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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. II, 06/11/2008, causa C‑381/07
INQUINAMENTO IDRICO - ACQUA - Inquinamento dell'ambiente idrico -
Sostanze pericolose - Scarichi - Autorizzazione preventiva - Fissazione di
norme di emissione - Regime dichiarativo - Piscicolture - Art. 6, Dir.
2006/11/CE. L'art. 6 della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 15 febbraio 2006, 2006/11/CE, concernente l'inquinamento provocato
da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità,
non può essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri,
una volta che siano stati adottati, in applicazione di tale articolo,
programmi di riduzione dell'inquinamento delle acque comprendenti standard
di qualità ambientale, di istituire, per taluni impianti ritenuti
scarsamente inquinanti, un regime dichiarativo cui si accompagni un richiamo
di tali prescrizioni e un diritto, a favore dell'autorità amministrativa, di
opporsi all'apertura di un'azienda o d'imporre valori limite per lo scarico
specifici per l'impianto interessato. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA'
EUROPEE, Sez. II, 06/11/2008, causa C‑381/07
www.AmbienteDiritto.it
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
6 novembre 2008 (*)
«Inquinamento dell'ambiente idrico - Direttiva 2006/11/CE - Art. 6 -
Sostanze pericolose - Scarichi - Autorizzazione preventiva - Fissazione
di norme di emissione - Regime dichiarativo - Piscicolture»
Nel procedimento C‑381/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Conseil d'État (Francia), con
decisione 4 giugno 2007, pervenuta in cancelleria l'8 agosto 2007, nella
causa
Association nationale pour la protection des eaux et rivières - TOS
contro
Ministère de l'Écologie, du Développement et de l'Aménagement durables,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg.
J.‑C. Bonichot, J. Makarczyk, P. Kūris (relatore) e L. Bay Larsen,
giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione
orale del 26 giugno 2008,
considerate le osservazioni presentate:
- per l'Association nationale pour la protection des eaux e rivières -
TOS, dal sig. P. Jeanson, vice-presidente di tale associazione;
- per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.‑L.
During, in qualità di agenti;
- per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di
agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;
- per il governo olandese, dal sig. M. de Grave, in qualità di agente;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra S. Pardo
Quintillán e dal sig. J.‑B. Laignelot, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione
dell'art. 6 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15
febbraio 2006, 2006/11/CE, concernente l'inquinamento provocato da certe
sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità (GU L
64, pag. 52).
2 Tale domanda è stata sollevata dal Conseil d'État nell'ambito di
ricorsi per eccesso di potere proposti dall'Association nationale pour
la protection des eaux et rivières - TOS diretti ad ottenere
l'annullamento, in particolare, del decreto 17 luglio 2006, n. 2006-881,
che modifica il decreto 29 marzo 1993, n. 93‑743, relativo alla
nomenclatura delle operazioni soggette ad autorizzazione o a
dichiarazione in applicazione dell'art. 10 della legge 3 gennaio 1992,
n. 92‑3, sulle acque, e il decreto 29 aprile 1994, n. 94‑354, relativo
alle aree di ripartizione delle acque (JORF del 18 luglio 2006, pag.
10786), nonché del decreto 27 luglio 2006, n. 2006‑942, che modifica la
nomenclatura degli impianti classificati (JORF del 29 luglio 2006, pag.
11336).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 La direttiva 2006/11 che, conformemente all'art. 1, lett. a), si
applica in particolare alle acque interne superficiali, ossia, ai sensi
dell'art. 2, lett. a), a «tutte le acque dolci superficiali correnti o
stagnanti situate sul territorio di uno o più Stati membri», ai suoi
sesto, settimo e ottavo ‘considerando' enuncia quanto segue:
«(6) Per garantire una protezione efficace dell'ambiente idrico della
Comunità, è necessario stabilire un primo elenco, detto elenco I,
contenente un certo numero di sostanze singole, scelte soprattutto in
base alla loro tossicità, alla loro persistenza e alla loro capacità di
bioaccumulo, escluse le sostanze che sono biologicamente innocue o che
si trasformano rapidamente in sostanze biologicamente innocue, nonché un
secondo elenco, detto elenco II, contenente sostanze che hanno
sull'ambiente idrico un effetto nocivo che può essere tuttavia limitato
ad una determinata zona e che dipende dalle caratteristiche delle acque
di ricevimento e dalla loro localizzazione. Qualsiasi scarico di tali
sostanze dovrebbe essere soggetto ad un'autorizzazione preliminare che
ne fissi le norme di emissione.
(7) Occorre eliminare l'inquinamento causato dallo scarico delle varie
sostanze pericolose dell'elenco I (…).
(8) È necessario ridurre l'inquinamento delle acque provocato dalle
sostanze dell'elenco II. A tale scopo, gli Stati membri dovrebbero
adottare programmi comprendenti standard di qualità ambientale per le
acque, stabiliti nel rispetto delle direttive del Consiglio quando esse
esistono. Le norme di emissione applicabili a dette sostanze dovrebbero
essere calcolate in funzione di tali standard di qualità ambientale».
4 L'art. 3 della direttiva 2006/11 dispone quanto segue:
«Gli Stati membri prendono i provvedimenti atti a eliminare
l'inquinamento delle acque di cui all'articolo 1 provocato dalle
sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze
contenuti nell'elenco I dell'allegato I (di seguito: “sostanze
dell'elenco I”), nonché a ridurre l'inquinamento di tali acque provocato
dalle sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di
sostanze contenuti nell'elenco II dell'allegato I (di seguito: “sostanze
dell'elenco II”), a norma della presente direttiva».
5 Ai sensi dell'art. 6 della direttiva 2006/11, il cui tenore letterale
è identico a quello dell'art. 7 della direttiva del Consiglio 4 maggio
1976, 76/464/CEE, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità (GU L 129, pag.
23), che è stata abrogata dalla direttiva 2006/11:
«1. Per ridurre l'inquinamento delle acque di cui all'articolo 1
provocato dalle sostanze dell'elenco II, gli Stati membri stabiliscono
programmi per la cui attuazione ricorrono in particolare ai mezzi
previsti dai paragrafi 2 e 3.
2. Qualsiasi scarico nelle acque di cui all'articolo 1 che potrebbe
contenere una delle sostanze dell'elenco II è soggetto ad autorizzazione
preventiva, rilasciata dall'autorità competente dello Stato membro
interessato, che ne fissi le norme di emissione. Tali norme vanno
fissate in funzione degli standard di qualità ambientale stabiliti a
norma del paragrafo 3.
3. I programmi di cui al paragrafo 1 contengono standard di qualità
ambientale per le acque, stabiliti nel rispetto delle direttive del
Consiglio quando esse esistono.
(…)».
6 L'elenco II delle famiglie e dei gruppi di sostanze di cui
all'allegato I della direttiva 2006/11, previsto dagli artt. 3 e 6 di
quest'ultima, menziona al n. 8 le sostanze che esercitano un'influenza
sfavorevole sul bilancio di ossigeno, in particolare l'ammoniaca e i
nitriti.
7 La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000,
2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia
di acque (GU L 327, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva quadro sulle
acque»), precedente alla direttiva 2006/11, ma le cui disposizioni si
sostituiranno a quelle di quest'ultima a decorrere dal 22 dicembre 2013,
conformemente all'art. 22, n. 2, della direttiva quadro sulle acque,
all'art. 11 enuncia quanto segue:
«1. Per ciascun distretto idrografico o parte di distretto idrografico
internazionale compreso nel suo territorio, ciascuno Stato membro
prepara un programma di misure, che tiene conto dei risultati delle
analisi prescritte dall'articolo 5, allo scopo di realizzare gli
obiettivi di cui all'articolo 4 (…).
2. Ciascun programma annovera le “misure di base” indicate al paragrafo
3 e, ove necessario, “misure supplementari”.
3. Con l'espressione “misure di base” si intendono i requisiti minimi
del programma, in particolare:
(…)
g) per gli scarichi da origini puntuali che possono provocare
inquinamento, l'obbligo di una disciplina preventiva, come il divieto di
introdurre inquinanti nell'acqua, o un obbligo di autorizzazione
preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, che
stabiliscono controlli delle emissioni per gli inquinanti in questione,
compresi i controlli a norma dell'articolo 10 e dell'articolo 16 (…).
(…)».
8 L'art. 22, n. 3, lett. b), della direttiva quadro sulle acque contiene
la seguente disposizione transitoria:
«ai fini dell'articolo 7 della direttiva 76/464/CEE, gli Stati membri
possono applicare i principi previsti nella presente direttiva per
individuare i problemi relativi all'inquinamento e le sostanze che li
provocano, istituire standard di qualità e adottare misure».
La normativa nazionale
9 Al titolo «Acqua e ambienti idrici», le disposizioni del codice
dell'ambiente, relative alle procedure di autorizzazione o dichiarazione
di impianti, opere, lavori ed attività, sono intese, in base all'art. L.
211-1 di tale codice, a consentire una gestione equilibrata e durevole
delle risorse idriche volta a garantire, tra l'altro, la tutela delle
acque e la lotta contro ogni tipo di inquinamento. L'art. L. 211-2 del
codice dell'ambiente prevede in particolare che le regole generali di
preservazione della qualità e di ripartizione delle acque superficiali
siano stabilite con decreto emanato secondo la procedura del Conseil d'État.
Conformemente a tale articolo, queste regole generali fissano in
particolare le norme di qualità e le misure necessarie al ripristino e
alla preservazione di tale qualità, le condizioni in cui possono essere
vietati o disciplinati gli scarichi, gli scoli, i rigetti, i depositi
diretti o indiretti di materiali e, più in generale, qualunque fatto
idoneo ad alterare la qualità delle acque e dell'ambiente idrico, così
come le condizioni in cui possono essere prescritte le misure necessarie
per preservare tale qualità. A completamento di queste regole generali,
disposizioni nazionali o disposizioni che riguardano specificamente
talune parti del territorio sono altresì stabilite con decreto emanato
secondo la procedura del Conseil d'État, ai sensi dell'art. L. 211‑3
dello stesso codice.
10 L'art. L. 214-1 del codice dell'ambiente dispone quanto segue:
«Sono soggetti alle disposizioni degli artt. da L. 214‑2 a L. 214‑6 gli
impianti non menzionati nella nomenclatura degli impianti classificati,
le opere, i lavori e le attività realizzati a scopi non domestici da
qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che comportano
(…) scarichi, scoli, rigetti o depositi diretti o indiretti, cronici o
episodici, anche non inquinanti».
11 Ai sensi dell'art. L. 214‑2, primo comma, del codice dell'ambiente:
«Gli impianti, le opere, i lavori e le attività di cui all'art. L. 214-1
sono definiti in una nomenclatura, stabilita con decreto emanato secondo
la procedura del Conseil d'État su parere del Comité national de l'eau
(comitato nazionale francese per l'acqua), e sottoposti ad
autorizzazione o dichiarazione a seconda dei pericoli che essi
presentano e della gravità dei loro effetti sulle risorse idriche e gli
ecosistemi acquatici, tenuto conto in particolare dell'esistenza di zone
e delimitazioni perimetrali istituite per la tutela dell'acqua e degli
ambienti idrici».
12 L'art. L. 214‑3 del codice dell'ambiente prevede:
«I. Sono soggetti ad autorizzazione dell'autorità amministrativa gli
impianti, le opere, i lavori e le attività tali da presentare pericoli
per la salute e la sicurezza pubblica, nuocere al libero scorrimento
delle acque, ridurre le risorse idriche, accrescere significativamente
il rischio di inondazioni, arrecare grave danno alla qualità o alla
diversità dell'ambiente idrico, segnatamente al popolamento ittico.
(…)
II. Sono soggetti a dichiarazione gli impianti, le opere, i lavori e le
attività che, non essendo tali da presentare detti pericoli, devono
tuttavia rispettare le misure adottate in applicazione degli artt. L.
211-2 e L. 211-3.
Entro un termine stabilito con decreto emanato secondo la procedura del
Conseil d'État, l'autorità amministrativa può opporsi all'operazione
progettata se risulta che essa è incompatibile con le disposizioni dello
schema generale di regolazione e di gestione delle acque o dello schema
di regolazione e di gestione delle acque, o reca agli interessi di cui
all'art. L. 211‑1 un pregiudizio di gravità tale che nessuna misura
permetterebbe di rimediarvi. I lavori non possono cominciare prima della
scadenza di tale termine.
Anche se il rispetto degli interessi menzionati all'art. L. 211-1 non è
garantito dall'attuazione delle misure adottate in applicazione degli
artt. L. 211‑2 e L. 211‑3, l'autorità amministrativa può, in qualunque
momento, imporre con decreto tutte le misure particolari necessarie.
(…)».
13 Gli artt. da R. 214‑32 a R. 214‑40 del codice dell'ambiente
contengono le disposizioni applicabili alle operazioni soggette a
dichiarazione. La dichiarazione deve essere indirizzata, in base al
primo di questi articoli, al prefetto del dipartimento o dei
dipartimenti interessati, il quale, entro quindici giorni successivi al
ricevimento della dichiarazione, invia al dichiarante, in applicazione
dell'art. R. 214‑33 dello stesso codice, quando la dichiarazione è
incompleta, un avviso di ricezione che indica i documenti o le
informazioni mancanti o, quando la dichiarazione è completa, una
ricevuta di dichiarazione che indica sia la data in cui l'operazione
progettata, in mancanza di opposizione, potrà essere effettuata, sia la
mancanza di opposizione che consente di compiere subito tale operazione.
La stessa disposizione prevede che tale ricevuta sia accompagnata, ove
necessario, da una copia delle prescrizioni generali applicabili. Il
termine concesso al prefetto per consentirgli di opporsi ad
un'operazione soggetta a dichiarazione è di due mesi, in base all'art.
R. 214‑35 del detto codice, a decorrere dal ricevimento di una
dichiarazione completa.
14 Secondo l'art. R. 214-38 del codice dell'ambiente, gli impianti, le
opere, i lavori o le attività interessati devono essere installati,
realizzati e gestiti conformemente al fascicolo di dichiarazione e, se
del caso, alle prescrizioni specifiche menzionate agli artt. R. 214‑35 e
R. 214‑39 di tale codice. Quest'ultimo articolo prevede che la modifica
delle prescrizioni applicabili ad un impianto possa essere domandata dal
dichiarante al prefetto, il quale statuisce con decreto, e che essa
possa anche essere imposta dal prefetto sulla base dell'art. L. 214‑33,
II, terzo comma, del detto codice. Inoltre, l'art. R. 214‑40 dello
stesso codice dispone che qualunque modifica apportata dal dichiarante
al progetto dichiarato e tale da comportare un notevole cambiamento
degli elementi del fascicolo di dichiarazione iniziale prima della sua
attuazione deve essere portata a conoscenza del prefetto, il quale può
richiedere una nuova dichiarazione, soggetta alle stesse formalità della
dichiarazione iniziale.
15 Il decreto n. 2006-881, di cui è chiesto l'annullamento nella causa
principale, ha realizzato una rifusione della nomenclatura prevista
dall'art. L. 214‑2, n. 1, del codice dell'ambiente, che compare
nell'allegato dell'art. R. 214‑1 di tale codice sotto il titolo
«Nomenclatura delle operazioni soggette ad autorizzazione o a
dichiarazione in applicazione degli artt. da L. 214‑1 a L. 214‑3 del
codice dell'ambiente». Secondo la rubrica 3.2.7.0 di detta nomenclatura,
come modificata, gli allevamenti ittici di acqua dolce (in prosieguo:
gli «allevamenti ittici») rientrano ormai, a titolo di polizia delle
acque, nella procedura di dichiarazione, mentre prima erano soggetti ad
autorizzazione o a dichiarazione a seconda che dessero luogo a uno
studio o ad una nota d'impatto.
16 Peraltro, in applicazione dell'art. L. 511‑1 del codice
dell'ambiente, sono soggetti alle disposizioni di tale codice, relative
agli impianti classificati per la tutela dell'ambiente, gli impianti che
possono presentare pericoli o inconvenienti, vuoi in particolare per la
salute, la sicurezza e la salubrità pubbliche, vuoi per l'agricoltura,
vuoi per la tutela della natura e dell'ambiente. Conformemente all'art.
L. 511-2 di questo stesso codice, tali impianti sono definiti nella
nomenclatura degli impianti classificati che li sottopone ad
autorizzazione del prefetto o a dichiarazione a seconda della gravità
dei pericoli o degli inconvenienti che può comportare la loro gestione.
17 Il decreto n. 2006-942, di cui, parimenti, è chiesto l'annullamento
nella causa principale, ha modificato tale nomenclatura. Ne risulta che
gli allevamenti ittici sono ormai soggetti ad autorizzazione, a titolo
della polizia degli impianti classificati per la tutela dell'ambiente,
solo qualora la loro capacità di produzione annua sia superiore a 20
tonnellate.
Causa principale e questione pregiudiziale
18 L'Association nationale pour la protection des eaux et rivières - TOS
afferma, a sostegno dei ricorsi di annullamento dei decreti nn. 2006‑881
e 2006‑942 dinanzi al Conseil d'État, che questi ultimi violano le
disposizioni dell'art. 6 della direttiva 2006/11.
19 Dopo aver rilevato che gli scarichi degli allevamenti ittici
contengono ammoniaca e nitriti, sostanze rientranti nell'elenco II, e
che l'art. 6 della direttiva 2006/11 assoggetta gli scarichi che
potrebbero contenere tali sostanze ad autorizzazione preventiva che ne
fissa le norme di emissione, il giudice del rinvio constata nella sua
decisione che, ad eccezione di quelli la cui capacità di produzione
annua è superiore a 20 tonnellate, soggetti ad autorizzazione in base
alla legislazione relativa agli impianti classificati per la tutela
dell'ambiente, gli allevamenti ittici in quanto tali sono soggetti
soltanto ad un regime dichiarativo.
20 Tuttavia il giudice del rinvio afferma che tale regime, tenuto conto
del carattere ritenuto scarsamente inquinante degli impianti di
piscicoltura, si basa su un obiettivo di semplificazione delle procedure
amministrative e di migliore assegnazione dei mezzi di controllo. Egli
rileva che il prefetto, nell'ambito di tale regime, dispone di un
diritto di opposizione ai lavori, i quali possono avere inizio solo dopo
che sia trascorso un termine di due mesi, e ove non si opponga può
fissare prescrizioni tecniche per proteggere gli interessi di cui
all'art. L. 211‑1 del codice dell'ambiente, in particolare fissando i
valori limite di emissione di sostanze inquinanti. Egli considera che,
in tale contesto, presenta serie difficoltà la questione se l'art. 6
della direttiva 2006/11 possa essere interpretato nel senso che esso
consente agli Stati membri di istituire tale regime.
21 Da ciò consegue che il Conseil d'État ha deciso di sospendere il
procedimento riguardo alle conclusioni del ricorso di annullamento
presentato contro il decreto n. 2006‑881, nella parte in cui esso
assoggetta gli allevamenti ittici ad un regime dichiarativo a titolo
della polizia delle acque, nonché riguardo al ricorso di annullamento
del decreto n. 2006/942, e di sottoporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:
«Se l'art. 6 della direttiva 2006/11 (…) possa essere interpretato nel
senso che esso consente agli Stati membri, una volta che siano stati
adottati, in applicazione di detto articolo, programmi di riduzione
dell'inquinamento delle acque comprendenti standard di qualità
ambientale, di istituire, per impianti ritenuti scarsamente inquinanti,
un regime dichiarativo cui si accompagni un richiamo di tali
prescrizioni e un diritto, a favore dell'autorità amministrativa, di
opporsi all'apertura di un'azienda o d'imporre valori limite per lo
scarico specifici per l'impianto interessato».
Sulla questione pregiudiziale
22 Per risolvere la questione sottoposta occorre rilevare, in primo
luogo, che la direttiva 2006/11 non è diretta a subordinare l'apertura
di aziende che potrebbero scaricare sostanze pericolose nell'ambiente
idrico ad un regime particolare, di autorizzazione o di dichiarazione in
funzione delle caratteristiche delle dette aziende. Essa è volta invece,
come risulta in particolare dai suoi ‘considerando', dal sesto
all'ottavo, nonché dall'art. 3, ad eliminare l'inquinamento delle acque
che rientrano nel suo ambito di applicazione provocato dalle sostanze
contenute nell'elenco I, e a ridurre l'inquinamento delle stesse acque
provocato dalle sostanze dell'elenco II, come l'ammoniaca e i nitriti.
La direttiva 2006/11 non intende, quindi, obbligare gli Stati membri ad
adottare misure applicabili specificamente a determinate aziende o
impianti in quanto tali, ma impone loro di adottare le misure idonee ad
eliminare o a ridurre l'inquinamento delle acque provocato dagli
scarichi che potrebbero contenere sostanze pericolose a seconda della
natura di queste ultime.
23 Pertanto, al fine di ridurre l'inquinamento delle acque provocato
dalle sostanze dell'elenco II, l'art. 6 della direttiva 2006/11 dispone
in particolare che gli Stati membri stabiliscono programmi che prevedono
standard di qualità ambientale per le acque, stabiliti nel rispetto
delle direttive del Consiglio quando esse esistono. Per l'attuazione di
tali programmi il detto art. 6 prevede, al n. 2, che qualsiasi scarico
nelle acque di cui all'art. 1 della stessa direttiva, che potrebbe
contenere una di queste sostanze, sia soggetto ad autorizzazione
preventiva rilasciata dall'autorità competente dello Stato membro
interessato, che ne fissa le norme di emissione da stabilirsi in
funzione degli standard di qualità ambientale.
24 In secondo luogo occorre sottolineare che la direttiva 2006/11 non
prevede alcuna eccezione alla norma contenuta nell'art. 6, n. 2.
Pertanto, per i motivi esposti al punto 22 della presente sentenza, tale
disposizione non pone distinzioni a seconda delle caratteristiche degli
impianti da cui provengono gli scarichi e, in particolare, a seconda che
tali impianti siano ritenuti molto inquinanti o scarsamente inquinanti.
Essa non pone nemmeno distinzioni a seconda dell'entità degli scarichi.
Pertanto un regime dichiarativo come quello descritto nella questione
sottoposta dal giudice del rinvio potrebbe essere considerato consentito
dall'art. 6 della direttiva 2006/11 solo nel caso in cui imponga
all'autorità amministrativa competente di adottare per tutti gli
scarichi una decisione che può essere considerata valere come
autorizzazione preventiva ai sensi di tale articolo.
25 Orbene, oltre al fatto che l'autorizzazione prevista dall'art. 6, n.
2, della direttiva 2006/11 deve essere preventiva a qualunque scarico
che può contenere una delle sostanze comprese nell'elenco II, deve
fissare le norme di emissione che sono calcolate in funzione degli
standard di qualità ambientale definiti in un programma stabilito dallo
Stato membro conformemente ai nn. 1 e 3 dello stesso articolo.
D'altronde la Corte ha avuto più volte modo di affermare che dall'art.
7, n. 2, della direttiva 76/464, il cui tenore letterale era identico a
quello dell'art. 6, n. 2, della direttiva 2006/11, risultava che le
autorizzazioni dovevano contenere norme di emissione applicabili agli
scarichi individuali autorizzati e calcolate in funzione degli obiettivi
di qualità previamente stabiliti in un programma, ai sensi del n. 1 del
detto art. 7, diretto a proteggere le acque degli specchi e dei corsi
d'acqua in questione (v., in particolare, sentenza 2 giugno 2005, causa
C‑282/02, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑4653, punto 68, e la
giurisprudenza ivi citata). La Corte ha anche precisato, riguardo allo
stesso art. 7, n. 2, che le norme di emissione fissate nelle
autorizzazioni preventive devono essere calcolate in funzione degli
obiettivi di qualità stabiliti in tale programma in base all'esame delle
acque di ricevimento (v. sentenza 25 maggio 2000, causa C‑384/97,
Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑3823, punto 41).
26 Ne consegue che un'autorizzazione preventiva ai sensi dell'art. 6, n.
2, della direttiva 2006/11 implica un esame caso per caso di tutte le
domande presentate a tale scopo e non può essere tacita (v., per quanto
riguarda in particolare l'art. 7 della direttiva 76/464, sentenza 14
giugno 2001, causa C‑230/00, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑4591,
punto 16).
27 Infatti, da un lato, un esame preventivo e specifico di qualunque
scarico programmato che potrebbe contenere sostanze dell'elenco II è
necessario ai fini dell'attuazione dei programmi di riduzione
dell'inquinamento delle acque stabiliti dagli Stati membri conformemente
all'art. 6, n. 1, della direttiva 2006/11, in base al quale
l'assoggettamento di qualsiasi scarico di questo tipo ad
un'autorizzazione preventiva costituisce uno dei modi di attuazione di
tali programmi. Un esame siffatto è necessario anche per fissare in
qualunque caso di scarico autorizzato le norme di emissione determinate
in funzione degli standard di qualità ambientale previsti in tali
programmi e diretti a ridurre gli scarichi contenenti una o più sostanze
dell'elenco II. Tale esame richiede inoltre una valutazione dello stato
concreto delle acque di ricevimento che deve essere preso in
considerazione per determinare le norme di emissione. Dall'altro lato,
un'autorizzazione tacita non può essere compatibile con l'esigenza di
fissare nell'autorizzazione preventiva norme di emissione stabilite in
base alle modalità summenzionate.
28 Alla luce delle suesposte considerazioni, un regime dichiarativo come
quello nella causa principale, cui si accompagni un richiamo degli
standard di qualità ambientale previsti nei programmi di riduzione
dell'inquinamento delle acque e un diritto, a favore dell'autorità
amministrativa, di opporsi all'apertura di un'azienda o d'imporre valori
limite per lo scarico specifici per l'impianto interessato, non può
soddisfare i requisiti summenzionati dell'art. 6 della direttiva
2006/11, poiché esso non garantisce che tutti gli scarichi che possono
contenere una sostanza dell'elenco II diano preventivamente luogo ad un
esame specifico che conduce alla fissazione delle rispettive norme di
emissione determinate in funzione degli standard di qualità ambientale
applicabili e dello stato concreto delle acque di ricevimento. Un regime
siffatto non impone, quindi, all'autorità amministrativa competente di
adottare una decisione che può essere qualificata come autorizzazione
preventiva ai sensi dell'art. 6, n. 2, della direttiva 2006/11.
29 Inoltre, né l'esistenza di regole generali di preservazione della
qualità delle acque superficiali o di disposizioni nazionali o speciali
di talune parti del territorio, come quelle previste dagli artt. L.
211‑2 e L. 211‑3 del codice dell'ambiente e al pari delle disposizioni
applicabili agli allevamenti ittici stabilite con decreto adottato il 1°
aprile 2008, secondo le indicazioni fornite in udienza, anche corredate
di sanzioni, né la comunicazione al dichiarante di una copia delle
prescrizioni generali applicabili come quella imposta dall'art. R.
214-33 dello stesso codice, possono supplire alla mancata fissazione di
norme di emissione applicabili agli scarichi individuali determinate in
funzione degli standard di qualità ambientale stabiliti e dello stato
concreto delle acque di ricevimento.
30 Di conseguenza, contrariamente a quanto affermato dal governo
francese, un regime dichiarativo come quello in questione nella causa
principale non è corredato di disposizioni che possono assimilarlo in
pratica ad un regime di autorizzazione semplificato che soddisfa i
requisiti stabiliti nell'art. 6 della direttiva 2006/11.
31 Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che,
contrariamente a quanto sostenuto dai governi francese, italiano e dei
Paesi Bassi nelle loro osservazioni scritte e orali, un regime
dichiarativo come quello in questione nella causa principale, cui si
accompagni un diritto di opposizione, anche se si basa su un obiettivo
di semplificazione delle procedure amministrative e di migliore
assegnazione dei mezzi di controllo, non può essere considerato
equivalente al regime di autorizzazione preventiva di cui all'art. 6
della direttiva 2006/11.
32 Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall'argomento
avanzato dal governo dei Paesi Bassi in udienza e sostenuto anche dal
governo francese, relativo alla direttiva quadro sulle acque.
33 E' vero che gli Stati membri d'ora in poi possono applicare, in base
alla disposizione transitoria di cui all'art. 22, n. 3, lett. b), della
direttiva quadro sulle acque, ai fini dell'art. 6 della direttiva
2006/11, «i principi previsti nella [direttiva quadro sulle acque] per
individuare i problemi relativi all'inquinamento e le sostanze che li
provocano, istituire standard di qualità e adottare misure». In
particolare, come ricordato dalla Commissione delle Comunità europee in
udienza, l'art. 11, n. 3, lett. g), della direttiva quadro sulle acque,
consente, per gli scarichi da origini puntuali che possono provocare
inquinamento, l'adozione in particolare di un regime di registrazione e
non impone quindi necessariamente un regime di autorizzazione
preventiva.
34 Tuttavia, tale regime di registrazione è concepibile, anche a titolo
transitorio, solo nell'ambito dell'attuazione della direttiva quadro
sulle acque. Orbene, il detto regime di registrazione non può essere
applicato indipendentemente da altre misure previste da tale direttiva -
la cui esistenza nel contesto della causa principale non risulta né
dalla decisione di rinvio né dalle osservazioni presentate dal governo
francese - e presuppone in particolare, come risulta dall'art. 11 di
questa stessa direttiva, la previa identificazione di distretti
idrografici, la realizzazione di analisi per ciascuno di essi, nonché
l'elaborazione di un programma di misure, tenuto conto dei risultati di
tali analisi, come anche la definizione dei controlli delle emissioni
per gli inquinanti in questione.
35 Da quanto sopra discende che occorre risolvere la questione
sottoposta dichiarando che l'art. 6 della direttiva 2006/11 non può
essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri, una
volta che siano stati adottati, in applicazione di tale articolo,
programmi di riduzione dell'inquinamento delle acque comprendenti
standard di qualità ambientale, di istituire, per taluni impianti
ritenuti scarsamente inquinanti, un regime dichiarativo cui si
accompagni un richiamo di tali prescrizioni e un diritto, a favore
dell'autorità amministrativa, di opporsi all'apertura di un'azienda o
d'imporre valori limite per lo scarico specifici per l'impianto
interessato.
Sulle spese
36 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del
rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L'art. 6 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15
febbraio 2006, 2006/11/CE, concernente l'inquinamento provocato da certe
sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità, non
può essere interpretato nel senso che esso consente agli Stati membri,
una volta che siano stati adottati, in applicazione di tale articolo,
programmi di riduzione dell'inquinamento delle acque comprendenti
standard di qualità ambientale, di istituire, per taluni impianti
ritenuti scarsamente inquinanti, un regime dichiarativo cui si
accompagni un richiamo di tali prescrizioni e un diritto, a favore
dell'autorità amministrativa, di opporsi all'apertura di un'azienda o
d'imporre valori limite per lo scarico specifici per l'impianto
interessato.
Firme
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