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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11 Febbraio 2008, Sentenza n. 6420



RIFIUTI - Gestione di rifiuti speciali non pericolosi - Rottami ferrosi - Conferimento a terzi non autorizzati allo smaltimento - Responsabilità di tutti i soggetti "coinvolti"- Obbligo di verifica dell'autorizzazione - Omissione - Effetti - Concorso di colpa nel reato - Fattispecie - D.L. n. 152/2006.
Il produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda all'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può, Decreto Legislativo n. 22 del 1997, ex articolo 10 consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l'obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento. Il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 178, comma 3, ha puntualmente ribadito il principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti. Sicché ove, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il soggetto qualificato, nella commissione del reato di cui all'articolo 51, comma 1, dello stesso Decreto Legislativo (Cass., Sez. 3, 17.4.2003, n. 16016, Battaglino). Nella fattispecie in esame l'imputato era gravato dall'obbligo di controllare se il soggetto al quale consegnava i rottami ferrosi fosse effettivamente autorizzato, ai sensi delle disposizioni vigenti, allo smaltimento e/o al recupero dei rifiuti conferiti. Pres. Postiglione - Est. Fiale - P.M. Montagna - Ric. G.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11 Febbraio 2008, Sentenza n. 6420

RIFIUTI - Corretta gestione dei rifiuti - Responsabilità dei soggetti coinvolti - Concetto di "coinvolgimento" - Art. 188, D. L.vo n. 152/2006. In tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti. (C. Cass. Sez. 3, 24.2.2004, n. 7746, Turati ed altro). Il concetto di "coinvolgimento" trovava specificazione nelle disposizioni poste dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 10 ed attualmente Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 188 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), comunque anche la mera osservanza delle condizioni di cui all'articolo 10 non vale ad escludere la responsabilita' dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (Cass., Sez. 3, 6.2.2000, n. 1767, Riva). Pres. Postiglione - Est. Fiale - P.M. Montagna - Ric. G.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11/02/2008, Sentenza n. 6420

RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Delega di funzioni" al dipendente - Modalità - Responsabilità penale. Anche in materia di rifiuti, il sistema della responsabilità penale, "risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta" (vedi Cass., Sez. 3 20.10.1999, n. 11951, P.M., in proc. Bonomelli). Pertanto, anche la "delega di funzioni" al dipendente, in materia ambientale perviene a conclusioni analoghe a quelle elaborate in tema di sicurezza sul lavoro, affermando la rilevanza della delega in presenza di precisi requisiti (vedi Cass., Sez. 3, 24.9.1990, Manghi): 1) la delega deve essere puntuale ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale (Cass., Sez. 3, 22.6.1998, Moscatelli); 2) il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli (Cass., Sez. 3, 14.5.2002, Saba); 3) il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle dimensioni dell'impresa (Cass., Sez. 3, 14.5.2002, Saba) o, quanto meno, alle esigenze organizzative della stessa (vedi Cass., Sez. 3, 29.5.1996, Bressan); 4) unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di spesa; 5) l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo. Pres. Postiglione - Est. Fiale - P.M. Montagna - Ric. G.. CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, 11 Febbraio 2008, Sentenza n. 6420


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UDIENZA del

SENTENZA N.

REG. GENERALE N.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


sul ricorso proposto da:

G. A., nato a (adrg);

avverso la sentenza 30.1,2007 del Tribunale di Cagliari - Sezione distaccata di Iglesias;

Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dott. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. MONTAGNA Alfredo, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore, avv.to PORCELLA Luigi, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Il Tribunale di Cagliari - Sezione distaccata di Iglesias, con sentenza del 30.1.2007, affermava la responsabilità penale di Gi. Al. in ordine al reato di cui:

al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 51, comma 1, per avere - nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. "C. -. C.M.S." - avviato circa 250 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi (rottami ferrosi derivati dallo smantellamento di un impianto di magnesio), a non autorizzate operazioni di smaltimento, conferendoli alla piccola cooperativa "E." che non era autorizzata allo smaltimento e/o recupero di rifiuti provenienti da terzi e non era iscritta all'albo nazionale dei gestori di rifiuti - in (adrg), tra il giugno e il luglio 2003 e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 3.000,00 di ammenda.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Gi. , il quale - sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge - ha eccepito che:

la società cooperativa "E." aveva stipulato un contratto di associazione in partecipazione, ex articolo 2549 c.c., con la ditta C.I. , regolarmente iscritta all'albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento di rifiuti, ditta che effettuava in concreto le operazioni di smaltimento.

Erano stati inoltre correttamente adempiuti gli oneri, imposti dal Decreto Legislativo n. 22/1997, articolo 10 di compilazione e ricezione del formulario previsto dal successivo articolo 15;

non era ravvisabile nella propria condotta alcun elemento di colpa, avendo egli delegato le specifiche funzioni al dipendente L. A..


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato in fatto e manifestamente infondato.

1. Questa Corte Suprema, con decisione condivisa dal Collegio, già ha affermato che il produttore/detentore di rifiuti speciali non pericolosi, qualora non provveda all'autosmaltimento o al conferimento dei rifiuti a soggetti che gestiscono il pubblico servizio, può, Decreto Legislativo n. 22 del 1997, ex articolo 10 consegnarli ad altri soggetti ma, in tal caso, ha l'obbligo di controllare che si tratti di soggetti autorizzati alle attività di recupero o smaltimento;

- ove, per contro, tale doverosa verifica sia omessa, il produttore/detentore risponde, a titolo di concorso con il soggetto qualificato, nella commissione del reato di cui all'articolo 51, comma 1, dello stesso Decreto Legislativo (Cass., Sez. 3, 17.4.2003, n. 16016, Battaglino).

Nella fattispecie in esame l'imputato era gravato dall'obbligo di controllare se il soggetto al quale consegnava i rottami ferrosi fosse effettivamente autorizzato, ai sensi delle disposizioni vigenti, allo smaltimento e/o al recupero dei rifiuti conferiti.

Con la consegna del rifiuto al terzo, senza l'esauriente espletamento di tale doverosa verifica, l'imputato ha contribuito, pertanto, con il suo apporto casuale, alla commissione del reato contestato, configurandosi a suo carico una responsabilità colposa per inosservanza della regola di cautela imprenditoriale imposta dalla legge.

Il Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 2, comma 3, già prevedeva la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti "coinvolti", a qualsiasi titolo, nel ciclo di gestione non soltanto dei rifiuti ma anche degli stessi "beni da cui originano i rifiuti" e il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 178, comma 3, ha puntualmente ribadito il principio di "responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti".

Sul punto, pertanto, questa Corte (Sez. 3, 24.2.2004, n. 7746, Turati ed altro) ha rilevato che, in tema di gestione dei rifiuti, le responsabilità per la sua corretta effettuazione, in relazione alle disposizioni nazionali e comunitarie gravano su tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni dai quali originano i rifiuti stessi, e le stesse si configurano anche a livello di semplice istigazione, determinazione, rafforzamento o facilitazione nella realizzazione degli illeciti.

Il concetto di "coinvolgimento" trovava specificazione nelle disposizioni poste dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 10 ed attualmente Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 188 (fatte salve le ipotesi di concorso di persone nel reato), ma la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha specificato che anche la mera osservanza delle condizioni di cui all'articolo 10 non vale ad escludere la responsabilità dei detentori e/o produttori di rifiuti allorquando costoro si siano "resi responsabili di comportamenti materiali o psicologici tali da determinare una compartecipazione, anche a livello di semplice facilitazione, negli illeciti commessi dai soggetti dediti alla gestione dei rifiuti" (vedi Cass., Sez. 3, 6.2.2000, n. 1767, Riva).

Il sistema della responsabilità penale, inoltre, nella materia in oggetto, "risulta ispirato ai principi di concretezza e di effettività, con il rifiuto di qualsiasi soluzione puramente formale ed astratta" (vedi Cass., Sez. 3 20.10.1999, n. 11951, P.M., in proc. Bonomelli).

2. Nella specie si pone come assolutamente irrilevante l'esistenza di un contratto di associazione in partecipazione (prodotto all'udienza del 28.3.2006) stipulato ex articolo 2549 c.c. tra la società cooperativa "E." e C.I. (che in esso si definisce "autotrasportatore con autorizzazione allo smaltimento dei materiali ferrosi"), poiché:

- con tale atto (carente, tra l'altro, di data certa) l'imprenditore "associato" si impegnava a prestare "la propria personale opera autonoma in favore della E., per quanto necessario avvalendosi dell'organizzazione dell'associante";

- il C. era iscritto all'albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento di rifiuti per la "categoria 3 classe D" ed esclusivamente per i rifiuti speciali consistenti in "veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti";

- il trasporto consentito doveva effettuarsi con l'autocarro "Iveco Fiat" targato (adrg).

I formulari prodotti in giudizio riguardano - invece - "ferro da taglio" e "ferro pronto forno", trasportato con l'automezzo targato (adrg) e risultano tutti redatti tra la s.r.l. "C." e la piccola cooperativa "E.", sicché é stato comunque introdotto nel ciclo di gestione dei rifiuti un soggetto non autorizzato (tenuto conto della caratteristica "soggettiva" dell'atto autorizzatorio), che ha impegnato la propria organizzazione nelle operazioni di smaltimento, recupero e trasporto.

3. Quanto alla prospettata "delega di funzioni" al dipendente L., va rilevato che alcune pronunzie di questa Corte hanno negato in modo assoluto la rilevanza penale della delega in materia ambientale (vedi, in tema di inquinamento idrico, Cass., Sez. 3, 8.1.1992, Furlani; 8.2.1991, Bortoluzzi; 11.4.1989, Pomari).

L'indirizzo prevalente, però - dapprima limitato al campo dell'inquinamento idrico e successivamente esteso anche al settore dei rifiuti - perviene a conclusioni analoghe a quelle elaborate in tema di sicurezza sul lavoro, affermando la rilevanza della delega in presenza di precisi requisiti (vedi Cass., Sez. 3, 24.9.1990, Manghi);

- la delega deve essere puntuale ed espressa, senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di tipo discrezionale (Cass., Sez. 3, 22.6.1998, Moscatelli);

il soggetto delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli (Cass., Sez. 3, 14.5.2002, Saba);

- il trasferimento delle funzioni deve essere giustificato in base alle dimensioni dell'impresa (Cass., Sez. 3, 14.5.2002, Saba) o, quanto meno, alle esigenze organizzative della stessa (vedi Cass., Sez. 3, 29.5.1996, Bressan);

- unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di spesa;

- l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.

Nessuno di tali requisiti risulta dimostrato nella specie.

4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte "abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione, visti gli articoli 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di mille/00 euro in favore della cassa delle ammende.


 


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