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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006



CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud.15/01/2008), Sentenza n. 7461



RIFIUTI - Attività di recupero e smaltimento - Responsabilità del produttore e del detentore - Casi di esclusione - Limiti - Mancata ricezione del formulario - Comunicazione alla provincia - Art. 188 l d. l.vo n 152/2006.
Il detentore o produttore di rifiuto può essere esentato da responsabilità solo se consegna il rifiuto al servizio pubblico di raccolta o a soggetti autorizzati all'attività di recupero e smaltimento. In quest'ultimo caso la responsabilità del produttore è esclusa a condizione che il soggetto privato al quale viene consegnato il rifiuto sia autorizzato al recupero ed allo smaltimento proprio di quel tipo di rifiuto; che il detentore abbia ricevuto il formulario controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data del conferimento del rifiuto al trasportatore ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario (cfr articolo 10 comma secondo del decreto Ronchi e 188 del decreto legislativo n 152 del 2006). La mancanza di una sola delle anzidette condizioni rende il produttore del rifiuto responsabile dell'illecito smaltimento in forza del principio generale desunto dalla normativa comunitaria in base al quale tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti rispondono solidalmente del corretto smaltimento. Pres. Lupo Est. Petti Ric. Fontebasso. CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7461

RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Assenza di autorizzazione per il rifiuto specifico - Conseguenze - Autorizzazione personale al recupero o allo smaltimento - Prescrizioni amministrative - Conoscenza del tipo di rifiuto - Necessità - Art. 188 l d. l.vo n 152/2006. In materia di smaltimento dei rifiuti, il produttore del rifiuto non può consegnarlo a chicchessia ma deve conferirlo o al servizio pubblico o ad un soggetto privato che sia però autorizzato a smaltire quel particolare tipo di rifiuto, a nulla rilevando che il consegnatario possa essere autorizzato a smaltire altri rifiuti giacché l'assenza di autorizzazione per il rifiuto specifico conferito equivale a mancanza di autorizzazione, (Cass n 18038 del 2007). E ciò perché l'autorizzazione è personale e viene rilasciata a seguito dell'accertamento della capacità del soggetto e dell'idoneità dei mezzi di cui lo stesso dispone per lo smaltimento o il recupero del particolare rifiuto oggetto dell'autorizzazione come si desume dagli artt 27 e 28 del decreto Ronchi (ora artt. 208 e segg. del decreto legislativo n 152 del 2006). In particolare nell'autorizzazione devono essere indicate, tra l'altro, le prescrizioni per garantire i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; i requisiti tecnici con particolare riferimento alle compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato ecc... . Pertanto, appare evidente che l'amministrazione non può imporre alcuna prescrizione se non è a conoscenza del particolare tipo di rifiuto del quale si chiede l'autorizzazione al recupero o allo smaltimento. Pres. Lupo Est. Petti Ric. Fontebasso. CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7461

RIFIUTI - Illecito smaltimento di rifiuti - Obbligo di diligenza imposto al detentore di rifiuti - Violazione - Buona fede - Esclusione - Fondamento. In tema di illecito smaltimento di rifiuti, non si può parlare di buona fede allorché viene violato un obbligo di diligenza imposto al detentore di rifiuti. Sicché sussiste, il dovere del produttore/detentore di chiedere esplicitamente al soggetto al quale conferisca i propri rifiuti il possesso dell'autorizzazione a gestirli. L'ignoranza della legge penale scusa l'autore dell'illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte Costituzionale 23 marzo del 1988 n 364). Pres. Lupo Est. Petti Ric. Fontebasso. CORTE DI CASSAZIONE SEZ. III, 19/02/2008 (Ud. 15/01/2008), Sentenza n. 7461


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UDIENZA DEL  15.01.2007

SENTENZA N.91

REG. GENERALE N.18672/07


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dai sigg. magistrati:


Dott. Ernesto Lupo presidente
Dott. Aldo Grassi consigliere
Dott. Ciro Petti consigliere
Dott. Claudia Squassoni consigliere
Dott. Giulio Sarno consigliere

Ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso proposto dal difensore di Fontebasso Fedora, nata a Nervesa della Battaglia il 5 gennaio del 1940, avverso la sentenza del tribunale di Treviso, sezione di Montebulluna;
udita la relazione svolta del consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale nella persona del dott. Alfredo Montagna, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
Letti il ricorso e la sentenza denunciata , osserva quanto segue


IN FATTO


Con sentenza del 5 gennaio del ...., il tribunale di Treviso, sezione distaccata di Montebelluna, condannava Fontebasso Fedora alla pena di euro 1800 di ammenda, quale responsabile del reato di cui agli artt 110 e 51 comma l lettera a) del decreto legislativo n 22 del 1997, perché, in concorso e comunque in cooperazione colposa con Coppe Ettore, nella qualità di legale responsabile della ditta Calzaturificio Idea s.n.c. con sede in Giavera del Montello, quale produttore detentore di rifiuti speciali non pericolosi classificati con codice CER 070213, avviava gli stessi a non autorizzate attività di recupero, consegnandoli in particolare, senza i necessari preliminari accertamenti,alla società GEO Servizi di Montebelluna, la quale non era autorizzata al recupero del tipo di rifiuto conferito. Fatto commesso in Giavera del Montello fino al 10 maggio del 2005.


Il tribunale, dopo avere premesso che la materialità del fatto non era stata contestata dalla difesa, osservava che era configurabile la responsabilità della prevenuta perché l'affidamento sulla correttezza della ditta Geo, la quale operava nel settore da un ventennio, sulla regolarità dei pagamenti eseguiti nonché la circostanza che la stessa Geo si faceva carico dell'identificazione del rifiuto e della redazione dei formulari di identificazione non escludevano la colpa dell'imputata, la quale era investita della posizione di garanzia qualificata dall'obbligo giuridico di impedire lo smaltimento non autorizzato del particolare rifiuto conferito.


Ricorre per cassazione la prevenuta per mezzo del proprio difensore deducendo:
- la violazione della norma penale e mancanza di motivazione per avere il tribunale dato per scontato che la Geo non fosse autorizzata al recupero di quel particolare tipo di rifiuto sulla base della sola testimonianza del teste Pastore senza svolgere ulteriori indagini e senza considerare che sul punto la difesa aveva contestato la materialità del fatto, contrariamente a quanto affermato dal tribunale;
- la violazione della norma incriminatrice nonché illogicità della motivazione sul punto: assume che la propria assistita aveva preliminarmente controllato che la Geo fosse autorizzata al trasporto ed al recupero dei rifiuti ed in effetti lo era e quindi non era tenuta a svolgere ulteriori e più approfonditi controlli anche per i pregressi rapporti di durata pluridecennale;
- la violazione dell'articolo 43 c.p. in merito all'esclusione della buonafede della prevenuta;
- la violazione dell'articolo 48 c.p. per avere la corte omesso di considerare che la prevenuta potrebbe essere stata tratta in errore dal comportamento della Geo Servizi


IN DIRITTO


Il ricorso è infondato e va pertanto respinto con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Con riferimento al primo motivo si osserva che il tribunale, per mezzo della testimonianza del teste Pastore, ha accertato che La Geo non era autorizzata al recupero o allo smaltimento del rifiuto prodotto dalla prevenuta. D'altra parte l'imputata, pur contestando genericamente la deposizione del Pastore, non ha dimostrato che la Geo era invece autorizzata anche al recupero o smaltimento del rifiuto da essa prodotto


Infondato è anche il secondo motivo.

Il detentore o produttore di rifiuto può essere esentato da responsabilità solo se consegna il rifiuto al servizio pubblico di raccolta o a soggetti autorizzati all'attività di recupero e smaltimento. In quest'ultimo caso la responsabilità del produttore è esclusa a condizione che il soggetto privato al quale viene consegnato il rifiuto sia autorizzato al recupero ed allo smaltimento proprio di quel tipo di rifiuto; che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data del conferimento del rifiuto al trasportatore ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario(cfr articolo 10 comma secondo del decreto Ronchi e 188 del decreto legislativo n 152 del 2006).


La mancanza di una sola delle anzidette condizioni rende il produttore del rifiuto responsabile dell'illecito smaltimento in forza del principio generale desunto dalla normativa comunitaria in base al quale tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti rispondono solidalmente del corretto smaltimento. Quindi il produttore del rifiuto non può consegnarlo a chicchessia ma deve conferirlo o al servizio pubblico o ad un soggetto privato che sia però autorizzato a smaltire quel particolare tipo di rifiuto, a nulla rilevando che il consegnatario possa essere autorizzato a smaltire altri rifiuti giacché l'assenza di autorizzazione per il rifiuto specifico conferito equivale a mancanza di autorizzazione, come già statuito recentemente da questa Corte (cfr Cass. n 18038 del 2007). E ciò perché l'autorizzazione è personale e viene rilasciata a seguito dell'accertamento della capacità del soggetto e dell'idoneità dei mezzi di cui lo stesso dispone per lo smaltimento o il recupero del particolare rifiuto oggetto dell'autorizzazione come si desume dagli artt 27 e 28 del decreto Ronchi (ora artt 208 e segg del decreto legislativo n 152 del 2006). In particolare nell'autorizzazione devono essere indicate, tra l'altro, le prescrizioni per garantire i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; i requisiti tecnici con particolare riferimento alle compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato ecc... . Orbene appare evidente che l'amministrazione non può imporre alcuna prescrizione se non è a conoscenza del particolare tipo di rifiuto del quale si chiede l'autorizzazione al recupero o allo smaltimento.


Con riferimento al terzo motivo si rileva che del reato contravvenzionale in questione si può rispondere anche a titolo di colpa per la cui sussistenza è sufficiente quindi che il comportamento illecito sia derivato da imperizia, imprudenza o negligenza. Nel caso in esame la prevenuta ha omesso di controllare che il soggetto al quale conferiva i rifiuti fosse autorizzato al recupero ed allo smaltimento proprio del particolare tipo di rifiuto consegnato. Non si può parlare di buona fede allorché viene violato un obbligo di diligenza imposto al detentore di rifiuti. La prevenuta aveva il dovere di chiedere esplicitamente al soggetto al quale conferiva i propri rifiuti se fosse in possesso dell'autorizzazione a gestirli. L'ignoranza della legge penale scusa l'autore dell'illecito soltanto se incolpevole a cagione della sua inevitabilità (Corte Costituzionale 23 marzo del 1988 n 364) e nella fattispecie in esame correttamente i giudici del merito hanno escluso che l'imputata abbia assolto con il criterio dell'ordinaria diligenza, il dovere d' informazione che a lei incombeva.


L'articolo 48 del codice penale non è applicabile alla fattispecie perché la prevenuta non ha provato di essere stata ingannata dalla società alla quale aveva conferito i rifiuti, a nulla rilevando la circostanza che il rapporto durasse da anni.


P. Q.M.
La Corte


Letto l'articolo 616 c.p.p.


RIGETTA


il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma il 15 gennaio del 2008


Il consigliere estensore                           Il Presidente


 


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