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CORTE
DI CASSAZIONE Sez. III, 17/03/2008 (Ud. 22/01/2008), Sentenza 11752
CACCIA - Corretto esercizio della caccia - Utilizzo di mezzi vietati - Assenza
di danno agli animali selvatici - Danno all'immagine della Provincia - Sussiste.
La violazione del divieto di cacciare con mezzi vietati comporta danno
all'immagine della Provincia cui compete assicurare il corretto esercizio della
caccia (Cass. pen. sez. III 35868/2002, Falconi). Il danno sussiste in caso di
caccia in periodo di divieto anche in assenza di abbattimento o danno agli
animali selvatici. Pres. De Maio, Rel. Marmo, Ric. Nucci, (conferma Tribunale di
Arezzo sentenza del 2 novembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III,
17/03/2008 (Ud. 22/01/2008), Sentenza 11752
CACCIA - Pattugliamento di un area con arma a bordo di un auto in prossimità
di luogo di pasturazione - Atteggiamento di caccia - Configurabilità - Artt. 81
cpv. c.p., art. 1 c. 1 L.R. Toscana n. 20/2002, 21 c. 1 lett. u e 30, c. 1°
lett. a), h) e b) L. n. 157/1992. Il pattugliamento di un area con arma a
bordo di un auto in prossimità di luogo di pasturazione sono elementi
sintomatici dell'atteggiamento di caccia, nella specie configurano le violazioni
di cui agli artt. 81 cpv. c.p., art. 1 comma 1 della legge regionale (Toscana)
n. 20 del 2002, 21 comma 1 lettera u e 30, comma primo lettera a), h) e b) della
legge n. 157 del 1992. Pres. De Maio, Rel. Marmo, Ric. Nucci, (conferma
Tribunale di Arezzo sentenza del 2 novembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez.
III, 17/03/2008 (Ud. 22/01/2008), Sentenza 11752
CACCIA - Violazione dei divieti di legge - Danno all'immagine della provincia
- Sussistenza - Fattispecie. La condotta di violazione del divieto di
cacciare con mezzi vietati è idonea a cagionare un danno all'immagine della
Provincia, cui compete, infatti, il dovere di assicurare il corretto esercizio
della caccia stessa. Pertanto, tale danno deve ritenersi sussistere anche con
riguardo ad attività di esercizio della caccia posta in essere, più in generale,
in violazione dei divieti e dei vincoli posti dalla normativa, tra i quali anche
il divieto di cacciare in periodo non consentito, a prescindere dal
danneggiamento specifico di animali o dall'uso di armi. (Fattispecie possesso
carabina carica, con silenziatore, a bordo di auto, in vicinanza di pasturazioni
- esca per attirare i cinghiali). Pres. De Maio, Rel. Marmo, Ric. Nucci,
(conferma Tribunale di Arezzo sentenza del 2 novembre 2005). CORTE DI
CASSAZIONE Sez. III, 17/03/2008 (Ud. 22/01/2008), Sentenza 11752
PROCEDURE E VARIE - Ricorso per Cassazione - Controllo sulla motivazione -
Giudice di legittimità - Limiti. In tema di controllo sulla motivazione al
giudice di legittimità è normativamente preclusa la possibilità non solo di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della
pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato
argomentativi che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati
dall'esterno. (Corte Cass. Sezioni Unite sent. 31 maggio 2000, n. 12). Pres. De
Maio, Rel. Marmo, Ric. Nucci, (conferma Tribunale di Arezzo sentenza del 2
novembre 2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 17/03/2008 (Ud. 22/01/2008),
Sentenza 11752
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 2 novembre 2005 il Tribunale di Arezzo dichiarava
Claudio Nucci responsabile del delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p., art. 1
comma 1 della legge regionale n. 20 del 2002, 21 comma 1 lettera u e 30, comma
primo lettera a), h) e b) della legge n. 157 del 1992 perché, con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, esercitava la caccia in periodo di
divieto generale, pasturando gli ungulati a breve distanza da un capanno con
feritoie ed andando più volte a controllare, di notte, con un fuoristrada, la
presenza di animali, munito di carabina monocolo dotata di silenziatore, di
costruzione artigianale, di ottica di puntamento e di attacco per il faro (per
fatto commesso in Arezzo dai primo del mese di luglio al 17 luglio 2004) e,
ritenute le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena
complessiva di € 1.200,00 di ammenda, oltre che al pagamento delle spese
processuali.
Condannava inoltre l'imputato a risarcire alla provincia di Arezzo, costituitasi
parte civile, in persona del Presidente pro tempore, i danni morali e a
rifondere alla medesima le spese di costituzione e difesa.
Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato chiedendo l'annullamento della
sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente
esaminati.
La provincia di Arezzo il 2 gennaio 2008 ha depositato in cancelleria memoria
difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna alle
spese di lite del ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all'art. 606
primo comma lettera b) del codice di procedura penale (inosservanza e/o erronea
applicazione della legge penale) con riferimento agli artt. 185 c.p., 2043 c.c.
e 2059 c.c. e la violazione di cui all'art. 606 n. 1 lettera e) del codice di
procedura penale (mancanza di motivazione relativamente ad alcune parti della
sentenza e manifesta illogicità della stessa).
Deduce il ricorrente che la statuizione di condanna al risarcimento dei danni
nel confronti della costituita parte civile era priva di motivazione.
Anche se era corretto ritenere in astratto che l'Ente Provincia fosse persona
offesa dal reato, non era esatto statuire, in mancanza di prova e di idonea
motivazione, che la parte civile fosse stata effettivamente danneggiata dal
reato in questione.
La sussistenza dei reati era stata intatti ritenuta integrata soltanto per il
compimento di attività preliminari alla caccia in quanto non vi era stato
abbattimento di animali e non erano stati sparati colpi di arma fuoco.
Il motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
Come ha precisato questa Corte (Cass. pen. sez. III sent. 35868 del 2002,
Falconi) "la violazione del divieto di cacciare con mezzi vietati comporta danno
all'immagine della Provincia cui compete il dovere di assicurare il corretto
esercizio della caccia". Tale danno, rileva il Collegio, sussiste quindi anche
soltanto per l'attività di caccia con mezzi vietati in spregio dei divieti e dei
vincoli posti dalla normativa e sulla cui osservanza devono vigilare gli organi
della. Provincia, a prescindere dal danneggiamento specifico di animali o
dall'uso di armi e, nel caso in esame, l'imputato è stato sorpreso in
atteggiamento di chi esercita la caccia in periodo vietato.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all'art. 606
primo comma lettera b) c.p.p. (inosservanza e l'erronea applicazione della legge
penale o di altre norme giuridiche) con riferimento all'art. 1 comma primo della
legge regionale numero 20 del 2002, dell'art. 21 comma 1 lettera u) e 30 primo
coma lettera a) e b) della legge n.157 del 1992, art. 12 commi 1, 2 e 3 della
legge n. 1587 del 1992 ed inoltre mancanza di motivazione relativamente ad
alcune parti della sentenza e manifesta illogicità della stessa (art. 606 n. 1
lettera e).
Deduce il ricorrente che il giudice di merito aveva ritenuto provato il fatto
che egli esercitasse la caccia dì cinghiali in periodo vietato soltanto in
quanto gli agenti della polizia provinciale di Arezzo lo avevano sorpreso
all'interno della sua proprietà a bordo di un'autovettura in cui vi era anche la
figlia tredicenne con una carabina caricata con un colpo e munita di
silenziatore.
Il giudice, senza alcuna ragione ed erroneamente, non aveva preso in
considerazione la tesi difensiva di esso ricorrente, secondo cui, il cibo
considerato esca per i cinghiali era stato collocato al solo fine di tenere
lontani detti animali dalla propria abitazione, e la carabina era destinata ad
esigenze di difesa personale e a tenere lontani pastori maremmani che, in
passato, lo avevano aggredito.
Anche il secondo motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
Il giudice di merito ha infatti esaminato la tesi difensiva e l'ha valutata come
inattendibile, ritenendo invece, alla luce di una serie di logiche
considerazioni, che ricorressero invece indizi gravi, precisi e concordanti in
ordine alla presenza sul posto dell'imputato al fine di abbattere cinghiali.
Ha rilevato in particolare che pattugliamento dell'oliveto a bordo dell'auto che
procedeva lentamente in prossimità del luogo della pasturazione, effettuata
secondo la tipica tecnica di caccia, (con occultamento sotto i sassi), ed il
possesso di un fucile carico, pronto all'uso e munito di silenziatore elementi
sintomatici sono dell'atteggiamento di caccia tenuto dall'imputato". Il
Tribunale ha poi rilevato che il Nucci è cacciatore, quindi soggetto con
evidente propensione all'abbattimento di animali, e che la presenza sul luogo di
tracce di sangue faceva anche presumere l'avvenuto abbattimento dì animali. Alla
luce dell'adeguata, coerente e logica motivazione del giudice di merito il
motivo deve ritenersi inammissibile anche in quanto, come ha specificato questa
Corte a Sezioni Unite ( v. per tutte SU sent. 31 maggio 2000, n. 12) " in tema
di controllo sulla motivazione al giudice di legittimità è normativamente
preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle
risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di
saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante
un raffronto tra l'apparato argomentativi che la sorregge ed eventuali altri
modelli di ragionamento mutuati dall'esterno".
Consegue alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso l'obbligo del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della sanzione
pecuniaria in favore della Cassa delle ammende nella misura indicata in
dispositivo.
Il ricorrente va inoltre condannato, per la soccombenza, alla refusione delle
spese sostenute nel grado dalla parte civile, che si reputa congruo liquidare in
complessive euro 1.350,00, oltre I.V.A. e accessori di legge.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € mille in favore della Cassa delle ammende.
Condanna inoltre il ricorrente alla refusione delle spese sostenute nel grado
dalla parte civile liquidate in complessive euro 1.350,00 oltre IVA e accessori
di legge
Così deciso in Roma, il 22.1.2008.
Depositato in cancelleria il 17/03/2008
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