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CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 1/09/2008 (Ud. 24/06/2008), Sentenza n.
4104
URBANISTICA E EDILIZIA - Rilievo urbanistico del cd. “contratto di quartiere”
- Valutazione del progetto - Criteri - Competenza - Consiglio comunale - L.
2001/21. In tema del cd. “contratto di quartiere”, la competenza del
Consiglio comunale, e non della Giunta, discende chiaramente dall’oggetto del
programma dei contratti di quartiere, i quali risultano obiettivamente destinati
ad imprimere un nuovo assetto al territorio di volta in volta considerato,
cosicché non v’è dubbio che si tratti di attività destinate ad avere concreto
rilievo sul piano urbanistico. Inoltre, l’esame non può sostanziarsi nella
verifica circa la presenza nel progetto di una risposta a ciascuno degli
obiettivi perseguiti dalla l. 2001/21 ma deve riguardare l’insieme delle
attività prospettate per stabilire se queste, intese come un complesso
inscindibile, potessero risultare funzionali o meno allo scopo complessivamente
indicato nella sede legislativo-regolamentare. Con la conseguenza che, anche un
intervento che non si preoccupi di intervenire sull’edilizia esistente può esser
ritenuto aderente alla fisionomia del programma di coincentivazione previsto
dalla l. 21/2001 e, quindi, essere ammesso a partecipare al programma. Pres. La
Medica - Est. Russo - Consorzio ARACNE S.c. a r.l. e Soc. G.I.N. S.r.l. (avv.ti
Sica, Castaldi e Fortunato) c. Comune di Eboli (avv. Rizzo) (annulla Tribunale
Amministrativo Regionale per la Campania, sez. stacc. di Salerno, Sez. I,
sentenza n. 1311/2006 del 5/09/2006). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 1 Settembre
2008 (Ud. 24/06/2008), Sentenza n. 4104
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Arresto irreversibile dell’iter procedimentale -
Responsabilità della P.A. (nella specie Comune) - Sussistenza - Risarcimento del
danno. Sussiste la responsabilità della P.A. (in specie Comune), quando la
disciplina considerata non risulta di particolare difficoltà interpretativa e
ingiustificatamente l’Ente impone l’arresto procedimentale (nella specie
“contratto di quartiere”) e per tale l’effetto l’iniziativa non può avere più
seguito (stante l’esistenza di termini rigorosi di inoltro da parte del Comune
medesimo) arrecando un prevedibile danno. In tali casi, non si può discutere
dell’esistenza di un nesso eziologico tra azione del Comune e pregiudizio della
sfera patrimoniale del proponente. Né si può discutere oggi dell’esistenza di
una responsabilità patrimoniale in capo alla pubblica amministrazione al di
fuori della specifica materia contrattuale. Pres. La Medica - Est. Russo -
Consorzio ARACNE S.c. a r.l. e Soc. G.I.N. S.r.l. (avv.ti Sica, Castaldi e
Fortunato) c. Comune di Eboli (avv. Rizzo) (annulla Tribunale Amministrativo
Regionale per la Campania, sez. stacc. di Salerno, Sez. I, sentenza n. 1311/2006
del 5/09/2006). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 1/09/2008 (Ud. 24/06/2008),
Sentenza n. 4104
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.2837/2008
Reg. Dec.
NN. Reg.Ric.:
5451/2002 e 10527/2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2007
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2653/2007 proposto dal Consorzio ARACNE S.c. a r.l. e
dalla Soc. G.I.N. S.r.l., in persona dei rispettivi legale rappresentanti p.t.,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Salvatore Sica, Filippo Castaldi e Marcello
Fortunato ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Lodovico
Visone in Roma, via del Seminario nn. 113/116;
contro
il Comune di Eboli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Antonio Rizzo e domiciliato elettivamente presso il sig. Alessandro
Turco, in Roma, largo dei Lombardi, 4;
per la riforma
della sentenza n. 1311/2006 del 5 settembre 2006 pronunciata tra le parti dal
Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno,
Sezione I.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Amministrazione comunale
intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Nicola Russo e uditi alla pubblica udienza del giorno 24
giugno 2008 gli avvocati come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
La causa concerne il “contratto di quartiere” sottoposto dalla s.c. a r.l.
Consorzio Aracne e dalla G.I.N. s.r.l. al Comune di Eboli nell’ambito del
programma di intervento previsto dalla legge 8 febbraio 2001, n. 21. La proposta
riguarda in particolare il quartiere Sant’Andrea ed è stata avanzata a seguito
dell’avviso pubblico approvato con delibera di Giunta n. 163 del 2004 nel quadro
delle iniziative avviate in sostituzione della Regione Campania dall’allora
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.
La proposta dei ricorrenti mirava a qualificare l’area in questione con un
complesso organizzato di interventi, destinati ad incidere sulla viabilità,
sulla dotazione di parcheggi e di un’altra serie di infrastrutture a vocazione
pubblica (scuola, parco); prevedeva inoltre la realizzazione di nuove abitazioni
e di strutture di carattere commerciale. In sintesi, a prescindere da qualsiasi
valutazione di merito ovviamente esulante dalla presente sede, l’iniziativa
rispondeva esteriormente a quella idea di innovazione dell’ambiente urbano che
sta alla base della filosofia dell’intervento legislativo considerato, il quale
appunto (sulla falsariga dei cd. “contrats de ville” francesi) si propone
di superare con modelli inusuali e sperimentali il degrado di talune aree di
centri abitati.
Il Comune, con delibera di Giunta, non ha ammesso la proposta all’ulteriore
corso del procedimento, destinato a snodarsi, dopo la fase comunale, davanti al
Ministero.
La ragione della scelta del Comune risiede, principalmente, nel duplice rilievo
che l’area denominata Sant’Andrea non sarebbe ancora configurabile come
quartiere e che l’intervento proposto non prevede interventi sugli edifici
esistenti ma nuove attività, oltretutto su aree delle quali il proponente non
vanta alcuna disponibilità giuridica.
L’impugnazione proposta davanti al TAR Campania, Sede di Salerno, Sez. I, è
stata respinta con sentenza n. 1311/2006. Secondo il primo giudice non sarebbe
stato ravvisabile il denunziato vizio di incompetenza ad opera della Giunta
perché l’intervento non avrebbe natura urbanistica e, in ogni caso, l’iniziativa
medesima non corrisponderebbe alla fisionomia del contratto di quartiere
tracciata dal panorama normativo di riferimento perché, mentre quest’ultimo
impone la riqualificazione di aree già edificate e degradate, la proposta della
parte si sostanzia nell’idea di urbanizzare un’area di completamento tuttora
prevalentemente libera da edifici.
La sentenza è stata ritualmente impugnata dagli originari ricorrenti; resiste
l’Amministrazione intimata. Deducono in primo luogo gli appellanti che la
competenza del Consiglio comunale, e non della Giunta, discenderebbe chiaramente
dall’oggetto del programma dei contratti di quartiere, i quali risultano
obiettivamente destinati ad imprimere un nuovo assetto al territorio di volta in
volta considerato, cosicché non v’è dubbio che si tratti di attività destinate
ad avere concreto rilievo sul piano urbanistico. Per quanto concerne il merito,
premettono che l’area Sant’Andrea è identificata come quartiere dalla stessa
Amministrazione comunale (G.M. 18 marzo 2004, n. 74) e che la stessa risulta
ubicata tra i nuclei abitati del centro urbano. Aggiungono che la prospettiva
assunta dall’Amministrazione, prima, e dalla sentenza impugnata, poi, circa
l’identità dei cd. contratti di quartiere risulta erronea: per stabilire se ci
si trova di fronte ad una proposta sussumibile nello schema legale, sostengono
gli appellanti medesimi, non si deve indagare, secondo una visione prettamente
edilizia, se l’intervento proponga o meno il recupero di fabbricati esistenti e
degradati ma, in un’ottica più generale, occorre stabilire se l’iniziativa
prospettata, collocata nel complessivo contesto urbano, sia tale da conferire a
questo un modello più vivibile, dotato di infrastrutture, capace di valorizzare
le risorse storiche e ambientali, idoneo a sostenere l’occupazione e, in
un’ultima analisi, capace di favorire l’integrazione sociale e l’adeguamento
dell’offerta abitativa.
L’Amministrazione eccepisce innanzitutto l’inammissibilità dell’appello che non
conterrebbe motivi di censura al ragionamento del primo giudice e si
risolverebbe in una mera riproposizione dei motivi di ricorso da quello già
disattesi. Nel merito, ribadisce che alcuna competenza può spettare in materia
al Consiglio comunale e insiste nel concetto che nessun contratto di quartiere è
neppure teoricamente ipotizzabile in un’area ove non vi è abilitabilità perché
ciò esclude in radice la possibilità di parlare di un contesto di edilizia
degradata.
Gli appellanti ripropongono poi la domanda di risarcimento già avanzata in primo
grado, allegando apposita perizia. La circostanza che per effetto dell’arresto
procedimentale imposto dal Comune l’iniziativa non possa avere più seguito
(stante l’esistenza di termini rigorosi di inoltro da parte del Comune medesimo)
avrebbe loro arrecato un danno pari al 20% del valore dell’iniziativa
relativamente ai previsti interventi di edilizia privata oltre alle spese
sostenute.
La richiesta di danni è contrastata dal Comune il quale, ribadito che
l’Amministrazione locale non ha compiuto alcun errore e comunque non versa nella
necessaria situazione colposa, rileva che il suo ruolo nel procedimento è di
carattere meramente istruttorio, spettando ogni definitiva determinazione sul
progetto all’Amministrazione statale sicché, tra l’altro, non si può stabilire
oggi se, pur approvata dal Comune, l’iniziativa dei ricorrenti sarebbe stata
utilmente scrutinata dal Ministero.
La causa è passata in decisione all’udienza del 24 giugno 2008.
DIRITTO
L’appello è fondato. Va in primo luogo disattesa l’eccezione di inammissibilità
formulata dal Comune. L’appello contiene, infatti, sia la contestazione del
ragionamento seguito dal primo giudice, sia la riproposizione dei motivi
originari. L’eccezione non ha dunque fondamento.
Circa la censura di difetto di competenza in capo alla Giunta, ritiene il
Collegio che questa vada scrutinata tenendo presente l’effettivo contenuto del
progetto presentato dai ricorrenti. Visto che il modello del cd. contratto di
quartiere lascia al proponente una vasta gamma di soluzioni è infatti chiaro che
la competenza del Consiglio o della Giunta scatterà a seconda dell’incidenza
della proposta sull’assetto del territorio. Nel nostro caso, trattandosi di
progetto destinato a disciplinare un’area ancora scarsamente abitata, risulta
chiaro che la decisione sulla sua compatibilità con le scelte di indirizzo
sull’assetto del territorio avrebbe dovuto essere assunta dal Consiglio
comunale.
Fondata risulta anche la censura con la quale si denunzia che l’atto della
Giunta non contiene una motivazione capace di giustificare la divergenza del
progetto rispetto al paradigma dell’intervento quale esso risulta delineato dal
d.m. 21.11.2003. Ritiene, in particolare, il Collegio che le finalità indicate
dal citato d.m. non dovessero essere ritenute alla stregua di altrettanti
criteri tassativi nel senso che il progetto dovesse necessariamente rispondere a
ciascuno di essi. In altre parole, l’esame non avrebbe potuto sostanziarsi nella
verifica circa la presenza nel progetto di una risposta a ciascuno degli
obiettivi perseguiti dalla l. 2001/21 ma avrebbe dovuto riguardare l’insieme
delle attività prospettate per stabilire se queste, intese come un complesso
inscindibile, potessero risultare funzionali o meno allo scopo complessivamente
indicato nella sede legislativo-regolamentare.
Un tale esame, doverosamente di insieme, è nella specie mancato perché la Giunta
ha ritenuto decisivo il dato che il progetto non si sostanziasse in
un’iniziativa di recupero del patrimonio edilizio esistente e degradato nonché
il dato che l’area Sant’Andrea non potesse essere definita come quartiere e non
fosse nella disponibilità del proponente.
Nessuno di tali elementi appare peraltro ostativo alla astratta ammissibilità
del progetto considerato. Ciò perché, come si è notato, l’intervento innovativo
del quale si discute non poteva essere scrutinato dal solo punto di vista
meramente edilizio ma doveva essere considerato anche per la sua potenzialità di
incidere sugli altri obiettivi, quale il degrado dell’ambiente urbano, la
carenza di servizi, il contesto di scarsa coesione sociale e di marcato disagio
abitativo, etc. Con la conseguenza che, ragionando in astratto, anche un
intervento che non si fosse preoccupato di intervenire sull’edilizia esistente
avrebbe potuto esser ritenuto aderente alla fisionomia del programma di
coincentivazione previsto dalla l. 21/2001 e, quindi, ben avrebbe potuto essere
ammesso a partecipare al programma.
Tale è il caso del progetto considerato, il quale si prefigge, con un insieme
mirato e combinato di interventi, di incidere non solo sul fabbisogno abitativo
(con nuove costruzioni), ma anche sul sistema di comunicazione viaria e su tutti
quegli aspetti di infrastrutturazione secondaria che notoriamente sono
suscettibili di migliorare la qualità della vita (parcheggi, aree a verde,
luoghi di istruzione, centri commerciali) e le opportunità di occupazione.
In conclusione, l’appello va accolto. Va ora esaminata la domanda risarcitoria.
Da questo punto di vista occorre preliminarmente farsi carico del ragionamento
del Comune il quale sostiene di non poter esser chiamato a rispondere di
alcunché poiché esso aveva un ruolo soltanto preliminare nella vicenda e non era
chiamato a stabilire alcun rapporto di tipo contrattuale con il proponente.
Il ragionamento non convince. Il Comune si è occupato di uno specifico segmento
procedimentale in forza di una specifica attribuzione da parte del relativo
paradigma legale ed il suo provvedimento ha determinato un irreversibile arresto
dell’iter. Non si è trattato cioè di un interessamento casuale, ma di un
coinvolgimento procedimentalizzato, previsto dalla disciplina legale proprio a
vantaggio degli interessi specifici del singolo Comune. Non si può quindi
discutere dell’esistenza di un nesso eziologico tra azione del Comune e
pregiudizio della sfera patrimoniale del proponente. Né si può discutere oggi
dell’esistenza di una responsabilità patrimoniale in capo alla pubblica
amministrazione al di fuori della specifica materia contrattuale.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che la vicenda presenti gli estremi per
affermare la responsabilità del Comune, anche perché la disciplina considerata
non risulta di particolare difficoltà interpretativa e perché il Comune non ha
addotto alcun argomento che potesse far ritenere scusabile il proprio
comportamento.
Per quanto riguarda l’entità del risarcimento, il Comune di Eboli, attenendosi
allo schema previsto dall’art. 35, comma 2, del d.lgs. 80/98, formulerà apposita
proposta agli appellanti (da considerare come soggetto unico, indipendentemente
dai relativi rapporti interni) entro il termine di 180 giorni dalla
comunicazione o, se anteriore, dalla notifica della presente decisione, alla
stregua dei seguenti criteri:
* deve essere riconosciuta una somma per il rimborso delle spese inutilmente
sopportate e documentate in giudizio;
* deve essere riconosciuta una somma a titolo di mancato utile da calcolare
sulla voce edilizia residenziale privata, tenendo presente che il relativo
importo va forfettariamente decurtato del 50 per cento perché, date le
caratteristiche del procedimento, una volta approvato dal Comune, il progetto,
pur avendo apprezzabili chances per essere approvato, doveva superare
positivamente il vaglio della sede ministeriale in concorso con le altre
istanze.
Quanto alle spese di giudizio, queste come di regola seguono la soccombenza e
vengono liquidate nella somma complessiva di euro 5.000,00 (cinquemila/00).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie
l’appello e condanna il Comune di Eboli al risarcimento dei danni. La misura di
questi sarà oggetto di proposta da parte del Comune medesimo ai sensi dell’art.
35, secondo comma, del d.lgs. 80/98 nel termine di 180 giorni dalla
comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione,
secondo i criteri indicati in motivazione. Condanna altresì il Comune di Eboli
al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio nella misura complessiva
di euro 5.000,00 (cinquemila/00).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 24 Giugno 2008 con
l’intervento dei Sigg.ri:
Pres. Domenico La Medica
Cons. Cesare Lamberti
Cons. Filoreto D'Agostino
Cons. Aniello Cerreto
Cons. Nicola Russo Est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
F.to Nicola Russo
F.to Domenico La Medica
IL SEGRETARIO
F.to Antonietta Fancello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 1-09-08
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale
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