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CORTE DI CASSAZIONE Pen. Sez. III, 6/02/2008 (Ud.
19/12/2007), Sentenza n. 5797
RIFIUTI - Responsabilità del gestore di una discarica - Controllo del materiale
conferito - Dati cartacei - Criterio della massima diligenza. Il gestore di
una discarica, in considerazione della particolare responsabilità connessa al
tipo di attività esercitata per i pericoli che della medesima derivano per
l'ambiente e la salute delle persone, deve esercitare la massima diligenza nel
controllo del materiale conferito, facendosi eventualmente coadiuvare da
adeguate figure professionali, se non sia dotato egli stesso delle necessarie
cognizioni tecniche, mentre non può esimersi da responsabilità tacendo
riferimento alle risultanze dei dati meramente cartacei. Pres. Grassi, Est.
Lombardi, Ric. Macor. CORTE DI CASSAZIONE Pen. Sez. III, 6/02/2008 (Ud.
19/12/2007), Sentenza n. 5797
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UDIENZA del 19.12.2007
SENTENZA N. 3136
REG. GENERALE N. 9412/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Signori:
Presidente
Dott. Aldo Grassi
Consiglieri
Alfredo Teresi
Claudia Squassoni
Alfredo Maria Lombardi
Mario Gentile
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sull'impugnazione proposta dall'Avv. Roberto Miehelutti, difensore di fiducia di
Macor Ruggero, n. a Faedis it 6.2.1929, avverso la sentenza in data 5.10.2006
del Tribunale di. Udine, sezione distaccata di Cividale del Friuli, con la quale
venne condannato alla pena di € 2.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato
di cui all'art. 51, comma quarto, del D. L.vo n. 22/97.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Gioacchino Izzo,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Udine, sezione distaccata di Cividale
del Friuli, ha affermato la colpevolezza di Macor Ruggero in ordine al reato di
cui all'art. 51, comma quarto, del D. L.vo n. 22/97, ascrittogli perché, quale
amministratore e legate rappresentante della società "Natisone Edile s.n.c."
autorizzata alla gestione di una discarica di II^ categoria tipo A, riceveva
dalla società "Eco Studio S.r.l." mc. 100 di rifiuti non pericolosi, non
smaltibili all'interno di tale discarica.
II giudice di merito ha accertato che la società Natisone Edile era autorizzata
alto smaltimento di rifiuti inerti solidi provenienti da demolizioni,
costruzioni e scavi, mentre i materiali conferiti dalla Eco Studio S.r.l. non
rispondevano agli indicati requisiti, come emerso dalle analisi eseguite
dall'ARPA, trattandosi di materiali che presentavano concentrazioni di sostanze
organiche molto elevate, con la presenza, tra l'altro, di mercurio.
La sentenza ha inoltre respinto la tesi difensiva con la quale era stata dedotta
la non riferibilità, nemmeno a titolo di mera colpa, dello smaltimento non
autorizzato all'imputato.
Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputato e
l'impugnazione è stata trasmessa a questa Suprema Corte ai sensi dell'art. 568,
ultimo comma, c.p.p..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo di gravame il ricorrente deduce che la sentenza impugnata ha
erroneamente attribuito all'imputato la responsabilità della violazione di cui
alla contestazione, sia pure a titolo di mera colpa. Si osserva in proposito che
i formulari di accompagnamento dei rifiuti conferiti dalla ditta Eco Studio
S.r.l. attestavano trattarsi di rifiuto inerte, che per la sua caratteristica è
compatibile con la discarica gestita dal Macor; che, inoltre, la ditta
produttrice dei rifiuti aveva acquisito una consulenza, dalla quale emergeva che
il tipo di rifiuti conferiti era smaltibile nella discarica gestita
dell'imputato, e che, pertanto, non poteva essere addebitata a quest'ultimo
neppure una responsabilittà a titolo di colpa, considerato che la diligenza, cui
ha fatto riferimento il giudice di primo grado, presuppone il possesso di
cognizioni tecniche proprie di un ente altamente specializzato, tanto che la
stessa ARPA aveva impiegato oltre un mese per accertare la presenza di materiali
non compatibili con l'autorizzazione di cui era in possesso l'imputato.
Il ricorso, che è al limite dell'ammissibilità, essendo prevalentemente fondato
su censure fattuali avverso l'accertamento di merito, non è fondato.
Con riferimento alle doglianze del ricorrente avverso l'affermazione della
sussistenza dell'elemento psicologico del reato, individuato nella sentenza
impugnata quanto meno nella colpa dell'imputato, per non avere impiegato la
necessaria diligenza nell'accertamento della nature dei materiali che venivano
conferiti nella discarica, si deve rilevare che non sussiste il vizio di
motivazione, la cui denuncia è desumibile dalle doglianze esposte
nell'impugnazione.
Sul punto, invero, la sentenza ha correttamente osservato che il gestore di una
discarica deve esercitare la massima diligenza nel controllo del materiale
conferito, facendosi eventualmente coadiuvare da adeguate figure professionali,
se non sia dotato egli stesso delle necessarie cognizioni tecniche, mentre non
può esimersi da responsabilità facendo riferimento alle risultanze dei dati
meramente cartacei.
Orbene, detta motivazione si palesa assolutamente corretta in considerazione
della particolare responsabilità, connessa al tipo di attività esercitata
dall'imputato, per i pericoli che della medesima derivano per l'ambiente e la
salute delle persone, nonché del tutto immune da vizi logici in relazione alle
risultanze processuali esaminate.
Sul punto, infatti, deve rilevarsi che, secondo le risultanze dell'accertamento
di merito riportate in sentenza, l'attenzione del personale della GG. FF., che
aveva effettuato le indagini, era stata allertata dal fatto the i materiali
conferiti in discarica già alla vista non apparivano conformi alle tipologie
delle quali era autorizzato lo smaltimento e gli stessi sprigionavano un odore
pungente, sicché la tesi difensiva dell'imputato si palesa anche in contrasto
con le citate risultanze fattuali, mentre la durata delle analisi eseguite
dall'ARPA non costituisce, di per se, prova della particolare complessità delle
indagini richieste a detto Organo di controllo.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Cosi deciso in Roma nel la pubblica udienza del 19.12.2007.
Depositato in cancelleria il 6/02/2008
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