti; si lamenta che le limitazioni previste siano di tipo
espropriativo e non solo conformativo, andando a prevedere praticamente una
inedificabilità assoluta; si lamenta una disparità di trattamento rispetto a
fabbricati o annessi agricoli situati in altre zone del comune di Siena.
Il provvedimento regionale di approvazione non terrebbe conto delle osservazioni
dei privati, alle quali neanche il comune avrebbe adeguatamente controdedotto.
Il motivo è infondato, in relazione alla consolidata giurisprudenza del giudice
amministrativo sui limiti di sindacabilità delle scelte di piano, sulla
adeguatezza della motivazione di scelte anche peggiorative, sulla natura dei
vincoli, che nella specie sono di tipo conformativo e non già espropriativo.
Le osservazioni dei privati ai progetti di strumenti urbanistici sono un mero
apporto collaborativo alla formazione di detti strumenti e non danno luogo a
peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una
specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e
ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a
base della formazione del piano (Consiglio Stato, IV, 21.5.2007, n.2577).
Il rigetto delle osservazioni proposte dai privati in sede di formazione del
piano regolatore non richiede una particolare motivazione, essendo esse meri
apporti collaborativi dati dai cittadini alla formazione dello strumento
urbanistico, con la conseguenza che è sufficiente che esse siano state esaminate
e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a
base della formazione del piano (C.d.Stato, IV, 11.10.2007, n.5357).
Qualora nelle scelte di pianificazione - che inevitabilmente valorizzano alcune
aree mortificando le prospettive di utilizzazione e il valore di scambio di
altre - non siano ravvisabili contrasti con l’impostazione tecnico-urbanistica
dello strumento urbanistico o non si evidenzi la contrarietà ai principi della
logica, è da escludere che possano ritenersi inficiate le scelte edificatorie e
non è possibile dare ingresso a censure di disparità di trattamento.
La scelta amministrativa sottesa all’esercizio del potere di pianificazione di
settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella
definizione delle linee dell’assetto territoriale, nell’interesse pubblico alla
sicurezza delle persone e dell’ambiente, e non anche ai criteri di
proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che
in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento.
Le scelte di pianificazione urbanistica relative ad un determinato terreno o
immobile appartengono alla sfera degli apprezzamenti di merito
dell’amministrazione, per cui in ordine ad esse non sono ipotizzabili censure di
disparità di trattamento basate sulla comparazione con la destinazione impressa
ad immobili adiacenti.
Le scelte urbanistiche, che di norma non comportano la necessità di specifica
giustificazione, oltre quella desumibile dai criteri generali di impostazione
del piano o della sua variante, necessitano di congrua motivazione, solo quando
incidono su aspettative dei privati particolarmente qualificate, come quelle
ingenerate da impegni già assunti dalla amministrazione mediante approvazione di
piani attuativi o stipula convenzioni; in tali evenienze, la completezza della
motivazione costituisce infatti lo strumento dal quale deve emergere la avvenuta
comparazione tra il pubblico interesse cui si finalizza la nuova scelta e quello
del privato, assistito appunto da una aspettativa tutelata (C. Stato, IV,
14.5.2007, n.2411).
Con riguardo alla lamentela perché vi sarebbe una inedificabilità assoluta di
fatto, il Collegio osserva e rileva che tali limiti assoluti in realtà non sono
poi prospettati specificamente nell’atto di appello.
L’appellata amministrazione comunale, invece, rappresenta come in realtà anche
parte appellante abbia sostenuto che la disciplina rigorosa prevista nel piano
per le zone agricole sia aderente rispetto alla legge regionale Toscana
n.10/1979 e come il piano preveda il divieto di movimenti di terra, con la
attivazione di un complesso procedimento per ottenere l’autorizzazione del
Sindaco.
Né può ritenersi che siano stati posti vincoli espropriativi e non solo
conformativi.
Si è al cospetto di vincoli conformativi allorchè le prescrizioni mirino ad una
zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere
su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di
soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi
ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto (per lo più
spaziale) con un’opera pubblica; laddove, invece, allorquando le previsioni non
abbiano una tale natura generale, ma impongano un vincolo particolare incidente
su beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera
pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, il
vincolo deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione,
con conseguente ininfluenza agli effetti indennitari (Cassazione civile, I,
19.9.2006, n.20252).
I limiti posti nei regolamenti urbanistici e nelle relative norme tecniche e
riguardanti altezza, cubatura, superficie coperta, distanze, zone di rispetto e
indici di fabbricabilità non costituiscono vincoli ablatori, ma conformativi e
connaturali alla proprietà, e non comportano diritto all’indennizzo.
Nella specie, i vincoli e le previsioni contestate (le disposizioni di cui
all’art. 139 delle NTA disciplinante le zone agricole), oltre ad avere il
carattere di generalità rispetto ai beni e essendo rivolte ad una pluralità
indifferenziata di destinatari, non sono né illogiche né irrazionali, non
abbisognano di specifica motivazione in relazione ad affidamenti qualificati,
sono, nei limiti della profondità del sindacato a questo giudice consentito,
conformi all’interesse pubblico.
Né d’altra parte può ritenersi che gli appellanti, imprenditori agricoli,
rispetto alle limitazioni relative ai movimenti di terra, alla regolamentazione
delle modalità esecutive degli ampliamenti, perdano le (altre) facoltà nelle
quali consiste l’esercizio del diritto di proprietà su suoli agricoli (si veda
in tal senso Corte Costituzionale n.138 del 6 aprile 1993, che fa riferimento,
per ritenerle espropriative, alle limitazioni che non consentono neanche la
coltivazione o la possibilità di utilizzazione, come le imposizioni di servitù
militari).
Con riguardo alla contestazione attinente all’eccessivo dettaglio delle
disposizioni contenute nel piano regolatore generale, deve confermarsi
l’indirizzo del primo giudice, secondo cui fermo restando che la funzione del
Piano Regolatore Generale comunale è quella di stabilire le linee essenziali o
le fasi di sviluppo del territorio, tale strumento urbanistico può contenere non
solo norme di carattere programmatico da attuare con piani esecutivi, ma anche
prescrizioni categoriche immediatamente impegnative e obbligatorie.
E’ quindi generalmente ammesso oramai anche a seguito di una costante prassi
amministrativa, che il Piano Regolatore rechi previsioni e prescrizioni sempre
più di dettaglio e ciò anche indipendentemente dallo strumento esecutivo
rappresentato dal piano particolareggiato.
Il carattere di strumento urbanistico a contenuto generale del piano regolatore,
consistente nella introduzione di norme programmatiche da specificare a mezzo
degli strumenti attuativi, non esclude la possibilità che il piano contenga
anche prescrizioni dettagliate, immediatamente eseguibili in concreto.
E’ infondata anche la censura con la quale si lamenta la oscurità della
disciplina applicabile all’immobile.
Come ha osservato il primo giudice (e contro deduce il comune di Siena), l’area
in questione è identificata come “zona Ad” e ad essa si applica senza dubbio
l’art. 144 NTA del PRG.
Né possono sorgere dubbi sulla applicabilità dell’art. 143 in luogo dell’art.
144.
L’articolo 143 fa riferimento alle sottozone AD, prevedendo all’interno di esse
una disciplina anche per gli immobili non perimetrati né contrassegnati da sigla
o asterisco; l’articolo 144 fa riferimento alle sottozone e aree agricole di
interesse storico (AD asteriscate) e all’interno di esse prevede una disciplina
anche per gli immobili non perimetrati né contrassegnati da sigla o asterisco.
Gli immobili inseriti in zona agricola di interesse storico (AD*) ricadono nella
previsione dell’art. 144.
5. Con riguardo alla impugnazione del provvedimento di rigetto della richiesta
di sanatoria, gli appellanti deducono che sulla censura relativa alla proprietà
della signora Abati, il primo giudice l’ha ritenuta fondata ma non ne avrebbe
fatto derivare l’annullamento del provvedimento.
Si deduce inoltre che l’interpretazione dell’art. 13 L.47/1985, nel senso di
ritenerlo applicabile solo a opere del tutto completate, non è corretta.
Con riguardo ai (plurimi) motivi di diniego sulla istanza di sanatoria, si
deduce che il parere della Commissione Edilizia di tipo negativo rispetto
all’accoglimento, attraverso il richiamo della disciplina restrittiva contenuta
nelle Norme Tecniche di Attuazione del PRG, si fonda su un errato richiamo
all’art. 144 NTA, ai sensi del quale in zona AD sarebbe vietata ogni nuova
costruzione, anche di annessi agricoli.
Gli appellanti, al contrario, deducono che nella specie l’immobile non sarebbe
situato in zona AD; inoltre, non si tratterebbe di nuova costruzione, bensì di
ristrutturazione con ampliamento rispetto al fabbricato rurale esistente.
Il primo giudice ha invece ritenuto che ai sensi dell’art. 144 NTA è vietato
ogni intervento di ristrutturazione con ampliamento, perché produttivo di nuovi
volumi.
Gli appellanti osservano inoltre che l’intervento non incide sulla linea dei
crinali.
Il Collegio ritiene non fondato il mezzo di appello e invece pienamente
condivisibili le conclusioni alle quali è pervenuto il primo giudice.
Si può prescindere, ad opinione del Collegio, dalla questione relativa alla
legittimazione o meno della signora Abati, e se essa sia proprietaria dell’area
o abbia solo titolo a richiedere la concessione in sanatoria.
Infatti, preclusivo, sia per il primo giudice che per questo Collegio, è il
provvedimento di diniego, motivato adeguatamente sulla base di una pluralità di
diversi motivi.
Nel diniego impugnato si fa riferimento al parere negativo della Commissione
edilizia in quanto il fabbricato rurale è ubicato in zona Ad* (sottozona di
interesse storico) nella quale, ai sensi dell’art. 144 NTA del PRG (si tratta di
quella norma che parte appellante ritiene di non sicura applicabilità alla
fattispecie e censurata per oscurità o poca chiarezza, non ravvisata invece da
questo giudicante) è vietata ogni costruzione, anche di annessi agricoli.
Nel diniego si fa riferimento inoltre anche “al parere negativo al rilascio
della autorizzazione ai sensi dell’art. 7 L.1497/1939, in quanto la costruzione
ancorchè non terminata crea danni dal punto di vista paesistico-ambientale, non
presentando tipologia e caratteri degli annessi rurali della campagna senese.
Tale costruzione modifica considerevolmente il semplice fabbricato cui è stato
edificato in aderenza, alterandolo sia dal punto di vista compositivo, sia in
rapporto al circostante intorno”.
Il Collegio osserva che per principio generale, in presenza di una serie di
motivi negativi, sulla base del principio generale della sottoposizione alla
c.d. prova di resistenza (principio di carattere generale, maturato in realtà
nell’ambito del meccanismo maggioritario nelle delibere degli organi collegiali,
si veda articolo 2373 c.c.), ne è sufficiente uno solo legittimo per supportare
l’atto negativo, quale appunto il diniego.
L’ulteriore motivo di diniego - che cioè l’articolo 13 della L.47/1985 si
applicherebbe solo alle opere abusivamente realizzate e non anche ad altri
lavori aggiuntivi o di completamento - a prescindere dalla sua fondatezza o
meno, è irrilevante, non avendo parte appellante, come suo onere, idoneamente
contestato tutti i motivi negativi a supporto del diniego (basti pensare al
parere negativo dal punto di vista paesistico-ambientale, al notevole impatto
per le dimensioni di metri quadrati 155, per i materiali utilizzati - blocchi
antisismici- ma anche al su richiamato divieto assoluto di edificazione di cui
all’art. 144 NTA del PRG, non smentito).
6.Con riguardo all’oggetto del secondo appello (R.g.n.10527/2004) parte
appellante deduce che la rinnovazione della ingiunzione di demolizione,
intervenuta dopo ben sette anni, avrebbe dovuto essere oggetto di nuovo
procedimento.
Si lamenta che la pregiudizialità della controversia relativa alla istanza di
sanatoria avrebbe dovuto determinare la sospensione del processo ai sensi
dell’art. 295 c.p.c..
Nella nuova ingiunzione mancherebbe la descrizione delle opere abusive, sarebbe
errata la qualificazione giuridica dell’abuso, la istruttoria sarebbe stata
erroneamente svolta.
Anche tali motivi sono del tutto infondati.
In relazione alla richiesta di sospensione per pregiudizialità o quantomeno per
presupposizione della controversia sul titolo abilitativo in sanatoria rispetto
all’ordine di demolizione, condividendone la sua ineccepibilità sia dal punto di
vista procedimentale che processuale, questo Giudicante rileva che la questione
è oramai superata, trattandosi nell’ambito del medesimo giudizio (i due appelli
qui riuniti) delle due cause, in disparte la proponibilità o meno del motivo di
appello avverso un provvedimento del giudice di primo grado di reiezione
(implicita) della ordinanza di sospensione.
Con riguardo all’altro motivo di appello, parte appellante lamenta che il nuovo
ordine di demolizione (del dicembre 2001) avrebbe dovuto essere preceduto da una
nuova istruttoria rispetto a quella effettuata nell’ottobre 1994, atteso il
lungo tempo trascorso; il nuovo procedimento diretto alla nuova ingiunzione di
demolizione avrebbe dovuto essere preceduto da una nuova istruttoria; in
sostanza si sarebbe dovuto provvedere a una rinnovazione del procedimento.
Il motivo è infondato.
Dalla istruttoria effettuata all’epoca (verbali della Polizia Municipale del
25.10.1994) risultavano sia la qualificazione giuridica dell’abuso, sia le
ragioni del divieto, sia la conseguenziale necessità giuridica di demolizione.
Il Collegio ritiene che le censure, per come proposte, nel senso di pretendere
la identificazione della tipologia di abuso, di valutare criticamente il verbale
della Polizia Municipale, che ha efficacia privilegiata dal punto di vista anche
processuale, così come la pretesa della necessità o meno di nuova istruttoria,
sono tutte tipologie di censure che hanno ragione di essere poste avverso l’atto
di diniego rispetto alla formazione del titolo abilitativo (in sanatoria),
mentre non colgono nel segno rispetto alla impugnativa della consequenziale
ingiunzione di demolizione (sia pure rinnovata a media distanza di tempo).
7.Per le considerazioni sopra svolte, previa riunione, in parte va dichiarata la
improcedibilità del primo appello; per il resto entrambi gli appelli vanno
respinti essendo infondati nel merito.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese
di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente
pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
previa riunione, dichiara la parziale improcedibilità dell’appello 5451/2002;
per il resto rigetta entrambi gli appelli, confermando le impugnate sentenze.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 maggio 2008, con
l’intervento dei magistrati:
Giovanni Vacirca, Presidente
Luigi Maruotti, Consigliere
Pier Luigi Lodi, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sergio De Felice Giovanni Vacirca
IL SEGRETARIO
Rosario Carnabuci
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