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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
RIFIUTI - Olio accidentalmente sversato - Inquinamento del terreno e
delle acque sotterranee - Principio «chi inquina paga» - Operazioni di
recupero o smaltimento - Art. 1, lett. a) Dir. n.75/442. In materia di
gestione dei rifiuti, gli idrocarburi che siano stati accidentalmente
sversati e che siano all'origine di un inquinamento del terreno e delle
acque sotterranee non costituiscono un prodotto riutilizzabile senza previa
trasformazione. La direttiva 75/442 distingue la materiale realizzazione
delle operazioni di recupero o smaltimento - che essa pone a carico di ogni
«detentore di rifiuti», indipendentemente da chi sia il produttore o il
possessore degli stessi - dall'assunzione dell'onere finanziario relativo
alle suddette operazioni, che la medesima direttiva accolla, in conformità
del principio «chi inquina paga», ai soggetti che sono all'origine dei
rifiuti, a prescindere se costoro siano detentori o precedenti detentori dei
rifiuti o anche fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti (sentenza
Van de Walle). (Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande
Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
RIFIUTI - INQUINAMENTO IDRICO - Gestione dei rifiuti - Nozione di rifiuti
- Principio “chi inquina paga” - Detentore - Precedenti detentori -
Produttore del prodotto causa dei rifiuti - Idrocarburi e olio pesante -
Olio pesante accidentalmente sversato in mare a seguito di un naufragio -
Convenzione sulla responsabilità civile per i danni dovuti a inquinamento da
idrocarburi - FIPOL - Direttiva 75/442/CEE. Una sostanza come l’olio
pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai sensi della
direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti,
come modificata dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE,
nei limiti in cui è sfruttata o commercializzata a condizioni economicamente
vantaggiose e può essere effettivamente utilizzata come combustibile senza
necessitare di preliminari operazioni di trasformazione. Tuttavia,
idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un naufragio, che
risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano alla deriva
lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste ultime,
costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva
75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei limiti in cui non
possono più essere sfruttati o commercializzati senza preliminari operazioni
di trasformazione. Pertanto, ai fini dell'applicazione dell'art. 15 della
direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, allo sversamento
accidentale di idrocarburi in mare all'origine di un inquinamento delle
coste di uno Stato membro: - il giudice nazionale può considerare colui che
ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come
produttore dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della
direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, e, in questo modo,
come «precedente detentore» ai fini dell'applicazione dell'art. 15, secondo
trattino, prima parte, di tale direttiva se tale giudice, alla luce degli
elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza, giunge alla
conclusione che detto venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che
si verificasse l'inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se
si è astenuto dall'adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale
evento, come quelli relativi alla scelta della nave; - qualora risulti che i
costi connessi allo smaltimento dei rifiuti prodotti da uno sversamento
accidentale di idrocarburi in mare non sono oggetto di accollo da parte del
fondo in parola o non possono esserlo a motivo dell'esaurimento del limite
massimo di risarcimento previsto per tale sinistro e che, in applicazione
dei limiti e/o delle esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto
nazionale di uno Stato membro, compreso quello derivante da convenzioni
internazionali, impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario
della nave e/o dal noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti
debbano essere qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c),
della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, un siffatto
diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una
trasposizione conforme dell'art. 15 di tale direttiva, che i costi in
questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i
rifiuti così sversati. Sicché, conformemente al principio «chi inquina
paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi solo
se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si verificasse
l'inquinamento prodotto dal naufragio della nave. (Total) CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc.
C-188/07
RIFIUTI - Qualifica di rifiuto - Elenchi - Valore indicativo - All. II,
Dir. 75/442. Nonostante l'allegato II della direttiva 75/442 propone
elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come rifiuti, tali elenchi,
tuttavia, hanno soltanto un valore indicativo, posto che la qualifica di
rifiuto discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato
del termine «disfarsi» (v. sentenza 7/09/2004, causa C‑1/03, Van de Walle).
(Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione,
24/06/2008, Proc. C-188/07
RIFIUTI - Prodotti e sottoprodotti - Utilizzo in un processo successivo,
senza operare trasformazioni preliminari - Nozione di rifiuto - Direttiva
75/442. Un bene, un materiale o una materia prima derivante da un
processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato
a produrlo può costituire non un residuo, bensì un sottoprodotto, del quale
l'impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che essa intende sfruttare o
commercializzare a condizioni per essa favorevoli, in un processo
successivo, senza operare trasformazioni preliminari (v. sentenza Palin
Granit, nonché ordinanza 15/01/2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani).
Pertanto, non è assolutamente giustificato assoggettare alle disposizioni
della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che dal punto di
vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi
trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa
applicabile a tali prodotti. Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di
interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare
gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere
il ricorso a tale argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni
in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non
sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e
nell'ambito del processo di produzione. (Total) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
PROCEDURE E VARIE - Questioni pregiudiziali - Domanda - Valutazione -
Giudice nazionale. Le questioni relative all'interpretazione del diritto
comunitario sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di
fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non
spetta alla Corte verificare l'esattezza, godono di una presunzione di
rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un
giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che
l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun rapporto
con l'effettività o l'oggetto della causa principale, qualora la questione
sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli
elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle
questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza 7/06/ 2007,
cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der Weerd). Peraltro, secondo una
giurisprudenza costante, spetta ai giudici nazionali cui è stata sottoposta
la controversia valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per
essere in grado di pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle
questioni che sottopongono alla Corte (sentenza 15/06/2006, cause riunite
C‑393/04 e C‑41/05, Air Liquide Industries Belgium). CORTE DI GIUSTIZIA
DELLE COMUNITA' EUROPEE, Grande Sezione, 24/06/2008, Proc. C-188/07
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
24 giugno 2008 (*)
«Direttiva 75/442/CEE - Gestione dei rifiuti - Nozione di rifiuti -
Principio “chi inquina paga” - Detentore - Precedenti detentori -
Produttore del prodotto causa dei rifiuti - Idrocarburi e olio pesante -
Naufragio - Convenzione sulla responsabilità civile per i danni dovuti a
inquinamento da idrocarburi - FIPOL»
Nel procedimento C‑188/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Francia) con
decisione 28 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2007,
nella causa
Commune de Mesquer
contro
Total France SA,
Total International Ltd,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente della Seconda Sezione,
facente funzione di presidente, dai sigg. A. Rosas, K. Lenaerts e L. Bay
Larsen, presidenti di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai
sigg. K. Schiemann, P. Kūris, E. Levits, A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P.
Lindh, dai sigg. J.-C. Bonichot, T. von Danwitz e dalla sig.ra C. Toader
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 22
gennaio 2008,
considerate le osservazioni presentate:
- per il Comune di Mesquer, dagli avv.ti C. Lepage e A. Moustardier,
avocats;
- per la Total France SA e la Total International Ltd, dagli avv.ti
J.‑P. Hordies, C. Smits, M. Memlouk, J. Boivin, E. Fontaine e F.-H.
Briard, avocats;
- per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.-L.
During, in qualità di agenti;
- per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di
agente;
- per il governo italiano, dai sigg. I. M. Braguglia, in qualità di
agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;
- per il governo del Regno Unito, dalle sig.re C. Gibbs e I. Rao, in
qualità di agenti, assistite dal sig. J. Maurici, barrister,
- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Konstantinidis,
J.‑B. Laignelot e G. Valero Jordana, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza
del 13 marzo 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli
artt. 1 e 15 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE,
relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla decisione
della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L 135, pag. 32; in
prosieguo: la «direttiva 75/442»), nonché sull'allegato I di tale
direttiva.
2 La domanda in questione interviene nell'ambito di una controversia che
vede contrapporsi il Comune di Mesquer alla Total France SA e alla Total
International Ltd (in prosieguo, congiuntamente: le «società Total»)
relativamente al risarcimento dei danni causati dai rifiuti sversati sul
territorio del menzionato Comune in seguito al naufragio della
petroliera Erika.
Contesto normativo
La normativa internazionale
3 La convenzione internazionale del 1969 sulla responsabilità civile per
i danni dovuti a inquinamento da idrocarburi, adottata a Bruxelles il 29
novembre 1969, come modificata dal protocollo firmato a Londra il 27
novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag. 32; in prosieguo: la «convenzione
sulla responsabilità civile»), disciplina la responsabilità dei
proprietari di navi per i danni risultanti da sversamenti ripetuti di
idrocarburi provenienti da navi cisterna. Essa si fonda sul principio
della loro responsabilità oggettiva, limitata a un importo calcolato in
funzione della stazza della nave, e istituisce un sistema obbligatorio
di assicurazione della responsabilità civile.
4 Ai sensi dell'art. II, lett. a), della convenzione sulla
responsabilità civile, quest'ultima si applica ai danni dovuti a
inquinamento che si verificano nel territorio di uno Stato contraente,
ivi compreso il mare territoriale, e nella zona economica esclusiva di
uno Stato contraente, definita conformemente alle norme del diritto
internazionale, o, qualora uno Stato contraente non abbia fissato tale
zona, in una fascia di mare situata al di là delle acque territoriali di
detto Stato contraente e ad esse contigua, conformemente al diritto
internazionale, che si estende non oltre le 200 miglia nautiche dalla
linea di base a partire dalla quale è misurata la larghezza delle acque
territoriali.
5 Ai sensi dell'art. III, n. 4, della convenzione sulla responsabilità
civile, «il risarcimento per danni dovuti a inquinamento ai sensi della
presente convenzione o di altro genere non può essere chiesto (...) a
qualsiasi noleggiatore (in qualunque modo descritto, ivi compresi i
noleggiatori di navi non equipaggiate), gestore o operatore della nave
(...), tranne nel caso in cui il danno sia dovuto a loro atti o
omissioni personali, commessi con l'intento di provocare tali danni,
ovvero con negligenza e con la consapevolezza della probabilità di
provocare tali danni».
6 La convenzione internazionale sull'istituzione di un fondo
internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a inquinamento da
idrocarburi, adottata a Bruxelles il 18 dicembre 1971, come modificata
dal protocollo firmato a Londra il 27 novembre 1992 (GU 2004, L 78, pag.
40; in prosieguo: la «convenzione Fondo»), completa la convenzione sulla
responsabilità civile, istituendo un sistema di risarcimento delle
vittime.
7 Il Fondo internazionale per il risarcimento dei danni dovuti a
inquinamento da idrocarburi (in prosieguo: il «FIPOL»), alimentato da
contributi dell'industria petrolifera, può coprire fino a 135 milioni di
DTS (diritti speciali di prelievo) per un evento precedente al 2003.
Conformemente all'art. 4 della convenzione Fondo, le vittime possono
presentare, dinanzi ai giudici dello Stato parte contraente di tale
convenzione in cui sono stati causati i danni, istanze al fine di
ottenere un risarcimento, in particolare qualora la convenzione sulla
responsabilità civile non preveda alcuna responsabilità per il danno in
questione o qualora il proprietario della nave sia insolvibile o
sollevato dalla sua responsabilità in forza della convenzione in parola.
8 Il protocollo del 2003 alla convenzione internazionale del 1992
sull'istituzione di un fondo internazionale per il risarcimento dei
danni causati dall'inquinamento da idrocarburi (GU 2004, L 78, pag. 24)
crea un fondo complementare internazionale per il risarcimento dei danni
dovuti a inquinamento, denominato «fondo complementare internazionale
del 2003 per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi»,
che consente, congiuntamente al FIPOL, di coprire fino a 750 milioni di
unità di conto per un determinato incidente successivo al 1° novembre
2003.
La normativa comunitaria
La direttiva 75/442
9 Ai sensi del terzo 'considerando' della direttiva 75/442, ogni
regolamento in materia di smaltimento dei rifiuti deve essenzialmente
mirare alla protezione della salute umana e dell'ambiente contro gli
effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento,
dell'ammasso e del deposito dei rifiuti.
10 L'art. 1 della direttiva 75/442 così dispone:
«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie
riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso
o abbia l'obbligo di disfarsi.
La Commissione (...) preparerà (...) un elenco dei rifiuti che rientrano
nelle categorie di cui all'allegato I. (…);
b) “produttore”: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti
(“produttore iniziale”) e/o la persona che ha effettuato operazioni di
pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la
natura o la composizione di detti rifiuti;
c) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o
giuridica che li detiene;
(…)
e) “smaltimento”: tutte le operazioni previste nell'allegato II A;
f) “recupero”: tutte le operazioni previste nell'allegato II B;
g) “raccolta”: l'operazione di raccolta, di cernita e/o di
raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto».
11 L'art. 8 della direttiva 75/442 recita:
«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni
detentore di rifiuti:
a) li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa
che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o II B, oppure
b) provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi
alle disposizioni della presente direttiva».
12 L'art. 15 della direttiva 75/442 prevede:
«Conformemente al principio “chi inquina paga”, il costo dello
smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto:
a) dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad una
impresa di cui all'articolo 9; e/o
b) dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa dei
rifiuti».
13 Le categorie Q4, Q11, Q13 e Q16 dell'allegato I della direttiva
75/442, intitolato «Categorie di rifiuti», hanno il seguente tenore:
«Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto
qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature,
ecc. contaminati in seguito all'incidente in questione
(…)
Q11 Residui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle
materie prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o
petrolifere, ecc.)
(…)
Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è
giuridicamente vietata
(…)
Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle
categorie sopra elencate».
14 L'allegato II A della citata direttiva, intitolato «Operazioni di
smaltimento», intende elencare le operazioni di smaltimento così come
esse sono effettuate in pratica, laddove l'allegato II B della stessa,
intitolato «Operazioni di recupero», intende analogamente elencare le
operazioni di recupero.
15 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006,
2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9), nell'operare, a fini
di chiarezza e razionalizzazione, una codificazione della direttiva
75/442, riporta agli artt. 1 e 15 nonché agli allegati I, II A e II B le
disposizioni sopra menzionate. La direttiva 2006/12 è stata tuttavia
adottata solo successivamente al verificarsi dei fatti di cui alla causa
principale, cosicché essa non è chiamata a disciplinare la causa
principale.
La direttiva 68/414/CEE
16 L'art. 2 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1968, 68/414/CEE,
che stabilisce l'obbligo per gli Stati membri della CEE di mantenere un
livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi
(GU L 308, pag. 14), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14
dicembre 1998, 98/93/CE (GU L 358, pag. 100), che prevede un siffatto
obbligo in particolare per far fronte a eventuali penurie o crisi di
approvvigionamento, assimila gli oli combustibili a una categoria di
prodotti petroliferi.
La direttiva 2004/35/CE
17 Il decimo 'considerando' della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in
materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143,
pag. 56), recita:
«Si dovrebbe tenere espressamente conto del trattato Euratom, delle
convenzioni internazionali pertinenti e della normativa comunitaria che
disciplina più completamente e più rigorosamente tutte le attività che
rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. (…)».
18 L'art. 4, n. 2, della direttiva 2004/35 dispone:
«La presente direttiva non si applica al danno ambientale o a una
minaccia imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale
la responsabilità o l'indennizzo rientrano nell'ambito d'applicazione di
una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato IV, comprese
eventuali successive modifiche di tali convenzioni, in vigore nello
Stato membro interessato».
19 L'allegato IV della direttiva 2004/35 così recita:
«Convenzioni internazionali di cui all'articolo 4, paragrafo 2
a) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità
civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;
b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un
Fondo internazionale per l'indennizzo dei danni derivanti da
inquinamento da idrocarburi;
(…)».
La decisione 2004/246/CE
20 Il Consiglio ha adottato, il 2 marzo 2004, la decisione 2004/246/CE,
che autorizza gli Stati membri a firmare o ratificare, nell'interesse
della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla convenzione
internazionale del 1992 sull'istituzione di un fondo internazionale per
il risarcimento dei danni causati dall'inquinamento da idrocarburi, o ad
aderirvi, e che autorizza Austria e Lussemburgo, nell'interesse della
Comunità europea, ad aderire agli strumenti di riferimento (GU L 78,
pag. 22).
21 Il quarto 'considerando' della decisione 2004/246 dispone come segue:
«Conformemente al protocollo per il fondo complementare, solo gli Stati
sovrani possono esserne parte; pertanto, la Comunità non può ratificare
il protocollo o aderirvi né potrà farlo nel futuro immediato».
22 Gli artt. 1, n. 1, e 4 della decisione 2004/246 recitano:
«Articolo 1
1. Gli Stati membri sono autorizzati a firmare o ratificare,
nell'interesse della Comunità europea, il protocollo del 2003 alla
convenzione internazionale del 1992 sull'istituzione di un fondo
internazionale per il risarcimento dei danni provocati da inquinamento
da idrocarburi (il protocollo per il fondo complementare), o ad
aderirvi, alle condizioni specificate nei seguenti articoli.
(…)
Articolo 4
Gli Stati membri si adoperano con tempestività affinché il protocollo
per il fondo complementare e gli strumenti di riferimento siano
modificati per consentire alla Comunità di divenirne parte contraente».
La normativa nazionale
23 L'art. 2 della legge 15 luglio 1975, n. 75-633, relativa allo
smaltimento dei rifiuti ed al recupero dei materiali (JORF del 16 luglio
1975, pag. 7279), ormai art. L541-2 del codice dell'ambiente, così
dispone:
«Chiunque produca o detenga rifiuti in circostanze tali da produrre
effetti nocivi per il suolo, la flora e la fauna, deteriorare i siti o i
paesaggi, inquinare l'aria o le acque, causare rumori e odori e, in
generale, ledere la salute dell'uomo e l'ambiente, è tenuto a provvedere
o a far provvedere al loro smaltimento conformemente alle disposizioni
del presente capitolo, in condizioni idonee a evitare i menzionati
effetti.
Lo smaltimento dei rifiuti comporta le operazioni di raccolta,
trasporto, stoccaggio, cernita e trattamento necessari al recupero degli
elementi e dei materiali riutilizzabili o dell'energia, nonché al
deposito o al rigetto nell'ambiente naturale di tutti gli altri prodotti
in condizioni idonee a evitare i danni menzionati al comma precedente».
Causa principale e questioni pregiudiziali
24 Il 12 dicembre 1999 la petroliera ERIKA, battente bandiera maltese e
noleggiata dalla Total International Ltd, affondava a circa 35 miglia
marine a sud-ovest della punta di Penmarc'h (Finistère, Francia),
sversando una parte del suo carico e del suo combustibile in mare e
causando un inquinamento del litorale atlantico francese.
25 Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni presentate dinanzi
alla Corte emerge che la società italiana ENEL ha stipulato con la Total
International Ltd un contratto di fornitura di olio pesante diretto a
essere utilizzato come combustibile per la produzione di energia
elettrica. Ai fini dell'esecuzione di tale contratto, la Total raffinage
distribution, divenuta Total France SA, ha venduto l'olio pesante alla
Total International Ltd, la quale ha noleggiato la nave Erika al fine di
trasportarlo dal porto di Dunkerque (Francia) a quello di Milazzo.
26 Il 9 giugno 2000 il Comune di Mesquer ha proposto un ricorso dinanzi
al Tribunal de commerce de Saint-Nazaire avverso le società Total
diretto, in particolare, a far dichiarare che queste ultime dovevano
farsi carico, in applicazione della legge n. 75-633, delle conseguenze
dei danni causati dai rifiuti sversati sul suo territorio ed essere
condannate in solido al pagamento delle spese sostenute dal Comune per
operazioni di pulitura e bonifica, ossia EUR 69 232,42.
27 In seguito al rigetto del suo ricorso, il Comune di Mesquer ha
interposto appello dinanzi alla Cour d'appel de Rennes, che, con
sentenza 13 febbraio 2002, ha confermato la sentenza di primo grado,
stimando che l'olio pesante fosse, nel caso di specie, non un rifiuto
bensì un materiale combustibile costituente un materiale energetico
creato per un uso specifico. La Cour d'appel de Rennes ha in effetti
ammesso che l'olio pesante, così sversato e trasformato a seguito del
suo miscelarsi con l'acqua e la sabbia, ha generato rifiuti, ma essa ha
tuttavia ritenuto che nessuna norma consentisse di dichiarare la
responsabilità delle società Total, poiché queste ultime non possono
essere considerate produttrici o detentrici dei rifiuti in questione. Il
Comune di Mesquer ha allora proposto ricorso per cassazione.
28 Reputando che la causa presenti una seria difficoltà in termini di
interpretazione della direttiva 75/442, la Cour de cassation (Corte di
cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l'olio pesante, prodotto derivato da un processo di raffinazione,
rispondente alle specifiche dell'utilizzatore, destinato dal produttore
a essere venduto come combustibile e menzionato nella direttiva 68/414
(...) possa essere considerato un rifiuto ai sensi dell'art. 1 della
direttiva 75/442 (...) codificata dalla direttiva 2006/12 (...).
2) Se un carico di olio pesante, trasportato da una nave e
accidentalmente sversato in mare, costituisca, di per sé o miscelato ad
acqua e sedimenti, un rifiuto ai sensi della [categoria] Q4
dell'allegato I della direttiva 2006/12 (...).
3) In caso di soluzione negativa della prima questione e di soluzione
affermativa della seconda, se il produttore dell'olio pesante (Total
Raffinage [distribuzione]) e/o il venditore e noleggiatore (Total
International Ltd) possano essere considerati, ai sensi dell'art. 1,
lett. b) e c), della direttiva 2006/12 (…) e ai fini dell'applicazione
dell'art. 15 della medesima direttiva, come il produttore e/o il
detentore del rifiuto, anche qualora il prodotto, al momento
dell'incidente che l'ha trasformato in rifiuto, fosse trasportato da
terzi».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
29 Le società Total sostengono che il presente rinvio pregiudiziale deve
essere dichiarato irricevibile in quanto il Comune di Mesquer ha già
ottenuto un risarcimento in forza del FIPOL e che, di conseguenza, non
disporrebbe dell'interesse ad agire. Pertanto, la domanda di pronuncia
pregiudiziale rivestirebbe un carattere ipotetico.
30 Secondo costante giurisprudenza, le questioni relative
all'interpretazione del diritto comunitario sollevate dal giudice
nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la
propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare
l'esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da
parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è
possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che
l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcun
rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale, qualora
la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non
disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere
in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso,
sentenza 7 giugno 2007, cause riunite da C‑222/05 a C‑225/05, van der
Weerd e a., Racc. pag. I‑4233, punto 22 e giurisprudenza citata).
31 Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, spetta ai giudici
nazionali cui è stata sottoposta la controversia valutare sia la
necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di
pronunciare la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che
sottopongono alla Corte (sentenza 15 giugno 2006, cause riunite C‑393/04
e C‑41/05, Air Liquide Industries Belgium, Racc. pag I‑5293, punto 24 e
giurisprudenza citata).
32 A questo riguardo, emerge dagli atti di causa che il Comune di
Mesquer ha effettivamente beneficiato di pagamenti in forza del FIPOL, i
quali sono stati effettuati a seguito della domanda di risarcimento
formulata dal Comune nei confronti, in particolare, del proprietario
della nave Erika e del FIPOL. Questi pagamenti hanno costituito
l'oggetto di transazioni mediante le quali il Comune in parola ha
espressamente rinunciato a qualsivoglia istanza e azione, a condizione
che fossero rimborsate le somme versate.
33 Sembra che il giudice del rinvio disponesse di tali informazioni, ma
che esso tuttavia non abbia né considerato che la causa principale si
era estinta o che il Comune di Mesquer aveva perso il suo interesse ad
agire né rinunciato a proporre alla Corte le sue questioni
pregiudiziali.
34 Occorre pertanto risolvere le questioni proposte dalla Cour de
cassation.
Sulla prima questione
35 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio intende sapere se
l'olio pesante venduto per essere utilizzato come combustibile possa
essere qualificato come rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), della
direttiva 75/442.
36 Le società Total, gli Stati membri che hanno sottoposto osservazioni
nonché la Commissione sono dell'avviso che occorra risolvere in termini
negativi tale questione. Solo il Comune di Mesquer sostiene che un tale
olio pesante deve essere qualificato come rifiuto e che, inoltre, la
sostanza in questione rientra nella categoria dei prodotti pericolosi e
illeciti.
37 In via preliminare, si deve rammentare che, a norma dell'art. 1,
lett. a), della direttiva 75/442, deve considerarsi rifiuto qualsiasi
sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato
I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di
disfarsi.
38 Così, nel contesto della direttiva 75/442, l'ambito di applicazione
della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine «disfarsi»
(sentenza 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter-Environnement Wallonie,
Racc. pag I‑7411, punto 26) e, di conseguenza, conformemente alla
giurisprudenza della Corte, tale termine va interpretato tenendo conto
delle finalità di questa stessa direttiva (sentenza 15 giugno 2000,
cause riunite C‑418/97 e C‑419/97, ARCO Chemie Nederland e a., Racc. pag
I‑4475, punto 37), finalità che, ai sensi del terzo 'considerando' della
direttiva di cui trattasi, consiste nella tutela della salute umana e
dell'ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto,
del trattamento, dell'ammasso e del deposito dei rifiuti, alla luce
dell'art. 174, n. 2, CE, secondo il quale la politica della Comunità in
materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in
particolare sui principi della precauzione e dell'azione preventiva (v.
sentenza 11 novembre 2004, causa C‑457/02, Niselli, Racc. pag I‑10853,
punto 33).
39 La Corte ha altresì dichiarato che, alla luce della finalità
perseguita dalla direttiva 75/442, la nozione di rifiuto non può essere
interpretata in senso restrittivo (v. sentenza ARCO Chemie Nederland e
a., cit., punto 40).
40 Tale nozione può riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui
il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e
sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di
riutilizzo (v., in particolare, sentenza 18 aprile 2002, causa C‑9/00,
Palin Granit e Vehmassalon kansanterveystyön kuntayhtymän hallitus,
Racc. pag. I‑3533; in prosieguo: la sentenza «Palin Granit», punto 29 e
giurisprudenza citata).
41 A tale proposito, alcune circostanze possono costituire indizi del
fatto che il detentore di una sostanza o di un oggetto se ne disfi
ovvero abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene ai sensi dell'art.
1, lett. a), della direttiva 75/442. Ciò si verifica, in particolare, se
la sostanza utilizzata è un residuo di produzione, cioè un prodotto che
non è stato ricercato in quanto tale (sentenza ARCO Chemie Nederland e
a., cit., punti 83 e 84). La Corte ha così precisato che i detriti
provenienti dall'attività estrattiva di una cava di granito, che non si
configurano come produzione principale ricercata mediante tale
sfruttamento, rientrano, in via di principio, nella categoria dei
rifiuti (sentenza Palin Granit, punti 32 e 33).
42 Tuttavia, un bene, un materiale o una materia prima derivante da un
processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente
destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un
sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di disfarsi, ma che
essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per essa
favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni
preliminari (v. sentenza Palin Granit, punto 34, nonché ordinanza 15
gennaio 2004, causa C‑235/02, Saetti e Freudiani, Racc. pag I‑1005,
punto 35).
43 Infatti, non è assolutamente giustificato assoggettare alle
disposizioni della direttiva 75/442 beni, materiali o materie prime che
dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente
da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla
normativa applicabile a tali prodotti (v. sentenza Palin Granit, punto
35, nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 35).
44 Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di interpretare in maniera
estensiva la nozione di rifiuto al fine di limitare gli inconvenienti o
i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere il ricorso a tale
argomentazione relativa ai sottoprodotti alle situazioni in cui il
riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia
solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare, e
nell'ambito del processo di produzione (sentenza Palin Granit, punto 36,
nonché ordinanza Saetti e Frediani, cit., punto 36).
45 Unitamente al criterio del riconoscimento o meno della natura di
residuo di produzione riguardo ad una certa sostanza, il grado di
probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di
trasformazione preliminare, costituisce quindi un secondo criterio utile
al fine di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della
direttiva 75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la
sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la
probabilità di tale riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la
sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui
il detentore cerchi di «disfarsi», bensì un autentico prodotto (sentenza
Palin Granit, punto 37).
46 Nella causa principale, risulta che la sostanza di cui trattasi è
ottenuta in esito al processo di raffinazione del petrolio.
47 Tuttavia, tale sostanza residua può essere sfruttata commercialmente
a condizioni economicamente vantaggiose, come confermato dal fatto che
essa è stata l'oggetto di un'operazione commerciale e che risponde alle
specifiche dell'acquirente, come sottolinea il giudice del rinvio.
48 Si deve quindi risolvere la prima questione nel senso che una
sostanza come quella oggetto della causa principale, nella fattispecie
olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un rifiuto ai
sensi della direttiva 75/442, nei limiti in cui è sfruttata o
commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere
effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di
preliminari operazioni di trasformazione.
Sulla seconda questione
49 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere,
in sostanza, se l'olio pesante accidentalmente sversato in mare a
seguito di un naufragio, in siffatte circostanze, debba essere
qualificato come rifiuto ai sensi della categoria Q4 dell'allegato I
della direttiva 75/442.
Osservazioni presentate alla Corte
50 Il Comune di Mesquer, sostenuto in sostanza dai governi francese e
italiano nonché dalla Commissione, ritiene che siffatti idrocarburi, una
volta che siano sversati in mare e, a fortiori, che si siano miscelati
all'acqua e a sedimenti, debbano essere qualificati come rifiuti ai
sensi della direttiva 75/442.
51 Le società Total reputano che la miscela costituita da idrocarburi,
acqua e sedimenti del litorale costituisca un rifiuto solo qualora
esista un obbligo di smaltimento o di recupero degli idrocarburi
accidentalmente sversati in quanto tali e se questi ultimi sono
indissolubilmente uniti all'acqua e ai sedimenti.
52 Il governo belga sostiene che i prodotti così sversati in mare non
dovrebbero essere qualificati come rifiuti ai sensi della direttiva
75/442, ma idrocarburi pesanti in conformità alle convenzioni sulla
responsabilità civile e FIPOL. Il governo del Regno Unito, pur
ammettendo che idrocarburi di questo tipo possono essere qualificati
come rifiuti ai sensi di tale direttiva, ritiene auspicabile che lo
sversamento accidentale di idrocarburi in mare rientri solo nella sfera
delle convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL e, di conseguenza,
che la direttiva 75/442 non si applichi in siffatte circostanze.
Risposta della Corte
53 In limine, occorre rammentare che l'allegato II della direttiva
75/442 propone elenchi di sostanze e di oggetti qualificabili come
rifiuti. Tale elenco, tuttavia, ha soltanto un valore indicativo, posto
che la qualifica di rifiuto discende anzitutto dal comportamento del
detentore e dal significato del termine «disfarsi» (v. sentenza 7
settembre 2004, causa C‑1/03, Van de Walle e a., Racc. pag. I‑7613,
punto 42).
54 La circostanza che l'allegato I della direttiva 75/442, intitolato
«Categorie di rifiuti», menzioni, al punto Q4, le «[s]ostanze
accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto qualunque altro
incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati
in seguito all'incidente in questione», costituisce quindi soltanto un
indizio dell'inclusione di tali materie nell'ambito di applicazione
della nozione di rifiuto. La detta circostanza, pertanto, non consente
di per sé di qualificare come rifiuti gli idrocarburi che siano stati
accidentalmente sversati e che siano all'origine di un inquinamento del
terreno e delle acque sotterranee (v., in tale senso, sentenza Van de
Walle e a., cit., punto 43).
55 Ciò premesso, è necessario verificare se un siffatto sversamento
accidentale di idrocarburi sia un atto mediante il quale il detentore si
disfa di questi ultimi ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva
75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e a., cit., punto 44).
56 A tale riguardo, la sostanza o l'oggetto in questione, ove
costituiscano un residuo di produzione, vale a dire un prodotto che non
è stato ricercato in quanto tale al fine di un utilizzo ulteriore e che
il detentore non può riutilizzare a condizioni economicamente
vantaggiose senza prima sottoporlo a trasformazione, debbono
considerarsi come un onere del quale il detentore «si disfa» (v.
sentenze Palin Granit, punti 32‑37, nonché Van de Walle e a., cit.,
punto 46).
57 Per quanto riguarda idrocarburi che siano stati accidentalmente
sversati e che siano all'origine di un inquinamento del terreno e delle
acque sotterranee, la Corte ha avuto modo di constatare che questi
ultimi non costituiscono un prodotto riutilizzabile senza previa
trasformazione (v. sentenza Van de Walle e a., cit., punto 47).
58 Orbene, una siffatta constatazione s'impone altresì con riferimento a
idrocarburi accidentalmente sversati in mare e che siano all'origine di
un inquinamento delle acque territoriali nonché, di conseguenza, delle
coste di uno Stato membro.
59 È infatti pacifico che lo sfruttamento o la commercializzazione di
idrocarburi sversati o emulsionati con l'acqua o, ancora, agglomerati
con sedimenti è un'operazione molto aleatoria se non addirittura
ipotetica. Risulta altrettanto indubbio che, anche ammettendo che sia
tecnicamente attuabile, un siffatto sfruttamento o commercializzazione
presupporrebbe comunque operazioni preliminari di trasformazione che,
lungi dall'essere economicamente vantaggiose per il detentore di tale
sostanza, costituirebbero in realtà considerevoli oneri finanziari. Ne
consegue che idrocarburi accidentalmente sversati in mare costituiscono
sostanze che il loro detentore non aveva l'intenzione di produrre e
delle quali egli «si disfa», ancorché involontariamente, in occasione
del loro trasporto, cosicché devono essere qualificate come rifiuti ai
sensi della direttiva 75/442 (v., in tal senso, sentenza Van de Walle e
a., cit., punti 47 e 50).
60 Peraltro, l'applicabilità della direttiva in parola non è rimessa in
discussione dal fatto che lo sversamento accidentale di idrocarburi si è
verificato non già sul territorio terrestre di uno Stato membro, ma
nella zona economica esclusiva di quest'ultimo.
61 Infatti, senza che occorra pronunciarsi sull'applicabilità di tale
direttiva al luogo del naufragio, basta osservare che gli idrocarburi
così accidentalmente sversati sono andati alla deriva lungo le coste
fino a raggiungere queste ultime, risultando in tal modo sversati sul
territorio terrestre dello Stato membro di cui trattasi.
62 Da ciò consegue che, nel caso del naufragio di una petroliera come
quello che caratterizza la causa principale, la direttiva 75/442 trova
applicazione ratione loci.
63 Di conseguenza, occorre risolvere la seconda questione nel senso che
idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un naufragio,
che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che vadano alla
deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere queste
ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a), della
direttiva 75/442, nei limiti in cui non possono più essere sfruttati o
commercializzati senza preliminari operazioni di trasformazione.
Sulla terza questione
64 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio intende sapere se,
nel caso del naufragio di una petroliera, il produttore dell'olio
pesante sversato in mare e/o colui che lo ha venduto e noleggiato la
nave che trasportava tale sostanza possano essere tenuti a farsi carico
dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti così generati, anche
qualora la sostanza sversata in mare fosse trasportata da terzi, nel
caso di specie da un vettore marittimo.
Osservazioni presentate alla Corte
65 Il Comune di Mesquer reputa che, nella causa principale, ai fini
dell'applicazione dell'art. 15 della direttiva 75/442, il produttore
dell'olio pesante nonché colui che ha venduto tale sostanza e noleggiato
la nave che la trasporta devono essere qualificati, ai sensi dell'art.
1, lett. b) e c), della direttiva, come produttori e detentori dei
rifiuti risultanti dallo sversamento in mare della sostanza in parola.
66 Secondo le società Total, in circostanze come quelle oggetto della
causa principale, l'art. 15 della direttiva 75/442 non è applicabile al
produttore dell'olio pesante né a colui che lo ha venduto e ha
noleggiato la nave che lo trasportava poiché, al momento dell'incidente
che ha determinato la trasformazione della sostanza di cui trattasi in
rifiuto, la stessa veniva trasportata da terzi. Peraltro, la
disposizione in parola non si applicherebbe nemmeno al produttore
dell'olio pesante per la sola ragione che quest'ultimo sarebbe il
produttore della sostanza che ha generato i rifiuti.
67 Il governo francese, parzialmente sostenuto dal governo italiano e
dalla Commissione, è dell'avviso che il produttore dell'olio pesante e/o
colui che lo ha venduto e ha noleggiato la nave che trasportava tale
sostanza possano essere qualificati come produttori e/o detentori dei
rifiuti risultanti dallo sversamento in mare di detta sostanza solo se
il naufragio della nave, che ha trasformato il carico di olio pesante in
rifiuti, era imputabile a diversi comportamenti idonei a far sorgere la
loro responsabilità. La Commissione aggiunge tuttavia che il produttore
di una sostanza come l'olio pesante non può, già solo a motivo di tale
attività, essere qualificato come «produttore» e/o «detentore», ai sensi
dell'art. 1, lett. b) e c), della direttiva 75/442, dei rifiuti generati
da tale prodotto in occasione di un incidente verificatosi durante il
loro trasporto. Nondimeno, in forza dell'art. 15, secondo trattino,
della direttiva, tale soggetto sarebbe ancora tenuto a sopportare il
costo dello smaltimento dei rifiuti nella sua qualità di «produttore del
prodotto causa dei rifiuti».
68 Per il governo belga, l'applicazione della direttiva 75/442 è esclusa
a motivo del fatto che deve essere applicata la convenzione sulla
responsabilità civile. Analogamente, il governo del Regno Unito reputa
che la Corte non debba risolvere tale questione in quanto la causa
principale riguarda questioni di responsabilità per sversamento di olio
pesante in mare.
Risposta della Corte
69 In circostanze come quelle oggetto della causa principale, tenuto
conto della finalità della direttiva 75/442, ricordata al suo terzo
'considerando', l'art. 15, secondo trattino, di tale direttiva prevede
che, conformemente al principio «chi inquina paga», il costo dello
smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto dai precedenti detentori o
dal produttore del prodotto che ha generato i rifiuti.
70 Ai sensi dell'art. 8 della direttiva 75/442, ogni «detentore di
rifiuti» è tenuto a consegnarli ad un raccoglitore privato o pubblico o
ad un'impresa che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o
II B di tale direttiva, oppure deve provvedere egli stesso al recupero o
allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della direttiva
(sentenza 26 aprile 2005, causa C‑494/01, Commissione/Irlanda, Racc. pag
I‑3331, punto 179).
71 Dalle disposizioni sopra citate risulta che la direttiva 75/442
distingue la materiale realizzazione delle operazioni di recupero o
smaltimento - che essa pone a carico di ogni «detentore di rifiuti»,
indipendentemente da chi sia il produttore o il possessore degli stessi
- dall'assunzione dell'onere finanziario relativo alle suddette
operazioni, che la medesima direttiva accolla, in conformità del
principio «chi inquina paga», ai soggetti che sono all'origine dei
rifiuti, a prescindere se costoro siano detentori o precedenti detentori
dei rifiuti o anche fabbricanti del prodotto che ha generato i rifiuti
(sentenza Van de Walle e a., cit., punto 58).
72 A tale riguardo, l'applicazione del principio «chi inquina paga», ai
sensi dell'art. 174, n. 2, primo comma, seconda frase, CE e dell'art. 15
della direttiva 75/442, sarebbe vanificata se tali soggetti coinvolti
nella produzione di rifiuti dovessero sottrarsi ai loro obblighi
finanziari come previsti dalla direttiva 75/442, sebbene sia chiaramente
dimostrata l'origine degli idrocarburi sversati in mare, ancorché
involontariamente, e che sono stati all'origine di un inquinamento del
territorio costiero di uno Stato membro.
- Sulle nozione di «detentore» e di «precedenti detentori»
73 La Corte ha ritenuto, con riferimento a idrocarburi accidentalmente
sversati a causa di una fuoriuscita dagli impianti di stoccaggio di una
stazione di servizio e che erano stati da questa acquistati per le
esigenze delle sue attività, che tali idrocarburi fossero, in realtà, in
possesso del gestore della stazione di servizio. La Corte ha inoltre
reputato che, in tale contesto, colui che, per le esigenze della sua
attività, accantonava detti idrocarburi quando sono divenuti rifiuti
possa essere qualificato come colui che li ha «prodotti», ai sensi
dell'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442. Infatti, il gestore della
stazione di servizio, essendo al tempo stesso possessore e produttore di
tali rifiuti, dev'essere qualificato come loro detentore ai sensi del
medesimo art. 1, lett. c), di tale direttiva (v., in tale senso,
sentenza Van de Walle e a., cit., punto 59).
74 Analogamente, nel caso di idrocarburi accidentalmente sversati in
mare, occorre osservare che il proprietario della nave che li ha
trasportati ne è, di fatto, in possesso immediatamente prima che
divengano rifiuti. Pertanto, il proprietario della nave può quindi
essere qualificato come colui che ha prodotto tali rifiuti ai sensi
dell'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442 ed essere così qualificato
per ciò stesso come «detentore» ai sensi dell'art. 1, lett. c), di tale
direttiva.
75 Tuttavia, la direttiva in parola non esclude che, in determinati
casi, il costo dello smaltimento dei rifiuti sia a carico di uno o più
detentori precedenti (sentenza Van de Walle e a., cit., punto 57).
- Sulla determinazione delle persone che devono sopportare il costo
dello smaltimento dei rifiuti
76 Nella causa principale, sorge la questione se colui che ha venduto la
merce al destinatario finale e che a tal fine ha noleggiato la nave che
si è danneggiata in mare possa altresì essere qualificato come
«detentore», per questa ragione «precedente», dei rifiuti in tal modo
sversati. Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se il produttore del
prodotto che ha generato rifiuti possa anche essere tenuto a sopportare
il costo dello smaltimento dei rifiuti così prodotti.
77 Al riguardo, l'art. 15 della direttiva 75/442 prevede che talune
categorie di persone, nel caso di specie i «precedenti detentori» o «il
produttore del prodotto causa dei rifiuti», conformemente al principio
«chi inquina paga», possono essere tenuti a sopportare il costo dello
smaltimento dei rifiuti. Così, tale obbligo finanziario grava sui
medesimi a motivo del loro contributo alla produzione dei rifiuti in
parola e, eventualmente, al rischio di inquinamento che risulta.
78 Quindi, per quanto riguarda idrocarburi accidentalmente sversati in
mare a seguito del naufragio di una petroliera, il giudice nazionale può
considerare che colui che ha venduto tali idrocarburi e noleggiato la
nave che li ha trasportati ha «prodotto rifiuti» se tale giudice, alla
luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva competenza,
giunge alla conclusione che tale venditore-noleggiatore ha contribuito
al rischio che si verificasse l'inquinamento determinato da tale
naufragio, in particolare se si è astenuto dall'adottare provvedimenti
diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta
della nave. In siffatte circostanze, il venditore-noleggiatore potrà
essere qualificato come precedente detentore dei rifiuti ai fini
dell'applicazione dell'art. 15, secondo trattino, prima parte, della
direttiva 75/442.
79 Come è stato rammentato al punto 69 della presente sentenza, in
circostanze come quelle oggetto della causa principale, l'art. 15,
secondo trattino, della direttiva 75/442 prevede, facendo ricorso alla
congiunzione «o», che il costo dello smaltimento dei rifiuti deve essere
sostenuto dai «precedenti detentori» o dal «produttore del prodotto
causa» dei rifiuti di cui trattasi.
80 A tale riguardo, conformemente all'art. 249 CE, gli Stati membri
destinatari della direttiva 75/442, pur disponendo della competenza in
merito alla forma e ai mezzi, sono vincolati riguardo al risultato da
conseguire in termini di assunzione dell'onere finanziario dei costi
connessi allo smaltimento dei rifiuti. Di conseguenza, sono tenuti a
garantire che il loro diritto nazionale consenta l'imputazione dei costi
di cui trattasi a precedenti detentori o al produttore del prodotto che
ha generato rifiuti.
81 Come ha osservato l'avvocato generale al paragrafo 135 delle sue
conclusioni, l'art. 15 della direttiva 75/442 non osta a che gli Stati
membri prevedano, in applicazione di impegni internazionali sottoscritti
in materia, come le convenzioni sulla responsabilità civile e FIPOL, che
il proprietario della nave e il noleggiatore di quest'ultima non possono
rispondere dei danni causati dallo sversamento di idrocarburi in mare
fino a concorrenza di importi limitati nel massimo in funzione della
stazza della nave e/o in circostanze particolari connesse al loro
comportamento negligente. Tale disposizione non osta nemmeno a che, in
applicazione dei menzionati impegni internazionali, un fondo di
risarcimento, come il FIPOL, che prevede un tetto massimo per ogni
sinistro assuma in luogo dei «detentori», ai sensi dell'art. 1, lett.
c), della direttiva 75/442, i costi connessi allo smaltimento dei
rifiuti risultanti da idrocarburi accidentalmente sversati in mare.
82 Tuttavia, qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei
rifiuti prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare
non sono oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono
esserlo a motivo dell'esaurimento del limite massimo di risarcimento
previsto per tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle
esclusioni di responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato
membro, compreso quello derivante da convenzioni internazionali,
impedisce che tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o
dal noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere
qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della
direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire,
onde sia garantita una trasposizione conforme dell'art. 15 di tale
direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del
prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Nondimeno,
conformemente al principio «chi inquina paga», il produttore può essere
tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua attività,
ha contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento prodotto dal
naufragio della nave.
83 Al riguardo l'obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i
provvedimenti necessari per raggiungere il risultato prescritto da una
direttiva è un obbligo cogente, prescritto dall'art. 249, terzo comma,
CE e dalla direttiva stessa. Tale obbligo di adottare tutti i
provvedimenti generali o particolari vale per tutti gli organi degli
Stati membri, ivi compresi, nell'ambito delle loro competenze, quelli
giurisdizionali (v. sentenze 13 novembre 1990, causa C‑106/89,
Marleasing, Racc. pag. I‑4135, punto 8, e Inter-Environnement Wallonie,
cit., punto 40).
84 Ne consegue che, nell'applicare il diritto nazionale, a prescindere
dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva
o di disposizioni risultanti da convenzioni internazionali alle quali lo
Stato membro ha aderito, il giudice nazionale chiamato a interpretare
tale diritto deve procedere per quanto più possibile alla luce della
lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato
perseguito da quest'ultima e conformarsi pertanto all'art 294, terzo
comma, CE (v., in tal senso, sentenza Marleasing, cit., punto 8).
85 Inoltre, contrariamente a quanto rilevato dalle società Total in sede
di udienza, la Comunità non è vincolata dalle convenzioni sulla
responsabilità civile e Fondo. Infatti, da un lato, la Comunità non ha
aderito ai citati strumenti internazionali e, dall'altro, non può essere
considerata né come un sostituto dei suoi Stati membri, non foss'altro
perché questi ultimi non hanno tutti aderito a tali convenzioni (v., per
analogia, sentenze 14 luglio 1994, causa C‑379/92, Peralta, Racc. pag.
I‑3453, punto 16, nonché 3 giugno 2008, causa C‑308/06, Intertanko e a.,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47), né come indirettamente
vincolata dalle convenzioni stesse a motivo dell'art. 235 della
convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego
Bay il 10 dicembre 1982, entrata in vigore il 16 novembre 1994 e
approvata con decisione del Consiglio 23 marzo 1998, 93/392/CE (GU L
1979, pag. 1), disposizione il cui n. 3 si limita, come ha sottolineato
il governo francese all'udienza, a sancire un obbligo generale di
cooperazione tra le parti della convenzione in questione.
86 Inoltre, per quanto riguarda la decisione 2004/246, che autorizza gli
Stati membri a sottoscrivere o a ratificare, nell'interesse della
Comunità, il protocollo del 2003 della convenzione Fondo o ad aderirvi,
è sufficiente constatare che la decisione e il protocollo del 2003 non
possono essere applicati ai fatti relativi alla causa principale.
87 Certamente, la direttiva 2004/35 prevede in modo espresso, all'art.
4, n. 2, che essa non si applica al danno ambientale o a una minaccia
imminente di tale danno a seguito di un incidente per il quale la
responsabilità o l'indennizzo rientrano nell'ambito d'applicazione di
una delle convenzioni internazionali elencate nell'allegato IV, il quale
menziona le convenzioni sulla responsabilità civile e Fondo. Infatti, il
legislatore comunitario, come indica il decimo 'considerando' di tale
direttiva, ha stimato necessario tener conto espressamente delle
convenzioni internazionali pertinenti che disciplinano in modo più
completo e più rigido le attività rientranti nell'ambito di applicazione
della direttiva in parola.
88 Tuttavia, è giocoforza constatare che la direttiva 75/442 non
contiene una disposizione analoga, nemmeno nella sua versione codificata
risultante dalla direttiva 2006/12.
89 Tenuto conto di quanto precedentemente considerato, occorre risolvere
la terza questione nel senso che, ai fini dell'applicazione dell'art. 15
della direttiva 75/442 allo sversamento accidentale di idrocarburi in
mare all'origine di un inquinamento delle coste di uno Stato membro:
- il giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali
idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore
dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della
direttiva 75/442, e, in questo modo, come «precedente detentore» ai fini
dell'applicazione dell'art. 15, secondo trattino, prima parte, di tale
direttiva se tale giudice, alla luce degli elementi la cui valutazione è
di sua esclusiva competenza, giunge alla conclusione che detto
venditore-noleggiatore ha contribuito al rischio che si verificasse
l'inquinamento determinato dal naufragio, in particolare se si è
astenuto dall'adottare provvedimenti diretti a prevenire un tale evento,
come quelli relativi alla scelta della nave;
- qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti
prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono
oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono esserlo a
motivo dell'esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per
tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di
responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro,
compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che
tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal
noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere
qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della
direttiva 75/442, un siffatto diritto nazionale dovrà allora consentire,
onde sia garantita una trasposizione conforme dell'art. 15 di tale
direttiva, che i costi in questione siano sopportati dal produttore del
prodotto che ha generato i rifiuti così sversati. Tuttavia,
conformemente al principio «chi inquina paga», tale produttore può
essere tenuto a farsi carico di tali costi solo se, mediante la sua
attività, ha contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento
prodotto dal naufragio della nave.
Sulle spese
90 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Una sostanza come quella oggetto della causa principale, nella
fattispecie olio pesante venduto come combustibile, non costituisce un
rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975,
75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla decisione della
Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, nei limiti in cui è sfruttata o
commercializzata a condizioni economicamente vantaggiose e può essere
effettivamente utilizzata come combustibile senza necessitare di
preliminari operazioni di trasformazione.
2) Idrocarburi accidentalmente sversati in mare in seguito a un
naufragio, che risultino miscelati ad acqua nonché a sedimenti e che
vadano alla deriva lungo le coste di uno Stato membro fino a raggiungere
queste ultime, costituiscono rifiuti ai sensi dell'art. 1, lett. a),
della direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, nei
limiti in cui non possono più essere sfruttati o commercializzati senza
preliminari operazioni di trasformazione.
3) Ai fini dell'applicazione dell'art. 15 della direttiva 75/442, come
modificata dalla decisione 96/350, allo sversamento accidentale di
idrocarburi in mare all'origine di un inquinamento delle coste di uno
Stato membro:
- il giudice nazionale può considerare colui che ha venduto tali
idrocarburi e noleggiato la nave che li ha trasportati come produttore
dei rifiuti in questione, ai sensi dell'art. 1, lett. b), della
direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, e, in questo
modo, come «precedente detentore» ai fini dell'applicazione dell'art.
15, secondo trattino, prima parte, di tale direttiva se tale giudice,
alla luce degli elementi la cui valutazione è di sua esclusiva
competenza, giunge alla conclusione che detto venditore-noleggiatore ha
contribuito al rischio che si verificasse l'inquinamento determinato dal
naufragio, in particolare se si è astenuto dall'adottare provvedimenti
diretti a prevenire un tale evento, come quelli relativi alla scelta
della nave;
- qualora risulti che i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti
prodotti da uno sversamento accidentale di idrocarburi in mare non sono
oggetto di accollo da parte del fondo in parola o non possono esserlo a
motivo dell'esaurimento del limite massimo di risarcimento previsto per
tale sinistro e che, in applicazione dei limiti e/o delle esclusioni di
responsabilità vigenti, il diritto nazionale di uno Stato membro,
compreso quello derivante da convenzioni internazionali, impedisce che
tali costi siano sostenuti dal proprietario della nave e/o dal
noleggiatore di quest'ultima, sebbene tali soggetti debbano essere
qualificati come «detentori» ai sensi dell'art. 1, lett. c), della
direttiva 75/442, come modificata dalla decisione 96/350, un siffatto
diritto nazionale dovrà allora consentire, onde sia garantita una
trasposizione conforme dell'art. 15 di tale direttiva, che i costi in
questione siano sopportati dal produttore del prodotto che ha generato i
rifiuti così sversati. Tuttavia, conformemente al principio «chi inquina
paga», tale produttore può essere tenuto a farsi carico di tali costi
solo se, mediante la sua attività, ha contribuito al rischio che si
verificasse l'inquinamento prodotto dal naufragio della nave.
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