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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 17/07/2008, Proc. C-51/05 P
AGRICOLTURA - Aiuti alla distillazione - Ricorso per risarcimento danni -
Responsabilità extracontrattuale della Comunità - Termine di prescrizione -
Dies a quo - Impugnazione - Organizzazione comune del mercato
viticolo. Il diritto di proporre un’azione dinanzi al giudice
comunitario può essere esercitato solo alle condizioni previste al riguardo
dalle disposizioni che disciplinano ogni ricorso specifico, nella specie il
ricorso per risarcimento danni di cui all’art. 235 CE. Di conseguenza, tale
diritto può essere esercitato validamente dinanzi al Tribunale solo qualora
quest’ultimo abbia correttamente applicato, in particolare, norme che
regolamentano la disciplina della prescrizione attinente al detto ricorso
(v., in tal senso, ordinanza 18/07/2002, causa C‑136/01 P, Autosalone Ispra
dei Fratelli Rossi/Commissione). Nella specie, la sentenza del Tribunale di
primo grado delle Comunità europee 23 novembre 2004, causa T‑166/98, Cantina
sociale di Dolianova e a./Commissione, è annullata nella parte in cui ha
dichiarato ricevibile il ricorso per risarcimento danni proposto dalla
Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. arl, dalla Cantina Trexenta Soc.
coop. arl, dalla Cantina sociale Marmilla - Unione viticoltori associati
Soc. coop. arl, dalla Cantina sociale S. Maria La Palma Soc. coop. Arl e
dalla Cantina sociale del Vermentino Soc. coop. arl Monti‑Sassari e ha
condannato la Commissione delle Comunità europee a risarcire il danno subito
da queste ultime, a seguito del fallimento della Distilleria Agricola
Industriale de Terralba, a causa dell’insussistenza di un meccanismo idoneo
a garantire - nell’ambito del regime istituito dall’art. 9 del regolamento
(CEE) della Commissione 15 settembre 1982, n. 2499, che stabilisce le norme
relative alla distillazione preventiva per la campagna viticola 1982/1983 -
il versamento dell’aiuto comunitario previsto da tale regolamento ai
produttori interessati. Sicché, il ricorso nella causa T‑166/98 è respinto.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 17/07/2008, Proc.
C-51/05 P
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
17 luglio 2008 (*)
«Impugnazione - Organizzazione comune del mercato viticolo - Aiuti
alla distillazione - Ricorso per risarcimento danni - Responsabilità
extracontrattuale della Comunità - Termine di prescrizione - Dies a
quo»
Nel procedimento C‑51/05 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto
della Corte di giustizia, proposta il 7 febbraio 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C.
Cattabriga e dal sig. L. Visaggio, in qualità di agenti, con domicilio
eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. arl, con sede in Dolianova,
Cantina Trexenta Soc. coop. arl, con sede in Senorbì,
Cantina sociale Marmilla - Unione viticoltori associati Soc. coop. arl,
con sede in Sanluri,
Cantina sociale S. Maria La Palma Soc. coop. arl, con sede in Santa
Maria La Palma,
Cantina sociale del Vermentino Soc. coop. arl Monti‑Sassari, con sede in
Monti,
rappresentate dagli avv.ti C. Dore e G. Dore,
ricorrenti in primo grado,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. G.
Arestis (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. J.
Malenovský e T. von Danwitz, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 22 novembre 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede
l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle
Comunità europee 23 novembre 2004, Cantina sociale di Dolianova e
a./Commissione (causa T‑166/98, Racc. pag. II‑3991; in prosieguo: la
«sentenza impugnata»), in quanto, con tale sentenza, quest’ultimo ha
condannato la Commissione a risarcire il danno subito dalla Cantina
sociale di Dolianova Soc. coop. arl, dalla Cantina Trexenta Soc. coop.
arl, dalla Cantina sociale Marmilla - Unione viticoltori associati Soc.
coop. arl, dalla Cantina sociale S. Maria La Palma Soc. coop. arl e
dalla Cantina sociale del Vermentino Soc. coop. arl Monti‑Sassari (in
prosieguo, congiuntamente: le «Cantine»), a seguito del fallimento della
Distilleria Agricola Industriale di Terralba (in prosieguo: la «DAI»), a
causa dell’insussistenza di un meccanismo idoneo a garantire -
nell’ambito del regime istituito dall’art. 9 del regolamento (CEE) della
Commissione 15 settembre 1982, n. 2499, che stabilisce le norme relative
alla distillazione preventiva per la campagna viticola 1982/1983 (GU L
267, pag. 16) - il versamento dell’aiuto comunitario previsto da tale
regolamento ai produttori interessati.
Contesto normativo
2 L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 2499/82 fissa un prezzo minimo
d’acquisto dei vini destinati alla distillazione.
3 Secondo l’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 2499/82, tale
prezzo non consente, in genere, di commercializzare alle condizioni del
mercato i prodotti ottenuti mediante distillazione. Di conseguenza, tale
regolamento ha previsto un meccanismo di compensazione caratterizzato
dal versamento, da parte dell’organismo d’intervento, di un aiuto fisso
per il vino distillato, il cui importo è stabilito dall’art. 6 del detto
regolamento.
4 L’art. 9 del regolamento n. 2499/82 così recita:
«1. Il prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5, paragrafo 1,
primo comma, è pagato dal distillatore al produttore entro novanta
giorni dall’entrata in distilleria [del quantitativo totale di vino o,
eventualmente, di ciascuna partita di vino].
2. L’organismo d’intervento versa al distillatore l’aiuto di cui
all’articolo 6, paragrafo 1, nonché, se del caso, la maggiorazione del
prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5, paragrafo 1, secondo
comma, entro novanta giorni dalla presentazione della prova che il
quantitativo totale di vino indicato nel contratto è stato distillato.
(…)
Il distillatore è tenuto a fornire all’organismo d’intervento la prova
di aver pagato il prezzo minimo d’acquisto di cui all’articolo 5,
paragrafo 1, primo comma, entro il termine previsto al paragrafo 1,
nonché, se del caso, la maggiorazione di detto prezzo entro il termine
di cui al quarto comma. Se tale prova non è fornita entro i centoventi
giorni successivi alla data di presentazione della prova di cui al primo
comma, gli importi versati sono recuperati dall’organismo d’intervento.
(...)».
5 L’art. 11 del regolamento n. 2499/82 prevede quanto segue:
«1. Il distillatore, nel caso di cui all’articolo 9 (...), può chiedere
che un importo pari all’aiuto previsto dall’articolo 6, primo comma, gli
sia versato a titolo di anticipo a condizione che egli abbia costituito,
a favore dell’organismo d’intervento, una cauzione pari al 110% di detto
importo.
2. La cauzione è costituita sotto forma di garanzia prestata da un
istituto rispondente ai criteri fissati dallo Stato membro di
appartenenza dell’organismo d’intervento.
3. L’anticipo è versato entro novanta giorni dalla presentazione della
prova dell’avvenuta costituzione della cauzione e, comunque, dopo la
data di approvazione del contratto o della dichiarazione.
(…)».
6 Ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia:
«Le azioni contro le Comunità in materia di responsabilità
extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento
in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione è
interrotta sia dall’istanza presentata alla Corte, sia dalla preventiva
richiesta che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente
delle Comunità. In quest’ultimo caso l’istanza deve essere proposta nel
termine di due mesi previsto dall’articolo 230 del trattato CE e
dall’articolo 146 del trattato CEEA; sono applicabili, quando ne sia il
caso, rispettivamente le disposizioni di cui all’articolo 232, secondo
comma, del trattato CE e dall’articolo 148, secondo comma, del trattato
CEEA».
Fatti
7 I fatti all’origine della controversia, come esposti ai punti 16‑44
della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.
8 Le Cantine sono cooperative viticole produttrici di vino in Sardegna.
Tra i mesi di gennaio e marzo 1983, nell’ambito della distillazione
preventiva per la campagna 1982/1983, esse hanno consegnato alla DAI del
vino che era stato distillato entro il termine stabilito dalle
disposizioni dell’art. 4 del regolamento n. 2499/82. Il termine di 90
giorni impartito alla DAI dall’art. 9, n. 1, di detto regolamento per
pagare le Cantine è scaduto nel giugno 1983.
9 Il 22 giugno 1983 la DAI ha chiesto all’Azienda di Stato per gli
interventi nel mercato agricolo (in prosieguo: l’«AIMA») di procedere,
in applicazione dell’art. 11 del regolamento n. 2499/82, al versamento
anticipato dell’aiuto comunitario per il vino che era stato consegnato e
distillato. A tal fine, la DAI ha costituito la cauzione prescritta da
detta norma, pari al 110% dell’importo di tale aiuto, mediante una
polizza emessa dall’Assicuratrice Edile SpA (in prosieguo: l’«Assedile»)
a favore dell’AIMA. Il 10 agosto 1983 l’AIMA ha proceduto al versamento
dell’anticipo richiesto a favore della DAI, in conformità a detto art.
11.
10 A causa di difficoltà finanziarie, la DAI non ha provveduto, secondo
i casi in tutto o in parte, a pagare i produttori, tra i quali le
Cantine, che avevano consegnato il vino destinato alla distillazione.
Nell’ottobre 1983 la DAI ha chiesto l’ammissione alla procedura di
amministrazione controllata prevista dalla legge fallimentare italiana.
Poiché il giudice adito nel prosieguo, vale a dire il Tribunale di
Oristano, ha accolto la domanda, la DAI ha sospeso l’insieme dei
pagamenti, ivi compresi quelli ancora dovuti ai produttori che le
avevano consegnato il vino.
11 L’AIMA ha chiesto alla DAI la restituzione dell’aiuto comunitario,
dedotte le somme regolarmente versate ai citati produttori, affermando
che la DAI non le aveva fornito entro il termine prescritto dall’art. 9,
n. 2, del regolamento n. 2499/82 la prova del pagamento agli altri
produttori del prezzo minimo d’acquisto del vino entro il termine di 90
giorni dall’entrata in distilleria previsto dall’art. 9, n. 1, di tale
regolamento. Non avendo ottenuto la restituzione di tale aiuto da parte
della DAI, l’AIMA ha chiesto all’Assedile di versarle l’importo della
cauzione.
12 Su domanda della DAI, il 26 luglio 1984 il Pretore di Terralba ha
emesso un provvedimento urgente inibendo all’Assedile di pagare la
cauzione all’AIMA e impartendo alla DAI il termine di 60 giorni per
instaurare il giudizio di merito.
13 Nel mese di settembre del 1984 la DAI ha instaurato il giudizio di
merito dinanzi al Tribunale civile di Roma. In particolare essa ha
chiesto a tale giudice di dichiarare che i produttori erano i
destinatari ultimi della cauzione costituita presso l’Assedile, entro i
limiti delle somme ancora dovute. Essa ha sostenuto che tale cauzione
era destinata a garantire il pagamento del prezzo minimo di acquisto ai
produttori, in proporzione alla produzione consegnata, in caso di
inadempimento degli obblighi del distillatore. Essa ha suggerito di
sottoporre alla Corte alcune questioni pregiudiziali vertenti
sull’interpretazione dei regolamenti comunitari applicabili.
14 Le Cantine, un’altra cooperativa viticola ed un consorzio di
cooperative viticole sono intervenuti nel procedimento aderendo alla
tesi della DAI, sostenendo che le somme oggetto della cauzione
costituita presso l’Assedile spettavano loro, in proporzione al vino
consegnato, ed hanno pertanto chiesto al Tribunale civile di Roma di
dichiarare che l’Assedile era tenuta a versare loro l’importo dei loro
crediti rimasti insoluti nei confronti della DAI e, in subordine, che
l’AIMA era tenuta a versare loro tali somme.
15 Nelle more, con sentenza 27 febbraio 1986, il Tribunale di Oristano
ha dichiarato il fallimento della DAI.
16 Nella sua sentenza 27 gennaio 1989 il Tribunale civile di Roma ha
dichiarato, in sostanza, che le pretese avanzate dalle cooperative
intervenute a sostegno della DAI erano prive di fondamento, constatando
in particolare che il regolamento n. 2499/82 risultava di chiara e
agevole interpretazione, al pari delle clausole contrattuali relative
alla garanzia prestata dall’Assedile in favore dell’AIMA, e che non era
pertanto necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte.
Escluso ogni asserito diritto delle suddette cooperative a percepire
l’importo della cauzione costituita presso l’Assedile, il Tribunale
civile di Roma ha ritenuto che la procedura fallimentare della DAI
costituisse la sede appropriata affinché dette cooperative potessero
ottenere il pagamento dei loro crediti.
17 Il 27 settembre 1989 le Cantine, ad eccezione della Cantina sociale
del Vermentino Soc. coop. arl Monti‑Sassari, hanno interposto appello
contro tale sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Roma. Con sentenza
19 novembre 1991 quest’ultima ha dichiarato la domanda inammissibile, in
quanto l’atto introduttivo dell’appello non era stato notificato alla
curatela fallimentare della DAI, bensì alla DAI stessa, allora in
fallimento, e non era poi stata correttamente rinnovata la notifica
entro il termine assegnato.
18 Frattanto, il 16 gennaio 1990, l’Assedile ha pagato le somme dovute
all’AIMA.
19 Con sentenza 28 novembre 1994 la Corte suprema di cassazione ha
respinto il ricorso proposto dalle Cantine, ad eccezione della Cantina
sociale del Vermentino Soc. coop. arl Monti‑Sassari, avverso la sentenza
della Corte d’appello di Roma.
20 Le Cantine si sono ritualmente insinuate al passivo nell’ambito del
procedimento fallimentare della DAI e, in esito a tale procedimento, nel
2000 hanno partecipato alla ripartizione in veste di creditori
privilegiati. All’atto di tale ripartizione, esse hanno ottenuto il
pagamento dei crediti riconosciuti nei confronti della DAI a concorrenza
del 39% del loro importo.
21 Con lettera del 22 gennaio 1996 le Cantine hanno chiesto all’AIMA di
soddisfare i crediti che esse vantavano nei confronti della DAI,
sostenendo che l’AIMA si era ingiustamente arricchita per effetto
dell’incameramento della cauzione costituita presso l’Assedile. L’AIMA
ha respinto tale reclamo rilevando che tale cauzione le spettava e che i
produttori non disponevano nei suoi confronti di alcuna azione diretta a
recuperare i crediti che vantavano nei confronti della DAI. Il 16
febbraio 1996 le Cantine hanno promosso contro l’AIMA, dinanzi al
Tribunale civile di Cagliari, un’azione per arricchimento indebito; tale
procedimento, tuttavia, è stato successivamente sospeso al fine di
trovare un accordo transattivo tra le parti.
22 Il 13 novembre 1996 le Cantine hanno inviato alla Commissione un
esposto in cui denunciavano l’asserita violazione, da parte dell’AIMA,
della normativa comunitaria, segnatamente del regolamento n. 2499/82,
chiedendo in particolare alla Commissione di invitare l’AIMA e la
Repubblica italiana a rimborsare loro gli importi che esse non avevano
ricevuto a titolo di aiuti comunitari per la campagna viticola
1982/1983.
23 Con lettera del 25 giugno 1997, la Commissione ha indicato alle
Cantine che il 16 gennaio 1990 l’Assedile aveva versato l’importo della
cauzione costituita presso la stessa all’AIMA, maggiorato di interessi.
In seguito, con lettera dell’8 dicembre 1997 l’istituzione le ha
informate che l’AIMA aveva incassato l’importo di tale cauzione nel
febbraio 1991 e che lo aveva contabilizzato a favore del Fondo europeo
agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG) nell’ambito dell’esercizio
1991.
24 Con lettera del 23 gennaio 1998, pervenuta alla Commissione il 5
febbraio seguente, le Cantine hanno chiesto all’istituzione di versare
loro la somma corrispondente all’importo dei crediti che esse vantavano
nei confronti della DAI, in quanto la cauzione incamerata dall’AIMA era
stata restituita al FEAOG. A loro parere, dalla finalità del regolamento
n. 2499/82, diretto a favorire i produttori di vino, discendeva che essi
dovevano essere considerati i destinatari effettivi e unici dell’aiuto
istituito da tale regolamento.
25 Con lettera del 31 luglio 1998, firmata dal direttore generale della
Direzione generale «Agricoltura» della Commissione e pervenuta alle
Cantine il 14 agosto 1998, la Commissione ha respinto tale domanda. Essa
ha affermato che, nel caso di specie, l’aiuto spettava in primo luogo al
distillatore, per consentirgli di compensare l’elevato prezzo d’acquisto
del vino. La cauzione sarebbe stata costituita presso l’Assedile a
favore dell’AIMA e i produttori non avrebbe potuto vantare alcun diritto
su tale importo.
26 In questa stessa lettera, la Commissione ha, inoltre, rilevato che
l’approvazione, da parte dell’AIMA, dei contratti conclusi tra le
Cantine e la DAI non modificava la natura privata di tali contratti,
cosicché le asserite obbligazioni della Commissione verso le Cantine
sarebbero state di natura extracontrattuale. Di conseguenza, qualunque
azione contro la Commissione delle Comunità europee era ormai
prescritta, in applicazione dell’art. 46 dello Statuto della Corte di
giustizia, atteso che la cauzione costituita presso l’Assedile è stata
versata all’AIMA il 16 gennaio 1990 e restituita al FEAOG nel corso
dell’esercizio 1991.
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
27 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 ottobre
1998, le Cantine hanno proposto un ricorso volto, in primo luogo,
all’annullamento della lettera della Commissione del 31 luglio 1998 ai
sensi dell’art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica,
art. 230 CE), in secondo luogo, all’accertamento di una carenza di detta
istituzione contraria all’art. 175 del Trattato CE (divenuto, in seguito
a modifica, art. 232 CE), che sarebbe costituita dal fatto che
quest’ultima si è astenuta dall’adottare una decisione relativa alla
concessione, a loro favore, dell’aiuto comunitario che avrebbe dovuto
essere versato loro dalla DAI, e, in terzo luogo, alla condanna della
Commissione sulla base dell’indebito arricchimento e/o ai sensi
dell’art. 178 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 235
CE) a versare loro le somme equivalenti agli importi dei loro crediti
rimasti insoluti vantati nei confronti della DAI.
28 La Commissione ha chiesto che il ricorso venisse dichiarato
irricevibile o, in subordine, respinto in quanto infondato.
29 Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto - rispettivamente,
ai punti 80 e 83 di quest’ultima - in quanto irricevibili le domande
delle Cantine volte ad ottenere l’annullamento della lettera della
Commissione del 31 luglio 1998 e l’accertamento della carenza
dell’istituzione. Esso ha parimenti respinto, al punto 84 di detta
sentenza, la domanda di condanna della Commissione fondata sull’indebito
arricchimento.
30 Per contro, il Tribunale ha ritenuto, al punto 150 della sentenza
impugnata, che la domanda di risarcimento presentata ai sensi dell’art.
235 CE fosse ricevibile e ha dichiarato, al punto 1 del dispositivo di
detta sentenza, che «[l]a Commissione è tenuta a risarcire il danno
subito dalle [Cantine, ] a seguito del fallimento della [DAI], a causa
dell’insussistenza di un meccanismo idoneo a garantire - nell’ambito del
regime istituito dall’art. 9 del regolamento [n. 2499/82] - il
versamento ai produttori interessati dell’aiuto comunitario previsto da
tale regolamento».
31 In particolare, quanto alla ricevibilità della domanda proposta ai
sensi dell’art. 235 CE, nell’ambito del motivo sollevato dalla
Commissione e relativo alla prescrizione dell’azione di responsabilità
extracontrattuale della Comunità, il Tribunale ha anzitutto ricordato,
al punto 129 della sentenza impugnata, che il termine di prescrizione
previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia non può
iniziare a decorrere prima che si realizzino tutte le condizioni cui è
subordinato l’obbligo del risarcimento, vale a dire l’esistenza di un
comportamento illegittimo delle istituzioni comunitarie, l’effettività
del danno lamentato e l’esistenza di un nesso di causalità tra detto
comportamento e il danno denunciato.
32 Il Tribunale ha poi precisato, al punto 130 di detta sentenza, che,
ove si tratti di un caso, come nella fattispecie, in cui la
responsabilità della Comunità deriva da un atto normativo, il termine di
prescrizione non può iniziare a decorrere prima che si siano prodotti
gli effetti dannosi dell’atto e, quindi, prima del momento in cui gli
interessati abbiano subito un danno certo.
33 Il Tribunale ha pertanto statuito, al punto 131 della sentenza
impugnata, che, nel caso di specie, il termine di prescrizione aveva
iniziato a decorrere dal momento in cui il danno derivante dal mancato
versamento, totale o parziale, dell’aiuto comunitario era stato subito
in maniera certa dalle Cantine. Esso ha rilevato, al punto 132 di detta
sentenza, che è pacifico, nella fattispecie, che le ultime consegne di
vino delle Cantine avevano avuto luogo nel marzo 1983 e che il prezzo
minimo d’acquisto del vino avrebbe dovuto essere pagato loro dalla DAI,
in applicazione dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 2499/82, entro 90
giorni dall’entrata del vino in distilleria, vale a dire entro la fine
del mese di giugno 1983.
34 Al punto 133 della sentenza impugnata, il Tribunale ha tuttavia
statuito che, nelle particolari circostanze della fattispecie, non si
può ritenere che il danno subito dalle Cantine alla fine del giugno 1983
a causa del mancato pagamento, totale o parziale, del prezzo minimo
d’acquisto entro il termine prescritto presentasse fin da tale data un
carattere certo, che fosse cioè imminente e prevedibile.
35 Il Tribunale ha aggiunto, ai punti 136 e 145 della sentenza
impugnata, che, al fine di valutare tale certezza, occorreva prendere in
considerazione i procedimenti, instaurati dalla DAI dinanzi ai giudici
italiani, specificamente attinenti alla sorte della cauzione costituita
presso l’Assedile, tenuto conto della complessità del sistema istituito
dal regolamento n. 2499/82 e delle circostanze eccezionali del caso di
specie nelle quali era estremamente difficile, per un operatore
economico prudente e accorto, accorgersi, prima dell’esito di tali
procedimenti, che non avrebbe potuto ottenere il pagamento degli aiuti
in parola avvalendosi di detta cauzione dinanzi al giudice nazionale.
36 Al punto 146 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato
che, nella fattispecie, il beneficiario della cauzione costituita presso
l’Assedile è stato determinato in via definitiva dai giudici nazionali
soltanto a seguito della sentenza della Corte di cassazione 28 novembre
1994 e che, di conseguenza, il danno subito dalle Cantine non poteva
definirsi certo anteriormente a tale data.
37 Il Tribunale ha concluso, al punto 147 di detta sentenza, che il
termine quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 46 dello Statuto
della Corte di giustizia non poteva iniziare a decorrere prima del 28
novembre 1994, cosicché la domanda presentata in applicazione dell’art.
235 CE, proposta nel 1998, non poteva considerarsi tardiva. Esso ha
pertanto dichiarato, al punto 148 della sentenza impugnata, che il
motivo vertente sulla prescrizione, sollevato dalla Commissione, doveva
essere respinto e, al punto 150 di detta sentenza, che detta domanda era
ricevibile.
Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte
38 La Commissione chiede alla Corte di:
- annullare la sentenza impugnata in quanto accoglie il ricorso per
risarcimento danni proposto contro di essa;
- statuendo definitivamente sulla controversia, respingere detto ricorso
in quanto irricevibile, e
- condannare le Cantine alle spese del presente procedimento e di quello
avviato dinanzi al Tribunale.
39 Le Cantine chiedono alla Corte di:
- respingere il ricorso;
- in via subordinata, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso,
confermare la sentenza impugnata in quanto condanna la Commissione al
risarcimento dei danni, rigettando l’eccezione di prescrizione sollevata
da quest’ultima, e
- condannare la Commissione alle spese.
Sull’impugnazione
40 A sostegno del ricorso la Commissione solleva un solo motivo,
attinente alla violazione, ai punti 129‑150 della sentenza impugnata,
dell’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia e del principio di
certezza del diritto.
Argomenti delle parti
41 La Commissione rileva che la costante giurisprudenza della Corte e
del Tribunale pone il principio secondo cui il termine di prescrizione
di cinque anni dell’azione di responsabilità extracontrattuale nei
confronti della Comunità, previsto all’art. 46 dello Statuto della Corte
di giustizia, non può iniziare a decorrere prima che si sia realizzato
il danno da risarcire. Qualora detta responsabilità derivasse da un atto
normativo, tale termine di prescrizione non potrebbe iniziare a
decorrere prima che gli interessati abbiano subito un danno certo.
42 In particolare, la Commissione contesta al Tribunale di non aver
tenuto conto, nella sentenza impugnata, del fatto che dal 1983 il
regolamento n. 2499/82, non prevedendo la possibilità di versare l’aiuto
comunitario direttamente al produttore in caso d’insolvenza del
distillatore, aveva arrecato un danno concreto alle Cantine. Il dies a
quo del termine di prescrizione avrebbe, dunque, dovuto essere fissato
al giorno in cui, a seguito dell’insolvenza della DAI, le Cantine non
avevano potuto ottenere il pagamento dell’aiuto comunitario nel termine
di 90 giorni dopo l’entrata in distilleria del vino, previsto da detto
regolamento.
43 Secondo la Commissione, il Tribunale ha, per contro, basato la
propria sentenza sulla percezione che le Cantine avrebbero avuto effetti
dannosi dal regolamento n. 2499/82. A tale riguardo essa sostiene che il
Tribunale, ritenendo insufficiente la circostanza che le Cantine
sapessero di aver subito un danno derivante dall’applicazione di tale
regolamento, ha ritenuto necessario un elemento del tutto soggettivo,
cioè la consapevolezza, per queste ultime, di poter ottenere
soddisfazione solo mediante un’azione di risarcimento danni nei
confronti della Commissione, dopo il fallimento, nella fattispecie, dei
loro tentativi di ottenere dinanzi ai giudici nazionali il pagamento
dell’aiuto comunitario appropriandosi dell’importo della cauzione
costituita presso l’Assedile.
44 La Commissione rileva, parimenti, che la sentenza impugnata non
sarebbe neppure conforme ai principi enunciati nella sentenza della
Corte 7 novembre 1985, causa 145/83, Adams/Commissione (Racc. pag.
3539). Tale istituzione ritiene che le Cantine non potrebbero avvalersi
di tale sentenza, in quanto essa tiene conto dell’ignoranza incolpevole
del fatto all’origine del danno. Orbene, come si è rilevato ai punti 139
e 140 della sentenza impugnata, non ci sarebbe alcun dubbio quanto alla
circostanza che le Cantine erano consapevoli delle modalità stabilite
dal regolamento n. 2499/82.
45 La Commissione, inoltre, contesta al Tribunale di aver disatteso
nella sentenza impugnata il principio di certezza del diritto,
necessario per l’applicazione del termine di prescrizione. Infatti, se
la determinazione del dies a quo del termine quinquennale di cui
all’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia si dovesse far
dipendere dalla percezione soggettiva che ciascun interessato può avere
della certezza del danno subito, ciò si tradurrebbe nel rimettere alla
discrezionalità della parte lesa la possibilità di decidere il momento
in cui l’azione di risarcimento sarebbe definitivamente estinta. La
Commissione aggiunge, a tal riguardo, che i giudizi di appello e di
cassazione instaurati dalle Cantine non hanno, peraltro, contribuito in
alcun modo, nella fattispecie, ad influenzare il loro convincimento
circa la certezza del danno.
46 La Commissione rileva, inoltre, che la sentenza del Tribunale è
viziata da contraddittorietà dei motivi. Il Tribunale, infatti, avrebbe,
da un lato, rifiutato di considerare l’esaurimento dei rimedi offerti
dall’ordinamento interno come una condizione di ricevibilità dell’azione
di responsabilità extracontrattuale introdotto dalle Cantine contro la
Commissione e, dall’altro, avrebbe fatto decorrere il dies a quo del
termine di prescrizione applicabile a tale azione dalla data di una
sentenza definitiva nazionale, nella fattispecie quella della Corte
suprema di cassazione del 28 novembre 1994.
47 Le Cantine, dal canto loro, sostengono che l’impugnazione è infondata
e che il Tribunale ha correttamente concluso, nella sentenza impugnata,
che non ricorrevano le condizioni per la proposizione di un’azione di
risarcimento danni nei confronti della Commissione finché la
controversia pendente dinanzi ai giudici nazionali non fosse risolta
dalla sentenza della Corte suprema di cassazione.
48 Le Cantine ritengono che fossero tenute ad attendere l’esito del
contenzioso interno prima di adire gli organi comunitari, tenuto conto
in particolare dell’assenza, nella fattispecie, di qualsivoglia
disposizione che disciplini la situazione del distillatore insolvente. A
tale proposito, esse aggiungono che il Tribunale avrebbe sicuramente
rigettato l’azione di risarcimento danni per il fatto che i rimedi
interni non erano stati esauriti. Secondo le Cantine, non è pertanto
maturata alcuna prescrizione, in quanto il termine di prescrizione
dell’azione di responsabilità extracontrattuale proposta nei confronti
della Commissione è iniziato a decorrere solamente dal rigetto, da parte
della Corte suprema di cassazione, del loro ricorso, conferendo così
alla sentenza del Tribunale civile di Roma il valore di cosa giudicata.
49 Le Cantine replicano peraltro alla Commissione che la sua
argomentazione secondo cui la sentenza impugnata presenterebbe una
contraddizione riguardo alla ricevibilità dell’azione di responsabilità
extracontrattuale proposta nei confronti della Commissione e al dies a
quo del termine di prescrizione applicabile a tale azione è in ogni caso
infondata, in quanto si baserebbe sulla contrapposizione di due parti di
tale sentenza relativi a nozioni giuridiche ed a fatti distinti.
50 Nell’ipotesi in cui la Corte accogliesse gli argomenti della
Commissione relativi alla prescrizione dell’azione di responsabilità
extracontrattuale esperita nei confronti della Commissione e dovesse
fissare un nuovo dies a quo del termine di prescrizione di tale azione,
le Cantine sostengono che tale termine non potrebbe iniziare a decorrere
nei loro confronti prima che l’arricchimento indebito della Comunità si
sia effettivamente realizzato con la restituzione della cauzione
costituita presso l’Assedile, effettuata nel 1991, dall’AIMA al FEAOG.
Le Cantine rilevano di aver appreso di tale restituzione al FEAOG e,
pertanto, dell’arricchimento indebito della Comunità solo dopo aver
ricevuto la lettera della Commissione dell’8 dicembre 1997. Il termine
di prescrizione di detta azione, pertanto, dovrebbe decorrere da tale
data.
51 Le Cantine si avvalgono, al riguardo, di una costante giurisprudenza
della Corte e, in particolare, della sentenza Adams/Commissione, citata
supra, secondo cui nessuna prescrizione può essere eccepita nei
confronti della vittima del danno che abbia potuto avere conoscenza del
fatto che lo ha causato solo con ritardo e, di conseguenza, non abbia
potuto disporre di un termine ragionevole per proporre ricorso. Le
Cantine sottolineano parimenti di non aver mai trascurato la tutela dei
propri diritti, rivolgendosi all’AIMA per ottenere il pagamento dei loro
crediti nei confronti della DAI per mezzo della cauzione costituita
presso l’Assedile e, in seguito, rivolgendosi alla Commissione per far
valere l’irregolarità commessa dall’AIMA. Pertanto, nel caso di specie
non potrebbe essere loro imputato alcun ritardo colposo.
Giudizio della Corte
52 Occorre ricordare, in via preliminare, che il diritto di proporre
un’azione dinanzi al giudice comunitario può essere esercitato solo alle
condizioni previste al riguardo dalle disposizioni che disciplinano ogni
ricorso specifico, nella specie il ricorso per risarcimento danni di cui
all’art. 235 CE. Di conseguenza, tale diritto può essere esercitato
validamente dinanzi al Tribunale solo qualora quest’ultimo abbia
correttamente applicato, in particolare, norme che regolamentano la
disciplina della prescrizione attinente al detto ricorso (v., in tal
senso, ordinanza 18 luglio 2002, causa C‑136/01 P, Autosalone Ispra dei
Fratelli Rossi/Commissione, Racc. pag. I‑6565, punto 26).
53 In conformità all’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia, le
azioni contro la Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale
si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il
fatto che dà loro origine.
54 Il termine di prescrizione quinquennale di cui a detta disposizione
inizia a decorrere quando sono integrate tutte le condizioni cui è
subordinato l’obbligo di risarcimento del danno e, in particolare,
quando il danno da risarcire si è verificato. Pertanto, nei casi in cui,
come nella fattispecie, la responsabilità della Comunità trova la sua
origine in un atto normativo, tale termine di prescrizione non potrebbe
iniziare a decorrere prima che gli effetti dannosi di tale atto si siano
prodotti e, pertanto, prima che gli interessati abbiano subito un danno
certo [v., in particolare, sentenze 27 gennaio 1982, cause riunite
256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e 5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e
Commissione, Racc. pag. 85, punto 10, nonché 19 aprile 2007, causa
C‑282/05 P, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag. I‑2941, punto
29].
55 Nella fattispecie, il Tribunale ha statuito, al punto 131 della
sentenza impugnata, che il termine di prescrizione aveva iniziato a
decorrere dal momento in cui il danno derivante dal mancato versamento,
totale o parziale, dell’aiuto comunitario in questione era stato subito
in maniera certa dalle Cantine. Ha inoltre rilevato, al punto 132 di
detta sentenza, che era pacifico che tale versamento avrebbe dovuto
essere concesso loro dalla DAI entro la fine del giugno 1983, in
applicazione dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 2499/82. Tuttavia,
nelle particolari circostanze della fattispecie, il Tribunale ha
considerato, al punto 133 della sentenza impugnata, che non si potesse
ritenere che il danno subito dalle Cantine alla fine del giugno 1983
presentasse fin da tale data un carattere certo, cioè che fosse
imminente e prevedibile.
56 Al fine di valutare la certezza del danno, il Tribunale ha deciso, ai
punti 136 e 145 della sentenza impugnata, che occorreva prendere in
considerazione i procedimenti promossi dalla DAI dinanzi ai giudici
italiani, specificamente attinenti alla sorte della cauzione costituita
presso l’Assedile, tenuto conto della complessità del sistema istituito
dal regolamento n. 2499/82 e delle circostanze eccezionali della
fattispecie, nelle quali sarebbe stato estremamente difficile per un
operatore economico prudente ed accorto rendersi conto, prima dell’esito
di tali procedimenti, che non avrebbe potuto ottenere il pagamento degli
aiuti in parola avvalendosi di tale cauzione dinanzi al giudice
nazionale.
57 Il Tribunale ha pertanto concluso, ai punti 145‑147 della sentenza
impugnata, che soltanto a seguito della sentenza della Corte suprema di
cassazione del 28 novembre 1994 le Cantine avevano potuto rendersi conto
che non avrebbero ottenuto il versamento degli aiuti in parola
avvalendosi di detta cauzione e che, pertanto, il danno subito da queste
ultime non poteva definirsi certo prima di tale data, cosicché il
termine quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 46 dello Statuto
della Corte di giustizia non potrebbe iniziare a decorrere prima della
data medesima.
58 Al riguardo occorre ricordare che, così procedendo, il Tribunale ha
accolto un approccio soggettivo della sussistenza dei requisiti perché
ricorra la responsabilità extracontrattuale della Comunità, secondo cui
il danno causato da un atto normativo illegittimo non può essere
ritenuto certo se la parte asseritamente lesa non lo ritiene tale. Nella
sentenza impugnata, infatti, il Tribunale ha subordinato la valutazione
della certezza del danno causato alle Cantine alla consapevolezza, da
parte delle stesse, che non avrebbero ottenuto il risarcimento del danno
subito dinanzi ai giudici nazionali.
59 Orbene, i requisiti cui è subordinato l’obbligo di risarcimento dei
danni previsti dall’art. 288, secondo comma, CE - e, pertanto, le norme
sulla prescrizione che disciplinano le azioni volte al risarcimento dei
danni medesimi - non possono non fondarsi su criteri rigorosamente
oggettivi. Diversamente ragionando, infatti, si rischierebbe di ledere
il principio della certezza del diritto su cui si fondano proprio le
norme sulla prescrizione, che esige che le norme giuridiche del diritto
comunitario siano chiare e precise, affinché gli interessati possano
orientarsi in situazioni e relazioni giuridiche che rientrano
nell’ordinamento giuridico comunitario (v., in particolare, sentenza 15
febbraio 1996, causa C‑63/93, Duff e a., Racc. pag. I‑569, punto 20).
60 Occorre inoltre rilevare che il mancato decorso del termine di
prescrizione dell’azione di responsabilità extracontrattuale della
Comunità fintantoché la parte asseritamente lesa non abbia personalmente
acquisito la convinzione di aver subito un danno ha come conseguenza che
il momento in cui tale azione si estingue varierebbe secondo la
percezione individuale che ogni parte potrebbe avere dell’effettività
del danno, il che si pone in contraddizione con il principio della
certezza del diritto necessario ai fini dell’applicazione dei termini di
prescrizione.
61 A tale riguardo, si deve parimenti osservare che la Corte ha respinto
la tesi secondo cui il termine di prescrizione di cui all’art. 46 dello
Statuto della Corte di giustizia inizierebbe a decorrere solo dal
momento in cui la vittima ha una conoscenza precisa e circostanziata dei
fatti di causa, in quanto la conoscenza di tali fatti non rientra nel
novero degli elementi che devono sussistere ai fini del decorso del
termine di prescrizione (v. ordinanza Autosalone Ispra dei Fratelli
Rossi/Commissione, citata supra, punto 31). Non può tenersi conto della
valutazione soggettiva dell’effettività del danno nel determinare il
dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità
extracontrattuale della Comunità.
62 Ne consegue che, nella sentenza impugnata, il Tribunale non poteva
dichiarare il carattere certo del danno causato alle Cantine e,
pertanto, determinare il dies a quo del termine di prescrizione della
loro azione di responsabilità fondandosi sulla percezione che esse
avevano avuto degli effetti dannosi del regolamento n. 2499/82. Al
contrario, il Tribunale avrebbe dovuto fondarsi, a tal fine, su criteri
esclusivamente oggettivi.
63 Proprio su tali criteri si è già basata la Corte per fissare il dies
a quo del termine di prescrizione previsto all’art. 46 dello Statuto
della Corte di giustizia. Infatti, secondo quanto emerge dal punto 33
della sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, citata supra, la Corte
ha stabilito che detto termine inizia a decorrere solo dal momento in
cui il danno pecuniario subito dalla vittima si è effettivamente
realizzato. Ne consegue, pertanto, che l’inizio del decorso di tale
termine è connesso con la perdita oggettiva concretamente provocata nel
patrimonio della parte asseritamente lesa.
64 Nella specie, il Tribunale avrebbe quindi dovuto, nella sentenza
impugnata, far decorrere il termine di prescrizione quinquennale
dell’azione di responsabilità proposta dinanzi allo stesso dalle
Cantine, in applicazione dell’art. 235 CE, dal momento in cui il danno
causato dal regolamento n. 2499/82 si è oggettivamente materializzato,
provocando una perdita nel loro patrimonio.
65 In particolare, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare che detto
termine di prescrizione aveva cominciato a decorrere dal momento in cui
l’applicazione del regime illegittimo di versamento degli aiuti
comunitari previsto dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82 aveva
effettivamente ed oggettivamente provocato un danno alle Cantine, non
garantendo loro il versamento diretto dell’aiuto comunitario per
l’insolvenza della DAI. Tale momento avrebbe dovuto così essere fissato
nel giorno in cui queste ultime non hanno potuto ottenere detto
versamento entro il termine di 90 giorni dall’entrata in distilleria del
vino, di cui a detta disposizione, vale a dire entro la fine del mese di
giugno del 1983, come emerge in particolare dal punto 132 della sentenza
impugnata.
66 Orbene, affermando, al punto 147 della sentenza impugnata, che il
termine di prescrizione previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte
di giustizia non poteva iniziare a decorrere prima del 28 novembre 1994
e, di conseguenza, dichiarando, al punto 150 di detta sentenza,
ricevibile, in quanto non tardiva, l’azione di risarcimento danni
proposta dinanzi ad esso il 12 ottobre 1998, vale a dire oltre quindici
anni dopo l’effettiva realizzazione del danno, il Tribunale ha
erroneamente applicato le disposizioni che disciplinano le norme sulla
prescrizione di cui a tale articolo.
67 Occorre peraltro respingere l’argomento delle Cantine fondato sulla
sentenza Adams/Commissione, citata supra, in cui la Corte ha affermato
che non può opporsi la prescrizione alla vittima di un danno che avrebbe
potuto avere conoscenza del suo fatto generatore solo tardivamente.
Infatti, contrariamente alla causa sfociata in tale sentenza, le Cantine
non possono sostenere, nella specie, di non aver avuto conoscenza, sin
dalla fine del mese di giugno 1983, del fatto generatore del danno dalle
stesse subito, atteso che erano perfettamente a conoscenza, sin da
allora, del fatto che l’art. 9 del regolamento n. 2499/82 non garantiva
loro in alcun modo il versamento diretto dell’aiuto comunitario di cui è
causa nell’ipotesi di insolvenza del distillatore.
68 Occorre inoltre aggiungere che il fatto che le Cantine siano
intervenute nel procedimento relativo alla cauzione promosso dalla DAI
dinanzi ai giudici italiani non impediva loro di introdurre,
parallelamente, un’azione di risarcimento danni dinanzi alla Corte ai
sensi dell’art. 235 CE. Quest’ultima norma attribuisce proprio ai
giudici comunitari una competenza esclusiva a conoscere delle azioni per
risarcimento, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, esperite nei
confronti della Comunità (v., in particolare, sentenza 27 settembre
1988, cause riunite 106/87‑120/87, Asteris e a., Racc. pag. 5515, punto
15).
69 Infine, occorre rilevare, come emerge dallo stesso disposto dell’art.
46 dello Statuto della Corte di giustizia, che un ricorso presentato
dinanzi a un giudice nazionale non può costituire un atto interruttivo
della prescrizione dell’azione di risarcimento ai sensi dell’art. 235 CE
(v., in tal senso, ordinanza Autosalone Ispra dei Fratelli
Rossi/Commissione, citata supra, punto 56). Ne consegue che, del pari,
l’introduzione di un ricorso a livello nazionale non può differire il
dies a quo del termine di prescrizione di tale azione.
70 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la sentenza impugnata
deve essere annullata nella parte in cui ha dichiarato ricevibile
l’azione di responsabilità extracontrattuale proposta dalle Cantine ed
ha condannato la Commissione al risarcimento del danno subito dalle
medesime, in esito al fallimento della DAI, a causa dell’assenza di un
meccanismo idoneo a garantire, nella vigenza del regime previsto
dall’art. 9 del regolamento n. 2499/82, il versamento ai produttori
interessati dell’aiuto comunitario previsto dal regolamento medesimo.
Sul ricorso dinanzi al Tribunale
71 Conformemente all’art. 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto
della Corte di giustizia, quest’ultima, in caso di annullamento della
decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia
qualora lo stato degli atti lo consenta. Occorre rilevare che tale
ipotesi ricorre nel caso di specie.
72 Quanto alla domanda delle Cantine volta a condannare la Commissione,
in applicazione dell’art. 235 CE, a versare loro le somme equivalenti
agli importi dei loro crediti nei confronti della DAI rimasti insoluti
non può essere accolta per i motivi enunciati ai punti 63‑66 della
presente sentenza.
73 Infatti, come emerge, in particolare, dal punto 65 della presente
sentenza, il termine di prescrizione quinquennale previsto all’art. 46
dello Statuto della Corte di giustizia ha iniziato a decorrere dalla
fine del mese di giugno 1983, cosicché detta domanda di risarcimento ai
sensi dell’art. 235 CE, proposta nel 1998, deve essere considerata come
prescritta e, pertanto, respinta in quanto irricevibile.
74 Di conseguenza, atteso che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha
già respinto in quanto irrecevibili le domande delle Cantine volte ad
ottenere l’annullamento della lettera della Commissione del 31 luglio
1998 e l’accertamento della carenza di detta istituzione, nonché la loro
domanda di condanna della Commissione per arricchimento indebito, il
ricorso delle Cantine nella causa T‑166/98 deve essere respinto in toto.
Sulle spese
75 Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura, quando
l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa
dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69,
n. 2, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione
in forza dell’art. 118 del medesimo, la parte soccombente è condannata
alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto
la condanna delle Cantine, che sono rimaste soccombenti, queste ultime
devono essere condannate alle spese afferenti al presente giudizio e a
quello dinanzi al Tribunale.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
1) La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 23
novembre 2004, causa T‑166/98, Cantina sociale di Dolianova e
a./Commissione, è annullata nella parte in cui ha dichiarato ricevibile
il ricorso per risarcimento danni proposto dalla Cantina sociale di
Dolianova Soc. coop. arl, dalla Cantina Trexenta Soc. coop. arl, dalla
Cantina sociale Marmilla - Unione viticoltori associati Soc. coop. arl,
dalla Cantina sociale S. Maria La Palma Soc. coop. Arl e dalla Cantina
sociale del Vermentino Soc. coop. arl Monti‑Sassari e ha condannato la
Commissione delle Comunità europee a risarcire il danno subito da queste
ultime, a seguito del fallimento della Distilleria Agricola Industriale
de Terralba, a causa dell’insussistenza di un meccanismo idoneo a
garantire - nell’ambito del regime istituito dall’art. 9 del regolamento
(CEE) della Commissione 15 settembre 1982, n. 2499, che stabilisce le
norme relative alla distillazione preventiva per la campagna viticola
1982/1983 - il versamento dell’aiuto comunitario previsto da tale
regolamento ai produttori interessati.
2) Il ricorso nella causa T‑166/98 è respinto.
3) La Cantina sociale di Dolianova Soc. coop. arl, la Cantina Trexenta
Soc. coop. arl, la Cantina sociale Marmilla - Unione viticoltori
associati Soc. coop. arl, la Cantina sociale S. Maria La Palma Soc.
coop. arl e la Cantina sociale del Vermentino Soc. coop. arl
Monti‑Sassari sono condannate alle spese del presente procedimento e di
quello avviato dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità
europee.
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