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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 7 Gennaio 2008 (Ud.
13/11/2007), Sentenza n. 175
FAUNA E FLORA - Maltrattamento di animali - Detenzione degli animali in
condizioni incompatibili con la loro natura - Art. 727 c.p. - Artt. 544 bis e ss
c.p. L. n. 189/2004 - Fattispecie: cane chiuso in auto sotto il sole per un
lungo tempo. La detenzione degli animali in condizioni incompatibili con la
loro natura configura il reato di maltrattamento, (prima disciplinato come
contravvenzione dall'art. 727 c.p., è divenuto delitto ai sensi degli artt. 544
bis e ss c.p. dalla legge n. 189 del 2004 che ha inserito il nuovo Tit. IX bis
nel Libro II del Codice penale). Nella fattispecie, era stato lasciato il cane
chiuso in auto sotto il sole per un lasso di tempo apprezzabile, senza che fosse
necessaria la volontà di infierire sull'animale o che questo riportasse una
lesione all'integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli
patimenti. Pres. Postiglione Est. Carrozza Ric. Mollaian. CORTE DI CASSAZIONE
Penale Sez. III, del 7 Gennaio 2008 (Ud. 13/11/2007), Sentenza n. 175
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Udine, in composizione monocratica, Mollaian
Ciro è stato ritenuto responsabile del reale cui all'art. 727, comma 2, c.p. per
avere detenuto il proprio cane meticcio, di colore nero focato e dì taglia medio
piccola, in condizioni incompatibili con la natura dello stesso e produttive di
gravi sofferenze, lasciandolo chiuso all'interno della propria autovettura,
posteggiata al sole per oltre un'ora ad una temperatura superiore ai 30 gradi e,
pertanto, condannato alla pena di € 1200,00 di ammenda.
2. Ricorrono per cassazione congiuntamente l'imputato e il difensore deducendo
la violazione dell'art. 606, lett.b c.p.p., per inosservanza o erronea
applicazione della legge penale e/o dell'articolo 606 lett. e c.p.p. per
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il
vizio risulti dal testo de provvedimento o da altri atti del processo.
3. Con il ricorso vengono anche sollevate due questioni di legittimità
costituzionale. 3.1 La prima questione è relativa all'art. 593, III comma,
c.p.p. in relazione agli artt. 24, 3 e III della Cost..
3.2 La seconda concerne I' art. 727 c.p. in relazione agli artt. 3 e 25, Il
comma, della Cost..
DIRITTO
Per motivi di ordine logico vanno anzitutto esaminate le due questioni di
legittimità costituzionale.
Quella relativa all'art. 593, III comma, c.p.p., nella parte in cui esclude
I'appellabilità alle sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola
pena dell'ammenda, è manifestamente infondata.
Il giudice delle leggi ha già avuto modo di affermare che il doppio grado di
giurisdizione non è stato elevato al rango costituzionale (Corte Cost. n. 280
del 1995). Anche questa Corte, poi, nel dichiarare la manifesta infondatezza
della questione sollevata ha confermato e precisato che l'appello non può
ritenersi indirettamente imposto dalli art. 24 Cost.. (Cass, 23 maggio 2001,
n.27366, Cass.,6 aprile 1994, Rozzisi Scarola, Cass., 30 settembre 1993, Reposi,
in Giur.it. 1995,11, 266, Cass., 11 febbraio1993, Mosca) né che l'esclusione di
esso, per le sentenze di condanna per le quali è stata applicata soltanto la
pena dell'ammenda, contrasta con l'art. 3 della Cost., essendo rimesso al
legislatore l'apprestamento di una diversa tutela a seconda della gravità del
reato. Le stesse considerazioni vanno fatte alla luce della nuova formulazione
dell'art. 111 Cost., che dispone soltanto che contro le sentenze e i
provvedimenti sulla libertà personale è sempre ammesso ricorso in Cassazione per
violazione di legge, ma non prevede l'obbligatorietà dell'appello.
Dall'indirizzo sopra richiamato non vi è motivo di discostarsi, anche a seguito
della sentenza della Corte Cost. n. 26/2007, che ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell' art. 593 c.p.p., nella formulazione che è stata data
dall'art. 11 legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui esclude che il p.
m. possa appellare le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le
ipotesi cui all'art.603, comma Il, c.p.p., perché la contrarietà alla
Costituzione è stata rilevata in quanto il principio di parità tra tutte le
parti, accusa e difesa, ex l'art. 111 Cost., come novellato, pur non comportando
identità di poteri processuali, tuttavia richiede che la disimmetria sia
ispirata a criteri di ragionevolezza e adeguata giustificazione che, nella norma
esaminata, sono state ritenute mancanti.
Nella specie, non vi è disparità di trattamento perché le parti hanno la stessa
posizione processuale, in quanto la norma contenuta nell' art. 593 c.p.p.
prevede l'inappellabilità per tutte le parti quando è stata applicata la sola
pena dell'ammenda. E la scelta del legislatore manifestamente appare improntata
a ragionevolezza, come detto, tenuto conto della non gravità dei reati relativi.
Del pari è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale
dell' art. 727 c.p. in relazione agli arti. 3 e 25, comma Cost..
Deducono i ricorrenti che la disposizione indicata ha un contenuto precettivo
ampio e indeterminato oltre ad essere carente di tipicità, ponendosi così in
contrasto con la riserva di legge in materia penale prevista dal!' art. 25, Il
comma, Cost..
Però, è stato sancito che il principio di tipicità non è violato quando il
legislatore, per l'individuazione del fatto reato, ricorrere a concetti diffusi
e generalmente compresi nella collettività in cui il giudice opera (Corte Cost.
14 aprile '88 n.453).
Nella specie, i concetti indicati nell'articolo 727 c.p. di "condizioni
incompatibili con la loro (degli animali) natura" e di " produttive di gravi
sofferenze" sono ormai di percezione comune, essendo entrati a far parte della
sensibilità della comunità. Per cui il fatto non appare indeterminato della sua
tipicità.
E', poi, infondato il motivo riguardante le dedotte violazioni dell'art. 606, n.
1, lett. b), per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, e lett.
e) per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per
omesso esame o travisamento di una prova.
L'interpretazione maggioritaria, cui questa sezione aderisce, dell'art. 606,
lett. e c.p.p., nella formulazione operata dall'art. 8 della legge n. 46 del
2006 ("mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione,
quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri
atti del processo specificatamente indicati nei motivi di gravame") che estende
il vizio deducibile in sede di legittimità, anche alla contraddizione ad un atto
esterno al testo, costituito da un atto del processo e, quindi, anche da un atto
probatorio (tra le tante Cass., sez. VI, 24 maggio 2007, n. 24680, Cass., sez.
VI, 28 settembre 2006 n. 35964 , Cass., sez. I, 14 luglio 2006, n. 25117, Cass.,
sez. V, 24 maggio 2006,36764; contro ad es. Cass., sez. V, 10 ottobre 2006, n.
36773), esclude comunque che tale vizio possa concretizzarsi in una rilettura ed
in una nuova valutazione de fatto, anche se dotate di una maggiore capacità
argomentatíva. Il sindacato del giudice di legittimità sulla giustificazione del
provvedimento impugnato, cioè, è sempre circoscritto alla verifica se il vizio
della decisione, costituito da errori delle regole della logica - principio di
non contraddizione, di causalità, univocità, completezza - o dalla
inconciliabilità con gli atti del processo specificatamente indicati abbia una
forza giustificativa tale da disarticolare tutto il ragionamento operato del
giudice del merito.
Le deduzioni dei ricorrenti sostanzialmente consistono in una valutazione
diversa ed alternativa delle prove, non consentita.
Le dichiarazioni della teste Codutti, che avrebbe riferito che l'auto, al
momento in cui era stata lasciata, era fresca, e la documentazione fotografica,
che evidenziava il cane in buone condizioni, stante la vivacità espressiva degli
occhi e la postura eretta, che il ricorrente deduce non essere state prese in
considerazione dal giudice del merito, non sono tali da disarticolare il
processo argomentativo.
Il giudice del merito ha fondato la giustificazione sul dato probatorio,
rilevante, costituto dalla dichiarazione del milite appartenente alla Stazione
dei Carabinieri di Martignacco, che ha riferito che, presso il centro
commerciale "Città Fiera di Torreano" di Martignacco, un cane meticcio di taglia
medio piccola era rimasto chiuso all'interno di una autovettura, parcheggiata in
pieno sole e con una temperatura esterna di circa 30 gradi e per circa un'ora e
che detto cane dava segni visibili di disagio, ansimando e cercando l'ombra,
nello spazio tra i sedili anteriori e posteriori.
Lo stesso giudice ha evidenziato che dalla stessa testimonianza risultava che,
riusciti ad aprire la portiera e a fare discendere l'animale, questo appariva
assetato e si rendeva necessario somministrare subito dell'acqua.
Rettamente, quindi, è stato riconosciuto che tale fatto integra il reato di cui
all'art. 727 c. p..
Questa Corte, nell'interpretare la norma contenuta nell' art. 727 c.p. nella
formulazione anteriore all'art. 1 legge 20 luglio 2004 n. 189, ha sempre
ritenuto che integra il reato previsto il tenere un cane in un luogo angusto per
un lasso di tempo apprezzabile, senza che fosse necessaria la volontà di
infierire sull'animale o che questo riportasse una lesione all'integrità fisica,
potendo la sofferenza consistere in soli patimenti (tra le altre Cass., sez. III,
21 dicembre 2005, n. 2774).
La nuova formulazione della disposizione codicistica non modifica il contenuto
della norma perché è sempre punibile la detenzione degli animali "in condizioni
incompatibili per le loro natura".
Alla luce di ciò l'argomentazione del giudice del merito appare logica e
rispondente ai canoni interpretativi della norma, avendo evidenziato sia che
l'animale era stato tenuto chiuso in una autovettura, limitata, parcheggiata al
sole, con una temperatura di oltre 30 gradi per circa un'ora, incompatibile con
la natura dello stesso, tanto che cercava l'ombra tra i sedili, sia che lo
stesso aveva riportato gravi patimenti, tenuto conto che ansimava (dimostrando,
cioè, difficoltà di respirazione) e che necessitava la somministrazione di
acqua, manifestando un inizio di disidratazione, tanto che si rese necessaria
l'apertura delle portiere, la liberazione dell'animale e la immediata
somministrazione di acqua.
Le deduzioni del ricorrente tendono a prospettare una valutazione diversa e
opposta a quella operata dal giudice del merito, insindacabile in questa sede
perché sorretta da argomentazione logica in relazione anche al dato processuale.
Il rigetto del ricorso importa la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità
costituzionale sollevate, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
ROMA 13 novembre 2007.
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