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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 8 Gennaio 2008, Sentenza n.
358
RIFIUTI - Smaltimento non autorizzato o difforme - Circostanza
dell'illegittimità - Ininfluenza - Nozione di “ingente quantitativo” - Criteri
di calcolo. In materia di rifiuti, la nozione di ingente quantitativo deve
essere riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso
una pluralità di operazioni anche se queste ultime, considerate singolarmente,
potrebbero essere di entità modesta (Cass. Sez. 3 n. 12433 del 15.11.2005 PM in
proc. Costa). Sicché, rientra nella nozione di ingente quantità l'intero
quantitativo dei rifiuti illegittimamente smaltito indipendentemente dalla
circostanza che l'illegittimità derivi da mancanza di autorizzazione o da
difformità. Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 8 Gennaio 2008,
Sentenza n. 358
RIFIUTI - Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti - Dolo
specifico - Ingiusto profitto - Semplice riduzione dei costi aziendali -
Configurabilità - Art. 53 bis D. Lgs 22/97 trafuso nell’art. 260 D. Lgs. n.
152/2006. Per la configurabilità del reato di cui al Decreto Legislativo n.
22 del 1997, articolo 53 bis (attività organizzate per il traffico illecito di
rifiuti) (oggi riprodotto integralmente nell’art. 260 D.lgs. n. 152/2006), è
necessario il dolo specifico (Cass. Sez. 3, 6.10.2005 n. 40827). Inoltre il c.d.
“ingiusto profitto” è configurabile anche nella semplice riduzione dei costi
aziendali (Sez. 4, 2.7.2007 n. 28158). Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed
altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III,
8 Gennaio 2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Attività organizzata di gestione dei rifiuti - Nozione di condotta
abusiva - Presupposti - Art. 260 D. L.vo n. 152/2006. In tema di rifiuti, la
nozione di condotta abusiva comprende anche quelle attività che per le modalità
concrete in cui si esplicano risultano totalmente difformi da quanto
autorizzato. Il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei
rifiuti - idoneo ad integrare il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 22 del
1997, articolo 53 bis, (oggi riprodotto nell’art. 260 D.lgs. n. 152/2006) -
sussiste qualora essa si svolga continuativamente nell'inosservanza delle
prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorchè tali
autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche
quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate
al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli
autorizzati, (Cass. Sez. 5 11.10.2006 n. 40330 ric. Pellini). Pres. Grassi Est.
Sarno Ric. Putrone ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8 Gennaio 2008, Sentenza n. 358
RIFIUTI - Eccezione di illegittimità costituzionale dell'articolo 53 bis del
DLgs 22/97 (oggi art. 260 D.lgs. n. 152/2006) - Infondatezza. L'eccezione di
illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53
bis, - testualmente riprodotto dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo
260 è infondata. La Corte Costituzionale ha più volte evidenziato che anche per
i reati ascritti alla categoria di quelli formali o di pericolo presunto
l'accertamento in concreto dell'offensività specifica della singola condotta è
devoluta in ogni caso al sindacato del Giudice penale e che la mancanza di
offensività in concreto lungi dall'integrare un vizio di legittimità
costituzionale implica una valutazione rimessa al giudice (così C. Cost. n.
247/97). Pres. Grassi Est. Sarno Ric. Putrone ed altro. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8 Gennaio 2008, Sentenza
n. 358
RIFIUTI - Reato di cui al art. 260 D.lgs. n. 152/2006 - Natura di pericolo
presunto. Il reato di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53
bis, (oggi trafuso nell’art. 260 D.lgs. n. 152/2006) ha natura di pericolo
presunto e non di danno (Cass. Sez. 3 16.12.2005 n. 4503). Pres. Grassi Est.
Sarno Ric. Putrone ed altro. CORTE DI
CASSAZIONE Penale Sez. III, dell' 8/01/2008, Sentenza n. 358
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UDIENZA del
SENTENZA N.
REG. GENERALE N.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo - Presidente
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Mar - Consigliere
Dott. SARNO Giulio - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) PUTRONE AN. N. il (adrg);
2) GR. LU. N. Il (adrg);
avverso ORDINANZA del 31/05/2007 TRIB. LIBERTà di PALERMO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SARNO GIULIO;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. Mario Fraticelli, dichiarare non rivelante
la dedotta questione di legittimità costituzionale e rigettare i ricorsi perché
infondati;
Udito il difensore Avv. Butti Luciano (Verona).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nei confronti di Pu. An. e Gr. Lu., indagati nella qualità di funzionari dell'AM.
in ordine ai reati di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articoli 110 e
53 bis, per lo smaltimento di percolato e di rifiuti ingombranti presso la
discarica di (adrg), veniva chiesto dal P.M. presso il Tribunale di Palermo la
misura cautelare della sospensione dal pubblico servizio ed ufficio a norma
degli articoli 287 e 289 c.p.p.; misura che il GIP e la sezione del Riesame del
citato tribunale, su impugnazione del P.M., respingevano.
Avverso tale decisione il P.M. proponeva ricorso per cassazione deducendo
violazione dell'articolo 606 c.p.p., lettera B) ed E).
Questa Corte, su conforme richiesta del PG, annullava l'ordinanza impugnata con
rinvio al tribunale di provenienza, stabilendo i principi di diritto relativi
alla nozione giuridica di condotta abusiva di cui al citato articolo 53 bis, al
concetto di ingente quantità ed al suo parametro di riferimento ed all'elemento
soggettivo del reato.
Con ordinanza 2.3.06 il Tribunale di Palermo rigettava nuovamente l'appello del
PM, negando la chiesta misura.
Avverso tale provvedimento il Procuratore della Repubblica ha nuovamente
proposto ricorso per cassazione con il quale denunciava errore di diritto e
contraddittorietà della motivazione chiedendo l'annullamento dell'ordinanza con
nuovo rinvio al tribunale del riesame di Palermo.
La Corte, su conforme conclusione del Procuratore Generale, disponeva nuovamente
l'annullamento con rinvio ribadendo che con il Decreto Legislativo n. 22 del
1997, articolo 53 bis, il legislatore ha inteso colpire sia la gestione
clandestina dell'attività di smaltimento sia quella svolta in difformità
sostanziale dall'autorizzazione ricevuta; che nel concetto di ingente quantità
andavano ricondotte entrambe le attività contestate (ricircolo del percolato e
smaltimento di rifiuti ingombranti) e che i vantaggi perseguiti ben potevano
essere ravvisati nella diminuzione dei costi di gestione e nel rafforzamento
dell'autorevolezza della direzione dell'azienda.
Con ordinanza del 13.5.2007 il tribunale di Palermo applicava nei confronti di
Pa. An. e Gr. Lu. la misura della sospensione dall'esercizio del pubblico
servizio prestato quali funzionari dell'AM..
Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il Pu. a mezzo dei
difensori avv.ti Butti e Crescimanno ed il Gr. per il tramite dell'avv.to
Crescimanno.
Il primo difensore eccepisce:
1. Illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo
53 bis, (ora Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260);
2. Vizio di motivazione non risultando effettuata una verifica attenta
sull'effettiva applicazione della fattispecie di cui al Decreto Legislativo n.
22 del 1997, articolo 53 bis, e mancando l'indicazione dei motivi che avevano
portato il tribunale ad escludere l'attendibilità delle prove contrarie addotte
dalla difesa;
3. Insussistenza delle esigenze cautelari.
Il secondo difensore eccepisce:
1. la violazione dell'articolo 273 c.p.p., e Decreto Legislativo n. 22 del 1997,
articolo 53 bis, per avere il tribunale omesso la valutazione del grado di
difformità della condotta contestata rispetto alle modalità di gestione dei
rifiuti autorizzate, circa la ricorrenza del requisito dell'ingente quantitativo
e la sussistenza dell'elemento soggettivo.
2. Insussistenza delle esigenze cautelari.
Con motivo aggiunto l'avv.to Crescimanno ha dedotto la cessazione del pericolo
di reiterazione del reato a seguito del trasferimento dell'ing. Pa. alla
Direzione del Dipartimento Manutenzione Strade a partire dal luglio 2007.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.
In relazione ai motivi dedotti dall'avv.to Butti per la posizione del Pu. il
Collegio rileva quanto segue.
1. Per quanto concerne l'eccezione di illegittimità costituzionale del Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53 bis, - testualmente riprodotto dal
Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 260 - dedotta con il primo motivo,
il ricorrente eccepisce l'inesistenza di un minimo riconoscibile di condotta
tipica con specifico riferimento al requisito delle "ingenti quantità di
rifiuti"; l'incertezza connessa al requisito dell'abusività che comporta una
coincidenza tra dolo specifico e dolo generico; la mancata distinzione tra le
varie tipologie di rifiuti rilevante nell'accertamento della effettiva messa in
pericolo del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice ed, infine, che
presupposto imprescindibile del reato è l'esistenza di un pericolo alla
sicurezza della vita ed alla integrità fisica di un numero indeterminato di
persone, requisito questo su cui non vi è unicità di orientamento nella
giurisprudenza di legittimità.
Trattasi ad avviso del Collegio di questioni manifestamente infondate e/o
comunque irrilevanti rispetto alla fattispecie all'esame.
Iniziando dall'esame dell'ultima questione posta dal ricorrente, premesso che
come già affermato da questa Corte al reato di cui al Decreto Legislativo n. 22
del 1997, articolo 53 bis, deve riconoscersi natura di pericolo presunto e non
di danno (Sez. 3 16.12.2005 n. 4503 Rv 233294); che la Corte Costituzionale ha
più volte evidenziato che anche per i reati ascritti alla categoria di quelli
formali o di pericolo presunto l'accertamento in concreto dell'offensività
specifica della singola condotta è devoluta in ogni caso al sindacato del
Giudice penale e che la mancanza di offensività in concreto lungi dall'integrare
un vizio di legittimità costituzionale implica una valutazione rimessa al
giudice (così C. Cost. n. 247/97); occorre evidenziare come la questione
sollevata sia del tutto irrilevante nella specie posto che - sebbene contestata
in fatto dal ricorrente - l'ipotesi di accusa ruota comunque intorno
all'esistenza di gravi contaminazioni ambientali non controllabili (come ad
esempio a carico delle falde idriche profonde sottostanti secondo quanto
precisato a pagg. 15 e ss. dell'ordinanza del tribunale del riesame, delle acque
superficiali nel (Omesso), del suolo limitrofo alla discarica, ecc).
Ed anche il precetto di determinatezza e di adeguatezza della sanzione penale
non appare in questa sede leso.
Con la disposizione del Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53 bis, il
legislatore ha evidentemente inteso operare una differenziazione unicamente in
relazione ai rifiuti ad alta radioattività, autonomamente menzionati al comma 2,
distinguendoli quoad poenam da tutte le altre tipologie.
Orbene, a prescindere dalle questioni poste dalla norma in questione (peraltro
sottratta alla disciplina del Decreto Legislativo n. 22 del 1997 dall'articolo
8) si deve senz'altro ritenere che la scelta in questione non comporti profili
suscettibili di contrasto con i principi costituzionali.
Come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale sia
l'individuazione delle condotte punibili che la scelta e la quantificazione
delle relative sanzioni rientrano, infatti, nella discrezionalità del
legislatore, la quale puo' essere oggetto di censura, nel giudizio di
costituzionalità, soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o
arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della
ragionevolezza.
Cio' è tuttavia da escludere qualora, come nella specie, il consistente margine
di adeguamento delle sanzioni renda possibile operare in concreto un trattamento
sanzionatorio che tenga conto della pericolosità dei rifiuti trattati.
In relazione alla utilizzazione di formule elastiche nella disposizione in
questione, si osserva quanto segue.
Per quanto concerne il problema della "ingente quantità questa Corte ha già
affermato la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale, sollevata sotto il profilo della indeterminatezza della
previsione legislativa, nella sentenza Sez. 3 n. 47918 del 12.11.2003 (ric.
Rosafio ed altri).
Nell'occasione si sono già evidenziate le ragioni che hanno reso opportuno
evitare aprioristici irrigidimenti normativi dovendo necessariamente il giudizio
tenere conto di una serie di variabili concrete quali la tipologia del rifiuto;
la sua qualità e le situazioni specifiche di riferimento.
Va peraltro aggiunto in questa sede che, come sostanzialmente evidenziato dallo
stesso tribunale di Palermo, la giurisprudenza di legittimità è successivamente
intervenuta per definire il concetto di "ingente quantità".
Si è precisato infatti, in relazione ai profili che nella specie più
direttamente rilevano, che la nozione di ingente quantitativo deve essere
riferita al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso una
pluralità di operazioni anche se queste ultime, considerate singolarmente,
potrebbero essere di entità modesta (Sez. 3 n. 12433 del 15.11.2005 PM in proc.
Costa); e, proprio in relazione al caso di specie, la Corte ha nelle precedenti
due decisioni puntualizzato che per la nozione di ingente quantità assume
rilevanza l'intero quantitativo dei rifiuti illegittimamente smaltito
indipendentemente dalla circostanza che l'illegittimità derivi da mancanza di
autorizzazione (come nella specie per i frigoriferi) o da difformità, come per
il ricircolo del percolato, alla stessa.
E dunque tenuto conto delle finalità della norma - evidentemente strumentale al
contrasto delle più pericolose attività illecite concernenti i rifiuti -, del
quadro normativo di riferimento e degli orientamenti espressi da questa Corte,
appare senz'altro possibile, nell'ambito di un'operazione interpretativa non
esorbitante dall'ordinario compito affidato al giudice, definire l'ambito
applicativo della disposizione.
Nè appaiono prospettabili violazioni dei principi costituzionali in relazione
alle dedotte incertezze interpretative connesse alla portata del termine
"abusivamente" o in ordine all'elemento soggettivo del reato.
In entrambi i casi si tratta infatti, ancora una volta, di questioni sulle quali
la Corte ha oramai assunto un indirizzo sostanzialmente univoco nell'ambito
della ordinaria funzione interpretativa.
In merito al requisito della abusività della condotta, l'interpretazione fornita
dalle due decisioni che hanno preceduto il pronunciamento del tribunale di
Palermo, secondo cui la nozione di condotta abusiva comprende anche quelle
attività che per le modalità concrete in cui si esplicano risultano totalmente
difformi da quanto autorizzato, si pone in linea, infatti, con l'orientamento
già affermato da Sez. 5 11.10.2006 n. 40330 ric. Pellini, secondo cui sussiste
il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione dei rifiuti - idoneo
ad integrare il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo
53 bis, - qualora essa si svolga continuativamente nell'inosservanza delle
prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorchè tali
autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche
quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate
al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli
autorizzati.
Ugualmente costante è la giurisprudenza della Corte nel richiedere il dolo
specifico per il reato in esame (così Sez. 3, 6.10.2005 n. 40827 Rv 232349); con
l'ulteriore precisazione che - così come peraltro affermato anche nel
provvedimento in esame - l'ingiusto profitto è configurabile anche nella
semplice riduzione dei costi aziendali (Sez. 4, 2.7.2007 n. 28158 Rv 236907).
2. Destituito di fondamento appare il secondo motivo di ricorso con il quale si
contesta la ricorrenza nel caso di specie della previsione del Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, articolo 53 bis; l'insussistenza della gravità del
quadro indiziario avuto riferimento ai singoli elementi costitutivi della
fattispecie, in uno con la mancata indicazione delle ragioni che hanno fatto
ritenere non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa; e da ultimo, infine,
il mancato adeguamento ai principi affermati dalla Corte all'atto del pregresso
annullamento con rinvio in relazione alla valutazione del grado di difformità
tra l'attività autorizzata e quella realizzata, nonché sulla esclusione dalla
valutazione per i rifiuti ingombranti.
Al riguardo vanno anzitutto richiamate sul piano dei principi generali le
considerazioni sopra svolte in ordine agli elementi costitutivi della
fattispecie penale in esame.
Si deve ritenere corretta, pertanto, la premessa da cui muove il ragionamento
del tribunale del riesame secondo cui anche la difformità sostanziale della
gestione dei rifiuti rispetto a quanto previsto dalle autorizzazioni concesse
integra il requisito dell'abusività della condotta.
Quanto agli ulteriori rilievi mossi dal ricorrente osserva il Collegio che il
Pu. contesta sulla scorta di una consulenza di parte la sussistenza
dell'asserito danno ambientale connesso al ricircolo del percolato rilevando
peraltro che quest'ultimo non era vietato dalla normativa vigente all'atto
dell'approvazione dei vari progetti relativi all'impianto in questione e che
anzi era stato successivamente autorizzato nel luglio 2004 "all'interno del
corpo dei rifiuti"; ed obietta anche che non sarebbe stata valutata dai giudici
di merito la situazione di palese emergenza - riferita dai testimoni escussi -
che aveva determinato il contestato ricircolo, nè correttamente valutato infine
il portato delle intercettazioni telefoniche.
Orbene, premesso che la natura di rifiuto del percolato di discarica era già
rilevabile anche in passato dal CER (Elenco europeo dei rifiuti) - Decreto
Legislativo n. 22 del 1997, allegato D, - che lo classificava con il codice ...
(percolato di discarica, contenente sostanze pericolose) o con il codice ...
(percolato di discarica, diverso da quello di alla voce precedente); dal Decreto
Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, articolo 2 relativo all'attuazione della
direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti, che alla lettera m) definisce
il percolato quale "...liquido che si origina prevalentemente dall'infiltrazione
di acqua nella massa dei rifiuti o dalla decomposizione degli stessi", ecc, si
impongono in questa sede alcune considerazioni in relazione agli ulteriori
rilievi dedotti.
Va infatti anzitutto ribadito che le doglianze attinenti al difetto dei gravi
indizi di colpevolezza, rilevano soltanto se si traducano in un motivo di
annullamento per violazione dell'obbligo della motivazione secondo le previsioni
dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), esulando dalle funzioni della
corte di legittimità la valutazione della sussistenza, in concreto, degli indizi
e delle esigenze cautelari, (ex plurimis Sez. 3, n. 1416 del 30/03/2000 Rv.
216074).
Cio' posto osserva il Collegio che il tribunale del riesame ha correttamente e
logicamente enunciato gli elementi fattuali di riferimento evidenziando le
ragioni per le quali ha ravvisato - seppure nell'ambito proprio del giudizio
cautelare - la ricorrenza dei requisiti richiesti dal Decreto Legislativo n. 22
del 1997, articolo 53 bis, (l'abusività della condotta, la sussistenza
dell'ingente quantitativo dei rifiuti e del danno ambientale).
Si tratta di motivazioni che confutano a volte espressamente a volte in fatto
gli elementi indicati dalla difesa, peraltro non ritenuti nemmeno decisivi dal
GUP che nelle more ha disposto il rinvio a giudizio di entrambi i ricorrenti
proprio per il reato in esame.
E questa circostanza non può essere trascurata nell'apprezzare la violazione
motivazionale eccepita.
Se è certamente vero che le Sezioni Unite della Corte, risolvendo un contrasto
insorto sul punto, hanno affermato che anche dopo le modificazioni alla
disciplina dell'udienza preliminare introdotte dalla Legge 16 dicembre 1999, n.
479 al giudice investito della richiesta di riesame di una misura cautelare
personale la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza non è preclusa dalla
sopravvenienza del rinvio a giudizio dell'imputato per il reato in ordine al
quale tale misura è stata applicata, non risultando alterata la portata della
dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 309 c.p.p., intervenuta con
sentenza 15 marzo 1996 n. 71 della Corte Costituzionale (Sez. U, n. 39915 del
30/10/2002 Rv. 222602) - ed, infatti, correttamente il tribunale ha proceduto
alla verifica del quadro indiziario nonostante il rinvio a giudizio dei
ricorrenti -, non si puo' non considerare che, come pure puntualizzato nella
citata sentenza, giurisprudenza di legittimità e costituzionale concordano
nell'affermare che in conseguenza degli interventi innovativi derivanti dalla
Legge n. 479 del 1999 l'apprezzamento del merito devoluto all'udienza
preliminare è oramai privo di quei caratteri di "sommarietà" che prima della
riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo stato
degli atti".
Rimane da osservare che l'emergenzialità della condotta è stata motivatamente
esclusa dal giudice di merito sulla base delle dichiarazioni degli stessi
imputati in rapporto alla durata del periodo in cui si è consumato l'illecito.
Va infine aggiunto che nessun contrasto è prospettabile rispetto ai principi
affermati da questa Corte in sede di annullamento delle precedenti ordinanze del
riesame essendosi nell'occasione puntualizzato unicamente che la verifica circa
la sussistenza dell'ingente quantitativo non poteva essere limitata ai soli
rifiuti ingombranti.
Inoltre correttamente in questa occasione il tribunale di Palermo, investito in
sede di rinvio, ha evidenziato le ragioni per le quali ha ritenuto l'assoluta
illegittimità della condotta ascritta agli odierni ricorrenti con riferimento al
ricircolo del percolato.
3. Le esigenze cautelari risultano anch'esse correttamente motivate in relazione
al pericolo di reiterazione del reato desunto dalla personalità dell'imputato e
dalle modalità del fatto.
Si sottolinea nell'ordinanza che la pervicacia dimostrata nella realizzazione
delle condotte contestate e l'esistenza di un capzioso meccanismo che
presupponeva la condivisione di strategie di azienda.
Si evidenzia, infine, come l'intervenuta autorizzazione non valga ad escludere
il pericolo di analoghe condotte "ascrivibili ad una disinvolta gestione
aziendale in aperto contrasto con la normativa anche regolamentare vigente".
In relazione ai motivi dedotti dall'avv.to Crescimanno nell'interesse del Gr. e
del Pa. si rileva quanto segue.
1. In ordine al primo motivo si richiamano le considerazioni già svolte in
relazione ai primi due motivi di ricorso dell'avv.to Butti in relazione alle
censure attinenti l'omessa valutazione da parte del Giudice del riesame del
grado di difformità della condotta contestata rispetto alle modalità di gestione
dei rifiuti autorizzate e circa la ricorrenza del requisito dell'ingente
quantitativo rapportato all'elevato numero di comuni serviti dalla discarica ed
all'elevato grado di contaminazione rilevato anche nelle zone più distanti dalle
vasche di raccolta.
Correttamente esaminato appare inoltre il profilo relativo alla sussistenza
dell'elemento soggettivo avendo puntualmente indicato l'ordinanza impugnata i
vantaggi derivanti agli imputati dalla condotta contestata.
2. Vanno poi richiamate le considerazioni svolte in relazione al terzo motivo
per quanto concerne le esigenze cautelari.
Rimane infine da considerare il nuovo motivo dedotto dall'avv.to Crescimanno con
il quale si evidenzia il venir meno del pericolo di reiterazione del reato a
seguito del trasferimento dell'ing. Pa. alla Direzione del Dipartimento
Manutenzione Strade a partire dal luglio 2007.
Anche questo motivo non può essere accolto.
Il segnalato trasferimento si pone come elemento sopravvenuto rispetto alla
originaria valutazione delle esigenze cautelari.
Come tale, tenuto conto delle motivazione addotte nel provvedimento dispositivo
della misura sopra menzionate, comporta la necessità di una nuova valutazione di
merito circa la permanenza delle esigenze cautelari che esula evidentemente dal
giudizio di questa Corte e che rimane autonomamente apprezzabile dal Giudice di
merito quale eventuale causa di revoca della misura in atto.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna in solido dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese
processuali.
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