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CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 05/06/2008, Proc. C-534/06
AGRICOLTURA - Politica agricola comune - FEAOG - Art. 13 del regolamento
(CEE) n. 866/90 - Esclusione degli investimenti relativi alla trasformazione
di prodotti provenienti da paesi terzi - Principio di proporzionalità.
L’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 marzo 1990, n. 866,
relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di
commercializzazione dei prodotti agricoli, deve essere interpretato nel
senso che, in circostanze come quelle della causa principale, esso non
esclude il versamento di un contributo finanziario in caso di
commercializzazione o trasformazione riguardante anche prodotti non
provenienti dall’area comunitaria, allorché il programma specifico in
relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento è stato rispettato, in
quanto sono stati commercializzati e/o trasformati nella misura programmata
prodotti provenienti dall’area comunitaria. CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITA' EUROPEE, Sez. VIII, 05/06/2008, Proc. C-534/06
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
5 giugno 2008 (*)
«Politica agricola comune - FEAOG - Art. 13 del regolamento (CEE) n.
866/90 - Esclusione degli investimenti relativi alla trasformazione di
prodotti provenienti da paesi terzi - Principio di proporzionalità»
Nel procedimento C‑534/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte suprema di cassazione, con
decisione 23 novembre 2006, pervenuta in cancelleria il 27 dicembre
2006, nella causa
Industria Lavorazione Carni Ovine Srl
contro
Regione Lazio,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta dal sig. G. Arestis, presidente di sezione, dai sigg. J.
Malenovský e T. von Danwitz (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz‑Jarabo Colomer
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
- per l’Industria Lavorazione Carni Ovine Srl, dagli avv.ti G. Fontana e
P. Galli;
- per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di
agente, assistito dall’avv. G. Aiello, avvocato dello Stato;
- per il governo ellenico, dal sig. I. Chalkias e dalla sig.ra I. Pouli,
in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra C. Cattabriga,
in qualità di agente,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 marzo 1990, n. 866,
relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di
commercializzazione dei prodotti agricoli (GU L 91, pag. 1).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra
l’Industria Lavorazione Carni Ovine Srl (in prosieguo: l’«ILCO») e la
Regione Lazio in merito al rifiuto di quest’ultima di versare all’Ilco
un contributo finanziario.
Contesto normativo
3 L’art. 13 del regolamento n. 866/90 prevede che «sono esclusi gli
investimenti (…) per la commercializzazione o la trasformazione di
prodotti provenienti da paesi terzi».
4 L’art. 17 di tale regolamento, intitolato «Procedura di versamento
della contribuzione», così dispone al n. 2:
«L’autorità o l’organismo intermediario di cui al paragrafo 1 verificano
le pezze giustificative delle spese dei beneficiari finali e ne
accertano la regolarità, prima di versare la contribuzione finanziaria
comunitaria. (…)».
5 L’art. 24 del regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1988, n.
4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n.
2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari
Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della
Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari
esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), come modificato dal
regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag.
20), dispone:
«Riduzione, sospensione o soppressione del contributo
1. Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non
giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario
assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel
quadro della partnership (…)
2. In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il
contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma
l’esistenza di un’irregolarità o una modifica importante che riguardi la
natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la
quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione.
3. Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere
restituita alla Commissione. (…)».
Causa principale e questione pregiudiziale
6 L’ILCO ha ottenuto la concessione di un contributo finanziario pari al
50% delle spese ammissibili, metà del quale a carico del bilancio della
Regione Lazio e l’altra a carico del Fondo europeo agricolo di
orientamento e garanzia (FEAOG), per la realizzazione in due fasi di uno
stabilimento per la macellazione, la trasformazione e la conservazione
di carni ovine sul territorio del comune di Acquapendente.
7 Con verbale del 17 ottobre 1996 la Regione Lazio prevedeva
inizialmente il versamento del saldo del contributo ancora dovuto all’ILCO.
8 Tuttavia, nel corso del medesimo mese, a seguito di un controllo in
loco, le autorità regionali constatavano che nella struttura
cofinanziata erano stati macellati ovini provenienti da paesi terzi.
9 Avendo la Regione Lazio, per tale motivo, deciso di sospendere il
versamento del saldo del contributo finanziario, l’ILCO adiva il
Tribunale di Roma con una domanda di ingiunzione di pagamento di ITL1
617 575 382, accolta con ordinanza del 5 giugno 1997.
10 Risulta dalle osservazioni dell’ILCO che il 19 giugno 1997 la
Commissione fissava la data di scadenza del termine per l’esecuzione dei
pagamenti dovuti all’ILCO al 31 dicembre 1997 e che la Regione Lazio
informava la Commissione, con lettere ad essa indirizzate nei mesi di
giugno, agosto e ottobre 1997, che le inchieste giudiziarie in corso
avrebbero potuto prolungarsi oltre tale data e chiedeva informazioni
quanto alla procedura da seguire.
11 Il 1° ottobre 1997 la Regione Lazio proponeva opposizione contro
l’ordinanza del Tribunale di Roma del 5 giugno 1997, respinta con
sentenza del 26 marzo 1999.
12 Tale sentenza veniva tuttavia riformata in secondo grado dalla Corte
d’appello di Roma, con sentenza 9 settembre 2002.
13 Secondo le osservazioni della Commissione, risulta dai controlli
effettuati che il 7,4% del totale dei capi macellati dall’ILCO
nell’impianto cofinanziato nel 1997, 1998 e 2000 era di origine
extracomunitaria.
14 Peraltro, nelle osservazioni dell’ILCO e della Commissione è
riportata la circostanza che il 26 settembre 2002 la Commissione ha
proposto alla Regione Lazio di ridurre, senza ricorrere a una decisione
di riduzione sulla base dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, come
modificato dal regolamento n. 2082/93, il saldo spettante all’ILCO di
una somma pari all’11,47% dell’importo totale del contributo. Con
decisione del 18 ottobre 2002 la Regione Lazio ha accettato tale
proposta.
15 Il 9 gennaio 2003 l’ILCO ha proposto ricorso per cassazione contro la
sentenza della Corte d’appello di Roma del 9 settembre 2002, invocando
segnatamente una violazione dell’art. 13 del regolamento n. 866/90.
16 Dinanzi alla Corte suprema di cassazione l’ILCO ha sostenuto, dal
momento che tale articolo prevede soltanto che il contributo comunitario
non può essere concesso per finanziare iniziative che abbiano quale
scopo la trasformazione di prodotti provenienti da paesi terzi, che da
ciò non consegue che un operatore economico che ha ottenuto e utilizzato
il finanziamento in ottemperanza alla normativa comunitaria, e che ha
rispettato gli obblighi assunti e raggiunto gli obiettivi previsti nel
programma in questione, non possa macellare anche capi provenienti da
paesi terzi.
17 Considerando che il ricorso in cassazione dell’ILCO dovrebbe essere
respinto se l’art. 13 del regolamento n. 866/90 imponesse che l’impianto
cofinanziato sia destinato unicamente alla trasformazione di prodotti di
origine comunitaria, la Corte suprema di cassazione ha sospeso il
giudizio e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 13 del regolamento (...) n. 866/90 (...) debba essere
interpretato nel senso che il finanziamento va escluso nei casi in cui
sia posta in essere la commercializzazione e/o trasformazione (anche) di
prodotti non provenienti dall’area comunitaria, nonostante il rispetto
del programma specifico in relazione al quale è stato ottenuto il
finanziamento, con la commercializzazione e/o trasformazione di prodotti
provenienti dall’area comunitaria nella misura programmata».
Sulla questione pregiudiziale
18 Occorre preliminarmente precisare che la Corte è esplicitamente
chiamata a interpretare l’art. 13 del regolamento n. 866/90, ad
esclusione dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, che costituisce il
fondamento giuridico di un’eventuale decisione della Commissione recante
riduzione, sospensione o soppressione di un contributo finanziario.
19 Poiché risulta dalla decisione di rinvio che la controversia nella
causa principale verte sul contributo finanziario concesso all’ILCO
nella sua totalità, occorre stabilire se, in un contesto come quello
della causa principale, l’art. 13 del regolamento n. 866/90 consenta
all’autorità competente, nell’ambito del suo rapporto giuridico con il
beneficiario ultimo, di rifiutare completamente il versamento del
contributo finanziario concesso a quest’ultimo.
20 Nelle loro osservazioni l’ILCO e la Commissione sostengono che la
commercializzazione o la trasformazione di ovini provenienti da paesi
terzi non potrebbe escludere l’intero finanziamento. Il governo
ellenico, dal canto suo, sottolinea che, a certe condizioni, il
beneficiario del contributo può utilizzare l’unità cofinanziata anche
per la trasformazione e la commercializzazione di ovini provenienti da
paesi terzi.
21 Il governo italiano, da parte sua, suggerisce un’interpretazione
restrittiva dell’art. 13 del regolamento n. 866/90, escludendo qualunque
contributo finanziario comunitario nel caso in cui nello stabilimento
oggetto di tale contributo siano stati commercializzati o trasformati
prodotti extracomunitari. A sostegno di questa tesi, detto governo
sostiene che, per ogni deroga alle condizioni imposte da tale articolo,
il legislatore comunitario ha previsto una disposizione espressa.
22 Questa tesi non può tuttavia essere accolta. Occorre, infatti,
rilevare che, in circostanze come quelle della causa principale, non si
discute sulla deroga formale alle condizioni previste da detto articolo.
Si tratta piuttosto di stabilire se l’autorità competente possa
rifiutare l’intero pagamento del contributo concesso qualora risulti a
posteriori che un investimento oggetto di un contributo finanziario è
servito, in parte, alla commercializzazione o alla trasformazione di
prodotti provenienti da paesi terzi. A tale proposito, occorre esaminare
le condizioni di cui all’art. 13 del regolamento n. 866/90 e del
principio di proporzionalità.
23 Quanto all’interpretazione dell’art. 13 del regolamento n. 866/90, va
rilevato che tale disposizione, secondo il suo tenore letterale, non
prevede espressamente alcun obbligo per il beneficiario di un contributo
finanziario, bensì impone delle condizioni per la concessione di tale
contributo.
24 Tuttavia, il fatto che in detto art. 13 il legislatore comunitario
preveda unicamente il divieto di finanziare un progetto di investimento
per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti provenienti
da paesi terzi implica logicamente che il beneficiario, al momento
dell’attuazione del progetto finanziato, debba rispettare l’obiettivo
comunitario su cui è basato il finanziamento, come giustamente rileva il
governo ellenico nelle sue osservazioni. Infatti, se il beneficiario di
un contributo finanziario fosse libero di utilizzare gli stabilimenti
cofinanziati per la commercializzazione o la trasformazione di prodotti
provenienti dall’esterno della Comunità, l’obiettivo di questa
disposizione dell’art. 13 del regolamento n. 866/90, vale a dire il
miglioramento della commercializzazione e della trasformazione dei
prodotti agricoli comunitari, non potrebbe essere raggiunto.
25 Quanto alla questione se l’inosservanza di un tale obbligo in capo al
detto beneficiario consenta all’autorità competente di rifiutare
completamente il versamento del contributo finanziario, occorre
ricordare che il principio di proporzionalità, che costituisce un
principio generale del diritto comunitario più volte confermato dalla
giurisprudenza della Corte, segnatamente nell’ambito della politica
agricola comune, deve essere rispettato in quanto tale sia dal
legislatore comunitario sia dai legislatori e dai giudici nazionali che
applicano il diritto comunitario. Questo principio esige che gli atti
delle istituzioni comunitarie non eccedano i limiti di ciò che è idoneo
e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti
dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia
possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla
meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere
sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza 17 gennaio
2008, cause riunite C‑37/06 e C‑58/06, Viamex Agrar Handel e ZVK, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punti 33 e 35 e giurisprudenza ivi
citata).
26 A tale proposito, va verificato, in conformità ad una giurisprudenza
costante, se gli obblighi di cui trattasi in un contesto come quello
della causa principale debbano essere considerati come obblighi
principali, la cui osservanza è di fondamentale importanza per il buon
funzionamento di un sistema comunitario e la cui violazione può essere
sanzionata con la perdita dell’intero contributo senza che ciò comporti
una violazione del principio di proporzionalità, ovvero come obblighi
secondari, la cui violazione non dovrebbe essere sanzionata con lo
stesso rigore dell’inosservanza di un obbligo principale (v., per
analogia, trattandosi della questione dell’incameramento totale di una
cauzione, sentenza 27 novembre 1986, causa 21/85, Maas, Racc. pag. 3537,
punto 15 e giurisprudenza ivi citata).
27 Si deve constatare che l’art. 13 del regolamento n. 866/90 non
fornisce alcun elemento che permetta di precisare la portata
dell’obbligo del beneficiario, in particolare quanto alla sua durata nel
tempo, all’influenza che determinate circostanze particolari possono
avere su questo obbligo e all’incidenza dell’esistenza di un programma
specifico che fissa degli obiettivi riguardo all’utilizzo dello
stabilimento cofinanziato.
28 Orbene, a tale proposito, il governo ellenico e la Commissione
rilevano giustamente che esistono ragioni legittime che possono indurre
il beneficiario di un finanziamento ad utilizzare in seguito gli
impianti finanziati anche per la commercializzazione o la trasformazione
di prodotti provenienti da paesi terzi. Quindi, in circostanze come
quelle della fattispecie principale, il fatto che l’epidemia di
encefalopatia spongiforme bovina abbia provocato un notevole aumento
della domanda di carne ovina, tanto da ridurre la disponibilità di
questo prodotto sul mercato comunitario, può costituire siffatta ragione
legittima, come sostiene la Commissione.
29 Inoltre, occorre rilevare che la quantità di prodotti provenienti
dagli Stati membri trattati nello stabilimento cofinanziato di cui
trattasi nella causa principale corrisponde al quantitativo previsto dal
programma specifico nell’ambito del quale è stato concesso il contributo
finanziario e che solo il 7,4% del totale di capi macellati in tale
stabilimento era di origine extracomunitaria.
30 Si deve pertanto considerare che, tenuto conto delle peculiarità
della causa principale, ricordate ai punti 28 e 29 della presente
sentenza, e in mancanza di precisazioni da parte dell’art. 13 del
regolamento n. 866/90 quanto alla portata dell’obbligo da parte del
beneficiario di un contributo finanziario di non utilizzare gli
stabilimenti cofinanziati per la commercializzazione o la trasformazione
di prodotti provenienti da paesi terzi, non si può, in una situazione
come quella della causa principale, constatare una violazione di un
obbligo principale che comporti la perdita totale del relativo
contributo finanziario. Peraltro, questa valutazione è corroborata
dall’accordo raggiunto tra la Regione Lazio e la Commissione di ridurre
il saldo del contributo in oggetto di un importo pari all’11,47% del
totale del contributo, senza che la Commissione abbia preso la decisione
di ridurre, o tanto meno di sopprimere detto contributo.
31 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione
sottoposta che l’art. 13 del regolamento n. 866/90 deve essere
interpretato nel senso che, in circostanze come quelle della causa
principale, esso non esclude il versamento di un contributo finanziario
in caso di commercializzazione o trasformazione riguardante anche
prodotti non provenienti dall’area comunitaria, allorché il programma
specifico in relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento è
stato rispettato, in quanto sono stati commercializzati e/o trasformati
nella misura programmata prodotti provenienti dall’area comunitaria.
Sulle spese
32 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
L’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 29 marzo 1990, n. 866,
relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di
commercializzazione dei prodotti agricoli, deve essere interpretato nel
senso che, in circostanze come quelle della causa principale, esso non
esclude il versamento di un contributo finanziario in caso di
commercializzazione o trasformazione riguardante anche prodotti non
provenienti dall’area comunitaria, allorché il programma specifico in
relazione al quale è stato ottenuto il finanziamento è stato rispettato,
in quanto sono stati commercializzati e/o trasformati nella misura
programmata prodotti provenienti dall’area comunitaria.
Firme
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