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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sez., 26 Febbraio 2008, Causa C-132/05
AGRICOLTURA - Prodotti agricoli ed alimentari - Protezione delle
indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine - Formaggio
“Parmigiano Reggiano” - Uso della denominazione “parmesan” - Obbligo di uno
Stato membro di sanzionare d’ufficio l’uso illegittimo di una denominazione
d’origine protetta - Inadempimento di uno Stato - Regolamento (CEE) n.
2081/92. La commercializzazione di formaggi denominati «parmesan» non
conformi al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano» costituisce una
violazione dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92 perché
il termine «parmesan» è la traduzione esatta della DOP «Parmigiano
Reggiano». La traduzione, al pari della DOP nella lingua dello Stato membro
che ne ha ottenuto la registrazione, sarebbe riservata esclusivamente ai
prodotti conformi al disciplinare. Ne consegue che, l’utilizzazione del
termine «parmesan» per formaggi che non sono conformi al disciplinare della
DOP «Parmigiano Reggiano» deve essere considerata lesiva della tutela
riconosciuta dall’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sez., 26 Febbraio 2008,
Causa C-132/05
AGRICOLTURA - Denominazione d’origine protetta - Registrazione di una
denominazione contenente più termini - C.d. denominazione composta - Reg. n.
2081/92. Il sistema di tutela comunitaria è retto dal principio secondo
cui la registrazione di una denominazione contenente più termini conferisce
la tutela del diritto comunitario sia ai singoli elementi costitutivi della
denominazione composta sia all’intera denominazione composta. L’effettiva
tutela delle denominazioni composte implicherebbe, quindi, che, in linea di
principio, tutti gli elementi costitutivi di una denominazione composta
siano protetti contro utilizzazioni abusive. Per garantire tale tutela, il
regolamento n. 2081/92 non richiede la registrazione di ognuno dei singoli
elementi di una denominazione composta suscettibili di tutela, ma
presupponga che ogni singolo elemento sia intrinsecamente protetto. CORTE
DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sez., 26 Febbraio 2008, Causa
C-132/05
www.AmbienteDiritto.it
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
26 febbraio 2008 (*)
«Inadempimento di uno Stato - Regolamento (CEE) n. 2081/92 -
Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine
dei prodotti agricoli ed alimentari - Formaggio “Parmigiano Reggiano” -
Uso della denominazione “parmesan” - Obbligo di uno Stato membro di
sanzionare d’ufficio l’uso illegittimo di una denominazione d’origine
protetta»
Nella causa C‑132/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 21 marzo 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. de March,
dalla sig.ra S. Grünheid e dal sig. B. Martenczuk, in qualità di agenti,
con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
sostenuta da:
Repubblica ceca, rappresentata dal sig. T. Boček, in qualità di agente,
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità
di agente, assistito dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
intervenienti,
contro
Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. M. Lumma e A.
Dittrich, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. M. Loschelder,
Rechtsanwalt,
convenuta,
sostenuta da:
Regno di Danimarca, rappresentato dal sig. J. Molde, in qualità di
agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
Repubblica d’Austria, rappresentata dal sig. E. Riedl, in qualità di
agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
intervenienti,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C.W.A. Timmermans,
A. Rosas, K. Lenaerts e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. J.N.
Cunha Rodrigues (relatore), K. Schiemann, P. Kūris, E. Juhász, E. Levits
e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione
orale del 13 febbraio 2007,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 28 giugno 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il ricorso in esame la Commissione delle Comunità europee chiede
alla Corte di dichiarare che la Repubblica federale di Germania,
rifiutando formalmente di perseguire come illecito l’impiego nel suo
territorio della denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti
non corrispondenti al disciplinare della denominazione d’origine
protetta (in prosieguo: la «DOP») «Parmigiano Reggiano», favorendo così
l’usurpazione da parte di terzi della notorietà di cui gode il prodotto
autentico, tutelato a livello comunitario, è venuta meno agli obblighi
che le incombono in forza dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento
(CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione
delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei
prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208, pag. 1).
Contesto normativo
2 Il regolamento n. 2081/92 istituisce una protezione comunitaria delle
denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti
agricoli ed alimentari.
3 L’art. 2 del regolamento n. 2081/92 dispone quanto segue:
«1. La protezione comunitaria delle denominazioni d’origine e delle
indicazioni geografiche dei prodotti agricoli ed alimentari è ottenuta
conformemente al presente regolamento.
2. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) “denominazione d’origine”: il nome di una regione, di un luogo
determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un
prodotto agricolo o alimentare
- originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese
e
- la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o
esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali
ed umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano
nell’area geografica delimitata;
(...)».
4 L’art. 3, n. 1, di tale regolamento è così formulato:
«Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate.
Ai fini del presente regolamento, si intende per “denominazione divenuta
generica” il nome di un prodotto agricolo o alimentare che, pur
collegato col nome del luogo o della regione in cui il prodotto agricolo
o alimentare è stato inizialmente ottenuto o commercializzato, è
divenuto, nel linguaggio corrente, il nome comune di un prodotto
agricolo o alimentare.
Per determinare se una denominazione sia divenuta generica o meno, si
tiene conto di tutti i fattori, in particolare:
- della situazione esistente nello Stato membro in cui il nome ha la sua
origine e nelle zone di consumo,
- della situazione esistente in altri Stati membri,
- delle pertinenti legislazioni nazionali o comunitarie.
(...)».
5 Ai sensi dell’art. 4, n. 2, lett. g), del regolamento n. 2081/92, il
disciplinare comprende almeno «i riferimenti relativi alle strutture di
controllo previste all’articolo 10».
6 L’art. 5, nn. 3 e 4, di tale regolamento recita:
«3. La domanda di registrazione include segnatamente il disciplinare di
cui all’articolo 4.
4. La domanda di registrazione è inviata allo Stato membro sul cui
territorio è situata l’area geografica».
7 L’art. 10 del detto regolamento così dispone:
«1. Gli Stati membri provvedono a che entro sei mesi dall’entrata in
vigore del presente regolamento vi siano strutture di controllo aventi
il compito di garantire che i prodotti agricoli e alimentari recanti una
denominazione protetta rispondano ai requisiti del disciplinare.
2. La struttura di controllo può essere composta da una o più autorità
di controllo designate e/o da uno o più organismi privati autorizzati a
tal fine dallo Stato membro. Gli Stati membri comunicano alla
Commissione l’elenco delle autorità e/o degli organismi autorizzati,
nonché le loro rispettive competenze. La Commissione pubblica queste
informazioni nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
3. Le autorità di controllo designate e/o gli organismi privati devono
offrire garanzie sufficienti di obiettività e di imparzialità nei
confronti di ogni produttore o trasformatore soggetto al controllo e
disporre permanentemente degli esperti e dei mezzi necessari per
assicurare i controlli dei prodotti agricoli e dei prodotti alimentari
recanti una denominazione protetta.
Se la struttura di controllo si avvale, per taluni controlli, di un
organismo terzo, quest’ultimo deve offrire le stesse garanzie. Tuttavia,
le autorità di controllo designate e/o gli organismi privati autorizzati
sono [...] responsabili, nei confronti dello Stato membro, della
totalità dei controlli.
A decorrere dal 1° gennaio 1998, per ottenere l’autorizzazione dello
Stato membro ai fini del presente regolamento, gli organismi devono
adempiere le condizioni stabilite nella norma EN 45011, del 26 giugno
1989.
4. Qualora constatino che un prodotto agricolo o alimentare recante una
denominazione protetta originaria del suo Stato membro non risponde ai
requisiti del disciplinare, le autorità di controllo designate e/o gli
organismi privati di uno Stato membro prendono i necessari provvedimenti
per assicurare il rispetto del presente regolamento. (...)
5. Qualora le condizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 non siano più
soddisfatte, lo Stato membro revoca l’autorizzazione dell’organismo di
controllo. Esso ne informa la Commissione che pubblica nella Gazzetta
ufficiale delle Comunità europee un elenco riveduto degli organismi
autorizzati.
6. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il
produttore che rispetta il presente regolamento abbia accesso al sistema
di controllo.
7. I costi dei controlli previsti dal presente regolamento sono
sostenuti dai produttori che utilizzano la denominazione protetta».
8 Ai sensi dell’art. 13 del medesimo regolamento:
«1. Le denominazioni registrate sono tutelate contro:
(…)
b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine
vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una
traduzione o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”,
“metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili;
(…)
Se una denominazione registrata contiene la denominazione di un prodotto
agricolo o alimentare che è considerata generica, l’uso di questa
denominazione generica per il prodotto agricolo o alimentare appropriato
non è contrario al primo comma, lettera a) o b).
(…)
3. Le denominazioni protette non possono diventare generiche».
9 Ai sensi dell’art. 2 del regolamento (CE) della Commissione 12 giugno
1996, n. 1107, relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche
e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui
all’articolo 17 del regolamento (...) n. 2081/92 (GU L 148, pag. 1),
nonché della parte A dell’allegato di tale regolamento, la denominazione
«Parmigiano Reggiano» costituisce una DOP a decorrere dal 21 giugno
1996.
Fase precontenziosa
10 In seguito alla denuncia sporta da vari operatori economici, la
Commissione chiedeva alle autorità tedesche, con lettera 15 aprile 2003,
di impartire chiare istruzioni agli organismi pubblici incaricati di
perseguire le frodi affinché ponessero fine alla commercializzazione nel
territorio tedesco di prodotti denominati «parmesan» non conformi al
disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano». Secondo la Commissione, il
termine «parmesan» era la traduzione della DOP «Parmigiano Reggiano» e
il suo uso costituiva perciò una violazione dell’art. 13, n. 1, lett.
b), del regolamento n. 2081/92.
11 La Repubblica federale di Germania rispondeva, con lettera 13 maggio
2003, che il termine «parmesan», se pure storicamente legato alla
regione di Parma, era divenuto una denominazione generica per formaggi a
pasta dura di varia provenienza geografica, grattugiati o da
grattugiare, distinguendosi dalla DOP «Parmigiano Reggiano». Pertanto,
l’uso di tale termine non integrerebbe una violazione del regolamento n.
2081/92.
12 Il 17 ottobre 2003 la Commissione inviava una lettera di diffida alla
Repubblica federale di Germania cui quest’ultima rispondeva con lettera
del 17 dicembre 2003.
13 La Commissione, non essendo soddisfatta delle spiegazioni ricevute
dalla Repubblica federale di Germania, il 30 marzo 2004 emetteva un
parere motivato, invitando tale Stato membro ad adottare le misure
necessarie a conformarvisi entro due mesi dalla notifica.
14 Con lettera 15 giugno 2004 la Repubblica federale di Germania
comunicava alla Commissione di voler mantenere la posizione
precedentemente espressa.
15 In tale contesto, la Commissione ha deciso di proporre il presente
ricorso.
Sul ricorso
16 Con ordinanza del presidente della Corte 6 settembre 2005 la
Repubblica italiana, da un lato, e il Regno di Danimarca nonché la
Repubblica d’Austria, dall’altro, sono stati ammessi ad intervenire a
sostegno delle conclusioni, rispettivamente, della Commissione e della
Repubblica federale di Germania.
17 Con ordinanza del presidente della Corte 15 maggio 2006 la Repubblica
ceca è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della
Commissione.
18 A sostegno del ricorso la Commissione deduce una sola censura,
relativa al rifiuto, da parte della Repubblica federale di Germania, di
perseguire come illecito l’impiego nel suo territorio della
denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti non
corrispondenti al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano».
19 La Repubblica federale di Germania contesta l’inadempimento sulla
base di tre ordini di motivi:
- in primo luogo, una denominazione d’origine è protetta ai sensi
dell’art. 13 del regolamento n. 2081/92 solo nella forma precisa in cui
è registrata;
- in secondo luogo, l’uso della parola «parmesan» non è in contrasto con
la tutela garantita alla denominazione d’origine «Parmigiano Reggiano» e
- in terzo luogo, essa non è tenuta a perseguire d’ufficio le violazioni
del detto art. 13.
Quanto alla protezione delle denominazioni composte
20 La Commissione sostiene che il sistema di tutela comunitaria è retto
dal principio secondo cui la registrazione di una denominazione
contenente più termini conferisce la tutela del diritto comunitario sia
ai singoli elementi costitutivi della denominazione composta sia
all’intera denominazione composta. L’effettiva tutela delle
denominazioni composte implicherebbe, quindi, che, in linea di
principio, tutti gli elementi costitutivi di una denominazione composta
siano protetti contro utilizzazioni abusive. La Commissione ritiene che,
per garantire tale tutela, il regolamento n. 2081/92 non richieda la
registrazione di ognuno dei singoli elementi di una denominazione
composta suscettibili di tutela, ma presupponga che ogni singolo
elemento sia intrinsecamente protetto. Un’interpretazione del genere
avrebbe trovato riscontro nella sentenza della Corte 9 giugno 1998,
cause riunite C‑129/97 e C‑130/97, Chiciak e Fol (Racc. pag. I‑3315).
21 La Commissione osserva che il principio della protezione di tutti gli
elementi costitutivi di una denominazione composta ammette un’unica
eccezione, prevista all’art. 13, n. 1, secondo comma, del regolamento n.
2081/92: l’utilizzazione di un singolo elemento di una denominazione
composta non è contraria all’art. 13, n. 1, lett. a) e b), del detto
regolamento, quando tale elemento è la denominazione di un prodotto
agricolo o alimentare considerata denominazione generica. Orbene, questa
disposizione sarebbe superflua se si dovesse ritenere che i singoli
elementi costitutivi di denominazioni registrate unicamente come
denominazioni composte non siano in alcun modo tutelati.
22 Un elemento costitutivo di una denominazione utilizzato isolatamente
non beneficerebbe della protezione concessa dal regolamento n. 2081/92
anche qualora gli Stati membri interessati, nel comunicare la
denominazione composta in oggetto, abbiano dichiarato di non richiedere
la tutela per certe parti di tale denominazione.
23 La Commissione avrebbe tenuto conto [di tale dichiarazione] al
momento dell’adozione del regolamento n. 1107/96 precisando,
eventualmente, in una nota a piè di pagina, che non era richiesta tutela
per una parte della denominazione composta.
24 Nel caso della denominazione «Parmigiano Reggiano» nessuno dei due
elementi costitutivi sarebbe stato menzionato in una nota a piè di
pagina.
25 La Repubblica federale di Germania replica che una DOP beneficia
della tutela ex art. 13 del regolamento n. 2081/92 solo nella forma
precisa in cui è registrata. Contrariamente a quanto sostenuto dalla
Commissione, non si può trarre una conclusione di segno opposto dalla
citata sentenza Chiciak e Fol.
26 Inoltre, nell’ambito della controversia decisa con sentenza 25 giugno
2002, causa C‑66/00, Bigi (Racc. pag. I‑5917), la stessa Repubblica
italiana avrebbe espressamente confermato di aver rinunciato alla
registrazione della denominazione «Parmigiano». In tale contesto, in
mancanza di registrazione, tale denominazione non rientrerebbe
nell’ambito di tutela del diritto comunitario.
27 A tale proposito, dall’ottavo ‘considerando’ del regolamento n.
1107/96 risulta «che alcuni Stati membri hanno fatto presente che per
talune parti delle denominazioni la protezione non era richiesta e che è
opportuno tenerne conto».
28 Il regolamento n. 1107/96 precisa, rinviando alle note a piè di
pagina del suo allegato, in quali casi non è stata richiesta la tutela
di una parte della denominazione considerata.
29 Si deve osservare, tuttavia, che l’inesistenza di una dichiarazione
nel senso che, per talune componenti di una denominazione, la tutela
conferita dall’art. 13 del regolamento n. 2081/92 non è stata richiesta
non può costituire un argomento sufficiente per determinare l’ampiezza
di tale protezione (v., in tal senso, sentenza Chiciak e Fol, cit.,
punto 37).
30 Nel sistema di protezione istituito mediante il regolamento n.
2081/92 le questioni relative alla protezione da accordare ai singoli
elementi di una denominazione, e segnatamente quelle relative
all’eventualità che si tratti di un nome generico o di un elemento
protetto contro le prassi oggetto dell’art. 13 del detto regolamento,
rientrano nella competenza del giudice nazionale, che le risolverà in
base ad un’analisi approfondita del contesto fattuale quale ricostruito
ed illustrato dagli interessati (sentenza Chiciak e Fol, cit., punto
38).
31 In tale contesto non può avere fortuna l’argomento della Repubblica
federale di Germania secondo cui una DOP beneficia della tutela ex art.
13 del regolamento n. 2081/92 solo nella forma precisa in cui è
registrata.
Quanto al pregiudizio arrecato alla DOP «Parmigiano Reggiano»
32 Secondo la Commissione, la commercializzazione di formaggi denominati
«parmesan» non conformi al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano»
costituisce una violazione dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento
n. 2081/92 perché il termine «parmesan» è la traduzione esatta della DOP
«Parmigiano Reggiano». La traduzione, al pari della DOP nella lingua
dello Stato membro che ne ha ottenuto la registrazione, sarebbe
riservata esclusivamente ai prodotti conformi al disciplinare.
33 La Commissione aggiunge che, come dimostra lo stretto legame,
attestato dagli sviluppi storici, tra la particolare regione geografica
d’Italia dalla quale proviene tale tipo di formaggio e il termine «parmesan»,
quest’ultimo non è una denominazione generica distinguibile dalla DOP
«Parmigiano Reggiano».
34 In ogni caso, l’uso della denominazione «parmesan» per un formaggio
non conforme al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano»
costituirebbe un’evocazione di tale denominazione, vietata dall’art. 13,
n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92.
35 La Commissione afferma altresì che il termine «parmesan» non è
divenuto una denominazione generica.
36 Naturalmente, una denominazione geografica potrebbe, nel tempo e
attraverso l’uso, diventare una denominazione generica, nel senso che il
consumatore potrebbe giungere a considerarla indicazione di un certo
tipo di prodotto piuttosto che dell’origine geografica del prodotto
stesso. Tale slittamento di senso si sarebbe verificato in particolare
nel caso delle denominazioni «Camembert» e «Brie».
37 La Commissione prosegue affermando che il termine «parmesan» non ha
mai perso la sua connotazione geografica. Infatti, se «parmesan» fosse
realmente un termine neutro privo di tale connotazione, non vi sarebbero
spiegazioni plausibili all’ostinazione dei produttori di imitazioni a
stabilire con parole o con immagini un nesso tra i loro prodotti e
l’Italia.
38 Inoltre, secondo la Commissione, il fatto che fino al 2000 venisse
prodotto sul territorio italiano un formaggio denominato «parmesan» non
conforme al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano» non significa
che il termine costituisca una denominazione generica, in Italia, per
formaggi a pasta dura di origine diversa, dato che quel formaggio era
destinato unicamente all’esportazione verso paesi in cui il termine «parmesan»
non fruiva di alcuna protezione particolare, conformemente al principio
di territorialità. D’altronde, la denominazione d’origine «Parmigiano
Reggiano» è stata protetta a livello comunitario solo a partire dal 21
giugno 1996, data in cui è entrato in vigore il regolamento n. 1107/96.
39 La Repubblica federale di Germania afferma che l’uso del termine «parmesan»
non costituisce una violazione dell’art. 13, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 2081/92 dato che, già secondo la Commissione,
rappresenterebbe solo la traduzione della parola «Parmigiano» che è una
denominazione generica, come dimostrano la situazione in Italia e in
altri Stati membri nonché le normative nazionali e comunitaria. Tale
termine, in quanto denominazione generica, non potrebbe beneficiare
della tutela del detto regolamento.
40 In subordine, la Repubblica federale di Germania sostiene che, anche
supponendo che il termine «Parmigiano» non sia una denominazione
generica e che, pertanto, non si applichino a tale elemento costitutivo
le disposizioni dell’art. 13, n. 1, secondo comma, del regolamento n.
2081/92, l’uso del termine «parmesan» non integra una violazione delle
disposizioni relative alla tutela della denominazione d’origine
«Parmigiano Reggiano». Il nome «parmesan» avrebbe subito un’evoluzione
secolare a sé stante e sarebbe divenuto, in Germania, come pure in altri
Stati membri, una denominazione generica. Il suo uso non costituirebbe
dunque né un’usurpazione né un’evocazione della DOP «Parmigiano
Reggiano».
41 A suffragio di tale tesi la Repubblica federale di Germania invoca,
in primo luogo, il paragrafo 35 delle conclusioni dell’avvocato generale
Ruiz-Jarabo Colomer nella causa C‑317/95, definita dall’ordinanza 8
agosto 1997, Canadane Cheese Trading e Kouri (Racc. pag. I‑4681); in
secondo luogo, la citata sentenza Bigi, dove la Corte ha espressamente
lasciato insoluta la questione se il termine «parmesan» costituisca un
nome generico, e, in terzo luogo, il fatto che non è sufficiente
constatare che il nome di un prodotto è la traduzione di una
denominazione di origine. Occorrerebbe verificare di volta in volta se
tale traduzione evochi effettivamente la denominazione di cui trattasi.
Non la evocherebbe nell’ipotesi in cui la denominazione controversa, pur
essendo inizialmente una traduzione, abbia assunto col tempo un altro
significato nell’accezione corrente dei consumatori, divenendo in tal
modo una denominazione generica. In quarto luogo, il detto Stato membro
si appella al fatto che in Germania, unico Stato membro in cui la
valutazione della genericità del termine «parmesan» è decisiva, visto il
presente procedimento per inadempimento, il termine «parmesan» è
considerato da sempre la denominazione generica di un formaggio a pasta
dura grattugiato o da grattugiare. Ciò varrebbe, del resto, anche in
altri Stati membri, Italia compresa.
42 Occorre anzitutto stabilire se, rispetto alla DOP «Parmigiano
Reggiano», l’uso della denominazione «parmesan» rientri in uno dei casi
contemplati dall’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2081/92.
43 A tale proposito giova ricordare che, in forza dell’art. 13, n. 1,
lett. b), del detto regolamento, le denominazioni registrate sono
tutelate, in particolare, contro qualsiasi usurpazione, imitazione o
evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se la
denominazione protetta è una traduzione.
44 In merito all’evocazione di una DOP, la Corte ha stabilito che tale
nozione si riferisce all’ipotesi in cui il termine utilizzato per
designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta,
di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia
indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che
fruisce della denominazione (sentenza 4 marzo 1999, causa C‑87/97,
Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, Racc. pag. I‑1301,
punto 25).
45 La Corte ha precisato che può esservi evocazione di una DOP in
mancanza di qualunque rischio di confusione tra i prodotti di cui è
causa e anche quando nessuna tutela comunitaria si applichi agli
elementi della denominazione di riferimento ripresi dalla terminologia
controversa (sentenza Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola,
cit., punto 26).
46 Nella presente causa sussistono analogie fonetiche ed ottiche fra le
denominazioni «parmesan» e «Parmigiano Reggiano» in un contesto in cui i
prodotti di cui è causa sono formaggi a pasta dura, grattugiati o da
grattugiare, cioè simili nel loro aspetto esterno (v., in tal senso,
sentenza Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, cit., punto
27).
47 Peraltro, che la denominazione «parmesan» sia o meno la traduzione
esatta della DOP «Parmigiano Reggiano» o del termine «Parmigiano», si
deve tener conto anche della somiglianza concettuale tra tali due
termini, pur di lingue diverse, testimoniata dal dibattito dinanzi alla
Corte.
48 Tale somiglianza, come già le somiglianze fonetiche e ottiche
rilevate al punto 46 della presente sentenza, è idonea ad indurre il
consumatore a prendere come immagine di riferimento il formaggio recante
la DOP «Parmigiano Reggiano» quando si trova dinanzi ad un formaggio a
pasta duro, grattugiato o da grattugiare, recante la denominazione «parmesan».
49 In tale contesto, l’uso della denominazione «parmesan» dev’essere
considerato un’evocazione della DOP «Parmigiano Reggiano» ai sensi
dell’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92.
50 Sapere se la denominazione «parmesan» sia la traduzione della DOP
«Parmigiano Reggiano» è quindi irrilevante ai fini dell’esame del
presente ricorso.
51 La Repubblica federale di Germania sostiene, tuttavia, che, siccome
la denominazione «parmesan» è divenuta una denominazione generica,
utilizzarla non equivale ad evocare illecitamente la DOP «Parmigiano
Reggiano».
52 Spettava alla Repubblica federale di Germania dimostrare la
fondatezza di tale argomento, tanto più che la Corte ha già affermato
che è tutt’altro che evidente che la denominazione «parmesan» sia
divenuta generica (sentenza Bigi, cit., punto 20).
53 Nel valutare la genericità di una denominazione occorre prendere in
considerazione, conformemente all’art. 3, n. 1, del regolamento n.
2081/92, i luoghi di produzione del prodotto considerato sia all’interno
sia al di fuori dello Stato membro che ha ottenuto la registrazione
della denominazione in oggetto, il consumo di tale prodotto e il modo in
cui viene percepita dai consumatori la sua denominazione all’interno e
al di fuori del detto Stato membro, l’esistenza di una normativa
nazionale specifica relativa al detto prodotto, nonché il modo in cui la
detta denominazione è stata utilizzata nella legislazione comunitaria
(v. sentenza 25 ottobre 2005, cause riunite C‑465/02 e C‑466/02,
Germania e Danimarca/Commissione, Racc. pag. I‑9115, punti 76‑99).
54 Orbene, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 63 e 64
delle conclusioni, la Repubblica federale di Germania si è limitata a
produrre citazioni tratte da dizionari e da letteratura specializzata
che non offrono un quadro completo del modo in cui il termine «parmesan»
è percepito dai consumatori in Germania e in altri Stati membri, e non
ha presentato neppure dati relativi alla produzione o al consumo del
formaggio commercializzato con la denominazione «parmesan» in Germania o
in altri Stati membri.
55 Inoltre, dalla documentazione sottoposta alla Corte risulta che in
Germania alcuni produttori di formaggio recante la denominazione «parmesan»
commercializzano tale prodotto con etichette che richiamano tradizioni
culturali e paesaggi italiani. È legittimo dedurne che i consumatori in
tale Stato membro percepiscono il formaggio «parmesan» come un formaggio
associato all’Italia anche se, in realtà, è stato prodotto in un altro
Stato membro (v., in tal senso, sentenza Germania e
Danimarca/Commissione, cit., punto 87).
56 All’udienza, infine, la Repubblica federale di Germania non ha
fornito informazioni neppure sulle quantità di formaggio prodotto in
Italia con la DOP «Parmigiano Reggiano» importate in Germania, non
permettendo così alla Corte di avvalersi dei dati relativi al consumo di
tale formaggio per concludere in ordine alla genericità o meno della
denominazione «parmesan» (v., in tal senso, sentenza Germania e
Danimarca/Commissione, cit., punto 88).
57 Ne consegue che, non avendo la Repubblica federale di Germania
dimostrato che la denominazione «parmesan» riveste carattere generico,
l’utilizzazione del termine «parmesan» per formaggi che non sono
conformi al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano» deve essere
considerata, nella fattispecie, lesiva della tutela riconosciuta
dall’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92.
Quanto all’obbligo della Repubblica federale di Germania di
perseguire le violazioni dell’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2081/92
58 La Commissione fa valere che la Repubblica federale di Germania è
tenuta, ai sensi degli artt. 10 e 13 del regolamento n. 2081/92, a
prendere d’ufficio le misure necessarie per reprimere i comportamenti
lesivi delle DOP. A suo avviso, l’intervento degli Stati membri
comprende, sui piani amministrativo e penale, misure atte a permettere
la realizzazione degli obiettivi di tale regolamento in materia di
protezione delle denominazioni d’origine. I prodotti non conformi alle
prescrizioni del regolamento non potrebbero essere messi in
circolazione.
59 La Commissione precisa che le sue censure non riguardano né la
normativa tedesca né una qualsivoglia impossibilità di ricorso dinanzi
ai tribunali nazionali, bensì la prassi amministrativa delle autorità
tedesche in contrasto con la legislazione comunitaria. Se gli Stati
membri fossero sollevati dal loro obbligo di intervento e se, quindi, i
singoli operatori economici dovessero agire in giudizio ogniqualvolta
venga violato il loro diritto d’uso esclusivo della DOP sull’intero
territorio dell’Unione europea, gli obiettivi del regolamento n. 2081/92
non potrebbero essere raggiunti.
60 Sempre secondo la Commissione, in una causa che oppone operatori
economici privati, il punto centrale è che siano rispettati i diritti di
proprietà intellettuale di cui godono i produttori stabiliti nella
regione d’origine del prodotto in questione, laddove la repressione da
parte dei poteri pubblici delle infrazioni all’art. 13 del regolamento
n. 2081/92 è volta a tutelare non interessi economici privati, bensì i
consumatori, le cui aspettative quanto a qualità e ad origine geografica
del prodotto non devono essere deluse. La tutela dei consumatori
perseguita dal regolamento sarebbe compromessa se l’attuazione dei
divieti previsti dallo stesso fosse rimessa integralmente all’iniziativa
processuale degli operatori economici privati.
61 La Commissione conclude che il comportamento della Repubblica
federale di Germania deve essere assimilato ad una violazione per
omissione del diritto comunitario.
62 Da parte sua, la Repubblica federale di Germania sostiene che l’art.
13 del regolamento n. 2081/92 definisce l’ambito d’applicazione della
protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine
registrate. Dato l’effetto diretto del regolamento, tale articolo
sarebbe idoneo a conferire ai titolari o agli utilizzatori legittimi
delle DOP diritti che le giurisdizioni nazionali hanno l’obbligo di
tutelare.
63 L’applicabilità diretta del regolamento n. 2081/92 non dispenserebbe
gli Stati membri dall’obbligo di adottare misure nazionali che
permettano di assicurare la sua attuazione. La Repubblica federale di
Germania avrebbe adottato, in ogni caso, numerose disposizioni
legislative atte a contrastare l’uso illecito delle DOP, in particolare
la legge sulla lotta alla concorrenza sleale (Gesetz gegen den
unlauteren Wettbewerb), del 7 giugno 1909, e la legge relativa alla
tutela dei marchi e di altri segni distintivi (Gesetz über den Schutz
von Marken und sonstigen Kennzeichen), del 25 ottobre 1994 (BGBl. 1994
I, pag. 3085).
64 Non solo. La possibilità di impugnare ogni comportamento lesivo dei
diritti derivanti da una DOP non sarebbe riservata al solo titolare
della medesima. Al contrario, essa sarebbe aperta ai concorrenti, alle
associazioni d’imprese e alle associazioni dei consumatori. L’ampia
cerchia di soggetti legittimati a proporre ricorso già basterebbe a
mostrare che le disposizioni in vigore nella Repubblica federale di
Germania non si limitano ad offrire una tutela dei diritti di proprietà
intellettuale propri dei produttori stabiliti nella regione d’origine
del prodotto in questione. Esse creerebbero un sistema generale ed
efficace atto ad impedire violazioni dell’art. 13 del regolamento n.
2081/92 e a sanzionarle efficacemente per via giudiziaria.
65 Riconoscendo questi diritti civili, la Repubblica federale di
Germania avrebbe preso tutte le dovute misure per assicurare la piena e
completa applicazione dell’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2081/92.
Non sarebbe necessario che le autorità pubbliche sanzionino d’ufficio,
con misure di polizia amministrativa, le violazioni di tale
disposizione, né lo imporrebbero gli artt. 10 e 13 del medesimo
regolamento. Secondo la Repubblica federale di Germania, dal confronto
tra le varie versioni linguistiche dell’art. 10, n. 4, del regolamento
n. 2081/92 emerge che, data l’origine italiana della DOP «Parmigiano
Reggiano», spetta al Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano, e non
agli organi di controllo tedeschi, verificare che la denominazione venga
utilizzata in maniera conforme al disciplinare.
66 Se è vero - come considera la Commissione - che la sanzione inflitta
dallo Stato membro interessato per le violazioni dell’art. 13 del
regolamento n. 2081/92 deve assicurare la tutela non soltanto degli
interessi economici privati, ma anche dei consumatori, nulla nel
regolamento lascerebbe ritenere che, contrariamente a quanto accade per
altri diritti di proprietà intellettuale o per disposizioni di tutela
della concorrenza, per la protezione delle denominazioni d’origine i
rimedi giurisdizionali non siano sufficienti.
67 La Repubblica federale di Germania fa valere, infine, che se, in
Germania, l’uso della denominazione «parmesan» per prodotti non
corrispondenti al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano» non è
oggetto di procedimenti d’ufficio né di sanzioni penali, ammesso che
tale utilizzo integri una violazione dell’art. 13, n. 1, del regolamento
n. 2081/92, è semplicemente perché essa ha rinunciato a modalità
sanzionatorie che gli Stati membri possono, sì, prevedere, ma che allo
stato attuale del diritto comunitario non sono tenute ad adottare.
68 A tale proposito occorre ricordare che la facoltà di cui godono i
cittadini di far valere le disposizioni di un regolamento dinanzi ai
giudici nazionali non dispensa gli Stati membri dall’adottare le misure
interne che permettano di assicurarne la piena e completa applicazione
qualora ciò si renda necessario (v., in particolare, sentenza 20 marzo
1986, causa 72/85, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1219, punto 20).
69 Non è in discussione che l’ordinamento giuridico tedesco dispone di
strumenti giuridici, come le disposizioni legislative menzionate al
punto 63 della presente sentenza, per assicurare una tutela effettiva
dei diritti che i singoli traggono dal regolamento n. 2081/92. Non è in
discussione neppure che la possibilità di impugnare ogni comportamento
idoneo a ledere i diritti derivanti da una DOP non è riservata al solo
utilizzatore legittimo della stessa, ma è, al contrario, aperta ai
concorrenti, alle associazioni di imprese e alle associazioni di
consumatori.
70 Se ne desume che una normativa siffatta è idonea a garantire la
tutela di interessi diversi da quelli dei produttori dei beni protetti
da una DOP, segnatamente: gli interessi dei consumatori.
71 All’udienza, la Repubblica federale di Germania ha del resto indicato
che a quella data erano in corso dinanzi ai giudici tedeschi
procedimenti relativi all’uso in Germania della denominazione «parmesan»,
uno dei quali avviato dal Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano.
72 Per quanto riguarda la censura della Commissione vertente
sull’obbligo degli Stati membri di adottare d’ufficio le misure
necessarie a perseguire la violazione dell’art. 13, n. 1, del detto
regolamento, occorre considerare quanto segue.
73 Innanzi tutto, un obbligo del genere non deriva dall’art. 10 del
regolamento n. 2081/92.
74 Vero è che, per assicurare l’efficacia delle disposizioni del
regolamento n. 2081/92, l’art. 10, n. 1, prevede che gli Stati membri
provvedano a che entro sei mesi dall’entrata in vigore del regolamento
siano predisposte strutture di controllo. Essi sono dunque tenuti a
creare tali strutture.
75 Tuttavia, l’art. 10, n. 4, del regolamento n. 2081/92, disponendo che
«qualora constatino che un prodotto agricolo o alimentare recante una
denominazione protetta originaria del suo Stato membro non risponde ai
requisiti del disciplinare, le autorità di controllo designate e/o gli
organismi privati di uno Stato membro prendono i necessari provvedimenti
per assicurare il rispetto del presente regolamento (…)», indica che le
autorità di controllo designate e/o gli organismi privati di uno Stato
membro sono quelli dello Stato membro di provenienza della DOP.
76 Il fatto che, al n. 3, parli di «produttore o trasformatore soggetto
al controllo», al n. 6, del diritto dei produttori all’accesso al
sistema di controllo e, al n. 7, dell’obbligo dei produttori di
sostenere i costi dei controlli, conferma che l’art. 10 del regolamento
n. 2081/92 riguarda obblighi degli Stati membri da cui proviene la DOP.
77 Tale interpretazione è ulteriormente confortata dal combinato
disposto degli artt. 4, n. 2, lett. g), e 5, nn. 3 e 4, del regolamento
n. 2081/92 dal quale emerge che la domanda di registrazione deve
includere il disciplinare, che tale domanda deve essere inviata allo
Stato membro sul cui territorio è situata l’area geografica interessata
e che il detto disciplinare deve contenere «i riferimenti relativi alle
strutture di controllo previste all’articolo 10».
78 Ne consegue che gli organi di controllo cui incombe l’obbligo di
assicurare il rispetto del disciplinare delle DOP sono quelli dello
Stato membro da cui proviene la DOP medesima. Il controllo sul rispetto
del disciplinare nell’uso della DOP «Parmigiano Reggiano» non compete
quindi alle autorità di controllo tedesche.
79 È vero che l’art. 13, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2081/92
prescrive la protezione delle denominazioni registrate contro qualsiasi
«usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del
prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione o è
accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla
maniera”, “imitazione” o simili».
80 Nondimeno, da un lato, la Commissione non ha dimostrato che la
Repubblica federale di Germania ha disatteso gli obblighi derivanti dal
regolamento n. 2081/92 e, dall’altro, non ha presentato elementi nel
senso che misure come quelle menzionate al punto 63 della presente
sentenza non siano state adottate o non fossero idonee a tutelare la DOP
«Parmigiano Reggiano».
81 Tutto ciò considerato, occorre dichiarare che la Commissione non ha
dimostrato che la Repubblica federale di Germania, rifiutando
formalmente di perseguire come illecito l’impiego nel suo territorio
della denominazione «parmesan» nell’etichettatura di prodotti non
corrispondenti al disciplinare della DOP «Parmigiano Reggiano», è venuta
meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 13, n. 1, lett.
b), del regolamento n. 2081/92.
82 Pertanto, il ricorso della Commissione deve essere respinto.
Sulle spese
83 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Repubblica federale di Germania ne ha fatto domanda, la Commissione,
rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese. Ai sensi del n.
4 del detto articolo, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la
Repubblica italiana nonché la Repubblica d’Austria sopporteranno
ciascuna le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.
3) La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica italiana
nonché la Repubblica d’Austria sopporteranno ciascuna le proprie spese.
Firme
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