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CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 08/02/2008 (Ud.
30/11/2007), Sentenza n. 3130
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - AGRICOLTURA - INQUINAMENTO LUMINOSO -
Realizzazione/manutenzione di un’opera pubblica - Risarcimento del danno
cagionato - Responsabilità civile della P.A. - Sussistenza - Art. 2043 c.c. -
Principio del neminem laedere - Applicazione - Fattispecie: impianto
d’illuminazione che alterava la fotosintesi nei campi limitrofi, danneggiando i
raccolti. Nella realizzazione o manutenzione di un’opera pubblica anche la
P.A., ai sensi dell'art. 2043 c.c., deve rispettare il generale principio del
neminem laedere, ed adottare tutti gli accorgimenti tecnici necessari per
evitare di recare pregiudizio a terzi. La violazione di tale principio comporta
l'obbligo del risarcimento del danno cagionato, indipendentemente dal fine
pubblico dell'opera. Nella specie è stata confermata la condanna all’ente
gestore delle strade per aver posto in essere lungo una strada consolare un
sistema di illuminazione che alterava la fotosintesi nei campi limitrofi,
danneggiando i raccolti. Presidente R. Preden, Relatore M. Fantacchiotti. CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 08/02/2008 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 3130
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Responsabilità civile - Tutela dell'incolumità dei
cittadini e dell'integrità del loro patrimonio - Inosservanza di norme di
diligenza e prudenza o di specifiche disposizioni di legge e di regolamento.
La discrezionalità e la conseguente insindacabilità da parte del giudice
ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l'amministrazione realizza e
mantiene un'opera pubblica trovano un limite nell'obbligo dell'amministrazione
medesima di osservare, a tutela dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità
del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento
disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza,
con la conseguenza che l'inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la
responsabilità dell'amministrazione per i danni arrecati a terzi. (Cass. Civ.
Sez. III, sentenza n.19359 del 18/09/2007). Presidente R. Preden, Relatore M.
Fantacchiotti. CORTE
DI CASSAZIONE CIVILE Sez. III, 08/02/2008 (Ud. 30/11/2007), Sentenza n. 3130
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Civile
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giulio Cesare Silvestri ha chiesto il risarcimento dei danni subiti nell'anno
1987 per la perdita della produzione agricola del suo fondo a seguito di
alterazione della fotosintesi vegetale prodotta dalle lampade di illuminazione
collocate dall'ANAS lungo la via Aurelia, con la quale il suo fondo confina.
La domanda è stata respinta al tribunale che ha, in particolare, rilevato come
essa non avesse per oggetto l'indennizzo previsto all'art. 46 della legge sulle
espropriazioni per pubblica utilità ma il risarcimento integrale del danno per
responsabilità aquiliana e come sotto questo profilo, accertata la funzione
pubblica dell'opera, non potesse essere accolta senza la prova della illiceità
della attività posta in essere per la sua realizzazione.
L'appello proposto dal Silvestri contro questa sentenza è stato respinto dalla
Corte di appello di Roma che ha sostenuto come il danno, in se e per se
considerato non possa "costituire l'ente in colpa" essendo necessario anche che
"risultasse la realizzazione dell'attività legittima della amministrazione con
modalità e caratteristiche esorbitanti rispetto alle finalità di pubblico
interesse, nella specie legate alla necessità di rendere sicura ed agevole la
circolazione stradale".
Questa sentenza è adesso impugnata dal Silvestri con ricorso per cassazione
assistito da due motivi.
L'ANAS resiste con controricorso eccependo, anzitutto, la inammissibilità del
ricorso per assoluta indeterminatezza dei motivi che lo sostengono.
E' stata depositata memoria nell'interesse del Silvestri per eccepire, tra
l'altro, l'inammissibilità del controricorso perché sottoscritto dall'Avvocatura
dello Stato in assenza di specifica procura, resa necessaria a seguito della
trasformazione dell'ANAS in società per azioni.
Motivi
l. Deve essere subito disattesa l'eccezione di inammissibilità del controricorso
opposta dal ricorrente con la memoria tempestivamente depositata avendo le
Sezioni Unite di questa Corte chiarito, con sentenza n.23020 del 15/11/2005 (Rv.
586486), che nell'ipotesi di rappresentanza processuale facoltativa degli enti
pubblici da parte dell'Avvocatura dello Stato, non è necessario che l'ente
rilasci una specifica procura all'Avvocatura medesima per il singolo giudizio,
risultando applicabile anche a tale ipotesi, a norma dell'art. 45 del r.d. 30
ottobre 1933, n. 1611, la disposizione dell'art. 1, secondo comma, del r.d.
cit., secondo cui gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a
tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato.
2. Infondata è anche l'eccezione di inammissibilità del ricorso dovendosi
ritenere, come si chiarirà, tutt'altro che indeterminati i due motivi che lo
sostengono.
3. Con il primo motivo si denuncia la "violazione e o falsa applicazione
dell'art. 2043 c.c. nonché del principio del neminem laedere, in
relazione all'art. 360 n. 5; vizio di motivazione su un punto decisivo della
controversia".
Si sostiene che la Corte territoriale ha del tutto omesso di tenere conto della
sostituzione, dopo poco tempo dal completamento dell'opera, dell'impianto di
illuminazione e di considerare, così che tale sostituzione avrebbe potuto
considerarsi prova certa dell'errore tecnico commesso dall'ANAS nel realizzare
il primo impianto di illuminazione con caratteristiche tali da determinare un
inquinamento luminoso pregiudizievole per le coltivazioni dei fondi confinanti
con la strada.
3.1. Il motivo deve essere condiviso.
Per quanto sviluppato in modo da centrare solo l'ultimo stadio dell'iter logico
sul quale si basa, esso chiaramente muove dal principio di diritto, affatto
pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, che impegna la Pubblica
amministrazione, nella esecuzione di un'opera pubblica o nella manutenzione
della stessa, a rispettare il limite del neminem laedere, per denunciarne
anzitutto la violazione (come è reso, del resto, palese dal riferimento, nella
epigrafe, alla disposizione dell'art. 2043 c.c.) a causa dell'errato
posizionamento delle lampade, reso palese, appunto, dall'omesso accertamento
delle ragioni della loro sostituzione a distanza di pochi giorni dalla
istallazione.
La censura coglie così il vizio di fondo della motivazione della sentenza
impugnata che ha giustificato la pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria
semplicemente evidenziando come la finalità di pubblico interesse dell'opera
pubblica (impianto di illuminazione) rendesse possibile una responsabilità
aquiliana dell'ANAS solo ove fosse stato dimostrato che "le modalità e le
caratteristiche dell'opera" erano "esorbitanti" rispetto alle sue finalità;
centrando l'attenzione sulla adeguatezza dell'impianto ed, in altri termini,
della intensità della luce, rispetto al fine pubblico, senza verificare la
possibilità di un accorgimento tecnico che rendesse meno invasiva l'opera
pubblica, il predetto argomento omette, infatti, di considerare e di applicare
il principio consolidato, ed anche recentemente riaffermato da questa Corte con
sentenza n.19359 del 18/09/2007 - rv. 599395- per il quale " la discrezionalità
e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario dei criteri e
dei mezzi con i quali l'amministrazione realizza e mantiene un'opera pubblica
trovano un limite nell'obbligo dell'amministrazione medesima di osservare, a
tutela dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità del loro patrimonio, le
specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti quelle attività,
nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che
l'inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la responsabilità
dell'amministrazione per i danni arrecati a terzi.
Principio, questo, che evidenzia come non sia rilevante, per escludere la
responsabilità dei danni prodotti dall'opera pubblica, la congruità di
quest'opera rispetto al fine pubblico che essa deve soddisfare ma la lesione dei
diritti dei terzi che essa abbia eventualmente prodotto per l'assenza degli
accorgimenti tecnici idonei ad impedirla.
4. La rilevata fondatezza del motivo conduce alla cassazione della sentenza
impugnata con rinvio al giudice di merito per un riesame dei motivi di appello
alla stregua del seguente principio di diritto:
"la discrezionalità e la conseguente insindacabilità da parte del giudice
ordinario dei criteri e dei mezzi con i quali l'amministrazione realizza e
mantiene un'opera pubblica trovano un limite nell'obbligo del-l'amministrazione
medesima di osservare, a tutela dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità
del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento
disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme dì diligenza e prudenza,
con la conseguenza che l'inosservanza di dette disposizioni e norme comporta la
responsabilità dell'amministrazione per i danni arrecati a terzi,
indipendentemente dal fine pubblico dell'opera.
5. Rimane assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale si denuncia la
violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. "per errata lettura della c.t." dalla quale
risultano accertati, sia l'eccesso di fluorescenza dell'originario impianto di
illuminazione sia l'errata direzione delle lampade, e perciò proprio la
violazione delle norme tecniche e di cautela che regolano la costruzione degli
impianti di illuminazione.
6. Al giudice di rinvio conviene rimettere anche la pronuncia sulle spese del
giudizio in cassazione.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata
e rinvia anche per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte il
30 novembre 2007.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 8/02/2008
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