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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 17 Gennaio 2008,
Sentenza n. 2478
RIFIUTI - Acque reflue - Abbandono e deposito incontrollato - Impianto di
depurazione - Reflui fuoriusciti dal tronco di fognatura - Sversamento su suolo
e sottosuolo - Omessa manutenzione - Responsabilitą del sindaco - D. L.vo n.
22/1997 - D. L.vo n. 152/2006 - Art. 107, D. L.vo n. 267/2000. Si configura
la responsabilitą del sindaco di un comune, che consenta, omettendo di disporre
una corretta attivitą di manutenzione, che i reflui fuoriusciti dal tronco di
fognatura a monte dell'impianto di depurazione invadessero ed impregnassero
suolo e sottosuolo circostanti. Il vigente ordinamento degli enti locali
(Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 107, e successive modificazioni)
prevedendo la delega di autonomi poteri organizzativi ai dirigenti
amministrativi dell'ente non esclude comunque il dovere di controllo in capo
alla figura politicamente ed amministrativamente apicale del comune (in tal
senso Cass. Sez. 3, n. 28674 del 2004 Rv. 229293). Pres. Lupo, Rel. Mancini,
Ric. G.C.. (conferma Trib. di Foggia Sez. Dist. di Trinitapoli, Sentenza del
31/05/2006). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sezione III, 17/01/2008, Sentenza n.
2478
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPO Ernesto - Presidente
Dott. MANCINI Franco - Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. MARINI Luigi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) GI. CA. , N. IL (adrg);
avverso SENTENZA del 31/05/2006 TRIB. SEZ. DIST. di TRINITAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. MANCINI FRANCO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. De Nunzio Vladimiro, che ha
concluso per l'annullamento con rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Gi. Ca. e' stato condannato dal Tribunale di Foggia sede distaccata di
Trinitapoli alla pena di euro 2.000,00 di ammenda per il reato di cui al Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, articolo 51, comma 1, lettera a), (escludendo quindi
che si trattasse dei rifiuti pericolosi di cui al capo di imputazione) perche'
nella sua veste di sindaco di (adrg) consentiva, omettendo di disporre una
corretta attivitą di manutenzione, che i reflui fuoriusciti dal tronco di
fognatura a monte dell'impianto di depurazione invadessero ed impregnassero
suolo e sottosuolo circostanti.
Con la stessa sentenza l'imputato e' stato condannato al risarcimento del danno
nonche' alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla costituita parte
civile.
Il processo era partito dalla denuncia del proprietario di un vigneto invaso dai
liquami di fogna.
Nel momento in cui gli agenti di polizia giudiziaria attivati dal P.M. hanno
proceduto alla ispezione dei luoghi il terreno era asciutto.
Gli sversamenti, peraltro, erano emersi in particolare dalla deposizione della
parte civile.
Avverso la sentenza l'imputato ha proposto personalmente ricorso per Cassazione
denunziando:
- errata configurazione giuridica della contestata condotta trattandosi nella
specie del Decreto Legislativo n. 152 del 1999, articolo 2 e non del Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, di cui al capo di imputazione;
- vizio motivazionale laddove l'allagamento dei terreni viene attribuito al
malfunzionamento del depuratore mentre la responsabilitą del sindaco e'
collegata alla cattiva manutenzione del collettore;
- i testi hanno riferito del regolare funzionamento e della regolare tenuta del
collettore in questione;
- l'amministrazione comunale era subito intervenuta dopo la segnalazione
dell'inconveniente e comunque l'ordinamento degli enti locali non prevede una
responsabilitą del sindaco in materia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e' infondato e deve essere respinto.
Quanto invero al primo motivo si osserva che il Decreto Legislativo n. 22 del
1997, articolo 14, comma 1, vietava - questo provvedimento legislativo e' stato
successivamente abrogato dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006 - "l'abbandono
ed il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo" e che il
successivo articolo 51, comma 2, sanziona con la pena alternativa dell'arresto o
dell'ammenda - se si tratta di rifiuti non pericolosi come nel caso in esame -
tale condotta se posta in essere da titolari di imprese o, come nella specie, da
titolari di enti.
Come si vede il fatto vuoi nella materialitą della condotta - sversamento al
suolo di rifiuti allo stato liquido - e vuoi per la qualitą del soggetto cui il
fatto e' attribuito puo' e dunque deve essere sussunto in pieno sotto la
previsione normativa costituita dal combinato disposto del Decreto Legislativo
n. 22 del 1997, articolo 14, comma 1 (e non comma 2 come invece erroneamente
indicato nel capo di imputazione) e articolo 51, comma 2.
Non e' pertanto condivisibile la tesi sostenuta (per vero in modo meramente
assertivo, con il ritenuto conforto di due massime di questa Suprema Corte che
tuttavia non si attagliano al caso in esame dal momento che la prima in ordine
cronologico, la n. 20679 del 2004, occupandosi dei reflui della lavorazione del
vetro conclude per l'applicabilitą alla specie della disciplina dei rifiuti
mentre l'altra, la n. 16274 del 2005, tratta di un caso assolutamente di specie,
inidoneo come tale ad esprimere un orientamento di carattere generale) nel
ricorso in forza della quale la disciplina applicabile alla fattispecie sarebbe
quella contenuta nel Decreto Legislativo n. 152 del 1999 avente ad oggetto la
tutela delle acque dall'inquinamento.
Anche la doglianza concernente la imprecisa ed incerta (nell'ottica del
ricorrente) individuazione della condotta colpevole dell'imputato non e'
condivisibile posto che non e' esatto che il ragionamento del giudicante
oscillerebbe fra l'addebito della cattiva manutenzione del collettore e quello
del malfunzionamento del depuratore.
In realtą nella impugnata sentenza, premesso che gravava sul comune di (adrg) la
responsabilitą della manutenzione del tratto fognario in cui si verifico'
l'incidente che ne occupa, e' ben vero che si afferma (ma quasi incidenter
tantum) che "l'impianto di depurazione non era idoneo" ma poi in concreto
l'attenzione si concentra e la causa dell'incidente stesso viene individuata in
una non "corretta manutenzione ed ispezione del collettore" precisandosi che "se
la griglia fosse stata pulita non sarebbero passati attraverso la stessa dei
materiali solidi non consentiti" e conseguentemente non si sarebbe verificato il
blocco delle pompe di aspirazione, con la conseguenza ulteriore della
tracimazione dei tombini e l'invasione da parte dei liquami di fogna del terreno
circostante.
Quanto poi alla effettivitą della esondazione dei liquami - di cui si occupa il
terzo motivo del ricorso - a tale conclusione il giudicante e' pervenuto sulla
base delle dichiarazioni della parte civile, ritenute attendibili e non smentite
dal fatto che l'ispezione dei luoghi operata dopo la presentazione della querela
non accerto' l'allagamento in atto del terreno della stessa parte civile. La
verifica tuttavia - si nota nella sentenza - avvenne diversi mesi dopo la
presentazione della querela quando il terreno aveva ormai avuto tutto il tempo
di asciugarsi. Peraltro il ragionamento sul punto del Tribunale prosegue
osservando che alcuni mesi prima in effetti tale allagamento era stato osservato
ed anche questo particolare valeva a conferire alla denuncia della parte offesa
il crisma dell'attendibilitą.
In definitiva dunque puo' osservarsi che la valutazione, indubbiamente di
merito, svolta sul punto dalla sentenza appare congruamente argomentata e non si
presta conseguentemente ad essere censurata in questa sede di legittimitą.
Quanto alla personale responsabilitą dell'imputato nella sua veste di sindaco
del comune - di cui tratta l'ultimo dei motivi del ricorso - e' ben vero che il
vigente ordinamento degli enti locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000,
articolo 107, e successive modificazioni) prevede la delega di autonomi poteri
organizzativi ai dirigenti amministrativi dell'ente ma cio' non esclude comunque
il dovere di controllo in capo alla figura politicamente ed amministrativamente
apicale del comune (in tal senso Cass. Sez. 3, n. 28674 del 2004 Rv. 229293).
Peraltro nella specie il ricorrente omette di indicare l'organo amministrativo
dell'ente delegato all'esercizio del potere di controllo di cui nella specie si
tratta nonche' l'atto organizzativo in cui tale individuazione sarebbe stata
operata nonche' il contenuto, l'ampiezza e le risorse caratterizzanti
l'esplicito conferimento dal sindaco ad uffici dipendenti di funzioni e potere.
In siffatta situazione la doglianza in questione rimane meramente assertiva e
non puo' essere condivisa.
Alla stregua delle considerazioni che precedono le censure mosse nei confronti
della impugnata sentenza non possono trovare accoglimento.
Il rigetto del ricorso, infine, comporta la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
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