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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 21 Gennaio 2008 (Ud.
20/12/2007), Sentenza n. 3011
SICUREZZA SUL LAVORO - Prevenzione degli infortuni - Affidamento incarico di
coordinatore da parte del committente - Compiti e responsabilità - Fattispecie:
Infortuni sul lavoro - Gru danneggiata da una manovra errata - Incidente
mortale. In materia di sicurezza del lavoro e di prevenzione degli
infortuni, qualora il committente affidi a soggetto specificamente qualificato
l'incarico di coordinatore tra i compiti del designato rientra il dovere sia di
fornire le opportune informazioni sia sui rischi cui vanno incontro i lavoratori
per le singole attività svolte dagli stessi, sia sulle misure da adottare per
evitare incidenti nell'espletamento della specifico compito, sia di svolgere una
costante vigilanza sull'esecuzione dei lavori tramite una regolare presenza in
cantiere, affinché le disposizioni date siano concretamente attuate. Pres. -
Rel. Morgini - P.m. Geraci - Ric. P. ed altro (conferma Tribunale di Padova,
sentenza del 19 giugno 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 21 Gennaio 2008 (Ud.
20/12/2007), Sentenza n. 3011
SICUREZZA SUL LAVORO - APPALTI - Presenza in cantiere di più aziende
appaltatrici e subappaltatrici dei lavori - Coordinatore incaricato alla
sicurezza e prevenzione dagli infortuni - Obblighi in tema di sicurezza -
Responsabilità. In ambito di sicurezza sul lavoro, la presenza in loco di
altra ditta esecutrice di lavori non esonera il coordinatore incaricato alla
sicurezza e prevenzione dagli infortuni da responsabilità, poiché è dovere
imprescindibile dei singoli incaricati di organizzare un programma di piena ed
integrata collaborazione, che serva a rafforzare la finalità di prevenzione e
non ad esonerare gli addetti da alcuno dei compiti propri. In particolare il
coordinatore deve anche indicare in modo specifico ogni indispensabile
accorgimento che consenta di renderlo edotto tempestivamente delle situazioni di
pericolo sopravvenute anche attraverso plurimi ma convergenti canali
informativi. Pres. - Rel. Morgini - P.m. Geraci - Ric. P. ed altro (conferma
Tribunale di Padova, sentenza del 19 giugno 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez.
IV, 21/01/2008 (Ud. 20/12/2007), Sentenza n. 3011
SICUREZZA SUL LAVORO - Incaricato alla progettazione, esecuzione e controllo
dell'espletamento dei lavori - Corresponsabilità nella causazione dell'evento
morte - Fattispecie. Il responsabile incaricato della progettazione,
esecuzione e controllo dell'espletamento dei lavori quando riveste il ruolo
ricoperto per incarico della committente, diventa il massimo responsabile
unitamente a quest’ultimo dell'andamento dell'intero cantiere. Pertanto, anche a
lui vanno, addebitate le carenze nell'organizzazione dei controlli e delle
informazioni connesse alla sicurezza e prevenzione dei possibili incidenti sul
lavoro. Nella specie, l'esistenza della corresponsabilità nella causazione
dell'evento morte non esonera affatto dalla grave colpa di omettere la
costituzione di una valida rete informativa che gli potesse consentire di venire
a conoscenza immediata dell'occorso e conseguentemente di apprestare i dovuti
rimedi tecnici. Pres. - Rel. Morgini - P.m. Geraci - Ric. P. ed altro (conferma
Tribunale di Padova, sentenza del 19 giugno 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez.
IV, 21 Gennaio 2008 (Ud. 20/12/2007), Sentenza n. 3011
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
- B. L., F. R., P. L. e R. E. (in concorso con I. M. giudicato separatamente)
furono tratti a giudizio del Tribunale di Padova per rispondere della seguente
imputazione: reato p. e p. dall'art. 589 cod. pen. per avere, per colpa,
negligenza, imprudenza ed imperizia, altresì non osservando ciascuno le
sottoindicate norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nell'ambito del
cantiere allestito presso la ditta E. s.p.a. per lavori di posa in opera di
manto di copertura, opere di lattoneria e finestratura a shed e precisamente;
- I. M. quale legale rappresentante della ditta I. s.r.l. (appaltatrice dei
lavori) contravvenendo all'art. 4 comma 5 lett. I h del Decreto Legislativo n.
626 del 1994 e non fornendo ai dipendenti della ditta F. R., cui erano stati
subappaltati parte dei lavori, tempestive informazioni circa il rischio di un
pericolo grave ed immediato derivante dal malfunzionamento della gru di
cantiere, manifestatosi in data 7 giugno 2000 con incastro del bozzello sul
carrello nel corso di manovra effettuata da personale della I. e non disponendo
quindi le misure di sicurezza atte a evitare qualsiasi rischio per i lavoratori
R. E., quale coordinatore per l'esecuzione dei lavori, contravvenendo all'art.
15 comma 1, lett. a, e del Decreto Legislativo n. 494 del 1996, non assicurando
in fase di esecuzione dei lavori, tramite opportune azioni di verifica e
coordinamento, quanto contenuto nel piano di sicurezza, con particolare
riferimento ai rischi connessi all'uso della gru di cantiere, non garantendo,
inoltre, la costante informazione reciproca tra le imprese presenti in cantiere;
- B. L., quale legale rappresentante della ditta E. s.p.a. committente, P. L.,
quale responsabile dei lavori, contravvenendo entrambi all'art. 3 del Decreto
Legislativo n. 626 del 1994 non adottando, nell'organizzazione delle operazioni
di cantiere, con particolare riferimento all'utilizzo della gru, idonee misure
di sicurezza per la limitazione dei rischi e non verificando costantemente (in
violazione degli artt. 6 e 5 del Decreto Legislativo n. 494 del 19%)
l'adempimento dell'obbligo di organizzazione del coordinamento e della reciproca
informazione fra le imprese presenti in cantiere;
- F. R. quale legale rappresentante della ditta F. R., datore di lavoro di C. e
subappaltatrice dei lavori di incapsulamento con vernice delle lastre di
copertura in fibrocemento livellatura e copertura, contravvenendo alle
disposizioni di cui all'art 3 D.L.vo 626/1994, non provvedendo ad informare
adeguatamente il dipendente C. E. sui rischi connessi all'uso della gru di
cantiere e comunque consentendo che lo stesso, privo di adeguate istruzioni in
merito, utilizzasse la gru stessa, quindi, ciascuno per quanto di rispettiva
competenza non adottando misure idonee per segregare la gru a torre C. o per
dare avviso che la stessa era mal funzionante e che era quindi rischioso e molto
pericoloso avvicinarsi e operare con la stessa, non adottando cosi le necessarie
misure di protezione e avvicinarsi e operare con la stessa, non adottando così
le necessarie misure di protezione e cautela in presenza di elevata situazione
di pericolosità, di cui si aveva notizia già dal 7 giugno 2000, così cagionato
la morte di C. E., dipendente della ditta F. , che cercando di "disattorcigliare"
la fune di sollevamento della gru dal tamburo, operando non in condizioni di
sicurezza non essendo stato reso inerte il carico costituito dal bilancino
(quest'ultimo del perso di oltre 100 kg. insieme al bozzello, veniva mantenuto a
15 metri di altezza solo dalle forze generate dal precario equilibrio del
bozzello nel carrello), posizionandosi il lavoratore tra il tamburo ed il
traverso, muovendo la fune metallica e liberando l'incastro provvisorio tra
bozzello e carrello con conseguente liberazione immediata del grave (bozzello e
bilancino), che determinava la caduta del medesimo con tensione sul tamburo
della fune, che investiva il C., colpendolo al torace, sollevandolo e
spingendolo all'indietro, contro la struttura metallica del carro di base
(decesso per insufficienza cardiocircolatoria irreversibile da shock emorragico
per lesione toracica polifratturativa e ferita lacero contusa all'emitorace
sinistro con soluzione di continuo a tutto spessore della gabbia toracica ed
esposizione degli organi endotoracici) in Limena di Padova in data 8 giugno
2000.
Il Tribunale di Padova, con sentenza del 19 giugno 2003, ha dichiarato B. L., F.
R., P. L e R. E. colpevoli del reato di cui innanzi. Ha condannato F. al
risarcimento dei danni alle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio; al
pagamento di una provvisionale esecutiva liquidata in Euro 80.000,00 nonché alla
refusione in loro favore delle spese di costituzione e patrocinio.
Con sentenza del 16 aprile 2007 la Corte d'Appello di Venezia ha assolto L. B. e
R. F. dal reato de quo, per non avere commesso il fatto, confermando nel
resto la sentenza impugnata.
Ricorrono gli imputati.
Il difensore di Luigi P. deduce due motivi:
- con il primo lamenta carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione;
- con il secondo evidenzia mancanza
di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza.
Assume che erroneamente in sentenza è stata ritenuta la presenza in cantiere, il
giorno dell'infortunio, di "una catena di appalti e subappalti", che
avrebbe imposto comunque alla società appaltante E. (ed in particolare a R. e P.
quali delegati di Luigi B. , Legale Rappresentante della E. stessa) di cooperare
con le Società appaltatrici e subappaltatrici dei lavori per l'attuazione delle
misure di prevenzione e protezione per i rischi che inerivano alla realizzazione
dell'opera appaltata. Precisa che E. ha appaltato i lavori in questione alla I.
S.r.l., che avrebbe subappaltato alcune specifiche attività alla Ditta
individuale Adriano B. la quale, a sua volta, aveva ceduto in subappalto tali
lavori alla Ditta Remo F. , alle cui dipendenze operava l'infortunato C. ,
poiché la B. mai era entrata in cantiere. Aggiunge che la Ditta F. , non
presente in cantiere da due o tre mesi dalla data del fatto, si era ripresentata
sul posto proprio il mattino dell'infortunio: conseguentemente in quel giorno in
cantiere era presente ufficialmente solo la I. .
Il ricorrente lamenta la contraddittorietà e la manifesta illogicità del
provvedimento impugnato nella parte in cui quei giudici hanno ritenuto che sulla
E. (e quindi sull'attuale ricorrente) abbia continuato a gravare l'obbligo per
la Ditta appaltante di cooperare con l'appaltatore, per assicurare la sicurezza
nell'esecuzione nella realizzazione delle opere oggetto dell'appalto de quo.
All'uopo evidenzia che la I. nel contratto stipulato e nel Piano di Sicurezza
aveva assunto le correlate responsabilità. I giudici territoriali sarebbero
pervenuti all'erronea conclusione della permanenza di responsabilità in capo al
ricorrente, movendo dall'asserita complessità di soggetti e di imprese che
sarebbero state presenti in cantiere contestualmente nel giorno dell'accaduto:
in contrario asserisce che quest'affermazione sarebbe contraddetta dalle
emergenze processuali.
In particolare rileva che il giorno prima dell'infortunio - cioè il 7 giugno
2000 - avevano lavorato presso il cantiere solo dipendenti della I. , i quali
non avevano informato né R. né P. né F. del malfunzionamento occorso alla gru di
cantiere, consistente nell'incastro del bozzello sul carrello nel corso di
manovra effettuata da personale della I. stessa.
Di fatto la I. si sarebbe limitata a richiedere per il giorno successivo
l'intervento della Ditta addetta alla manutenzione. Il ricorrente precisa essere
il guasto tanto evidente che gli operai della Ditta F. nel giorno del decesso si
erano immediatamente accorti dell'avvolgimento del cavo della gru in modo
irregolare e del blocco del bozzello porta-gancio alla estremità superiore della
sua corsa. Asserisce che C. era stato, quindi, invitato dai suoi compagni "a
lasciar stare" e ad aspettare che arrivasse il personale della I. ",
proprietaria della gru. Ne deriverebbe che l'intervento della vittima
presenterebbe il carattere dell'"eccezionalità ed esorbitanza rispetto alle
precise direttive ricevute".
In ogni caso la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la I.,
unica presente in cantiere al momento del fatto ed unica informata della ripresa
dei lavori da parte della F. dopo qualche mese d'assenza, aveva assunto
l'obbligo di impartire precise e puntuali istruzioni non solo al suo personale
ma anche ad eventuali altre maestranze interessate ai lavori.
Il ricorrente asserisce ancore che ravvisare in R. e P. profili di colpa, perché
non avrebbero previsto ed imposto ad I. di informarli di qualsiasi guasto per
poter a loro volta intervenire, sarebbe un modo di argomentare contraddittorio
ed illogico, perché non tiene conto della superfluità di simili informative
interne poiché in cantiere non stava operando una pluralità di imprese tale da
imporre l'intervento del coordinatore per la progettazione e la esecuzione delle
opere (R. ) o del responsabile dei lavori (P. ), essendo presente solo la I., la
quale aveva assunto l'obbligo di fornire istruzioni complete, d'informare la
Ditta F. e di far usare le sue gru solo da personale specializzato operante alle
sue dipendenze.
Il ricorrente espone altresì che la corte d'Appello nei confronti dell'ing. P.
ha inoltre individuato uno specifico profilo di colpa con riferimento al difetto
dell'impianto per la violazione di cui l'art. 6 comma 2 del D.L. n. 626 del
1994, che avrebbe dato origine al guasto della gru e che sarebbe consistita in
una presa di corrente, esistente in cantiere, con la polarità invertita. Tale
addebito mancherebbe nell'originaria contestazione e sarebbe stato - dapprima -
ascritto dal tribunale solo a B. , condannato in primo grado, e poi addebitato
in appello anche al ricorrente, che è stato condannato per tale profilo, mentre
il predetto B. è stato assolto per non avere commesso il fatto. Tale decisione -
asserisce - è stata adottata a seguito dell'impugnazione proposta dai due
sunnominati con la prospettazione - in ordine alla sola posizione di B. -
proprio della violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. inerente soltanto
la posizione di B. e non di P. . Paradossalmente - aggiunge - la corte di
appello ha addirittura "trasferito" in capo all'ing. P. l'addebito che il
tribunale (per la prima volta con la sentenza di I grado) aveva ascritto solo al
B. .
La suddetta violazione dei menzionati artt. 521 e 522 con la pronunzia di
secondo grado si è concretata nei confronti di P. , al quale mai era stata
ascritta l'inosservanza de quo.
Né potrebbe farsi richiamo all'orientamento giurisprudenziale di legittimità che
esclude la violazione delle norme citate, quando si versi in tema di reati
colposi e siano aggiunti particolari profili di colpa (anche se specifica)
all'originaria contestazione. Nel caso di specie - evidenzia - quest'indirizzo
interpretativo non potrebbe essere invocato, poiché l'imputato non è stato posto
in condizione di difendersi dallo specifico addebito, prima ascritto solo a B. ,
poi escluso a carico del medesimo e ritenuto in capo a P. .
A quest'ultimo - afferma - è stata sempre ed esclusivamente contestata in modo
specifico la mancata adozione di idonee misure di sicurezza - nell'organizzare
le operazioni di cantiere - con particolare riferimento alla gru senza alcun
riferimento a problemi connessi all'impianto non adeguato della gru. Deduce,
inoltre, la manifesta illogicità della motivazione, poiché le asserite
irregolarità rilevate in sede di indagini in ordine agli impianti elettrici
presenti presso la E. non ebbero nessun rilievo causale dell'infortunio.
Assume che l'inconveniente verificatosi alla gru non fu determinato da
irregolarità riscontrate nell'impianto elettrico presente ma dal fatto che, il
giorno prima dell'infortunio, la gru fu collegata ad una presa che, diversa da
quella abitualmente utilizzata, presentava un'inversione delle polarità;
accadde, quindi, che l'operatore, il quale intendeva far scendere il verricello
(con il bilancino di 100 Kg. di peso agganciato allo stesso) azionando il
pulsante, ne causò viceversa la risalita con il conseguente incastro della fune
della gru. Conclude che all'epoca dell'infortunio non esisteva alcuna norma che
imponesse specifiche protezioni o rilevazioni in ordine ad eventuali inversioni
di polarità.
Asserisce altresì che, secondo le previsioni del contratto e del piano di
sicurezza, la ditta E. si era impegnata a mettere a disposizione di I. un quadro
elettrico generale con annesse dotazioni ed aveva indicato alla suddetta impresa
l'attacco al quale l'impianto doveva essere collegato. R. si duole della
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
L'esponente evidenzia che la Corte Veneta ha descritto in modo non realistico il
luogo di lavoro, facendolo apparire come sede ove erano presenti numerose
aziende. In contrario sostiene che fin dall'inizio era stata attiva soltanto la
I. appaltatrice dei lavori in virtù di contratto dell’1 dicembre 1999 e
successivamente la F. ditta esecutrice dei lavori relativi alla copertura dei
capannoni, da eseguire con lastre di alluminio. Aggiunge che, fino alla
ristrutturazione della copertura da parte della I., i lavori di copertura non
potevano essere realizzati dalla Remo F., che, infatti, è "rientrata in
servizio" in cantiere proprio nel giorno dell'infortunio. Precisa che il Piano
di Sicurezza prevedeva l'assunzione della responsabilità esclusiva
dell'organizzazione del cantiere e l'impegno ad impartire corrette istruzioni a
tutte le maestranze interessate ai lavori da parte della I. Nel Piano era anche
specificato che i mezzi di sollevamento dovevano essere utilizzati e manovrati
soltanto da personale qualificato della I. ed inoltre che il rispetto della
normativa antinfortunistica, la manutenzione e la sorveglianza del personale era
affidato all'assuntore dei lavori presente in cantiere. Rileva altresì che i
"rischi connessi all'uso della gru" sono - a parere del ricorrente - quelli
derivanti da normale attività di lavoro, mentre nella vicenda in esame la
vittima ha contravvenuto al divieto di continuare a cercare di manovrare la gru
ed alla disposizione di attendere la I.. Ne deriverebbe l'assenza di
responsabilità di R., che, all'oscuro dell'accaduto, non poteva provvedere
all'informazione interna.
Asserisce che non v'era stata alcuna carenza di previsione sul tema
dell'informativa nel Piano de quo, atteso che responsabile esclusiva era
la I. e che l'art. 5 comma 1 lett. h), i), l) impone al datore di lavoro
puntuali prescrizioni, che rendevano superflue specifiche previsioni nel
documento predetto. Né l'integrazione del Piano con questa specifica
disposizione stabilita successivamente all'infortunio costituisce prova della
fondatezza dell'accusa, poiché la definizione delle contestazioni in sede
amministrativa non comporta alcun riconoscimento di responsabilità nel campo
penale.
Motivi della decisione
I ricorsi sono infondati.
È pacifico in fatto che la società E. committente dei lavori aveva affidato a R.
il coordinamento in materia di sicurezza durante la progettazione e
realizzazione dell'opera. I giudici territoriali hanno ritenuto che il compito
di coordinamento e di informazione tra le imprese presenti non faceva carico
soltanto alla I. . A tale conclusione sono pervenuti in base all'esame della
clausola n. 15 del contratto d'appalto tra la s.p.a. E. e la s.r.l. I. . In tale
documento si da atto della nomina da parte della prima (E. ) del direttore dei
lavori nella persona di R. ; a lui era stato delegato il compito di controllare
i lavori personalmente o tramite un suo delegato e di predisporre il Piano
Sicurezza, mantenendolo costantemente aggiornato.
Il ricorrente rinnova integralmente la censura svolta con i motivi d'appello e
ripete anche in questa sede che responsabile esclusiva era la I. .
Espone, però, il tema con deduzioni alle quali i giudici territoriali hanno dato
risposta in modo adeguato sotto il profilo della ricostruzione delle clausole
contrattuali e del loro significato logico. Il risultato di questa valutazione
è, quindi, incensurabile in sede di legittimità.
Va al riguardo rilevato che, qualora il committente affidi a soggetto
specificamente qualificato l'incarico di coordinatore in materia di sicurezza
del lavoro e di prevenzione degli infortuni, tra i compiti del designato rientra
il dovere sia di fornire le opportune informazioni sia sui rischi cui vanno
incontro i lavoratori per le singole attività svolte dagli stessi, sia sulle
misure da adottare per evitare incidenti nell'espletamento della specifico
compito, sia di svolgere una costante vigilanza sull'esecuzione dei lavori
tramite una regolare presenza in cantiere, affinché le disposizioni date siano
concretamente attuate.
Né la presenza in loco di altra ditta esecutrice di lavori esonera il predetto
da responsabilità, poiché è dovere imprescindibile dei singoli incaricati di
organizzare un programma di piena ed integrata collaborazione, che serva a
rafforzare la finalità di prevenzione e non ad esonerare gli addetti da alcuno
dei compiti propri. In particolare il coordinatore deve anche indicare in modo
specifico ogni indispensabile accorgimento che consenta di renderlo edotto
tempestivamente delle situazioni di pericolo sopravvenute anche attraverso
plurimi ma convergenti canali informativi.
Nella specie - come hanno chiarito i giudici veneti - è addirittura mancata
qualsiasi programmazione in materia, al punto che nessuna misura precauzionale
anche minima è stata adottata per isolare l'area della gru danneggiata da una
manovra errata, né era stato realizzato alcun rimedio per assicurare un esatto
collegamento tecnico di questo apparecchio con la rete elettrica. La mancanza è
stata totale, al punto che, avendo un'inversione di polarità causato il guasto
descritto innanzi, si è determinata una grave situazione di pericolo, tradottasi
in incidente mortale. Alla riconosciuta imprevidenza di C. che ha tentato
impropriamente di azionare la leva dei comandi si è aggiunta in modo
preponderante la decisiva omessa istituzione dei necessari presidi informativi,
che non hanno consentito all'imputato d'impartire disposizioni per evitare
l'accaduto. Da tale carenza il ricorrente addirittura trae argomento,
chiaramente pretestuoso alla luce delle osservazioni esposte, per affermare la
sua assenza di colpa, laddove tale mancata conoscenza del guasto è emblematica
della sua colpa.
Non dissimile è la posizione processuale di P., responsabile dei lavori e,
quindi, ai sensi dell'art. 2 lett. b) e e) del Decreto legislativo n. 494 del
1996, incaricato per l'esecuzione ed il controllo dei lavori.
Il giudice di merito ha individuato la colpa del ricorrente fondamentalmente
nella medesima inadempienza ascritta a R. e, cioè, la mancata istituzione di un
idoneo canale informativo che gli consentisse di eseguire un rapido intervento
volto a scongiurare conseguenze dannose derivanti da un eventuale
malfunzionamento della gru e dalle stesse ipotizzagli e prevedibili improvvide
condotte dei lavoratori addetti.
La Corte territoriale ha, poi, argomentato in modo ampio sul tema
dell'installazione della gru e dell'uso dell'impianto elettrico generale a cui
collegare l'apparecchio de quo, precisando ad abundantiam che lo
stesso già s'era dimostrato inefficiente, tanto da rendere spesso necessari
l'adozione di soluzioni improvvisate.
Di qui è nata l'irrilevante questione processuale dedotta con il ricorso in
ordine alla violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. per avere il
giudice di merito ritenuto la colpa anche per il difetto dell'impianto elettrico
(non reggeva il carico di corrente) a cui la gru era collegata. Invero, tale
aspetto è stato abilmente enfatizzato dal ricorrente ma in realtà tale
prospettazione si presenta superflua ed ininfluente ai fini del decidere, in
quanto la colpa di P. presenta già nei limiti innanzi evidenziati gli identici
rilievi attinenti alla condotta di R. . P. era - si ripete - il responsabile
incaricato della progettazione, esecuzione e controllo dell'espletamento dei
lavori.
In tale ruolo, ricoperto per incarico della committente E. , egli era il massimo
responsabile unitamente a R. dell'andamento dell'intero cantiere. Anche a lui
va, pertanto, addebitato essenzialmente di essere rimasto all'oscuro
dell'accaduto per una gravissima carenza nell'organizzazione dei controlli e
delle informazioni connesse, che a lui dovevano fare capo (unitamente all'altro
ricorrente).
L'esistenza della corresponsabilità di I. nella causazione dell'evento morte non
lo esonera affatto dalla grave colpa in cui è incorso, omettendo di costituire
una valida rete informativa che gli potesse consentire di venire a conoscenza
immediata dell'occorso e conseguentemente di apprestare i dovuti rimedi tecnici.
Consegue la condanna al pagamento in solido delle spese processuali.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle
spese processuali.
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