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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 25/07/2008, Proc. C-237/07



ARIA - SALUTE - Valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente - Fissazione dei valori limite - Diritto di un terzo vittima di danni alla salute alla predisposizione di un piano d'azione - Direttiva 96/62/CE. In materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente, l'art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, dev'essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell'ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell'ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l'inquinamento atmosferico. Gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell'insieme degli interessi in gioco. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 25/07/2008, Proc. C-237/07


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

25 luglio 2008 (*)

«Direttiva 96/62/CE - Valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente - Fissazione dei valori limite - Diritto di un terzo vittima di danni alla salute alla predisposizione di un piano d'azione»



Nel procedimento C‑237/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania), con ordinanza 29 marzo 2007, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2007, nella causa tra

Dieter Janecek

e

Freistaat Bayern,



LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. L. Bay Larsen, K. Schiemann, J. Makarczyk e J.‑C Bonichot (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. B. Fülop, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 5 giugno 2008,

considerate le osservazioni presentate:

- per il sig. Janecek, dal sig. R. Klinger, Rechtsanwalt;

- per il governo olandese, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. De Grave, in qualità di agenti;

- per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. F. Erlbacher nonché dalle sig.re A. Alcover San Pedro e D. Recchia, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente (GU L 296, pag. 55), come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882 (GU L 284, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 96/62»).

2 Questa domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra il sig. Janecek ed il Freistaat Bayern in merito ad una domanda diretta a che sia imposto a quest'ultimo di predisporre un piano di azione per la qualità dell'aria nel settore della Landshuter Allee, in Monaco di Baviera, dove risiede l'interessato; questo piano dovrebbe contenere le misure da adottare a breve termine per garantire l'osservanza del limite autorizzato dalla normativa comunitaria per quanto concerne le emissioni di particelle fini PM10 nell'aria ambiente.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3 Ai sensi del dodicesimo ‘considerando' della direttiva 96/62:

«(…) Per tutelare l'ambiente nel suo complesso e la salute umana, è necessario che gli Stati membri intervengano quando vengono superati i valori limite al fine di conformarsi a tali valori entro il termine stabilito».

4 L'allegato I alla direttiva 96/62 contiene un elenco degli inquinanti atmosferici da considerare nel quadro della valutazione e della gestione della qualità dell'aria ambiente. Il punto 3 di quest'elenco menziona le «particelle fini quali la fuliggine (ivi compreso PM10)».

5 L'art. 7 della direttiva 96/62, intitolato «Miglioramento della qualità dell'aria ambiente - Requisiti generali», così dispone:

«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite.

(…)

3. Gli Stati membri predispongono piani d'azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d'allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. (…)».

6 L'art. 8 di questa direttiva, intitolato «Misure applicabili nelle zone in cui i livelli superano il valore limite», enuncia quanto segue:

«1. Gli Stati membri elaborano l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di superamento.

Allorché non è stato fissato un margine di superamento per un determinato inquinante, le zone e gli agglomerati in cui il livello di tale inquinante supera il valore limite sono equiparati alle zone e agli agglomerati di cui al primo comma e si applicano i paragrafi 3, 4 e 5.

2. Gli Stati membri elaborano l'elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di superamento.

3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire l'elaborazione o l'attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.

Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all'allegato IV.

4. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 in cui il livello di più inquinanti supera i valori limite, gli Stati membri predispongono un piano integrato che interessi tutti gli inquinanti in questione.

(…)».

7 L'art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE, concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU L 163, pag. 41), così dispone:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di particelle PM10 nell'aria ambiente, valutate a norma dell'articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell'allegato III a decorrere dalle date ivi indicate.

I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell'allegato III si applicano a norma dell'articolo 8 della direttiva 96/62/CE».

8 L'allegato III, fase 1, punto 1, alla direttiva 1999/30 presenta, in una tabella, i valori limite per le particelle fini PM10.

La normativa nazionale

9 La direttiva 96/62 è stata recepita nell'ordinamento tedesco mediante la legge sulla protezione contro gli effetti nocivi sull'ambiente dell'inquinamento dell'aria, acustico, delle vibrazioni e di altro genere (Gesetz zum Schutz vor schädlichen Umwelteinwirkungen durch Luftverunreinigungen, Geräusche, Erschütterungen und änliche Vorgänge), nella versione pubblicata il 26 settembre 2002 (BGBl I, pag. 3830), quale modificata mediante legge 25 giugno 2005 (BGBl I, pag. 1865; in prosieguo: la «legge tedesca in materia di lotta all'inquinamento»).

10 L'art. 45 della legge tedesca in materia di lotta all'inquinamento, intitolato «Miglioramento della qualità dell'aria», così dispone:

«(1) Le autorità competenti devono adottare le misure necessarie per garantire l'osservanza dei valori delle emissioni stabiliti dall'art. 48 bis, in particolare mediante i piani previsti dall'art. 47.

(…)».

11 L'art. 47 della medesima legge, intitolato «Piani per la qualità dell'aria, piani d'azione, legislazione dei Land», così dispone:

«(1) In caso di superamento dei valori limite, aumentati dei margini di superamento legali e stabiliti mediante regolamento in forza dell'art. 48 bis, n. 1, le autorità competenti devono predisporre un piano per la qualità dell'aria, che indichi le misure necessarie per ridurre in modo duraturo gli inquinanti atmosferici in conformità a quanto imposto dal regolamento.

(2) In caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme delle emissioni definiti mediante regolamento in forza dell'art. 48 bis, n. 1, l'autorità competente deve predisporre un piano di azione che stabilisca le misure da adottare a breve termine, che devono essere in grado di ridurre il rischio di superamento e limitarne la durata. I piani di azione possono essere inseriti in un piano per la qualità dell'aria, ai sensi del n. 1.

(…)».

12 Le soglie massime di emissione menzionate dall'art. 47 della legge tedesca in materia di lotta all'inquinamento sono stabilite dal ventiduesimo regolamento di esecuzione della detta legge, il cui art. 4, n. 1, così dispone:

«Per le PM10, il valore limite delle emissioni nelle 24 ore, in considerazione delle esigenze di tutela della salute umana, è pari a 50 µg/m3; i casi di superamento nel corso di un anno non possono superare il numero di 35 (…)».

Causa principale e questioni pregiudiziali

13 Il sig. Janecek risiede lungo la Landshuter Allee, sulla circonvallazione interna di Monaco di Baviera, a circa m 900 a nord di una stazione di controllo della qualità dell'aria.

14 Le misurazioni effettuate in questa stazione hanno dimostrato che, nel corso del 2005 e del 2006, il valore massimo per le emissioni di particelle fini PM10 è stato superato ben più di 35 volte, laddove questo numero di violazioni rappresenta il massimo autorizzato dalla legge tedesca in materia di lotta all'inquinamento.

15 È pacifico che, per quanto riguarda il territorio del comune di Monaco di Baviera, esiste un piano d'azione per la qualità dell'aria, dichiarato obbligatorio il 28 dicembre 2004.

16 Tuttavia, il ricorrente nella causa principale ha proposto ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht München, chiedendo che fosse ordinato al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione per la qualità dell'aria nel settore della Landshuter Allee, affinché vengano stabilite le misure da adottare a breve termine per garantire l'osservanza del numero massimo autorizzato di 35 violazioni annuali del valore stabilito come soglia massima per le emissioni di particelle fini PM10. Il detto giudice ha dichiarato il ricorso infondato.

17 Il Verwaltungsgerichtshof, adito in appello, ha adottato una posizione differente, giudicando che i residenti interessati possono pretendere dalle autorità competenti la predisposizione di un piano di azione, ma che essi non possono chiedere che quest'ultimo contenga le misure idonee a garantire l'osservanza a breve termine dei valori massimi di emissione di particelle fini PM10. Secondo questo giudice, le autorità nazionali sono obbligate soltanto a garantire che quest'obiettivo venga perseguito mediante un piano di tal genere, nei limiti del possibile e di quanto risulti proporzionato allo scopo. Di conseguenza, esso ha ingiunto al Freistaat Bayern di predisporre un piano di azione che rispettasse i suddetti obblighi.

18 Il sig. Janecek e il Freistaat Bayern hanno impugnato la sentenza del Verwaltungsgerichtshof dinanzi al Bundesverwaltungsgericht. Secondo quest'ultimo giudice, il ricorrente nella causa principale non può invocare nessun diritto alla predisposizione di un piano di azione in forza dell'art. 47, n. 2, della legge tedesca in materia di lotta all'inquinamento. Il detto giudice ritiene inoltre che né lo spirito né la lettera dell'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 attribuiscano un diritto soggettivo alla predisposizione di un piano del genere.

19 Il giudice del rinvio spiega che, malgrado l'omessa adozione, persino illecita, di un piano di azione non violi, secondo l'ordinamento nazionale, i diritti del ricorrente nella causa principale, quest'ultimo non è sprovvisto di strumenti per far rispettare la normativa. Infatti, la tutela contro gli effetti nocivi delle particelle fini PM10 dovrebbe essere garantita con misure indipendenti da un piano del genere, di cui gli interessati hanno il diritto di pretendere la realizzazione da parte delle autorità competenti. In questo modo sarebbe garantita una protezione effettiva, in condizioni equivalenti a quelle risultanti dalla formulazione di un piano di azione.

20 Il Bundesverwaltungsgericht riconosce tuttavia che una parte della dottrina trae conclusioni differenti dalle disposizioni comunitarie in questione, secondo le quali i terzi interessati avrebbero il diritto alla predisposizione di un piano di azione; tale tesi parrebbe confermata dalla sentenza 30 maggio 1991, causa C‑59/89, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑2607).

21 Alla luce di ciò, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l'art. 7, n. 3, della direttiva (…) 96/62(…), sia da interpretare nel senso che ad un terzo, che abbia subito danni alla salute, viene conferito un diritto soggettivo all'adozione di un piano d'azione anche allorquando, indipendentemente dal piano d'azione, lo stesso è in grado di far valere il suo diritto alla difesa contro gli effetti nocivi per la salute dovuti al superamento del valore massimo di emissione fissato per le particelle di polveri fini PM10, agendo in giudizio per ottenere l'intervento delle autorità competenti.

2) Qualora la prima questione debba essere risolta in senso affermativo: se un terzo, esposto agli effetti nocivi per la salute prodotti dalle particelle di polveri fini PM10, abbia diritto all'adozione di detto piano d'azione recante misure da applicare a breve termine, atte a garantire la stretta osservanza del valore massimo di emissione fissato per le particelle di polveri fini PM10.

3) Qualora la seconda questione debba essere risolta in senso negativo: in che misura, grazie ai provvedimenti definiti nel piano d'azione, il rischio di superamento del valore massimo debba essere ridotto e la sua durata circoscritta. Se il piano d'azione possa limitarsi, alla stregua di un programma graduale, a misure che, pur non garantendo il rispetto del valore massimo, contribuiscano ciò nondimeno al miglioramento a breve termine della qualità dell'aria».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni presentate alla Corte

22 Il ricorrente nella causa principale asserisce che, in tutti i casi in cui l'inosservanza, da parte delle autorità nazionali, delle disposizioni di una direttiva diretta a proteggere la sanità pubblica possa mettere a rischio la salute delle persone, queste ultime devono poter invocare le norme di ordine pubblico che esse contengono [v., per quanto riguarda la direttiva del Consiglio 15 luglio 1980, 80/779/CEE, relativa ai valori limite e ai valori guida di qualità dell'aria per l'anidride solforosa e le particelle in sospensione (GU L 229, pag. 30), sentenza 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2567, punto 16, e, per quanto concerne le direttive del Consiglio 16 giugno 1975, 75/440/CEE, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 194, pag. 26) e 9 ottobre 1979, 79/869/CEE, relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (GU L 271, pag. 44) sentenza 17 ottobre 1991, causa C‑58/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑4983, punto 14].

23 Poiché ritiene che la direttiva 96/62 miri a proteggere la salute umana, il ricorrente nella causa principale sostiene che l'art. 7, n. 3, della detta direttiva costituisce una norma di ordine pubblico, la quale impone la predisposizione di un piano di azione una volta che esista anche solo il semplice rischio di superamento di un valore massimo. L'obbligo di predisporre un piano del genere in tale ipotesi, la cui esistenza è pacifica nella controversia principale, costituirebbe di conseguenza una norma di cui egli potrebbe valersi, in base alla giurisprudenza citata nel punto precedente della presente motivazione.

24 Per quanto concerne il contenuto del piano di azione, il ricorrente nella causa principale sostiene che esso deve prevedere tutte le misure idonee affinché il periodo di superamento dei valori massimi sia il più breve possibile. Ciò si ricaverebbe in particolare dall'economia dell'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, il quale indica chiaramente che i piani di azione devono essere redatti una volta che esista anche solo il semplice rischio di superamento di questi valori, e dell'art. 8, n. 3, della medesima direttiva, secondo il quale, quando i valori massimi sono già superati, gli Stati membri devono adottare misure per elaborare o porre in esecuzione un piano o un programma, che consenta di raggiungere il valore massimo entro il termine stabilito.

25 Il governo olandese sostiene che l'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 non conferisce ai terzi un diritto soggettivo alla predisposizione di un piano di azione. Gli Stati membri disporrebbero di un'ampia discrezionalità tanto per l'adozione dei piani di azione, quanto per la determinazione dei loro contenuti.

26 Dalla medesima disposizione si ricaverebbe che il legislatore comunitario ha inteso lasciare agli Stati membri il potere di porre in esecuzione un piano di azione e di adottare le misure accessorie, che essi giudichino necessarie e adeguate per raggiungere il risultato programmato.

27 Di conseguenza, l'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 non imporrebbe agli Stati membri nessun obbligo di risultato. L'ampia discrezionalità di cui disporrebbero consentirebbe loro di ponderare diversi interessi e di adottare provvedimenti concreti, i quali tengano conto tanto dell'osservanza dei valori massimi quanto di altri interessi ed obblighi, quali la libera circolazione all'interno dell'Unione europea.

28 Pertanto, gli Stati membri sarebbero obbligati unicamente a porre in esecuzione piani di azione, i quali indichino le misure da adottare a breve termine per ridurre il rischio di superamento dei detti valori o limitarne la durata.

29 Il governo austriaco ricorda che la Corte ha dichiarato che le disposizioni del diritto comunitario, che stabiliscono valori massimi al fine di tutelare la salute umana, conferiscono parimenti agli interessati un diritto all'osservanza di questi valori, che essi possono far valere in giudizio (sentenza 30 maggio 1991, causa C‑59/89, Commissione/Germania, cit.).

30 Questo governo ritiene tuttavia che, sebbene l'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 possa ritenersi direttamente efficace, da ciò non deriva che questa disposizione stabilisca, a vantaggio dei soggetti dell'ordinamento, un diritto soggettivo alla predisposizione di piani di azione, dal momento che, a suo parere, essa mira unicamente all'adozione di misure in grado di contribuire a garantire l'osservanza dei valori massimi nel quadro dei programmi nazionali.

31 La Commissione asserisce che dalla lettera della direttiva 96/62, in particolare dal combinato disposto degli artt. 7, n. 3, e 2, punto 5, nonché dal dodicesimo ‘considerando' di quest'ultima, si ricava che la fissazione dei valori massimi per le particelle fini PM10 mira alla tutela della salute umana. Ebbene, la Corte avrebbe dichiarato, con riferimento a disposizioni analoghe, che, in tutti i casi in cui il superamento dei valori massimi possa mettere a rischio la salute delle persone, queste ultime potevano invocare tali norme al fine di affermare i loro diritti (citate sentenze 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, punto 16, e causa C‑59/89, Commissione/Germania, punto 19, nonché 17 ottobre 1991, Commissione/Germania, punto 14).

32 I principi fissati in tali sentenze si applicherebbero ai piani di azione di cui alla direttiva 96/62. Pertanto, l'autorità competente sarebbe obbligata a predisporre piani del genere quando le condizioni stabilite da questa direttiva sono soddisfatte. Ne discenderebbe che un terzo interessato dal superamento di valori massimi potrebbe invocare il suo diritto a che venga predisposto un piano di azione, necessario per raggiungere l'obiettivo relativo a questi valori massimi fissato dalla detta direttiva.

33 Per quanto concerne il contenuto dei piani di azione, la Commissione basa la sua risposta sui termini dell'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, secondo i quali questi piani di azione devono prevedere misure «da adottare a breve termine (…) al fine di ridurre il rischio [di un superamento] e di limitarne la durata». Essa ritiene che l'autorità competente disponga di un potere discrezionale per adottare le misure che le sembrino più adeguate, a condizione che queste ultime siano concepite alla luce di quanto sia effettivamente possibile e giuridicamente adeguato realizzare, in modo da consentire un ritorno, nel più breve tempo possibile, a livelli inferiori ai valori massimi stabiliti.

Risposta della Corte

Per quanto concerne la predisposizione dei piani di azione

34 Con la sua prima questione, il Bundesverwaltungsgericht chiede se un soggetto dell'ordinamento possa pretendere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione nell'ipotesi, prevista dall'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, di un rischio di superamento dei valori massimi o delle soglie di allarme.

35 Questa disposizione impone agli Stati membri un chiaro obbligo di predisporre piani di azione sia in caso di rischio di superamento dei valori massimi, sia in caso di rischio di superamento delle soglie di allarme. Questa interpretazione, che deriva dalla semplice lettura dell'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, è confermata del resto dal dodicesimo ‘considerando' di quest'ultima. Quanto enunciato in merito ai valori massimi vale a fortiori per quanto riguarda le soglie di allarme relativamente alle quali, del resto, l'art. 2 di questa stessa direttiva, il quale definisce le varie nozioni impiegate in quest'ultima, dispone che gli Stati membri «devono immediatamente intervenire a norma della presente direttiva».

36 Inoltre, in forza di una giurisprudenza consolidata della Corte, i soggetti dell'ordinamento possono far valere nei confronti delle autorità pubbliche disposizioni categoriche e sufficientemente precise di una direttiva (v., in tal senso, sentenza 5 aprile 1979, causa 148/78, Ratti, Racc. pag. 1629, punto 20). È compito delle autorità e dei giudici nazionali interpretare le disposizioni dell'ordinamento nazionale in un senso che sia compatibile, nella maggiore misura possibile, con gli obiettivi di questa direttiva (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing, Racc. pag. I‑4135, punto 8). Qualora non sia possibile formulare un'interpretazione del genere, è loro compito disapplicare le norme dell'ordinamento nazionale incompatibili con la detta direttiva.

37 Come ha ricordato più volte la Corte, è incompatibile con il carattere vincolante che l'art. 249 CE riconosce alla direttiva escludere, in linea di principio, che l'obbligo che essa impone possa essere invocato dagli interessati. Questa considerazione vale in modo particolare per una direttiva, il cui scopo è quello di controllare nonché ridurre l'inquinamento atmosferico e che mira, di conseguenza, a tutelare la sanità pubblica.

38 Per tali ragioni la Corte ha dichiarato che, in tutti i casi in cui l'inosservanza dei provvedimenti imposti dalle direttive relative alla qualità dell'aria e a quella dell'acqua potabile, e che mirano a tutelare la sanità pubblica, possa mettere in pericolo la salute delle persone, queste ultime devono poter invocare le norme di ordine pubblico che esse contengono (v. citate sentenze 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, e causa C‑59/89, Commissione/Germania, nonché 17 ottobre 1991, Commissione/Germania).

39 Da quanto sin qui esposto deriva che le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da un rischio di superamento di valori massimi o di soglie di allarme devono poter ottenere dalle autorità competenti, eventualmente adendo i giudici competenti, la predisposizione di un piano di azione una volta che esista un rischio del genere.

40 La circostanza che queste persone dispongano di altre procedure, in particolare del potere di pretendere dalle competenti autorità l'adozione di misure concrete per ridurre l'inquinamento, come previsto dall'ordinamento tedesco, in base a quanto indicato dal giudice del rinvio, è irrilevante a tal riguardo.

41 Infatti, da un lato, la direttiva 96/62 non contiene nessuna riserva relativa a provvedimenti che possano essere adottati in forza di altre disposizioni dell'ordinamento nazionale; dall'altro, essa istituisce una procedura del tutto specifica di pianificazione che mira, come enunciato dal suo dodicesimo ‘considerando', alla tutela dell'ambiente «nel suo complesso», tenendo conto dell'insieme degli elementi da prendere in considerazione quali, in particolare, le esigenze collegate al funzionamento degli impianti industriali o agli spostamenti.

42 Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 dev'essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell'ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell'ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l'inquinamento atmosferico.

Per quanto concerne il contenuto dei piani di azione

43 Con le sue questioni seconda e terza, il Bundesverwaltungsgericht chiede se le competenti autorità nazionali abbiano l'obbligo di adottare misure le quali, a breve termine, consentano di raggiungere il valore massimo o se le stesse possano limitarsi ad adottare quelle che consentano di ridurre l'entità del superamento nonché di limitarne la durata e che siano tali, di conseguenza, da consentire un miglioramento progressivo della situazione.

44 Ai sensi dell'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, i piani di azione devono contenere le misure «da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie di allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata». Dalla lettera stessa risulta che gli Stati membri non hanno l'obbligo di adottare misure tali da scongiurare qualsiasi superamento.

45 Al contrario, dall'economia della detta direttiva, la quale mira a una riduzione integrata dell'inquinamento, si ricava che spetta agli Stati membri adottare misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento e la sua durata, tenendo conto di tutte le circostanze presenti e degli interessi in gioco.

46 In questa prospettiva occorre rilevare che, sebbene gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, l'art. 7, n. 3, della direttiva 96/62 fissa alcuni limiti all'esercizio di quest'ultimo, i quali possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a., Racc. pag. I‑5403, punto 59), in relazione al carattere adeguato delle misure che il piano di azione deve contenere nei confronti dell'obiettivo di riduzione del rischio di superamento e di limitazione della sua durata, in considerazione dell'equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi interessi pubblici e privati in gioco.

47 Di conseguenza, occorre risolvere le questioni seconda e terza dichiarando che gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell'insieme degli interessi in gioco.

Sulle spese

48 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:


1) L'art. 7, n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1882, dev'essere interpretato nel senso che, in caso di rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme, i soggetti dell'ordinamento direttamente interessati devono poter ottenere dalle competenti autorità nazionali la predisposizione di un piano di azione, anche quando essi dispongano, in forza dell'ordinamento nazionale, di altre procedure per ottenere dalle medesime autorità che esse adottino misure di lotta contro l'inquinamento atmosferico.

2) Gli Stati membri hanno come unico obbligo di adottare, sotto il controllo del giudice nazionale, nel contesto di un piano di azione e a breve termine, le misure idonee a ridurre al minimo il rischio di superamento dei valori limite o delle soglie di allarme ed a ritornare gradualmente ad un livello inferiore ai detti valori o alle dette soglie, tenendo conto delle circostanze di fatto e dell'insieme degli interessi in gioco.

Firme


 


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