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CONSIGLIO DI STATO
Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 30/10/2007), Sentenza n. 408
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Adozione del provvedimento di annullamento del
nulla osta paesaggistico - Rilasciato dall’autorità regionale o “sub-delegata”-
Necessità e modalità di comunicazione dell’avviso di avvio di procedimento -
Art.7 L. n. 241/1990 - D.M. 13.6.1994, n. 495. Le disposizioni del
regolamento previste nel D.M. 13.6.1994, n. 495, devono essere interpretate nel
senso che l’originario richiedente debba essere posto in qualche modo in
condizione di sapere che la sua istanza è sottoposta all’esame dell’autorità
statale nella nuova fase di controllo (cfr. Sez. VI, nn. 909 e 4546/2000,
n.685/2001, n.3233/2001). Tuttavia, la comunicazione concernente il passaggio
alla fase di controllo può essere effettuata, per le sue finalità, in qualsiasi
modo e che la medesima può ammettere atti equipollenti. Pres. Ruoppolo - Est.
Cafini - Giberti (avv.ti Coffrini e Colarizi) c. Ministero per i beni e le
attività culturali e la Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici
dell’Emilia-Romagna (Avvocatura generale dello Stato) ed altro, (conferma T.A.R.
per l’Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma n.784/02 in data 12/11/2002).
CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008 (Ud. 30/10/2007), Sentenza n. 408
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione comunale - Carenza di
motivazione e violazione di legge per contrasto con l’art. 82, c. 3, del D.P.R.
n.616/1977 - Provvedimento di annullamento - Legittimità - Fattispecie.
L’annullamento adottato in base i riscontrati vizi, nell’autorizzazione comunale
sottoposta all’esame della Soprintendenza, dell’eccesso di potere sotto il
profilo della carenza di motivazione e della violazione di legge per contrasto
con l’art. 82, comma 3. del D.P.R. n.616/1977, è di certo sufficiente a
sorreggere la legittimità del provvedimento (CdS, Sez VI, 3.2.2004, n.331),
rientrando nel novero dei vizi di legittimità che l’autorità statale è abilitata
a rilevare, esteso a tutti i profili di violazione di legge e di eccesso di
potere, ivi compreso il riscontro della presenza di una motivazione e della sua
congruenza e ragionevolezza. Nella specie, l’autorizzazione comunale risultava
priva della necessaria motivazione da cui poteva emergere, sotto il profilo
della legittimità, non soltanto la ragionevolezza e completezza della
valutazione di compatibilità paesaggistica, ma altresì lo stesso preliminare
riscontro dell’effettuazione di siffatta valutazione. Né poteva soccorrere, al
riguardo, il parere della Commissione edilizia integrata, che, risultava
anch’essa immotivata. Pres. Ruoppolo - Est. Cafini - Giberti (avv.ti Coffrini e
Colarizi) c. Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza
per i beni ambientali e architettonici dell’Emilia-Romagna (Avvocatura generale
dello Stato) ed altro, (conferma T.A.R. per l’Emilia-Romagna, Sezione staccata
di Parma n.784/02 in data 12/11/2002). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 08/02/2008
(Ud. 30/10/2007), Sentenza n. 408
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.408/2008
Reg.Dec.
N. 43 Reg.Ric.
ANNO 2003
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 43 del 2003 proposto da Giberti Anna,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Ermes Coffrini e Massimo Colarizi ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Panama
n.12;
c o n t r o
il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni
ambientali e architettonici dell’Emilia-Romagna, in persona dei rispettivi
rappresentati legali pro-tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici sono per legge domiciliati in Roma,
via dei Portoghesi n.12;
e nei confronti
del Comune di Reggio Emilia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato
e difeso dall’avv. Santo Gnoni ed elettivamente domiciliato presso lo studio del
dott. Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n.46;
per l’annullamento
previa sospensione della sua esecuzione, della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma
n.784/02 in data 12 novembre 2002, resa tra le parti;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;
viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
alla pubblica udienza del 30 ottobre 2007, relatore il consigliere Domenico
Cafini, uditi l’avvocato Colarizi, l’avv. Chierroni per delega dell’avv. Gnoni e
l’avvocato dello Stato Massarelli;.
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La sig.ra Anna Giberti, proprietaria di un terreno in località Rivalta del
Comune di Reggio Emilia, impugnava, con ricorso (n.52/1999) dinanzi alla sezione
di Parma del TAR per l’Emilia Romagna, il provvedimento in data 23.12.1998, con
il quale la Soprintendenza dei beni ambientali e architettonici dell’Emilia
Romagna aveva annullato l’atto del detto comune 2.10.1998 n.27453/98, di
autorizzazione in favore della ricorrente alla costruzione di un fabbricato
d’uso abitazione sito nella menzionata località, nonché il decreto del Ministro
per i beni culturali ed ambientali in data 1°.8.1985 ed ogni altro atto connesso
e presupposto.
A sostegno del gravame l’istante - dopo avere premesso che il lotto di cui era
proprietaria, classificato nel PRG comunale a zona residenziale di
completamento, era l’ultimo ancora rimasto inedificato - prospettava, con cinque
motivi di diritto, censure di violazione di legge (in particolare, dell’art.1 L.
8.8.1985 n.431 e dell’art. 7 L. n. 241/1990), incompetenza ed eccesso di potere,
sotto vari profili, concludendo per l’annullamento degli atti impugnati.
2. Con la sentenza in epigrafe specificata l’adito TAR respingeva il ricorso,
ritenendo infondati tutti i motivi ivi dedotti.
3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello, affidato dalla
sig.ra Giberti ai seguenti motivi di diritto:
a) violazione ed erronea applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990;
travisamento illogicità; in quanto avrebbe errato il TAR nel respingere la
censura relativa alla dedotta violazione della citata norma per non essere stato
preceduto il contestato annullamento dalla comunicazione dell’avvio del
procedimento;
b) violazione ed erronea applicazione dell’art. 151 D.Lgs. 29.10.1999 n. 490
(già art. 1 L. n. 431/1985), con particolare riferimento ai limiti del potere
sopraintendentizio di annullamento ministeriale; travisamento; falso
presupposto; contraddittorietà; difetto di motivazione; violazione del regime di
leale collaborazione tra Stato e Regioni; e ciò, in particolare, perché i primi
giudici, al pari della Soprintendenza, avrebbero omesso di considerare le esatte
finalità del D.M. 1.8.1985 (cd. Galassino, avente per oggetto “il sistema
Cristolo- Rivalta”), con l’aspetto essenziale della sua provvisorietà, e non
avrebbero tenuto conto che lo stesso aveva affidato al piano paesistico
regionale la individuazione di “una adeguata disciplina d’uso del territorio” e
perché, inoltre, avrebbero errato nel ritenere infondate le censure del ricorso
originario relative alla non consentita valutazione nel merito effettuata dalla
Soprintendenza e al non corretto comportamento della stessa in relazione alla
mancata leale collaborazione tra Stato e Regioni o enti delegati;
c) ulteriore profilo di violazione dell’art. 151 D. Lgs 29.10.1999, n. 490;
falso presupposto, travisamento, illogicità contraddittorietà; giacchè avrebbe
errato il TAR nel ritenere sussistente nell’atto autorizzatorio comunale la
mancanza di una adeguata motivazione in ordine alle ragioni di compatibilità
effettive dell’intervento edilizio progettato e ai valori paesistici protetti
dal vincolo ambientale nello specifico contesto, applicandosi nella specie il
principio che la motivazione di un atto è superflua se essa risulta
implicitamente dall’istruttoria compiuta;
d) violazione ed erronea applicazione dell’art. 162 D. Lgs. n. 490/1999, nonché,
occorrendo, dell’art. 1 ter e 1 quinquies della L. n. 431/1985; illogicità,
travisamento e difetto di motivazione (e ciò, con richiamo anche ai primi tre
motivi del ricorso di primo grado), non potendosi condividere la tesi del TAR,
secondo cui l’art. 162 cit. comporterebbe la salvaguardia dei decreti cd.
Galassini, giacchè tale disposizione (transitoria) si riferisce solo ai decreti
pubblicati in data anteriore al 6.9.1985.
Nelle conclusioni, l’appellante ha chiesto la riforma della sentenza impugnata
con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese dei due gradi di
giudizio.
Alla camera di consiglio del 21.1.2003 l’istanza incidentale di sospensione
della detta sentenza è stata respinta.
Le Amministrazioni appellate, costituitesi in giudizio, hanno controdedotto ai
motivi di ricorso con memoria in data 10.10.2007, concludendo per la reiezione
del proposto gravame.
La parte appellante, con le due memorie depositate, ha ribadito le tesi già
esposte, insistendo per l’accoglimento della propria impugnativa.
4. La causa, infine, su richiesta delle parti, è stata spedita in decisione alla
pubblica udienza del 30 ottobre 2007.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza oggetto dell’odierno appello il TAR per l’Emilia-Romagna,
Sezione di Parma, ha respinto il ricorso proposto dalla sig.ra Giberti per
l’annullamento del provvedimento in data 23.12.1998, con il quale la
Soprintendenza dei beni ambientali e architettonici dell’Emilia Romagna ha
annullato il provvedimento comunale 2.10.1998 n. 27453/98 di autorizzazione in
favore della ricorrente alla costruzione di un fabbricato d’uso abitazione di
sua proprietà, nonché il decreto del Ministro per i beni culturali ed ambientali
in data 1°.8.1985 (pubblicato sulla G. U. del 18.11.1995) ed ogni altro atto
connesso e presupposto.
Nel riconoscere l’infondatezza del gravame, i primi giudici hanno respinto tutti
i profili di censura in esso dedotti: sia quello relativo alla inefficacia del
vincolo di cui al D.M. 1.8.1985, sia quello secondo cui nel provvedimento
contestato l’Amministrazione statale, annullando il provvedimento autorizzatorio
comunale, avrebbe effettuato una illegittima valutazione nel merito, sia quello
riferito al non corretto comportamento della Soprintendenza per la mancata leale
collaborazione tra Stato e Regioni, sia, infine, quello riguardante l’asserita
mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7. L . n. 241
del 1990.
2. La sig.ra Giberti, nel criticare, con l’appello in esame, le statuizioni del
TAR, rimodula ora, nella sostanza, i rilievi mossi nel giudizio di primo grado,
prospettando le specifiche doglianze sopra indicate al punto 3) dell’esposizione
in fatto, doglianze che - a prescindere dai possibili profili di inammissibilità
che pur sembrano emergere, riproducendo esse, in definitiva, argomentazioni già
motivatamente disattese nella sentenza impugnata - non possono essere, tuttavia,
condivise dal Collegio.
2.1. Il primo rilievo dell’appello da esaminare (censura di cui al punto 3 a)
che precede) si incentra sulla questione della necessità e modalità di
comunicazione dell’avviso di avvio di procedimento, ai sensi dell’art.7 della
legge n. 241 del 1990, nel caso dell’adozione del provvedimento di annullamento
del nulla osta paesaggistico, rilasciato dall’autorità regionale o
“sub-delegata” (nella specie il Comune di Reggio Emilia) da parte della
competente Soprintendenza.
Al riguardo, con riferimento al tempo dell’adozione del provvedimento impugnato
in primo grado (datato 23.12.1998), la questione è stata definita dalla ormai
consolidata giurisprudenza di questa Sezione nel senso che la detta
comunicazione era dovuta e, oltretutto, prevista dall’art. 4 del regolamento
approvato con D.M. 13.6.1994, n. 495, (sia pure soppresso, in tale parte,
dall’art. 2 del D.M. 19.6.2002, n.165, inapplicabile, però, alla fattispecie “ratione
temporis”), pur ammettendo, tuttavia, quale equipollente, la formula di
trasmissione al Ministero contenuta nell’autorizzazione stessa (in tal senso,
cfr. Sez VI, 3.3.2004, n. 1063, 11.11.2004, n. 7285, 6.9.2005, n. 4552).
Ed invero la Sezione, pur avendo interpretato le disposizioni del regolamento n.
495/1994 nel senso che l’originario richiedente debba essere posto in qualche
modo in condizione di sapere che la sua istanza è sottoposta all’esame
dell’autorità statale nella nuova fase di controllo (cfr. Sez. VI, nn. 909 e
4546/2000, n.685/2001, n.3233/2001), ha tuttavia ritenuto - nel rispetto di una
interpretazione attenta più all’elemento sostanziale della possibile
partecipazione che al profilo formale dell’osservanza dell’obbligo della
comunicazione di rito - che la comunicazione concernente il passaggio alla fase
di controllo può essere effettuata, per le sue finalità, in qualsiasi modo e che
la medesima può ammettere atti equipollenti.
Ciò posto, si deve ritenere quindi che l’Amministrazione statale non aveva, nel
caso in questione, l’obbligo di trasmettere alla originaria richiedente la
comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento di controllo.
E ciò in quanto, a prescindere dalla considerazione che il procedimento aveva
avuto inizio a seguito della istanza al Comune di Reggio Emilia della stessa
sig.ra Giberti, il detto Comune aveva comunque avvisato l’interessata di avere
avviato la fase di controllo statale, fase che quindi la ricorrente ben
conosceva e che avrebbe potuto concludersi anche con l’annullamento
dell’autorizzazione rilasciata in suo favore nel termine di sessanta giorni.
Infatti, in calce all’autorizzazione comunale del 2.10.1998, annullata con il
provvedimento impugnato in primo grado, può leggersi chiaramente: “il presente
atto, unitamente alla relativa documentazione, ai sensi dell’art. 1 della L. n.
431/1985, viene trasmesso al Ministero per i beni culturale e ambientali, per il
tramite della Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Bologna”,
atto questo che ha reso certamente edotta l’interessata della successiva fase
procedimentale, consentendole di esercitare le facoltà partecipative, e che ha
determinato il sorgere del procedimento di competenza statale, con obbligo per
la Soprintendenza, dal momento della trasmissione dell’autorizzazione stessa, di
portare a termine l’iter di competenza nel previsto termine, non essendo tale
procedimento statale né eventuale né disponibile da parte dell’Amministrazione,
come del resto, successivamente comprovato dall’art. 148 del D.Lgs. n. 42/2004.
Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dall’appellata, la garanzia
procedimentale apprestata dall’art. 7 della legge n. 241/1990 può ritenersi
soddisfatta nel caso in questione in conseguenza dell’invio anche alla sig.ra
Giberti della autorizzazione trasmessa dal Comune di Reggio Emilia alla
competente Soprintendenza (autorizzazione di cui peraltro la ricorrente non ha
mai negato l’avvenuta ricezione).
2.2. Anche la seconda censura, come precisata al sopra indicato punto 3 b), non
può essere condivisa.
In proposito il Collegio deve premettere che, ai sensi dell’art. 1-quinquies del
decreto legge convertito, con modificazioni, dalla legge n. 431/1985, “le aree e
i beni individuati ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 21
settembre 1984, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 26 settembre
1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle
regioni dei piani di cui all'articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del
territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di
manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro
conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli
edifici”, e che la giurisprudenza ha ritenuto che la detta norma avesse
efficacia retroattiva, volta a dare stabile assetto agli effetti già prodotti
dagli atti amministrativi emanati in attuazione dell’art. 2 del D.M. 21.9. 1984
(decreto cd. “Galasso”), ma che gli effetti di tali disposizioni operassero solo
nei confronti dei decreti di vincolo pubblicati sulla G.U. prima dell’entrata in
vigore della legge n. 431/1985, che ha sottratto al Ministero dei beni culturali
e ambientali il potere di imporre vincoli di immodificabilità su aree assistite
da tutela paesistica, devolvendo la relativa competenza alle Regioni (in tal
senso, cfr. Sez. VI, 22.12.1993, n. 1022).
La Sezione deve ritenere, tuttavia, che il D.M 1°.8.1985, che qui interessa, non
sia decaduto ai sensi del citato art. 1-quinquies.
Infatti le argomentazioni svolte dall’appellante riguardano il vincolo di
inedificabilità assoluta, ma non incidono sulla possibilità per il decreto
stesso di apporre vincoli di inedificabilità relativa, conseguenti alla
dichiarazione del notevole interesse pubblico effettuata dal detto decreto ai
sensi dell’art. 1, nn. 3 e 4, della legge n. 1497/1939; dal che la conseguenza
che l’attività di trasformazione delle aree in questione deve essere autorizzata
ai sensi dell’art. 7 della legge. n. 1497/1939 (in tal senso, cfr. Sez. VI,
19.6.2001, n. 3242).
Il Collegio non ha motivo, dunque, di discostarsi dalle conclusioni alle quali è
pervenuta la giurisprudenza in relazione al rapporto tra il regime vincolistico
imposto con i decreti c.d. galassini pubblicati dopo la legge n. 431/1985 e alla
pretesa operatività dell’esclusione dalla tutela paesaggistica delle aree
comprese nei programmi pluriennali di attuazione, ai sensi dell’art.82, comma 6,
del D.P.R. n. 616/1977.
Quanto al primo aspetto, infatti, è sufficiente richiamarsi alle decisioni
n.1069/1992 e n.788/1987 di questa Sezione, per ribadire che il D.M. del 1985 ha
una duplice valenza: individuazione di località aventi pregio ambientale con la
sottoposizione delle stesse al regime di tutela paesistica di cui alla legge
n.1497 del 1939 operata dal Ministero per i beni culturali e ambientali in via
di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali; applicazione nelle
medesime località vincolate di un divieto assoluto e temporaneo di modificazione
dei luoghi predetti.
Per quanto attiene al secondo aspetto, il vincolo di inedificabilità assoluta,
imposto con il citato decreto sino al 31.12.1985, ha perduto invece efficacia a
causa della mancata pubblicazione del decreto di imposizione del vincolo prima
dell’entrata in vigore della legge n. 431/1985 (Corte Cost. n. 153/1986) e
quindi la dichiarazione delle aree di interesse paesaggistico individuate dallo
stesso decreto, emanato dal Ministero in virtù di un concorrente potere statale
di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali meritevoli di tutela,
mantiene la sua piena efficacia (in tal senso, cfr. Sez. VI, 13.12.1988 n. 1351;
21.7.1990, n. 740; 30.3.1994, n. 450), con ogni conseguenza in ordine al regime
di inedificabilità relativa dell’area in questione, la cui attività di
trasformazione dovrà essere autorizzata necessariamente ai sensi dell’art. 7
della legge n. 1497/1939.
E ciò risulta peraltro confermato dalla successiva disposizione transitoria di
cui all’articolo 162 del D.Lgs. 29.10.1999, n. 490 (Testo unico delle
disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma
dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352), poiché tale disposizione
precisa la permanenza del vincolo di inedificabilità assoluta, fino
all’approvazione dei piani previsti dall’articolo 149 della stessa legge,
soltanto per i decreti pubblicati in data anteriore al 6.9.1985.
Il venir meno del vincolo d’inedificabilità assoluta, per le ragioni sopra
indicate, non ha fatto venire meno dunque, come evidenziato dal TAR,
l’individuazione delle località aventi pregio ambientale al fine di sottoporle
allo stesso regime di tutela paesistica di cui alla legge n. 1497 del 1939, in
via di integrazione degli elenchi delle bellezze naturali; e ciò comporta
l’applicabilità anche alle località individuate dai decreti cd. Galassini
pubblicati, come nel caso in esame, pubblicati posteriormente alla predetta data
del 6.9.1985, del regime di inedificabilità relativa, con conseguente obbligo di
munirsi della prescritta autorizzazione, ai sensi dell’art. 7 della legge n.
1497/1939, per ogni attività di trasformazione edilizia.
2.3.1. Deve essere poi disatteso anche l’ulteriore profilo di censura, dedotto
pur’esso nel motivo in esame, con il quale si è criticata la gravata pronuncia
per non avere rilevato che la Soprintendenza, con il provvedimento impugnato,
aveva compiuto un riesame di merito delle scelte comunali e non aveva rispettato
il principio della leale collaborazione tra Stato e Regioni o enti delegati.
Detto provvedimento, infatti, risulta incentrato essenzialmente nella
riscontrata mancanza da parte dell’autorità comunale di ogni spiegazione sul
perché l’intervento autorizzato sia compatibile con le peculiarità
paesaggistiche dell’area tutelata, anche se viene dato conto delle risultanze
della verifica condotta, per quanto di competenza, dalla Soprintendenza stessa;
sicchè, in tale situazione, era certamente doveroso, per l’Amministrazione
statale, procedere all’annullamento del nulla osta sottoposto al suo esame.
L’annullamento in questione non risulta adottato, dunque, in base a valutazioni
di merito, bensì per i riscontrati vizi, nell’autorizzazione comunale sottoposta
all’esame della Soprintendenza, dell’eccesso di potere sotto il profilo della
carenza di motivazione e della violazione di legge per contrasto con l’art. 82,
comma 3. del D.P.R. n.616/1977; il che è di certo sufficiente a sorreggere
l’adottato annullamento (cfr: in tal senso, Sez VI, 3.2.2004, n.331), rientrando
nel novero dei vizi di legittimità che l’autorità statale è abilitata a
rilevare, esteso a tutti i profili di violazione di legge e di eccesso di
potere, ivi compreso il riscontro della presenza di una motivazione e della sua
congruenza e ragionevolezza.
Nel caso in esame, l’autorizzazione comunale risulta dunque priva della
necessaria motivazione da cui possa emergere, sotto il profilo della legittimità
qui in rilievo, non soltanto la ragionevolezza e completezza della valutazione
di compatibilità paesaggistica, ma altresì lo stesso preliminare riscontro
dell’effettuazione di siffatta valutazione.
Né può soccorrere, al riguardo, il parere della Commissione edilizia integrata,
che, come accennato, risulta anch’essa immotivata.
A tali scarne indicazioni si è, in definitiva, conformata integralmente
l’annullata autorizzazione, mancando in essa uno svolgimento logico, in fatto ed
in diritto, riconoscibile come motivazione enunciante i termini della
valutazione eseguita, come correttamente, evidenziato nella decisione impugnata.
2.3. Priva di pregio è anche la successiva doglianza sopra specificata al punto
3 c) dell’esposizione in fatto, secondo la quale avrebbe errato il TAR nel
ritenere sussistente nell’atto autorizzatorio comunale la mancanza di una
adeguata motivazione in ordine alle ragioni di compatibilità effettive
dell’intervento edilizio progettato e i valori paesistici protetti dal vincolo
ambientale nello specifico contesto, applicandosi nella specie il principio che
la motivazione di un atto è superflua in presenza di una adeguata istruttoria.
Come giustamente evidenziato dal primo giudice, infatti, dalla documentazione
prodotta a seguito della disposta istruttoria, è emerso che l'autorizzazione
comunale non conteneva una propria motivazione, facendo riferimento
esclusivamente al parere della commissione edilizia integrata, la quale, a sua
volta, si è limitata ad apporre il 26.8.1988 solo un timbro con indicazione
“parere favorevole”, senza alcuna precisazione o giustificazione; e ciò in
violazione del principio che l'atto autorizzatorio necessario per gli interventi
edificatori in zone paesisticamente protette, deve essere adeguatamente motivato
in ordine alle ragioni di compatibilità effettive tra le caratteristiche
dell'intervento edilizio progettato ed i valori paesistici protetti dal vincolo
ambientale nello specifico contesto in cui si inserisce.
Sotto tale profilo non è censurabile pertanto la sentenza impugnata, che - a
prescindere dall’iter istruttorio svoltosi nel procedimento in questione al
quale si richiama l’appellante per sostenere in concreto la superfluità di una
motivazione specifica - ha ritenuto che il provvedimento della Soprintendenza
impugnato evidenziava, in primo luogo, proprio il difetto di motivazione
dell'autorizzazione annullata, non spiegando l’autorità comunale le ragioni
della compatibilità dell’intervento autorizzato “con le caratteristiche e le
peculiarità paesaggistiche dell'area tutelata” e non fornendo “esaurienti
motivazioni, comunque tali da spiegare il rilascio dell'autorizzazione ex
articolo 7" e, quindi, un profilo di illegittimità dell'atto autorizzatorio che
giustificava pienamente l'annullamento dello stesso ad opera della
Soprintendenza.
2.4. Infine, non può essere positivamente valutata nemmeno la censura sopra
specificata al punto 3 d), relativa alla dedotta violazione ed erronea
applicazione dell’art. 162 D. Lgs. n.490/1999, oltre che dell’art. 1 ter e 1
quinquies della L. n. 431/1985, e al rilevato eccesso di potere, per illogicità,
travisamento e difetto di motivazione, non condividendosi la tesi del TAR,
secondo cui l’art. 162 cit. comporterebbe la salvaguardia dei decreti cd.
Galassini.
Trattasi, infatti, di argomentazioni nella sostanza già svolte dall’interessata
e disattese nel corso dell’esame delle precedenti doglianze; esame in cui è
stata evidenziata la correttezza delle statuizioni del TAR con riguardo, in
particolare, alla necessaria salvaguardia dei decreti cd. Galassini e alla
illegittimità riscontrata, sotto i profili della violazione di legge e
dell’eccesso di potere, nel provvedimento annullato dalla Soprintendenza,
oggetto dell’impugnativa di primo grado.
3. Per le considerazioni che precedono il ricorso in appello deve essere, in
conclusione, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata. La
natura della controversia giustifica la compensazione delle spese per entrambi i
gradi di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe specificato, lo respinge e, per l’effetto,
conferma la sentenza di primo grado.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2007, dal Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Giovanni Ruoppolo Presidente
Giuseppe Romeo Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Domenico Cafini Consigliere est.
Francesco Caringella Consigliere
Presidente
Giovanni Ruoppolo
Consigliere
Segretario
Domenico Cafini
Giovanni Ceci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 08/02/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva
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