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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Gr. Sez., 3 GIUGNO 2008, procedimento
C‑308/06
INQUINAMENTO - Trasporto marittimo - Inquinamento provocato dalle navi -
Direttiva 2005/35/CE - Validità - Convenzione di Montego Bay - Convenzione
Marpol 73/78 - Effetti giuridici - Invocabilità - Negligenza grave -
Principio della certezza del diritto. La validità della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/35/CE, relativa
all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per
violazioni, non può essere valutata né alla luce della convenzione
internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, firmata
a Londra il 2 novembre 1973, come completata dal protocollo del 17 febbraio
1978; né alla luce della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982. Nella specie non è emerso
alcun elemento atto ad inficiare la validità dell'art. 4 della direttiva
2005/35 riguardo al principio generale della certezza del diritto. CORTE
DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Gr. Sez., 3 GIUGNO 2008, procedimento
C‑308/06
www.AmbienteDiritto.it
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
3 giugno 2008 (*)
«Trasporto marittimo - Inquinamento provocato dalle navi - Direttiva
2005/35/CE - Validità - Convenzione di Montego Bay - Convenzione Marpol
73/78 - Effetti giuridici - Invocabilità - Negligenza grave - Principio
della certezza del diritto»
Nel procedimento C‑308/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England &
Wales), Queen's Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito) con
decisione 4 luglio 2006, pervenuta in cancelleria il 14 luglio 2006,
nella causa
The Queen, su istanza di:
International Association of Independent Tanker Owners (Intertanko),
International Association of Dry Cargo Shipowners (Intercargo),
Greek Shipping Co-operation Committee,
Lloyd's Register,
International Salvage Union
contro
The Secretary of State for Transport,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A.
Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts, L. Bay Larsen, presidenti di sezione,
dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, P. Kūris, J. Malenovský
(relatore), A.Ó Caoimh, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. J.-C. Bonichot,
giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancellieri: sig.re L. Hewlett, amministratore principale, e C.
Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 25
settembre 2007,
considerate le osservazioni presentate:
- per l'International Association of Independent Tanker Owners (Intertanko),
l'International Association of Dry Cargo Shipowners (Intercargo), il
Greek Shipping Co-operation Committee, il Lloyd's Register e
l'International Salvage Union, dai sigg. C. Greenwood, QC, e H. Mercer,
barrister;
- per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra C. Gibbs, in qualità di
agente, assistita dai sigg. C. Lewis e S. Wordsworth, barrister;
- per il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg e dalla sig.ra B.
Weis Fogh, in qualità di agenti;
- per il governo estone, dal sig. L. Uibo, in qualità di agente;
- per il governo ellenico, dalle sig.re A. Samoni-Rantou e S. Chala,
nonché dal sig. G. Karipsiadis, in qualità di agenti;
- per il governo spagnolo, dal sig. M. Sampol Pucurull, in qualità di
agente;
- per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e L. Butel, nonché
dalla sig.ra C. Jurgensen, in qualità di agenti;
- per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di
agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;
- per il governo cipriota, dal sig. D. Lysandrou e dalla sig.ra N.
Charalampidou, in qualità di agenti;
- per il governo maltese, dal sig. S. Camilleri, in qualità di agente;
- per il governo svedese, dalle sig.re K. Wistrand e A. Falk, in qualità
di agenti;
- per il Parlamento europeo, dalla sig.ra M. Gómez-Leal e dal sig. J.
Rodrigues, in qualità di agenti;
- per il Consiglio dell'Unione europea, dalla sig.ra E. Karlsson e dal
sig. E. Chaboureau, in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. K. Simonsson, H.
Ringbom e F. Hoffmeister, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza
del 20 novembre 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità degli artt.
4 e 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre
2005, 2005/35/CE, relativa all'inquinamento provocato dalle navi e
all'introduzione di sanzioni per violazioni (GU L 255, pag. 11, e -
rettifiche - GU 2006, L 33, pag. 87, e L 105, pag. 65).
2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra
l'International Association of Independent Tanker Owners (Intertanko),
l'International Association of Dry Cargo Shipowners (Intercargo), il
Greek Shipping Co‑operation Committee, il Lloyd's Register e
l'International Salvage Union, da una parte, e il Secretary of State for
Transport (Ministero dei Trasporti), dall'altra, a proposito
dell'attuazione della direttiva 2005/35.
Contesto normativo
Il diritto internazionale
3 La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a
Montego Bay il 10 dicembre 1982 (in prosieguo: la «convenzione di
Montego Bay»), è entrata in vigore il 16 novembre 1994. Essa è stata
approvata a nome della Comunità europea con la decisione del Consiglio
23 marzo 1998, 98/392/CE (GU L 179, pag. 1).
4 L'art. 2 della convenzione di Montego Bay descrive il regime giuridico
del mare territoriale nei seguenti termini:
«1. La sovranità dello Stato costiero si estende, al di là del suo
territorio e delle sue acque interne e, nel caso di uno Stato-arcipelago,
delle sue acque arcipelagiche, a una fascia adiacente di mare,
denominata mare territoriale.
(…)
3. La sovranità sul mare territoriale si esercita alle condizioni della
[convenzione di Montego Bay] e delle altre norme del diritto
internazionale».
5 Ai sensi dell'art. 17 di tale convenzione:
«Alle condizioni della [convenzione di Montego Bay], le navi di tutti
gli Stati, costieri o privi di litorale, godono del diritto di passaggio
inoffensivo attraverso il mare territoriale».
6 L'art. 34 della detta convenzione precisa come segue il regime
giuridico delle acque che formano stretti usati per la navigazione
internazionale:
«1. Il regime del passaggio attraverso gli stretti usati per la
navigazione internazionale, quale viene stabilito nella presente parte,
non deve sotto alcun altro aspetto modificare né il regime giuridico
delle acque di tali stretti, né l'esercizio di sovranità o giurisdizione
su tali acque, sui relativi fondi marini, sul loro sottosuolo e sullo
spazio aereo soprastante, da parte degli Stati rivieraschi.
2. La sovranità o la giurisdizione degli Stati rivieraschi viene
esercitata conformemente alla presente parte e alle altre norme del
diritto internazionale».
7 L'art. 42 della convenzione di Montego Bay così recita:
«1. Alle condizioni delle disposizioni della presente sezione, gli Stati
rivieraschi possono emanare leggi e regolamenti relativi al passaggio in
transito negli stretti, in merito a tutte o una qualsiasi delle seguenti
materie:
(…)
b) prevenzione, riduzione e controllo dell'inquinamento, attraverso
l'applicazione delle pertinenti norme internazionali relative allo
scarico nello stretto di idrocarburi, residui di idrocarburi, e altre
sostanze nocive;
(…)».
8 La parte V di tale convenzione prevede un regime giuridico specifico
applicabile alla zona economica esclusiva.
9 In tale parte, l'art. 56, n. 1, della detta convenzione stabilisce
quanto segue:
«1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di:
a) diritti sovrani sia ai fini dell'esplorazione, dello sfruttamento,
della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche
o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del
mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre
attività connesse con l'esplorazione e lo sfruttamento economico della
zona, quali la produzione di energia derivata dall'acqua, dalle correnti
e dai venti;
(…)».
10 Ai sensi dell'art. 58, n. 1, della stessa convenzione:
«Nella zona economica esclusiva tutti gli Stati, sia costieri sia privi
di litorale, godono, conformemente alle specifiche disposizioni della
convenzione [di Montego Bay], delle libertà di navigazione e di sorvolo,
di posa in opera di condotte e cavi sottomarini, indicate all'articolo
87, e di altri usi del mare, leciti in ambito internazionale, collegati
con tali libertà, come quelli associati alle operazioni di navi,
aeromobili, condotte e cavi sottomarini, e compatibili con le altre
disposizioni della [convenzione di Montego Bay]».
11 Secondo l'art. 79, n. 1, della convenzione di Montego Bay:
«Tutti gli Stati hanno il diritto di posare cavi e condotte sottomarine
sulla piattaforma continentale conformemente alle disposizioni del
presente articolo».
12 L'art. 89 di tale convenzione così dispone:
«Nessuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare alla
propria sovranità alcuna parte dell'alto mare».
13 L'art. 90 della detta convenzione è formulato come segue:
«Ogni Stato, sia costiero sia privo di litorale, ha il diritto di far
navigare nell'alto mare navi battenti la sua bandiera».
14 L'art. 116 della convenzione di Montego Bay così recita:
«Tutti gli Stati hanno diritto a che i soggetti aventi la loro
nazionalità esercitino la pesca nell'alto mare (…)».
15 La parte XII di tale convenzione è dedicata alla protezione e
preservazione dell'ambiente marino.
16 L'art. 211 della detta convenzione, contenuto in tale parte XII,
enuncia quanto segue:
«1. Gli Stati, agendo tramite le competenti organizzazioni
internazionali o una conferenza diplomatica generale, stabiliscono
regole e norme internazionali atte a prevenire, ridurre e tenere sotto
controllo l'inquinamento dell'ambiente marino causato da navi, e
favoriscono l'adozione, attraverso gli stessi canali e ogni qualvolta
sia opportuno, di sistemi di canalizzazione del traffico intesi a
ridurre al minimo il rischio di incidenti che possano provocare
l'inquinamento dell'ambiente marino, incluse le coste, e danni
conseguenti agli interessi connessi degli Stati costieri. Tali regole e
norme sono ugualmente riesaminate nel tempo, secondo necessità.
2. Gli Stati adottano leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e
tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino causato da
navi che battono la loro bandiera o da essi immatricolate. Tali leggi e
regolamenti debbono avere efficacia non inferiore rispetto alle regole e
norme internazionali generalmente accettate, emanate attraverso la
competente organizzazione internazionale o conferenza diplomatica
generale.
(…)
4. Gli Stati costieri, nell'esercizio della propria sovranità nel
proprio mare territoriale, possono adottare leggi e regolamenti per
prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento marino da
parte di navi straniere, incluse le navi che esercitano il diritto di
passaggio inoffensivo. Tali leggi e regolamenti non debbono ostacolare
il passaggio inoffensivo delle navi straniere, ai sensi della parte II,
sezione 3.
5. Gli Stati costieri, ai fini dell'applicazione prevista nella sezione
6, possono adottare nella propria zona economica esclusiva leggi e
regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo
l'inquinamento provocato da navi, che si conformino e diano applicazione
alle regole e norme internazionali generalmente accettate, stabilite
attraverso la competente organizzazione internazionale o conferenza
diplomatica generale.
(...)».
17 La Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento
causato da navi, firmata a Londra il 2 novembre 1973, come completata
dal protocollo del 17 febbraio 1978 (in prosieguo: la «convenzione
Marpol 73/78»), istituisce alcune norme per la lotta all'inquinamento
marino.
18 Le disposizioni in materia di prevenzione dell'inquinamento da
idrocarburi sono sancite all'allegato I della convenzione Marpol 73/78.
19 Ai sensi della norma 9 di tale allegato, fatte salve le disposizioni
delle norme 10 e 11 del detto allegato e del paragrafo 2 di tale norma
9, viene vietato ad ogni nave alla quale si applichi il detto allegato
di scaricare in mare idrocarburi o miscele di acqua e idrocarburi,
tranne nel caso in cui siano soddisfatte talune condizioni
tassativamente elencate.
20 La norma 10 del detto allegato I prevede taluni metodi di prevenzione
dell'inquinamento da idrocarburi dovuto alle navi in esercizio nelle
zone speciali.
21 La norma 11 dello stesso allegato, intitolata «Eccezioni», dispone
quanto segue:
«Le norme 9 e 10 del presente allegato non si applicano:
a) allo scarico in mare di idrocarburi o di miscele di idrocarburi
effettuato da una nave per assicurare la propria sicurezza o quella di
un'altra nave, o salvare delle vite umane in mare; o
b) allo scarico in mare di idrocarburi o di miscele di idrocarburi
provenenti da un'avaria alla nave o al suo equipaggiamento:
i) a condizione che siano state prese tutte le ragionevoli precauzioni
dopo l'avaria o la scoperta dello scarico per impedire o ridurre tale
scarico, e
ii) tranne il caso in cui il proprietario o il comandante abbia agito
con l'intenzione di provocare l'avaria o incautamente e con la
consapevolezza che l'avaria sarebbe probabilmente avvenuta; o
c) allo scarico in mare di sostanze contenenti degli idrocarburi
approvato dall'autorità [dello Stato di bandiera], quando tali sostanze
siano utilizzate per lottare contro un particolare caso di inquinamento
al fine di ridurre i danni dovuti a tale inquinamento. Ogni scarico di
tale natura dovrà essere sottoposto all'approvazione del governo sotto
la cui giurisdizione sia previsto che lo scarico possa avvenire».
22 Le norme relative alla prevenzione dell'inquinamento causato dalle
sostanze liquide nocive sono contenute nell'allegato II della
convenzione Marpol 73/78.
23 La norma 5 di tale allegato vieta lo scarico in mare delle sostanze
di cui al detto allegato, tranne nel caso in cui siano soddisfatte
talune condizioni tassativamente elencate. La norma 6, lett. a)-c),
dello stesso allegato riprende, in termini analoghi, le eccezioni
previste dalla norma 11, lett. a)-c), dell'allegato I della convenzione
Marpol 73/78.
Il diritto comunitario
24 Ai sensi dell'art. 3, n. 1, della direttiva 2005/35:
«1. La presente direttiva è applicabile, conformemente al diritto
internazionale, agli scarichi di sostanze inquinanti:
a) nelle acque interne, compresi i porti, di uno Stato membro, nella
misura in cui è applicabile il regime Marpol;
b) nelle acque territoriali di uno Stato membro;
c) negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale e soggetti
al regime di passaggio di transito, come specificato nella parte III,
sezione 2 della convenzione [di Montego Bay], nella misura in cui uno
Stato membro abbia giurisdizione su tali stretti;
d) nella zona economica esclusiva o in una zona equivalente di uno Stato
membro, istituita ai sensi del diritto internazionale;
e) in alto mare».
25 L'art. 4 di tale direttiva stabilisce quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi di sostanze
inquinanti effettuati dalle navi in una delle aree di cui all'articolo
3, paragrafo 1, siano considerati violazioni se effettuati
intenzionalmente, temerariamente o per negligenza grave. Tali violazioni
sono considerate reati dalla decisione quadro 2005/667/GAI che completa
la presente direttiva, e in presenza delle circostanze previste da tale
decisione».
26 A norma dell'art. 5 della direttiva 2005/35:
«1. Lo scarico di sostanze inquinanti in una delle aree di cui
all'articolo 3, paragrafo 1 non è considerato una violazione se soddisfa
le condizioni di cui all'allegato I, norme 9, 10, 11 a) o 11 c), o
all'allegato II, norme 5, 6 a) o 6 c), della convenzione Marpol 73/78.
2. Lo scarico di sostanze inquinanti nelle aree di cui all'articolo 3,
paragrafo 1, lettere c), d) e e), non è considerato una violazione da
parte del proprietario, del comandante o dell'equipaggio posto sotto la
responsabilità di quest'ultimo, se soddisfa le condizioni di cui
all'allegato I, norma 11 b), o all'allegato II, norma 6 b), della
convenzione Marpol 73/78».
27 L'art. 8 della direttiva 2005/35 così dispone:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le
violazioni di cui all'articolo 4 siano soggette a sanzioni efficaci,
proporzionate e dissuasive, che possono comprendere sanzioni penali o
amministrative.
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le
sanzioni di cui al paragrafo 1 si applichino a chiunque sia responsabile
di una violazione ai sensi dell'articolo 4».
Causa principale e questioni pregiudiziali
28 I ricorrenti nella causa principale formano un gruppo di
organizzazioni del settore del trasporto marittimo che rappresenta una
parte sostanziale di tale settore. Essi hanno presentato dinanzi al
giudice del rinvio un ricorso di legittimità («judicial review»)
relativo all'attuazione della direttiva 2005/35.
29 Con decisione 4 luglio 2006, la High Court of Justice (England &
Wales), Queen's Bench Division (Administrative Court), ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se, con riferimento agli stretti utilizzati per la navigazione
internazionale, alla zona economica esclusiva o zona equivalente di uno
Stato membro e all'alto mare, l'art. 5, n. 2, della direttiva [2005/35]
sia invalido, in quanto limita le eccezioni di cui all'allegato I, norma
11, lett. b), (…) e all'allegato II, norma 6, lett. b), della
convenzione Marpol 73/78 al proprietario, al comandante e
all'equipaggio.
2) Se, con riferimento al mare territoriale di uno Stato membro:
a) l'art. 4 della direttiva [2005/35] sia invalido, in quanto impone
agli Stati membri di applicare il criterio della negligenza grave ai
fini dell'accertamento della responsabilità in caso di scarico di
sostanze inquinanti; e/o
b) l'art. 5, n. 1, della direttiva [2005/35] sia invalido in quanto
esclude l'applicazione delle eccezioni di cui all'allegato I, norma 11,
lett. b), e all'allegato II, norma 6, lett. b), della convenzione Marpol
73/78.
3) Se l'art. 4 della direttiva [2005/35], imponendo agli Stati membri di
adottare norme nazionali che includano il criterio della negligenza
grave ai fini dell'accertamento della responsabilità e che puniscano lo
scarico nelle acque territoriali, leda il diritto di passaggio
inoffensivo riconosciuto dalla convenzione [di Montego Bay] e, in tal
caso, se l'art. 4 sia, sotto tale profilo, invalido.
4) Se l'uso dell'espressione “negligenza grave” all'art. 4 della
direttiva [2005/35] violi il principio della certezza del diritto e se,
in tal caso, l'art. 4 sia, sotto tale profilo, invalido».
Sulla ricevibilità
30 Il governo francese nutre dubbi in merito alla ricevibilità della
domanda di pronuncia pregiudiziale poiché, a suo avviso, il giudice del
rinvio non ha illustrato le circostanze in cui è stato adito.
Diversamente da cause come quella definita con sentenza 10 dicembre
2002, causa C‑491/01, British American Tobacco (Investments) e Imperial
Tobacco (Racc. pag. I‑11453), la detta domanda non preciserebbe che i
ricorrenti nella causa principale hanno inteso esercitare un ricorso
volto a contestare la trasposizione della direttiva 2005/35 da parte del
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
31 A tale proposito occorre ricordare che, quando una questione
concernente la validità di un atto adottato dalle istituzioni
comunitarie è sollevata dinanzi ad un giudice nazionale, spetta a
quest'ultimo giudicare se una decisione su tale punto sia necessaria per
pronunciare la sua sentenza e, pertanto, chiedere alla Corte di statuire
su tale questione. Di conseguenza, qualora le questioni sollevate dal
giudice nazionale riguardino la validità di una disposizione di diritto
comunitario, in via di principio la Corte è tenuta a statuire [sentenza
British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto
34 nonché la giurisprudenza citata].
32 La Corte può rifiutarsi di statuire su una questione pregiudiziale
sollevata da un giudice nazionale solo qualora, segnatamente, appaia in
modo manifesto che l'interpretazione di una norma comunitaria o il
giudizio sulla sua validità chiesti da tale giudice non hanno alcuna
relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa principale o
qualora il problema sia di natura ipotetica [sentenza British American
Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 35 nonché la
giurisprudenza citata].
33 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che i
ricorrenti nella causa principale hanno presentato dinanzi alla High
Court un ricorso di legittimità diretto a contestare la trasposizione
della direttiva 2005/35 nel Regno Unito e che essi possono esperire
siffatto ricorso anche se, al momento in cui quest'ultimo è stato
proposto, il termine previsto per la trasposizione di tale direttiva non
era ancora scaduto e non era stato adottato alcun provvedimento
nazionale per la trasposizione della direttiva in questione.
34 Inoltre, dinanzi alla Corte non è contestata la pertinenza delle
questioni sollevate ai fini della soluzione della controversia nella
causa principale, dato che l'adozione di provvedimenti nazionali diretti
a trasporre una direttiva nell'ordinamento giuridico del Regno Unito può
essere subordinata alla condizione che tale direttiva sia valida [v.
sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco,
cit., punto 37].
35 Pertanto, non appare in modo manifesto che il giudizio sulla validità
della direttiva 2005/35 richiesto dal giudice del rinvio non abbia alcun
rapporto con l'effettività o l'oggetto della causa principale o riguardi
un problema di natura ipotetica.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle prime tre questioni
36 Con le prime tre questioni, il giudice del rinvio chiede alla Corte,
in sostanza, di valutare la validità degli artt. 4 e 5 della direttiva
2005/35 alla luce delle norme 9 e 11, lett. b), dell'allegato I della
convenzione Marpol 73/78, 5 e 6, lett. b), dell'allegato II di tale
convenzione, nonché riguardo alle disposizioni della convenzione di
Montego Bay che precisano le condizioni per l'esercizio, da parte degli
Stati rivieraschi, di taluni dei loro diritti nelle diverse zone
marittime.
37 I ricorrenti nella causa principale, nonché i governi ellenico,
cipriota e maltese, sostengono che gli artt. 4 e 5 della direttiva
2005/35 non rispettano, sotto vari profili, né la convenzione Marpol
73/78 né la convenzione di Montego Bay. In particolare, sancendo un
livello di responsabilità corrispondente alla negligenza grave, tali
articoli istituirebbero un regime di responsabilità più restrittivo per
gli scarichi accidentali rispetto a quello previsto dall'art. 4 della
convenzione Marpol 73/78, in combinato disposto con le norme 9 e 11,
lett. b), dell'allegato I di tale convenzione, nonché 5 e 6, lett. b),
del suo allegato II.
38 A tale riguardo, i ricorrenti nella causa principale e i suddetti
governi partono dalla premessa che la legittimità della direttiva
2005/35 possa essere valutata alla luce della convenzione di Montego
Bay, poiché la Comunità è parte di tale convenzione e quest'ultima
costituisce quindi parte integrante dell'ordinamento giuridico
comunitario.
39 A loro parere, la legittimità della detta direttiva può altresì
essere valutata riguardo alla convenzione Marpol 73/78. La convenzione
di Montego Bay, infatti, definirebbe e disciplinerebbe la portata della
competenza delle parti contraenti nel contesto della loro azione
nell'alto mare, nella zona economica esclusiva e negli stretti
internazionali. Pertanto, la Comunità non sarebbe competente a adottare
una normativa che si applichi agli scarichi provenienti da navi non
battenti bandiera di uno degli Stati membri, se non nei limiti in cui la
convenzione di Montego Bay riconosca alla Comunità il diritto di
adottare siffatta normativa. Ebbene, in forza di tale convenzione, le
parti contraenti sarebbero competenti solamente a adottare una normativa
che dia attuazione alle regole e alle norme internazionali in siffatte
zone, ossia, nel caso di specie, le disposizioni della convenzione
Marpol 73/78. Tale competenza, per quanto riguarda l'alto mare, sarebbe
precisata all'art. 211, nn. 1 e 2, della convenzione di Montego Bay, per
quanto concerne gli stretti internazionali, agli artt. 42, n. 1, lett.
b), e 45 di tale convenzione e, quanto alla zona economica esclusiva,
all'art. 211, n. 5, di essa. Lo stesso varrebbe per le acque
territoriali in forza dell'art. 2, n. 3, della convenzione di Montego
Bay.
40 I ricorrenti nella causa principale aggiungono che la legittimità
della direttiva 2005/35 dovrebbe essere valutata riguardo alla
convenzione Marpol 73/78 anche perché il legislatore comunitario intende
trasporre quest'ultima nel diritto comunitario tramite detta direttiva.
41 Inoltre, il settore del trasporto marittimo sarebbe un settore in cui
la Comunità svolge il ruolo di regolatore dell'esecuzione degli obblighi
internazionali degli Stati membri. La situazione sarebbe analoga a
quella vigente in forza dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e
sul commercio del 30 ottobre 1947 (in prosieguo: il «GATT del 1947»),
prima dell'avvento dell'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale
del commercio, situazione in cui la Comunità, senza essere divenuta
parte del primo di questi accordi, era succeduta agli Stati membri nei
loro obblighi come conseguenza della sua attività nel contesto della
politica commerciale comune. In tal modo, i settori disciplinati dal
GATT del 1947 erano entrati nell'ambito delle competenze della Comunità,
con la conseguenza che per quest'ultima le disposizioni di tale accordo
sono divenute vincolanti.
Giudizio della Corte
42 Come risulta dall'art. 300, n. 7, CE, le istituzioni della Comunità
sono vincolate dagli accordi conclusi da quest'ultima e, di conseguenza,
tali accordi prevalgono sugli atti di diritto comunitario derivato (v.,
in questo senso, sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94,
Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3989, punto 52, e 12 gennaio 2006,
causa C‑311/04, Algemene Scheeps Agentuur Dordrecht, Racc. pag. I‑609,
punto 25).
43 Ne consegue che l'incompatibilità di un atto di diritto comunitario
derivato con siffatte disposizioni del diritto internazionale può
incidere sulla sua validità. Qualora tale invalidità sia fatta valere
dinanzi ad un giudice nazionale, la Corte verifica quindi, in
applicazione dell'art. 234 CE, la validità dell'atto comunitario in
esame alla luce di tutte le norme del diritto internazionale, purché
siano rispettate due condizioni.
44 In primo luogo, la Comunità deve essere vincolata da tali norme (v.
sentenza 12 dicembre 1972, cause riunite 21/72-24/72, International
Fruit Company e a., Racc. pag. 1219, punto 7).
45 In secondo luogo, la Corte può procedere all'esame della validità di
una normativa comunitaria alla luce di un trattato internazionale solo
ove ciò non sia escluso né dalla natura né dalla struttura di esso e,
inoltre, le sue disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro
contenuto, incondizionate e sufficientemente precise (v., in questo
senso, in particolare, sentenza 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, IATA e
ELFAA, Racc. pag. I‑403, punto 39).
46 Occorre pertanto verificare se tali due condizioni siano soddisfatte
per quanto riguarda la convenzione Marpol 73/78 e la convenzione di
Montego Bay.
47 In primo luogo, per quanto riguarda la convenzione Marpol 73/78,
occorre innanzi tutto rilevare che la Comunità non ne è parte
contraente.
48 Inoltre, come la Corte ha già dichiarato, non risulta che, in forza
del Trattato CE, la Comunità abbia assunto le competenze precedentemente
esercitate dagli Stati membri nel campo d'applicazione della convenzione
Marpol 73/78, né, conseguentemente, che le disposizioni di quest'ultima
siano vincolanti per la Comunità (sentenza 14 luglio 1994, causa
C‑379/92, Peralta, Racc. pag. I‑3453, punto 16). A tale proposito,
quindi, la convenzione Marpol 73/78 si distingue dal GATT del 1947,
nell'ambito del quale la Comunità ha progressivamente assunto competenze
precedentemente esercitate dagli Stati membri, con la conseguenza che
gli impegni derivanti da tale accordo sono divenuti per essa vincolanti
(v., in questo senso, in particolare, sentenza International Fruit
Company e a., cit., punti 10-18). Pertanto, tale giurisprudenza relativa
al GATT del 1947 non può essere trasposta alla convenzione Marpol 73/78.
49 Vero è che tutti gli Stati membri della Comunità sono parti
contraenti della convenzione Marpol 73/78. Tuttavia, in mancanza di un
integrale trasferimento alla Comunità delle competenze precedentemente
esercitate dagli Stati membri, quest'ultima non può, per il semplice
fatto che tutti questi Stati sono parti contraenti della convenzione
Marpol 73/78, essere vincolata dalle norme in essa contenute, che la
Comunità non ha autonomamente approvato.
50 Posto che la Comunità non è vincolata dalla convenzione Marpol 73/78,
neanche la circostanza che la direttiva 2005/35 sia volta a incorporare
nel diritto comunitario talune norme contenute in quest'ultima è
sufficiente, di per sé, affinché la Corte sia tenuta a sindacare la
legittimità di tale direttiva alla luce della detta convenzione.
51 È vero che, come risulta da una giurisprudenza consolidata, le
competenze della Comunità devono essere esercitate nel rispetto del
diritto internazionale, comprese le disposizioni delle convenzioni
internazionali quando codificano norme consuetudinarie sancite dal
diritto internazionale generale (v., in questo senso, sentenze 24
novembre 1992, causa C‑286/90, Poulsen e Diva Navigation, Racc. pag.
I‑6019, punti 9 e 10; 24 novembre 1993, causa C‑405/92, Mondiet, Racc.
pag. I‑6133, punti 13-15, e 16 giugno 1998, causa C‑162/96, Racke, Racc.
pag. I‑3655, punto 45). Tuttavia, non risulta che le norme 9 e 11, lett.
b), dell'allegato I della convenzione Marpol 73/78, nonché 5 e 6, lett.
b), dell'allegato II di tale convenzione costituiscano espressione di
norme consuetudinarie sancite dal diritto internazionale generale.
52 Pertanto, è giocoforza constatare che la validità della direttiva
2005/35 non può essere valutata alla luce della convenzione Marpol
73/78, sebbene questa sia vincolante per gli Stati membri. Quest'ultima
circostanza, tuttavia, può produrre conseguenze sull'interpretazione, da
una parte, della convenzione di Montego Bay e, dall'altra, delle
disposizioni del diritto derivato che rientrano nell'ambito di
applicazione della convenzione Marpol 73/78. Infatti, alla luce del
principio consuetudinario della buona fede, che fa parte del diritto
internazionale generale, e dell'art. 10 CE, la Corte deve interpretare
tali disposizioni tenendo conto della convenzione Marpol 73/78.
53 In secondo luogo, per quanto riguarda la convenzione di Montego Bay,
essa è stata sottoscritta dalla Comunità e poi approvata con decisione
98/392, con la conseguenza che vincola la Comunità, e che le
disposizioni di tale convenzione, da quel momento, formano parte
integrante dell'ordinamento giuridico comunitario (v., sentenza 30
maggio 2006, causa C‑459/03, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑4635,
punto 82).
54 Occorre pertanto verificare se la natura e la struttura della
convenzione di Montego Bay, come emergono, in particolare, dalla
finalità, dal preambolo e dai termini di quest'ultima, non ostino
all'esame della validità degli atti comunitari alla luce delle
disposizioni di tale convenzione.
55 Lo scopo principale della convenzione di Montego Bay è quello di
codificare, precisare e sviluppare norme di diritto internazionale
generale relative alla pacifica cooperazione della comunità
internazionale nell'ambito dell'attività di esplorazione, di utilizzo e
di sfruttamento degli spazi marittimi.
56 A tal fine, secondo il preambolo di tale convenzione, le parti
contraenti hanno inteso stabilire, mediante quest'ultima, un ordinamento
giuridico per i mari e per gli oceani che faciliti la navigazione
internazionale, che tenga conto degli interessi e delle necessità di
tutta l'umanità e, in particolare, degli interessi e delle necessità
specifici dei paesi in via di sviluppo, e contribuisca al rafforzamento
della pace, della sicurezza, della cooperazione e delle relazioni
amichevoli tra tutte le nazioni.
57 In questa prospettiva, la convenzione di Montego Bay stabilisce i
regimi giuridici del mare territoriale (artt. 2-33), delle acque degli
stretti usati per la navigazione internazionale (artt. 34-45), delle
acque arcipelagiche (artt. 46-54), della zona economica esclusiva (artt.
55-75), della piattaforma continentale (artt. 76-85) e dell'alto mare
(artt. 86-120).
58 Per tutti questi spazi marittimi, tale convenzione mira a stabilire
un giusto equilibrio tra gli interessi degli Stati nella loro qualità di
Stati rivieraschi e gli interessi degli Stati nella loro qualità di
Stati di bandiera, interessi che possono essere contrapposti. A tale
proposito, le parti contraenti, come emerge da varie disposizioni della
detta convenzione, quali gli artt. 2, 33, 34, n. 2, 56 o 89, intendono
fissare i limiti materiali e territoriali dei loro rispettivi diritti
sovrani.
59 Al contrario, i singoli, in linea di principio, non godono di diritti
e di libertà autonome in forza della convenzione di Montego Bay. In
particolare, essi possono usufruire della libertà di navigazione
solamente se stabiliscono uno stretto rapporto tra la loro nave e uno
Stato che attribuisce a quest'ultima la sua nazionalità divenendo così
il suo Stato di bandiera. Tale rapporto deve essere costituito ai sensi
del diritto interno del detto Stato. A questo proposito, l'art. 91 di
detta convenzione precisa che ogni Stato stabilisce le condizioni che
regolamentano la concessione alle navi della sua nazionalità,
l'immatricolazione delle navi nel suo territorio e il diritto di battere
la sua bandiera, fermo restando che fra tale Stato e le dette navi deve
esistere un legame effettivo. Secondo l'art. 92, n. 1, della convenzione
di Montego Bay, le navi battono la bandiera di un solo Stato e non
possono cambiare bandiera durante una traversata o durante uno scalo in
un porto, a meno che non si verifichi un effettivo trasferimento di
proprietà o cambiamento di immatricolazione.
60 Quando una nave non è riconducibile ad uno Stato, né tale nave né le
persone che vi si trovano a bordo godono della libertà di navigazione. A
questo proposito, la convenzione di Montego Bay prevede, in particolare,
al suo art. 110, n. 1, che una nave da guerra che incrocia una nave
straniera nell'alto mare può legittimamente abbordarla se vi siano
fondati motivi per sospettare che la nave sia priva di nazionalità.
61 È vero che il tenore letterale di talune disposizioni della
convenzione di Montego Bay, quali i suoi artt. 17, 110, n. 3, e 111, n.
8, sembra attribuire diritti alle navi. Tuttavia, da ciò non discende
che tali diritti siano in questo modo conferiti ai singoli che hanno un
legame con dette navi, come i proprietari di queste ultime, poiché lo
status giuridico internazionale della nave dipende dallo Stato di
bandiera e non dall'appartenenza della nave a talune persone fisiche o
giuridiche.
62 Allo stesso modo, è lo Stato di bandiera che è obbligato, ai sensi
della detta convenzione, a adottare tutte le misure necessarie a
salvaguardare la sicurezza in mare e, di conseguenza, a tutelare gli
interessi degli altri Stati. Pertanto, tale Stato può anche essere
ritenuto responsabile, nei confronti degli altri Stati, dei danni
causati da navi battenti la sua bandiera agli spazi marini soggetti alla
sovranità di questi ultimi, quando tali danni siano la conseguenza di un
inadempimento dei propri obblighi da parte dello Stato di bandiera.
63 L'analisi che precede non è invalidata dalla circostanza che la parte
XI della convenzione di Montego Bay associ le persone fisiche e
giuridiche all'esplorazione, all'utilizzo e allo sfruttamento del fondo
del mare e del relativo sottosuolo al di là dei limiti della
giurisdizione nazionale, in quanto la causa in esame non riguarda
affatto le disposizioni di tale parte XI.
64 In tali circostanze, occorre dichiarare che la convenzione di Montego
Bay non stabilisce norme destinate ad applicarsi direttamente ed
immediatamente ai singoli né a conferire a questi ultimi diritti o
libertà che possano essere invocati nei confronti degli Stati,
indipendentemente dal comportamento dello Stato di bandiera della nave.
65 Ne risulta che la natura e la struttura della convenzione di Montego
Bay ostano a che la Corte possa valutare la validità di un atto
comunitario alla luce di tale convenzione.
66 Di conseguenza, le prime tre questioni devono essere risolte
dichiarando che la validità della direttiva 2005/35 non può essere
valutata:
- né alla luce della convenzione Marpol 73/78,
- né alla luce della convenzione di Montego Bay.
Sulla quarta questione
67 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se
l'art. 4 della direttiva 2005/35 sia invalido in quanto, utilizzando
l'espressione «negligenza grave», viola il principio generale della
certezza del diritto.
68 I ricorrenti nella causa principale e il governo ellenico ritengono
che l'art. 4 della direttiva 2005/35 violi il suddetto principio, in
forza del quale la normativa deve essere chiara e precisa, affinché i
singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi.
A loro parere, infatti, tale disposizione introduce, ai fini
dell'accertamento della responsabilità delle persone che causano
scarichi di sostanze inquinanti, il criterio della negligenza grave, che
non sarebbe in alcun modo definito dalla direttiva 2005/35 e che
risulterebbe quindi inficiato da carenza di chiarezza. Pertanto, le
persone interessate non potrebbero venire a conoscenza del livello di
severità della normativa alla quale sono soggette.
Giudizio della Corte
69 Il principio generale della certezza del diritto, che costituisce un
principio fondamentale del diritto comunitario, esige, segnatamente, che
la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere
senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza
(v. sentenze 14 aprile 2005, causa C‑110/03, Belgio/Commissione, Racc.
pag. I‑2801, punti 30, nonché IATA e ELFAA, cit., punto 68).
70 Inoltre, nell'obbligare gli Stati membri a considerare taluni
comportamenti come violazioni e a sanzionarli, l'art. 4 della direttiva
2005/35, in combinato disposto con l'art. 8 di quest'ultima, deve
altresì rispettare il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum
crimen, nulla poena sine lege), che fa parte dei principi generali del
diritto alla base delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri (v. sentenza 3 maggio 2007, causa C‑303/05, Advocaten voor de
Wereld, Racc. pag. I‑3633, punto 49) e che rappresenta una particolare
espressione del principio generale della certezza del diritto.
71 Il principio della legalità dei reati e delle pene implica che le
disposizioni comunitarie definiscano chiaramente i reati e le pene che
li reprimono. Questa condizione è soddisfatta quando il soggetto di
diritto può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e,
se del caso, con l'aiuto dell'interpretazione che ne sia stata fatta dai
giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua
responsabilità penale (v., in particolare, sentenza Advocaten voor de
Wereld, cit., punto 50, nonché Corte eur. D.U., sentenza 22 giugno 2000,
Coëme e a. c. Belgio, Recueil des arrêts e décisions 2000‑VII, § 145).
72 È vero che l'art. 4 della direttiva 2005/35, in combinato disposto
con l'art. 8 della stessa, obbliga gli Stati membri a punire gli
scarichi di sostanze inquinanti dalle navi se effettuati
«intenzionalmente, temerariamente o per negligenza grave», senza
peraltro definire tali nozioni.
73 Occorre tuttavia sottolineare, innanzi tutto, che tali diverse
nozioni, in particolare quella di «negligenza grave», oggetto delle
questioni sollevate, corrispondono a criteri relativi al sorgere della
responsabilità idonei ad applicarsi ad un numero indefinito di
situazioni che risulta impossibile tipizzare a priori, e non a
comportamenti precisi, suscettibili di essere dettagliatamente descritti
in un atto normativo di diritto comunitario o di diritto nazionale.
74 Inoltre, si deve constatare che tali nozioni sono pienamente
integrate ed utilizzate nei rispettivi sistemi giuridici degli Stati
membri.
75 Tutti questi sistemi ricorrono segnatamente alla nozione di
negligenza, che si riferisce a un'azione o un'omissione involontaria
mediante la quale il soggetto responsabile viola il suo obbligo di
diligenza.
76 Inoltre, come previsto da numerosi sistemi giuridici nazionali, la
nozione di negligenza «grave» può riguardare solamente una violazione
qualificata di un siffatto obbligo di diligenza.
77 Pertanto, la nozione di «negligenza grave» ai sensi dell'art. 4 della
direttiva 2005/35 deve essere intesa nel senso che implica un'azione o
un'omissione involontaria mediante la quale il responsabile viola, in
maniera qualificata, l'obbligo di diligenza che avrebbe dovuto e potuto
rispettare alla luce delle sue qualità, conoscenze, capacità nonché
della sua situazione soggettiva.
78 Infine, in conformità all'art. 249 CE, la direttiva 2005/35 deve
essere trasposta dagli Stati membri nei loro rispettivi ordinamenti
giuridici. Pertanto, la definizione stessa delle violazioni di cui
all'art. 4 di tale direttiva e le sanzioni applicabili sono quelle che
risultano dalle disposizioni emanate dagli Stati membri.
79 Tenuto conto di quanto precede, l'art. 4 della direttiva 2005/35, in
combinato disposto con l'art. 8 della stessa, non viola il principio
generale di certezza del diritto quando impone agli Stati membri di
punire gli scarichi di sostanze inquinanti dalle navi effettuati per
«negligenza grave», senza definire tale nozione.
80 Ne consegue che dall'esame della quarta questione non è emerso alcun
elemento atto ad inficiare la validità dell'art. 4 della direttiva
2005/35 riguardo al principio generale della certezza del diritto.
Sulle spese
81 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) La validità della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7
settembre 2005, 2005/35/CE, relativa all'inquinamento provocato dalle
navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni, non può essere
valutata:
- né alla luce della convenzione internazionale per la prevenzione
dell'inquinamento causato da navi, firmata a Londra il 2 novembre 1973,
come completata dal protocollo del 17 febbraio 1978;
- né alla luce della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982.
2) Dall'esame della quarta questione non è emerso alcun elemento atto ad
inficiare la validità dell'art. 4 della direttiva 2005/35 riguardo al
principio generale della certezza del diritto.
Firme
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