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CONSIGLIO DI STATO,
Sez. VI - 1 Luglio 2008 (Ud. 6 Maggio 2008), sentenza n. 3326
APPALTI - Società consortile - Art. 2165-ter c.c. - Norme valide per le
A.T.I. - Applicabilità. Ad una società consortile costituita ex art.
2615-ter del codice civile, e che prevede nel proprio statuto anche la finalità
di partecipare a gare pubbliche, devono essere applicate le norme valide per le
a.t.i. le quali consentono la somma dei requisiti di idoneità posseduti dalle
varie imprese partecipanti all'associazione temporanea al fine di conseguire il
possesso del requisito richiesto per la partecipazione alla gara (Consiglio
Stato , sez. V, 07/09/2004, n. 5847). Pertanto, in ipotesi di impugnativa di
atti della procedura di gara, il ricorso introduttivo del giudizio deve essere
notificato al raggruppamento di imprese partecipante, ancorché la giurisprudenza
amministrativa abbia (anche) considerato “sufficiente”, ai fini della corretta
instaurazione del contraddittorio la notifica alle singole imprese (T.A.R. Valle
d'Aosta Aosta, 15 marzo 2006, n. 12). Pres. Ruoppolo, Est. Taormina - I. s.p.a.
(avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a. (avv.ti Inglese e Vinti) (annulla T.A.R.
Liguria, Sez. I, n. 546/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 01/07/2008 (Ud.
6/05/2008), sentenza n. 3326
APPALTI - Bandi, procedure di gara, provvedimenti aggiudicatori… -
Impugnazione - Legittimazione ad agire - Presupposti. In via di principio, e
salve le posizioni di soggetti collettivi titolari di compiti di tutela di
interessi più generali, la giurisprudenza amministrativa ha sempre affermato
che, bandi, procedure di gara, provvedimenti aggiudicatori, etc, possano essere
impugnati soltanto da chi abbia partecipato alle selezioni medesime (salve, le
ipotesi di impugnazione avverso la lex specialis nella parte in cui ha
previsto clausole ostative alla partecipazione).
Pres. Ruoppolo, Est. Taormina - I. s.p.a. (avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a.
(avv.ti Inglese e Vinti) (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 546/2004).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 1 Luglio 2008 (Ud. 06/05/2008), sentenza n. 3326
MARE E COSTE - Demanio marittimo - Concessioni di particolare importanza -
Obblighi di pubblicità - Art. 18 Reg. Navigazione - Derogabilità - Esclusione.
La decisione inerente la pubblicazione della domanda di concessioni demaniali
marittime di particolare importanza, prevista dall'art. 18 del regolamento del
Codice della Navigazione Marittima (d.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328, come
modificato dal d.P.R. 18 aprile 1973 n. 1085), non può ritenersi demandata alla
pura discrezionalità dell'amministrazione, dovendosi apprezzare l’importanza
della concessione secondo criteri obiettivi, da esternarsi compiutamente, onde
consentire il sindacato del g.a. in ordine al corretto esercizio del potere
amministrativo (Consiglio Stato , sez. VI, 26/10/2006, n. 6421). Sicché, nessun
aspetto della procedura volta ad attribuire le concessioni demaniali marittime è
sottraibile, per ovvie ragioni legate all’esigenza di trasparenza del
procedimento, all’obbligo di pubblicità via via imposto da singole disposizioni
del Codice della Navigazione e dal regolamento attuativo. Pres. Ruoppolo, Est.
Taormina - I. s.p.a. (avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a. (avv.ti Inglese e
Vinti) (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 546/2004). CONSIGLIO DI STATO,
Sez. VI - 1/07/2008 (Ud. 6/05/2008), sentenza n. 3326
MARE E COSTE - Demanio marittimo - Art. 37, c. 2 cod. nav. - Diritto di
insistenza - Presupposti. L'applicazione del principio sancito dall'art. 37,
comma 2, c. nav., secondo cui in caso di rinnovo di una concessione di area
appartenente al demanio marittimo deve essere data la precedenza al precedente
concessionario (cosiddetto diritto di insistenza), è subordinato all'idonea
pubblicizzazione della procedura relativa al rinnovo, all'effettiva equipollenza
delle condizioni offerte dal precedente concessionario rispetto agli altri
aspiranti nonché alla necessità di depurare la procedura dai fattori di
vantaggio derivanti in capo al precedente concessionario dalla pregressa
titolarità della concessione o di altro rapporto concessorio funzionalmente
collegato al primo. (Consiglio Stato , sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168). Pres.
Ruoppolo, Est. Taormina - I. s.p.a. (avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a.
(avv.ti Inglese e Vinti) (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 546/2004).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 1 luglio 2008 (6 maggio 2008), sentenza n. 3326
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - APPALTI - Procedura di gara - Potere di
annullamento d'ufficio - Principio di conservazione degli atti amministrativi e
conformità all'accertamento giurisdizionale - Riedizione della sola fase
procedurale colpita dal "dictum" di illegittimità e potere di
annullamento d'ufficio dell'intera procedura. In ossequio alla necessità di
coniugare l'esigenza di ripristinare la legalità amministrativa, in conformità
al pertinente accertamento giurisdizionale, con il principio di conservazione
degli atti amministrativi laddove l'azione amministrativa “si articoli in
diversi segmenti procedimentali, ciascuno connotato dall'emanazione di veri e
propri provvedimenti (come ad esempio le esclusioni, nel caso delle procedure di
affidamento di appalti pubblici), il vincolo derivante dalla statuizione di
annullamento consiste nella riedizione della sola fase procedurale colpita dal "dictum"
di illegittimità, fatto, comunque, salvo il potere di annullamento d'ufficio
dell'intera procedura, e quindi nella ripetizione delle operazioni di gara
affette dal vizio riscontrato in sede giudiziaria (Consiglio Stato , sez. IV,
28/02/2005, n. 692, C.d.S., sez. IV, 22/09/2003, n. 5356). Pres. Ruoppolo, Est.
Taormina - I. s.p.a. (avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a. (avv.ti Inglese e
Vinti) (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 546/2004). CONSIGLIO DI STATO,
Sez. VI - 1 luglio 2008 (6 maggio 2008), sentenza n. 3326
PROCEDURE E VARIE - Appello - Identità della decisione con altri ricorsi -
Connessione oggettiva e soggettiva con altri ricorsi - Riunione e trattazione
congiunta. Nei casi in cui si individua un'identità della decisione con
altri ricorsi, apparendo all’evidenza sussistere connessione oggettiva e
soggettiva delle proposte impugnazioni, s’impone la riunione e la trattazione
congiunta dei relativi appelli (Consiglio Stato , sez. IV, 28/02/2005, n. 692).
Pres. Ruoppolo, Est. Taormina - I. s.p.a. (avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a.
(avv.ti Inglese e Vinti) (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 546/2004).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 1 Luglio 2008 (Ud. 06/05/2008), sentenza n. 3326
PROCEDURE E VARIE - Legittimazione a ricorrere -
Esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto -
Necessità - c.d. azione popolare - Esclusione. La legittimazione ad
impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata
alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e
postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento
dell'atto; altrimenti l'impugnativa verrebbe degradata al rango di azione
popolare a tutela dell'oggettiva legittimità dell'azione amministrativa, con
conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi
espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di
giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale
hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa. (Consiglio
Stato, sez. IV, 28/08/2001, n. 4544). Sicché, nel processo amministrativo, come
nel processo civile, salva espressa previsione di legge, “non è ammessa l’azione
popolare, ossia l’azione volta ad ottenere un mero controllo oggettivo della
legittimità di un provvedimento amministrativo da parte del giudice per
iniziativa del "quisque de populo". (Consiglio Stato , sez. VI, 05 dicembre
2002, n. 6657). Ne è corollario la costante affermazione della necessità che
sussista un interesse a ricorrere, connotato tanto dalla personalità e
dall'attualità della lesione subita, quanto dal vantaggio ottenibile. (Consiglio
Stato , sez. IV, 23/06/2005, n. 3352).
Pres. Ruoppolo, Est. Taormina - I. s.p.a. (avv.ti Cocchi e Vaiano) c. G. s.p.a.
(avv.ti Inglese e Vinti) (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, n. 546/2004).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 1 Luglio 2008 (Ud. 06/05/2008), sentenza n. 3326
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.3326/08
Reg.Dec.
N. 3542, 3718, 3750, 3840 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
1) sul ricorso in appello n. 3542/2007 proposto da Ignazio Messina & C.
Spa, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luigi Cocchi e Diego Vaiano con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio n.
3;
contro
Grendi Trasporti Marittimi s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Inglese e Stefano Vinti con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma Via Emilia n. 88;
Ministero dei trasporti in persona del Ministro p.t. e Capitaneria di porto di
Genova, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato con
domicilio eletto ex lege presso la stessa in Roma Via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
Autorità portuale di Genova, Genoa Distri-Port s.c.r.l., Centro Servizi
Derna s.r.l., Tirrenia di Navigazione s.p.a., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., non costituiti;
2) sul ricorso in appello n. 3718/2007 proposto da Tirrenia di
Navigazione s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e
difesa dall’Avv. Antonio Lirosi, con domicilio eletto in Roma Via Quattro
Fontane n. 20 presso Studio G. Origoni & Partners;
contro
Grendi Trasporti Marittimi s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Inglese e Stefano Vinti con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma Via Emilia n. 88;
e nei confronti di
Autorità portuale di Genova, Terminal San Giorgio s.r.l., Genoa Distri-Port
s.c.r.l., Centro Servizi Derna s.r.l., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., non costituiti;
3) sul ricorso in appello n. 3750/2007 proposto da Autorità portuale di Genova,
in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti
Alessandra Busnelli e Gabriele Pafundi con domicilio eletto presso quest’ultimo
in Roma Viale Giulio Cesare n.14 A/4
contro
Grendi Trasporti Marittimi s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Inglese e Stefano Vinti con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma Via Emilia n. 88;
Centro Servizi Derna s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giambattista D’Aste e Paolo Turci con
domicilio eletto in Roma Via Salaria n. 259 presso Bonelli erede Pappalardo,
appellante incidentale;
e nei confronti di
Ignazio Messina & C. s.p.a., Tirrenia di Navigazione s.p.a., Terminal San
Giorgio s.r.l., Genoa Distri-Port s.c.r.l., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., non costituiti;
4) sul ricorso in appello n. 3840/2007 proposto da Terminal San Giorgio s.r.l.,
in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti
Federico Sorrentino e Francesco Munari con domicilio eletto presso il primo in
Roma Lungotevere delle Navi n. 30;
contro
Grendi Trasporti Marittimi s.p.a. in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Inglese e Stefano Vinti con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma Via Emilia n. 88;
e nei confronti di
Autorità portuale di Genova, Ignazio Messina & C. s.p.a., Genoa Distri-Port
s.c.r.l., Centro Servizi Derna s.r.l., Tirrenia Compagnia di Navigazione s.p.a.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti;
per la riforma e/o l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione
I, n. 546/2004;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati e le memorie depositate;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’appellata Grendi Trasporti
Marittimi s.p.a. e la memoria da questa depositata e del Ministero dei trasporti
e della Capitaneria di porto di Genova;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla camera di consiglio del 6 maggio 2008, relatore il Consigliere Fabio
Taormina. Uditi gli Avv.ti Cocchi, Vinti, l’Avv. dello Stato Maddalo, Lirosi,
Busnelli, Pafundi, Turci e Sorrentino;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso di primo grado e con successivi ricorsi per motivi aggiunti, era
stato chiesto dall’odierna appellata l’annullamento della delibera di comitato
portuale datata 15\4\2004 dell’autorità portuale concernente definizione dei
rapporti concessori relativi ad ambito portuale Libia/Canepa e di ogni atto
connesso, nonché (con motivi aggiunti) della delibera di comitato portuale
datata 14/7/2004 avente ad oggetto verifica dei piani di impresa e di ogni atto
connesso, della delibera di comitato portuale datata 7\4\2004 e dei conseguenti
atti di concessione demaniale marittima. In sintesi, con il ricorso introduttivo
del giudizio si censurava l’operato dell’Autorità Portuale che, in spregio ai
principi di pubblicità delle procedure di affidamento delle concessioni
demaniali aveva omesso di valutare la posizione dell’odierna appellata. Si
denunciava la violazione dei principi generali in tema di procedure concorsuali
per l’assegnazione di spazi demaniali, eccesso di potere per errore sui
presupposti e travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione,
contraddittorietà, in quanto l’assegnazione delle aree alle società
controinteressate sarebbe successivo al termine per la presentazione delle
offerte, privo del necessario piano d’impresa e riguardante anche un soggetto
(la Tirrenia) che non aveva formulato istanza di partecipazione nel termine
previsto nel bando (termine, che,invece era stato opposto alla Grendi nei cui
confronti era stato reso provvedimento reiettivo dell’istanza partecipativa).
Con la sentenza in epigrafe i primi Giudici hanno accolto il ricorso previa
reiezione delle eccezioni di natura processuale sollevate dalle odierne
appellanti, originarie controinteressate, e dall’appellante amministrazione
(difetto di interesse, difetto di legittimazione attiva, sopravvenuta carenza di
interesse alla decisione del ricorso) anche all’esito della ordinanza collegiale
n. 12/2007, mercé la quale, in accoglimento dell’istanza formulata in sede di
discussione dall’Autorità portuale e dalla controinteressata Ignazio Messina, il
Tribunale amministrativo regionale aveva disposto l’acquisizione in via
istruttoria di un’istanza sottoscritta da Grendi e Tirrenia per la sub
concessione parziale del terminal Tirrenia.
I primi Giudici, nel merito, hanno sostenuto la tesi secondo cui, muovendo dalla
pacifica premessa che la procedura di affidamento delle concessioni demaniali
marittime era soggetta ai principi di concorrenzialità, pubblicità e
trasparenza, il concreto atteggiarsi dell’azione amministrativa non aveva
soddisfatto tali requisiti di legittimità.
Non si è negato, da parte del Tar Liguria, che doveva riscontrarsi la mancata
impugnativa della nota datata 17/3/2004 con cui l’autorità portuale aveva
respinto l’istanza di partecipazione di Grendi alla gara per l’assegnazione di
una parte del compendio in questione: e che era condivisibile la qualificazione
della suddetta nota in termini di diniego dell’istanza di Grendi.
Si è rilevato però (e tale aspetto della questione assumeva portata rilevante
sia ai fini della reiezione delle eccezioni processuali che sotto il profilo del
riscontrato vizio dell’azione amministrativa) che la procedura avviata
dall’Autorità Portuale soltanto per un segmento appariva coerente sviluppo
dell’avviso del 23/10/2003. Invero gli atti successivi, non potevano
qualificarsi come conclusione della gara avviata con l’avviso datato 23\10\2003.
Hanno sul punto evidenziato i primi Giudici (si riporta di seguito uno stralcio
della motivazione dell’appellata decisione) che “la differenza sussistente fra
gli elementi della gara e quelli posti a base delle determinazioni impugnate, di
carattere e rilievo sia oggettivo, in quanto le istanze di concessione ed i
relativi piani di impresa richiesti sono stati modificati rispetto a quanto
presentato per partecipare alla procedura concorsuale, sia soprattutto
soggettivo, in quanto non vi è coincidenza fra i soggetti partecipanti, che
hanno formulato tempestiva domanda di partecipazione, e quelli individuati quali
concessionari, in specie per ciò che concerne Tirrenia.”
In particolare, quanto alla nodale posizione assunta dalla concessione affidata
a quest’ultima impresa, si è rilevato da parte del Tar che le istanze di
Tirrenia non potevano “assumere i connotati delle domande di partecipazione alla
procedura concorsuale di cui all’avviso datato 23\10\2003, sia da un punto di
vista temporale, in quanto proposte ben anteriormente a tale avviso (depositate
in data 15/3/2001, 8/7/2002 e 6\5\2003), sia per il relativo oggetto,
riguardando la prima la generica domanda di concessione del multiporpose
allorquando vengano a cadere i requisiti attualmente in capo alla CULMV, la
seconda la domanda di un’area definita come prospiciente la delegazione di
Sampierdarena, e la terza un’istanza di accesso degli atti eventualmente
adottati in ordine alla stessa area.”
La conclusione della procedura, quindi, faceva riferimento ad un quid diverso da
quello avviato nel 2003: da tale considerazione discendeva non soltanto
l’ammissibilità del gravame ma, anche, la fondatezza del medesimo avuto riguardo
al quomodo dell’attribuzione a Tirrenia della concessione.
Né l’appellata Grendi né la Tirrenia avevano quindi presentato tempestive
istanze, quanto al bando del 23.10.2003; tuttavia, nelle more della procedura
della gara riferibile al bando, “una parte dei soggetti tempestivi offerenti
rinunciava e un’altra parte degli stessi stipulava in data 1\4\2004 un accordo,
cui partecipava anche Tirrenia (che depositava il proprio progetto in data
16\6\2004), avente ad oggetto una soluzione concordata per il riparto delle aree
in questione. Dall’analisi di tale accordo emerge, oltre alla partecipazione di
un soggetto diverso dai concorrenti, una modifica degli ambiti e delle aree
oggetto delle istanze formulate in ordine alla stessa procedura di gara bandita
dall’Autorità e più in generale una ripartizione fra i privati stessi
dell’utilizzo delle aree demaniali in questione (cfr. tabella e cartografia
allegata all’accordo sub doc n. 21 dell’Autorità).”
Con le delibere impugnate l’Autorità portuale aveva approvato tale accordo,
intendendo così chiudere la procedura di gara avviata con l’avviso del
23/10/2003.
Senonchè, secondo l’argomentare dei primi Giudici, doveva dirsi “illegittimo il
comportamento di un’amministrazione che, invece di concludere la procedura
concorsuale attivata per l’individuazione dei concessionari nel rispetto della
par condicio e dei requisiti di gara predeterminati, la superi approvando un
accordo intervenuto fra soggetti non coincidenti con gli offerenti, dal quale
emerge una ripartizione di aree e attività ben distinta rispetto a quella
proposta in sede di gara, sulla scorta delle regole predeterminate dalla stessa
amministrazione, da soggetti solo in parte coincidenti con i firmatari
dell’accordo.”
E ciò anche in relazione al sistema disegnato dall’art. 18 l. 84/1994:
“l’autorità portuale aveva opportunamente avviato una procedura di gara avente
le caratteristiche richieste dalle norme e dai principi comunitari sopra
richiamati ma non l’aveva portata in fondo, limitandosi con le delibere
impugnate ad approvare un accordo concluso da alcuni dei partecipanti alla gara
più un’altra impresa operante nel settore ma non partecipante alla gara in
questione (Tirrenia), ed avente un oggetto non coincidente sia per la diversità
delle aree e delle attività ripartite sia per la differenza dei piani di
impresa. Inoltre, la conclusione di un accordo, cioè l’utilizzo dell’alternativa
di cui al comma 4 dell’art. 18, non è stato accompagnato dal rispetto delle
modalità richiamate ed imposte dalla stessa norma, con particolare riferimento
alla predeterminazione degli elementi più rilevanti ed al rispetto di idonee
forme di pubblicità che avrebbero altresì consentito la partecipazione delle
altre imprese autorizzate ex art. 16 e quindi interessate”(tra le quali
rientrava l’odierna appellata).
Avverso la sentenza in epigrafe hanno presentato distinte impugnazioni sia
l’amministrazione (Autorità Portuale) che le società aggiudicatarie delle
concessioni, Terminal San Giorgio SRL, Ignazio Messina & C. SPA, Centro Servizi
Derna SRL, Tirrenia Compagnia di Navigazione SPA.
Le appellanti hanno censurato ogni passaggio motivazionale dell’impugnata
decisione, ribadendo la fondatezza delle eccezioni processuali formulate nel
giudizio di primo grado (in particolare quella di tardività del ricorso e quella
di improcedibilità subsequens del ricorso di primo grado a cagione del
“protocollo/accordo” intercorso tra l’appellata e Tirrenia) e criticando la
ricostruzione resa dai primi Giudici con riferimento al dipanarsi del
procedimento amministrativo in oggetto.
Più in dettaglio, (vedasi il ricorso in appello proposto dalla Ignazio Messina,
pagg.17-20) si sostiene che la (parziale) non coincidenza soggettiva del
destinatario finale (rectius, di uno dei destinatari finali) del procedimento
con gli originari istanti costituisca fisiologico esito dell’attività
istruttoria posta in essere dall’amministrazione.
Esito rispondente, nel caso di specie, all’interesse pubblico, e conseguenziale
ad un accordo interno intercorso tra le imprese che avevano presentato
tempestivamente le istanze e che, nella loro autonomia negoziale, avevano
ritenuto di includervi Tirrenia (soggetto esercente un sevizio pubblico,
peraltro).
Il procedimento amministrativo in oggetto era pertanto unico, ed i provvedimenti
resi costituivano conseguenziale e logico sviluppo dell’iniziativa di cui al
bando del 23.10.2003 (bando in relazione al quale l’odierna appellata, già
ricorrente in primo grado, era pacifico non avesse presentato tempestiva
istanza).
In ogni caso appariva troncante il rilievo per cui se anche vizi dell’azione
amministrativa potevano ravvisarsi, posto che l’istanza partecipativa
dell’appellata era certamente tardiva, questa non avrebbe potuto avere né
legittimazione né interesse a dolersene.
Sotto il profilo processuale, poi, si è lamentata la nullità della sentenza di
primo grado a cagione della disintegrità del contraddittorio atteso che il
ricorso di primo grado non era stato notificato alla Terminal Frutta SRL: né
rilevava in senso contrario la circostanza che tale società, unitamente alla
Terminal San Giorgio SRL ed alla Forest SPA (poi ritiratasi) aveva partecipato
alla procedura per il tramite della società consortile Genoa Distriport SCARL.
Invero, su specifica richiesta di tale ultima società consortile, i
provvedimenti concessori erano stati rilasciati direttamente nei confronti delle
consorziate: queste ultime, quindi, erano da ritenersi nella piena titolarità
della posizione giuridica attiva, ed il contraddittorio avrebbe dovuto essere
validamente instaurato nei confronti di queste ultime.
L’appellata Grendi, inoltre, aveva in data 24.5.2006 presentato una nuova
istanza di concessione, insistente in ambito “Multipurpose”, ma differentemente
ubicata rispetto a quella respinta per cui è causa.
La predetta appellata, in data 5.1.2007, aveva aderito, con sottoscrizione, ad
una richiesta avanzata dall’appellante Tirrenia, volta ad ottenere la sub
concessione di una banchina attualmente rientrante nella disponibilità di questa
ultima, ad una società partecipata congiuntamente dalla Tirrenia e dalla Grendi.
Tali atti incidevano radicalmente -elidendola, ove mai fosse stata ravvisabile-
sulla permanenza dell’interesse a ricorrere in capo all’appellata, ed aveva
errato il Tar Liguria a non dichiarare la sopravvenuta cessazione della materia
del contendere ovvero la sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere.
L’appellata si è costituita in giudizio depositando una articolata memoria e
chiedendo il rigetto degli appelli, ribadendo la lamentata violazione della par
condicio (essa si trovava nella identica posizione di “tardiva presentatrice di
istanza partecipativa”, né più e né meno della Tirrenia) e delle regole
concorrenziali di cui all’art. 18 della Legge n. 84/1994.
Sotto altro profilo, permaneva integro il proprio interesse ad impugnare gli
atti, come era evidente dalla circostanza che essa aveva presentato successive
istanze dirette all’Autorità Portuale (specificando che ciò non comportava
acquiescenza postuma agli impugnati provvedimenti), e che nessuna di esse era
stata soddisfatta. Il disposto di cui al comma VII dell’art. 18 della Legge n.
84/1994 non ostava al soddisfacimento della pretesa avanzata dall’appellata, di
guisa che il ricorso di primo grado era certamente ammissibile e fondato, così
come corretta e priva di emende era stata l’appellata decisione del Tar.
Alla camera di consiglio del fissata per l’esame dell’istanza cautelare di
sospensione della esecutività della sentenza appellata la Sezione con ordinanza
n. 2489/2007 ha accolto l’istanza di sospensione della esecutività della
sentenza, sotto il profilo del danno grave ed irreparabile che il porto di
Genova avrebbe subito, discendente dalla paralisi delle attività ivi esercitate,
laddove la sentenza avesse immediatamente spiegato i propri effetti.
DIRITTO
L'identità della decisione appellata con i ricorsi indicati in epigrafe impone
la riunione e la trattazione congiunta dei relativi appelli apparendo
all’evidenza sussistere connessione oggettiva e soggettiva delle proposte
impugnazioni (si veda, sul punto, ex multis, Consiglio Stato , sez. IV, 28
febbraio 2005, n. 692).
La sentenza deve essere annullata in accoglimento dei ricorsi in appello
proposti e, per l’effetto, deve essere dichiarato in parte irricevibile perché
tardivo ed in parte inammissibile il ricorso di primo grado proposto dalla
odierna appellata.
La prima tematica in ordine logico che è necessario affrontare riguarda invero
la questione concernente la lamentata nullità della impugnata sentenza a cagione
della non integrità del contraddittorio.
La non integrità del contraddittorio discenderebbe, secondo le appellanti, dalla
omessa notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado alla
concessionaria Terminal Frutta SRL.
Ritiene la Sezione che la doglianza debba essere disattesa.
Come esattamente rilevato dall’appellata nella propria memoria conclusiva (e
come risulta incontestato: si veda sul punto la memoria dell’autorità Portuale
in atti) il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado venne notificato
alla società consortile Genoa Distriport SCARL.
La concessionaria Terminal Frutta SRL, aveva partecipato alla procedura di
assegnazione delle concessioni proprio per il tramite di tale società consortile
da ultimo citata (unitamente alla Terminal San Giorgio SRL ed alla Forest SPA
-quest’ultima poi ritiratasi-).
Non appare sussistere alcuna fattispecie di violazione del contraddittorio,
avendo l’appellata notificato il ricorso introduttivo al soggetto giuridico che
ebbe a partecipare alla procedura, ed apparendo neutre ed ininfluenti, ai
limitati fini della individuazione del soggetto da evocare in giudizio, le
successive determinazioni dell’amministrazione in tema di attribuzione delle
concessioni.
Deve sul punto richiamarsi, infatti, il condivisibile orientamento della
giurisprudenza amministrativa che (con riferimento alla tematica della
partecipazione alle procedure evidenziali, pienamente assimilabile a quella in
oggetto) accosta la figura della società consortile a quella dell’ATI (si veda,
sul punto, Consiglio Stato , sez. V, 07 settembre 2004, n. 5847, laddove si è
affermato che “ad una società consortile costituita ex art. 2615-ter del codice
civile, e che prevede nel proprio statuto anche la finalità di partecipare a
gare pubbliche, devono essere applicate le norme valide per le a.t.i. le quali
consentono la somma dei requisiti di idoneità posseduti dalle varie imprese
partecipanti all'associazione temporanea al fine di conseguire il possesso del
requisito richiesto per la partecipazione alla gara.”).
Come è noto, in ipotesi di impugnativa di atti della procedura di gara, il
ricorso introduttivo del giudizio deve essere notificato al raggruppamento di
imprese partecipante, ancorché la giurisprudenza amministrativa abbia (anche)
considerato “sufficiente”, ai fini della corretta instaurazione del
contraddittorio la notifica alle singole imprese (T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, 15
marzo 2006, n. 12).
Pare alla Sezione potersi affermare che, nel caso di specie, sia stata corretta
l’evocazione in giudizio della società consortile partecipante alla procedura, e
che non si sia verificata alcuna ipotesi di lesione del contraddittorio e men
che meno che essa, come lamentato dalle appellanti, sia riferibile alla
circostanza che la società consortile ebbe a presentare istanza per conto delle
singole associate.
Ciò premesso, è necessario procedere in ordine logico a fornire risposta alla
doglianza relativa alla lamentata inammissibilità del ricorso principale e del
ricorso per motivi aggiunti in primo grado proposti dalla odierna appellata.
Il mezzo è fondato.
Sullo sfondo della intera vicenda, va premesso, si staglia un principio che
costituisce costante e condivisibile approdo giurisprudenziale, che è stato
tenuto presente dai primi Giudici (esattamente, sotto un profilo di principio)
allorché hanno valutato la posizione della società odierna appellata
rapportandola al complesso iter amministrativo seguito dall’amministrazione.
Ci si riferisce, in particolare, al consolidato orientamento giurisprudenziale
secondo il quale, “la decisione inerente la pubblicazione della domanda di
concessioni demaniali marittime di particolare importanza, prevista dall'art. 18
del regolamento del Codice della Navigazione Marittima (d.P.R. 15 febbraio 1952
n. 328, come modificato dal d.P.R. 18 aprile 1973 n. 1085), non può ritenersi
demandata alla pura discrezionalità dell'amministrazione, dovendosi apprezzare
l’importanza della concessione secondo criteri obiettivi, da esternarsi
compiutamente, onde consentire il sindacato del g.a. in ordine al corretto
esercizio del potere amministrativo.”(Consiglio Stato , sez. VI, 26 ottobre
2006, n. 6421).
Sotto altro profilo, si è costantemente affermato, in giurisprudenza, che nessun
aspetto della procedura volta ad attribuire le concessioni demaniali marittime
si sottragga, per ovvie ragioni legate all’esigenza di trasparenza del
procedimento, all’obbligo di pubblicità via via imposto da singole disposizioni
del Codice della Navigazione e dal regolamento attuativo (e comunque desumibile
dai principi generali ordinamentali e di derivazione comunitaria).
Esemplificativamente, ha affermato in passato la Sezione (e l’iter motivo della
decisione, sia pur riconducibile ad altra fattispecie, è trasponibile al caso in
esame) che l'applicazione del principio sancito dall'art. 37, comma 2, c. nav.,
secondo cui in caso di rinnovo di una concessione di area appartenente al
demanio marittimo deve essere data la precedenza al precedente concessionario
(cosiddetto diritto di insistenza), è subordinato all'idonea pubblicizzazione
della procedura relativa al rinnovo, all'effettiva equipollenza delle condizioni
offerte dal precedente concessionario rispetto agli altri aspiranti nonché alla
necessità di depurare la procedura dai fattori di vantaggio derivanti in capo al
precedente concessionario dalla pregressa titolarità della concessione o di
altro rapporto concessorio funzionalmente collegato al primo. (Consiglio Stato ,
sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168 ).
Da ultimo, quanto all’art. 18 sopracitato, la uniforme giurisprudenza
amministrativa di primo grado, ha riconosciuto ed esaltato la pubblicità
prevista dal referente normativo quale imprescindibile condizione di legittimità
dell’iter amministrativo seguito dall’amministrazione (ex multis, T.A.R.
Liguria, sez. I, 20 marzo 2007, n. 546, ma anche T.A.R. Liguria Genova, sez. I,
26 aprile 2006, n. 406, T.A.R. Lazio Latina, 08 settembre 2006, n. 610).
Al contempo pare alla Sezione potere affermare che la concreta applicazione dei
superiori condivisibili precetti non sia stata dai primi Giudici adeguatamente
coniugata (con riferimento alla posizione della odierna appellata) con un altro
e più ampio consolidato approdo giurisprudenziale in tema di legittimazione a
ricorrere.
Per chiarire meglio i termini della questione, il punto dal quale prendere le
mosse riposa nel costante principio evidenziato dalla giurisprudenza
amministrativa secondo il quale nel processo amministrativo, “la nozione di "legitimatio
ad causam" (o legittimazione ad agire intesa in senso stretto) e quella di
legittimazione a ricorrere sono distinte, poiché la prima, ricavata dal processo
civile, è la questione relativa alla astratta riferibilità del rapporto
giuridico processuale al soggetto che agisce (ossia la corrispondenza fra chi
agisce ed il destinatario della sentenza), mentre la seconda è la questione
relativa alla dimostrazione della titolarità da parte del soggetto che agisce di
una posizione giuridica differenziata rispetto all'atto impugnato. “ (Consiglio
Stato , sez. VI, 12 marzo 2002, n. 1452).
Quanto alla legitimatio ad causam della odierna appellata intesa nei termini
tradizionali come sopra plasticamente rappresentati, e da valutarsi in via
astratta, essa sussiste: è evidente che nel caso di specie il riverberarsi degli
effetti della sentenza attinge la posizione della appellata.
L’eventuale accoglimento della pretesa da essa vantata produrrebbe effetti
mediati ed immediati nei propri confronti.
Ma appare doveroso evidenziare che tale valutazione discende (il punto sarà
comunque di seguito esaminato più diffusamente) unicamente dalla qualificazione
giuridica della procedura seguita dall’amministrazione, e dal petitum avanzato
nel ricorso di primo grado dall’appellata (testualmente: annullamento della
delibera di comitato portuale datata 15/4/2004 dell’autorità portuale
concernente definizione dei rapporti concessori relativi ad ambito portuale
Libia/Canepa).
Ché se per avventura, la ricorrente in primo grado si fosse risolta ad impugnare
soltanto il segmento della procedura seguita dall’amministrazione nella parte in
cui se ne postula la illegittimità (ingresso nella procedura di Tirrenia,
differenziata valutazione su nuovi piani d’impresa), probabilmente anche sotto
il profilo della legitimatio ad causam, si sarebbe potuto articolare un
differente ragionamento, dovendosi dare risposta al quesito relativo al soggetto
cui gioverebbe l’accoglimento delle doglianze della Grendi, (soggetto non
partecipante alla procedura). E a cagione della univoca soluzione da fornire a
tale interrogativo si sarebbe potuto pervenire ad una differente valutazione già
in tema di verifica della legitimatio ad causam della originaria
ricorrente in primo grado (la statuizione demolitoria non potrebbe certo giovare
alla appellata Grendi, ma, semmai, alle originarie società che avevano
presentato tempestive istanze).
Purtuttavia, avuto riguardo alla circostanza che la legitimatio ad causam,
secondo il tradizionale e consolidato insegnamento della dottrina e della
giurisprudenza processualcivilistica deve valutarsi in relazione al “diritto
affermato nella domanda”, è indubbio che essa sussista nel caso di specie.
La legittimazione a ricorrere, viceversa, deve essere valutata in concreto, e
postula una verifica della azione amministrativa sottoposta a scrutinio, al fine
di accertarne la sussistenza muovendo dalla considerazione della piena
condivisibilità del costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la
legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere
direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa
dal provvedimento e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto
all'annullamento dell'atto; altrimenti l'impugnativa verrebbe degradata al rango
di azione popolare a tutela dell'oggettiva legittimità dell'azione
amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di
fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con
il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella
costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa.”
(Consiglio Stato, sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4544).
Come è noto, infatti, nel processo amministrativo, come nel processo civile,
salva espressa previsione di legge, “non è ammessa l’azione popolare, ossia
l’azione volta ad ottenere un mero controllo oggettivo della legittimità di un
provvedimento amministrativo da parte del giudice per iniziativa del "quisque
de populo".(così, Consiglio Stato , sez. VI, 05 dicembre 2002, n. 6657):
questo “polo restrittivo” dell’elaborazione giurisprudenziale costituisce un
cardine del sistema processuale amministrativo e non è mai stato seriamente
posto in dubbio.
Ne è corollario la costante affermazione della necessità che sussista un
interesse a ricorrere, connotato tanto dalla personalità e dall'attualità della
lesione subita, quanto dal vantaggio ottenibile. (ex multis Consiglio Stato ,
sez. IV, 23 giugno 2005, n. 3352).
In via di principio, e salve le posizioni di soggetti collettivi titolari di
compiti di tutela di interessi più generali, la giurisprudenza amministrativa ha
sempre affermato che, bandi, procedure di gara, provvedimenti aggiudicatori, etc,
possano essere impugnati soltanto da chi abbia partecipato alle selezioni
medesime (salve, è bene avvertire a soli fini di completezza, le ipotesi di
impugnazione avverso la lex specialis nella parte in cui ha previsto
clausole ostative alla partecipazione).
Nel caso di specie, due elementi di certezza si rinvengono, già dalla lettura
della sentenza.
L’importanza di tali elementi merita che vi si faccia riferimento nuovamente in
questa sede (sebbene non vi sia contestazione sul punto):
A) la mancata presentazione da parte della odierna appellata di una tempestiva
domanda partecipativa alla procedura di gara avviata con l’avviso datato
23/10/2003;
B) la mancata impugnativa della nota datata 17/3/2004 con cui l’autorità
portuale ha respinto l’istanza di partecipazione di Grendi alla gara per
l’assegnazione di una parte del compendio in questione,in ordine alla quale gli
stessi primi Giudici hanno affermato che “appare condivisibile la qualificazione
della suddetta nota in termini di diniego dell’istanza di Grendi, sia quale
istanza autonoma sia quale tardiva domanda di partecipazione della gara con
conseguente insussistenza dei presupposti per la tempestiva impugnativa della
indizione della gara”.
Ove la sentenza appellata si fosse arrestata a tale affermazione soprariportata,
essa avrebbe dovuto dichiarare la inammissibilità del gravame proposto, in
ossequio ai superiori insegnamenti della giurisprudenza in tema di
legittimazione a ricorrere e di interesse al ricorso dianzi sommariamente
richiamati.
La sentenza appellata, invece, “supera” le conseguenze in oggetto, sulla scorta
della seguente affermazione, che pure di seguito si riporta, mercé la quale si è
rilevato che: “il gravame risulta proposto avverso gli atti successivi, i quali
non possono qualificarsi come conclusione della gara avviata con l’avviso datato
23\10\2003”.
Tale ultima asserzione non appare condivisibile alla Sezione.
Sotto il profilo oggettivo, - come pure è stato evidenziato negli articolati
ricorsi in appello proposti- il compendio delle aree da assegnare è rimasto
identico, posto che v’è coincidenza tra quello oggetto dell’avviso di gara del
23.10.2003 ed il compendio assegnato nel 2004 a seguito di quello che
l’appellata ha definito, nel ricorso di primo grado, “accordo spartitorio” (area
Libia-Canepa).
Ciò che lamentava nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l’odierna
appellata (che, deve rammentarsi nuovamente, non ha proposto impugnazione
avverso il provvedimento reiettivo reso nei propri confronti) è la circostanza
che, ad un certo punto della procedura assegnatoria, si siano verificate alcune
illegittimità.
Il Tar è entrato nel merito delle doglianze, ed ha riscontrato vizi procedurali
rilevanti (soprattutto allorché si è assegnata una porzione dell’area ad un
soggetto, la Tirrenia, che non aveva proposto istanza partecipativa).
La Sezione non intende entrare nel merito della valutazione del Tar, che
comunque, sia detto per incidens, appare ben argomentata e motivata con
riferimento al riscontro dei vizi in oggetto.
Ciò che però preme rilevare è che, appunto, trattavasi (salvo che nella
ricostruzione argutamente formulata dall’appellata nel ricorso introduttivo) di
vizi attingenti un segmento della procedura.
La stessa appellata non si doleva che fossero state prese in esame le domande
proposte dalle società che tempestivamente risposero al bando di gara; né
denunciava che tali istanze fossero viziate, inammissibili, etc. E tanto ciò è
vero che essa non ha impugnato l’avviso di gara avvio della procedura.
In sintesi: ove il provvedimento dell’appellante amministrazione si fosse
limitato ad assegnare le aree (unicamente) alle originarie partecipanti al bando
non rinuncianti, e sulla base dei piani d’impresa originariamente presentati,
l’appellata non avrebbe avuto di che dolersi (ed infatti nessun motivo di
doglianza in tale senso è stato proposto in primo grado).
La originaria ricorrente di primo grado ha denunciato vizi successivi
all’apertura del procedimento, non attingenti le domande di partecipazione
originariamente proposte, ed anzi postulanti la mancata conformazione
dell’autorità portuale a queste ultime.
Ha lamentato cioè, per esprimere il concetto in termini consueti al diritto
processuale, che i provvedimenti resi dall’amministrazione conclusivi del
procedimento abbiano concretato una difformità tra quanto “originariamente
richiesto” e quanto “concesso”.
Si badi: si tratta di vizi che in astratto ben potevano essere rilevati, dovendo
però, ovviamente, ove riscontrati, condurre alla reiterazione della procedura a
partire dal segmento in relazione al quale si era riscontrata illegittimità.
Per potersi rilevare tali vizi in sede processuale, quindi, - in armonia con i
soprarichiamati principi in tema di interesse a ricorrere - occorreva che il
gravame introduttivo fosse stato proposto da un soggetto che da tale
retrogradazione degli atti potesse ricavare un qualche interesse: di un
soggetto, cioè, che quantomeno avesse partecipato tempestivamente alla procedura
e lamentasse la propria pretermissione, ovvero avesse interesse alla
reiterazione della procedura di assegnazione a partire dalla fase attinta da
vizi “in avanti”.
Ma se è esatta la superiore ricostruzione il problema si sposta sulla verifica
della statuizione del Tar.
Il Tar ha (correttamente quanto al formale ossequio prestato al principio di cui
all’art. 112 cpc) annullato gli atti impugnati; tra gli atti impugnati non
rientra né l’avviso di gara del 2003, né la statuizione reiettiva della domanda
partecipativa alla gara proposta dalla Grendi, e non tempestivamente impugnata).
Non ha annullato, né poteva, l’avviso di gara del 2003, cui la ricorrente non
aveva tempestivamente partecipato.
L’amministrazione appellata, pertanto, ove la statuizione in esame fosse
divenuta definitiva, avrebbe dovuto unicamente reiterare il segmento di
procedura attinto da illegittimità (id est: ripartire dall’esame delle
tempestive domande di partecipazione all’avviso del 2003), prendendo in esame le
domande di partecipazione delle società che tempestivamente avevano risposto a
detto avviso di gara (tra le quali non si riscontra quella della odierna
appellata).
Ma alla luce di quanto sopra, quale interesse avrebbe avuto la appellata ad
impugnare l’esito di una procedura la cui eventuale diversa conclusione non
l’avrebbe in alcun modo potuta riguardare?
A tutto concedere, forse, un interesse si sarebbe potuto ravvisare con esclusivo
riferimento alla Tirrenia, non istante originaria: il condizionale è d’obbligo,
perché per giungere a tale convincimento si sarebbe dovuto ampliare il concetto
di “controinteresse dell’operatore nel medesimo settore commerciale” e,
soprattutto, superare la circostanza che non vi fu incremento del compendio
oggetto di assegnazione, ma differente localizzazione.
Nessun interesse a ricorrere, invece, può ravvisarsi, con riguardo alle
assegnazioni afferenti alle società che avevano originariamente proposto
tempestiva istanza.
Orbene: per superare tali obiezioni logiche, i primi Giudici hanno, da un canto,
affermato la “unicità” delle determinazioni concessorie finali.
Ma, soprattutto, hanno fatto riferimento ad un concetto che appare eccentrico
rispetto al sistema, ritenendo che, a cagione del riscontrato vizio del segmento
della procedura in questione, siasi originato un “nuovo” procedimento, diverso
da quello originario, obliando la circostanza della identità della res oggetto
di assegnazione (oltreché le qualificazioni di detti provvedimenti rese
dall’amministrazione, che palesemente, mercé i medesimi, aveva inteso concludere
la procedura avviatasi con l’avviso di gara del 23.10.2003).
Di fatto, essi hanno ritenuto che la conclusione del procedimento culminata nei
provvedimenti impugnati costituisse un “novum”: una determinazione finale
ascrivibile ad un nuovo procedimento.
E posto che tale procedimento, in spregio ai principi anche comunitari che
impongono la doverosa pubblicizzazione della procedura evidenziale era a propria
volta illegittimo, l’hanno annullato, ritenendo a tale proposito tempestivo il
ricorso proposto dalla Grendi ed ininfluente la mancata presentazione di istanza
partecipativa all’avviso del 2003 da parte di quest’ultima: tutto ciò, peraltro,
senza fornire alcuna risposta al logico interrogativo su che fine avesse fatto
il (primo, secondo la ricostruzione del Tar) procedimento di cui all’avviso del
2003.
Ritiene la Sezione che tale iter motivazionale non possa essere condiviso.
Posto che, ogniqualvolta si riscontra un vizio in un provvedimento conclusivo di
un procedimento v’è una difformità rispetto al paradigma dell’atto, siccome
ipotizzabile in coerenza con le premesse, da ciò non discende che esso
costituisca atto culminante di un “nuovo” procedimento.
Si deve riscontrare, semmai, un vizio nello sviluppo del procedimento
originario.
E ciò poteva ravvisarsi nel caso di specie, avuto riguardo alla valutazione di
merito resa dal Tar.
In simili ipotesi, ritiene la costante giurisprudenza amministrativa che - in
ossequio alla necessità di coniugare l'esigenza di ripristinare la legalità
amministrativa, in conformità al pertinente accertamento giurisdizionale, con il
principio di conservazione degli atti amministrativi laddove l'azione
amministrativa “si articoli in diversi segmenti procedimentali, ciascuno
connotato dall'emanazione di veri e propri provvedimenti (come ad esempio le
esclusioni, nel caso delle procedure di affidamento di appalti pubblici), il
vincolo derivante dalla statuizione di annullamento consiste nella riedizione
della sola fase procedurale colpita dal "dictum" di illegittimità, fatto,
comunque, salvo il potere di annullamento d'ufficio dell'intera procedura, e
quindi nella ripetizione delle operazioni di gara affette dal vizio riscontrato
in sede giudiziaria.”( ex multis, si veda Consiglio Stato , sez. IV, 28 febbraio
2005, n. 692, ma Consiglio Stato , sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5356).
A ben guardare, il Tar non ha affermato in sentenza nulla di diverso da ciò,
posto che la statuizione annullatoria non attinge il bando del 2003.
Ma ciò avrebbe dovuto indurre i primi Giudici ad interrogarsi in ordine al
vantaggio ricavabile da parte della appellata dalla ipotetica statuizione
demolitoria: esso è nullo, posto che, come più volte evidenziato, essa non aveva
proposto tempestiva istanza partecipativa al bando predetto e, propostane una
tardiva, non aveva impugnato la statuizione denegatoria dell’amministrazione: il
prosieguo dell’azione amministrativa di assegnazione delle concessioni alle
società originariamente istanti con riguardo all’avviso del 2003 non avrebbe
potuto riguardare l’odierna appellata.
Ciò implica che si sarebbe dovuto dichiarare la inammissibilità del ricorso di
primo grado, e del ricorso per motivi aggiunti, difettando la legittimazione a
ricorrere, in carenza di interesse, posto che nessun vantaggio l’appellata
avrebbe potuto ricavare dalla rinnovazione della procedura (e tale statuizione
impedisce l’esame dei motivi di censura afferenti al merito della statuizione
resa dal Tar).
La appellata sentenza si appalesa pertanto errata. Essa, in accoglimento degli
appelli come sopra indicati proposti dall’amministrazione e dalle concessionarie
deve pertanto essere annullata, dovendosi di conseguenza dichiarare la
inammissibilità del ricorso di primo grado e dei ricorsi per motivi aggiunti
proposti dalla odierna appellata.
Possono nondimeno essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti a
cagione della complessità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sui ricorsi in appello come sopra indicati, e previa riunione dei
medesimi, li accoglie, con conseguente annullamento della appellata sentenza e
declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado e dei ricorsi per
motivi aggiunti proposti dalla odierna appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2008, dal Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Giovanni Ruoppolo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere
Fabio Taormina Consigliere Rel.
Presidente
GIOVANNI RUOPPOLO
Consigliere
Segretario
FABIO TAORMINA
GIOVANNI CECI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/07/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
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