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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17/01/2008 (Ud.
09/10/2007), Sentenza n. 2475
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni di vapori, gas e fumi - Molestie olfattive
provocate da impianto industriale autorizzato - Art. 674 c. p. - Configurabilità
- Condizioni - Fattispecie - Art. 268, 1° c. lett.a), D.Lgs. 3.4.2006, n. 152 -
Art. 844 cod. civ.. In tema di emissioni inquinanti nell'atmosfera, il
consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la violazione dell’art.
674 cod. pen. in presenza di emissioni provenienti da impianti autorizzati e nel
rispetto dei valori limite fissati dalla normativa speciale trova applicazione
solo nei casi in cui esistono precisi limiti tabellari fissati dalla legge;
diversamente, il reato contenuto nell’art. 674 cod. pen., è configurabile nel
caso di “molestie olfattive”, dal momento che non esiste una normativa statale
che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori (non
essendo applicabile la disciplina in materia di inquinamento atmosferico dettata
dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152), con conseguente necessità di individuare il
parametro di legalità nel criterio della “stretta tollerabilità”, ritenendosi
riduttivo ed inadeguato il riferimento a quello della “normale tollerabilità”
fissato dall’art. 844 cod. civ. in quanto inidoneo ad approntare una protezione
adeguata all’ambiente ed alla salute umana, attesa la sua portata
individualistica e non collettiva. Fattispecie: esalazioni maleodoranti atte a
molestare le persone, in quanto nauseanti e puzzolenti provocate da un impianto
industriale di confezionamento di "trippa" alimentare e di lavorazione degli
scarti animali. Presidente E. Lupo, Relatore A. Fiale. CORTE DI CASSAZIONE
Penale Sez. III, 17/01/2008 (Ud. 09/10/2007), Sentenza n. 2475
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni di vapori, gas e fumi - Assenza di una
normativa di settore e di standards fissati dalla legge - Art. 674 cod.
pen. - Configurabilità - Criterio della "stretta tollerabilità. In assenza
di una normativa di settore e di standards fissati dalla legge, può
trovare senz'altro applicazione l'art. 674 cod. pen., con individuazione del
parametro di legalità nel criterio della "stretta tollerabilità. Presidente E.
Lupo, Relatore A. Fiale. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17/01/2008 (Ud.
09/10/2007), Sentenza n. 2475
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale monocratico di Crema, con sentenza del 21.10.2005, ha affermato la
responsabilità penale di Alghisi Nicola e Alghisi Federico in ordine ai reati di
cui:
- agli artt. 81 cpv. e 674 cod. pen., poiché, nelle rispettive qualità di
presidente del consiglio di amministrazione e poi di amministratore unico della
s.r.l. "Alghisi" (Alghisi Nicola) e di amministratore unico della s.r.l. "Alghisi
Trippa" già s.n.c. "Alghisi" (Alghisi Federico), con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso, provocavano emissioni consistite in
esalazioni odorose atte a molestare le persone, in quanto nauseanti e
puzzolenti, eccedendo la normale tollerabilità - acc. in Palazzo Pignano, dal 6.8.2002 al 15.8.2003 e,
riconosciute circostanze attenuanti generiche, condannava ciascuno alla pena di
euro 180,00 di ammenda, concedendo ad entrambi il beneficio della non-menzione.
Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi i due imputati, i quali -
sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - hanno
eccepito:
- la erroneità dell'orientamento interpretativo, condiviso dal Tribunale,
secondo il quale la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. sarebbe sempre
configurabile in presenza di una molestia ex art. 844 cod. civ. e non sarebbe
esclusa dal rispetto dei limiti di tolleranza specificamente fissati dalla
legge.
Gli stabilimenti di confezionamento di "trippa" alimentare e di lavorazione
degli scarti animali, rispettivamente gestiti da essi imputati ed aventi un
impianto comune di abbattimento dei fumi, erano muniti di regolari
autorizzazioni amministrative per le emissioni in atmosfera; i limiti di
emissione imposti da tali autorizzazioni erano stati sempre rispettati e, nei
plurimi controlli eseguiti dalla pubblica autorità, non erano state mai
riscontrate molestie olfattive.
In una situazione siffatta il giudice del merito si sarebbe dovuto conformare a
quella diversa giurisprudenza secondo la quale "non è configurabile il reato nel
caso che le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata e
siano inferiori ai limiti previsti dalle leggi in materia di inquinamento
atmosferico, atteso che la espressione nei casi non consentiti dalla legge
costituisce una precisa indicazione della necessità che l'emissione avvenga in
violazione degli standards fissati dalle normative di settore, il cui rispetto
integra una presunzione di legittimità";
- la incongrua valutazione delle prove, non avendo il Tribunale tenuto conto -
pure a fronte di deposizioni testimoniali tra loro contrastanti - che nella zona
erano presenti altre aziende che svolgevano la medesima attività produttiva con
impianti per i quali, al contrario, risultava accertato il superamento dei
limiti di legge.
Essi imputati avevano agito sempre in assoluta buona fede e mai avevano ricevuto
notizia di doglianze mosse dagli abitanti della zona in relazione a molestie
olfattive asseritamente prodotte dalle aziende da loro gestite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere rigettati, perché infondati.
1. In tema di emissioni inquinanti nell'atmosfera, questa Corte Suprema, in più
decisioni, ha ravvisato l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 674,
seconda parte, cod. pen., affermando che esse possono certamente ricondursi ad
una delle tre tipologie indicate dalla norma incriminatrice (gas, vapori, fumo).
Parimenti è stata ritenuta la loro capacità offensiva, in considerazione della
indubbia idoneità di tali emissioni ad arrecare molestia alle persone, dovendosi
fare rientrare nel
concetto di "molestia" tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e
comunque di "turbamento della tranquillità e della quiete", che producono "un
impatto negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività
quotidiane di lavoro e di relazione" (vedi Cass.: Sez. I, 4.2.1994, n. 1293,
Sperano ed altro; Sez. III, 24.1.1995, n. 771, Rinaldi; Sez. I, 22.1.1996, n.
678, P.M. in proc. Viale).
In tale prospettiva è stato affermato che può costituire "molestia" anche il
semplice arrecare alle persone preoccupazione ed allarmi generalizzati circa
eventuali danni alla loro salute per l'esposizione ad emissioni atmosferiche
inquinanti (Cass., Sez. III: 7.4.1994, n. 6598, Gastaldi; 12.5.2003, n. 20755,
Di Grado ed altri).
Deve ricordarsi, inoltre, in proposito, che la contravvenzione di cui all'art.
674 cod. pen. costituisce reato di pericolo, per cui non è necessario che sia
determinato un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente
l'attitudine concreta delle emissioni ad offenderle o molestarle nel senso sopra
indicato (vedi Cass., Sez, I: 15.11.1993, n. 10336, Grandoni; 17.12.1994, n.
12428, Montini; 4.12.1995, n, 11868, Balestra ed altro; 21.1.1998, n. 739, P.M.
in proc. Tilli; 14.1.2000, n. 407, Samengo; nonché Cass., Sez. III., 21.3.1998,
n. 3531, Terrile).
1.2 La giurisprudenza di questa Corte, poi, ha ravvisato la possibilità del concorso tra l'art. 674 cod. pen. e le norme speciali in materia ambientale [con
riferimento all'inquinamento atmosferico (vedi Cass.: Sez. III, 7.4.1994, n.
6598, Gastaldi; Sez. I, 31.8.1994, n. 9357, Turino), all'inquinamento idrico
(Cass.: Sez. I, 10.11.1998, n. 13278, Mangione; Sez. III, 7.10.2003, n. 37945,
Graziarli) e all'inquinamento elettromagnetico (Cass., Sez. I: 12.3.2002, n.
10475, Fantasia ed altri; 14,6.2002, n. 23066, Rinaldi)] e, anche in
considerazione di tale asserita concorsualità, particolare attenzione,
nell'interpretazione testuale dell'art. 674 cod. pen., ha riservato all'inciso
"nei casi non consentiti dalla legge".
In relazione a detto inciso, si era formato un orientamento giurisprudenziale
[si ricordino, tra le molte decisioni, Cass.: Sez. I, 17.11.1993, n. 781,
Scianti; Sez. III, 7.4.1994, m 6598, Roz Gastaldi; Sez. I, 6.11.1995, n. 11984,
Guarnero; Sez. I, 27,1.1996, n. 863, Celeghin; Sez. I, 11.4.1997, n. 3919,
Sartori; Sez. I, 21.1.1998, n. 739, Tilli; Sez. III, 1.10.1999, n. 11295, Zompa
ed altro; Sez. I, 24.11.1999, n. 12497, De Gennaro] nel senso che rientra
pacificamente nei "casi non consentiti dalla legge" il superamento della soglia
delle emissioni fissata dalla normativa di settore, ma che — anche nei casi di
attività esercitata previo regolare rilascio dell'autorizzazione amministrativa
e nel rispetto dei limiti tabellari fissati dalla normativa speciale — la
contravvenzione è pur sempre configurabile alla stregua dei criteri civilistici,
in quanto la "molestia" dell'emissione non è esclusa per il solo fatto che essa
sia inferiore ai limiti massimi di tolleranza specificamente fissati dalla
legge.
Un diverso indirizzo interpretativo (già isolatamente enunciato da Cass., Sez.
III, 26.8.1985, n. 7765, Diliberto) si è sviluppato, invece, a partire dalla
sentenza 7.7.2000, n. 8094, rie. Meo, della I Sezione di questa Corte Suprema
(concernente l'emissione di fumo dagli impianti di un oleificio), con la quale è
stato affermato il principio che, nella formulazione dell'art. 674 cod. pen.,
l'espressione "nei casi non consentiti dalla legge" si collega alla necessità
che l'emissione (di gas, vapori o fumi) atta a molestare le persone avvenga in
violazione delle norme che regolano l'inquinamento atmosferico.
Ne consegue che, ai fini dell'affermazione di responsabilità in ordine al reato
previsto dall'art. 674 cod. pen., non basta che le emissioni siano astrattamente
idonee ad arrecare fastidio, ma "é indispensabile la puntuale e specifica
dimostrazione che esse superino gli standards fissati dalla legge".
Nel campo dell'illecito penale, dunque, si riscontra una sorta di presunzione di
legittimità per quelle emissioni che non superino le soglie fissate dalle leggi
speciali.
Tali conclusioni devono ritenersi ormai largamente consolidate in una stabile
interpretazione giurisprudenziale [vedi Cass., Sez. III, 3.3.2004, n. 9757,
Pannone, per emissioni provenienti da cava di estrazione- di pietra calcarea e
da Cass., Sez. I: 12.3.2002, n. 15717, Pagano ed altri; 14.6.2002, n. 23066,
Rinaldi, in relazione ad emissioni di onde elettromagnetiche; nonché, tra le
sentenze più recenti di questa III Sezione: 5.6.2007, n. 21814, Pierangeli;
10,10.2006, n. 33971, Bortolato; 9.2.2006, n. 8299, Tortora; 26.5.2005, n.
19898, Pandolfini; 29.9.2004, n. 38297, P.M, in proc. Providenti ed altri].
In ogni caso, comunque, affinché possa configurarsi il reato di cui all'art. 674
cod. pen., non basta che le immissioni in atmosfera superino i limiti
eventualmente fissati dalla normativa speciale, ma occorre anche che esse
abbiano carattere effettivamente molesto, nel senso dianzi delineato (vedi
Cass., Sez. I: 13.1.2003, n. 760, Tringali; 7.7.2000, n. 8094, Meo).
1.3 Il consolidato orientamento giurisprudenziale del quale si è riferito dianzi
trova applicazione nei casi in cui esistono precisi limiti tabellari fissati
dalla legge, ed in tali casi non possono ritenersi "non consentite" le emissioni
che abbiano, in concreto, le caratteristiche qualitative e quantitative già
valutate ed ammesse dal legislatore ed eventualmente trasfuse in legittimi
provvedimenti amministrativi autorizzatoti.
Deve ritenersi, però, che - ove un'autorizzazione abbia consentito valori in
contrasto rispetto a quelli normativamente delineati - resti ferma la
valutazione del giudice circa l'illegittimità dell'autorizzazione medesima, con
ogni conseguenza penale, non potendo negarsi la rilevanza della produzione degli
effetti che l'art. 674 cod. pen. è rivolto a scongiurare.
Diversa è l'ipotesi in cui non esiste una predeterminazione normativa, ove è
affidata al giudice penale la valutazione della tollerabilità consentita, alla
stregua delle conseguenze che le emissioni producono sull'area esterna
all'azienda e sulle persone che vi abitano o comunque vi operano.
Tale valutazione deve operarsi secondo criteri di "stretta tollerabilità" [in
tal senso Cass., Sez. III: 5.6.2007, n. 21814, Pierangeli; 10.10.2006, n. 33971,
Bortolato; 31.3.2006, n. 11556, Davito Bava], dovendo ritenersi riduttivo ed
inadeguato il riferimento alla "normale tollerabilità" fissato dall'art. 844
cod. civ., che appare inidoneo ad approntare una protezione adeguata
all'ambiente ed alla salute umana, attesa la sua portata individualistica e non
collettiva (vedi sul punto Corte Cost., 23.7.1974, n. 247).
In quest'ottica devono essere riguardate le c.d. "molestie olfattive", dal
momento che non sussiste una normativa statale che preveda disposizioni
specifiche e valori-limite in materia di odori e tale materia è diversa da
quella dell'inquinamento atmosferico, che l'art. 268, 1° comma lett.a), del
D.Lgs. 3.4.2006, n. 152 definisce "ogni modificazione dell'aria atmosferica,
dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con
caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o
per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o
compromettere gli usi legittimi dell'ambiente".
La normativa nazionale si limita a stabilire alcuni principi fondamentali al
fine di prevenire le Molestie olfattive, ovvero i criteri generali di
localizzazione di alcune tipologie di impianti e le prescrizioni relative
all'applicazione delle migliori tecniche disponibili per il contenimento e l'abbattimento
delle emissioni. Essa, tuttavia, non prevede limiti, espressi in unità
odorimetriche, alle emissioni di sostanze osmogene dagli impianti e metodologie
o parametri per valutare la rilevanza o meno del livello di molestia olfattiva
da essi determinato.
Solo alcune Regioni hanno individuato normativamente valori-limite alle
emissioni di odori.
In assenza di una normativa di settore e di standards fissati dalla legge,
dunque, può trovare senz'altro applicazione l'art. 674 cod. pen., con
individuazione del parametro di legalità nel criterio della "stretta
tollerabilità", secondo le argomentazioni già svolte al riguardo.
2. Nella fattispecie in esame - in cui non risultano riscontrate violazioni
della normativa in relazione al contenuto delle emissioni autorizzate di scarico
in atmosfera - il giudice del merito ha tuttavia accertato la intervenuta
produzione di esalazioni puzzolenti, provenienti con carattere duraturo proprio
dagli stabilimenti gestiti dai due imputati, idonee a cagionare nausea e
disgusto, con impatto negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali
attività quotidiane di lavoro e di relazione. Né gli imputati hanno dimostrato
di avere adottato tutte le misure imposte, secondo la particolarità del lavoro,
dalla migliore esperienza e dalla tecnica più avanzata per evitare quelle
molestie (solo nell'ottobre del 2003 è stato messo in funzione un potenziato
impianto di abbattimento fumi).
In ordine all'accertamento anzidetto, va rilevato che le censure concernenti
asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione dei
fatti e dell'attribuzione degli stessi alla persona dell'imputato non sono
proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della
decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato
argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo e il ricorrente
si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e,
con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
3. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna solidale dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti 607, 615 e 616 c.p.p.,
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese
processuali.
ROMA, 9.10.2007
Deposito in Cancelleria, 17/01/2008
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