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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 29 dicembre 2008, n. 6591


AREE PROTETTE - Regione Lazio - Ente Parco - Rilascio di nulla osta - Silenzio assenso - Implicita abrogazione ad opera della L. n. 80/2005 - Esclusione. La speciale forma di silenzio assenso per il rilascio del nulla osta delle aree protette regionali, di cui all’art. 28, comma 1, della L.R. Lazio n. 29 del 1997, il quale richiama l’art. 13, commi 1, 2 e 4 della legge n. 394/1991, non è stata implicitamente abrogata a seguito dell’entrata in vigore della riforma della legge n. 241/90 (l. n. 80/2005). Infatti, il novellato art. 20 della legge n. 241/90 ha in primo luogo inteso generalizzare l’istituto del silenzio assenso, rendendolo applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, fatta salva l’applicazione delle ipotesi di denuncia di inizio attività, regolate dal precedente art. 19. Rispetto a tale generalizzazione il comma 4 dell’art. 20 ha introdotto alcune eccezioni in determinate materie, tra cui quelle inerenti il patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente, che riguardano non l’impossibilità in assoluto di prevedere speciali ipotesi di silenzio assenso, ma l’inapplicabilità della regola generale dell’art. 20, comma 1. In sostanza, la generalizzazione dell’istituto del silenzio assenso non può applicarsi in modo automatico alle materie indicate dall’art. 20, comma 4, ma ciò non impedisce al legislatore di introdurre in tali materie norme specifiche, aventi ad oggetto il silenzio assenso, a meno che non sussistano espressi divieti, derivanti dall’ordinamento comunitario o dal rispetto dei principi costituzionali. Pres. Barbagallo, Est. Chieppa - T.F.S.A. s.r.l. (avv.ti Scotti, Lavitola e Izzo) c. Ente Parco Regionale dei Castelli Romani (avv. Biz) (Riforma T.A.R. LAZIO, Roma, n. 1512/2008) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 29 dicembre 2008, n. 6591

 


 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N.6591/2008
Reg.Dec.
N. 3927 Reg.Ric.
ANNO 2008
 


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello proposto dalla Tenuta Fonteia Società Agricola s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Elisa Scotti, Giuseppe Lavitola e Roberto Maria Izzo, ed elettivamente domiciliato presso la prima, in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24;


contro


Ente Parco Regionale dei Castelli Romani, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall' avv.to Alessandro Biz, ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Roma, via dei Liburni, n. 2;


e nei confronti
Comune di Grottaferrata, in persona del sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall' avv.to Giovambattista Coviello, ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Roma, viale Mazzini, n. 41 (studio avv. Alessandro Pieri);


per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione II bis, n. 1512/08 pubblicata il 19 febbraio 2008;


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani, e del Comune di Grottaferrata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;


Alla pubblica udienza del 17-10-2008 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.


Uditi l'Avv. Lavitola, l’Avv. Izzo e l'Avv. Biz;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO E DIRITTO


1. La Tenuta Fonteia Società Agricola s.r.l., proprietaria di un'area sita nel Comune di Grottaferrata , via Frascati - Muscolo di circa 40.000 mq, coltivata a vigneto e gravata dai vincoli paesaggistico e idrogeologico e compresa all'interno del perimetro del Parco suburbano Castelli romani, istituito con la L.R. n. 2 del 1984, avviava nel 2005 l'iter per ottenere le autorizzazioni necessarie per la realizzazione di un casale agricolo al fine di potere seguire direttamente la produzione vinicola e chiedeva l'approvazione da parte del Comune del PUA ai sensi degli artt. 55 e 57, L.R. n. 38 del 1999, come successivamente modificata dalla L.R. n. 8 del 2003 e dal combinato disposto dell'art. 15, L.R. n. 24 del 1998, nonché il conseguente rilascio del permesso di costruire per una volumetria complessiva di circa 1.151 mc.
Approvato in data 28.7.2005 il PUA e acquisite le autorizzazioni paesaggistica, igienico sanitaria, archeologica e idrogeologica, in data 14.3.2006 il Comune di Grottaferrata, con delibera n. 42 ratificava il PUA ed approvava lo schema di convenzione, sottoscritta il successivo 14.9.2006.
Sulla base del presupposto della formazione del silenzio assenso sulla richiesta di nulla osta presentata dall’impresa al citato Ente Parco in data 25.1.2006, il 16.11.2006, il Comune rilasciava il permesso di costruzione n. 117/2006.
Successivamente, con la nota del 2.4.07, l'Ente Parco Regionale dei Castelli Romani comunicava il preavviso del diniego di nulla osta, cui seguiva il definitivo diniego dell’11.6.07, in cui veniva rilevato che:
- alla fattispecie non si applicherebbe il silenzio assenso di cui all'art. 13, co. 1, l. n. 394 del 1991, richiamato dall'art. 28 della l. reg. n. 29 del 1997;
- all'area in questione si applicherebbe l'indice di fabbricabilità previsto dall'art. 8, co. 1 n. 3, l. reg. n. 2 del 1984, rispetto al quale vi sarebbe un esubero di cubatura nel progetto presentato dalla ricorrente, nel quale peraltro non è stato computato il volume del locale sottotetto;
- il PUA non risultava approvato dal Consiglio comunale;
- l'area sarebbe collocata in "area critica" ai sensi delle misure di salvaguardia degli acquiferi vulcanici dei Colli Albani e dei Monti Sabatini; l'intervento comporterebbe un alterazione del contesto ambientale inconciliabile con le esigenze dell'area, inserita in un delicato contesto ambientale caratterizzato dalla presenza di boschi e da un alto valore storico ed ambientale oltre che archeologico, inconciliabile con un'eccessiva dimensione del residenziale nel progetto, presentato da un'azienda che al momento della domanda non era ancora costituita.
Con provvedimento del 31.5.2007 prot. n. 22509, il Comune di Grottaferrata disponeva la sospensione dei lavori sulla base della posizione negativa assunta dell'Ente Parco.
La Tenuta Fonteia Società Agricola s.r.l. impugnava davanti al Tar del Lazio entrambi i provvedimenti e con la sentenza n. 1512/08 il Tar respingeva il ricorso.
La società proponeva ricorso in appello avverso tale decisione, deducendo i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell'art. 13 della l. n. 394/91, degli artt. 20 e 29 della l. n. 241/90, degli artt. 12, 14 e 15 delle preleggi, dell'art. 28 della L.R. n. 29/97 e dell'art. 22 della legge n. 15/05, essendosi ormai formato il silenzio assenso sull’istanza di nulla osta presentata all’Ente Parco ed essendo ormai possibile solo un intervento in autotutela, condizionato alla sussistenza dei presupposti, richiesti dall’art. 21-nonies della legge n. 241/90;
2) illegittimità del diniego opposto dall’Ente Parco, che non poteva rivalutare questioni già definite con il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e che ha erroneamente ritenuto l’area in questione come “boscata”, risultando, invece, in modo obiettivo l’assenza di boschi;
3) violazione dell'art. 10-bis della l. n. 241 del 1990;
4) violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
5) non correttezza sotto diversi profili del computo della cubatura assentibile, ritenuta erroneamente in eccesso anche computando l’indice di edificabilità per le zone non boscate;
6) illegittimità delle ulteriori argomentazioni opposte dall’Ente Parco e relative ad aspetti estranei alle competenze di quest’ultimo;
7) illegittimità in via derivata del provvedimento di sospensione dei lavori, adottato dal Comune.
L’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani e il Comune di Grottaferrata si costituivano in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
All’odierna udienza la causa veniva trattenuta in decisione.


2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla contestazione da parte della società appellante del diniego di nulla osta opposto dall’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani in relazione ad una istanza relativa alla realizzazione di un casale agricolo nel comune di Grottaferrata.
Il diniego è stato adottato dell’Ente Parco in data 11 giugno 2007 a fronte di una istanza presentata il 25 gennaio 2006 e dopo l’ottenimento di tutti i titoli abilitativi necessari, compreso il permesso di costruire del 16 novembre 2006, rilasciato sul presupposto dell’avvenuta formazione del silenzio assenso sulla domanda inoltrata all’Ente Parco.
La prima questione da risolvere, oggetto delle iniziali censure del ricorso in appello, è quella della applicazione al presente caso delle norme inerenti il silenzio assenso in materia di nulla osta degli enti parco.
Con il provvedimento impugnato l’Ente Parco ha sostenuto la tesi, condivisa dal giudice di primo grado, secondo cui l’art. 13 della legge n. 394/1991, richiamato dall’art. 28 della L.R. Lazio n. 29/1997, sarebbe stato implicitamente abrogato dalla legge n. 80/2005, che – nel riformare l’art. 20 della legge n. 241/90 – ha generalizzato l’istituto del silenzio assenso, prevedendo alcune eccezioni di non applicazione della disposizione, tra cui i procedimenti, quale quello di specie, riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente.
La società appellante contesta tale interpretazione, sostenendo sotto un primo profilo che l’art. 13 della legge n. 394/1991 costituisce norma speciale, non abrogata implicitamente dalla legge n. 80/2005e – sotto diverso aspetto - che comunque in presenza del richiamo al silenzio assenso operato dalla norma regionale, la modifica della legge n. 241/90 potrebbe al massimo comportare l’obbligo della regione di adeguamento, ferma restando la vigenza della L.R. n. 29/97 fino a tale adeguamento (art. 29 della legge n. 241/90 e art. 22 della legge n. 15/2005).
Il motivo è fondato con riguardo al primo ed assorbente profilo.
Non è in discussione che al caso in esame si applichi l’art. 28, comma 1, della L.R. Lazio n. 29 del 1997, che prevede che “Il rilascio di concessioni od autorizzazioni, relativo ad interventi, impianti ed opere all'interno dell'area naturale protetta, è sottoposto a preventivo nulla osta dall'ente di gestione ai sensi dell'articolo 13, commi 1, 2 e 4 della legge n. 394/1991”.
Il legislatore regionale, nel confermare la necessità del nulla osta, ha richiamato il procedimento previsto dalla legge quadro statale sulle aree protette ed, in particolare, l’art. 13, comma 1, che stabilisce che “Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”.
Si tratta, quindi, di una disposizione statale, vigente fin dal 1991, che prevede il formarsi del silenzio assenso decorso il termine di sessanta giorni sulle istanze di rilascio di nulla osta da parte degli Enti parco; per effetto dell’espresso richiamato contenuto nel citato art. 28 della legge della Regione Lazio n. 29 del 1997, il silenzio assenso è stato esteso anche ai nulla osta richiesti per le aree naturali protette di tale regione.
Deve ritenersi che tale speciale forma di silenzio assenso, prevista a livello statale dall’art. 13 della legge n. 394/1991, non sia stata implicitamente abrogata a seguito dell’entrata in vigore della riforma della legge n. 241/90 (l. n. 80/2005).
Infatti, il novellato art. 20 della legge n. 241/90 ha in primo luogo inteso generalizzare l’istituto del silenzio assenso, rendendolo applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, fatta salva l’applicazione delle ipotesi di denuncia di inizio attività, regolate dal precedente art. 19.
Rispetto a tale generalizzazione il comma 4 dell’art. 20 ha introdotto alcune eccezioni in determinate materie, tra cui quelle inerenti il patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente, che riguardano non l’impossibilità in assoluto di prevedere speciali ipotesi di silenzio assenso, ma l’inapplicabilità della regola generale dell’art. 20, comma 1.
In sostanza, la generalizzazione dell’istituto del silenzio assenso non può applicarsi in modo automatico alle materie indicate dall’art. 20, comma 4, ma ciò non impedisce al legislatore di introdurre in tali materie norme specifiche, aventi ad oggetto il silenzio assenso, a meno che non sussistano espressi divieti, derivanti dall’ordinamento comunitario o dal rispetto dei principi costituzionali.
Il dato testuale del comma 4 dell’art. 20 è chiaro: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente … “; l’eccezione riguarda solo “le disposizioni del presente articolo” e non può essere estesa a disposizioni precedenti, aventi ad oggetto il silenzio assenso,, rispetto alle quali i commi 1, 2 e 3 dell’art. 20 della legge n. 241/90 nulla hanno innovato.
Tali disposizioni restano, quindi, in vigore e, del resto, se, come appena detto, l’art. 20, comma 4, non impedisce l’introduzione di norme speciali, dirette a prevedere il silenzio assenso anche nelle materia menzionate dal comma 4, non può che ritenersi che eventuali norme speciali preesistenti, quali l’art. 13 della legge n. 394/1991, restano in vigore.
Tale tesi, oltre ad essere conforme al dato testuale della disposizione, si pone in linea con la stessa ratio delle riforma della legge n. 241/90, che è stata quella di generalizzare l’istituto del silenzio assenso ed è irragionevole ritenere che tale generalizzazione abbia comportato un effetto abrogante su norme, che tale istituto già prevedevano.
L’art. 13 della legge n. 39471991 è, quindi, vigente e, di conseguenza, non assumono rilievo le ulteriori questioni del rapporto tra normativa regionale e statale a seguito degli interventi riformatori della legge n. 241/90 e della natura del rinvio alla legge statale operato dalla legge regionale n. 29/1997.
L’unico limite che le disposizioni speciali, quale quella di cui al citato art. 13, devono rispettare è quello derivante dai principi comunitari e costituzionali.
Al riguardo, la Corte Costituzionale ha chiarito che, in linea di principio, al legislatore non è affatto precluso sul piano costituzionale - nell'ambito delle diverse fasi di abilitazione di lavori edilizi - la qualificazione in termini di silenzio-assenso del decorso del tempo entro il quale l'amministrazione competente deve concludere il procedimento e adottare il provvedimento (Corte Cost., n. 404/97; n. 262/97 e n. 169/1994).
Si tratta in questi casi – secondo la Corte - di una scelta di politica legislativa nell'obiettivo di tempestività ed efficienza dell'azione amministrativa e quindi di buon andamento, costituzionalmente compatibile purché siano esattamente individuati l'unità organizzativa ed il soggetto addetto responsabile dell'istruttoria e degli adempimenti finali, di modo che non vi sia differenza sotto il profilo della responsabilità tra atto espresso e silenzio derivante da scelta consapevole di non esercitare il potere di intervento (repressivo o impeditivo).
La Corte Costituzionale ha, invece, censurato alcune leggi regionali, che prevedevano il silenzio-assenso in procedimenti complessi, caratterizzati da un elevato tasso di discrezionalità e dall’inclusione di specifiche valutazioni in materia ambientale, per le quali è richiesto un pronunciamento espresso, quali quelle in materia di tutela idrogeologica e paesaggistica (Corte Cost., n. 26/1996, n. 194/1993, n. 437/1992, n. 302/1988).
Con riguardo al diritto comunitario, anche la Corte di Giustizia ha ritenuto non compatibile il silenzio assenso solo in presenza di procedimenti complessi in cui, per garantire effettività agli interessi tutelati, è necessaria una espressa valutazione amministrativa, quale un accertamento tecnico o una verifica; in questi casi ammettere il silenzio assenso significherebbe legittimare l'amministrazione a non svolgere quella attività istruttoria imposta a livello comunitario per la tutela di particolari valori e interessi (v. Corte Giust. CE, 28 febbraio 1991, C-360/87 in materia di protezione di acque sotterranee).
Sulla base di tale giurisprudenza deve ritenersi che non risulta porsi in contrasto con principi costituzionali, o con specifiche disposizione comunitarie, la previsione del silenzio assenso per il rilascio del nulla osta dell’Ente Parco, caratterizzato da un tasso di discrezionalità non elevato e destinato ad inserirsi, in un procedimento, in cui ulteriori specifici interessi ambientali vengono valutati in modo espresso, come in concreto avvenuto nel caso di specie (autorizzazioni paesaggistiche, idrogeologiche, archeologiche).
Peraltro, secondo la menzionata giurisprudenza costituzionale vi è un nesso indissolubile tra gli artt. 28 e 97, commi primo e secondo della Costituzione, in quanto la tempestività e la responsabilità sono elementi essenziali per l'efficienza e quindi per il buon andamento della pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, l’azione amministrativa non è stata rispettosa di tale principio, in quanto in presenza di una istanza presentata il 25 gennaio 2006 e in presenza di una norma che prevede per il nulla osta il termine di sessanta giorni, decorso il quale l’istanza si intende accolta, il diniego qui impugnato è stato adottato a distanza di quasi un anno e mezzo in data 11 giugno 2007 (anche la richiesta istruttoria dell’Ente Parco è stata formulata quando il termine di sessanta giorni era ormai da tempo decorso).
Accertata la vigenza della norma che prevede il silenzio assenso, una volta decorso il relativo termine l’unica possibilità di intervento per l’amministrazione era legata all’adozione di un provvedimento di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241/90, ma tale potere, condizionato alla sussistenza degli specifici presupposti richiesti dalla citata noma, non è stato esercitato, essendo chiaro che l’impugnato provvedimento costituisce un diniego sull’originaria istanza nel presupposto della non applicazione del silenzio assenso, e non già l’annullamento d’ufficio del provvedimento implicito formatosi a seguito del decorso del tempo.
Il diniego dell’Ente Parco deve, quindi, essere annullato per essersi già formato il silenzio assenso, restando assorbite le ulteriori censure proposte.
Deve anche essere annullato per illegittimità derivata il provvedimento di sospensione dei lavori, adottato dal Comune di Grottaferrata in data 31 maggio 2007, in quanto fondato unicamente sull’avviso negativo dell’Ente Parco e sulla tesi dell’abrogazione della norma relativa al silenzio assenso.


3. In conclusione, l’appello deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati, in riforma della sentenza di primo grado.
Attesa la novità della questione, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti impugnati.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 17-10-2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:


Giuseppe Barbagallo Presidente
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Aldo Scola Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere Est.
Roberto Garofoli Consigliere

Presidente
Giuseppe Barbagallo


Consigliere
Roberto Chieppa


Segretario
Vittorio Zoffoli


DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il....29/12/2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva


 



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