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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 17/07/2008, Proc. C-389/05
AGRICOLTURA - Centro di inseminazione artificiale dei bovini - Normativa
nazionale che attribuisce a centri riconosciuti il diritto esclusivo di
fornire il servizio di inseminazione artificiale dei bovini in un
determinato territorio e che subordina il rilascio delle licenze di
inseminatore alla stipula di una convenzione con uno di questi centri -
Libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi - Polizia sanitaria
- Inadempimento di uno Stato - Artt. 43 CE e 49 CE Direttiva 77/504 e succ.
mod.. Riservando il diritto di fornire il servizio di inseminazione
artificiale dei bovini a centri di inseminazione artificiale riconosciuti,
beneficiari di un’esclusiva geografica, nonché ai titolari di una licenza di
inseminatore il cui rilascio è subordinato alla stipula di una convenzione
con uno di tali centri, la Repubblica francese ha violato gli obblighi ad
essa incombenti in forza degli artt. 43 CE e 49 CE. CORTE DI GIUSTIZIA
DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 17/07/2008, Proc. C-389/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
17 luglio 2008 (*)
«Inadempimento di uno Stato - Artt. 43 CE e 49 CE - Libertà di
stabilimento e libera prestazione dei servizi - Polizia sanitaria -
Centro di inseminazione artificiale dei bovini - Normativa nazionale che
attribuisce a centri riconosciuti il diritto esclusivo di fornire il
servizio di inseminazione artificiale dei bovini in un determinato
territorio e che subordina il rilascio delle licenze di inseminatore
alla stipula di una convenzione con uno di questi centri»
Nella causa C‑389/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 27 ottobre 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Bordes e
E. Traversa, in qualità di agenti,
ricorrente,
contro
Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues, dalla sig.ra
A. Colomb e dal sig. G. Le Bras, in qualità di agenti,
convenuta,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. G.
Arestis, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, e dai sigg. E. Juhász
(relatore) e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3
maggio 2007,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 3 aprile 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede che la
Corte voglia constatare che, riservando l’esercizio delle attività
connesse all’inseminazione artificiale dei bovini ai soli centri di
inseminazione riconosciuti in Francia e, in particolare, istituendo un
regime generale di esclusiva geografica a vantaggio di tali centri,
nonché subordinando l’esercizio dell’inseminazione artificiale al
possesso di una licenza di inseminatore, la Repubblica francese è venuta
meno agli obblighi che le incombono in forza degli artt. 43 CE e 49 CE.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
2 Gli artt. 43 CE e 49 CE riguardano, rispettivamente, la libertà di
stabilimento e la libera prestazione dei servizi.
3 Ai sensi dell’art. 2 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1977,
77/504/CEE, relativa agli animali della specie bovina riproduttori di
razza pura (GU L 206, pag. 8), come modificata dalla direttiva del
Consiglio 23 giugno 1994, 94/28/CE (GU L 178, pag. 66; in prosieguo: la
«direttiva 77/504»), gli Stati membri provvedono affinché non siano
vietati, limitati o ostacolati, per motivi zootecnici, gli scambi
intracomunitari di sperma e di ovuli ed embrioni provenienti da bovini
riproduttori di razza pura.
4 A norma dell’art. 5 della direttiva 77/504, gli Stati membri possono
prescrivere che i bovini riproduttori di razza pura, nonché lo sperma o
gli ovuli ed embrioni da essi ottenuti, siano accompagnati, negli scambi
intracomunitari, da un certificato genealogico conforme ad un modello
stabilito secondo la procedura di cui all’art. 8 della medesima
direttiva, soprattutto per quanto riguarda il valore sul piano
zootecnico.
5 Il primo, il secondo, il quarto ed il settimo ‘considerando’ della
direttiva del Consiglio 18 giugno 1987, 87/328/CEE, relativa
all’ammissione alla riproduzione dei bovini riproduttori di razza pura (GU
L 167, pag. 54), enunciano quanto segue:
«considerando che la direttiva 77/504(...) ha inteso liberalizzare
gradualmente gli scambi intracomunitari di bovini riproduttori di razza
pura; che a tal fine è necessario procedere ad un’armonizzazione
complementare per quanto concerne l’ammissione di questi animali e del
loro sperma alla riproduzione;
considerando che a tale proposito occorre evitare che disposizioni
nazionali relative all’ammissione alla riproduzione dei bovini
riproduttori di razza pura e del loro sperma costituiscano un divieto,
una restrizione o un ostacolo agli scambi intracomunitari, tanto nel
caso della monta naturale che in quello della fecondazione artificiale;
(...)
considerando che la fecondazione artificiale costituisce un metodo di
notevole rilievo per [la diffusione] dei migliori riproduttori e quindi
per migliorare la specie bovina; che, occorre tuttavia fare in modo che
non venga deteriorato il patrimonio genetico, in particolare per quanto
riguarda i riproduttori maschi, che devono presentare tutte le garanzie
del loro valore genetico e nessuna tara ereditaria;
(...)
considerando che la prescrizione che lo sperma deve provenire da centri
incaricati di effettuare la fecondazione artificiale ufficialmente
riconosciuti può offrire le garanzie necessarie per raggiungere lo scopo
perseguito».
6 A norma dell’art. 2, n. 1, della direttiva 87/328, uno Stato membro
non può vietare, limitare o ostacolare l’ammissione alla fecondazione
artificiale nel suo territorio di tori di razza pura o l’utilizzazione
del loro sperma quando questi tori sono stati ammessi alla fecondazione
artificiale in uno Stato membro dopo prove effettuate conformemente alla
decisione della Commissione 11 marzo 1986, 86/130/CEE, che fissa i
metodi di controllo dell’attitudine e di valutazione del valore genetico
degli animali riproduttori di razza pura della specie bovina (GU L 101,
pag. 37).
7 I ‘considerando’ terzo, quarto e quinto della direttiva del Consiglio
14 giugno 1988, 88/407/CEE, che stabilisce le esigenze di polizia
sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari ed alle importazioni
di sperma surgelato di animali della specie bovina (GU L 194, pag. 10),
come modificata dalla direttiva del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/43/CE
(GU L 143, pag. 23; in prosieguo: la «direttiva 88/407»), enunciano
quanto segue:
«(...) è (...) necessario istituire un regime armonizzato per gli scambi
intracomunitari e le importazioni nella Comunità di sperma di bovini;
(...) per gli scambi intracomunitari di sperma, lo Stato membro in cui
lo sperma è raccolto deve aver l’obbligo di garantire che lo sperma sia
raccolto e trattato in centri di raccolta riconosciuti e controllati,
che esso provenga da animali il cui stato sanitario sia tale da scartare
i rischi di propagazione delle malattie degli animali, che esso sia
raccolto, trattato, immagazzinato e trasportato secondo norme che
permettano di preservarne lo stato sanitario e che sia scortato da un
certificato sanitario durante l’inoltro nel paese destinatario per
assicurare il rispetto di queste garanzie;
(…) le diverse politiche seguite in seno alla Comunità in materia di
vaccinazione contro talune malattie giustificano il mantenimento di
deroghe, limitate nel tempo, le quali autorizzano gli Stati membri ad
esigere, per quanto riguarda talune malattie, una protezione
supplementare contro dette malattie».
8 A norma del suo art. 1, primo comma, la direttiva 88/407 stabilisce le
condizioni di polizia sanitaria da applicare agli scambi intracomunitari
e alle importazioni in provenienza dai paesi terzi di sperma di animali
della specie bovina. Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 1,
la direttiva suddetta lascia impregiudicate le disposizioni comunitarie
e/o nazionali nel settore zootecnico che disciplinano l’organizzazione
della fecondazione artificiale in generale e la distribuzione di sperma
in particolare.
9 Gli artt. 3, 5 e 6 della direttiva 88/407 sono contenuti nel capitolo
II di quest’ultima, intitolato «Scambi intracomunitari».
10 L’art. 3 della direttiva in questione stabilisce che ogni Stato
membro vigila a che venga spedito dal suo territorio verso il territorio
di un altro Stato membro soltanto sperma che soddisfi le condizioni
generali fissate da questo medesimo articolo. In particolare, lo sperma
deve essere stato raccolto, trattato e immagazzinato in uno o più centri
di raccolta o di magazzinaggio riconosciuti a tal fine, in vista della
fecondazione artificiale e ai fini degli scambi intracomunitari.
11 Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 88/407, lo Stato membro
nel cui territorio si trova il centro di raccolta o di magazzinaggio
dello sperma vigila a che il riconoscimento di cui all’art. 3 di tale
direttiva venga concesso soltanto se sono rispettate le disposizioni di
cui all’allegato A di quest’ultima relative alle condizioni per il
riconoscimento e la sorveglianza dei centri e se il centro di raccolta o
di magazzinaggio dello sperma è in grado di rispettare le altre
disposizioni della direttiva medesima. Sempre ai sensi del detto art. 5,
n. 1, lo Stato membro provvede altresì a che un veterinario ufficiale
controlli il rispetto di tali disposizioni, revocando il riconoscimento
quando una o più di esse non siano più rispettate.
12 L’art. 5, n. 2, della direttiva 88/407 dispone, da un lato, che tutti
i centri di raccolta o di magazzinaggio dello sperma riconosciuti sono
iscritti in un elenco e ricevono un numero di riconoscimento veterinario
e, dall’altro, che ogni Stato membro comunica agli altri Stati membri e
alla Commissione l’elenco dei centri di raccolta o di magazzinaggio
dello sperma nonché i relativi numeri di riconoscimento veterinario e
notifica loro l’eventuale revoca del riconoscimento.
13 A mente dell’art. 6, n. 1, della direttiva 88/407, gli Stati membri
subordinano l’ammissione di sperma alla presentazione di un certificato
sanitario rilasciato, conformemente all’allegato D della direttiva
medesima, da un veterinario ufficiale dello Stato membro di raccolta.
14 Ai sensi dell’allegato C, punto 3, lett. a), della direttiva 88/407,
lo sperma destinato agli scambi intracomunitari deve essere
immagazzinato in condizioni autorizzate per un periodo minimo di trenta
giorni prima della spedizione. Tuttavia, tale prescrizione non si
applica allo sperma fresco.
15 Secondo l’art. 2 della direttiva del Consiglio 25 marzo 1991,
91/174/CEE, relativa alle condizioni zootecniche e genealogiche che
disciplinano la commercializzazione degli animali di razza e che
modifica le direttive 77/504 e 90/425/CEE (GU L 85, pag. 37), gli Stati
membri provvedono affinché la commercializzazione di animali di razza,
nonché di sperma, ovuli ed embrioni dei medesimi, non sia vietata,
limitata od ostacolata per motivi di carattere zootecnico o genealogico.
16 L’art. 18 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio
28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti
generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea
per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza
alimentare (GU L 31, pag. 1), recante il titolo «Rintracciabilità», è
così formulato:
«1. È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e
della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi,
degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra
sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un
mangime.
2. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in
grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un
animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza
destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.
A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che
consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le
richiedano, le informazioni al riguardo.
3. Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di
sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito
i propri prodotti. Le informazioni al riguardo sono messe a disposizione
delle autorità competenti che le richiedano.
4. Gli alimenti o i mangimi che sono immessi sul mercato della Comunità
o che probabilmente lo saranno devono essere adeguatamente etichettati o
identificati per agevolarne la rintracciabilità, mediante documentazione
o informazioni pertinenti secondo i requisiti previsti in materia da
disposizioni più specifiche.
(…)»
La normativa nazionale
17 Ai sensi dell’art. L. 653-5 del codice delle materie rurali, il quale
codifica, in conformità della legge 8 luglio 1998, n. 98‑565 (JORF del 9
luglio 1998, pag. 10458), le corrispondenti disposizioni della legge 28
dicembre 1966, n. 66‑1005, in materia di allevamento (JORF del 29
dicembre 1966, pag. 11619), la gestione dei centri per la fecondazione
artificiale dei bovini è assoggettata in Francia ad autorizzazione
ministeriale.
18 L’art. R.* 653-103 del codice delle materie rurali, costituente una
norma regolamentare per l’attuazione di tale codice, e che codifica la
corrispondente disposizione del decreto 22 marzo 1969, n. 69‑258,
recante norme in materia di inseminazione artificiale (JORF del 23 marzo
1969, pag. 2948), stabilisce una distinzione tra i centri incaricati
della produzione del seme ed i centri che provvedono all’inseminazione,
laddove però un medesimo centro può svolgere entrambe le attività. Ai
sensi di tale norma, le attività di produzione consistono nel gestire
uno stabilimento di riproduttori maschi, nel sottoporre questi ultimi a
prova su progenie e nel procedere alla raccolta, al confezionamento,
alla conservazione ed alla cessione del seme, mentre le attività di
inseminazione consistono nel garantire la fecondazione delle femmine con
lo sperma fornito dai centri di produzione.
19 Ai sensi dell’art. 1 del decreto del Ministro per l’Agricoltura 17
aprile 1969, relativo alle autorizzazioni di esercizio dei centri per le
fecondazioni artificiali (JORF del 30 aprile 1969, pag. 4349), come
modificato dal decreto del Ministro per l’Agricoltura e le Foreste 24
gennaio 1989 (JORF del 31 gennaio 1989, pag. 1469; in prosieguo: il
«decreto del 1969»), l’autorizzazione ad aprire ed a far funzionare un
centro per le fecondazioni artificiali può essere concessa a persone
fisiche o giuridiche. Il medesimo articolo dispone che, ai fini del
rilascio di tale autorizzazione, non viene fatta alcuna distinzione tra
i cittadini francesi ed i cittadini degli altri Stati membri della
Comunità.
20 L’art. L. 653-7 del codice delle materie rurali prevede che ciascun
centro di inseminazione serve una zona che è delimitata
dall’autorizzazione e all’interno della quale esso è il solo abilitato
ad operare. Tuttavia, gli allevatori situati nella zona di attività di
un centro di inseminazione possono chiedere a quest’ultimo di fornire
loro del seme proveniente da centri di produzione di loro scelta.
21 A norma dell’art. 10 del decreto del 1969, qualsiasi operatore
economico, diverso da un centro di inseminazione, che importi seme
proveniente da uno Stato membro della Comunità deve fornire tale seme ad
un centro di inseminazione o di produzione riconosciuto di sua scelta.
Ai sensi dell’art. 7 del medesimo decreto, il seme deve essere
conservato in un deposito posto sotto la responsabilità di un dirigente
di centro titolare di una licenza. Quanto ai centri di inseminazione,
può trattarsi di un deposito «principale» o di uno dei depositi
«annessi» ripartiti nella zona assegnata al singolo centro di
inseminazione, i quali possono trovarsi anche all’interno di un’azienda
agricola.
22 L’art. 6 del decreto del Ministro per l’Agricoltura e la Pesca 27
dicembre 2000, relativo alle inseminazioni artificiali con sperma bovino
effettuate dagli allevatori (JORF del 27 gennaio 2001, pag. 1477),
prevede, per ragioni sanitarie, che il seme proveniente da un altro
centro di inseminazione artificiale autorizzato o da un altro Stato
membro o importato direttamente da un paese terzo debba transitare
attraverso il deposito principale di un centro di inseminazione
artificiale, il quale lo smista verso il deposito annesso di
destinazione.
23 Ai sensi degli artt. L. 653-4 e R.* 653‑102 del codice delle materie
rurali, l’operazione di deposizione del seme può essere effettuata
soltanto dai titolari di una licenza di dirigente di centro per le
fecondazioni artificiali o di inseminatore, sotto l’autorità di un
centro di inseminazione autorizzato territorialmente competente, e sotto
la responsabilità tecnica del dirigente di tale centro.
24 A norma dell’art. 2 del decreto del Ministro per l’Agricoltura e le
Foreste 21 novembre 1991, relativo alla formazione degli inseminatori e
dei dirigenti di centro ed all’attribuzione delle relative licenze (JORF
del 6 dicembre 1991, pag. 15936), come modificato dal decreto del
Ministro per l’Agricoltura, la Pesca e le Risorse alimentari del 30
maggio 1997 (JORF del 1° giugno 1997, pag. 8791), la licenza di
inseminatore viene rilasciata dal Prefetto su presentazione del
certificato di idoneità alla funzione di inseminatore per la specie in
questione e di un attestato del direttore del centro di inseminazione
territorialmente competente, che certifichi che il richiedente è posto
sotto la sua autorità riguardo alle operazioni di deposizione del seme.
Secondo la medesima disposizione di cui sopra, per gli operatori privi
della qualifica di dipendente del centro di inseminazione, segnatamente
i dottori veterinari liberi professionisti, tale attestazione viene
rilasciata dopo la stipula di una convenzione tra il presidente del
centro di inseminazione e l’interessato, la quale deve precisare le
condizioni tecniche, amministrative e finanziarie alle quali
quest’ultimo praticherà l’inseminazione in conformità della normativa in
vigore.
Il procedimento precontenzioso
25 A seguito di una denuncia che le sarebbe stata presentata, la
Commissione, in data 3 aprile 2003, ha inviato una lettera di diffida
alla Repubblica francese, segnalando all’attenzione di quest’ultima
l’incompatibilità della pertinente normativa nazionale con le
disposizioni degli artt. 43 CE e 49 CE.
26 Dopo aver esaminato le osservazioni presentate dalla Repubblica
francese nella sua risposta del 27 giugno 2003 a tale lettera di
diffida, la Commissione ha inviato al detto Stato membro, in data 19
dicembre 2003, un parere motivato, nel quale ha concluso per
l’incompatibilità della normativa in questione con i citati articoli del
Trattato CE.
27 Ritenendo che i chiarimenti forniti dalla Repubblica francese nella
sua risposta del 17 marzo 2004 a tale parere motivato non fossero
soddisfacenti, la Commissione ha proposto il presente ricorso.
Sul ricorso
Sull’esistenza di una restrizione della libertà di stabilimento e della
libera prestazione dei servizi
Argomenti delle parti
28 La Commissione addebita alla Repubblica francese di violare gli artt.
43 CE e 49 CE ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento e
della libera prestazione dei servizi nel settore dell’inseminazione
artificiale dei bovini, a motivo, da un lato, dell’esclusiva geografica
conferita ai centri di inseminazione riconosciuti per quanto riguarda
l’esercizio delle attività di distribuzione del seme e di inseminazione
artificiale e, dall’altro, delle condizioni restrittive e discrezionali
cui è subordinato il rilascio della licenza di inseminatore.
29 In primo luogo, riguardo alla libertà di stabilimento, la Commissione
reputa che la concessione ai soli centri di inseminazione riconosciuti,
per una durata illimitata, del diritto di esercitare, in una zona
geografica determinata, le attività di distribuzione del seme e di
inseminazione artificiale renda impossibile o estremamente difficile
l’esercizio di tale libertà in Francia al fine di svolgervi tali
attività. La Commissione sostiene, alla luce della sentenza 31 marzo
1993, causa C‑19/92, Kraus (Racc. pag. I‑1663), che la normativa
francese, senza essere formalmente discriminatoria, costituisce
nondimeno un ostacolo al diritto di stabilimento.
30 La Commissione non contesta la liceità del meccanismo di verifica
dell’idoneità istituito dalla normativa francese, e neppure il fatto che
una prova oggettiva di qualificazione venga legittimamente richiesta
affinché taluno sia autorizzato a procedere alle operazioni di
inseminazione con seme bovino. Tuttavia, a suo avviso, la restrizione in
questione consiste nelle autorizzazioni geografiche esclusive che
vietano l’attività di qualsiasi altro prestatore di servizi.
31 La Commissione si dichiara pronta ad accogliere le motivazioni
addotte dalla Repubblica francese per giustificare l’ostacolo alla
libertà di stabilimento se le misure nazionali dovessero limitarsi ad
assoggettare gli operatori privati a prescrizioni in materia di
informazione e di controllo. Simili misure potrebbero essere considerate
legittime, mentre invece la concessione dei diritti esclusivi in
questione sarebbe ingiustificata o, comunque, sproporzionata rispetto
agli obiettivi di interesse generale invocati.
32 Inoltre, la Commissione ritiene che la libertà di stabilimento sia
altresì ostacolata dal fatto che i veterinari possono ottenere la
licenza di inseminatore per praticare le inseminazioni con seme bovino
come liberi professionisti soltanto dopo la stipula di una convenzione
con il presidente di un centro di inseminazione.
33 In secondo luogo, la Commissione sostiene che la normativa in
questione pregiudica la libera prestazione dei servizi, e precisamente
la libera prestazione dei servizi di distribuzione e di inseminazione.
34 Ad avviso della Commissione, la restrizione della libera prestazione
del servizio di distribuzione consiste nell’obbligo di magazzinaggio del
seme nei centri riconosciuti di inseminazione artificiale, che ne
assicurano in via esclusiva la distribuzione agli allevatori. I servizi
di distribuzione verrebbero pregiudicati dal divieto di qualsiasi
intervento non autorizzato dal centro di inseminazione, il quale gode
del diritto di intervento esclusivo. La detta istituzione sottolinea che
l’ostacolo alla prestazione dei servizi transfrontalieri è idoneo a
pregiudicare l’insieme delle attività dei prestatori di servizi. Essa
sostiene che, anche supponendo che nella fattispecie possa assumere
rilievo un motivo attinente alla protezione della sanità pubblica, il
regime francese risulta eccessivo.
35 La Commissione precisa che l’obbligo di magazzinaggio del seme
destinato agli scambi intracomunitari, imposto per ragioni sanitarie
dalla direttiva 88/407, riguarda solo il seme congelato e la fase
anteriore alla spedizione del medesimo, alla partenza dal luogo di
produzione, mentre l’addebito mosso contro la Repubblica francese
riguarda l’obbligo di magazzinaggio nel corso della fase successiva a
tale spedizione.
36 Quanto al servizio di inseminazione, la Commissione reputa che la
libera prestazione del medesimo sia ostacolata in ragione dell’obbligo,
per coloro che intendono esercitare tale attività, di sottoscrivere
preliminarmente una convenzione con il presidente di un centro di
inseminazione riconosciuto per poter ottenere la licenza di inseminatore
richiesta. La Commissione sottolinea che la conclusione di tali
convenzioni è, di fatto, rimessa alla discrezione ed alla buona volontà
dei presidenti dei centri di inseminazione, i quali rifiutano però di
stipulare tali convenzioni con alcuni inseminatori indipendenti.
37 La Commissione non contesta la legittimità di un regime di
autorizzazione di esercizio in materia di inseminazione artificiale, ma
a condizione che questo rappresenti soltanto un mezzo, per l’inseminatore,
di dimostrare la propria idoneità dinanzi all’autorità veterinaria
competente. Per contro, essa censura il fatto che tale autorizzazione
venga concessa soltanto nell’ambito di una convenzione con un centro di
inseminazione artificiale riconosciuto, la qual condizione non riguarda
in alcun modo le capacità professionali dell’inseminatore. La
Commissione aggiunge che lo Stato membro deve tener conto delle
conoscenze e delle qualifiche già acquisite dall’interessato in un altro
Stato membro (sentenza 7 maggio 1991, causa C‑340/89, Vlassopoulou,
Racc. pag. I‑2357, punto 15), e che l’obbligo, per i veterinari liberi
professionisti, di stipulare una convenzione con un centro di
inseminazione al fine di poter ottenere una licenza di inseminatore non
soddisfa i criteri fissati dalla giurisprudenza in materia di
giustificazione dei regimi di previa autorizzazione amministrativa
(sentenza 20 febbraio 2001, causa C‑205/99, Analir e a., Racc. pag.
I‑1271, punti 35‑38).
38 La Commissione adduce come ostacolo ulteriore il fatto che i
prestatori di servizi di altri Stati membri intenzionati ad effettuare
la distribuzione di seme e le operazioni di inseminazione artificiale si
trovano nell’impossibilità di presentare questa offerta congiunta di
servizi, a motivo dell’obbligo di rimettere il seme ai centri che soli
possono fornirlo agli allevatori.
39 La Repubblica francese sostiene, in via preliminare, che la propria
normativa nazionale è stata profondamente modificata a far data dal 1°
gennaio 2007 e che, in particolare, è stata prevista la soppressione
dell’esclusiva geografica. Essa sottolinea però che tale riforma non
mira a porre termine ad una presunta incompatibilità con il diritto
comunitario della normativa costituente l’oggetto del presente ricorso.
40 Riguardo alla normativa in questione, la Repubblica francese non nega
che essa costituisce un ostacolo alla libertà di stabilimento. Tuttavia,
tale restrizione sarebbe priva di carattere discriminatorio, dato che
essa consentirebbe ai cittadini degli altri Stati membri di aprire e far
funzionare nel territorio francese un centro di inseminazione, alle
medesime condizioni richieste per i cittadini francesi. Ad ogni modo,
secondo il detto Stato membro, tale normativa è giustificata da ragioni
imperative di interesse generale.
41 La Repubblica francese fa valere che l’esclusiva territoriale non
mira a delimitare una determinata zona geografica, bensì a garantire la
raccolta di informazioni. Un adattamento dell’estensione delle zone
sarebbe dunque possibile e una trentina di modificazioni sarebbero
intervenute successivamente all’entrata in vigore della legge n.
66-1005. Secondo il detto Stato membro, eventuali autorizzazioni che
accordino diritti esclusivi per una durata illimitata ai prestatori
insediati non escludono la possibilità di istituzione di nuovi centri.
42 Quanto al servizio di distribuzione, la Repubblica francese ammette
che la vendita in Francia di seme proveniente da un operatore situato in
un altro Stato membro possa avere ad oggetto non soltanto il seme
congelato ma anche il seme fresco. Tuttavia, secondo il detto Stato
membro, siffatte transazioni relative a seme fresco, se pure non sono
vietate, non presentano alcun interesse economico e sono quasi
inesistenti.
43 Per quanto riguarda il servizio di inseminazione, la Repubblica
francese riconosce che l’attività di inseminazione può essere effettuata
soltanto dai titolari di una licenza di dirigente di centro di
inseminazione o di una licenza di inseminatore. Essa aggiunge che, per
gli operatori non aventi la qualità di dipendente di un centro di questo
tipo, in particolare i veterinari liberi professionisti, tale
attestazione viene rilasciata dopo la stipula di una convenzione tra il
presidente del centro e tali operatori. Il detto Stato membro rileva
tuttavia che tale obbligo imposto all’operatore indipendente non si
traduce in un divieto della pratica dell’inseminazione da parte di un
veterinario che svolga la propria attività come libero professionista.
Infatti, la Repubblica francese fa valere che tale convenzione assicura
il rispetto della normativa in vigore e garantisce che il dirigente del
centro verrà correttamente informato circa la natura ed il contenuto
delle prestazioni effettuate.
44 La Repubblica francese ammette che gli allevatori, al pari dei
veterinari, debbono richiedere una licenza speciale e temporanea di
inseminatore per l’inseminazione delle femmine dei loro allevamenti e
debbono ottenere il consenso del centro di inseminazione
territorialmente competente. Essa aggiunge che gli allevatori debbono
giustificare la propria idoneità o la propria esperienza professionale
nell’attività aziendale agricola o, in mancanza, debbono ricevere una
formazione nell’inseminazione della specie bovina. Il detto Stato membro
ne conclude che qualsiasi operatore che disponga della qualificazione o
della formazione richieste può chiedere di beneficiare della licenza
necessaria per praticare l’operazione di inseminazione artificiale.
Giudizio della Corte
45 In via preliminare occorre far presente, da un lato, che, secondo una
costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento deve essere
valutata alla luce della situazione dello Stato membro in questione
quale si presentava alla scadenza del termine fissato nel parere
motivato (v., in particolare, sentenze 14 settembre 2004, causa
C‑168/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑8227, punto 24, e 27 ottobre
2005, causa C‑23/05, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑9535, punto
9). Pertanto, la Corte non può prendere in esame le iniziative
legislative nazionali successive alla scadenza di tale termine.
46 Dall’altro lato, occorre rilevare che la Corte non ha ancora statuito
sulla compatibilità della normativa francese in questione con le
disposizioni del Trattato in materia di libertà di stabilimento e di
libera prestazione dei servizi.
47 Infatti, nel procedimento definito dalla sentenza 28 giugno 1983,
causa 271/81, Société coopérative d’amélioration de l’élevage et d’insémination
artificielle du Béarn (Racc. pag. 2057), il giudice nazionale si era
interrogato unicamente sul punto se i centri di inseminazione
presentassero carattere commerciale ai sensi dell’art. 37 del Trattato
CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 31 CE), ritenendo innegabile
il carattere monopolistico di tali centri. I diritti esclusivi di cui
godono tali centri sono stati esaminati unicamente sotto il profilo
della libera circolazione delle merci.
48 Nella causa decisa dalla sentenza 5 ottobre 1994, causa C‑323/93,
Centre d’insémination de la Crespelle (Racc. pag. I‑5077), veniva in
questione la compatibilità della normativa francese con le disposizioni
del Trattato sulla libera circolazione delle merci [artt. 30 e 36 del
Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 28 CE e 30 CE)],
nonché con le regole di concorrenza enunciate da questo medesimo
Trattato [artt. 86 e 90, n. 1, del Trattato CE (divenuti artt. 82 CE e
86, n. 1, CE)], e non già la compatibilità di tale normativa con la
libertà di stabilimento e con la libera prestazione dei servizi.
49 Quanto alla controversia su cui è intervenuta la sentenza 7 dicembre
1995, causa C‑17/94, Gervais e a. (Racc. pag. I‑4353), bisogna far
osservare come la Corte abbia statuito che le disposizioni del Trattato
relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei
servizi non si applicano alle attività i cui elementi si trovano tutti
riuniti all’interno di un solo Stato membro (punti 24, 28 e 39). Essa ha
inoltre esaminato la compatibilità della normativa nazionale unicamente
in rapporto alle direttive 77/504 e 87/328 (punto 33).
50 Contrariamente alle cause sopra menzionate, il presente procedimento
per inadempimento solleva la questione se la normativa francese,
conferendo a centri riconosciuti il diritto esclusivo di fornire il
servizio di inseminazione artificiale dei bovini in un determinato
territorio e subordinando il rilascio delle licenze di inseminatore alla
stipula di una convenzione con uno di tali centri, sia contraria agli
artt. 43 CE e 49 CE.
51 In primo luogo, per quanto riguarda la restrizione alla libertà di
stabilimento, occorre anzitutto constatare come la Repubblica francese
riconosca che l’esclusiva geografica istituita a favore dei centri di
inseminazione e la condizione che assoggetta il rilascio della licenza
di inseminatore alla stipula di una convenzione con il centro di
inseminazione territorialmente competente costituiscono un ostacolo alla
libertà suddetta, ancorché essa reputi che tali misure non impediscano
totalmente agli operatori originari di altri Stati membri di esercitare
in Francia l’attività di inseminazione artificiale dei bovini.
52 A questo proposito, occorre ricordare che l’art. 43 CE impone la
soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento e che,
secondo una costante giurisprudenza della Corte, deve ritenersi che
configurino restrizioni siffatte ai sensi del detto articolo tutte le
misure che vietano, ostacolano o rendono meno allettante l’esercizio di
tale libertà (sentenza 5 ottobre 2004, causa C‑442/02, CaixaBank France,
Racc. pag. I‑8961, punto 11 e la giurisprudenza ivi citata).
53 L’esclusiva geografica conferita ai centri di inseminazione
riconosciuti, che limita il numero complessivo di operatori cui è
consentito di aprire e gestire centri siffatti sul territorio francese,
nonché la durata indeterminata di tale esclusiva, rappresentano un
ostacolo all’accesso di altri operatori, ivi compresi quelli provenienti
da altri Stati membri, al mercato delle inseminazioni. La circostanza
che le zone geografiche interessate da tale esclusiva possano ? come
prospettato dalla Repubblica francese ? essere sottoposte ad adeguamento
o suddivisione non vale a modificare tale apprezzamento.
54 Non potendo conseguire diritti su una data zona geografica, un
operatore che progetti di esercitare attività nel settore
dell’inseminazione artificiale ha l’obbligo di stipulare una convenzione
con il centro di inseminazione territorialmente competente, al fine di
ottenere una licenza di inseminatore. Orbene, posto che la conclusione
di una convenzione siffatta è rimessa alla volontà dei presidenti dei
centri riconosciuti, un obbligo quale quello di cui sopra è idoneo ad
ostacolare la realizzazione del detto progetto di attività.
55 Occorre dunque constatare che, come sostiene la Commissione, le
misure nazionali in questione, a motivo della loro natura, rendono
difficile o addirittura impossibile, o comunque meno allettante,
l’esercizio della libertà di stabilimento allo scopo di esercitare, nel
territorio francese, attività di distribuzione e di inseminazione
artificiale con seme bovino.
56 La circostanza che tali misure siano indistintamente applicabili agli
operatori nazionali ed a quelli di altri Stati membri non pone ostacolo
a tale constatazione, atteso che simili misure nazionali, seppur
applicabili senza discriminazioni attinenti alla nazionalità, sono
idonee a perturbare o a rendere meno allettante l’esercizio, da parte
dei cittadini comunitari, ivi compresi quelli appartenenti allo Stato
membro autore della misura, di una libertà fondamentale garantita dal
Trattato (v., in tal senso, sentenza Kraus, cit., punto 32).
57 In secondo luogo, per quanto concerne la libera prestazione dei
servizi, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza,
l’art. 49 CE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione
nei confronti del prestatore di servizi a causa della sua cittadinanza,
ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si
applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri
Stati membri, quando essa è tale da proibire, ostacolare o rendere meno
interessanti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato
membro, dove offre legalmente servizi analoghi (sentenze 9 novembre
2006, causa C‑433/04, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑10653, punto 28,
e 11 gennaio 2007, causa C‑208/05, ITC, Racc. pag. I‑181, punto 55).
58 È pacifico che, in forza della normativa francese, un prestatore
transfrontaliero che voglia distribuire seme bovino o praticare
l’inseminazione artificiale nel territorio francese a titolo della
libera prestazione dei servizi deve necessariamente immagazzinare tale
seme nei centri di inseminazione artificiale riconosciuti, unici
autorizzati ad effettuare forniture di seme agli allevatori, e deve
altresì ottenere una licenza di inseminatore per poter operare a tale
titolo.
59 La Repubblica francese respinge l’argomento secondo cui tale
normativa costituirebbe un ostacolo alla libera prestazione del servizio
di distribuzione del seme bovino. Per contro, essa non contesta il fatto
che la detta normativa costituisce un ostacolo alla libera prestazione
del servizio di inseminazione artificiale.
60 Riguardo al servizio di distribuzione, la Commissione ? precisando
che il proprio addebito non riguarda l’obbligo di magazzinaggio del seme
surgelato prima della sua spedizione ai sensi dell’allegato C, punto 3,
lett. a), della direttiva 88/407 ? sostiene che la libera prestazione
del servizio suddetto subisce pregiudizio, da un lato, in ragione
dell’obbligo di magazzinaggio del seme nei centri di inseminazione
artificiale riconosciuti, unici autorizzati a garantirne la
distribuzione agli allevatori, e, dall’altro, a motivo del divieto di
qualsiasi intervento non autorizzato dal centro di inseminazione
titolare di un diritto esclusivo di intervento.
61 Occorre ricordare che, se anche gli allevatori dispongono, come
sostiene la Repubblica francese, della facoltà di ordinare tramite il
centro da cui dipendono uno specifico seme di loro scelta proveniente da
un produttore stabilito in un altro Stato membro, l’obbligo di
magazzinaggio di tale seme nel centro suddetto, dopo la sua spedizione,
è idoneo a ostacolare o a rendere meno allettante la prestazione del
servizio di distribuzione da parte di tale produttore.
62 Lo stesso discorso vale per il divieto di qualsiasi intervento di
inseminazione non autorizzato dal centro di inseminazione
territorialmente competente, posto che tale divieto, vista la
connessione tra le attività di distribuzione e quelle di inseminazione,
è anch’esso idoneo a ostacolare o a rendere meno allettante la
prestazione del servizio di distribuzione del seme.
63 Per quanto attiene specificamente alla libera prestazione del
servizio di inseminazione artificiale, la Repubblica francese riconosce
che la propria normativa nazionale costituisce un ostacolo alla
prestazione del servizio stesso.
64 I prestatori transfrontalieri intenzionati a praticare
l’inseminazione nel territorio francese a titolo della libera
prestazione dei servizi debbono ottenere in Francia una licenza di
inseminatore. Il fatto di esigere tale licenza, indipendentemente dalle
condizioni fissate per il rilascio della medesima, costituisce una
restrizione alla libera prestazione dei servizi, in quanto è idonea ad
ostacolare o a rendere meno allettante la prestazione del servizio di
inseminazione in Francia da parte di operatori stabiliti e già
legittimamente operanti in altri Stati membri (v., in tal senso,
sentenze 9 marzo 2000, causa C‑355/98, Commissione/Belgio, Racc. pag.
I‑1221, punto 35, e 18 luglio 2007, causa C‑134/05, Commissione/Italia,
Racc. pag. I‑6251, punto 23).
65 Inoltre, dopo l’ottenimento della licenza summenzionata, tali
operatori possono effettuare l’inseminazione artificiale con seme bovino
soltanto sotto l’autorità di un centro di inseminazione territorialmente
competente.
66 Stanti tali premesse occorre constatare che la normativa francese,
conferendo a centri riconosciuti il diritto esclusivo di fornire il
servizio di inseminazione artificiale dei bovini in un dato territorio e
subordinando l’attività di inseminazione al rilascio di una licenza di
inseminatore, costituisce una restrizione della libertà di stabilimento
e della libera prestazione dei servizi.
67 Misure siffatte potrebbero essere ammesse soltanto qualora
perseguissero un legittimo obiettivo compatibile con il Trattato e
fossero giustificate da ragioni imperative di interesse generale, a
condizione che non esista alcun atto comunitario di armonizzazione
recante misure necessarie a garantire la protezione degli interessi in
questione. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte,
tali misure restrittive possono essere giustificate da ragioni siffatte
soltanto qualora siano necessarie per la tutela degli interessi che esse
mirano a garantire e nei limiti in cui tali obiettivi non possano essere
conseguiti mediante misure meno restrittive (sentenza 14 dicembre 2006,
causa C‑257/05, Commissione/Austria, punto 23 e la giurisprudenza ivi
citata).
Sulla giustificazione della restrizione della libertà di stabilimento e
della libera prestazione dei servizi
Sulla tutela del patrimonio genetico dei bovini
- Argomenti delle parti
68 La Repubblica francese sostiene che la normativa in questione mira ad
assicurare la valorizzazione del patrimonio genetico bovino, obiettivo
questo che la Corte, nella sentenza 19 novembre 1998, causa C‑162/97,
Nilsson e a. (Racc. pag. I‑7477), ha già riconosciuto come integrante
una ragione imperativa di interesse generale. Essa aggiunge che le
direttive 77/504 e 87/328 hanno sì armonizzato le condizioni
disciplinanti la circolazione intracomunitaria dei bovini riproduttori
di razza pura e del loro seme, ma non le regole relative
all’inseminazione delle femmine della specie bovina.
69 Il detto Stato membro, riferendosi all’attuazione nel suo territorio
di programmi di selezione su progenie e di conservazione genetica, fa
valere che l’esclusiva geografica conferita ai centri di inseminazione
riconosciuti e le condizioni di rilascio della licenza di inseminatore
costituiscono l’unico mezzo per garantire una raccolta precisa e
completa delle informazioni genetiche riguardanti i bovini, le quali
sono indispensabili per ottenere un miglioramento genetico di tale
specie. Le misure in questione sarebbero necessarie per centralizzare
presso un unico organismo, in ciascuna zona caratterizzata
dall’esclusiva, tutti i dati relativi alle operazioni di inseminazione
effettuate.
70 La Commissione sostiene che la finalità di tutela del patrimonio
genetico bovino, la quale rientra nel settore delle esigenze di
carattere zootecnico e genealogico, ha costituito l’oggetto ? come
riconosciuto dalla Corte al punto 33 della citata sentenza Centre d’insémination
de la Crespelle ? di un’armonizzazione completa a livello comunitario.
Ad ogni modo, a suo avviso, l’assenza di disposizioni comunitarie non
costituisce, di per sé sola, una giustificazione di un’eventuale
restrizione.
71 La Commissione afferma che la valorizzazione genetica dipende
dall’allevatore, e non dalle attività dell’inseminatore, in quanto
l’operazione compiuta da quest’ultimo, che può tutt’al più essere
oggetto di considerazioni di ordine sanitario, non incide né sulla
qualità né sulla provenienza del seme utilizzato per le fecondazioni.
72 La Commissione aggiunge che, per garantire una raccolta precisa delle
informazioni genetiche relative ai bovini mediante una centralizzazione
dei dati in un unico luogo, sarebbe sufficiente un semplice obbligo di
trasmissione delle necessarie informazioni ad un centro di raccolta dei
dati genetici.
- Giudizio della Corte
73 In primo luogo, occorre ricordare che, come risulta, da un lato,
dalle disposizioni delle direttive 77/504, 87/328 e 91/174, menzionate
ai punti 3‑6 e 15 della presente sentenza, e, dall’altro, dal punto 33
della citata sentenza Centre d’insémination de la Crespelle, le esigenze
genealogiche, relativamente agli scambi intracomunitari di seme bovino
di razza pura, hanno costituito l’oggetto di un’armonizzazione completa
a livello comunitario.
74 Ora, come ricordato al punto 67 della presente sentenza, una ragione
imperativa di interesse generale non può essere invocata qualora esista
un atto comunitario di armonizzazione recante misure necessarie a
garantire la protezione del medesimo interesse (v., in tal senso,
sentenza Commissione/Austria, cit., punto 23).
75 Pertanto, l’obiettivo di tutela del patrimonio genetico dei bovini di
razza pura mediante prescrizioni genealogiche nazionali non può
giustificare degli ostacoli agli scambi intracomunitari di seme di tali
bovini non previsti dalla normativa comunitaria che ha armonizzato il
settore in questione.
76 Tale valutazione non viene infirmata dall’art. 1, secondo comma,
della direttiva 88/407, che lascia invariato il contenuto delle
direttive 77/504, 87/328 e 91/174 e non contraddice la giurisprudenza
citata al punto 73 della presente sentenza. Infatti, la detta
disposizione, precisando che la direttiva 88/407 lascia impregiudicate
le disposizioni comunitarie e/o nazionali nel settore zootecnico che
disciplinano l’organizzazione della fecondazione artificiale in generale
e la distribuzione di sperma in particolare, riguarda unicamente le
misure zootecniche, laddove invece la giustificazione invocata dalla
Repubblica francese è fondata soltanto su considerazioni di ordine
genetico.
77 In secondo luogo, nella misura in cui l’argomentazione addotta dalla
Repubblica francese mira a giustificare il regime nazionale controverso
laddove introduce restrizioni all’esercizio dell’attività di
inseminazione artificiale con seme bovino ed al rilascio delle licenze
di inseminatore, occorre rilevare come le considerazioni svolte dal
detto Stato membro non siano di ordine genealogico, bensì attengano alla
materia sanitaria, così come sostenuto dalla Commissione.
78 Infatti, l’aspetto genetico di un’inseminazione dipende non
dall’operazione compiuta dall’inseminatore, bensì dalle caratteristiche
dei bovini femmina e del seme utilizzato per la fecondazione.
79 In terzo luogo, anche a supporre che l’armonizzazione comunitaria
degli scambi all’interno della Comunità di seme di bovini diversi da
quelli di razza pura, attuata dalla direttiva 88/407, non sia completa
per quanto riguarda le esigenze genealogiche, occorre, da un lato,
concordare con la Commissione sul fatto che l’assenza di disposizioni
comunitarie non è idonea a costituire, di per sé sola, una
giustificazione di un’eventuale restrizione.
80 Dall’altro lato, le affermazioni della Repubblica francese secondo
cui il regime nazionale controverso persegue la tutela del patrimonio
genetico, in quanto consente la centralizzazione della raccolta delle
informazioni relative alle inseminazioni artificiali realizzate nel
territorio del detto Stato membro, indispensabile ai fini dei programmi
di selezione su progenie e di conservazione genetica, non dimostrano né
la necessità né la proporzionalità delle restrizioni risultanti da tale
regime.
81 Infatti, una simile raccolta centralizzata di informazioni, anche
ammettendo che presenti un’utilità relativamente ai bovini diversi da
quelli di razza pura, avrebbe potuto essere realizzata mediante misure
meno restrittive rispetto alla concessione a centri riconosciuti
dell’esclusiva geografica del servizio di inseminazione artificiale. Si
sarebbe potuto, in particolare, imporre agli operatori che effettuano
inseminazioni artificiali di bovini l’obbligo di comunicare ad un
organismo designato a tal fine i dati relativi alle inseminazioni
effettuate, in modo che la raccolta centralizzata di questi medesimi
dati fosse così realizzata senza creazione di ostacoli alla libertà di
stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi.
82 Pertanto, la giustificazione fatta valere dalla Repubblica francese,
attinente alla protezione del patrimonio genetico dei bovini, deve
essere respinta.
Sulla protezione della sanità pubblica
- Argomenti delle parti
83 La Repubblica francese sostiene che il regime di qualificazione degli
operatori che praticano le inseminazioni risponde ad esigenze di tutela
della salute degli animali e degli esseri umani.
84 Anzitutto, riguardo alla salute degli animali, essa fa valere che
l’operazione di inseminazione artificiale deve rispettare norme
sanitarie e regole igieniche, tanto nella manipolazione del seme quanto
nel contatto con l’animale. Tale operazione esigerebbe un controllo
perfetto di ogni fase, al fine di evitare lesioni all’integrità fisica
dell’animale su cui viene praticata l’inseminazione. Inoltre, la scelta
stessa degli accoppiamenti sarebbe idonea ad avere un influsso sulla
salute dell’animale, ed in particolare sulla sua fertilità, la quale
potrebbe venir compromessa da incroci sconsiderati.
85 Quanto poi alla tutela della salute dell’operatore che pratica
l’inseminazione artificiale, la Repubblica francese ritiene che il
rilascio di una licenza che attesti l’idoneità dell’interessato all’atto
di inseminazione sia indispensabile, considerato che l’operazione di
inseminazione artificiale presenta dei rischi, tanto in ragione del
contatto con un animale di grossa stazza quanto a motivo
dell’utilizzazione dell’azoto liquido, il quale può provocare gravi
ustioni.
86 Infine, per quanto riguarda la tutela della salute delle persone dal
punto di vista della sicurezza alimentare, il detto Stato membro
asserisce che il rilascio di una licenza contribuisce a soddisfare
l’esigenza di tracciabilità dei prodotti. Esso sostiene che,
conformemente all’art. 18 del regolamento n. 178/2002, la tracciabilità
dei prodotti alimentari deve essere assicurata in tutte le fasi della
produzione, della trasformazione e della distribuzione. Esso fa dunque
valere che il principio di tracciabilità si applica al seme, il quale,
costituendo un prodotto biologico vivo, si colloca a monte del processo
di produzione degli animali di allevamento, ed aggiunge che i centri di
inseminazione garantiscono la sicurezza degli scambi di seme nonché il
controllo documentale, fisico e di identità di tale prodotto.
87 La Commissione ritiene che l’atto di inseminazione, pur necessitando
di talune competenze e cautele, non presenti difficoltà particolari che
possano giustificare un ostacolo così grave alla libertà di stabilimento
ed alla libera prestazione dei servizi. La Commissione fa valere che gli
obiettivi sanitari invocati potrebbero essere raggiunti in modo
soddisfacente qualora venisse fornita la prova dell’idoneità dell’inseminatore,
potendo ciò indifferentemente avvenire mediante il possesso di un
certificato di idoneità, oppure mediante la prova del conseguimento di
una formazione veterinaria, od anche, per i cittadini comunitari,
mediante un meccanismo di riconoscimento. Ad ogni modo, secondo la
Commissione, le norme francesi controverse debbono essere considerate
non giustificate e sproporzionate.
88 Quanto alla tracciabilità del seme, la Commissione ricorda, facendo
riferimento alle direttive 87/328 e 88/407, che l’armonizzazione
comunitaria nei settori sanitario e zootecnico mira in particolare a
garantire il rispetto delle esigenze di ordine sanitario a tutti i
livelli della raccolta e del trasporto di sperma nonché
l’identificazione di quest’ultimo. Essa afferma dunque che la
responsabilizzazione dei centri di inseminazione artificiale beneficiari
di un’esclusiva territoriale non costituisce il mezzo appropriato per
garantire un elevato livello di protezione e che la normativa in
questione non può essere fondata su una diffidenza sistematica nei
confronti degli operatori indipendenti, in particolare di quelli
provenienti da altri Stati membri.
- Giudizio della Corte
89 Per quanto riguarda gli obiettivi di protezione della salute degli
animali e di quella degli operatori che praticano l’inseminazione
artificiale, occorre far osservare, in accordo con la Commissione sul
punto, che tali obiettivi invocati dalla Repubblica francese potrebbero
essere raggiunti mediante misure meno restrittive, segnatamente mediante
la previsione di un’adeguata prova di idoneità.
90 Infatti, un meccanismo di controllo e di riconoscimento dei diplomi
veterinari oppure il requisito della titolarità di un certificato di
idoneità costituirebbero valida prova del possesso, in capo ai soggetti
interessati, delle conoscenze e qualifiche necessarie per la
salvaguardia dei detti interessi.
91 Orbene, il regime in questione è fondato su misure molto più
restrittive, vale a dire la concessione di un’esclusiva geografica ai
centri di inseminazione riconosciuti e la subordinazione del rilascio di
una licenza di inseminatore alla stipula di una convenzione con uno di
questi centri.
92 È certo legittimo che, al fine di accertarsi dell’idoneità del
candidato alle funzioni di inseminatore, uno Stato membro subordini
l’esercizio dell’attività di inseminazione al possesso di una licenza.
Tuttavia, nel caso di specie, tale licenza viene accordata unicamente a
condizione che sia stata conclusa una convenzione tra tale candidato ed
un centro di inseminazione artificiale riconosciuto.
93 Orbene, trattandosi di una procedura di autorizzazione per
l’esercizio di un’attività, occorre rilevare, come ha fatto la
Commissione, che lo Stato membro di cui trattasi, nell’applicare le
proprie norme nazionali, deve tener conto delle conoscenze e delle
qualifiche già acquisite dall’interessato in un altro Stato membro (v.,
in tal senso, sentenza Vlassopoulou, cit., punto 15). Nell’ambito di
tale procedura di autorizzazione, l’esame dell’idoneità e delle
qualifiche deve essere effettuato dalle autorità nazionali in base ad
una procedura conforme alle prescrizioni del diritto comunitario
attinenti alla tutela effettiva dei diritti fondamentali conferiti dal
Trattato ai cittadini comunitari. Di conseguenza, una decisione presa al
termine di tale esame deve essere motivata e deve poter essere impugnata
con un ricorso di tipo giurisdizionale (v., in tal senso, sentenze 15
ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punto 17, e
Vlassopoulou, cit., punto 22).
94 Inoltre, un regime di previa autorizzazione amministrativa deve
essere fondato, in particolare, su criteri oggettivi, non discriminatori
e predeterminati, in modo da fissare dei limiti all’esercizio del potere
discrezionale delle autorità idonei a scongiurare un uso arbitrario di
quest’ultimo (v. sentenza Analir e a., cit., punto 38).
95 Ora, la detta convenzione deve essere stipulata con un centro di
inseminazione artificiale, il quale si trova, sul mercato delle
inseminazioni, in potenziale concorrenza con quello stesso operatore di
cui esso è chiamato a verificare le competenze di inseminatore. Inoltre,
la conclusione di tale convenzione è rimessa alla discrezionalità dei
presidenti di tali centri, i quali non sono obbligati a firmarla neppure
se il candidato soddisfa i requisiti di idoneità oggettivi, non
discriminatori e predeterminati.
96 Stanti tali premesse, la stipula della convenzione non costituisce
una procedura di esame appropriata, atta a consentire alle autorità
dello Stato membro ospitante di sincerarsi esclusivamente ed in modo
obiettivo dell’idoneità degli inseminatori provenienti da un altro Stato
membro, e non soddisfa i criteri enunciati ai punti 93 e 94 della
presente sentenza.
97 Di conseguenza, occorre constatare che la normativa controversa,
anche supponendo la sua idoneità a garantire la realizzazione della
tutela della salute degli animali e di quella dell’operatore che procede
all’atto di inseminazione, va oltre quanto è necessario per il
raggiungimento dell’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenze 29
marzo 2007, causa C‑347/04, Rewe Zentralfinanz, Racc. pag. I‑2647, punto
37, e 25 ottobre 2007, causa C‑464/05, Geurts e Vogten, Racc. pag.
I‑9325, punto 24).
98 Riguardo alla sicurezza alimentare ed alla tracciabilità del seme, va
constatato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica
francese, l’art. 18 del regolamento n. 178/2002 non può essere
interpretato nel senso che consenta di giustificare le restrizioni
scaturenti dal regime in questione. Infatti, tale articolo riguarda il
settore della sicurezza alimentare, le cui esigenze in materia di
tracciabilità possono essere soddisfatte mediante un sistema in cui il
servizio di inseminazione artificiale venga garantito da persone
qualificate e debitamente individuate, senza l’applicazione di
restrizioni quali quelle derivanti dal regime in questione.
99 Occorre inoltre rilevare come il detto Stato membro non abbia
minimamente dimostrato che l’esclusiva geografica conferita ai centri
riconosciuti e la subordinazione del rilascio della licenza di
inseminatore alla stipula di una convenzione con il presidente di uno di
tali centri costituiscano misure necessarie e proporzionate al fine di
garantire la sicurezza alimentare e la tracciabilità. Infatti, non è
stato presentato alcun elemento di prova per dimostrare che gli obblighi
imposti agli inseminatori per quanto riguarda la qualità e
l’utilizzazione del seme nonché i controlli circa il rispetto di tali
obblighi renderebbero indispensabile tale esclusiva geografica ovvero la
condizione cui è in tal modo subordinata la concessione della detta
licenza.
100 Alla luce di tali fatti, la giustificazione invocata dalla
Repubblica francese, attinente alla tutela della sanità pubblica, non
può essere accolta.
Sulle esigenze di gestione del territorio
- Argomenti delle parti
101 La Repubblica francese sostiene che il regime in questione persegue
una finalità di gestione del territorio, e che la Corte ha riconosciuto
quest’ultima come integrante una ragione imperativa di interesse
generale (sentenza 13 gennaio 2000, causa C‑254/98, TK-Heimdienst, Racc.
pag. I‑151, punto 34). Il detto Stato membro afferma che tale regime ha
permesso il mantenimento di un’attività agricola nella maggior parte del
territorio francese, nel quale prevalgono le zone a bassa densità di
allevamenti e le zone di montagna. Esso fa valere che il mantenimento di
razze bovine resistenti a particolari condizioni di clima e di
altitudine ha permesso di preservare le attività di allevamento in
regioni minacciate da desertificazione a motivo delle loro
caratteristiche climatiche o geografiche.
102 Secondo la Commissione, mancando dati statistici, l’esclusiva
geografica concessa ai centri di inseminazione riconosciuti non potrebbe
essere giustificata dall’affermazione secondo cui, in assenza di tale
esclusiva, una gran parte del territorio francese rischierebbe di essere
privata dei servizi di inseminazione. Ad ogni modo, la Commissione fa
valere che il mantenimento di razze resistenti a particolari condizioni
di clima e di altitudine non potrebbe subir pregiudizio dalla
soppressione degli ostacoli di cui si discute.
- Giudizio della Corte
103 Occorre rilevare, in accordo con la Commissione, che le allegazioni
della Repubblica francese non sono supportate da alcun elemento
informativo né da alcun dato statistico. Il detto Stato membro non ha
dimostrato in forma circostanziata che l’esclusiva geografica conferita
ai suddetti centri riconosciuti fosse necessaria per garantire l’offerta
del servizio di inseminazione artificiale sull’insieme del territorio
francese.
104 Inoltre, tale giustificazione non potrebbe essere invocata con
riferimento alle zone del territorio francese che non presentano le
caratteristiche sfavorevoli indicate dal detto Stato membro.
105 Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 83
delle sue conclusioni, senza che sia necessario verificare se le
esigenze di gestione del territorio siano astrattamente idonee a
giustificare restrizioni della libertà di stabilimento e della libera
prestazione dei servizi, non è stato dimostrato che esigenze siffatte
sussistano nel caso di specie e siano di natura tale da rendere
necessaria la detta esclusiva geografica.
106 Alla luce di tali circostanze, anche la giustificazione relativa
alle esigenze di gestione del territorio invocata dalla Repubblica
francese deve essere respinta.
107 Ne consegue che, in assenza di valida giustificazione delle
restrizioni in questione, deve considerarsi fondato il ricorso della
Commissione.
108 Pertanto, alla luce delle considerazioni svolte sopra, occorre
constatare che, riservando il diritto di fornire il servizio di
inseminazione artificiale dei bovini a centri di inseminazione
artificiale riconosciuti, beneficiari di un’esclusiva geografica, nonché
ai titolari di una licenza di inseminatore il cui rilascio è subordinato
alla stipula di una convenzione con uno di tali centri, la Repubblica
francese ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt.
43 CE e 49 CE.
Sulle spese
109 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica francese, rimasta
soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
1) Riservando il diritto di fornire il servizio di inseminazione
artificiale dei bovini a centri di inseminazione artificiale
riconosciuti, beneficiari di un’esclusiva geografica, nonché ai titolari
di una licenza di inseminatore il cui rilascio è subordinato alla
stipula di una convenzione con uno di tali centri, la Repubblica
francese ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt.
43 CE e 49 CE.
2) La Repubblica francese è condannata alle spese.
Firme
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