AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza


AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 05/06/2008, Proc. C-534/06



AGRICOLTURA - Politica agricola comune - FEAOG - Art. 13 del regolamento (CEE) n. 866/90 - Esclusione degli investimenti relativi alla trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi - Principio di proporzionalità. L’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 marzo 1990, n. 866, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle della causa principale, esso non esclude il versamento di un contributo finanziario in caso di commercializzazione o trasformazione riguardante anche prodotti non provenienti dall’area comunitaria, allorché il programma specifico in relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento è stato rispettato, in quanto sono stati commercializzati e/o trasformati nella misura programmata prodotti provenienti dall’area comunitaria. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 05/06/2008, Proc. C-534/06


 www.AmbienteDiritto.it

 

CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

5 giugno 2008 (*)

«Politica agricola comune - FEAOG - Art. 13 del regolamento (CEE) n. 866/90 - Esclusione degli investimenti relativi alla trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi - Principio di proporzionalità»



Nel procedimento C‑534/06,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte suprema di cassazione, con decisione 23 novembre 2006, pervenuta in cancelleria il 27 dicembre 2006, nella causa

Industria Lavorazione Carni Ovine Srl

contro

Regione Lazio,


LA CORTE (Ottava Sezione),

composta dal sig. G. Arestis, presidente di sezione, dai sigg. J. Malenovský e T. von Danwitz (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz‑Jarabo Colomer

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

- per l’Industria Lavorazione Carni Ovine Srl, dagli avv.ti G. Fontana e P. Galli;

- per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dall’avv. G. Aiello, avvocato dello Stato;

- per il governo ellenico, dal sig. I. Chalkias e dalla sig.ra I. Pouli, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra C. Cattabriga, in qualità di agente,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 marzo 1990, n. 866, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (GU L 91, pag. 1).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Industria Lavorazione Carni Ovine Srl (in prosieguo: l’«ILCO») e la Regione Lazio in merito al rifiuto di quest’ultima di versare all’Ilco un contributo finanziario.

Contesto normativo

3 L’art. 13 del regolamento n. 866/90 prevede che «sono esclusi gli investimenti (…) per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi».

4 L’art. 17 di tale regolamento, intitolato «Procedura di versamento della contribuzione», così dispone al n. 2:

«L’autorità o l’organismo intermediario di cui al paragrafo 1 verificano le pezze giustificative delle spese dei beneficiari finali e ne accertano la regolarità, prima di versare la contribuzione finanziaria comunitaria. (…)».

5 L’art. 24 del regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20), dispone:

«Riduzione, sospensione o soppressione del contributo

1. Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della partnership (…)

2. In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione.

3. Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione. (…)».

Causa principale e questione pregiudiziale

6 L’ILCO ha ottenuto la concessione di un contributo finanziario pari al 50% delle spese ammissibili, metà del quale a carico del bilancio della Regione Lazio e l’altra a carico del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), per la realizzazione in due fasi di uno stabilimento per la macellazione, la trasformazione e la conservazione di carni ovine sul territorio del comune di Acquapendente.

7 Con verbale del 17 ottobre 1996 la Regione Lazio prevedeva inizialmente il versamento del saldo del contributo ancora dovuto all’ILCO.

8 Tuttavia, nel corso del medesimo mese, a seguito di un controllo in loco, le autorità regionali constatavano che nella struttura cofinanziata erano stati macellati ovini provenienti da paesi terzi.

9 Avendo la Regione Lazio, per tale motivo, deciso di sospendere il versamento del saldo del contributo finanziario, l’ILCO adiva il Tribunale di Roma con una domanda di ingiunzione di pagamento di ITL1 617 575 382, accolta con ordinanza del 5 giugno 1997.

10 Risulta dalle osservazioni dell’ILCO che il 19 giugno 1997 la Commissione fissava la data di scadenza del termine per l’esecuzione dei pagamenti dovuti all’ILCO al 31 dicembre 1997 e che la Regione Lazio informava la Commissione, con lettere ad essa indirizzate nei mesi di giugno, agosto e ottobre 1997, che le inchieste giudiziarie in corso avrebbero potuto prolungarsi oltre tale data e chiedeva informazioni quanto alla procedura da seguire.

11 Il 1° ottobre 1997 la Regione Lazio proponeva opposizione contro l’ordinanza del Tribunale di Roma del 5 giugno 1997, respinta con sentenza del 26 marzo 1999.

12 Tale sentenza veniva tuttavia riformata in secondo grado dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza 9 settembre 2002.

13 Secondo le osservazioni della Commissione, risulta dai controlli effettuati che il 7,4% del totale dei capi macellati dall’ILCO nell’impianto cofinanziato nel 1997, 1998 e 2000 era di origine extracomunitaria.

14 Peraltro, nelle osservazioni dell’ILCO e della Commissione è riportata la circostanza che il 26 settembre 2002 la Commissione ha proposto alla Regione Lazio di ridurre, senza ricorrere a una decisione di riduzione sulla base dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, come modificato dal regolamento n. 2082/93, il saldo spettante all’ILCO di una somma pari all’11,47% dell’importo totale del contributo. Con decisione del 18 ottobre 2002 la Regione Lazio ha accettato tale proposta.

15 Il 9 gennaio 2003 l’ILCO ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Roma del 9 settembre 2002, invocando segnatamente una violazione dell’art. 13 del regolamento n. 866/90.

16 Dinanzi alla Corte suprema di cassazione l’ILCO ha sostenuto, dal momento che tale articolo prevede soltanto che il contributo comunitario non può essere concesso per finanziare iniziative che abbiano quale scopo la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi, che da ciò non consegue che un operatore economico che ha ottenuto e utilizzato il finanziamento in ottemperanza alla normativa comunitaria, e che ha rispettato gli obblighi assunti e raggiunto gli obiettivi previsti nel programma in questione, non possa macellare anche capi provenienti da paesi terzi.

17 Considerando che il ricorso in cassazione dell’ILCO dovrebbe essere respinto se l’art. 13 del regolamento n. 866/90 imponesse che l’impianto cofinanziato sia destinato unicamente alla trasformazione di prodotti di origine comunitaria, la Corte suprema di cassazione ha sospeso il giudizio e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 13 del regolamento (...) n. 866/90 (...) debba essere interpretato nel senso che il finanziamento va escluso nei casi in cui sia posta in essere la commercializzazione e/o trasformazione (anche) di prodotti non provenienti dall’area comunitaria, nonostante il rispetto del programma specifico in relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento, con la commercializzazione e/o trasformazione di prodotti provenienti dall’area comunitaria nella misura programmata».

Sulla questione pregiudiziale

18 Occorre preliminarmente precisare che la Corte è esplicitamente chiamata a interpretare l’art. 13 del regolamento n. 866/90, ad esclusione dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, che costituisce il fondamento giuridico di un’eventuale decisione della Commissione recante riduzione, sospensione o soppressione di un contributo finanziario.

19 Poiché risulta dalla decisione di rinvio che la controversia nella causa principale verte sul contributo finanziario concesso all’ILCO nella sua totalità, occorre stabilire se, in un contesto come quello della causa principale, l’art. 13 del regolamento n. 866/90 consenta all’autorità competente, nell’ambito del suo rapporto giuridico con il beneficiario ultimo, di rifiutare completamente il versamento del contributo finanziario concesso a quest’ultimo.

20 Nelle loro osservazioni l’ILCO e la Commissione sostengono che la commercializzazione o la trasformazione di ovini provenienti da paesi terzi non potrebbe escludere l’intero finanziamento. Il governo ellenico, dal canto suo, sottolinea che, a certe condizioni, il beneficiario del contributo può utilizzare l’unità cofinanziata anche per la trasformazione e la commercializzazione di ovini provenienti da paesi terzi.

21 Il governo italiano, da parte sua, suggerisce un’interpretazione restrittiva dell’art. 13 del regolamento n. 866/90, escludendo qualunque contributo finanziario comunitario nel caso in cui nello stabilimento oggetto di tale contributo siano stati commercializzati o trasformati prodotti extracomunitari. A sostegno di questa tesi, detto governo sostiene che, per ogni deroga alle condizioni imposte da tale articolo, il legislatore comunitario ha previsto una disposizione espressa.

22 Questa tesi non può tuttavia essere accolta. Occorre, infatti, rilevare che, in circostanze come quelle della causa principale, non si discute sulla deroga formale alle condizioni previste da detto articolo. Si tratta piuttosto di stabilire se l’autorità competente possa rifiutare l’intero pagamento del contributo concesso qualora risulti a posteriori che un investimento oggetto di un contributo finanziario è servito, in parte, alla commercializzazione o alla trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi. A tale proposito, occorre esaminare le condizioni di cui all’art. 13 del regolamento n. 866/90 e del principio di proporzionalità.

23 Quanto all’interpretazione dell’art. 13 del regolamento n. 866/90, va rilevato che tale disposizione, secondo il suo tenore letterale, non prevede espressamente alcun obbligo per il beneficiario di un contributo finanziario, bensì impone delle condizioni per la concessione di tale contributo.

24 Tuttavia, il fatto che in detto art. 13 il legislatore comunitario preveda unicamente il divieto di finanziare un progetto di investimento per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi implica logicamente che il beneficiario, al momento dell’attuazione del progetto finanziato, debba rispettare l’obiettivo comunitario su cui è basato il finanziamento, come giustamente rileva il governo ellenico nelle sue osservazioni. Infatti, se il beneficiario di un contributo finanziario fosse libero di utilizzare gli stabilimenti cofinanziati per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti dall’esterno della Comunità, l’obiettivo di questa disposizione dell’art. 13 del regolamento n. 866/90, vale a dire il miglioramento della commercializzazione e della trasformazione dei prodotti agricoli comunitari, non potrebbe essere raggiunto.

25 Quanto alla questione se l’inosservanza di un tale obbligo in capo al detto beneficiario consenta all’autorità competente di rifiutare completamente il versamento del contributo finanziario, occorre ricordare che il principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto comunitario più volte confermato dalla giurisprudenza della Corte, segnatamente nell’ambito della politica agricola comune, deve essere rispettato in quanto tale sia dal legislatore comunitario sia dai legislatori e dai giudici nazionali che applicano il diritto comunitario. Questo principio esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non eccedano i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza 17 gennaio 2008, cause riunite C‑37/06 e C‑58/06, Viamex Agrar Handel e ZVK, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 33 e 35 e giurisprudenza ivi citata).

26 A tale proposito, va verificato, in conformità ad una giurisprudenza costante, se gli obblighi di cui trattasi in un contesto come quello della causa principale debbano essere considerati come obblighi principali, la cui osservanza è di fondamentale importanza per il buon funzionamento di un sistema comunitario e la cui violazione può essere sanzionata con la perdita dell’intero contributo senza che ciò comporti una violazione del principio di proporzionalità, ovvero come obblighi secondari, la cui violazione non dovrebbe essere sanzionata con lo stesso rigore dell’inosservanza di un obbligo principale (v., per analogia, trattandosi della questione dell’incameramento totale di una cauzione, sentenza 27 novembre 1986, causa 21/85, Maas, Racc. pag. 3537, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

27 Si deve constatare che l’art. 13 del regolamento n. 866/90 non fornisce alcun elemento che permetta di precisare la portata dell’obbligo del beneficiario, in particolare quanto alla sua durata nel tempo, all’influenza che determinate circostanze particolari possono avere su questo obbligo e all’incidenza dell’esistenza di un programma specifico che fissa degli obiettivi riguardo all’utilizzo dello stabilimento cofinanziato.

28 Orbene, a tale proposito, il governo ellenico e la Commissione rilevano giustamente che esistono ragioni legittime che possono indurre il beneficiario di un finanziamento ad utilizzare in seguito gli impianti finanziati anche per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi. Quindi, in circostanze come quelle della fattispecie principale, il fatto che l’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina abbia provocato un notevole aumento della domanda di carne ovina, tanto da ridurre la disponibilità di questo prodotto sul mercato comunitario, può costituire siffatta ragione legittima, come sostiene la Commissione.

29 Inoltre, occorre rilevare che la quantità di prodotti provenienti dagli Stati membri trattati nello stabilimento cofinanziato di cui trattasi nella causa principale corrisponde al quantitativo previsto dal programma specifico nell’ambito del quale è stato concesso il contributo finanziario e che solo il 7,4% del totale di capi macellati in tale stabilimento era di origine extracomunitaria.

30 Si deve pertanto considerare che, tenuto conto delle peculiarità della causa principale, ricordate ai punti 28 e 29 della presente sentenza, e in mancanza di precisazioni da parte dell’art. 13 del regolamento n. 866/90 quanto alla portata dell’obbligo da parte del beneficiario di un contributo finanziario di non utilizzare gli stabilimenti cofinanziati per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi, non si può, in una situazione come quella della causa principale, constatare una violazione di un obbligo principale che comporti la perdita totale del relativo contributo finanziario. Peraltro, questa valutazione è corroborata dall’accordo raggiunto tra la Regione Lazio e la Commissione di ridurre il saldo del contributo in oggetto di un importo pari all’11,47% del totale del contributo, senza che la Commissione abbia preso la decisione di ridurre, o tanto meno di sopprimere detto contributo.

31 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione sottoposta che l’art. 13 del regolamento n. 866/90 deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle della causa principale, esso non esclude il versamento di un contributo finanziario in caso di commercializzazione o trasformazione riguardante anche prodotti non provenienti dall’area comunitaria, allorché il programma specifico in relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento è stato rispettato, in quanto sono stati commercializzati e/o trasformati nella misura programmata prodotti provenienti dall’area comunitaria.

Sulle spese

32 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:


L’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 marzo 1990, n. 866, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle della causa principale, esso non esclude il versamento di un contributo finanziario in caso di commercializzazione o trasformazione riguardante anche prodotti non provenienti dall’area comunitaria, allorché il programma specifico in relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento è stato rispettato, in quanto sono stati commercializzati e/o trasformati nella misura programmata prodotti provenienti dall’area comunitaria.

Firme

 


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it

 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006