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CONSIGLIO DI STATO
Sez. IV, 26/02/2008 (ud. 27/11/2007) Sentenza n. 677
ESPROPRIAZIONE - Acquisizione del bene alla mano pubblica -
Utilizzazione senza titolo di un
bene per scopi di interesse pubblico -
Improcedibilità del ricorso - Art. 43 D.P.R. n. 327/2001. E'
improcedibile il ricorso ove sia intervenuta l'acquisizione del bene
alla mano pubblica, ex art. 43 D.P.R. n. 327/2001. Pres. Lodi - Est. Carella -
Giannantonio ed altro (avv. Di Pardo) c. Regione Molise (Avvocatura Generale
dello Stato) ed altri (conferma T.A.R. Molise n. 80 del 24/01/2007).
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26/02/2008 (ud. 27/11/2007) Sentenza n. 677
ESPROPRIAZIONE - Procedura espropriativa - Principi generali - Natura di atti
“unitari” rispetto ai comproprietari o aventi causa del medesimo bene oggetto di
esproprio - Fattispecie - Art. 43 D.P.R. n. 327/2001. In base ai principi
generali, gli atti della procedura espropriativa, pur classificabili come
“plurimi” nei confronti delle diverse ditte proprietarie espropriate, debbono
essere considerati come aventi natura di atti “unitari” rispetto ai
comproprietari o aventi causa del medesimo bene oggetto di esproprio, con la
conseguenza che può farsi questione di conoscibilità legale degli atti emanati,
non già di loro validità a causa del subentro. Nel caso di specie, non è
ravvisabile alcuna differenza tra le posizioni giuridiche del dante causa, che è
stato notificatario, e dell’acquirente che non ha pubblicizzato la compravendita
in pendenza dell’esercizio della potestà acquisitiva di cui all’art. 43 del
D.P.R. 327/2001. Pres. Lodi - Est. Carella - Giannantonio ed altro (avv. Di
Pardo) c. Regione Molise (Avvocatura Generale dello Stato) ed altri (conferma
T.A.R. Molise n. 80 del 24/01/2007). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 26/02/2008 (ud.
27/11/2007) Sentenza n. 677
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.. 677/2008
Reg. Dec.
N. 3033 Reg. Ric.
Anno 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 3033 del 2007, proposto da Giannantonio Vito e
Bruni Angela, rappresentati e difesi dall’avv. Salvatore Di Pardo, elettivamente
domiciliati presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato;
contro
- la Regione Molise, Ministero delle infrastrutture (Provveditorato alle opere
pubbliche Campania-Molise), il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il
Ministero della difesa, il Ministero per i beni e le attività culturali, il
Ministero delle Politiche Agricole, in persona dei rispettivi rappresentanti
legali in carica, tutti rappresentati e difesi in giudizio dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la stessa domiciliati per legge in Roma, via dei
Portoghesi n.12;
- il Comune di Agnone, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto in Roma presso lo
studio dell’Avv. C.Palmiero, Via Albalonga, n.7;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Molise n. 80 del 24
gennaio 2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Agnone e dell’Avvocatura
statale;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 27 novembre 2007, il consigliere Vito
Carella;
Uditi l’Avv Di Pardo per gli appellanti, l’avv. Colalillo per il Comune di
Agnone e l’avv. dello Stato De Socio per le Amministrazioni intimate.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Il signor Donato Antonio Patriarca, proprietario per un 1/8 (mq 385 rispetto a
mq 2680) di un suolo sito nel Comune di Agnone (IS) destinato nel Piano di
fabbricazione a zona agricola, impugnava il procedimento espropriativo
instaurato anche nei suoi confronti per la realizzazione su tale terreno della
Caserma dei Carabinieri: il TAR Molise adito, con la sentenza n. 129 del 3 marzo
2004, accoglieva il gravame per mancata comunicazione dell’avvio del
procedimento (non consegnata a causa di incompletezza dell’indirizzo).
L’Amministrazione interessata, in esecuzione della citata sentenza, con nota del
7.4.2004 comunicava a tutti gli espropriandi il riavvio della procedura e,
contestualmente, appellava detta sentenza con ricorso respinto da questa
Sezione, come da decisione n. 5034 dell’1.10.2007.
Nelle more di tale decisione del Consiglio di Stato, giusta contratto del 7
luglio 2004, il fondo in questione veniva alienato al signor Vito Giannantonio,
che accettava su di sé l’alea dei rischi connessi, sia per il costo delle
intraprese azioni giudiziarie ed amministrative, sia per l’esito finale delle
stesse: costui veniva quindi edotto dal certificato di destinazione urbanistica
allegato che il Provveditorato alle opere pubbliche per il Molise aveva disposto
la ripetizione dell’iter di localizzazione.
Nella loro dispiegata qualità di comproprietari, i signori Giannantonio Vito e
Bruni Angela, con atto introduttivo notificato il 9.10.2006 impugnavano la
Delibera del Consiglio comunale di Agnone 8.6.2006 n.15, nonché tutti gli atti o
provvedimenti alla stessa connessi, quali la Delibera della Giunta comunale di
Agnone 29.5.2006 n. 128, l’atto deliberativo assunto in data 21.10.2004 dalla
Conferenza di Servizi indetta per ottenere le intese, i pareri, le concessioni,
le autorizzazioni, le licenze, i nullaosta e gli assensi di cui alle vigenti
norme, relativamente al progetto definitivo concernente la costruzione della
nuova sede del comando compagnia dell’Arma dei Carabinieri di Agnone,
l’eventuale titolo edilizio abilitante l’attivazione dei lavori di costruzione
in corso ed i provvedimenti autorizzanti l’immissione in possesso da parte della
P.A. e l’esecuzione dei lavori (compreso l’eventuale decreto di esproprio e di
occupazione d’urgenza), oltre che tutti gli atti presupposti, connessi e
consequenziali o comunque collegati all’approvazione e/o realizzazione della
nuova caserma dei Carabinieri anche sul terreno di proprietà di essi ricorrenti.
Con la sentenza odiernamente gravata il TAR Molise adito dichiarava
improcedibile il ricorso proposto dai signori Giannantonio Vito e Bruni Angela,
atteso che con decreto provveditoriale 9.10.2006, n. 3090-4513, ai sensi e per
gli effetti dell’art. 43 D.P.R. 8.6.2001 n. 327, è stata sancita l’acquisizione
al patrimonio pubblico dell’area interessata dalla costruzione della caserma dei
Carabinieri, ivi compresa quella degli odierni appellanti e nel contempo
determinata l’indennità risarcitoria, quantificata in Euro 30,00 al mq., da
maggiorarsi degli interessi moratori: atto depositato in giudizio e non opposto.
Con l’appello in esame i deducenti hanno assunto:
- solo di recente essi hanno preso atto che su detto suolo sono in corso lavori
di costruzione della Caserma dei Carabinieri sebbene il relativo provvedimento
sia stato annullato dal TAR Molise con sentenza n. 129/2004;
- i ricorrenti sono venuti a conoscenza della delibera n. 15/2006, con la quale
il Consiglio comunale di Agnone ha riapprovato ai sensi dell’art.1 della legge
3.1.1978 n.1 il progetto relativo alla realizzazione della nuova sede del
Comando Compagnia Carabinieri, senza avere mai ricevuto apposita comunicazione,
data invece al loro dante causa Patriarca;
- l’intenzione di procedere ex art. 43 del D.P.R. n. 327/01 è stata indirizzata
con nota del 23.5.2006 al sig. Patriarca, non più proprietario del bene dal
7.7.2004 e il c.d. provvedimento sanante è stato adottato nei confronti di
quest’ultimo, per cui gli odierni appellanti sarebbero stati privati del diritto
di azione, in quanto soggetti diversi da quello nei cui confronti l’atto è stato
emanato.
Da parte dei predetti vengono perciò riproposte le censure di prime cure,
ritenute assorbite dalla pronuncia di improcedibilità, delle quali è chiesto
l’esame e l’accoglimento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Agnone il quale, con le memorie
depositate il 4 maggio e il 13 novembre del 2007, ha in particolare opposto che
la provveditoriale n. 3090/B-4513 del 9.10.2006 è stata notificata a tutti gli
interessati, ivi compresi gli appellanti, e che l’intervenuta vendita è emersa
solo in occasione del pagamento dell’indennità dovuta ai privati.
Hanno resistito, altresì, le Amministrazioni statali intimate, concludendo per
l’inammissibilità dell’appello, in quanto:
a. – la provveditoriale n. 3090-4513 (adottata ex art.43 del D.P.R. 8.6.2001,
n.327) non è oggetto di impugnazione;
b. – tale atto di acquisizione è stato direttamente notificato anche al signor
Giannantonio nelle forme degli atti processuali e depositato nel giudizio di
primo grado il 7.11.2006;
c. – l’Amministrazione ha provveduto al deposito dell’indennità a favore dei
coniugi Giannantonio presso la Cassa Depositi e Prestiti, direttamente
informandone gli interessati;
d. – gli appellanti, in violazione del dovere ex art. 3 T.U. 327 del 2001, non
hanno informato la P.A. dell’intervenuta vendita della quota controversa.
All’udienza del 27 novembre 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - La controversia in esame trae origine dall’intervenuto annullamento
giurisdizionale (in forza della sentenza del TAR Molise n. 129 del 3 marzo 2004,
confermata dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con la decisione n. 5034/2007)
degli atti di una procedura espropriativa preordinata alla realizzazione della
Caserma dei Carabinieri nel Comune di Agnone (IS).
Nelle more della definizione di tale contenzioso e nel corso della rinnovazione
degli atti di esproprio, il proprietario inciso nel suo diritto di 1/8 del suolo
posseduto (equivalente a mq. 385 rispetto al compendio di mq. 2680) alienava
questa quota nel 2004 agli odierni appellanti, che adivano il TAR Molise con
atto introduttivo notificato il 9.10.2006 avverso il nuovo procedimento.
Vi ha fatto concomitante seguito l’adozione, da parte dell’Ente espropriante, di
un provvedimento (decreto provveditorale n. 3090 – 4513 del 9.10.2006) per
l’acquisizione al patrimonio pubblico dei terreni occupati ed irreversibilmente
utilizzati per il suddetto scopo, in applicazione dell’art. 43 del D.P.R.
8.6.2001 n. 327.
Con la gravata sentenza, il TAR adito ha dichiarato improcedibile il ricorso di
primo grado per intervenuta acquisizione del bene alla mano pubblica, ex art. 43
D.P.R. n. 327, come da citato decreto, non oggetto di impugnazione.
Gli appellanti ripropongono in questa sede di appello le censure di prime cure
ritenute assorbite dalla pronuncia di improcedibilità e lamentano, altresì, la
mancata comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato all’acquisizione
della proprietà del suolo occupato per scopo di pubblico interesse.
Alla stregua della suesposta illustrazione, il gravame in esame va respinto
siccome infondato.
2.- Infatti, le questioni di merito riproposte contro gli atti anteriori al
decreto di acquisizione ex art 43 sono chiaramente superate dal provvedimento
sopravvenuto e dichiarativo dell’utilizzazione senza titolo del bene, mentre le
censure rivolte avverso l’atto di acquisizione sono palesemente inammissibili in
quanto detto provvedimento non è stato oggetto di contestazione nel giudizio di
primo grado e non può ora essere gravato “per saltum”.
Del resto, gli appellanti non hanno neppure contestato la circostanza che il
provvedimento di acquisizione è stato ad essi notificato nelle forme degli atti
processuali e successivamente anche depositato nel giudizio di primo grado il
7.11.2006, senza che esso sia stato onerato direttamente o a mezzo di motivi
aggiunti.
Peraltro, in base ai principi generali, gli atti della procedura espropriativa,
pur classificabili come “plurimi” nei confronti delle diverse ditte proprietarie
espropriate, debbono essere considerati come aventi natura di atti “unitari”
rispetto ai comproprietari o aventi causa del medesimo bene oggetto di
esproprio, con la conseguenza che può farsi questione di conoscibilità legale
degli atti emanati, non già di loro validità a causa del subentro.
Nel caso di specie, quindi, non è neanche ravvisabile alcuna differenza tra le
posizioni giuridiche del dante causa, che è stato notificatario, e
dell’acquirente che non ha pubblicizzato la compravendita in pendenza
dell’esercizio della potestà acquisitiva di cui all’art. 43 del D.P.R. 327/2001.
3. – Gli appellanti, inoltre, si affannano intorno alla comunicazione di avvio
del procedimento, sia anteriore che successivo c.d. “sanante”, dimenticando che
l’obbligo di comunicazione deve essere inteso in senso sostanziale e non
formale.
Tale principio acquista ancora maggiore significato laddove, come nell’ipotesi
contemplata dall’art. 43 in discorso, l’atto sanante interviene in una
situazione già esistente e consolidata ed ancor più se, come accade in
fattispecie, i termini della questione esproprativa e il fatto che sia
intervenuta l’irreversibile destinazione ad uso pubblico siano ben note ai
proprietari (cfr l’atto di acquisto).
Vero è, invece, che i deducenti non hanno informato l’Amministrazione
dell’intervenuto trasferimento della predetta quota, in violazione del dovere
incombente ai sensi dell’art. 3 del richiamato D.P.R. n. 327 del 2001, come
sostituito dall’art. 1 D.Lvo 27 dicembre 2001, n. 302.
Questa norma, per quanto qui rileva, recita come di seguito:
“2. Tutti gli atti della procedura espropriativa, ivi incluse le comunicazioni
ed il decreto di esproprio, sono disposti nei confronti del soggetto che risulti
proprietario secondo i registri catastali, salvo che l'autorità espropriante non
abbia tempestiva notizia dell'eventuale diverso proprietario effettivo. Nel caso
in cui abbia avuto notizia della pendenza della procedura espropriativa dopo la
comunicazione dell'indennità provvisoria al soggetto che risulti proprietario
secondo i registri catastali, il proprietario effettivo può, nei trenta giorni
successivi, concordare l'indennità ai sensi dell'articolo 45, comma 2.
3. Colui che risulta proprietario secondo i registri catastali e riceva la
notificazione o comunicazione di atti del procedimento espropriativo, ove non
sia più proprietario è tenuto di comunicarlo all'amministrazione procedente
entro trenta giorni dalla prima notificazione, indicando altresì, ove ne sia a
conoscenza, il nuovo proprietario, o comunque fornendo copia degli atti in suo
possesso utili a ricostruire le vicende dell'immobile.”
Ne discende l’infondatezza della doglianza e gli appellanti non possono ora
venire contro un fatto proprio.
4. Per le suesposte considerazioni l’ appello indicato in epigrafe va rigettato,
con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV- definitivamente
pronunciando in ordine all’ appello indicato in epigrafe, lo rigetta e, per
l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna gli appellanti al pagamento in favore delle Amministrazioni resistenti
delle spese di giudizio che liquida complessivamente in Euro 5000,00 (euro
cinquemila) e in parti eguali di Euro 2.500,00 al Comune di Agnone e
all’Avvocatura statale.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 novembre 2007, con
l'intervento dei Signori:
Pier Luigi LODI Presidente f.f.
Anna LEONI Consigliere
Carlo SALTELLI Consigliere
Eugenio MELE Consigliere
Vito CARELLA Consigliere, rel.est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE, f.f.
Vito Carella
Pier luigi Lodi
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
Depositata in Segreteria
Il 26/02/2008
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Il Dirigente
Dott. Antonio Serrao
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