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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5620
INQUINAMENTO - MISE - Procedimento amministrativo - Ricorso all’istituto
della conferenza di servizi ex art. 14 e ss. l. n. 241/1990 - Legittimità.
Anche nell’ipotesi di realizzazione di interventi di messa in sicurezza
d’emergenza, nel caso di fenomeni di inquinamento che interessano i siti di
interesse nazionale di cui all’art. 17, co. 14 del d.lgs. 22 del 1997, può farsi
proficuo ricorso all’istituto della Conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e
segg. della l. 241 del 1990: nella materia de qua, non sussistono infatti
peculiarità procedimentali tali da ritenere che l’istituto in questione resti
soggetto ad una declinazione di specie, parzialmente difforme dal modello
generale di cui alla legge generale sul procedimento. Al contrario, è proprio il
ricorso al modulo procedimentale di cui agli artt. 14 e segg. l. 241 del 1990 a
consentire una particolare concentrazione decisionale (ed una conseguente
accelerazione dei tempi di conclusione del procedimento) nel caso degli
interventi di interesse nazionale, in tal modo conferendo un’indubbia
accelerazione al modello decisionale delineato dall’art. 17 del d.lgs 22 del
1997 e dall’art. 15 del D.M. 471 del 1999, i quali si limitano ad indicare i
necessari atti di concerto ed intesa, senza prescrivere in via generale che essi
vadano acquisiti nella forma contestuale tipica della Conferenza di servizi
decisoria. Pres. Barbagallo, Est. Contessa - F. s.p.a. (avv. Giampietro) c.
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (n.c.)
riunito ad altro ricorso (Conferma TAR Toscana n. 383/07). CONSIGLIO DI
STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5620
INQUINAMENTO - MISE - Artt. 7, 8 e 15 D.M. 471/99 - Adozione delle relative
determinazioni - Competenza - Individuazione. Ai sensi degli artt. 7 e 8 del
D.M. 471/99, applicabili anche nel caso di interventi di M.I.S.E. relativi a
siti di interesse nazionale, mercè l’espresso rinvio di cui all’art. 15, la
competenza ad adottare le relative determinazioni spetta al Ministero
dell’ambiente, di concerto con i Ministeri dell’industria, del commercio e
dell’artigianato (ora: dello Sviluppo Economico) e della sanità (ora: del
lavoro, della salute e politiche sociali), d’intesa con la Regione
territorialmente competente. Nessuna ragione normativa o sistematica impedisce
che l’acquisizione dei richiamati atti di assenso avvenga attraverso il ricorso
al particolare modulo procedimentale della Conferenza di servizi decisoria di
cui al comma 2 dell’art. 14, l. proc.. Pres. Barbagallo, Est. Contessa - F.
s.p.a. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare e altri (n.c.) riunito ad altro ricorso (Conferma TAR
Toscana n. 383/07). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5620
INQUINAMENTO - MISE - Definizione - Art. 2, c. 1, lett. d) D.M. n. 471/99 -
rapporti con gli interventi di bonifica e ripristino ambientale e di messa in
sicurezza permanente - Collegamento funzionale - Autonomia - Valenza lesiva.
A mente dell’art. 2, comma 1, lettera d) del D.M. 471/99, è compreso nel
concetto di interventi di messa in sicurezza d’emergenza “ogni intervento
necessario ed urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione
degli inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel
sito, in attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli
interventi di messa in sicurezza permanente”. Tale essendo la definizione
normativa della figura, emerge per un verso il suo innegabile collegamento
funzionale e la sua coerenza sistematica con gli interventi trasfusi nell’ambito
del progetto definitivo per la realizzazione dei necessari interventi di
bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza permanente, ma per
altro verso la sua indubbia autonomia funzionale nell’ambito delle attività in
questione, così come la - parimenti indubbia - idoneità a recare un’autonoma
valenza lesiva per il soggetto destinatario delle relative misure, anche a
prescindere dalla fase di approvazione del progetto. Pres. Barbagallo, Est.
Contessa - F. s.p.a. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare e altri (n.c.) riunito ad altro ricorso (Conferma TAR
Toscana n. 383/07). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5620
INQUINAMENTO - MISE in aree di interesse nazionale - Complesso di misure da
adottare per far fronte al degrado ambientale - determinazioni - Competenza -
Individuazione - Avvio della procedura di sostituzione in danno in caso di
inottemperanza - Competenza - Ministero dell’Ambiente. Nella materia degli
interventi di MISE in aree di interesse nazionale, mentre il complesso delle
misure che le Amministrazioni ritengono doversi adottare per far fronte alla
situazione di degrado ambientale esistente in loco può costituire oggetto di
determinazioni di competenza delle Amministrazioni di cui al comma 4 dell’art.
15, D.M. 471/99 (secondo uno schema di competenze che appare ben compatibile con
il ricorso al modello decisionale di cui alla Conferenza di servizi), al
contrario, l’adozione delle misure (di stampo parasanzionatorio) di avvio della
procedura di sostituzione in danno in caso di inottemperanza non può che restare
in capo al solo Ministero dell’ambiente, non potendo costituire oggetto di
determinazioni adottate in sede di Conferenza di servizi. Sussiste, infatti, una
netta distinzione fra la determinazione del contenuto delle misure di M.I.S.E. e
del progetto definitivo e l’esercizio del potere di prescrizione ed ordinanza di
cui agli artt. 7 ed 8, D.M. cit., il quale non può che restare in capo alla sola
Amministrazione cui la norma di riferimento espressamente lo riconosce (il
Ministero dell’ambiente), a prescindere dal fatto che l’esercizio del medesimo
potere abbia costituito oggetto di discussione in sede di Conferenza di servizi.
Pres. Barbagallo, Est. Contessa - F. s.p.a. (avv. Giampietro) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (n.c.) riunito ad
altro ricorso (Conferma TAR Toscana n. 383/07). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI -
11 novembre 2008, n. 5620
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Conferenza di
servizi - Determinazione conclusiva - Rapporti con il provvedimento finale -
Carattere endoprocedimentale. All’indomani della novella normativa
introdotta ad opera della l. 340 del 2000 (sul punto sostanzialmente
riconfermata dalla L. n. 15/2005) tra le differenti tesi in ordine alla valenza
lesiva della determinazione conclusiva della conferenza di servizi, appare
maggiormente persuasiva la tesi secondo cui sussiste ancora uno iato sistematico
fra la determinazione conclusiva della Conferenza (anche se di tipo decisorio)
ed il successivo provvedimento finale, nonché la tesi secondo cui solo al
secondo di tali atti può essere riconosciuta una valenza effettivamente
determinativa della fattispecie (con conseguente sorgere dell’onere di immediata
impugnativa), mentre alla determinazione conclusiva deve essere riconosciuto un
carattere meramente endoprocedimentale. Pres. Barbagallo, Est. Contessa - F.
s.p.a. (avv. Giampietro) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare e altri (n.c.) riunito ad altro ricorso (Conferma TAR
Toscana n. 383/07). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 11 novembre 2008, n. 5620
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.5620/08
Reg.Dec.
N. 6546 - 6547 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sui ricorsi riuniti in appello nn. 6546/2007 e 6547/2007, proposti
rispettivamente:
1) ric. n. 6546/2007 dalla società Finanziaria Siderurgica FINSIDER per azioni
(in liquidazione), in qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A -,
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avv. Franco Giampietro, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via F.
Sacchetti, n. 114;
contro
- il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in
persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Conferenza di servizi decisoria svoltasi in Roma in data 28 aprile 2006
presso la Direzione generale per la qualità della vita del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituita;
- il Ministero della salute, in persona del Ministro, legale rappresentante pro
tempore, non costituito;
- il Ministero delle attività produttive, in persona del Ministro, legale
rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;
nonché nei confronti
- del Comune di Piombino, in persona del Sindaco pro tempore, non
costituito;
- della Fintecna Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ennio Magrì e dall’Avv. Franco
Giampietro, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via F. Sacchetti, n. 114,
presso l’Avv. Franco Giampietro;
per l’annullamento o la riforma
della sentenza n. 383/07 del T.A.R. per la Toscana, depositata in data 14
marzo 2007;
2) ric. n. 6547 del 2007 dalla società Fintecna Immobiliare s.r.l., nella sua
qualità di società conferitaria della società Cimi – Montubi S.p.A., in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Franco
Giampietro, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via F. Sacchetti, n. 114;
contro
- il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in
persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Conferenza di servizi decisoria svoltasi in Roma in data 28 aprile 2006
presso la Direzione generale per la qualità della vita del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituita;
- il Ministero della salute, in persona del Ministro, legale rappresentante pro
tempore, non costituito;
- il Ministero delle attività produttive, in persona del Ministro, legale
rappresentante pro tempore, non costituito;
- la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi;
nonché nei confronti
- del Comune di Piombino, in persona del Sindaco pro tempore, non
costituitosi;
- dalla società Finanziaria Siderurgica FINSIDER per azioni (in liquidazione),
in qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A-, in persona del
legale rappresentante pro tempore, non costituita;
per l’annullamento o la riforma
della medesima sentenza n. 383/07 del T.A.R. per la Toscana, depositata in
data 14 marzo 2007;
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Fintecna Immobiliare
s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito alla Camera di consiglio del 20 maggio 2008, relatore il Consigliere
Claudio Contessa e uditi, altresì, gli Avv.ti Giampietro e Magrì;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La società Fintecna Immobiliare s.r.l. (d’ora in poi: ‘la soc. Fintecna’),
appellante nel ricorso N.R.G. 6547/07, riferisce di essere al momento
proprietaria dell’area c.d. ‘Cimi-Montubi’ (estesa circa 135.000 mq.)
nell’ambito del Comune di Piombino.
Riferisce, altresì, che l’area in questione le è stata trasferita da parte della
soc. Cimi-Montubi S.p.A. (società controllata dalla Fintecna S.p.A.) nell’ambito
del conferimento del ramo d’azienda stipulato in data 14 novembre 2006.
La richiamata area c.d. ‘Cimi – Montubi’ risulta inclusa nella perimetrazione
del sito di interesse nazionale di Piombino (ai sensi del comma 4 dell’art. 1
della l. 9 dicembre 1998, n. 426 - recante ‘Nuovi interventi in campo
ambientale’ - e del conseguente D.M. 10 gennaio 2000 recante la prima
perimetrazione del sito inquinato di Piombino).
Stante l’inclusione dell’area in questione nell’ambito del sito inquinato di
Piombino, la soc. Fintecna presentò (per conto della soc. Cimi - Montubi) un
piano di caratterizzazione della stessa, il quale venne approvato dalla
Conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero dell’ambiente in
data 17 settembre 2002.
Le indagini di caratterizzazione sull’area, avviate nel maggio del 2004 si
conclusero con la presentazione al Ministero dell’ambiente (oggi: Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – d’ora in poi: ‘il
Ministero’ -) di due relazioni, le quali attestavano che l’area in questione,
sia per quanto concerne il suolo, sia per quanto concerne la falda, presentasse
valori in linea con i valori di concentrazione limite di cui al D.M. 25 ottobre
1999, n. 471 (relazioni trasmesse, rispettivamente, nel febbraio e nell’aprile
del 2005).
Ulteriori indagini svolte dalla soc. Fintecna fra il febbraio ed il marzo del
2005 confermavano la rispondenza della falda ai richiamati limiti normativi.
Tuttavia, la Conferenza di servizi decisoria del 29 luglio 2005 richiese alla
soc. Fintecna l’esecuzione, per l’area in questione, di alcune integrazioni di
indagini sui terreni e di un monitoraggio semestrale sulla falda.
La soc. Fintecna provvedeva a predisporre le analisi richieste e ad inviarne i
risultati al Ministero, in tal modo confermando il rispetto dei limiti di cui al
D.M. 471 del 1999 (settembre – ottobre 2005).
Ancora una volta, la Conferenza di servizi decisoria del 22 dicembre 2005
richiese di eseguire ulteriori indagini sui terreni in questione, al fine di
verificare la correttezza della metodica di campionamento in precedenza
utilizzata.
Le indagini in questione furono eseguite fra il dicembre 2005 ed il gennaio 2006
ed i relativi risultati (i quali confermavano nuovamente il rispetto dei
richiamati limiti regolamentari) furono raccolti nell’ambito del documento
intitolato ‘Relazione Conclusiva Indagini Integrative’, in data 31 marzo 2006.
Medio tempore (23 marzo 2006) aveva avuto luogo presso il Ministero
dell’ambiente una Conferenza di servizi istruttoria, al cui esito era stato
chiesto (inter alia) alla soc. Fintecna di trasmettere entro trenta giorni una
dichiarazione di adesione al progetto di M.I.S.E. della falda all’uopo
predisposto dalla Sviluppo Italia S.p.A., “ovvero il progetto degli interventi
di M.I.S.E. da adottare da parte di ciascuna azienda nell’area di competenza nel
caso in cui si scegliesse di agire autonomamente”.
Il successivo 28 aprile 2006 si teneva presso il Ministero la Conferenza di
servizi decisoria, convocata (secondo quanto è dato leggere nelle relative
premesse) ai sensi dell’art. 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e
ss.mm.ii., al fine di acquisire le intese ed i concerti previsti dall’art. 17
del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (recante ‘attuazione della direttiva
91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e
della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio’) e
dall’art. 15 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (recante ‘criteri, procedure e
modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei
siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e
successive modificazioni ed integrazioni’).
All’esito della Conferenza di servizi decisoria in questione, le Amministrazioni
convenute stabilivano quanto segue: “visto che [la soc. Fintecna], pur avendo le
indagini di caratterizzazione evidenziato contaminazione delle acque di falda,
non [ha] ancora adottato interventi di messa in sicurezza di emergenza in grado
di evitare la contaminazione verso il mare, dispone che il Ministero
dell’Ambiente e delle tutela del territorio verifichi le condizioni per l’avvio
della procedura di sostituzione in danno, costituendo la notifica del presente
verbale formale messa in mora, ai sensi dell’art. 15, comma 2, D.M. 471/99. Il
Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio si attiverà qualora [la
società] non provvederà entro 30 giorni dalla notifica del presente verbale”.
Al contempo, le Amministrazioni intervenute in sede di Conferenza di servizi
chiedevano al Ministero “di segnalare l’avvio dell’esecuzione in danno, ai sensi
e per gli effetti degli artt. 51-bis del d.lgs. 22/97 e del comma 7 dell’art.
114, l. 388/2000, nonché delle azioni di accertamento e di recupero del danno
ambientale arrecato al mare aggravato anche a causa della mancata esecuzione di
tutti gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza già prescritti”.
Il verbale conclusivo della richiamata Conferenza di servizi decisoria veniva,
quindi, impugnato innanzi al T.A.R. Toscana dalla soc. Cimi – Montubi (in
seguito incorporata dalla soc. Finsider), la quale ne chiedeva l’annullamento
(ricorso N.R.G. 1293/06)..
Il Tribunale adito dapprima sospendeva l’esecuzione dell’atto impugnato (e della
prodromica Conferenza di servizi istruttoria in data 23 marzo 2006), ma
successivamente dichiarava inammissibile il ricorso.
Nella specie, il Tribunale toscano rilevava il carattere soltanto
endoprocedimentale (e non immediatamente lesivo) del richiamato verbale di
Conferenza di servizi decisoria in data 28 aprile 2006, “trattandosi di verbale
di conclusione dei lavori della Conferenza di Servizi, che seppur decisorio, non
assurge al rango di provvedimento conclusivo e quindi idoneo a pregiudicare la
posizione giuridica che la Società Cimimontubi intendeva tutelare in via
giudiziale”.
La sentenza in questione veniva impugnata in sede di appello dalla soc. Fintecna,
la quale ne deduceva l’erroneità e ne chiedeva l’integrale riforma articolando
tre puntuali motivi di censura (1) Error in judicando – Violazione di
legge, ai sensi degli artt. 1, comma 3 e 21-bis, comma 1, legge n. 241/1990 e
ss.mm.ii.; 2) Error in judicando – Violazione di disposizioni del
regolamento approvato con D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (art. 10, comma 1), ai
sensi dell’art. 17, comma 1, d.lgs. 22/1997; 3) Error in judicando –
Violazione di disposizioni del regolamento approvato ocn D.M. 25 ottobre 1999,
n. 471 (art. 10, comma 1; art. 15), ai sensi dell’art. 17, comma 1, d.lgs. n.
22/1997), sotto altro profilo.
Nell’ambito del ricorso, inoltre, la soc. Fintecna riproponeva i (tre) motivi di
censura attinenti al merito della controversia, già articolati dalla ricorrente
in primo grado e non esaminati dal primo giudice, il quale aveva risolto la
controversia in punto di rito.
La sentenza in questione veniva, altresì, impugnata dalla società Finanziaria
Siderurgica FINSIDER per azioni (in liquidazione), in qualità di società
incorporante la Cimi – Montubi S.p.A - (d’ora innanzi: ‘la soc. Finsider’) con
effetto dal 1° luglio 2007 (ricorso N.R.G. 6546/07).
Nell’occasione, la soc. Finsider articolava motivi di gravame in tutto simili a
quelli già proposti dalla soc. Fintecna nell’ambito del ricorso N.R.G. 6547/07.
All’udienza pubblica del 20 maggio 2008 i procuratori delle parti costituite
rassegnavano le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in
decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello N.R.G. 6547/07,
proposto dalla società Fintecna Immobiliare s.r.l., nella sua qualità di società
conferitaria della società Cimi – Montubi S.p.A. avverso la sentenza del T.A.R.
Toscana con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla soc.
Finsider S.p.A. in liquidazione avverso il verbale della Conferenza di servizi
decisoria in data 28 aprile 2006, per la parte relativa agli interventi di messa
in sicurezza d’emergenza (d’ora in poi: M.I.S.E.) e di caratterizzazione e di
bonifica nelle aree interne al perimetro del sito di bonifica di interesse
nazionale di Piombino, con particolare riguardo al sito Cimi – Montubi.
Giunge, altresì, in decisione il ricorso in appello N.R.G. 6546/07 proposto avverso la medesima sentenza dalla società Finsider, nella sua qualità di società incorporante la Cimi – Montubi S.p.A - con effetto dal 1° luglio 2007
2. In via preliminare, il Collegio ritiene di disporre d’ufficio la riunione dei
ricorsi in questione, trattandosi di impugnazioni articolate avverso la medesima
sentenza (art. 335, c.p.c.).
3. Il Collegio ritiene di prendere le mosse dall’esame del secondo motivo di
ricorso, con il quale le società appellanti contestano la correttezza
sistematica della sentenza gravata per la parte in cui ha ritenuto che solo il
progetto definitivo di bonifica sarebbe da ritenere immediatamente impugnabile,
e non anche i verbali delle Conferenze di servizi decisorie i quali dettano
condizioni o prescrizioni all’approvazione o che negano l’approvazione delle
misure di messa in sicurezza d’emergenza, del piano di caratterizzazione del
sito o del progetto preliminare a vario titolo disciplinati dal d.lgs. 22 del
1997 e dal d.P.R. 471 del 1999 (si osserva al riguardo che la vicenda di causa
risulta disciplinata dalle disposizioni di legge e di regolamento anteriori
all’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – recante ‘Norme in
materia ambientale’ -).
Il motivo in questione può essere parzialmente condiviso sotto il profilo
sistematico nei sensi e nei limiti di cui in appresso.
Conseguentemente, pur non dovendosi riformare in parte quā la sentenza gravata,
la sua parte motiva andrà corretta come di seguito specificato.
Il Collegio rileva che, effettivamente, il primo giudice abbia ritenuto che le
determinazioni adottate all’esito della Conferenza di servizi decisoria in data
28 aprile 2006 si inscrivessero nel più ampio contesto del procedimento volto,
in ultima analisi, all’approvazione del progetto definitivo finalizzato alla
realizzazione dei necessari interventi di bonifica e ripristino ambientale e di
messa in sicurezza permanente delle aree oggetto di inquinamento.
Nella complessa ricostruzione che il T.A.R. ha operato sia in relazione al
complessivo quadro normativo rinvenibile dal d.lgs. 22 del 1997 e dal D.M. 471
del 1999, sia in relazione alla collocazione sistematica degli atti oggetto di
impugnativa, emerge come l’attenzione del primo giudice si sia rivolta in modo
prevalente (se non esclusivo) al complesso degli atti e delle attività
coordinate al fine dell’approvazione del progetto definitivo di cui agli artt.
10 e 15 del D.M. 471, cit.
Al riguardo, nell’ambito della pronuncia impugnata è dato leggere che il
procedimento per l’individuazione degli interventi di bonifica di siti inquinati
di interesse nazionale: i) è diretto dal Ministero dell’ambiente; ii) può
trovare un esito provvisorio in casi di conclamata urgenza, attraverso
l’autorizzazione in via provvisoria del progetto di bonifica, conformemente alla
previsione di cui al nuovo comma 4-bis dell’art. 15, D.M. 471, cit.; iii) “si
conclude, di regola, con il provvedimento di approvazione del progetto
definitivo degli interventi da realizzarsi a cura del Ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio, in concerto con le altre Amministrazioni statali
che hanno partecipato alla Conferenza decisoria e d’intesa con la Regione
territorialmente competente” (sentenza, cit., pag. 11, seg.).
Per quanto concerne il momento conclusivo-determinativo del complessivo iter
volto all’individuazione dei richiamati interventi di bonifica di siti inquinati
di interesse nazionale, la sentenza prosegue affermando che, nel caso di specie,
tale individuazione giunge all’esito di un meccanismo bifasico, perfettamente in
linea con il quadro generale delineato dagli artt. 14 e segg. della l. 241 del
1990: ad una prima fase (momento istruttorio), nel cui ambito le determinazioni
delle Amministrazioni confluiscono - con valenza meramente endoprocedimentale -
nell’espressione della determinazione motivata di conclusione del procedimento,
fa seguito un’ulteriore fase (momento conclusivo), nel cui ambito
l’Amministrazione procedente adotta il provvedimento finale.
Solo tale ultimo atto (il quale, per altro, risulta tipicamente conforme alla
determinazione conclusiva del procedimento) assume un’autonoma valenza esterna e
risulta autonomamente impugnabile.
2.1. Al riguardo, il Collegio osserva che la pronuncia in questione risulti in
parte condivisibile ed in parte meritevole di correzione, quanto meno sotto il
profilo motivazionale.
La pronuncia in parola risulta condivisibile per la parte in cui ritiene che,
anche nell’ipotesi di realizzazione di interventi di messa in sicurezza
d’emergenza, nel caso di fenomeni di inquinamento che interessano i siti di
interesse nazionale di cui all’art. 17, co. 14 del d.lgs. 22 del 1997, possa
farsi proficuo ricorso all’istituto della Conferenza di servizi di cui agli
artt. 14 e segg. della l. 241 del 1990 e che, nella materia de quā, non
sussistano peculiarità procedimentali tali da ritenere che l’istituto in
questione resti soggetto ad una declinazione di specie, parzialmente difforme
dal modello generale di cui alla legge generale sul procedimento.
Sotto tale aspetto si osserva in primo luogo che dall’esame del verbale
impugnato in primo grado emerge che, correttamente, l’Amministrazione indicente
avesse richiamato le previsioni in tema di Conferenza di servizi di cui all’art.
14, comma 2 della l. 241 del 1990 (in tema di Conferenza di servizi decisoria),
rendendo palese che la convocazione fosse effettuata “per acquisire le intese ed
i concerti previsti dall’art. 17, d.lgs. 22/97 e dall’art. 15 D.M. 471/99”.
La norma da ultimo menzionata (ed in particolare, i commi 2 e 3 dell’art. 15 del
D.M. 471 – articolo espressamente rubricato ‘interventi di interesse nazionale’
-) individua rispettivamente gli obblighi ricadenti in capo al responsabile in
caso di inquinamenti che interessano siti di interesse nazionale (comma 2),
nonché le Amministrazioni competenti ad autorizzare la realizzazione dei
necessari interventi, nonché – se del caso – ad approvare il progetto
definitivo.
Ai fini che qui rilevano, tuttavia, è importante osservare che il comma 2 opera
anche un espresso rinvio agli obblighi ricadenti in capo al responsabile
dell’inquinamento in base ai precedenti articoli 7 (in tema di ‘notifica di
pericolo di inquinamento e interventi di messa in sicurezza d’emergenza’) ed 8
(in tema di esercizio del potere di ordinanza nelle ipotesi in cui sia
necessario realizzare interventi di M.I.S.E.).
E’ inoltre importante osservare che il comma 3 dell’art. 7, cit. disciplina in
modo analitico il potere dell’Amministrazione competente di fissare prescrizioni
ed interventi integrativi nelle ipotesi in cui sia necessario realizzare
interventi di M.I.S.E. anche attraverso l’esercizio di un particolare potere di
ordinanza.
Ad avviso del Collegio appare indubitabile che le prescrizioni recate in tema di
M.I.S.E. dai richiamati articoli 7 ed 8 trovino puntuale applicazione anche nel
caso degli interventi di interesse nazionale di cui al successivo art. 15, mercè
l’espresso rinvio che il comma 2 dell’art. 15 opera ai due articoli in parola.
Appare, del pari, indubitabile che le competenze amministrative delineate del
richiamato art. 15 trovino applicazione (pur nel silenzio della norma, e grazie
al menzionato meccanismo di rinvio) anche nel caso degli interventi di M.I.S.E.
Ne consegue che anche in relazione agli interventi di M.I.S.E. relativi a siti
di interesse nazionale (quali quelli prescritti dall’atto impugnato in prime
cure) la competenza ad adottare le relative determinazioni spetti al Ministero
dell’ambiente, di concerto con i Ministeri dell’industria, del commercio e
dell’artigianato (ora: dello Sviluppo Economico) e della sanità (ora: del
lavoro, della salute e politiche sociali), d’intesa con la Regione
territorialmente competente (ossia, precisamente, alle Amministrazioni
intervenute – o comunque convocate – nell’ambito della Conferenza di servizi per
cui è causa).
Ora, una volta premesso che le determinazioni inerenti gli interventi di
M.I.S.E. di cui all’impugnato verbale dovessero essere assunte dal Ministero
dell’ambiente, previa l’acquisizione di concerti ed intese di altre
Amministrazioni, il Collegio osserva che nessuna ragione normativa o sistematica
impedisse che l’acquisizione dei richiamati atti di assenso avvenisse attraverso
il ricorso al particolare modulo procedimentale della Conferenza di servizi
decisoria di cui al comma 2 dell’art. 14, l. proc.
Al contrario, si ritiene che nel caso in questione trovasse coerente
applicazione la previsione della disposizione da ultimo richiamata, finalizzata
alla contestuale acquisizione di intese, concerti, nulla osta o assensi comunque
denominati di altre amministrazioni pubbliche coinvolte nel medesimo
procedimento.
In definitiva, la sentenza gravata risulta condivisibile per la parte in cui ha
ritenuto che le determinazioni amministrative relative alla realizzazione di
interventi di M.I.S.E. nel caso di siti di interesse nazionale (articoli 7, 8 e
15 del D.M. 471 del 1999, nonché comma 14 dell’art. 17 del d.lgs. 22 del 1997)
ben potessero essere adottate facendo ricorso al particolare modulo
procedimentale della Conferenza di servizi decisoria di cui al comma 2 dell’art.
14, l. 241 del 1990.
3.2. A conclusioni in parte diverse deve giungersi in relazione all’opinamento
del primo giudice, secondo cui le determinazioni adottate all’esito della
Conferenza di servizi decisoria in data 28 aprile 2006 si inscrivessero nel più
ampio contesto del procedimento volto, in ultima analisi, all’approvazione del
progetto definitivo finalizzato alla realizzazione dei necessari interventi di
bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza permanente delle aree
oggetto di inquinamento.
Sotto tale profilo il Collegio osserva che, se per un verso è indubitabile che
le attività di M.I.S.E. si inscrivano nell’ambito di un coerente disegno
normativo volto, nel suo complesso, al conseguimento degli obiettivi da ultimo
richiamati (come trasfusi nell’ambito del progetto definitivo), per altro verso
non possa in alcun modo ritenersi che l’univocità degli intenti di fondo risulti
idonea a privare il procedimento determinativo delle misure di M.I.S.E. di una
propria autonomia funzionale.
Al riguardo si osserva in primo luogo che, anche se l’art. 17, comma 14 del
d.lgs. 22 del 1997 in tema di progetti relativi ad interventi di bonifica di
interesse nazionale (ossia, in un certo senso, la norma-chiave sulla quale
risulta costruito l’intero sub-sistema normativo che qui viene in rilievo) non
richiama in modo espresso gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza
relativi ai medesimi siti, ciò non possa indurre a ritenere che le
determinazioni amministrative relative a tali interventi non assumano alcuna
valenza autonoma sotto il crinale procedimentale e restino – per così dire –
inglobati senza alcuna autonoma valenza nell’ambito del complessivo procedimento
che si conclude con l’approvazione del progetto definitivo di bonifica di cui
agli artt. 10 e 15 del D.M. 471 del 1999.
Pertanto, laddove la sentenza gravata fosse intesa come postulante un sistema in
cui le determinazioni di cui all’art. 15, D.M. 471, cit. siano da intendere come
univocamente finalizzate alla disciplina del progetto definitivo (e non anche
alla disciplina degli interventi di M.I.S.E., in ipotesi ritenuti assorbiti da
tale disciplina), l’interpretazione in questione risulterebbe certamente
meritevole di correzione.
Ed infatti, in base alle previsioni normative richiamate al precedente punto
2.1. appare evidente: i) che anche le determinazioni prescrittive interventi di
M.I.S.E. giungano all’esito di un iter amministrativo connotato da autonoma
valenza; ii) che anche tali determinazioni possano essere assunte ricorrendo al
modulo procedimentale della Conferenza di servizi decisoria, nonché iii) che
tali determinazioni, laddove immediatamente lesive per il soggetto destinatario,
possano essere immediatamente impugnate in sede giurisdizionale (si rinvia al
prosieguo la disamina della questione circa il se oggetto dell’impugnativa sia
la determinazione di conclusione del procedimento, ovvero il provvedimento
finale – cfr. infra, sub 3 -).
Un’espressa conferma di quanto rilevato si desume dalla stessa definizione
normativa degli interventi di messa insicurezza d’emergenza (D.M. 471, cit.,
art. 2, comma 1, lettera d)), che vi include “ogni intervento necessario ed
urgente per rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli
inquinanti e impedire il contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in
attesa degli interventi di bonifica e ripristino ambientale o degli interventi
di messa in sicurezza permanente” (sottolineatura aggiunta).
Tale essendo la definizione normativa della figura, emerge per un verso il suo
innegabile collegamento funzionale e la sua coerenza sistematica con gli
interventi trasfusi nell’ambito del progetto definitivo per la realizzazione dei
necessari interventi di bonifica e ripristino ambientale e di messa in sicurezza
permanente, ma per altro verso la sua indubbia autonomia funzionale nell’ambito
delle attività in questione, così come la – parimenti indubbia – idoneità a
recare un’autonoma valenza lesiva per il soggetto destinatario delle relative
misure, anche a prescindere dalla fase di approvazione del progetto definitivo
(basti pensare, sotto tale profilo, al contenuto, particolarmente incisivo per
la sfera del destinatario, che possono assumere le prescrizioni e le ordinanze
adottabili, ai sensi dell’art. 8, D.M. 471, cit., nell’ambito del procedimento
determinativo dei contenuti della M.I.S.E.).
Tanto premesso nel senso della non condivisibilità in parte quā della pronuncia
gravata, il Collegio osserva che nondimeno la pronuncia medesima non debba
comunque essere riformata, atteso che la pronuncia di inammissibilità del primo
ricorso risulta comunque nel suo complesso condivisibile.
Ed infatti, se per un verso è vero che il primo giudice sembra non avere
condivisibilmente individuato l’iter nel cui ambito è stata assunta la
determinazione meramente endoprocedimentale oggetto di impugnativa
(identificandola con l’iter volto all’approvazione del progetto definitivo e non
già con il - diverso ed autonomo - iter volto a determinare il contenuto delle
misure di M.I.S.E.), ciò nondimeno ai fini del decidere il dato in questione
risulta sostanzialmente ininfluente, atteso che, comunque, l’atto in concreto
impugnato risulta effettivamente sfornito di autonoma valenza provvedimentale,
essendosi impugnata la sola determinazione conclusiva del procedimento e non
anche il provvedimento finale di competenza dell’Amministrazione procedente (sul
punto, cfr. amplius infra, sub 4).
4. E’ ora possibile passare all’esame del primo motivo di ricorso, con cui le
società appellanti lamentano che erroneamente il primo giudice abbia ritenuto
che i verbali di conclusione dei lavori delle Conferenze di servizi, anche se
decisorie, non assurgano al rango di provvedimenti conclusivi del procedimento e
risultino, pertanto, ascrivibili al rango di atti meramente endoprocedimentali,
come tali non autonomamente impugnabili.
Nella tesi delle appellanti, al contrario, non potrebbe negarsi che il verbale
di Conferenza di servizi impugnato esprima una volontà costitutivo-dispositiva
di effetti giuridici ablativi, in quanto tale immediatamente lesiva della sfera
giuridica del relativo destinatario.
Tanto, emergerebbe dal contenuto prescrittivo rinveniente dal richiamato verbale
di Conferenza di servizi in data 28 aprile 2006 il quale (ingiungendo al
destinatario l’adozione di condotte puntuali e prefigurando, in carenza,
l’attivazione del meccanismo della sostituzione in danno) sarebbe in toto
assimilabile ad un atto di valenza provvedimentale, risultando pertanto
immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale.
4.1. Il motivo non può essere condiviso, con la conseguenza che deve essere
confermato l’opinamento del primo giudice, il quale ha ritenuto
l’inammissibilità dell’impugnativa rivolta avverso la determinazione conclusiva
della Conferenza di servizi, a nulla ostando il suo carattere decisorio.
Al riguardo si osserva che il dibattito circa i rapporti sistematici fra la
determinazione conclusiva della Conferenza (commi 6-bis e 9 dell’art. 14-ter, l.
241 del 1990 e ss.mm.ii.) ed il provvedimento finale (in base ad un approccio
dicotomico introdotto dalla l. 340 del 2000 e sostanzialmente confermato dalla
l. 15 del 2005), così come il dubbio circa il se la valenza lesiva per la sfera
dell’interessato (ed il conseguente onere di impugnativa) siano da riconnettere
al primo ovvero al secondo di tali atti, sono questioni che hanno interessato la
dottrina e la giurisprudenza sin dalla riforma dell’istituto della Conferenza di
servizi (l. 340 del 2000, cit.) ed il cui esame ha ricevuto ulteriori spunti di
interesse all’indomani dell’entrata in vigore della l. 15 del 2005 la quale –
come è noto – ha in parte modificato il quadro normativo di riferimento.
Si osserva, inoltre, che nella vigenza del sistema delineato dalla l. 340 del
2000 i pochi arresti giurisprudenziali che si erano concentrati sulla questione
avevano concluso nel senso del carattere immediatamente lesivo della
determinazione conclusiva della Conferenza di servizi (sul punto, cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, sent. 1 luglio 2003, n. 5708).
Al riguardo, la giurisprudenza in questione aveva fondato il proprio opinamento
essenzialmente su tre argomenti:
a) in primo luogo, sul disposto di cui al comma 2 dell’art. 14-quater (nel testo
introdotto dall’art. 12 della l. 340 del 2000) il quale, nel disciplinare
l’ipotesi del dissenso espresso in sede di Conferenza, stabiliva espressamente
che la determinazione conclusiva avesse un carattere immediatamente esecutivo;
b) in secondo luogo, sul disposto di cui al comma 7 dell’art. 14-ter (nel testo
introdotto dall’art. 10 della l. 340 del 2000), a tenore del quale la
determinazione conclusiva della Conferenza era immediatamente impugnabile da
parte dell’Amministrazione dissenziente;
c) in terzo luogo, sull’espressa previsione normativa (comma 9 dell’art. 14-ter)
secondo cui il provvedimento finale non potrebbe che avere un carattere conforme
rispetto al contenuto della richiamata determinazione conclusiva (dal che,
emergerebbe che il contenuto prescrittivo di quanto stabilito in sede di
Conferenza, la relativa valenza lesiva ed il conseguente onere di impugnativa
non potrebbero che essere anticipati al momento di adozione della richiamata
determinazione conclusiva).
Nella tesi in questione, pertanto, al provvedimento conclusivo dovrebbe essere
riconosciuto un carattere meramente ricognitivo e non anche di tipo
costitutivo-provvedimentale.
Al riguardo, mette anche conto segnalare che la correttezza del richiamato
orientamento giurisprudenziale fosse stata revocata in dubbio da un diverso
orientamento (di matrice essenzialmente dottrinale) il quale sottolineava che al
provvedimento conclusivo della fattispecie dovesse riconoscersi un indubbio
carattere costitutivo quanto meno nelle ipotesi in cui il dissenso postumo
espresso al di fuori della Conferenza avesse condotto ad un esito finale
difforme rispetto a quello trasfuso nella determinazione conclusiva dei lavori
della Conferenza medesima.
Tale essendo (in via di estrema sintesi) il quadro ricostruttivo nella vigenza
del sistema delineato dalla l. 340 del 2000, il Collegio osserva che a
conclusioni affatto diverse debba giungersi con riferimento alla nuova
disciplina in materia di Conferenza di servizi introdotta ad opera della l. 15
del 2005.
Ad avviso del Collegio, infatti, all’indomani della novella normativa del 2000
appare maggiormente persuasiva la tesi secondo cui sussista ancora uno iato
sistematico fra la determinazione conclusiva della Conferenza (anche se di tipo
decisorio) ed il successivo provvedimento finale, nonché la tesi secondo cui
solo al secondo di tali atti possa essere riconosciuta una valenza
effettivamente determinativa della fattispecie (con conseguente sorgere
dell’onere di immediata impugnativa), mentre alla determinazione conclusiva deve
essere riconosciuto un carattere meramente endoprocedimentale.
Ad avviso del Collegio, almeno quattro argomenti depongono nella direzione
indicata.
In primo luogo, appare rilevante osservare l’espressa abrogazione, da parte del
Legislatore del 2000, della previsione normativa (comma 2 dell’art. 14-quater)
circa il carattere immediatamente esecutivo della determinazione conclusiva dei
lavori della Conferenza.
Al riguardo, non sfugge al Collegio che la disposizione oggetto di abrogazione
fosse collegata ad una disciplina normativa in tema di superamento del dissenso
che il legislatore del 2005 ha inteso modificare.
Si osserva, tuttavia, che la notazione in parola non sembra condurre a
conclusioni diverse da quelle appena richiamate, atteso che l’ultimo periodo del
comma 2, cit. (secondo cui “la determinazione è immediatamente esecutiva”)
presentava una propria evidente autonomia concettuale rispetto al sistema di
componimento dei dissensi di cui alla l. 340 del 2000, con la conseguenza che la
sua espunzione dall’ordinamento non possa essere intesa, se non come espressione
di una piana voluntas legis volta al superamento del carattere di autonoma
impugnabilità della richiamata determinazione conclusiva.
In secondo luogo appare rilevante sottolineare l’espressa abrogazione, ad opera
della l. 15 del 2005, della previsione normativa (comma 7 dell’art. 14-ter) che
consentiva alle Amministrazioni dissenzienti di impugnare direttamente ed
immediatamente la determinazione conclusiva della Conferenza di servizi.
In terzo luogo si osserva che, se da un lato appare innegabile che il sistema
introdotto nel 2005 sia ispirato dall’intento di anticipare già al momento della
conclusione dei lavori della Conferenza la palese espressione delle volontà da
parte delle Amministrazioni partecipanti (in particolare, abrogando il
meccanismo del c.d. ‘dissenso postumo’ e la possibilità con esso connessa di
ribaltamenti di posizioni fra il momento della determinazione conclusiva e
quello del provvedimento finale), dall’altro lato ciò non possa indurre a
ritenere che le medesime esigenze di semplificazione e concentrazione comportino
anche la dequotazione sistematica delle ragioni sottese alla distinzione fra il
momento conclusivo dei lavori della Conferenza ed il successivo momento
provvedimentale.
A riguardo il Collegio ritiene condivisibili le linee di fondo dell’orientamento
interpretativo (delineato all’indomani della riforma del 2000 in particolare
nella giurisprudenza di primo grado) secondo cui la scelta del legislatore del
2000 di lasciare inalterato la richiamata struttura dicotomica sia espressiva di
un orientamento di fondo secondo cui il provvedimento finale non rappresenti
soltanto una sorta di momento meramente riepilogativo (e dichiarativo) delle
determinazioni assunte in sede di Conferenza, ma che esso rappresenti un vero e
proprio momento costitutivo delle determinazioni conclusive del procedimento.
E’ stato condivisibilmente affermato al riguardo che, letto nella richiamata
ottica, l’espresso mantenimento di una struttura bifasica (articolato fra la
fase comunque procedimentale che si conclude con la determinazione conclusiva
della Conferenza e la successiva fase squisitamente provvedimentale) appaia
ispirato dalla volontà di consentire che il cittadino interessato dal
procedimento di cui agli artt. 14 e segg. l. proc. abbia come proprio referente
ed interlocutore il solo responsabile del complessivo procedimento e, quindi,
una sola Amministrazione, lasciando che il concerto fra le Amministrazioni resti
all’interno dei processi decisionali della P.A.
L’approccio in questione (volto a rimarcare lo iato sistematico esistente fra il
momento procedimentale – o della dialettica/sintesi fra posizioni - ed il
momento provvedimentale – o determinativo degli effetti per il destinatario
finale -) appare, del resto, pienamente coerente con le linee di politica
legislativa sottese alla l. 15 del 2005, volta ad enfatizzare la valenza
sistematica e la piena autonomia concettuale, nell’ambito dell’agĕre
amministrativo, del momento provvedimentale.
Ancora, la scelta di mantenere un provvedimento espresso come momento conclusivo
della complessiva vicenda appare ispirato dalla volontà di lasciare inalterato
il complessivo sistema di garanzie trasfuso nel nuovo Capo IV-bis della l. 241
del 1990, con particolare riguardo all’onere di comunicazione, all’acquisto di
efficacia e – sussistendone le condizioni – al carattere di esecutorietà del
provvedimento.
Sotto tale aspetto, appare obiettivamente implausibile ritenere che la scelta
del legislatore del 2005, laddove si è risolta nella scelta di mantenere
nell’economia complessiva della Conferenza di servizi un momento claris verbis
provvedimentale (art. 14-ter, cit., comma 9), sia da intendere come una sorta di
lapsus calami del legislatore (atteso che il provvedimento non rappresenterebbe
altro, se non un “atto meramente esecutivo e consequenziale delle determinazioni
assunte in sede di conferenza di servizi” – si richiama nuovamente quanto
affermato, nella vigenza della precedente disciplina: Cons. Stato, sent. 5708
del 2003, cit. -).
In definitiva, appare condivisibile l’orientamento secondo cui, anche
all’indomani della riforma del 2005, la scelta di mantenere sostanzialmente
inalterata la richiamata struttura bifasica testimoni dell’architettura che il
legislatore ha inteso far propria nel fissare le regole di funzionamento
dell’istituto della Conferenza di servizi e che si compendia nella necessità
che, all’esito dei lavori della Conferenza di servizi decisoria, sopraggiunga
pur sempre un provvedimento conclusivo (del quale la Conferenza rappresenta solo
un passaggio procedurale) avente la veste di atto adottato, in via ordinaria, da
un organo monocratico dell’Amministrazione procedente.
In quarto luogo si osserva che, quand’anche si intendesse aderire alla tesi
secondo cui il carattere immediatamente lesivo o meno delle determinazioni
conclusive della Conferenza andrebbe indagato attraverso un’indagine condotta
caso per caso, nondimeno (e con specifico riguardo alla vicenda di causa) le
conclusioni sin qui delineate non verrebbero revocate in dubbio.
Secondo la richiamata giurisprudenza, infatti, dovrebbe ammettersi il carattere
immediatamente lesivo delle determinazioni conclusive dei lavori della
Conferenza quante volte essi contengano prescrizioni precise ed autoesecutive
rivolte ai destinatari (se del caso, prevedendo anche sanzioni o provvedimenti
sostitutivi ed anticipando, sotto il profilo sostanziale, l’efficacia finale del
provvedimento conclusivo).
Ad avviso del Collegio tuttavia, anche ad accedere al richiamato approccio in
tema di immediata lesività delle determinazioni conclusive della Conferenza di
servizi, l’esame del quadro normativo rilevante nel caso di specie non
consentirebbe comunque di ritenerne l’applicabilità alle vicende di causa.
Dall’esame del verbale di Conferenza di servizi impugnato in primo grado,
infatti, emerge (in via di estrema sintesi) un duplice contenuto:
a) in primo luogo, si ribadisce e specifica il contenuto sostanziale delle
misure di M.I.S.E. che le Amministrazioni convenute ritengono doversi adottare
per far fronte alla situazione di degrado ambientale esistente in loco;
b) in secondo luogo, “[si] dispone che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio verifichi le condizioni per l’avvio della procedura di
sostituzione in danno” [di cui al D.M. 471 del 1999, all’art. 51-bis del d.lgs.
22 del 1997 ed al comma 7 dell’art. 114 della l. 388 del 2000, per il caso di
inottemperanza].
Si osserva tuttavia al riguardo che, mentre il complesso di misure indicate sub
a) può costituire (in base alle ragioni indicate retro, sub 2.2.) oggetto di
determinazioni di competenza delle Amministrazioni di cui al comma 4 dell’art.
15, D.M. 471, cit., al contrario, l’adozione delle misure (di stampo
parasanzionatorio) indicate sub b) non possa che restare in capo al solo
Ministero dell’ambiente, non potendo costituire oggetto di determinazioni
adottate in sede di Conferenza di servizi.
Sussiste, infatti, una netta distinzione fra:
a) da un lato, la determinazione del contenuto delle misure di M.I.S.E. e del
progetto definitivo che, ai sensi del comma 4 dell’art. 15, D.M. 471, cit., è
demandato al Ministero dell’ambiente, di concerto con gli altri Ministeri ivi
indicati e previa intesa con la Regione territorialmente competente (secondo uno
schema di competenze che appare ben compatibile con il ricorso al modello
decisionale di cui alla Conferenza di servizi) e
b) dall’altro lato, l’esercizio del potere di prescrizione ed ordinanza di cui
agli artt. 7 ed 8, D.M. cit. (per altro, puntualmente richiamati dal comma 2
dell’art. 15 del medesimo decreto), il quale non può che restare in capo alla
sola Amministrazione cui la norma di riferimento espressamente lo riconosce (il
Ministero dell’ambiente), a prescindere dal fatto che l’esercizio del medesimo
potere abbia costituito oggetto di discussione in sede di Conferenza di servizi.
Non può, infatti, in alcun modo ritenersi che l’esercizio di poteri di
ordinanza, sostitutivi e parasanzionatori che la pertinente normativa innesta
espressamente in capo a taluni settori dell’Amministrazione (attraverso
l’adozione di atti necessariamente monocratici) possa essere devoluto ad una
deliberazione collegiale in sede di Conferenza di servizi per la sola ragione
che la medesima Conferenza sia chiamata a deliberare su questioni lato sensu
connesse con l’esercizio dei richiamati poteri monocratici.
Conclusivamente, la sentenza gravata merita di essere confermata per la parte in
cui ha ritenuto che il verbale di conclusione della Conferenza di servizi
decisoria impugnato in primo grado non assurga al rango di provvedimento
conclusivo del procedimento e risulti, pertanto, ascrivibile al novero degli
atti meramente endoprocedimentali, come tali non autonomamente impugnabili.
4.1. Dal richiamato carattere non immediatamente costitutivo-determinativo del
verbale di cui trattasi emerge, come è evidente, la sua inidoneità a costituire
valido titolo per l’adozione dei paventati provvedimenti sostitutivi e
parasanzionatori, i quali (a prescindere dalla loro legittimità intrinseca) non
potranno essere adottati, se non attraverso l’adozione di atti monocratici da
parte dei competenti organi del Ministero dell’ambiente.
5. Con il terzo motivo di appello, le società appellanti lamentano l’erroneità
della sentenza gravata per la parte in cui ha ritenuto la complessiva
applicabilità alle vicende di causa delle previsioni in tema di procedimento
amministrativo di cui alla l. 241 del 1990 (con particolare riguardo alle norme
in tema di Conferenza di servizi).
Nella tesi delle appellanti, tale applicabilità sarebbe da escludere atteso che
il procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale “in quanto
‘strutturato’ per fasi progressive, non si inquadra nel modello generale di cui
alla l. n. 241 del 1990 e s.m.i., rappresentando, per essere un efficace
strumento di tutela ambientale e della salute pubblica, una normativa speciale
ad hoc” (ricorso, cit., pag. 19).
Ancora, nella tesi delle appellanti, “solo la definizione progressiva delle
diverse ed autonome fasi procedimentali (di cui all’art. 10, comma 1, D.M. n.
471/99), che si concludono con le prescrizioni vincolanti delle Conferenze di
servizi ‘decisorie’, che approvano la messa in sicurezza d’emergenza, il piano
di caratterizzazone del sito, i progetto preliminare di bonifica, il progetto
definitivo della stessa, assicura un’efficace e tempestiva garanzia
dell’interesse pubblico ambientale e di quello della salute pubblica” (ivi, pag.
19, seg.).
L’argomento non può essere condiviso.
Ed infatti (come già rilevato retro, sub 3.1.) non si rinviene alcun effettivo
motivo sistematico o testuale onde ritenere che i procedimenti volti a
determinare il contenuto degli interventi di M.I.SE. nell’ambito dei siti di
interesse nazionale presentino peculiarità procedimentali tali da comportare una
declinazione di specie, parzialmente difforme dal modello generale di cui alla
legge generale sul procedimento.
In primo luogo, non può ritenersi (come, invece, ritenuto dalle società
appellanti) che una siffatta peculiarità si giustifichi per essere il
procedimento di bonifica di interesse nazionale strutturato ‘per fasi
progressive’.
Al contrario (come rilevato infra, sub 3.2.), il carattere lato sensu connesso e
coordinato dei procedimenti (per altro, funzionalmente autonomi) rispettivamente
finalizzati a determinare il contenuto degli interventi di M.I.S.E. ed
all’approvazione del progetto definitivo di cui all’art. 10 del D.M. 471 del
1999, non fornisce alcun elemento onde escludere la prima categoria di
procedimenti dalla riconduzione alle categorie generali di cui alla l. 241 del
1990 e, segnatamente, all’applicazione delle disposizioni in tema di conferenza
di servizi.
Né può ritenersi che la richiamata esclusione sistematica si giustifichi (come,
pure, ritenuto dalle società appellanti) in base alla circostanza per cui i
procedimenti amministrativi quale quello per cui è causa risultino
caratterizzati dalla peculiare finalità di assicurare un’efficace e tempestiva
garanzia dell’interesse pubblico ambientale e di quello della salute pubblica
(pag. 19 dell’atto d’appello).
Al riguardo, si osserva a contrario che (in modo solo apparentemente
paradossale) è proprio il ricorso al modulo procedimentale di cui agli artt. 14
e segg. l. 241 del 1990 a consentire una particolare concentrazione decisionale
(ed una conseguente accelerazione dei tempi di conclusione del procedimento) nel
caso degli interventi di interesse nazionale, in tal modo conferendo un’indubbia
accelerazione al modello decisionale delineato dall’art. 17 del d.lgs 22 del
1997 e dall’art. 15 del D.M. 471 del 1999, i quali si limitano ad indicare i
necessari atti di concerto ed intesa, senza prescrivere in via generale che essi
vadano acquisiti nella forma contestuale tipica della Conferenza di servizi
decisoria.
6. In base a quanto esposto, i ricorsi in epigrafe devono essere respinti,
previa riunione, con conseguente conferma della sentenza appellata.
Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di
lite fra le parti anche per il presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sui ricorsi in epigrafe specificati, ne dispone la riunione e li
respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2008, dal Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Giuseppe Barbagallo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Aldo Scola Consigliere
Claudio Contessa Consigliere, Est.
Presidente
GIUSEPPE BARBAGALLO
Consigliere p.
Segretario
CLAUDIO CONTESSA
MARIA RITA OLIVA
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
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