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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 10/09/2008, causa T‑181/06
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
10 settembre 2008 (*)
«FEAOG – Sezione ‘garanzia’ – Spese escluse dal finanziamento
comunitario – Rettifiche finanziarie – Ortofrutticoli – Prodotti
lattiero-caseari – Seminativi – Sviluppo rurale – Inosservanza dei
termini di pagamento»
Nella causa T‑181/06,
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. G. Aiello, avvocato dello
Stato,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C.
Cattabriga e dal sig. F. Jimeno Fernández, in qualità di agenti,
assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,
convenuta,
avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale della decisione
della Commissione 28 aprile 2006, 2006/334/CE, che esclude dal
finanziamento comunitario alcune spese eseguite dagli Stati membri a
titolo del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG),
sezione «garanzia» (GU L 124, pag. 21), nella parte in cui esclude
alcune spese eseguite dalla Repubblica italiana nei settori degli
ortofrutticoli, del latte e dei prodotti lattiero-caseari, dei
seminativi, dello sviluppo rurale nonché in materia di termini di
pagamento,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),
composto dai sigg. O. Czúcz (relatore), presidente, J. D. Cooke e dalla
sig.ra I. Labucka, giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8
aprile 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 Il regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al
finanziamento della politica agricola comune (GU L 94, pag. 13), nella
versione da ultimo modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 22
maggio 1995, n. 1287 (GU L 125, pag. 1), ha fissato le regole generali
applicabili al finanziamento della politica agricola comune (PAC). Il
regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1258, relativo al
finanziamento della PAC (GU L 160, pag. 103), ha sostituito il
regolamento n. 729/70 e si applica alle spese effettuate a decorrere dal
1° gennaio 2000.
2 Ai sensi degli artt. 1, n. 2, lett. b), e 3, n. 1, del regolamento n.
729/70 nonché degli artt. 1, n. 2, lett. b), e 2, n. 2, del regolamento
n. 1258/1999, la sezione «garanzia» del Fondo europeo agricolo di
orientamento e garanzia (FEAOG) finanzia, nell’ambito
dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, gli interventi
destinati a regolarizzare tali mercati, intrapresi secondo le norme
comunitarie.
3 A norma dell’art. 5, n. 2, lett. c), del regolamento n. 729/70, come
modificato, nonché a norma dell’art. 7, n. 4, del regolamento n.
1258/1999, la Commissione decide in merito alle spese non ammesse al
finanziamento comunitario qualora rilevi che alcune spese non sono state
effettuate in conformità alle norme comunitarie. Nel valutare gli
importi da rifiutare la Commissione tiene conto del tipo e della gravità
dell’inosservanza nonché del danno finanziario che ne deriva per la
Comunità europea.
4 L’art. 5, n. 2, lett. c), quinto comma, del regolamento n. 729/70
prevede che «[i]l rifiuto del finanziamento non può riguardare le spese
effettuate anteriormente a [24] mesi che precedono la comunicazione
scritta, da parte della Commissione allo Stato membro interessato, dei
risultati [di tali] verifiche [della Commissione]». L’art. 7, n. 4,
quinto comma, del regolamento n. 1258/1999 contiene una disposizione
analoga.
5 Le modalità relative alla procedura di liquidazione dei conti del
FEAOG sono determinate dal regolamento (CE) della Commissione 7 luglio
1995, n. 1663, che stabilisce modalità d’applicazione del regolamento n.
729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti del
FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 158, pag. 6), come modificato in
particolare dal regolamento (CE) della Commissione 22 ottobre 1999, n.
2245 (GU L 273, pag. 5).
6 L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95 così dispone:
«Qualora ritenga, a seguito di un’indagine, che le spese non sono
effettuate nel rispetto delle norme comunitarie, la Commissione comunica
allo Stato membro interessato le proprie risultanze e indica i
provvedimenti da adottare per garantire, in futuro, l’osservanza delle
norme stesse.
La comunicazione fa riferimento al presente regolamento. Lo Stato membro
risponde entro due mesi e la Commissione può conseguentemente modificare
la sua posizione. In casi giustificati la Commissione può accordare una
proroga del termine per la risposta.
Alla scadenza del termine stabilito per la risposta, i servizi della
Commissione convocano una discussione bilaterale ed entrambe le parti si
adoperano per raggiungere un accordo sulle misure da adottare, nonché
sulla valutazione della gravità dell’infrazione e del danno finanziario
causato alla Comunità europea. In esito a tale discussione e dopo
un’eventuale data fissata dalla Commissione, di concerto con lo Stato
membro, dopo la discussione bilaterale per la comunicazione
d’informazioni supplementari o, qualora lo Stato membro non accetti la
convocazione nel termine fissato dalla Commissione, dopo la scadenza di
tale termine, quest’ultima comunica ufficialmente le sue conclusioni
allo Stato membro facendo riferimento alla decisione 94/442/CE della
Commissione. Fatte salve le disposizioni del quarto comma del presente
paragrafo, tale comunicazione valuta le spese di cui sarà proposta
l’esclusione in virtù dell’articolo 5, paragrafo 2, [lett.] c), del
regolamento (...) n. 729/70.
Lo Stato membro informa la Commissione quanto prima possibile dei
provvedimenti adottati per assicurare il rispetto delle norme
comunitarie e della data effettiva della loro attuazione. La Commissione
adotta, se del caso, una o più decisioni in applicazione dell’articolo
5, paragrafo 2, [lett.] c), del regolamento (...) n. 729/70 per
escludere fino alla data effettiva di attuazione dei provvedimenti le
spese per le quali non sono state rispettate le norme comunitarie».
7 Il 23 dicembre 1997, la Commissione ha adottato il documento VI/5330/97,
intitolato «Linee-guida per il calcolo delle conseguenze finanziarie
nell’ambito della preparazione della decisione sulla liquidazione dei
conti della sezione Garanzia del FEAOG». Secondo l’allegato 1 del
documento VI/5330/97, in caso di carenze riscontrate nel sistema di
controllo o di gestione di uno Stato membro nel corso di un’indagine, il
fondamento di una rettifica finanziaria consiste nell’inadempimento, da
parte dello Stato membro, degli obblighi comunitari, con le conseguenze
finanziarie che ne derivano per le spese comunitarie. Nell’allegato 2
del documento VI/5330/97 la Commissione indica, del pari, che, qualora
il livello effettivo dei pagamenti irregolari non possa essere
determinato e, conseguentemente, non sia possibile quantificare
l’importo delle perdite finanziarie subite dalla Comunità, vengono
applicate rettifiche finanziarie forfettarie in funzione della
valutazione del rischio al quale il bilancio comunitario è stato esposto
a seguito della carenza di controllo.
8 A tale riguardo, il documento VI/5330/97 così prevede:
«Qualora uno o più controlli essenziali non vengano applicati o siano
applicati in modo tanto carente o sporadico da risultare affatto
inefficaci ai fini della decisione sull’ammissibilità della domanda o
della prevenzione delle irregolarità, si giustifica una deduzione del
10% in quanto si può ragionevolmente concludere che si configura un
rischio elevato di grave danno finanziario per il Fondo.
Qualora vengano applicati tutti i controlli essenziali, ma non secondo
il numero, la frequenza o l’intensità imposti dalla normativa, si
giustifica una deduzione del 5% in quanto si può ragionevolmente
concludere che non vengono fornite garanzie sufficienti circa la
regolarità delle domande e che si configura un rischio significativo di
danno per il Fondo.
Qualora uno Stato membro abbia effettuato adeguatamente i controlli
essenziali, ma abbia completamente tralasciato uno o più controlli
complementari, si giustifica una deduzione del 2% dati il minore rischio
di danno finanziario per il Fondo e la minore gravità della violazione.
(…)
Tuttavia, in caso di totale inadempienza o di gravi carenze di uno Stato
membro nell’applicazione di un sistema di controllo nonché di comprovate
e diffuse irregolarità e di negligenza nella lotta alle prassi
fraudolente o irregolari, si giustifica una rettifica del 25% in quanto
si può ragionevolmente presumere che la possibilità di presentare
impunemente domande inammissibili causerà perdite estremamente elevate
per il FEAOG (...)».
Fatti
9 Con decisione 28 aprile 2006, 2006/334/CE, che esclude dal
finanziamento comunitario alcune spese eseguite dagli Stati membri a
titolo del FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 124, pag. 21, in prosieguo:
la «decisione impugnata»), la Commissione ha escluso dal finanziamento
comunitario, per quanto riguarda la Repubblica italiana, nei settori
degli ortofrutticoli, del latte e dei prodotti lattiero-caseari, dei
seminativi, dello sviluppo rurale nonché in materia di termini di
pagamento, la somma di EUR 85 706 316,54 per gli esercizi di bilancio,
rispettivamente, 1999-2003, 2002-2004, 2001-2003, 2001-2002 e 2003.
10 I motivi delle rettifiche finanziarie effettuate dalla Commissione
sono stati riassunti nella relazione di sintesi 25 novembre 2005,
AGRI‑64359-2005, relativa ai risultati dei controlli nella liquidazione
dei conti del FEAOG, sezione «garanzia», a norma dell’art. 5, n. 2,
lett. c), del regolamento n. 729/70 e dell’art. 7, n. 4, del regolamento
n. 1258/1999 per quanto riguarda gli ortofrutticoli, i prodotti lattiero
caseari, l’ammasso pubblico, i premi per animali, i seminativi, l’olio
d’oliva e i grassi, lo sviluppo rurale, i ritardi di pagamento e altre
rettifiche (in prosieguo: la «relazione di sintesi»).
11 Il ricorso riguarda vari tipi di rettifiche:
– una rettifica forfettaria del 10% riguardante gli ortofrutticoli a
causa della mancata applicazione di sanzioni nell’ipotesi di
inosservanza del piano d’azione da parte delle organizzazioni di
produttori, pari a EUR 3 741 513,90 per gli esercizi 1999-2001;
– una rettifica specifica del 100% riguardante gli ortofrutticoli a
causa di carenze dei controlli sui prodotti ritirati ai fini del
compostaggio e della biodegradazione, pari a EUR 26 279 546,42 per gli
esercizi 1999-2002;
– una rettifica forfettaria del 5% riguardante gli ortofrutticoli a
causa della mancata applicazione del numero, della frequenza o
dell’intensità dei controlli chiave nel contesto dei programmi operativi
delle organizzazioni di produttori, pari a EUR 7 708 059,40 per gli
esercizi 2000-2003;
– una rettifica specifica dell’1,5% riguardante i prodotti
lattiero‑caseari a causa del mancato rispetto della normativa
comunitaria, pari a EUR 48 810,88 per gli esercizi 2002-2004;
– una rettifica forfettaria del 5% riguardante i prodotti
lattiero‑caseari a causa di controlli carenti, pari a EUR 191 041,56 per
gli esercizi 2002-2004;
– una rettifica forfettaria del 3% riguardante i seminativi a causa
della mancata applicazione delle sanzioni, pari a EUR 7 975 231 per
l’esercizio 2002;
– una rettifica forfettaria del 5% riguardante i seminativi a causa
della scarsa qualità delle ispezioni in loco nella Provincia di Nuoro,
pari a EUR 566 863 per gli esercizi 2001-2003;
– una rettifica forfettaria del 2% riguardante lo sviluppo rurale a
causa di carenze nei sistemi di gestione, di controllo e delle sanzioni,
pari a EUR 3 748 761 per gli esercizi 2001 e 2002;
– una rettifica di EUR 26 707 597,17 per inosservanza dei termini di
pagamento concernente il premio per i bovini per l’esercizio 2003.
Procedimento e conclusioni delle parti
12 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 6 luglio 2006 la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.
13 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione)
decideva di avviare la fase orale del procedimento e, nel contesto delle
misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del
regolamento di procedura del Tribunale, poneva dei quesiti scritti alle
parti, le quali hanno ottemperato a tale richiesta.
14 Le difese svolte dalle parti e le loro risposte ai quesiti del
Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza dell’8 aprile 2008.
15 Nel corso dell’udienza, nel contesto di una risposta ad un quesito
orale alla Repubblica italiana, il Tribunale le ha ingiunto di produrre
alcuni documenti. Del pari, è stato concesso un termine alla Commissione
per depositare osservazioni sulla risposta della Repubblica italiana. Le
parti hanno ottemperato a tale richiesta.
16 La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata nella parte in cui esclude dal
finanziamento comunitario talune spese effettuate dalla stessa relative
al FEAOG;
– condannare la Commissione alle spese.
17 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la Repubblica italiana alle spese.
In diritto
18 La Repubblica italiana contesta le rettifiche finanziarie effettuate
dalla Commissione nella decisione impugnata con riferimento a cinque
settori o ambiti, vale a dire, in primo luogo, il settore degli
ortofrutticoli, in secondo luogo, il settore dei prodotti
lattiero-caseari, in terzo luogo, il settore dei seminativi, in quarto
luogo, il settore dello sviluppo rurale e, in quinto luogo,
all’inosservanza dei termini di pagamento concernente il premio per i
bovini per l’esercizio 2003. È in quest’ordine che il Tribunale
esaminerà, in successione, le censure sollevate avverso le rettifiche
finanziarie controverse.
1. Sulle rettifiche nel settore degli ortofrutticoli
19 Le censure della Repubblica italiana riguardano tre rettifiche
specifiche, in primo luogo, la rettifica relativa alla mancata
applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di inosservanza del piano
d’azione da parte delle organizzazioni di produttori, in secondo luogo,
la rettifica relativa alle carenze dei controlli sui prodotti ritirati
ai fini del compostaggio e della biodegradazione e, in terzo luogo, la
rettifica connessa all’insufficienza dei controlli chiave nel contesto
dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori.
Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione delle sanzioni
nell’ipotesi di inosservanza del piano d’azione da parte delle
organizzazioni di produttori
Normativa comunitaria
20 Il regolamento (CE) del Consiglio 28 ottobre 1996, n. 2200, relativo
all’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli (GU
L 297, pag. 1), detta le regole fondamentali che disciplinano
l’organizzazione comune dei mercati in detto settore.
21 L’art. 12, n. 1, del regolamento n. 2200/96 dispone in particolare
che gli Stati membri decidono in merito alla concessione del
riconoscimento delle organizzazioni di produttori entro tre mesi dalla
presentazione della domanda corredata di tutti i pertinenti documenti
giustificativi ed effettuano, a intervalli regolari, controlli per
accertare il rispetto, da parte delle organizzazioni di produttori,
delle condizioni del riconoscimento, comminano, in caso di mancato
rispetto di tali condizioni, le sanzioni da applicare alle
organizzazioni medesime e decidono, se necessario, la revoca del
riconoscimento.
22 L’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2200/96 prevede, per quanto
riguarda le organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della
normativa precedentemente in vigore ma che non rispondono ai nuovi
criteri, un periodo transitorio di due anni. Il n. 2, lett. c), di tale
articolo estende questi due anni a cinque per le organizzazioni di
produttori che hanno presentato un piano d’azione allo scopo di ottenere
il riconoscimento quali organizzazioni di produttori a norma dell’art.
11, n. 2, del regolamento e che si impegnano, sotto pena di sanzioni che
lo Stato membro deve determinare, a dare completa esecuzione al piano
d’azione prima della scadenza del quinquennio. L’art. 13, n. 3, di tale
regolamento precisa che all’organizzazione di produttori che, per
qualsiasi ragione e in qualsiasi momento, cessi di soddisfare le
condizioni di cui al n. 2 è revocato il riconoscimento secondo quanto
previsto dall’art. 12, n. 1, lett. b), del regolamento medesimo.
Relazione di sintesi
23 Tra il 21 e il 25 febbraio 2000 i servizi della Commissione
procedevano ad una verifica delle procedure di riconoscimento delle
organizzazioni di produttori nonché del sistema di controllo riguardante
i ritiri dei prodotti agricoli dal mercato. I controlli sono stati
effettuati presso la sede dell’organismo pagatore nazionale, l’Azienda
di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, divenuta in seguito
l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (in prosieguo: l’«AGEA») sia
a Roma sia nelle Regioni Calabria ed Emilia Romagna.
24 Secondo il punto 2.1.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi, i
servizi della Commissione accertavano che né le autorità nazionali né
quelle regionali avevano fissato sanzioni adeguate da irrogare nel caso
in cui un piano d’azione non fosse ultimato entro la fine del periodo
transitorio di cinque anni, ai sensi dell’art. 13, n. 2, del regolamento
n. 2200/96.
25 La relazione di sintesi menziona anche che la semplice revoca del
riconoscimento, sanzione applicata dalle autorità italiane nei confronti
di dodici organizzazioni di produttori, come risulta da un elenco
fornito dalle autorità stesse alla Commissione, non costituisce una
sanzione adeguata ai sensi dell’art. 13, n. 2, del regolamento n.
2200/96.
26 Secondo il punto 2.1.2.1 del capitolo B della relazione di sintesi,
il fatto di non aver stabilito sanzioni da irrogare nel caso in cui un
piano d’azione non fosse ultimato entro la fine del periodo transitorio
di cinque anni presenta la stessa gravità della mancata esecuzione di un
controllo chiave e giustifica una rettifica forfettaria del 10%,
conformemente a quanto disposto nel documento VI/5330/97.
27 I servizi della Commissione accertavano che, delle dodici
organizzazioni di produttori che hanno perso il riconoscimento, cinque
avevano beneficiato di aiuti comunitari durante il periodo transitorio a
titolo di voci di bilancio relative a compensazioni finanziarie per
operazioni di ritiro e spese d’acquisto, a fondi di esercizio di
organizzazioni di produttori e di una compensazione finanziaria per
favorire la trasformazione degli agrumi, e ritenevano che la rettifica
dovesse applicarsi unicamente alle spese pagate a queste cinque
organizzazioni di produttori per gli esercizi dal 1999 al 2001.
Argomenti delle parti
28 La Repubblica italiana fa valere due censure nei confronti di tale
rettifica, relative, da una parte, ad una violazione dell’art. 13, n. 2,
del regolamento n. 2200/96 e, dall’altra, al difetto di motivazione
della decisione impugnata.
29 Essa sostiene, in primo luogo, che la Commissione ha violato l’art.
13, n. 2, del regolamento n. 2200/96 in quanto avrebbe erroneamente
ritenuto che le sanzioni predisposte dalle autorità italiane
nell’ipotesi di mancato rispetto dell’impegno assunto dalle
organizzazioni di produttori di dare attuazione al piano d’azione entro
i termini si limitassero alla sola revoca del riconoscimento delle
organizzazioni di produttori, nonostante questa dovesse anche essere
ritenuta una sanzione adeguata ai sensi della detta disposizione. Al
riguardo, la ricorrente si avvale della circolare 18 aprile 1997, n. 6,
recante «Attuazione delle disposizioni comunitarie sulla nuova
organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli –
Regolamento CE n. 2200/96 del Consiglio del 28 ottobre 1996 e successivi
regolamenti di applicazione della Commissione» (GURI n. 124 del 30
maggio 1997, pag. 49), a suo tempo vigente, che prevedeva una misura
interdittiva, vale a dire la sospensione del riconoscimento quali
organizzazioni di produttori, a titolo conservativo, in caso di mancato
assolvimento degli impegni specifici da adottarsi da parte delle
organizzazioni stesse a seguito dei controlli amministrativi e
preliminarmente all’eventuale revoca da comminare alla fine del periodo
transitorio. Tale sanzione sarebbe direttamente applicabile. La
ricorrente deduce parimenti che sussistono altre sanzioni specifiche,
individuanti profili di responsabilità sia penale che civile, di cui
alla legge 23 dicembre 1986, n. 898 «Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure
urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione
dell’olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti
comunitari nel settore agricolo» (GURI n. 299 del 27 dicembre 1986),
nonché altre sanzioni di natura chiaramente punitiva, quali il blocco
delle erogazioni delle somme attribuite agli interessati in base alle
norme comunitarie di settore, previsto dal Decreto Legislativo 18 maggio
2001, n. 228 «Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a
norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57». A tale riguardo,
essa contesta la pertinenza del richiamo della Commissione agli artt. 2
e 4 del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n.
2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU
L 312, pag. 1), in quanto le misure previste dall’art. 4, n. 4, di detto
regolamento si riferirebbero alla ripetizione dell’indebito e non alle
misure sanzionatorie a carattere interdittivo, la cui qualificazione e
disciplina sono assolutamente diverse.
30 La Repubblica italiana sostiene, in secondo luogo, che la decisione
impugnata presenta un difetto di motivazione, in quanto la Commissione
non motiva in alcun modo l’asserita inadeguatezza delle sanzioni
previste dall’ordinamento italiano riguardo all’art. 13, n. 2, lett. c),
del regolamento n. 2200/96.
31 La Commissione contesta di aver violato l’art. 13, n. 2, lett. c),
del regolamento n. 2200/96, in quanto non può ritenersi che il sistema
sanzionatorio istituito dalla Repubblica italiana sia conforme a detta
disposizione, nonché il difetto di motivazione della decisione impugnata
al riguardo.
Giudizio del Tribunale
32 Quanto, anzitutto, alla censura relativa al difetto di motivazione,
occorre ricordare la giurisprudenza secondo cui, nel particolare
contesto dell’elaborazione delle decisioni relative alla liquidazione
dei conti, la motivazione della decisione deve essere considerata
sufficiente qualora lo Stato destinatario sia stato strettamente
associato al procedimento di elaborazione di tale decisione e conosca i
motivi per i quali la Commissione riteneva di non dover imputare al
FEAOG l’importo controverso (sentenza della Corte 1° ottobre 1998, causa
C‑27/94, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑5581, punto 36).
33 Nel caso di specie, occorre rilevare che risulta dal punto 2.1.3 del
capitolo B della relazione di sintesi nonché dalla corposa
corrispondenza svoltasi tra la Commissione e la Repubblica italiana, in
particolare le lettere del 22 dicembre 2000, del 5 giugno 2002, che
riprende il verbale della riunione bilaterale del 2 dicembre 2001, del
26 novembre 2003, che riprende il verbale della riunione bilaterale del
16 ottobre 2003, del 29 marzo 2004, che riprende il verbale della
riunione bilaterale del 1° marzo 2004, del 14 dicembre 2004 e dell’8
luglio 2005, che, nel corso del procedimento amministrativo che ha
preceduto l’adozione della decisione impugnata, le autorità italiane
sono state debitamente informate quanto alla natura e alla portata delle
obiezioni formulate dalla Commissione in ordine alla mancata
applicazione delle sanzioni in caso di inosservanza da parte delle
organizzazioni di produttori del loro piano di azione ed hanno avuto la
possibilità di far valere i propri argomenti al riguardo.
34 La censura relativa al difetto di motivazione della decisione
impugnata deve essere conseguentemente respinta in quanto infondata.
35 Quanto poi alla censura della Repubblica italiana relativa alla
violazione dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96, occorre
ricordare che, conformemente all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 729/70
e all’art. 2, n. 2, del regolamento n. 1258/1999, vengono finanziati gli
interventi destinati a regolarizzare i mercati agricoli, effettuati
secondo le norme comunitarie. Secondo la giurisprudenza, l’onere di
provare l’esistenza di una violazione delle norme dell’organizzazione
comune dei mercati agricoli spetta alla Commissione. Di conseguenza, la
Commissione è obbligata a giustificare la decisione con cui rileva la
mancanza o l’inadeguatezza dei controlli attuati dallo Stato membro
interessato (v. sentenza della Corte 24 febbraio 2005, causa C‑300/02,
Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑1341, punto 33 e la giurisprudenza ivi
citata).
36 Tuttavia, la Commissione è obbligata non tanto a dimostrare
esaurientemente l’insufficienza dei controlli effettuati dalle
amministrazioni nazionali o l’inesattezza dei dati da loro trasmessi,
quanto a corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli
da essa espressi a proposito di tali controlli o di tali dati (v.
sentenza della Corte 11 gennaio 2001, causa C‑247/98,
Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑1, punto 8 e la giurisprudenza ivi
citata).
37 Lo Stato membro interessato, da parte sua, non può confutare le
constatazioni della Commissione con semplici affermazioni non suffragate
da elementi atti a dimostrare l’esistenza di un sistema di controlli
affidabile ed operativo. A meno che esso non riesca a dimostrare che le
constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime
costituiscono elementi che possono far sorgere fondati dubbi
sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di
sorveglianza e di controllo (v. sentenza della Corte 28 ottobre 1999,
causa C‑253/97, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑7529, punto 7 e la
giurisprudenza ivi citata). Tale temperamento dell’onere della prova di
cui gode la Commissione è dovuto al fatto che è lo Stato che dispone
delle migliori possibilità per raccogliere e verificare i dati necessari
per la liquidazione dei conti FEAOG, ed è quindi lo Stato medesimo che
deve fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità
dei propri controlli o dei propri dati nonché, eventualmente,
dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione (v. sentenza della
Corte 22 aprile 1999, causa C‑28/94, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag.
I‑1973, punto 41, e la giurisprudenza ivi richiamata).
38 È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare gli
elementi di prova forniti dalla Repubblica italiana quanto al rilievo
della Commissione relativo alla mancata applicazione delle sanzioni
previste dall’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96.
39 In limine, occorre rilevare che, se è pur vero che l’art. 13, n. 2,
lett. c), del regolamento n. 2200/96 impone chiaramente agli Stati
membri di determinare sanzioni da infliggere alle organizzazioni di
produttori che non rispettino il loro piano di azione prima della
scadenza del periodo transitorio di cinque anni, detta disposizione non
definisce cosa debba intendersi come «sanzioni».
40 Tuttavia, è innegabile che misure che possono essere qualificate come
«sanzioni» devono avere l’effetto di imporre alle organizzazioni di
produttori di rispettare il loro impegno di dare attuazione al loro
piano di azione e che, in assenza di un siffatto effetto vincolante,
tale impegno si ridurrebbe ad una mera dichiarazione di intenti che
esporrebbe la Comunità al serio rischio di subire un danno finanziario.
41 Occorre peraltro rilevare che l’art. 13, n. 3, del regolamento n.
2200/96 prevede la revoca dello status di organizzazione di produttori
quando l’organizzazione stessa cessi di soddisfare, per qualsiasi
ragione e in qualsiasi momento, le condizioni di cui al n. 2. Se ne può
ragionevolmente dedurre che, se la revoca del riconoscimento è già
prevista dal regolamento n. 2200/96 nell’ipotesi di mancato rispetto,
segnatamente, del piano di azione per essere riconosciuta quale
organizzazione di produttori, il legislatore comunitario, nel menzionare
il termine «sanzione» al n. 2, lett. c), di detta disposizione, si
riferiva all’applicazione di altre sanzioni.
42 Al riguardo, risulta parimenti pertinente il riferimento della
Commissione al regolamento n. 2988/95, in quanto esso detta regole
generali relative alle sanzioni amministrative comunitarie al fine di
garantire un’adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità
europee, che si applicano a complemento della normativa esistente.
L’art. 2, n. 1, del regolamento n. 2988/95 prevede che le sanzioni
amministrative siano istituite solo qualora risultino necessarie per
garantire la corretta applicazione del diritto comunitario e che debbano
avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare
un’adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. Ai sensi
dell’art. 4, n. 1, del regolamento medesimo, ogni irregolarità comporta,
in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto
mediante l’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o
indebitamente percepiti. Il n. 4 di tale articolo precisa che le misure
previste dall’art. 4 non sono considerate sanzioni. Se dal combinato
disposto dell’art. 4, nn. 1 e 4, del regolamento n. 2988/95 risulta che
la corresponsione degli importi indebitamente percepiti non è
considerata dal legislatore comunitario come una sanzione, se ne può
ragionevolmente dedurre che la mera revoca del riconoscimento che tale
indebito vantaggio ha consentito di conseguire non può essere
considerata una sanzione adeguata nell’ipotesi di violazione di un
obbligo di diritto comunitario.
43 Di conseguenza, la revoca del riconoscimento quali organizzazioni di
produttori non può essere considerata una sanzione ai sensi dell’art.
13, n. 2, del regolamento n. 2200/96 e occorre pertanto esaminare gli
altri elementi della normativa italiana per acclarare se la Commissione
abbia correttamente deciso che essa violava la disposizione di cui è
causa.
44 Per quanto riguarda la sospensione del riconoscimento quali
organizzazioni di produttori, a titolo conservativo, come prevista dalla
circolare n. 6 del 18 aprile 1997, è giocoforza rilevare, come sostenuto
dalla Commissione, che essa nulla aggiunge alla misura della revoca,
atteso che produce i medesimi effetti, limitandoli tuttavia nel tempo.
Inoltre, e in ogni caso, dal punto 2.1.4 del capitolo B della relazione
di sintesi, che riprende il parere dell’organo di conciliazione, emerge
che a nessuna delle cinque organizzazioni di produttori interessate
dalla rettifica finanziaria è stato sospeso il riconoscimento durante il
periodo transitorio.
45 Quanto, poi, al sistema sanzionatorio introdotto dalla legge n. 898
del 23 dicembre 1986, la Repubblica italiana afferma che tale legge
introduce sanzioni specifiche, che individuano profili di responsabilità
civile o penale. Rispondendo ad un quesito del Tribunale in cui le si
chiedeva di chiarire sotto quali profili tali sanzioni sarebbero idonee
a rispondere all’esigenza di cui all’art. 13, n. 2, del regolamento n.
2200/96, la Repubblica italiana ha fatto valere gli artt. 2, n. 1, e 3,
n. 1, di tale legge, che prevedono, oltre un certo importo di
finanziamento indebito, una pena detentiva nonché una sanzione
pecuniaria amministrativa, costituita dal rimborso dell’indebito e, al
di sopra di un certo importo di finanziamento, una sanzione pecuniaria
amministrativa supplementare del medesimo importo. È giocoforza
rilevare, tuttavia, che dette disposizioni riguardano esclusivamente il
caso specifico del conseguimento di un finanziamento mediante
dichiarazione di dati o di informazioni falsi e che la loro portata è
pertanto limitata al contesto del rispetto dell’impegno di dare completa
esecuzione al piano d’azione. In ogni caso, anche se il parere
dell’organo di conciliazione, come ripreso al punto 2.1.4 del capitolo B
della relazione di sintesi, attesta l’avvio di un’azione «di recupero
(più del 20%)» intentata da autorità regionali nei confronti di una
delle cinque organizzazioni di produttori, la Repubblica italiana non
fornisce alcun elemento di prova quanto alla concreta applicazione della
legge n. 898 del 23 dicembre 1986. Inoltre, come correttamente rilevato
dalla Commissione, le condizioni necessarie perché sussista la
responsabilità civile o penale non consentono di sanzionare tutte le
situazioni di mancato rispetto degli impegni previsti dal diritto
comunitario da parte delle organizzazioni di produttori.
46 Riguardo, infine, al decreto legislativo n. 228 del 18 maggio 2001, è
giocoforza rilevare, da un canto, come può dedursi dai suoi estremi, che
esso è entrato in vigore solo nel 2001, vale a dire nel corso del
periodo oggetto della rettifica di cui è causa, e, dall’altro, che esso
si limita a prevedere la sospensione del procedimento di concessione da
parte degli organismi pagatori, la quale non può ritenersi una sanzione
adeguata, come si è chiarito al precedente punto 44.
47 Alla luce dei suesposti rilievi, gli argomenti della Repubblica
italiana non risultano tali da confutare i rilievi della Commissione
quanto alla mancata applicazione delle sanzioni previste dall’art. 13,
n. 2, del regolamento n. 2200/96 e, pertanto, tale censura deve essere
respinta in quanto infondata.
Sulla rettifica relativa alle carenze dei controlli sui prodotti
ritirati ai fini del compostaggio e della biodegradazione
La normativa comunitaria
48 L’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96 elenca le possibili
destinazioni dei prodotti ritirati dal mercato in base alle disposizioni
dell’art. 23 di detto regolamento e prevede, inter alia,
l’«utilizzazione per fini non alimentari». Il n. 2 dello stesso articolo
prevede che, qualora nessuna delle destinazioni di cui al n. 1 sia
possibile, i prodotti ritirati possono essere destinati al compostaggio
o a processi di biodegradazione consentiti dallo Stato membro
interessato.
49 Ai sensi dell’art. 17, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione
16 aprile 1997, n. 659, recante modalità d’applicazione del regolamento
n. 2200/96, per quanto concerne il regime degli interventi nel settore
degli ortofrutticoli (GU L 100, pag. 22), gli Stati membri, almeno una
volta durante la campagna, eseguono controlli materiali e documentali
delle operazioni di ritiro di tutte le organizzazioni di produttori.
Tali controlli devono riguardare, per ogni prodotto, almeno il 20% del
quantitativo totale ritirato. Il terzo comma dello stesso paragrafo
precisa che, in caso di applicazione dell’art. 30, n. 2 del regolamento
(CE) n. 2200/96, gli Stati membri controllano la totalità dei
quantitativi ritirati.
Relazione di sintesi
50 Secondo il punto 2.1.2.2 del capitolo B della relazione di sintesi, i
servizi della Commissione rilevavano, durante una missione di controllo
svoltasi tra il 21 e il 25 febbraio 2000, notevoli rischi per il FEAOG
legati al controllo degli ortofrutticoli ritirati dal mercato e
destinati al compostaggio o alla biodegradazione. Tali servizi
accertavano, infatti, che il controllo di tali prodotti non copriva la
totalità dei quantitativi ritirati, come previsto all’art. 17, n. 2,
terzo comma, del regolamento n. 659/97. Tale valutazione ha comportato
una rettifica finanziaria del 100% riguardante le spese relative ai
quantitativi di prodotti non controllati e ritirati nel corso degli
esercizi finanziari 1999-2002.
Argomenti delle parti
51 La Repubblica italiana fa valere due censure avverso tale rettifica,
concernenti, in sostanza, da una parte, l’ambiguità dell’art. 30, n. 1,
del regolamento n. 2200/96 e, dall’altra, una violazione del documento
VI/5330/97.
52 La Repubblica italiana fa valere che la sua interpretazione
dell’espressione «utilizzazione per fini non alimentari» ai sensi
dell’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96, nel senso che tale
espressione si applica anche alla distruzione mediante compostaggio e/o
biodegradazione dei prodotti ritirati dal mercato, risulta
dall’ambiguità del combinato disposto dell’art. 30, nn. 1 e 2, del
regolamento n. 2200/96 e dell’art. 17, n. 2, terzo comma, del
regolamento n. 659/97. Essa si avvale, inoltre, del regolamento (CE)
della Commissione 21 gennaio 2004, n. 103/2004, recante modalità di
applicazione del regolamento n. 2200/96 per il regime degli interventi e
dei ritiri dal mercato nel settore degli ortofrutticoli (GU L 16, pag.
3), la cui stesura definitiva non riprenderebbe una disposizione
chiarificatrice dell’espressione «utilizzazione per fini non
alimentari», che include espressamente il compostaggio, pur essendo
stata prevista, tuttavia, dai documenti preparatori, come la nota del
Consiglio del 16 febbraio 1996, registrata con numero di riferimento
SN/1466/96, intitolata «Nota per le delegazioni», unico testo invocato
dalla Commissione a sostegno delle proprie tesi.
53 La Repubblica italiana sostiene che, in considerazione dell’assenza
di un’esplicita e puntuale disposizione a livello comunitario circa
l’espressione «utilizzazione per fini non alimentari», essa ha agito in
buona fede per conformarsi immediatamente agli orientamenti dei servizi
della Commissione, una volta reso noto il loro parere, specialmente
nella Regione Emilia Romagna. Il tasso della rettifica finanziaria che
comporta l’esclusione di tutti i quantitativi non controllati sarebbe
conseguentemente sproporzionato nonché in aperto contrasto con il
documento VI/5330/97, in quanto nel caso di specie non si sarebbe
verificata la mancata osservanza di norme univoche, ma, sussistendo
dubbi interpretativi quanto alla normativa comunitaria, sarebbero state
adottate dallo Stato membro misure efficaci.
54 La Repubblica italiana sottolinea, infine, che lo stesso organo di
conciliazione ha osservato che la decisione di escludere dal
finanziamento comunitario le spese relative a tutti i ritiri non
sottoposti a controllo rischia di comportare una rettifica finanziaria
di entità superiore al livello del rischio potenziale per il FEAOG.
55 La Commissione ritiene che non sussista una difficoltà di
interpretazione e dubita della buona fede della Repubblica italiana,
atteso che, nel decidere sistematicamente di considerare i ritiri a fini
di distruzione come ritiri destinati a fini non alimentari anziché come
ritiri destinati all’eliminazione mediante compostaggio e/o
biodegradazione, le autorità italiane avrebbero effettuato controlli in
misura assai ridotta, vale a dire il 20% invece del 100% dei
quantitativi di prodotti ritirati dal mercato destinati al compostaggio.
56 Essa contesta di aver violato il documento VI/5330/97 sulla base del
rilievo che, ai sensi del citato documento, può essere rifiutato il
pagamento della totalità della spesa qualora le carenze siano tanto
gravi da configurare l’assoluta non conformità alle norme comunitarie, e
quindi l’irregolarità di tutti i pagamenti. Essa ritiene legittima la
correzione del 100% sulle spese dichiarate e precisa che tale rettifica
riguarda unicamente le spese relative ai quantitativi non controllati.
Giudizio del Tribunale
57 Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione
dell’interpretazione dell’espressione «utilizzazione per fini non
alimentari», di cui all’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96, si
tratta di determinare se tale espressione comprende la distruzione
mediante compostaggio e/o biodegradazione. Infatti, se i prodotti
ritirati dal mercato sono destinati alla distruzione mediante
compostaggio o biodegradazione, la loro totalità è sottoposta a
controllo da parte degli Strati membri, conformemente all’art. 17, n. 2,
del regolamento n. 659/97 e all’art. 30, n. 2, del regolamento n.
2200/96, mentre se i prodotti ritirati sono utilizzati a fini non
alimentari, un minimo del 20% del quantitativo di prodotti ritirati deve
essere controllato, conformemente all’art. 17, n. 2, del regolamento n.
659/97 e all’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96.
58 In limine, occorre ricordare che l’art. 30, nn. 1 e 2, del
regolamento n. 2200/96 prevede che, nell’ipotesi in cui non sia
possibile utilizzare i prodotti ritirati dal mercato a fini non
alimentari, i prodotti ritirati possono essere destinati al compostaggio
o a processi di biodegradazione consentiti dallo Stato membro
interessato.
59 Si deve necessariamente rilevare che, contrariamente a quanto deduce
la Repubblica italiana, la normativa comunitaria è chiara, prevedendo
espressamente che, nell’ipotesi in cui l’utilizzazione dei prodotti
ritirati dal mercato a fini non alimentari sia impossibile, i prodotti
possono essere destinati al compostaggio o a processi di biodegradazione
e, dunque, distrutti in tal modo. Ne consegue che l’uso a fini non
alimentari dei prodotti ritirati e la loro distruzione mediante
compostaggio o processi di biodegradazione costituiscono nozioni che si
escludono a vicenda, vale a dire o i prodotti sono utilizzati a fini non
alimentari o sono distrutti mediante compostaggio o biodegradazione.
60 Tale conclusione non può essere confutata dall’argomento della
Repubblica italiana attinente alla nota del Consiglio del 16 febbraio
1996, registrata con numero di riferimento SN/1466/96, concernente
taluni suggerimenti di modifica del testo della proposta di regolamento
n. 2200/96. Tale nota, infatti, adottata per rispondere ai quesiti di
chiarimento degli Stati membri quanto al significato dell’espressione
«utilizzazione per fini non alimentari», suggeriva di introdurre in
detta proposta una nuova disposizione relativa all’«eliminazione
mediante compostaggio o altro processo appropriato», distinta da quella
che prevede l’«utilizzazione per fini non alimentari» al fine di
chiarire che si trattava di due destinazioni diverse.
61 È giocoforza rilevare che, se la suddetta proposta utilizzava
l’espressione «eliminazione mediante compostaggio», il testo definitivo
dell’art. 30, n. 2, del regolamento n. 2200/96 utilizza l’espressione
«destinati al compostaggio». Contrariamente a quanto dedotto dalla
Repubblica italiana, la versione definitiva dell’art. 30, n. 2, del
regolamento non differisce da detta proposta e non è nemmeno ambigua.
Infatti, come sottolineato dalla Commissione, l’idea della distruzione è
già contenuta nel termine «compostaggio», dato che il compostaggio è un
processo naturale di distruzione o di eliminazione dei prodotti
organici.
62 Occorre poi rilevare che, nella relazione definitiva del 31 maggio
2005, l’organo di conciliazione afferma di non comprendere le ragioni
per cui la Repubblica italiana non ha introdotto, dal 1996, criteri di
controllo per i prodotti ritirati destinati al compostaggio o alla
biodegradazione, distinti da quelli applicati ai prodotti ritirati per
fini non alimentari.
63 Di conseguenza, l’argomento della Repubblica italiana relativo
all’ambiguità della normativa comunitaria di cui è causa deve essere
respinto.
64 Peraltro, il riferimento della Repubblica italiana al regolamento n.
103/2004 deve essere respinto in quanto privo di rilevanza, poiché la
rettifica applicata nel caso di specie verte sugli esercizi 1999‑2002.
In ogni caso, eventuali modifiche successive della normativa non possono
giustificare irregolarità compiute riguardo alla normativa vigente
all’epoca dei fatti di causa.
65 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il tasso della rettifica
finanziaria, da un canto, occorre ricordare la costante giurisprudenza
secondo cui, quanto all’importo della rettifica finanziaria, la
Commissione può spingersi sino al rifiuto di porre a carico del FEAOG
tutte le spese sostenute se rileva che non sussistono sufficienti
meccanismi di controllo. Del pari, se, nel contesto della sua missione
di liquidazione dei conti, la Commissione, invece di negare il
finanziamento della totalità delle spese, tenta di fissare norme intese
a differenziare, secondo il grado di rischio che presentano per il FEAOG,
diversi livelli di carenza di controllo, lo Stato membro deve dimostrare
che tali criteri sono arbitrari e iniqui (v. sentenza del Tribunale 28
marzo 2007, causa T‑220/04, Spagna/Commissione, punto 102 e la
giurisprudenza ivi citata).
66 D’altro canto, dall’art. 30, n. 2, del regolamento n. 2200/96 e
dall’art. 17, n. 2, del regolamento n. 659/97 emerge che la verifica di
tutti i quantitativi di prodotti ritirati dal mercato destinati alla
distruzione mediante compostaggio costituisce un requisito di
ammissibilità delle spese, la cui violazione può comportare
l’inammissibilità dell’aiuto comunitario.
67 Risulta dalle suesposte considerazioni che la Repubblica italiana è
venuta meno all’obbligo ad essa incombente, in forza della normativa
comunitaria, di verificare tutti i quantitativi di prodotti ritirati dal
mercato e destinati alla distruzione mediante compostaggio, sicché si
deve ritenere che i quantitativi ritirati, non essendo stati
assoggettati a controllo, non possono godere del beneficio dell’aiuto
comunitario. Inoltre, da una lettera della Commissione del 14 dicembre
2004 risulta che la rettifica finanziaria applicata alle spese è stata
determinata in base alle informazioni fornite dalla Repubblica italiana
nelle sue lettere del 26 novembre 2003 e del 27 settembre 2004. Di
conseguenza, non si può censurare la Commissione per aver violato il
documento VI/5330/97 applicando, nella decisione impugnata, una
rettifica del 100% sulla totalità delle spese corrispondenti, visto che
tale documento prevede che, «[q]ualora la carenza sia determinata dalla
mancata adozione da parte dello Stato membro di un adeguato sistema di
controllo la rettifica si applica al totale della spesa per la quale era
richiesto il sistema di controllo».
68 Infine, l’argomento della Repubblica italiana relativo al parere
dell’organo di conciliazione secondo cui l’esclusione dal finanziamento
comunitario delle spese relative a tutti i quantitativi ritirati e non
controllati rischia di comportare una rettifica di entità superiore al
livello del rischio potenziale per il FEAOG non può essere accolto.
Infatti, la posizione assunta dall’organo di conciliazione lascia
impregiudicata la decisione definitiva della Commissione e quest’ultima
rimane quindi libera di adottare una decisione che si discosta dal
parere adottato dall’organo di conciliazione (sentenza della Corte 19
settembre 2002, causa C‑377/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑7421,
punto 66).
69 Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure relative, da una
parte, all’ambiguità dell’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96 e,
dall’altra, alla violazione del documento VI/5330/97 devono essere
respinte.
Sulla rettifica finanziaria connessa all’insufficienza dei controlli
chiave delle organizzazioni di produttori
La normativa comunitaria
70 L’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96
prevede che l’organizzazione di produttori deve effettuare presso i suoi
associati controlli relativi alle informazioni che essa stessa domanda a
fini statistici e riguardanti, in particolare, le superfici, i raccolti,
le rese e le vendite dirette.
71 Ai sensi dell’art. 15, n. 1, del regolamento n. 2200/96, un aiuto
finanziario comunitario è concesso, alle condizioni definite dallo
stesso articolo, alle organizzazioni di produttori che costituiscono un
fondo di esercizio. Lo stesso paragrafo precisa che tale fondo è
alimentato con contributi finanziari effettivi degli aderenti, calcolati
in base ai quantitativi o al valore degli ortofrutticoli effettivamente
commercializzati sul mercato e con detto aiuto finanziario.
72 Ai sensi dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 2200/96, l’aiuto
finanziario comunitario concesso alle organizzazioni di produttori è
pari all’entità dei contributi finanziari menzionati al n. 1 ed
effettivamente versati, ed è limitato al 50% delle spese realmente
sostenute a norma del n. 2 di detto articolo.
73 A norma dell’art. 51 del regolamento n. 2200/96, le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative adottate dagli Stati membri
nonché le modifiche apportate a tali disposizioni sono comunicate alla
Commissione non oltre un mese dalla loro emanazione.
74 L’art. 3, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 28 marzo 2001,
n. 609, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2200/96
del Consiglio riguardo ai programmi operativi, ai fondi di esercizio e
all’aiuto finanziario comunitario e recante abrogazione del regolamento
(CE) n. 411/97 (GU L 90, pag. 4), così dispone:
«I contributi finanziari da versare nel fondo di esercizio sono
apportati a norma dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (...)
n. 2200/96. Le organizzazioni di produttori possono fissare i
contributi:
a) in base al volume o al valore della produzione commercializzata, o ad
una combinazione di questi due criteri;
b) a livelli diversi per i diversi prodotti o gruppi di aderenti, in
base a criteri oggettivi stabiliti dall’organizzazione di produttori
tenendo conto del diverso grado di partecipazione ad un programma
operativo da parte di diversi gruppi di aderenti, alle condizioni
seguenti:
i) purché resti impregiudicata la natura collettiva dei programmi
operativi;
ii) che il contributo di ciascun aderente al gruppo sia calcolato sulla
base di quanto definito al paragrafo 2, [lett.] a)».
75 L’art. 8, n. 2, del regolamento n. 609/2001 così dispone:
«Il progetto di programma operativo (…) può riguardare, in particolare:
(…)
c) spese generali connesse specificatamente al fondo di esercizio o al
programma operativo mediante il pagamento di una somma forfettaria pari
al 2% del fondo di esercizio approvato, limitatamente ad un importo
massimo di 180 000 EUR;
d) spese per il personale (compresi gli oneri salariali, se a carico
dell’organizzazione di produttori) connesse a misure intese:
i) a migliorare o a mantenere un elevato livello di qualità o di
protezione dell’ambiente, e
ii) a migliorare la commercializzazione,
la cui attuazione comporta essenzialmente il ricorso a personale
qualificato. Se in tali circostanze l’organizzazione di produttori fa
ricorso a propri impiegati o membri, è necessario registrare il tempo di
lavoro prestato;
(…)».
76 A norma dell’art. 8, n. 4, lett. b), del regolamento n. 609/2001, il
progetto di programma operativo è ammissibile soltanto se accompagnato
da un impegno scritto dell’organizzazione di produttori di rispettare le
disposizioni dei regolamenti n. 2200/96 e n. 609/2001 e di non
beneficiare né come organizzazione di produttori né come singolo membro,
direttamente o indirettamente, di un doppio finanziamento comunitario o
nazionale per le misure e/o le azioni ammissibili ad un finanziamento
comunitario in forza del regolamento n. 609/2001.
77 L’allegato I al regolamento n. 609/2001 elenca le spese e le
operazioni non sovvenzionabili, se non contemplate dall’art. 8, n. 2,
del regolamento medesimo. Tra queste figurano le «Spese generali» e la
«Promozione di singoli marchi commerciali o contenenti riferimenti
geografici».
78 A norma dell’art. 16, n. 1, del regolamento n. 609/2001, «gli Stati
membri possono adottare norme complementari a quelle previste dal
regolamento (...) n. 2200/96 e dal presente regolamento per operazioni o
spese sovvenzionabili».
79 L’art. 3 del regolamento (CE) della Commissione 3 marzo 1997, n. 412,
che fissa le modalità d’applicazione del regolamento n. 2200/96,
riguardo al riconoscimento delle organizzazioni di produttori (GU L 62,
pag. 16), dispone che «[g]li Stati membri prendono le misure necessarie
per evitare qualsiasi abuso di potere o di influenza di uno o più
produttori in relazione alla gestione ed al funzionamento
dell’associazione di produttori».
Relazione di sintesi
80 Tra il 27 e il 31 maggio 2002 e tra il 16 e il 20 settembre 2002 i
servizi della Commissione procedevano ad una verifica del sistema dei
controlli chiave in materia di aiuti comunitari ai programmi operativi
delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli nelle Regioni Emilia
Romagna, Campania e Calabria nonché nella Provincia autonoma di Trento.
81 I servizi della Commissione rilevavano che il sistema di controllo,
pur sussistendo, presentava carenze nell’applicazione dei controlli
chiave.
82 Il punto 2.3.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi indica
che, in molte delle organizzazioni di produttori visitate in loco, il
contributo dei soci al fondo di esercizio era diviso in due parti, da
una parte, un contributo per azioni comuni in funzione del valore della
produzione commercializzata o del quantitativo prodotto e, dall’altra,
un contributo per azioni individuali pari al 50% del valore dell’azione
alla quale partecipa il produttore. La relazione di sintesi precisa,
inoltre, che le autorità italiane hanno riconosciuto che tale situazione
si verificava con elevata probabilità in molte organizzazioni di
produttori perché tale era l’interpretazione data nelle circolari
nazionali. Del pari, essa indica che, «se la normativa comunitaria
autorizza una differenziazione del contributo secondo l’appartenenza o
meno del produttore ad un determinato gruppo, il contributo deve essere
calcolato (in modo identico per tutti gli appartenenti al gruppo) sulla
base del valore o del volume della produzione commercializzata. In
nessun caso il contributo potrà essere calcolato secondo un criterio
individuale quale il valore delle azioni cui partecipa il produttore».
83 Secondo il punto 2.3.1.2 del capitolo B della relazione di sintesi,
il programma operativo comprendeva spese non conformi alla normativa
comunitaria, in particolare per le organizzazioni di produttori Apofruit,
Melinda e Sant’Orsola.
84 In primo luogo, in occasione della visita all’organizzazione di
produttori Apofruit, i servizi della Commissione rilevavano che la
retribuzione della sig.ra L. era stata integralmente imputata all’azione
«3b - Regolarizzazione dei prezzi alla produzione e riduzione dei
ritiri». La descrizione delle mansioni svolte da tale dipendente
comprendeva il controllo dei dati commerciali, l’elaborazione di dati e
stime commerciali, il coordinamento della programmazione dei ritiri e
degli interventi volti ad assicurare il rispetto delle disposizioni in
materia ambientale riguardo ai ritiri. Benché le autorità regionali
ritenessero che una siffatta attività potesse essere posta a carico del
programma operativo in virtù di una normativa nazionale che le
autorizzava in tal senso, i servizi della Commissione ritenevano che si
trattasse di spese di amministrazione e gestione, che fanno parte delle
spese generali non sovvenzionabili ai sensi del combinato disposto
dell’art. 8, n. 2, e dell’allegato I, punto 2, al regolamento n.
609/2001.
85 In secondo luogo, in occasione della visita all’organizzazione di
produttori Melinda, i servizi della Commissione rilevavano che le
autorità italiane avevano accettato spese relative alla locazione di uno
spazio in alcune fiere. Una foto dello stand presa in occasione delle
ispezioni mostra che si trattava di «pubblicità commerciale e non
generica». Le spese corrispondenti non erano dunque sovvenzionabili, in
conformità a quanto previsto al punto 14 dell’allegato I al regolamento
n. 609/2001.
86 In terzo luogo, in occasione della visita all’organizzazione di
produttori Sant’Orsola, i servizi della Commissione rilevavano che
l’amministrazione italiana aveva considerato sovvenzionabili con aiuti
comunitari spese destinate a migliorare la qualità di vita negli uffici.
Orbene, secondo i servizi della Commissione, si sarebbe trattato di
spese generali non sovvenzionabili.
87 Dal punto 2.3.1.3 del capitolo B della relazione di sintesi emerge
che le organizzazioni di produttori visitate, nell’imputare al programma
operativo prestazioni lavorative realizzate da dipendenti impiegati
dall’organizzazione stessa non avevano provveduto alla registrazione del
tempo di lavoro tramite scheda oraria o altro documento analogo, come
prescritto dall’art. 8, n. 2, lett. d), del regolamento n. 609/2001, che
riprende il punto 2 dell’allegato I del precedente regolamento (CE)
della Commissione 3 marzo 1997, n. 411, recante modalità di applicazione
del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, riguardo ai programmi
operativi, i fondi d’esercizio e l’aiuto finanziario comunitario (GU L
62, pag. 9). Le autorità italiane ammettevano di non esigere la
compilazione di schede orarie perché troppo onerose da compilare e
troppo difficili da controllare da parte dell’amministrazione. Esse
affermavano anche di aver fissato alcuni massimali diretti a limitare il
numero di ore di lavoro ammissibili al finanziamento. I servizi della
Commissione, da un lato, ritenevano tali massimali troppo generosi e,
dall’altro, ne riscontravano ripetutamente il superamento.
88 Il punto 2.3.1.4 del capitolo B della relazione di sintesi indica
peraltro che, nelle Regioni Emilia Romagna, Campania e Calabria, le
autorità italiane non avevano compilato alcuna tabella sinottica di
controllo per verificare, in modo automatico e affidabile, il rispetto
dei numerosi parametri che determinano l’importo dell’aiuto (per
esempio, il raffronto riassuntivo tra il programma approvato e il
programma realizzato, compresi i massimali regolamentari). In
particolare, dall’esame del programma operativo dell’organizzazione di
produttori Apoc è emerso che il funzionario responsabile dei controlli
in Calabria ignorava l’esistenza di un secondo massimale dell’aiuto
comunitario legato al contributo finanziario dei produttori, come
previsto dall’art. 5, n. 5, del regolamento n. 2200/96. L’AGEA aveva
erogato l’aiuto senza accorgersi dell’inottemperanza al regolamento.
Secondo la Commissione, tale circostanza ha dimostrato l’inadeguatezza
della formazione di alcuni controllori, la necessità di elaborare una
tabella sinottica analitica, nonché l’insufficiente supervisione dell’AGEA
sui servizi delegati.
89 Dal punto 2.3.1.5 del capitolo B della relazione di sintesi emerge
che gli ispettori comunitari accertavano che nelle Regioni Emilia
Romagna, Calabria e Campania il sistema di controllo destinato a
rilevare i finanziamenti multipli («fondi di esercizio» e «altre fonti
di finanziamento») non offriva garanzie sufficienti per evitare fenomeni
di doppio finanziamento, comunitario o nazionale, per le misure e le
azioni sovvenzionabili ai sensi l’art. 8, n. 4, lett. b), del
regolamento n. 609/2001. Infatti, a parte il rilascio di un attestato da
parte delle organizzazioni di produttori, in cui le stesse dichiaravano
di non aver beneficiato di nessun altro aiuto finanziario per la
medesima azione, detto sistema di controllo si basava sull’apposizione
da parte delle organizzazioni di produttori di un timbro con la dicitura
«Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle
fatture imputate al programma operativo, al fine di evitare un loro
secondo utilizzo.
90 Secondo il punto 2.3.1.6 del capitolo B della relazione di sintesi, i
servizi della Commissione rilevavano che, poiché la maggior parte delle
organizzazioni di produttori erano società cooperative, disciplinate da
una normativa estremamente precisa per quanto riguarda il diritto di
voto, le autorità italiane non avevano ritenuto opportuno adottare
misure ad hoc in materia, contrariamente a quanto prescritto dall’art. 3
del regolamento n. 412/97.
91 Infine, i servizi della Commissione contestavano alle autorità
italiane di non aver effettuato accurati controlli, ai sensi dell’art.
11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96, sui membri di
un’organizzazione di produttori transnazionale, dei quali più della metà
risultava domiciliata in Grecia. I rappresentanti di questa
organizzazione di produttori hanno riconosciuto di non aver potuto
effettuare i controlli previsti da tale disposizione nei confronti dei
membri in quanto troppo onerosi (punto 2.3.1.7 del capitolo B della
relazione di sintesi).
92 I servizi della Commissione concludevano perciò che, dato l’insieme
di carenze rilevate nel sistema dei controlli essenziali, le autorità
italiane non avevano applicato tali controlli con il rigore imposto
dalla normativa comunitaria e precisavano che questa conclusione valeva
anche per la Provincia di Trento, nonostante la situazione in tale
provincia fosse migliore. A seguito della trasmissione di informazioni
da parte delle autorità italiane ed essendo stato adito l’organo di
conciliazione, la Commissione applicava una rettifica forfettaria del 5%
ai pagamenti eseguiti nel periodo compreso tra il 2000 e 2003, ivi
compresi quelli sostenuti dalla Provincia di Trento e ammonta a un
importo pari a EUR 7 708 059,40.
Argomenti delle parti
93 In primo luogo, quanto alla censura della Commissione relativa al
controllo della partecipazione dei produttori al fondo di esercizio, la
Repubblica italiana fa valere che le norme nazionali consentivano di
trattare il finanziamento dei programmi operativi in modo differenziato,
rispettando taluni criteri obiettivi, e che, dopo la visita degli
ispettori comunitari, aveva iniziato, in applicazione dell’art. 3 del
regolamento n. 609/01, ad assicurare la partecipazione paritetica dei
soci alla costituzione del fondo di esercizio.
94 In secondo luogo, quanto alla censura relativa alle spese non
sovvenzionabili imputate al programma operativo, la Repubblica italiana
sostiene, da una parte, che la decisione impugnata è viziata da un
difetto di motivazione e, dall’altra, contesta che talune spese siano
state ritenute non sovvenzionabili nell’ambito dei programmi operativi
delle organizzazioni di produttori assoggettate a controlli.
95 In terzo luogo, quanto alla censura relativa all’assenza di schede
orarie e al livello dei forfait salariali, la Repubblica italiana fa
valere che la decisione impugnata viola l’art. 8, n. 2, lett. d), del
regolamento n. 609/2001, atteso che tale disposizione prevede la
semplice registrazione del tempo di lavoro effettivamente prestato dagli
impiegati e non l’adozione di schede orarie, come prevedeva il
regolamento anteriormente in vigore. Il costo dei dipendenti sarebbe
stato posto a raffronto con i massimali previsti nelle disposizioni
nazionali del Ministero.
96 In quarto luogo, riguardo alla censura relativa all’assenza di una
tabella sinottica dei controlli che consentono di verificare il rispetto
dei numerosi parametri che determinano l’importo dell’aiuto e
all’applicazione del doppio massimale all’aiuto comunitario, la
Repubblica italiana deduce un difetto di motivazione della decisione
impugnata, nonché una sua contraddittorietà in quanto non può dedursi
dall’esistenza di una tale tabella sinottica nella Provincia di Trento
l’affermazione generale secondo cui non sussisteva alcun documento sui
controlli effettuati. Più specificamente, per quanto riguarda
l’organizzazione di produttori Apoc, la Repubblica italiana riconosce di
aver rilevato un errore contabile quanto alla ripartizione tra i fondi e
le spese di gestione.
97 In quinto luogo, per quanto riguarda la censura della Commissione
relativa ai controlli destinati a rilevare i finanziamenti multipli
(«fondi operativi» e «altri fondi di finanziamento»), la Repubblica
italiana ritiene che l’apposizione del timbro con la dicitura
«Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle
fatture sia sufficiente per evitare il doppio finanziamento. Essa si
avvale anche delle misure correttive adottate in esito al controllo
eseguito dai servizi della Commissione.
98 In sesto luogo, riguardo alla censura relativa alla limitazione del
diritto di voto e all’abuso di potere, la Repubblica italiana deduce la
violazione dell’art. 3 del regolamento n. 412/97 nonché un difetto di
motivazione in merito all’asserita inadeguatezza della normativa
nazionale al fine di prevenire fenomeni di abuso di potere o influenza
di uno o più produttori in relazione alla gestione delle organizzazioni
di produttori.
99 In settimo luogo, quanto alla censura relativa al controllo di
un’organizzazione di produttori transnazionale, la Repubblica italiana
sostiene che la decisione impugnata viola l’art. 11, n. 1, lett. c),
punto 4), del regolamento n. 2200/96, ai sensi del quale
l’organizzazione di produttori deve svolgere controlli presso i suoi
membri riguardo alle informazioni che essa richiede a fini statistici e
riguardanti, in particolare, le superfici, i raccolti, le rese e le
vendite dirette.
100 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
Giudizio del Tribunale
101 In primo luogo, quanto alla censura relativa al controllo della
partecipazione dei produttori al fondo di esercizio, l’argomento della
Repubblica italiana secondo cui il trattamento del finanziamento dei
programmi operativi era effettuato tenendo conto del valore della
partecipazione dei soci al programma operativo senza ledere la sua
natura collettiva deve essere respinto. Infatti, l’art. 3, n. 2, del
regolamento n. 609/2001, anche se consente una differenziazione del
contributo al fondo operativo secondo l’appartenenza o meno del
produttore ad un determinato gruppo, dispone chiaramente che il calcolo
del contributo deve svolgersi su una base identica, vale a dire in base
al volume o al valore della produzione commercializzata.
102 L’argomento della Repubblica italiana relativo all’applicazione
delle norme nazionali che consentivano tale contributo differenziato
deve essere respinto, in quanto uno Stato membro non può invocare norme,
prassi o situazioni dell’ordinamento nazionale per giustificare
l’inosservanza degli obblighi stabiliti dal diritto comunitario
(sentenza della Corte 14 novembre 1989, causa 14/88, Italia/Commissione,
Racc. pag. 3677, punto 26).
103 Inoltre, la Repubblica italiana si avvale delle misure correttive
adottate in esito alla missione di controllo degli ispettori comunitari.
Siffatto argomento non può essere accolto in quanto, oltre al fatto che
tale atteggiamento è rivelatore del riconoscimento, da parte della
Repubblica italiana, della mancata conformità del sistema nazionale alla
normativa comunitaria, il documento VI/5330/97 prevede chiaramente che «
[i]l fatto che la notifica allo Stato membro delle carenze accertate
venga seguita immediatamente da misure correttive non può influire sulla
percentuale di rettifica».
104 In secondo luogo, quanto alla censura relativa alle spese non
sovvenzionabili imputate al programma operativo, la Repubblica italiana
deduce, anzitutto, il difetto di motivazione della decisione impugnata.
A tale riguardo, occorre ricordare la sentenza Paesi Bassi/Commissione,
citata supra, al punto 32, secondo cui una decisione adottata in materia
di FEAOG è sufficientemente motivata qualora lo Stato membro sia stato
strettamente associato al procedimento amministrativo e conosca i motivi
per i quali è stata adottata la decisione. È giocoforza rilevare che tra
le parti si è svolto un corposo scambio di corrispondenza e che la
Repubblica italiana è stata strettamente coinvolta nel procedimento, per
cui conosceva le ragioni per le quali le spese contestate sono state
escluse dal finanziamento comunitario, come risulta dalla lettera della
Commissione del 5 settembre 2002, inviata conformemente all’art. 8, n.
1, del regolamento n. 1663/95, dal verbale delle riunioni bilaterali del
5 e del 16 giugno 2003 e dalla lettera del 23 febbraio 2005. Tale
censura deve essere pertanto respinta in quanto infondata.
105 La Repubblica italiana deduce poi che la Commissione ha violato
l’art. 8, n. 2, e l’allegato I del regolamento n. 609/2001 in quanto
avrebbe considerato talune spese come costi generali e, di conseguenza,
non sovvenzionabili nell’ambito dei programmi operativi delle
organizzazioni di produttori assoggettate a controlli e sostiene che
tali spese sono conformi alla regolamentazione nazionale, che
applicherebbe la normativa comunitaria.
106 A tale riguardo, occorre rilevare che la circostanza che la
Repubblica italiana abbia informato la Commissione, conformemente
all’art. 51 del regolamento n. 2200/96 e all’art. 16, n. 1, del
regolamento n. 609/2001, dell’adozione di disposizioni regolamentari che
consentono alle organizzazioni di produttori di imputare talune spese al
programma operativo in violazione della normativa comunitaria non può
costituire una valida giustificazione per ottenere contra ius
l’ammissibilità delle spese al FEAOG. Di conseguenza, il riferimento
della Repubblica italiana a tali due disposizioni deve essere respinta.
107 Quanto alle spese relative alla retribuzione della sig.ra L.,
dipendente nell’organizzazione di produttori Apofruit, qualificata nella
relazione di sintesi come spesa di amministrazione e di gestione, da
inserire tra le spese generali non sovvenzionabili ai sensi del
combinato disposto dell’art. 8, n. 2, e dell’allegato I, punto 2, del
regolamento n. 609/2001, è giocoforza rilevare che la Repubblica
italiana, anche se ad essa incombe l’onere della prova ai sensi della
giurisprudenza citata al precedente punto 37, non ha apportato elementi
dettagliati o circostanziati che portino ad una diversa qualificazione
delle spese suddette, dimostrando che tali spese possono essere
contabilizzate come spese ammissibili ai sensi dell’art. 8, n. 2, dello
stesso regolamento. Essa si limita, infatti, ad affermare che l’attività
svolta dalla sig.ra L. era qualificata e non ordinaria, poiché il suo
incarico prevedeva l’elaborazione di nuove strategie utili ad una
diversa collocazione dei prodotti ortofrutticoli sul mercato e
costituiva una risorsa ammissibile in forza delle disposizioni
nazionali.
108 Quanto alle spese relative alla locazione di uno stand in una fiera
dell’organizzazione di produttori Melinda, qualificata nella relazione
di sintesi come «pubblicità commerciale e non generica», sicché le
relative spese sono state considerate non sovvenzionabili, conformemente
al punto 14 dell’allegato I al regolamento n. 609/2001, occorre
anzitutto ricordare che, secondo l’allegato I del suddetto regolamento,
la promozione dei marchi commerciali costituisce una spesa non
sovvenzionabile, contrariamente alla promozione generica di un prodotto.
Occorre poi rilevare che la fotografia dello stand in base alla quale la
Commissione ha fondato i propri rilievi indica chiaramente il nome
dell’organizzazione di produttori, per cui si tratta di una pubblicità
commerciale, non sovvenzionabile, e non della promozione di un prodotto
generico, sovvenzionabile. Inoltre, dagli atti di causa nonché dal punto
2.3.2 del capitolo B della relazione di sintesi, che riprende gli
argomenti della Repubblica italiana nel corso del procedimento
amministrativo, risulta che essa, benché ritenga che la partecipazione
dell’organizzazione di produttori Melinda non possa essere ritenuta
esclusivamente destinata alla promozione commerciale del marchio,
riconosce tuttavia che la pubblicità dello stand sulla fotografia in
oggetto ha un carattere commerciale.
109 Inoltre, il riferimento della Repubblica italiana al regolamento
(CE) della Commissione 11 agosto 2003, n. 1433, recante modalità di
applicazione del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio riguardo ai
fondi di esercizio, ai programmi operativi e all’aiuto finanziario (GU L
203, pag. 25), ai sensi del quale, secondo la Repubblica italiana, la
promozione commerciale del prodotto è legittima, non è rilevante, dal
momento che tale regolamento non si applica ai programmi operativi
assoggettati al controllo di cui è causa nella presente controversia.
Pertanto gli argomenti della Repubblica italiana secondo cui le spese
relative alla locazione di uno stand in una fiera costituirebbero spese
sovvenzionabili devono essere respinti.
110 Per quanto riguarda, infine, l’organizzazione di produttori
Sant’Orsola, segnatamente le spese destinate a migliorare la qualità di
vita negli uffici, considerate non sovvenzionabili dalla Commissione in
quanto, trattandosi di spese relative alla posa di una finestra per il
tetto del tipo Velux o all’istallazione dell’aria condizionata, non
sarebbero riconducibili a interventi sulla struttura degli edifici, è
giocoforza rilevare che la Repubblica italiana, pur incombendole l’onere
della prova ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto
37, si limita ad affermare che si trattava di spese relative alla
struttura degli edifici senza apportare il minimo elemento di prova a
sostegno di tale affermazione per confutare quanto sostenuto dalla
Commissione al riguardo. Orbene, come correttamente rilevato dalla
Commissione, il fatto di effettuare un intervento relativo alla posa di
una finestra per il tetto del tipo Velux o all’istallazione dell’aria
condizionata non implica la realizzazione di miglioramenti della
struttura commerciale nel suo insieme. La Commissione, pertanto, poteva
ragionevolmente concludere nel senso dell’inammissibilità delle spese in
esame.
111 Inoltre, secondo la Repubblica italiana, anche ammettendo che si
debba accogliere la tesi della Commissione e ritenere tale tipo di spese
generali e inammissibili, quest’ultima avrebbe violato l’art. 8, n. 2,
lett. c), del regolamento n. 609/2001 in quanto tale disposizione
consentiva di finanziare, entro il limite del 2%, le spese generali
connesse specifìcatamente al fondo di esercizio o al programma
operativo. Tale argomento, tuttavia, non può essere accolto in quanto le
spese relative alla posa di una finestra per il tetto del tipo Velux o
l’istallazione dell’aria condizionata ritenute inammissibili non possono
essere considerate spese specificamente riferibili al fondo di esercizio
o al programma operativo.
112 In terzo luogo, quanto alla censura relativa all’assenza di schede
orarie ed al livello dei forfait salariali, occorre ricordare, in
limine, che l’art. 8, n. 2, lett. d), del regolamento n. 609/2001
prevede che, se l’organizzazione di produttori fa ricorso a propri
impiegati, è necessario registrare il tempo di lavoro prestato e che il
regolamento n. 411/97, precedentemente in vigore, prevedeva per
l’impiego di dipendenti nell’organizzazione di produttori la redazione
di schede orarie.
113 A tale riguardo, dal verbale della riunione bilaterale del 5 e del
16 giugno 2003 nonché dalla relazione di sintesi emerge che i servizi
della Commissione hanno rilevato che la valutazione dell’attività
professionale dei dipendenti era svolta in modo approssimativo e che il
sistema non dava alcuna garanzia circa l’esatta quantificazione degli
oneri salariali da imputare al programma operativo. In detto verbale
risulta, infatti, che il responsabile gerarchico delle organizzazioni di
produttori si limitava a rilasciare un attestato in cui certificava che
un certo impiegato aveva lavorato un determinato numero di giorni nel
2001 per il programma operativo e che la quota degli oneri salariali era
calcolata in base a tale attestato.
114 Ne consegue che l’argomento della Repubblica italiana secondo cui
essa riteneva più opportuna una valutazione globale dell’attività
professionale degli impiegati poiché la compilazione di schede orarie,
del resto nemmeno imposta dal regolamento n. 609/2001, era troppo
difficile da realizzare, non può essere accolto. Infatti, se è pur vero
che la normativa comunitaria vigente all’epoca dei fatti di causa non
imponeva più la compilazione di schede orarie, essa imponeva ancora
chiaramente la registrazione del tempo di lavoro prestato dai
dipendenti, sicché una valutazione globale e approssimativa del tempo di
lavoro non può essere considerata conforme a tale esigenza.
115 Peraltro, per quanto riguarda il livello dei forfait salariali, la
Repubblica italiana si limita ad affermare che il costo per dipendente
sarebbe stato confrontato con i massimali previsti nelle disposizioni
nazionali del Ministero e non deduce alcun argomento probante tale da
confutare i rilievi della Commissione secondo cui il sistema italiano
sarebbe stato carente sotto tale profilo in quanto i massimali sono stai
considerati abbastanza generosi e spesso superati.
116 In quarto luogo, riguardo alla censura relativa all’assenza di
tabelle sinottiche dei controlli e all’applicazione del doppio massimale
all’aiuto comunitario, la Repubblica italiana deduce, anzitutto, un
difetto di motivazione. Tale censura deve essere respinta in quanto
infondata, poiché, come affermato al precedente punto 104, la Repubblica
italiana è stata strettamente coinvolta nel procedimento amministrativo
e si è svolto un corposo scambio di corrispondenza tra le parti, come
comprovano, segnatamente, la lettera della Commissione del 5 settembre
2002, inviata ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95, la
lettera del 28 gennaio 2003, il verbale delle riunioni bilaterali del 5
e del 16 giugno 2003 e la lettera del 23 febbraio 2005.
117 La Repubblica italiana deduce quindi la contraddittorietà della
decisione impugnata in quanto dall’esistenza di una tabella sinottica di
controllo nella Provincia di Trento non può dedursi l’affermazione
generale secondo cui non sarebbe esistito alcun documento che
consentisse di verificare i controlli effettuati. A tale riguardo, dal
punto 2.3.1.4 del capitolo B della relazione di sintesi risulta che,
eccetto per la Provincia di Trento, le autorità italiane non avevano
compilato una tabella sinottica di controllo per verificare, in modo
automatico e affidabile, il rispetto dei numerosi parametri che
determinano l’importo dell’aiuto, come il raffronto riassuntivo tra il
programma approvato e il programma realizzato, il nesso tra il programma
operativo e il fondo di esercizio, nonché la composizione del fondo di
esercizio.
118 È giocoforza rilevare che, contrariamente a quanto dedotto dalla
Repubblica italiana, i servizi della Commissione non hanno dedotto
dall’esistenza di una tabella sinottica nella Provincia di Trento
l’affermazione generale secondo cui non sussisteva alcuna documentazione
dettagliata, ma hanno rilevato l’assenza di una tabella sinottica che
consentisse di verificare, in modo automatico e affidabile, il rispetto
dei suddetti parametri. In ogni caso, la Repubblica italiana si limita
ad affermare che la documentazione dettagliata esisteva, senza apportare
il minimo elemento probatorio, come richiesto dalla giurisprudenza
citata al precedente punto 37, tale da confutare i rilievi della
Commissione al riguardo. Tale argomento deve quindi essere respinto.
119 Del pari, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la
decisione impugnata sarebbe contraddittoria in quanto, da una parte, la
Commissione rileva che solo la Provincia di Trento ha elaborato una
tabella sinottica e, dall’altra, denuncia carenze nella provincia
medesima, senza precisare quali, deve essere respinto in quanto
infondato. Occorre rilevare, infatti, che l’accertamento dell’esistenza
di un sistema operativo e affidabile per controllare talune spese non
implica necessariamente che tale sistema funzioni con la medesima
affidabilità quanto al controllo di altre spese. Inoltre, dal punto
2.3.5 del capitolo B della relazione di sintesi risulta che, se è pur
vero che la situazione si presentava migliore nella Provincia di Trento
rispetto alle altre regioni visitate dai servizi della Commissione,
anche in questa regione sono state riscontrate carenze (registrazione
dei tempi di lavoro non conforme al diritto comunitario, constatazione
di spese non ammissibili, carenze nei controlli volti ad evitare il
doppio finanziamento e mancata adozione di misure intese a evitare
qualsiasi abuso di potere).
120 Infine, per quanto riguarda, più specificamente, la censura relativa
all’organizzazione di produttori Apoc, è sufficiente rilevare che la
Repubblica italiana afferma di aver effettuato, dopo la missione di
controllo dei servizi della Commissione, un riesame della relazione
annuale del programma operativo del 2001 presso detta organizzazione di
produttori e di aver rilevato l’errore contabile scoperto dai servizi
della Commissione. Anche tale argomento deve pertanto essere respinto.
121 In quinto luogo, per quanto riguarda la censura della Commissione
relativa ai controlli destinati a rilevare i finanziamenti multipli
(«fondi operativi» e «altri fondi di finanziamento»), la Repubblica
italiana deduce la violazione dell’art. 8, n. 4, lett. b), del
regolamento n. 609/2001, che impone un impegno scritto
dell’organizzazione di produttori di non beneficiare di un doppio
finanziamento perché il progetto di programma operativo sia ammissibile.
122 A tal riguardo, dal punto 2.3.1.5 del capitolo B della relazione di
sintesi risulta che il sistema per evitare il duplice finanziamento in
Italia, fondato in particolare sull’apposizione del timbro con la
dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96»
sull’originale delle fatture, non offriva garanzie assolute, dato che
una fattura può essere rilasciata in duplice esemplare, il secondo dei
quali può essere successivamente annullato (nota di credito), oppure il
timbro può essere apposto dopo aver fatto le fotocopie e non prima. È
stato inoltre accertato, a più riprese, che il timbro non era stato
apposto e che i controllori «Programma operativo» non sapevano se un
timbro dello stesso tipo fosse richiesto dai controllori «Sviluppo
rurale».
123 Occorre anche ricordare che, ai sensi del documento VI/5330/97,
devono essere prese in considerazione rettifiche forfettarie qualora la
Commissione ritenga che non sia stata attuata in modo adeguato una
misura di controllo implicitamente richiesta per rispettare una norma
esplicita.
124 È giocoforza rilevare, nella specie, che l’apposizione del timbro
con la dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96»
sull’originale delle fatture non può essere ritenuta conforme
all’esigenza di un impegno scritto previsto dall’art. 8, n. 4, lett. b),
del regolamento n. 609/2001.
125 La Repubblica italiana, peraltro, non deduce alcun argomento tale da
mettere in discussione le conclusioni della Commissione relative alle
carenze rilevate nell’esecuzione dei controlli chiave destinati ad
evitare il duplice pagamento. Al contrario, essa si limita a dedurre che
l’apposizione del timbro con la dicitura «Finanziato dalla UE -
Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle fatture è sufficiente
e che, a seguito della missione di controllo dei servizi della
Commissione, le regioni competenti hanno iniziato a creare una banca
dati comune relativa alle diverse azioni finanziate e a riorganizzare
gli uffici per potenziare gli scambi di informazioni.
126 Orbene, l’argomento relativo all’adozione di misure correttive dopo
la missione di controllo dei servizi della Commissione deve essere
respinto in quanto, oltre al fatto che l’atteggiamento della Repubblica
italiana è indicativo del riconoscimento da parte sua della mancata
conformità del sistema nazionale alla normativa comunitaria, l’adozione
di misure correttive immediatamente dopo la missione di controllo dei
servizi della Commissione non può influire sulla percentuale di
rettifica applicata, come ricordato al precedente punto 103. La
Repubblica italiana, peraltro, indica di trovarsi solo nella fase di
programmazione dell’adozione di tali misure.
127 Anche tale censura, di conseguenza, deve essere respinta.
128 In sesto luogo, quanto alla censura relativa alla limitazione del
diritto di voto e all’abuso di potere, la Repubblica italiana fa valere,
anzitutto, che la decisione impugnata è priva di motivazione al
riguardo. Tale censura deve essere respinta in considerazione dei
medesimi rilievi esposti al precedente punto 104.
129 Quanto poi alla censura relativa alla violazione dell’art. 3 del
regolamento n. 412/97, occorre ricordare che, a termini di tale
disposizione, gli Stati membri prendono le misure necessarie per evitare
qualsiasi abuso di potere o di influenza di uno o più produttori in
relazione alla gestione e al funzionamento dell’associazione di
produttori.
130 Orbene, dal punto 2.3.1.6 del capitolo B della relazione di sintesi
nonché dal ricorso risulta che la Repubblica italiana non ha ritenuto
utile adottare misure specifiche a tal riguardo, dato che la maggior
parte delle organizzazioni di produttori italiane erano società
cooperative la cui normativa disciplina con precisione la procedura sul
diritto di voto. La relazione di sintesi indica inoltre che, a suo
tempo, i servizi della Commissione avevano inviato alle autorità
italiane dei solleciti.
131 Inoltre, la Repubblica italiana non contesta gli elementi dedotti
dalla Commissione riguardo all’organizzazione di produttori Poma, come
richiamati da detta istituzione nel controricorso, segnatamente il fatto
che tale organizzazione comprendeva 117 produttori, 32 a titolo
individuale e 85 tramite due cooperative, e che i servizi della
Commissione hanno rilevato che vi erano solo 34 diritti di voto, il che,
pur essendo conforme alla normativa nazionale sulle cooperative, non era
conforme all’esigenza di piena rappresentatività prevista dal
regolamento n. 412/97. Infatti, tre quarti dei membri non potevano
esprimersi in occasione delle delibere, atteso che detenevano solo due
voti su 34. Come correttamente rilevato dalla Commissione, tali elementi
sono rivelatori della necessità di adottare disposizioni specifiche per
le organizzazioni di produttori, in particolare quando la composizione
delle stesse sia eterogenea, vale a dire composta da produttori
individuali e da cooperative.
132 Ne consegue che la Repubblica italiana, sebbene le incombesse
l’onere della prova conformemente alla giurisprudenza citata al
precedente punto 37, non ha apportato alcun elemento tale da confutare i
rilievi della Commissione quanto al mancato rispetto dell’art. 3 del
regolamento n. 412/97.
133 Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento
della Repubblica italiana secondo cui il numero di organizzazioni di
produttori assoggettati ai controlli dei servizi della Commissione non
costituirebbe un campione significativo rispetto alla totalità delle
organizzazioni di produttori conformemente al regolamento n. 1433/2003
dato che quest’ultimo non è applicabile nel caso di specie, come si è
già accertato precedentemente.
134 Del pari, deve essere respinto l’argomento della Repubblica italiana
secondo cui essa avrebbe posto rimedio alle contestazioni mosse nei suoi
confronti nella decisione impugnata mediante varie modifiche apportate
alla normativa vigente. È sufficiente rilevare che, a parte il fatto che
tale affermazione non è supportata da alcun argomento idoneo a precisare
quali sarebbero tali modifiche né sotto quale profilo esse avrebbero
posto rimedio alle carenze rilevate dai servizi della Commissione, una
modifica successiva della normativa nazionale non può impedire
l’applicazione di una rettifica, come ricordato al precedente punto 103.
135 Infine, si deve ancora respingere l’argomento relativo all’assenza
di reazione della Commissione a seguito della notifica, da parte della
Repubblica italiana, del sistema nazionale, atteso che l’assenza di
reazione della Commissione non può considerarsi quale approvazione di
una misura nazionale in contrasto con il diritto comunitario.
136 Ne consegue che gli argomenti della Repubblica italiana relativi
alla limitazione del diritto di voto e all’abuso di potere devono essere
respinti.
137 In settimo luogo, quanto alla censura relativa al controllo di
un’organizzazione di produttori transnazionale, occorre ricordare che,
secondo il punto 2.3.1.7 del capitolo B della relazione di sintesi, i
servizi della Commissione hanno rilevato lacune nei controlli che
l’organizzazione di produttori transnazionale doveva effettuare sui
propri aderenti (informazioni sulle superfici coltivate e sulla
produzione, etc.), conformemente all’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4,
del regolamento n. 2200/96. In tale sede è parimenti indicato che i
rappresentanti dell’organizzazione di produttori, pur essendo convinti
del corretto svolgimento delle operazioni, avevano ammesso di non poter
accertare detti controlli, soprattutto per motivi di costo.
138 La Repubblica italiana deduce, a tal riguardo, la violazione
dell’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96 e si
limita ad affermare che l’organizzazione transnazionale di cui è causa
non è la Aspor, come erroneamente identificata dai servizi della
Commissione, bensì l’associazione di organizzazioni di produttori
Socrates, il cui riconoscimento sarebbe stato peraltro revocato con
decreto nel 2004 a seguito delle osservazioni della Commissione.
139 È giocoforza rilevare che tale censura della Repubblica italiana
appare priva di sostegno, considerato che essa non deduce alcun elemento
che consenta di comprendere in cosa consisterebbe la violazione di detta
disposizione da parte della Commissione. Ciò premesso, la censura deve
essere dichiarata irricevibile, poiché, ai sensi dell’art. 21, primo
comma, dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al
Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, di detto Statuto, e ai
sensi dell’ art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il
ricorso deve contenere in particolare un’esposizione sommaria dei motivi
dedotti. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale
il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta
dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e
del regolamento di procedura (sentenza del Tribunale 12 gennaio 1995,
causa T‑102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II‑17, punto 68).
140 In ogni caso, gli argomenti della Repubblica italiana non sono tali
da confutare i rilievi della Commissione relativi all’insufficienza dei
controlli di un’organizzazione di produttori transnazionale. Al
contrario, essi sono rivelatori delle difficoltà delle autorità italiane
nella gestione di una siffatta organizzazione, essendo stato revocato il
riconoscimento dell’organizzazione transnazionale di cui è causa in
esito alle osservazioni dei servizi della Commissione. Tale censura deve
pertanto essere respinta.
141 Alla luce delle suesposte considerazioni, risulta che le carenze
rilevate riguardano controlli chiave nel contesto dei programmi
operativi delle organizzazioni di produttori che, nel caso di specie,
sono stati effettuati, ma non secondo il numero, la frequenza o
l’intensità imposti dalla normativa comunitaria. Di conseguenza, la
rettifica del 5% sulle spese relative a detti programmi operativi è
giustificata, conformemente al documento VI/5330/97, e le censure della
Repubblica italiana devono essere respinte.
2. Sulle rettifiche nei settori del latte e dei prodotti
lattiero-caseari
142 In limine, occorre rilevare che, nella decisione impugnata, la
Commissione ha applicato tre rettifiche finanziarie nel settore dei
prodotti lattiero-caseari. La Repubblica italiana ne contesta solo due,
vale a dire, la rettifica specifica dell’1,5%, relativa al mancato
rispetto della normativa comunitaria in materia, e la rettifica del 5%,
applicata a causa dell’insufficienza dei controlli.
La normativa comunitaria
143 Il regolamento (CE) della Commissione 15 dicembre 1997, n. 2571,
relativo alla vendita a prezzo ridotto di burro e alla concessione di un
aiuto per la crema, il burro e il burro concentrato destinati alla
fabbricazione di prodotti della pasticceria, di gelati e di altri
prodotti alimentari (GU L 350, pag. 3), ha istituito un sistema di
gestione e controllo del regime di aiuto nel settore del latte e dei
prodotti lattiero-caseari.
144 L’art. 16, n. 3, lett. d), del regolamento n. 2571/97 dispone che
«per quanto riguarda la concessione dell’aiuto, nell’offerta va indicato
l’importo proposto dell’aiuto per 100 kg di crema, di burro o di burro
concentrato, esclusi eventualmente i rivelatori, espresso in ecu».
145 A norma dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 2571/97:
«In occasione della fabbricazione del burro concentrato (…), l’organismo
competente predispone controlli sul posto in funzione del programma di
fabbricazione dello stabilimento di cui all’articolo 10, paragrafo 2,
lettera d), in modo che ogni offerta, quale è indicata nell’articolo 16,
sia sottoposta ad almeno un controllo. Tuttavia, ai fini del controllo
della qualità, gli Stati membri possono, previo accordo della
Commissione, istituire un sistema di autocontrollo per taluni
stabilimenti riconosciuti.
I controlli comportano il prelievo di campioni e vertono in particolare
sulle condizioni di fabbricazione nonché sul quantitativo e sulla
composizione del prodotto ottenuto, in funzione del burro o della crema
utilizzati».
Relazione di sintesi
146 Fra il 25 e il 29 novembre 2002 i servizi della Commissione
effettuavano una missione di controllo in Italia volta ad esaminare
l’applicazione del sistema di gestione e di controllo del regime di
aiuto previsto dal regolamento n. 2571/97.
147 Secondo il punto 3.2.1 del capitolo B della relazione di sintesi, i
servizi della Commissione hanno rilevato che le autorità italiane
avevano erogato aiuti per i rivelatori aggiunti nel caso di offerte
relative a burro, burro concentrato e crema con aggiunta di rivelatori,
contrariamente all’art. 16, n. 3, lett. d), del regolamento n. 2571/97.
Secondo il punto 3.2.3 del capitolo B della relazione di sintesi, tale
rilievo ha comportato una rettifica dell’1,5% degli aiuti erogati nel
periodo compreso tra il 20 febbraio 2002 e il 30 aprile 2004. La
rettifica tiene debitamente in conto la tracciatura dell’acido enantico,
rivelatore chimico aggiunto nella quantità minima di 11 kg/t (vale a
dire, l’1,1%), cui si aggiunge abitualmente un certo margine di
sicurezza dell’ordine dell’1,5% - 1,8% e costituisce una rettifica
specifica anche se è calcolata sulla media dei rivelatori aggiunti.
148 Nel corso della medesima missione di controllo, i servizi della
Commissione hanno accertato che i controlli fisici sui quantitativi di
burro concentrato prodotti a norma dell’art. 23, n. 2, del regolamento
n. 2571/97 presentavano consistenti lacune. Il punto 3.2.3 del capitolo
B della relazione di sintesi indica che, anche se venivano effettuati
controlli superficiali dei quantitativi, visto che i prodotti erano
oggetto di controlli a campione che consentono solamente di accertarne
l’esistenza, la verifica dei quantitativi si effettuava unicamente sulla
base di documenti o esclusivamente con un controllo a vista della
presenza dei prodotti in questione. A tale accertamento conseguiva una
rettifica forfettaria del 5%.
Sulla prima rettifica, relativa al mancato rispetto della normativa
comunitaria
Argomenti delle parti
149 La Repubblica italiana fa valere che la rettifica avrebbe dovuto
vertere su un quantitativo di rivelatore nel quantitativo di burro che
gode dell’aiuto inferiore a quello indicato nella relazione di sintesi.
Essa deduce che, se viene aggiunto un solo rivelatore, esso rappresenta
l’1,1 % della massa di burro da trasformare, mentre se viene aggiunto un
secondo agente denaturante, la proporzione massima è dell’1,13 %, sicché
la rettifica avrebbe dovuto avere un tetto massimo dell’1,13 %. Inoltre,
il procedimento nazionale sarebbe stato già modificato e reso conforme
agli orientamenti comunitari. Essa chiede, conseguentemente, una
riduzione proporzionata della rettifica finanziaria.
150 La Commissione ritiene che la rettifica dell’1,5% si giustifichi dal
momento che i suoi servizi hanno rilevato, sulla base della
documentazione fornita dalle autorità italiane, che il rivelatore di cui
è causa, l’acido enantico, compreso nel calcolo del quantitativo di
burro che usufruiva dell’aiuto, in violazione dell’art. 16, n. 3, lett.
d), del regolamento n. 2571/97, aveva un peso di 18 kg/t, vale a dire
l’1,8%. Essa deduce che avrebbe potuto applicare una rettifica
forfettaria del 2%, in linea con il documento VI/5330/97.
Giudizio del Tribunale
151 La Repubblica italiana fa valere, in sostanza, che il calcolo della
rettifica finanziaria si fonda su un’erronea quantificazione degli
agenti denaturanti in proporzione dell’1,5% per quantitativo di burro
trasformato. Orbene, abitualmente, se viene incorporato un solo
rivelatore, esso rappresenterebbe solo l’1,1% della massa di burro da
trasformare e quando si aggiunge un secondo agente denaturante, la sua
proporzione massima sarebbe dell’1,13%. Tuttavia, è giocoforza rilevare
che la Repubblica italiana non apporta il minimo elemento di prova a
sostegno di tale affermazione e che, ciò premesso, essa non è tale da
mettere in discussione i rilievi della Commissione secondo cui, in base
alle informazioni fornite dalle autorità italiane, l’unico rivelatore
chimico incorporato, l’acido enantico, aveva un peso massimo di 11 kg/t,
vale a dire l’1,1%, ma presentava spesso livelli superiori, dell’ordine
di 18 kg/t, pari all’1,8%. La rettifica specifica dell’1,5% applicata
dalla Commissione in base alle informazioni trasmesse, che costituivano,
a suo avviso, un campione significativo – il che d’altronde non è
contestato dalla Repubblica italiana – è pertanto giustificata.
152 Peraltro, come emerge dalla giurisprudenza ricordata al precedente
punto 65, la Commissione può spingersi sino al rifiuto di porre a carico
del FEAOG tutte le spese sostenute se rileva che non sussistono
sufficienti meccanismi di controllo. Ne consegue che, in ogni caso, in
considerazione dell’assenza di controlli secondari effettuati dalle
autorità nazionali riguardo al rivelatore aggiunto, la Commissione
avrebbe potuto, conformemente al documento VI/5330/97, applicare una
rettifica forfettaria corrispondente a tale genere di carenza, pari al
2%.
153 Infine, quanto alla tesi della Repubblica italiana relativa alla
modifica ed alla procurata conformità del procedimento nazionale agli
orientamenti comunitari, essa non può essere accolta, come già acclarato
al precedente punto 103.
154 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, tale censura deve
essere respinta.
Sulla seconda rettifica, relativa all’insufficienza dei controlli in
loco
Argomenti delle parti
155 La Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che i servizi della
Commissione hanno alterato i fatti a seguito di una erronea valutazione
dei controlli effettuati e violato l’art. 23, n. 2, del regolamento n.
2571/97, in quanto avrebbero espressamente riconosciuto che «un
controllo fisico, per quanto incompleto, [era] stato realizzato». Essa
ritiene, di conseguenza, che la rettifica del 5% applicata non sia
coerente.
156 La Commissione sostiene che la censura è infondata e che la
rettifica del 5% applicata a causa del carattere lacunoso dei controlli
in loco del burro concentrato prodotto è del tutto giustificata alla
luce del documento VI/5330/97.
Giudizio del Tribunale
157 Occorre ricordare, anzitutto, che, a termini dell’art. 23, n. 2, del
regolamento n. 2571/97, in occasione della fabbricazione del burro
concentrato l’organismo competente predispone controlli sul posto, in
modo che ogni offerta sia sottoposta ad almeno un controllo. Lo stesso
paragrafo precisa che i controlli comportano il prelievo di campioni e
vertono in particolare sulle condizioni di fabbricazione nonché sul
quantitativo e sulla composizione del prodotto ottenuto, in funzione del
burro o della crema utilizzati.
158 Nel caso di specie, emerge al riguardo dalla relazione di sintesi
nonché dalla lettera del 27 ottobre 2005 che i controlli venivano
effettuati solamente su base documentale e che i rari controlli fisici
sul posto venivano effettuati a vista. Questi due documenti indicano
anche che controlli superficiali dei quantitativi erano comunque
effettuati, visto che i prodotti erano oggetto di controlli a campione
che consentivano solamente di accertarne l’esistenza.
159 È giocoforza rilevare che, se è pur vero che i servizi della
Commissione hanno rilevato che le autorità italiane effettuavano
controlli, questi erano tuttavia effettuati in modo incompleto, in
violazione dell’art. 23 del regolamento n. 2571/97. Di conseguenza, non
si può censurare la Commissione per aver alterato i fatti né di aver
violato detta disposizione indicando, nella lettera del 27 ottobre 2005,
che «un controllo fisico, per quanto incompleto, [era] stato
realizzato».
160 Inoltre, occorre rilevare che la Repubblica italiana non contesta il
carattere lacunoso dei controlli in loco, atteso che, a sostegno dei
propri argomenti, essa deduce l’affermazione dei servizi della
Commissione secondo cui «un controllo fisico, per quanto incompleto,
[era] stato realizzato». Essa tenta, al contrario, di giustificarlo
sostenendo, come emerge dalla lettera del 27 ottobre 2005, che il
principale beneficiario degli aiuti di cui è causa agiva spesso per
conto di terzi, rendendo pertanto difficile il controllo in loco, in
quanto la merce prodotta veniva immediatamente trasportata altrove.
Orbene, dalla giurisprudenza emerge che uno Stato membro non può addurre
difficoltà pratiche per giustificare la mancata attuazione di controlli
adeguati (v. sentenza della Corte 14 aprile 2005, causa C‑468/02,
Spagna/Commissione, punto 44 e la giurisprudenza citata).
161 Dalle suesposte considerazioni discende che la Repubblica italiana
non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione relativi
all’insufficienza dei controlli chiave in loco, per cui si configura un
rischio elevato e ragionevole di danno finanziario per il FEAOG che
giustifica una rettifica finanziaria ai sensi del documento VI/5330/97.
162 Nel caso di specie, la Commissione ha applicato una rettifica del
5%, conformemente al documento VI/5330/97, a termini del quale una
rettifica del genere si giustifica qualora vengano applicati tutti i
controlli essenziali, ma non secondo il numero, la frequenza o
l’intensità imposti dalla normativa.
163 Di conseguenza, tale censura deve essere respinta.
3. Sulle rettifiche nel settore dei seminativi
164 Le censure della Repubblica italiana riguardano due rettifiche
specifiche, in primo luogo, quella relativa alla mancata applicazione
delle sanzioni nell’ipotesi di negligenza grave e, in secondo luogo, la
rettifica connessa alla qualità dei controlli nella Provincia di Nuoro.
La normativa comunitaria
165 Il regolamento (CEE) della Commissione 23 dicembre 1992, n. 3887,
recante modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di
controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari (GU L 391, pag.
36), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 6 luglio
1995, n. 1648 (GU L 156, pag. 27), dispone nel suo settimo
‘considerando’ che il rispetto delle disposizioni in materia di aiuti
comunitari deve essere controllato in modo efficace.
166 A tal fine, l’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3887/92 prevede che i
controlli amministrativi e in loco siano effettuati in modo da
consentire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di
concessione degli aiuti e dei premi.
167 L’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, come modificato dal
regolamento (CE) della Commissione 21 dicembre 1999, n. 2801 (GU L 340,
pag. 29), precisa che in caso di falsa dichiarazione formulata
deliberatamente o per negligenza grave, l’imprenditore sia escluso dal
beneficio del regime di aiuto in questione per l’anno civile considerato
e, in caso di falsa dichiarazione formulata deliberatamente, dal
beneficio di qualsiasi regime di aiuto di cui all’art. 1, n. 1, del
regolamento (CEE) del Consiglio 27 novembre 1992, n. 3508, che
istituisce un sistema integrato di gestione e di controllo di taluni
regimi di aiuti comunitari (GU L 355, pag. 1), per l’anno civile
successivo e per una superficie uguale a quella per la quale la sua
domanda di aiuto è stata rifiutata.
168 Il 6 marzo 2003 la Commissione ha adottato un documento intitolato
«Comunicazione della Commissione sul trattamento da parte della
Commissione dei casi di insufficienza persistente nei sistemi di
controllo, nell’ambito della liquidazione dei conti della sezione
garanzia del FEAOG» (in prosieguo: le «linee guida»). Tale documento
mira a precisare le condizioni al ricorrere delle quali la Commissione
intende applicare il principio dell’aumento del tasso di correzione
precedentemente applicato in caso di reiterazione dell’inadeguatezza dei
sistemi di controllo, fissato dal documento VI/5330/97, secondo il quale
costituisce un’aggravante dell’inadempimento la circostanza che uno
Stato membro ometta di migliorare i propri controlli quando la
Commissione gli abbia già notificato le necessarie modifiche.
Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione di sanzioni
nell’ipotesi di negligenza grave o di false dichiarazioni formulate
deliberatamente
Relazione di sintesi
169 A seguito di una missione di controllo svoltasi dal 14 al 18 gennaio
2001, i servizi della Commissione hanno rilevato, con riferimento alla
campagna 2001, l’inadeguata applicazione da parte delle autorità
italiane delle sanzioni contemplate dall’art. 9, n. 3, del regolamento
n. 3887/92, in caso di negligenza grave o di false dichiarazioni
formulate deliberatamente, in relazione alle domande di aiuto per i
seminativi. Il punto 7.1.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi
indica in particolare che l’applicazione di dette sanzioni era limitata
al solo caso di domande di aiuto relative a superfici coltivate
totalmente inesistenti.
170 La relazione di sintesi indica inoltre che una rettifica finanziaria
forfettaria del 2% a causa di carenze di questo tipo era già stata
applicata per le campagne 1999 e 2000 nel quadro di una precedente
procedura di liquidazione dei conti [decisione (CE) della Commissione 15
maggio 2003, n. 364, che esclude dal finanziamento comunitario alcune
spese effettuate dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo di
orientamento e di garanzia agricola (FEAOG), sezione «garanzia» (GU L
124, pag. 45)]. La Commissione ha proposto di applicare una rettifica
del 3% in quanto, qualora la medesima mancanza sia persistita nel corso
di un periodo susseguente a quello assoggettato a rettifica, si
giustifica un aumento della rettifica forfettaria per gli anni
successivi.
171 L’organo di conciliazione ha invitato i servizi della Commissione a
riesaminare il periodo di applicazione dell’aliquota del 3%. Esso ha
suggerito, infatti, che l’aumento del tasso di correzione, a causa del
carattere ripetitivo dell’infrazione delle autorità italiane, non si
applicasse a tutto l’esercizio finanziario 2002, bensì solo al periodo
successivo al 10 agosto 2002, data in cui erano state notificate alla
Repubblica italiana le conclusioni dei servizi della Commissione
relative alla precedente rettifica finanziaria.
172 La Commissione non ha seguito il parere dell’organo di conciliazione
ed ha confermato l’applicazione della rettifica finanziaria del 3% sulla
base della mancata applicazione di sanzioni per negligenza grave o false
dichiarazioni, formulate deliberatamente per tutto l’esercizio
finanziario 2002, sulla base del rilievo che il principio dell’aumento
del tasso di correzione precedentemente applicato in caso di
reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo era già
menzionato nel documento VI/5330/97.
Argomenti delle parti
173 La Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che la decisione
impugnata è viziata da un difetto di motivazione e viola l’art. 9, n. 3,
del regolamento n. 3887/92, in quanto la normativa comunitaria non
forniva, fino al 2001, alcun criterio interpretativo che consentisse di
distinguere la dichiarazione intenzionalmente falsa da quella risultante
da negligenza grave. Tali criteri sarebbero stati disposti solo con
l’introduzione del regolamento (CE) della Commissione 11 dicembre 2001,
n. 2419, che fissa le modalità di applicazione del sistema integrato di
gestione e di controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari
istituito dal regolamento (CEE) n. 3508/92 del Consiglio (GU L 327, pag.
11). Le autorità italiane avrebbero immediatamente recepito ed applicato
detti criteri. Inoltre, essa si avvale della strategia dissuasiva che
avrebbe adottato al fine di combattere con efficacia i tentativi di
frode, la quale consisterebbe, da una parte, nella sospensione dal
procedimento di erogazione dell’aiuto e, dall’altra, nell’adozione della
legge n. 300 del 29 settembre 2000, che qualificherebbe come reato «la
mera esposizione di dati falsi». Infine, la Repubblica italiana contesta
l’applicazione della rettifica del 3% a tutto l’esercizio 2002 in
quanto, all’epoca del controllo, la normativa comunitaria non prevedeva
l’adozione di una correzione superiore al 2% nell’ipotesi di
reiterazione, da parte dello Stato membro, del comportamento sanzionato.
174 La Commissione fa valere, in sostanza, che, pur in assenza di
orientamenti comunitari, le autorità italiane avevano l’obbligo di dare
adeguata applicazione all’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92,
eventualmente ricorrendo ai criteri sanciti dal diritto interno. Essa
richiama, al riguardo, la sentenza della Corte 10 novembre 2005,
Italia/Commissione (causa C‑307/03, punti 60 e 61), che avrebbe già
esaminato la questione nel contesto del ricorso proposto dalla
Repubblica italiana avverso la decisione 2003/364 riguardo agli esercizi
2000 e 2001. Essa contesta il carattere dissuasivo della strategia
adottata dalla Repubblica italiana. Infine, sottolinea che la rettifica
è stata applicata in base alla normativa vigente all’epoca del
controllo, vale a dire il regolamento n. 729/70 ed il documento VI/5330/97.
Giudizio del Tribunale
175 In primo luogo, quanto alla censura relativa al difetto di
motivazione della decisione impugnata, è sufficiente ricordare la
giurisprudenza citata al precedente punto 32 e rilevare, come risulta
dalle lettere del 18 gennaio 2001, del 22 dicembre 2003, del 19 gennaio
2005, del 12 dicembre 2005 e dell’11 gennaio 2006, che la Repubblica
italiana è stata strettamente associata al procedimento amministrativo e
conosceva i motivi che avevano indotto la Commissione ad escludere dal
finanziamento comunitario le spese risultanti dalla mancata applicazione
delle sanzioni in caso di negligenza grave o di false dichiarazioni
formulate deliberatamente. Di conseguenza, tale censura deve essere
respinta.
176 In secondo luogo, quanto alla censura relativa alla violazione
dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, l’argomento della
Repubblica italiana relativo all’assenza di un criterio interpretativo
che consenta di distinguere la dichiarazione intenzionalmente falsa da
quella risultante da negligenza grave deve parimenti essere respinto.
Infatti, è sufficiente rilevare, al riguardo, come dedotto dalla
Commissione, che la Corte ha già avuto modo di risolvere tale questione
con la sentenza 10 novembre 2005, Italia/Commissione, citata supra, al
punto 174, in cui ha affermato, ai punti 60 e 61, che «[s]e, a seconda
delle norme di diritto nazionale applicabili, le nozioni di “grave
negligenza” e “malafede” po[tevano] essere valutate alla luce di una
pluralità di criteri oggettivi e soggettivi, [era] però giocoforza
constatare che, limitando l’applicazione dell’art. 9, n. 3, del
regolamento n. 3887/92 ai soli casi in cui la superficie oggetto della
domanda di aiuto era inesistente, le autorità italiane [avevano]
adottato un’applicazione indebitamente restrittiva della normativa
comunitaria». La Corte ha ritenuto che « [u]na tale applicazione
comporta[va], in contrasto con l’intenzione del legislatore comunitario,
il venir meno di qualsiasi differenza di trattamento tra le false
dichiarazioni dovute a una grave negligenza e quelle rese
deliberatamente». Essa ne ha tratto la conclusione che «[era] corretta
la conclusione della Commissione, secondo cui le autorità italiane
[avevano] dato un’applicazione inadeguata all’art. 9, n. 3, del
regolamento n. 3887/92».
177 Per quanto riguarda, poi, la strategia asseritamente dissuasiva
adottata dalla Repubblica italiana, essa non può essere ritenuta
un’applicazione adeguata dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92,
che prevede l’esclusione dal finanziamento comunitario degli aiuti in
esame in caso di false dichiarazioni rese deliberatamente o di grave
negligenza. Infatti, riguardo, da un canto, alla sospensione del
procedimento di erogazione dell’aiuto, è giocoforza rilevare che la
sospensione di detto procedimento non può essere assimilata ad
un’esclusione né considerata come una sanzione effettiva ed adeguata,
come affermato al precedente punto 44, con riferimento all’esame delle
rettifiche applicate nel settore degli ortofrutticoli.
178 Per quanto riguarda, d’altro canto, la legge n. 300 del 29 settembre
2000, che qualificherebbe come reato «la mera esposizione di dati falsi»
e introdurrebbe sanzioni supplementari nell’ipotesi di inadempimento
intenzionale, occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha dedotto
alcun elemento tale da provare l’effettività di tale normativa e del
resto menziona, nelle sue memorie, le difficoltà inerenti alla
dimostrazione del carattere intenzionale della frode.
179 A tale riguardo, l’affermazione della Repubblica italiana secondo
cui essa avrebbe esteso le sanzioni anche ad altre ipotesi oltre a
quelle delle domande aventi ad oggetto una superficie inesistente non
può essere accolta, in quanto costituisce un’affermazione generica, non
circoscritta ad un preciso ambito temporale né suffragata dal minimo
elemento probatorio.
180 Del pari, il riferimento della Repubblica italiana ad una tabella
contenuta nel ricorso, che indicava il numero di casi sanzionati in
termini di aziende e di superficie, è irrilevante e deve essere respinto
in quanto le informazioni contenute in tale tabella si riferiscono alle
campagne 2002 e 2003 e la rettifica di cui è causa riguarda l’esercizio
finanziario 2002, vale a dire la campagna 2001. Orbene, è pacifico che
non era stata inflitta alcuna sanzione riguardante la campagna 2001.
181 Infine, riguardo alla censura relativa all’errata applicazione della
rettifica del 3% a tutto l’esercizio 2002, occorre anzitutto ricordare
che sia dalla relazione di sintesi sia dalla sentenza 10 novembre 2005,
Italia/Commissione, citata supra, al punto 174 supra, emerge che la
Commissione aveva già applicato una rettifica forfettaria del 2% in
ragione di carenze analoghe nei controlli delle dichiarazioni false
accertate per gli esercizi 2000 e 2001, il che indica che la Repubblica
italiana non aveva tenuto conto in modo completo delle sue osservazioni.
182 Occorre poi rilevare, da un canto, che il principio dell’aumento del
tasso di correzione precedentemente applicato in caso di reiterazione
dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo è fissato dal documento VI/5330/97,
secondo il quale «[i]l mancato perfezionamento dei controlli da parte
dello Stato membro diventa carenza più grave qualora gli siano già stati
notificati dalla Commissione gli adeguamenti da essa ritenuti
indispensabili (...)». D’altro canto, le linee guida hanno istituito un
sistema di aumento del tasso della rettifica forfettaria applicato nella
precedente rettifica, qualora la Commissione rilevi la reiterazione
delle carenze di un sistema di controllo già assoggettato ad una o più
decisioni di rettifiche finanziarie nel contesto della liquidazione dei
conti del FEAOG.
183 Ne consegue che dall’adozione del documento VI/5330/97 la
Commissione poteva legittimamente aumentare il tasso delle rettifiche
finanziarie precedentemente applicate nell’ipotesi di reiterazione delle
carenze nel contesto dei controlli svolti dagli Stati membri e che le
linee guida hanno disciplinato tale potere dal punto di vista sia
temporale sia quantitativo (tasso massimo dell’aumento della rettifica
nelle ipotesi di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di
controllo). In assenza di linee guida, la Commissione avrebbe dunque
potuto applicare il principio dell’aumento del tasso della rettifica
precedentemente applicato nelle ipotesi di reiterazione
dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo ed esercitare, in tal modo,
discrezionalmente il proprio potere di aumento del tasso della rettifica
forfettaria applicato nella precedente rettifica.
184 Di conseguenza, alla luce della reiterazione, durante l’esercizio
2002 dell’inadeguatezza dei controlli effettuati dalla Repubblica
italiana riguardo alla mancata applicazione di sanzioni in caso di
dichiarazioni false, la Commissione ha legittimamente applicato un
aumento della rettifica finanziaria che era stata applicata nel contesto
della precedente procedura di liquidazione dei conti per gli esercizi
2000 e 2001.
185 Quanto all’importo dell’aumento, è sufficiente rilevare che, nel
caso di specie, la precedente rettifica era del 2% e che il punto 3
delle linee guida indica che, in caso di una precedente rettifica del
2%, può essere applicato un tasso pari almeno al 3% sul nuovo periodo di
cui trattasi, ove tale tasso può raggiungere il 5% se si può
ragionevolmente concludere che il persistere delle carenze dei controlli
secondari comporta una diminuzione dell’efficacia dei controlli chiave.
Pertanto, la Commissione ha applicato l’aumento più basso in
considerazione della reiterazione, da parte della Repubblica italiana,
delle carenze precedentemente rilevate.
186 Quanto al termine dal quale tale aumento poteva essere applicato, il
punto 4 delle linee guida precisa che il periodo al quale si applica la
rettifica maggiorata comincia a decorrere, in linea di principio, dal
giorno successivo alla data della precedente comunicazione formale della
Commissione allo Stato membro, ai sensi dell’art. 8, n. 1, del
regolamento n. 1663/95. Occorre intendere l’espressione la «precedente
comunicazione formale della Commissione» come riferentesi alla
precedente procedura di liquidazione dei conti nel corso della quale la
Commissione aveva già rilevato le medesime carenze di controllo, salvo
svuotare di sostanza il principio dell’aumento del tasso della rettifica
precedentemente applicata nell’ipotesi di reiterazione
dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo. Nel caso di specie, la
precedente lettera inviata alla Repubblica italiana conformemente a
detto articolo è la lettera del 14 agosto 2001, che contiene le
osservazioni della Commissione a sostegno delle rettifiche operate per
le campagne 1999 e 2000, e l’argomento della Repubblica italiana
relativo al parere dell’organo di conciliazione secondo il quale
l’aumento doveva applicarsi solo a far data dal 10 agosto 2002 deve
essere respinto in quanto infondato, poiché, con tale lettera, la
Commissione si era limitata a notificare formalmente alla Repubblica
italiana le conclusioni finanziarie proposte per la liquidazione dei
conti dell’esercizio in questione.
187 Dalle suesposte considerazioni risulta che la Repubblica italiana
non deduce alcun argomento tale da confutare i rilievi della Commissione
relativi alla mancata applicazione delle sanzioni in caso di negligenza
grave o di dichiarazioni false formulate deliberatamente e, pertanto,
tali censure devono essere respinte.
Sulla rettifica connessa con la qualità dei controlli in loco nella
Provincia di Nuoro
Relazione di sintesi
188 Dal 3 al 6 settembre 2002 i servizi della Commissione hanno
effettuato una missione di controllo al fine di verificare la qualità
dei controlli classici in loco a livello sia regionale sia provinciale.
A tal fine, hanno scelto la Regione Sardegna ed hanno esaminato i
risultati delle ispezioni nelle province di Cagliari, Oristano e Nuoro.
189 Secondo il punto 7.2.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi,
la missione di controllo ha accertato che i controlli erano adeguati a
livello regionale nonché nelle Province di Cagliari e Oristano.
Tuttavia, le ispezioni effettuate nella Provincia di Nuoro non avevano
conseguito un livello accettabile in quanto, in molti casi, la qualità
di terreno coltivato dichiarata dall’agricoltore era stata
automaticamente ritenuta accettabile, anche se non restava assolutamente
alcuna traccia di coltura sul terreno.
190 La relazione di sintesi sottolinea, inoltre, che le rapide visite
sul terreno da parte delle autorità italiane, spesso effettuate
tardivamente nella stagione, hanno costituito una fonte di rischi per il
FEAOG.
191 Alla luce delle carenze riscontrate nella Provincia di Nuoro, la
Commissione ha proposto di applicare la rettifica forfettaria del 5% per
le spese sostenute in tale provincia durante le campagne dal 2000 al
2002. Secondo il punto 7.2.4 del capitolo B della relazione di sintesi,
le autorità italiane hanno adito l’organo di conciliazione; quindi, in
esito ad attenta ponderazione, i servizi della Commissione, dopo aver
preso in considerazione il periodo di 24 mesi, conformemente all’art. 7,
n. 4, quinto comma, del regolamento n. 1258/1999, hanno ritenuto che la
rettifica vertesse esclusivamente sui pagamenti effettuati a decorrere
dal 10 gennaio 2001 riguardo alla campagna 2000, mentre gli importi
proposti per la rettifica concernente gli anni 2001 e 2002 restavano
immutati.
Argomenti delle parti
192 La Repubblica italiana deduce il difetto di motivazione della
decisione impugnata e la violazione dell’art. 6, n. 1, del regolamento
n. 3887/92 in quanto, in detta decisione, la Commissione erroneamente
rileverebbe l’esistenza di carenze e di gravi lacune nel sistema dei
controlli chiave in loco nella Provincia di Nuoro. A tale riguardo, essa
chiede una riduzione della rettifica forfettaria sul totale delle spese
sostenute da detta provincia per le campagne dal 2000 al 2002 (esercizi
finanziari dal 2001 al 2003), mediante la sua applicazione alla sola
campagna 2002 ed alle sole particelle (16,36 %) controllate degli
ispettori M. e F., destituiti dalle loro funzioni a causa di negligenze
accertate e ripetute.
193 La Commissione contesta la censura relativa all’asserito difetto di
motivazione e chiede il rigetto della richiesta di riduzione della
rettifica forfettaria, che consisterebbe nel limitare la sua
applicazione alle sole spese per la campagna 2002, posto che la
Repubblica italiana non avrebbe fornito argomentazioni a suffragio della
propria affermazione secondo cui il sistema di controlli sarebbe stato
adeguato nel corso delle campagne 2000 e 2001.
Giudizio del Tribunale
194 In primo luogo, quanto alla censura relativa al difetto di
motivazione, è sufficiente rilevare, ancora una volta, che, alla luce
della giurisprudenza citata al precedente punto 32 e del corposo scambio
di corrispondenza tra la Repubblica italiana e la Commissione (lettere
del 19 dicembre 2002, del 19 gennaio 2005, del 12 dicembre 2005 e
dell’11 gennaio 2006), la Repubblica italiana è stata strettamente
associata al procedimento amministrativo e conosceva i motivi
dell’adozione della decisione impugnata. Tale censura, pertanto, deve
essere respinta.
195 In secondo luogo, per quanto riguarda la censura relativa
all’asserita violazione dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3887/92,
occorre ricordare che, ai sensi di tale disposizione, i controlli in
loco devono essere effettuati in modo da consentire l’efficace verifica
del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti e dei premi. La
Corte ha precisato, a tale riguardo, nella sentenza 10 novembre 2005,
Italia/Commissione, citata supra al punto 174 (punto 32), che ciò
implicava che tali controlli permettessero di verificare con precisione
ed esattezza la natura e la qualità delle coltivazioni oggetto di una
domanda di aiuto.
196 Quanto alla campagna 2002, la Repubblica italiana riconosce che i
controlli in loco non sono stati effettuati in maniera tale da garantire
l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli
aiuti nella Provincia di Nuoro in considerazione della siccità
verificatasi in quell’anno e dello svolgimento dei controlli da parte
degli ispettori F. e M., inviati da una struttura diversa da quella che
aveva svolto i controlli per gli anni 2000 e 2001 e, peraltro,
destituiti dalle loro funzioni per gravi negligenze.
197 Per contro, per quanto riguarda le campagne 2000 e 2001, per le
quali la Repubblica italiana ritiene che il sistema di controllo fosse
adeguato ed affidabile, i suoi argomenti si limitano a far valere che
l’esecuzione dei controlli in loco è stata affidata ad una struttura
diversa da quella che ha svolto i controlli durante la campagna 2002 e
che i controlli di qualità effettuati sul lavoro degli ispettori
nazionali hanno evidenziato una buona qualità dei controlli in loco.
198 Orbene, l’affermazione della Repubblica italiana, del resto non
suffragata da elementi oggettivi di raffronto, secondo cui i controlli
in loco svolti nel 2000 e nel 2001 erano adeguati, poiché non erano
stati svolti dagli ispettori F. e M., non può confutare i rilievi della
Commissione relativi all’esistenza di gravi lacune nei controlli in loco
nel 2000 e nel 2001. Infatti, la circostanza che i controlli in loco
siano stati mal eseguiti nel 2002 non implica che i controlli medesimi
siano stati effettuati in modo adeguato nel 2000 e nel 2001.
199 Del pari, nemmeno l’argomento della Repubblica italiana relativo
alla buona qualità dei controlli in loco è tale da confutare i rilievi
della Commissione circa la mancanza di affidabilità dei controlli in
loco quando siano effettuati molto tempo dopo i raccolti, dato che tale
argomento è formulato in modo generico e non è circostanziato.
200 Ne consegue che la Repubblica italiana non ha svolto alcun argomento
tale da dimostrare che, durante le campagne nel 2000 e nel 2001, il
sistema di controllo in loco nella provincia di Nuoro era affidabile ed
operativo e rispondeva alle esigenze di precisione e di esattezza
richieste dalla normativa comunitaria.
201 L’argomentato della Repubblica italiana secondo cui la rettifica
forfettaria avrebbe dovuto essere limitata alla sola campagna 2002 ed
alle sole parcelle controllate dagli ispettori F. e M. deve,
conseguentemente, essere respinto.
202 Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure relative alla
rettifica connessa con la qualità dei controlli in loco nella Provincia
di Nuoro devono essere respinte.
4. Sulla rettifica nel settore dello sviluppo rurale
203 Le censure dedotte dalla Repubblica italiana avverso tale rettifica
riguardano, in primo luogo, un difetto di motivazione, in secondo luogo,
le carenze rilevate a livello nazionale, in terzo luogo, le carenze
rilevate nella Regione Emilia Romagna e, in quarto luogo, le carenze
rilevate nella Regione Piemonte.
La normativa comunitaria
204 Il regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1257, sul
sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di
orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni
regolamenti (GU L 160, pag. 80), definisce il quadro del sostegno
comunitario per uno sviluppo rurale sostenibile e le modalità
d’intervento del FEAOG nel settore dello sviluppo rurale.
205 Gli artt. 5 e 8 di detto regolamento prevedono, rispettivamente, che
la concessione dell’aiuto agli investimenti nelle aziende agricole e
dell’aiuto per facilitare l’insediamento di giovani agricoltori dipende
dal rispetto di talune condizioni, tra cui, in particolare, la prova
della redditività dell’azienda, il rispetto dei requisiti minimi in
materia di ambiente, igiene e benessere degli animali e la dimostrazione
di conoscenze e competenze professionali adeguate.
206 L’art. 6, n. 4, del regolamento n. 3887/92 prevede che le domande
oggetto di controlli in loco siano determinate tenendo conto di un
fattore di rappresentatività delle domande di aiuto inoltrate nonché
sulla base di un’analisi dei rischi che tenga conto dell’importo
dell’aiuto, del numero di parcelle, della superficie o del numero di
animali per i quali l’aiuto è richiesto, dell’evoluzione in rapporto
all’anno precedente, delle constatazioni fatte nei controlli degli anni
precedenti e di altri parametri definiti dallo Stato membro.
207 L’art. 64 del regolamento (CE) della Commissione 26 febbraio 2002,
n. 445, recante disposizioni di applicazione del regolamento n.
1257/1999 (GU L 74, pag. 1), riprendendo l’art. 48, n. 2, del
regolamento (CE) della Commissione 23 luglio 1999, n. 1750 (GU L 214,
pag. 31), anteriormente in vigore, così dispone:
«Gli Stati membri determinano il sistema di sanzioni da comminare in
caso di violazione degli obblighi assunti e delle pertinenti norme in
materia e prendono tutte le misure necessarie ai fini dell’applicazione
delle stesse. Le sanzioni previste devono essere effettive,
proporzionate e dissuasive».
208 Il 23 luglio 2002 la Commissione adottava il documento n.
VI/10535/99, intitolato «Orientamenti per l’attuazione dei sistemi di
gestione, controllo e sanzioni concernenti le misure di sviluppo rurale
ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/1999 (Misure finanziate dal
FEAOG-Sezione garanzia)». Tale documento indica agli Stati membri una
serie di accorgimenti per rispettare le misure di controllo previste dal
regolamento n. 445/2002 e le sanzioni conseguenti all’inosservanza di
impegni od obblighi da parte del beneficiario.
Relazione di sintesi
209 I servizi della Commissione hanno effettuato missioni di controllo
dal 7 all’11 ottobre 2002 a livello nazionale e nella Regione Emilia
Romagna, dal 24 al 28 marzo 2003 nelle Regioni Piemonte e Liguria e dal
5 al 9 maggio 2003 a livello nazionale e nella Regione Abruzzo, al fine
di verificare gli investimenti nelle colture agricole [in prosieguo: la
«misura a)»], nonché gli aiuti all’avviamento di giovani agricoltori [in
prosieguo: la «misura b)»] e le regioni con maggiori difficoltà.
210 Secondo il punto 9.3.1 del capitolo B della relazione di sintesi, i
servizi della Commissione hanno rilevato, sia a livello nazionale sia a
livello regionale, fatta eccezione per la Regione Liguria, carenze
relative al sistema di gestione, di controllo e sanzionatorio delle tre
misure di sviluppo rurale oggetto di controllo finanziario. Inoltre, i
sistemi di controllo e sanzionatori relativi alle buone pratiche
agricole ed alle norme minime nei settori dell’ambiente, dell’igiene e
del benessere degli animali sono stati ritenuti insufficienti a livello
nazionale nel 2001 e nel 2002.
211 Successivamente alla riunione bilaterale ed all’adizione dell’organo
di conciliazione da parte delle autorità italiane, i servizi della
Commissione hanno ritenuto, conformemente al documento VI/5330/97, che
le mancanze accertate riguardavano, in generale, controlli secondari,
tali da giustificare una correzione forfettaria del 2% delle spese
dichiarate per gli esercizi finanziari 2001 e 2002. Tuttavia, la
Commissione ha escluso le spese della Regione Liguria dalla base di
calcolo della rettifica finanziaria, alla luce dei risultati
soddisfacenti della missione di controllo finanziario effettuata in
questa regione.
Sul difetto di motivazione
Argomenti delle parti
212 La Repubblica italiana ritiene che, nella decisione impugnata, la
Commissione non abbia motivato in alcun modo le contestazioni da
quest’ultima sollevate a seguito delle missioni di controllo effettuate
nelle Regioni Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Abruzzo.
213 La Commissione contesta che la decisione impugnata sia viziata da un
difetto di motivazione riguardo a dette contestazioni.
Giudizio del Tribunale
214 È sufficiente rilevare che, conformemente alla giurisprudenza citata
al precedente punto 32 e come comprovato dalle lettere del 4 febbraio
2003, relativa ai controlli effettuati nella Regione Emilia Romagna, del
7 ottobre 2003 relativa ai controlli effettuati nelle Regioni Piemonte e
Liguria, dell’8 ottobre 2003, relativa ai controlli effettuati nella
Regione Abruzzo e, infine, dal verbale della riunione bilaterale del 26
maggio 2004, la Repubblica italiana è stata strettamente associata al
procedimento di elaborazione della decisione impugnata e conosce i
motivi per i quali talune spese non sono state imputate al FEAOG. Tale
censura, pertanto, deve essere respinta in quanto infondata.
Sulle carenze rilevate a livello nazionale
215 La Repubblica italiana contesta i rilievi svolti successivamente
alla missione di controllo effettuata dai servizi della Commissione
nella sede dell’AGEA, relativi, in primo luogo, all’assenza di delega
formale di funzioni alle regioni, in secondo luogo, all’inesistenza di
un sistema specifico di sanzioni in caso di violazione degli obblighi
connessi alle misure di sviluppo rurale, in terzo luogo, all’assenza di
una check-list per l’esecuzione dei controlli relativi ai requisiti
minimi ed alle buone pratiche agricole, all’assenza di orientamenti
nazionali in materia di controllo dei requisiti minimi e, infine,
all’assenza di uno specifico sistema sanzionatorio in caso di violazione
delle buone pratiche agricole e dei requisiti minimi.
Sull’assenza di delega formale alle regioni
– Argomenti delle parti
216 La Repubblica italiana sostiene che, successivamente alla missione
di controllo effettuata dai servizi della Commissione, le autorità
italiane hanno proceduto alla delega formale di funzioni alle regioni e
che le regioni hanno seguito gli orientamenti dell’AGEA contenuti nel
manuale delle procedure e dei controlli riguardo alle funzioni delegate.
217 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
– Giudizio del Tribunale
218 È sufficiente rilevare che la Repubblica italiana ha riconosciuto,
come risulta dal verbale della riunione bilaterale del 26 maggio 2004 e
come dedotto dalla Commissione, che tale delega era in corso di
conclusione, fatta eccezione per la Regione Liguria. Inoltre, la
Repubblica italiana si limita ad affermare che, successivamente alla
missione di controllo effettuata dai servizi della Commissione, la
delega di funzioni alle regioni è diventata operativa. Tale argomento
non può essere accolto in quanto, oltre al fatto che detta motivazione è
rivelatrice del suo riconoscimento della mancata conformità del sistema
nazionale alla normativa comunitaria durante la campagna in esame, le
misure adottate successivamente non possono influire sulla rettifica
applicata, conformemente al documento VI/5330/97.
219 Tale censura deve essere pertanto respinta.
Sull’inesistenza di un sistema specifico di sanzioni nell’ipotesi di
violazione degli obblighi connessi alle misure di sviluppo rurale
– Argomenti delle parti
220 La Repubblica italiana fa valere che con l’adozione del decreto 4
dicembre 2002 il Ministro italiano delle Politiche Agricole e Forestali
ha dato attuazione all’art. 64 del regolamento n. 445/2002, che obbliga
gli Stati membri a fissare un regime sanzionatorio in caso di violazione
del regolamento n. 1257/1999 e delle sue disposizioni di attuazione.
Tale decreto rinvierebbe ad un decreto legislativo, tuttora in corso di
adozione, l’attuazione della specifica disciplina sanzionatoria.
Nell’attesa dell’adozione di tale decreto legislativo, le autorità
italiane applicherebbero la legislazione italiana vigente in materia
sanzionatoria, cioè la legge n. 898/86, ai sensi della quale, in
sostanza, qualsivoglia indebita percezione di una prestazione a carico
del FEAOG deve essere restituita e sanzionata con il pagamento di una
sanzione pecuniaria amministrativa del medesimo importo. Tale sanzione
sarebbe comminata dall’Ufficio Repressione Frodi competente
territorialmente o da apposito Ufficio regionale. Secondo la Repubblica
italiana, tale legge costituisce un adeguato deterrente rispetto al
tentativo di ottenere benefici non dovuti.
221 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
– Giudizio del Tribunale
222 Per quanto riguarda il decreto ministeriale di attuazione dell’art.
64 del regolamento n. 445/2002, invocato dalla Repubblica italiana e che
devolverebbe ad un decreto legislativo il compito di attuare sanzioni
specifiche, esso non può rimettere in discussione la legittimità della
rettifica imposta in quanto il procedimento di adozione di tale decreto
legislativo, a dire della Repubblica italiana, è sempre in corso, sicché
essa non rispetta la normativa comunitaria che impone l’adozione di
sanzioni in caso di violazione della normativa medesima in materia di
sviluppo rurale.
223 La Repubblica italiana deduce poi che, nell’attesa di adottare tale
decreto legislativo, essa applica la legge n. 898/86, ai sensi della
quale, in sostanza, qualsivoglia indebita percezione di una prestazione
a carico del FEAOG deve essere restituita e sanzionata con il pagamento
di una sanzione pecuniaria amministrativa del medesimo importo. Orbene,
come statuito al precedente punto 45 riguardo alle rettifiche nel
settore degli ortofrutticoli, le disposizioni in oggetto della legge n.
898/86 riguardano esclusivamente il caso specifico del conseguimento di
finanziamento mediante dichiarazione di dati o di informazioni falsi.
Poiché la sua portata è pertanto limitata, non può ritenersi che essa
dia attuazione all’art. 64 del regolamento n. 445/2002, che impone
l’adozione di sanzioni ad hoc «effettive, proporzionate e dissuasive».
224 Tale censura deve essere pertanto respinta.
Sull’assenza di una check-list per l’esecuzione dei controlli relativi
ai requisiti minimi ed alle buone pratiche agricole e sull’assenza di
orientamenti nazionali in materia di controllo dei requisiti minimi
– Argomenti delle parti
225 La Repubblica italiana sostiene che, successivamente alle missioni
di controllo, sono stati aggiunti al manuale delle procedure e dei
controlli sia degli orientamenti in materia di controllo dei requisiti
minimi, sia delle check‑lists sui requisiti minimi e sulle buone
pratiche agricole, al fine di porre rimedio alle manchevolezze
riscontrate dalla Commissione al riguardo. In ogni caso, la stessa
Commissione avrebbe inviato agli Stati membri il documento VI/10535/99,
riguardante tali aspetti, solo nel 2003.
226 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
– Giudizio del Tribunale
227 È sufficiente rilevare che, come risulta dal verbale della riunione
del 26 maggio 2004, la Repubblica italiana ha riconosciuto sia l’assenza
di una check-list per l’esecuzione dei controlli sia l’assenza di
orientamenti nazionali riguardo agli anni 2001 e 2002, oggetto di
controllo da parte dei servizi della Commissione. Inoltre, essa si
limita ad affermare che tali orientamenti nazionali e check-lists sono
stati aggiunti al manuale delle procedure e dei controlli
successivamente alle missioni di controllo al fine di porre rimedio alle
manchevolezze riscontrate dalla Commissione al riguardo. Orbene, come è
stato ricordato supra, l’adozione di misure correttive successive non
può influire sulla percentuale di rettifica applicata, conformemente al
documento VI/5330/97.
228 Quanto all’argomento della Repubblica italiana relativo alla
trasmissione, da parte della Commissione, degli orientamenti comunitari
ripresi nel documento VI/10535/99 che avrebbe avuto luogo solo nel 2003,
occorre anzitutto rilevare che tale documento è stato adottato dalla
Commissione il 23 luglio 2002 e che quest’ultima afferma di averlo
comunicato agli Stati membri nel luglio 2002 e di averlo redatto in
stretta collaborazione con gli Stati stessi sin dall’adozione del
regolamento n. 1257/1999, come del resto risulterebbe dal numero di tale
documento, che termina con il numero «99». In tal modo, il documento
VI/10535/99 costituirebbe una sintesi del risultato di varie discussioni
e riunioni svoltesi con gli Stati membri dal 1999. È giocoforza rilevare
che la Repubblica italiana non contesta tali affermazioni, ma si limita,
nella replica, a riaffermare che la Commissione avrebbe emanato un
documento di orientamento, che essa d’altronde non definisce, solo nel
2003. In ogni caso, come dedotto dalla Commissione, dal punto 4, terzo
comma, della relazione dell’organo di conciliazione risulta che, nel
dicembre 2000, i servizi della Commissione avevano inviato una serie di
raccomandazioni per suggerire le modalità di esecuzione del regolamento
n. 1257/1999 alla luce del carattere di novità e senza precedenti della
normativa comunitaria. Ciò premesso, l’argomento della Repubblica
italiana relativo all’asserito tardivo invio di un documento di
orientamento non può trovare accoglimento.
229 Di conseguenza, tale censura deve essere respinta.
Sull’assenza di uno specifico sistema sanzionatorio nel caso di
violazione delle buone pratiche agricole e dei requisiti minimi
– Argomenti delle parti
230 La Repubblica italiana indica che, mediante il manuale delle
procedure e dei controlli che prevede concretamente le sanzioni da
applicare, essa si accerta dell’attuazione di efficaci strumenti di
controllo nonché dell’immediata trasposizione dei suggerimenti della
Commissione. Essa sottolinea, peraltro, l’esistenza di situazioni di
eccellenza, come il caso accertato nella Regione Liguria, per la quale
non sono state proposte correzioni. Essa insiste, del pari, sull’impegno
svolto negli anni per adattare la normativa nazionale a quella
comunitaria, che mancherebbe di chiarezza. Peraltro, dal documento
VI/5330/97 emergerebbe che le finalità di prevenzione e correzione della
procedura di liquidazione dei conti non devono tradursi in sanzioni e
che le carenze accertate dagli organi di controllo nazionali non devono
comportare conseguenze finanziarie se sono adottati adeguati
provvedimenti correttivi.
231 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
– Giudizio del Tribunale
232 Per quanto riguarda, anzitutto, l’argomento relativo al manuale
delle procedure e dei controlli, occorre ricordare che, come si è già
statuito al precedente punto 222, la Repubblica italiana non è stata in
grado di dimostrare di aver effettivamente adottato le sanzioni
specifiche che avrebbe dovuto emanare conformemente all’art. 64 del
regolamento n. 445/2002. Inoltre, occorre rilevare che il manuale delle
procedure e dei controlli, oltre al suo titolo, che sembra piuttosto
indicare che esso contiene orientamenti o raccomandazioni da seguire in
materia di sviluppo rurale, costituisce, secondo la Repubblica italiana,
un quadro generale che consente alle autorità italiane di attuare
efficaci strumenti di controllo nonché l’immediata trasposizione dei
suggerimenti della Commissione. Non può pertanto ritenersi che tale
documento preveda sanzioni nazionali specifiche «effettive,
proporzionate e dissuasive», come imposto dall’art. 64 del regolamento
n. 445/2002.
233 L’argomento della Repubblica italiana relativo alla situazione
d’eccellenza rilevata nella Regione Liguria, poi, deve essere respinto
come inconferente in quanto, come risulta dalla relazione di sintesi
(punti 9.3.3 e 9.3.5 del capitolo B), le spese sostenute da detta
regione sono state escluse dalla base di calcolo della rettifica
finanziaria in considerazione proprio dei risultati dei controlli
ritenuti soddisfacenti dai servizi della Commissione e degli elementi di
prova raccolti al riguardo.
234 Infine, per quanto riguarda l’argomento relativo al documento
VI/5330/97, dal quale risulterebbe che le finalità di prevenzione e
correzione della procedura di liquidazione dei conti non devono tradursi
in sanzioni, occorre rilevare che l’applicazione di rettifiche
forfettarie nell’ambito della procedura di liquidazione dei conti del
FEAOG costituisce, come sottolineato nel documento VI/5330/97, uno
strumento legittimo per la Comunità per recuperare i fondi dagli Stati
membri affinché il suo bilancio non subisca perdite a seguito di spese
irregolari o inammissibili effettuate dagli Stati membri. I tassi
forfettari di cui al documento VI/5330/97 consentono, al contempo, il
rispetto del diritto comunitario e la buona gestione delle risorse
comunitarie, nonché di evitare che la Commissione eserciti il proprio
potere discrezionale imponendo agli Stati membri rettifiche eccessive e
sproporzionate.
235 Nel caso di specie, la rettifica contestata è del 2% ed è stata
applicata a livello nazionale a seguito di carenze rilevate sia a
livello nazionale che a livello regionale. Poiché dalle suesposte
considerazioni emerge che la Repubblica italiana non è stata in grado di
confutare i rilievi della Commissione riguardo alle carenze dei
controlli, l’applicazione di una tale rettifica è conforme al documento
VI/5330/97, che la giustifica in caso di insufficienza dei controlli
riguardo alle operazioni amministrative necessarie per trattare
correttamente le domande di aiuto.
236 Tale censura deve conseguentemente essere respinta.
Sulle carenze rilevate nella Regione Emilia Romagna
Argomenti delle parti
237 In primo luogo, quanto alla censura della Commissione attinente al
mancato aggiornamento del prezzario di riferimento rilevata per le
misure a) e b), la Repubblica italiana osserva che fino al 2002 è
rimasto in vigore il prezzario regionale del 1997 e che il nuovo
prezzario del 2002 applicabile alle istruttorie sugli aiuti in
agricoltura è entrato in vigore nel febbraio 2003. Essa ritiene che
l’uso di un prezzario non aggiornato abbia comunque consentito di
garantire una corretta valutazione delle spese ammissibili, in quanto le
differenze di prezzo sono state contenute, da un canto, poiché il
contesto economico era caratterizzato da bassa inflazione, dall’altro,
poiché le dotazioni acquistabili nel settore agricolo non sono soggette
a rapide svalutazioni o repentina obsolescenza tecnica, al contrario
delle apparecchiature industriali o informatiche. In ogni caso, la spesa
ammissibile a contributo sarebbe stata stabilita esclusivamente sulla
base delle fatture quietanziate.
238 In secondo luogo, riguardo alla censura della Commissione relativa
alla mancanza di informazioni dettagliate nei verbali di controllo sulle
ispezioni in loco, la Repubblica italiana fa valere le azioni correttive
intraprese dalle autorità regionali dell’Emilia Romagna al fine di
adeguare le procedure agli orientamenti comunitari contenuti nella
lettera del 4 febbraio 2003, inviata conformemente all’art. 8, n. 1, del
regolamento n. 1663/95. Essa indica, al riguardo, che l’organismo
pagatore in tale regione ha avviato la sua attività nel 2002, dopo aver
predisposto buona parte della documentazione necessaria per stabilire
quantità e qualità delle attività di controllo nonché le modalità di
rendicontazione della stessa. Essa precisa, inoltre, di aver posto
rimedio al ritardo di alcuni controlli, provvedendo ad estrazioni
supplementari ed eseguendo controlli retroattivi.
239 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
Giudizio del Tribunale
240 Per quanto attiene, in primo luogo, al mancato aggiornamento del
prezzario di cui è causa, occorre rilevare che la Repubblica italiana lo
riconosce. Peraltro, essa non contesta il rilievo della Commissione, di
cui alla lettera del 16 aprile 2004, su cui si fonda principalmente la
sua censura e secondo il quale i beneficiari potevano chiedere
l’approvazione di un prezzo più elevato rispetto a quello del preventivo
giustificandolo con la tecnicità accresciuta delle attrezzature. La
Repubblica italiana si limita tuttavia ad affermare che il mancato
aggiornamento del prezzario aveva comunque consentito di garantire una
corretta valutazione delle spese ammissibili. Orbene, il mancato
aggiornamento di detto prezzario su un periodo di cinque anni dimostra
l’assenza di precisione nello svolgimento dei controlli che non può
essere compensata da un tasso di inflazione basso e dalla natura dei
prodotti in oggetto, soprattutto in mancanza di prove concrete al
riguardo. Quanto al fatto che le spese ammissibili sarebbero state
determinate esclusivamente sulla base delle fatture quietanziate, la
Commissione rileva correttamente che tali fatture potevano anche avere
ad oggetto macchine estremamente sofisticate, non ammissibili al
finanziamento. Alla luce di tali rilievi, tale tesi deve essere
respinta.
241 Quanto, in secondo luogo, all’assenza di informazioni dettagliate
nei verbali di controllo sulle ispezioni in loco, indipendentemente
dalla questione se l’organismo pagatore nella Regione Emilia Romagna
avesse avviato la sua attività nel 2002, come sostenuto dalla Repubblica
italiana, quest’ultima fa valere, in sostanza, misure correttive
adottate da tale organismo pagatore immediatamente dopo la notifica
delle carenze rilevate dai servizi della Commissione. Orbene, anche
questo argomento deve essere respinto in quanto, conformemente al
documento VI/5330/97, l’adozione di dette misure non può influenzare il
tasso della rettifica, come sottolineato dall’organo di conciliazione
nella sua relazione definitiva.
242 Dalle suesposte considerazioni si evince che la Repubblica italiana
non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione relativi
al mancato aggiornamento del prezziario di cui è causa né quelli
relativi all’assenza di informazioni dettagliate nei verbali di
controllo sulle ispezioni in loco con elementi di prova tali da
dimostrare l’esistenza di un controllo affidabile ed operativo.
243 Quanto, infine, all’argomento della Repubblica italiana relativo al
carattere sproporzionato dell’importo della rettifica applicata alla
Regione Emilia Romagna, è sufficiente ricordare la giurisprudenza citata
supra, al precedente punto 65, secondo cui se, nel contesto della sua
missione di liquidazione dei conti, la Commissione tenta, invece di
negare il finanziamento della totalità delle spese, di fissare norme
intese a differenziare, secondo il grado di rischio che essi presentano
per il FEAOG, diversi livelli di carenza di controllo, lo Stato membro
deve dimostrare che tali criteri sono arbitrari ed iniqui. Atteso che la
Repubblica italiana non ha manifestamente apportato tale prova, tale
tesi deve essere respinta.
244 Di conseguenza, la censura relativa alle carenze rilevate nella
Regione Emilia Romagna deve essere respinta.
Sulle carenze rilevate nella Regione Piemonte
Argomenti delle parti
245 In primo luogo, quanto alla censura relativa all’inadeguatezza dei
controlli dei requisiti minimi in materia di ambiente, di igiene e di
benessere degli animali, la Repubblica italiana deduce che la Regione
Piemonte non ha previsto un’autocertificazione esplicita da sottoporre
all’atto di deposito della domanda di aiuto, in quanto risulterebbe dal
Piano di sviluppo rurale 2000-2006 di detta regione che la presentazione
della domanda di aiuto costituirebbe, di per sé, autocertificazione del
rispetto della normativa concernente i requisiti minimi. La Regione
Piemonte avrebbe approvato, nel luglio 2002, disposizioni
particolareggiate per l’effettuazione di controlli in loco a campione
nonché la modulistica da utilizzare a tale scopo. Sino a tale data, il
controllo del rispetto dei requisiti minimi sarebbe stato effettuato in
sede di verifiche finali di routine e il verbale di verifica finale che
attestava l’osservanza delle prescrizioni per la concessione dell’aiuto
sarebbe servito, del pari, quale attestazione del rispetto dei requisiti
minimi in materia di ambiente, di igiene e di benessere degli animali.
La Repubblica italiana sottolinea anche che nel 2000 la Regione Piemonte
non ha effettuato pagamenti per le misure a) e b) e che, nel 2002, i
controlli in loco sono stati effettuati in misura superiore alla
percentuale minima prescritta e conformemente alle procedure previste
dal documento VI/10535/99.
246 In secondo luogo, la Repubblica italiana afferma che la struttura
della Regione Piemonte responsabile dell’attuazione delle misure a) e b)
ha sempre intrattenuto un rapporto di collaborazione con i Servizi
veterinari. Presa visione delle osservazioni della Commissione, si
sarebbe provveduto ad istituire un sistema formalizzato di notifica
incrociata dei dati tra le strutture competenti in materia di
agricoltura e le strutture competenti in materia di ambiente.
247 In terzo luogo, la Repubblica italiana contesta la censura della
Commissione secondo cui non vi sarebbe stata una procedura soddisfacente
tale da consentire di garantire che i beneficiari della misura a) e
quelli della misura b) che non rispondono ancora ai requisiti minimi
all’atto dell’istallazione li rispettino entro un termine di tre anni
dopo l’istallazione, conformemente, rispettivamente, all’art. 1, n. 3, e
all’art. 4, n. 2, del regolamento n. 445/2002. Essa rileva, anzitutto,
che nella Regione Piemonte non vi sono beneficiari della misura a) di
cui all’art. 1, n. 3, del regolamento n. 445/2002, in quanto vi
sarebbero state domande d’aiuto esclusivamente da parte di aziende già
in possesso dei requisiti minimi. Essa sostiene quindi, riguardo
all’istallazione dei giovani agricoltori, che la Regione Piemonte ha
adottato disposizioni specifiche, che prevedevano controlli in loco su
un campione di almeno il 5% dei giovani agricoltori che avevano chiesto
la concessione della misura b). Inoltre, tutti i giovani agricoltori
interessati dalle misure di istallazione sarebbero sottoposti, prima
dell’approvazione della domanda, ad un previo controllo quanto al
rispetto dei requisiti minimi, come dimostrerebbe il rigetto del 28,84%
delle domande. Infine, un controllo specifico dei requisiti di
competenza professionale sarebbe previsto dalla normativa regionale in
tutti i casi. Peraltro, in esito alle osservazioni degli ispettori
comunitari, nella decisione amministrativa n. 64 del 19 maggio 2004, si
sarebbe previsto di adottare una procedura tale da consentire di
assoggettare ad un controllo in loco entro tre anni dalla loro
istallazione tutti i giovani agricoltori che, al momento della
presentazione della domanda, non rispettavano i requisiti minimi.
248 In quarto luogo, la Repubblica italiana ritiene che la normativa
della Regione Piemonte preveda controlli sufficienti in merito al
requisito relativo alla redditività economica delle aziende, in quanto
impone la presentazione di un bilancio sotto forma di autocertificazione
all’atto del deposito della domanda delle misure a) o b). Anche se la
normativa fiscale nazionale non impone alle aziende agricole la tenuta
di contabilità economiche dettagliate, i formulari delle domande delle
misure a) e b) comprenderebbero numerosi dati di natura tecnico-agraria
che sarebbero verificati all’atto del controllo in loco da parte dei
funzionari degli uffici provinciali e in base ai quali essi sarebbero in
grado di valutare la redditività economica dell’azienda. Essa rileva poi
che, a seguito delle osservazioni dei servizi della Commissione, con la
Determinazione Dirigenziale n. 64 del 19 maggio 2004 si è provveduto a
disporre che nel corso del controllo in loco venga tenuto conto delle
documentazioni fiscali dell’azienda. La Regione Piemonte avrebbe
parimenti provveduto, dal 2004, ad avviare percorsi formativi rivolti ai
funzionari delle province addetti ai controlli della redditività
economica delle aziende agricole al fine di migliorare l’efficacia dei
controlli in loco.
249 In quinto luogo, riguardo alla censura relativa all’assenza di
un’analisi dei rischi nella selezione dei beneficiari da sottoporre a
controllo in loco durante gli anni 2001 e 2002, la Repubblica italiana
sostiene che la scelta puramente casuale dei beneficiari da sottoporre a
controllo è stata adottata quale primo approccio alla problematica per
trarne indicazioni in base alle quali definire criteri utili al fine di
effettuare i controlli successivi, atteso che tali criteri non
sussistevano precedentemente, in quanto solo dal 2000 il fondo di
garanzia del FEAOG interviene nella Regione Piemonte. Successivamente
alle osservazioni dei servizi della Commissione, con la Determinazione
Dirigenziale n. 64 del 19 maggio 2004 si sarebbe provveduto a disporre
che, nell’estrazione dei campioni per il controllo in loco, si tenesse
conto di adeguati criteri di rischio.
250 In sesto luogo, per quanto concerne la censura relativa all’assenza
di informazioni dei beneficiari delle misure a) e b) riguardo ai
requisiti minimi di ammissibilità da rispettare, la Repubblica italiana
sostiene che la Regione Piemonte ha ampiamente informato i potenziali
beneficiari circa la necessità di rispettare i requisiti minimi in
materia di ambiente, igiene e benessere degli animali per essere
ammissibili all’aiuto comunitario a sostegno dello sviluppo rurale.
Oltre alla pubblicazione delle prescrizioni della normativa in materia
nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, la diffusione
dell’informazione sarebbe avvenuta mediante la pubblicazione di articoli
sulla stampa specializzata e di numerose riunioni pubbliche organizzate
in collaborazione con le organizzazioni di produttori. La Regione
Piemonte non avrebbe ritenuto opportuno produrre documenti che
sintetizzassero gli adempimenti concreti da svolgere per rispettare le
prescrizioni minime in materia di ambiente, igiene e benessere degli
animali. Successivamente alle osservazioni degli ispettori comunitari e
al fine di adeguarvisi al meglio, si sarebbe provveduto, con la
Determinazione Dirigenziale del 19 maggio 2004, a predisporre un manuale
da trasmettere ai potenziali beneficiari delle misure a) e b),
contenente indicazioni concrete sui requisiti minimi da rispettare,
nonché una dichiarazione che i beneficiari devono sottoscrivere all’atto
della presentazione della domanda di aiuto, in cui attestano di aver
preso conoscenza di dette disposizioni e assumono l’impegno al rispetto
delle stesse.
251 In settimo luogo, quanto alla censura relativa alle fatture non
contrassegnate dalle autorità di controllo e all’inesistenza di
controlli supplementari in modo di evitare duplicazioni di
finanziamento, la Repubblica italiana rileva che, in esito alle
osservazioni formulate dai servizi della Commissione, si è provveduto,
con la Determinazione Dirigenziale del 19 maggio 2004, ad apporre sulle
fatture acquisite al fine di erogazione dei contributi un apposito
timbro al fine di evitare duplicazioni di finanziamenti relativi alle
medesime spese.
252 La Commissione contesta le tesi della Repubblica italiana.
Giudizio del Tribunale
253 In limine, occorre rilevare che gli argomenti della Repubblica
italiana relativi all’assenza di un sistema formalizzato di notifica
incrociata dei dati raccolti durante i controlli (v. supra, punto 246),
alla verifica del rispetto dei requisiti di ammissibilità nei tre anni
successivi all’istallazione (v. supra, punto 247) e ai controlli sulla
redditività economica delle aziende (v. supra, punto 248) si riferiscono
ad obiezioni che non sono state sollevate dai servizi della Commissione,
ovvero sono state successivamente accantonate, come correttamente
rilevato dalla Commissione. In ogni caso, tali obiezioni non risultano
dalla relazione di sintesi sfociata nell’adozione della decisione
impugnata, sicché i relativi argomenti devono essere respinti in quanto
inconferenti.
254 Riguardo, poi, all’insufficienza di controllo dei requisiti minimi
da rispettare in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali,
è sufficiente rilevare, per il 2001, che dal verbale della riunione
bilaterale del 26 maggio 2004 risulta che la Repubblica italiana ha
riconosciuto l’assenza di tali controlli per l’anno in esame. Inoltre,
negli atti di causa, la Repubblica italiana si limita ad affermare che
la presentazione della domanda di aiuto costituisce, di per sé,
autocertificazione del rispetto dei requisiti minimi, senza suffragare
in modo circostanziato tale affermazione generica. Quanto al 2002, la
Repubblica italiana si limita ad affermare che i controlli sono stati
svolti correttamente, riferendosi ad informazioni che avrebbe fornito
alla Commissione e che sarebbero riprese nella lettera di quest’ultima
del 16 aprile 2004. Orbene, sia da tale lettera che dal verbale della
riunione bilaterale del 26 maggio 2004 risulta che i servizi della
Commissione riservavano la loro valutazione definitiva nell’attesa di
ricevere le informazioni richieste alle autorità italiane. Poiché
l’onere della prova incombeva alla Repubblica italiana, conformemente
alla giurisprudenza citata al precedente punto 37, alla stessa incombeva
presentare tali informazioni alla Commissione. Orbene, è giocoforza
rilevare che, con la sua risposta ad un quesito posto in proposito dal
Tribunale all’udienza, la Repubblica italiana non è stata in grado di
dimostrare di aver presentato alla Commissione informazioni tali da
dimostrare che, nel 2002, i controlli dei requisiti minimi erano stati
correttamente svolti nella Regione Piemonte. Quanto al miglioramento
della situazione a seguito dell’adozione, a livello regionale, di una
decisione nel 2002 che le autorità regionali avrebbero menzionato, da
tale verbale risulta che la Commissione ne aveva preso atto, ritenendola
insoddisfacente. In ogni caso, dal punto 9.3.2 del capitolo B della
relazione di sintesi risulta che la Repubblica italiana non dubita della
fondatezza dei risultati messi in evidenza dai servizi della
Commissione, ma si limita a sottolineare i miglioramenti apportati nel
corso degli ultimi anni. Infine, ogni riferimento della Repubblica
italiana all’anno 2000 deve essere respinto in quanto inconferente,
atteso che i controlli dei servizi della Commissione in oggetto
riguardavano gli anni 2001 e 2002.
255 Per quanto riguarda, peraltro, la censura relativa all’assenza di
un’analisi dei rischi nella selezione del campione di beneficiari da
controllare in loco, occorre ricordare che l’art. 6, n. 4, del
regolamento n. 3887/92 precisa che le domande oggetto di controlli in
loco sono determinate sulla base di un’analisi dei rischi che tiene
conto di criteri precisi elencati nel medesimo articolo (importo
dell’aiuto; numero di parcelle, della superficie o del numero di animali
per i quali l’aiuto è richiesto; evoluzione in rapporto all’anno
precedente; constatazioni fatte nei controlli degli anni precedenti;
altri parametri definiti dagli Stati membri). Di conseguenza, scegliendo
i beneficiari degli aiuti da sottoporre a controllo in modo aleatorio,
la Repubblica italiana non ha rispettato l’art. 6, n. 4, del regolamento
n. 3887/92. Peraltro, l’argomento della Repubblica italiana relativo
all’adozione di adeguati criteri di rischio nella normativa regionale al
fine di tener conto delle osservazioni della Commissione non può essere
accolto, come precedentemente esposto.
256 Quanto, poi, all’argomento relativo all’assenza di informazioni dei
beneficiari delle misure a) e b) riguardo ai requisiti minimi da
rispettare in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, si
deve rilevare che, sia nel verbale della riunione del 26 maggio 2004 che
nel ricorso, la Repubblica italiana ha riconosciuto l’assenza di
documenti che riprendessero gli obblighi concreti che i beneficiari
dovevano adempiere per rispettare i requisiti minimi. Essa deduce,
ancora una volta, l’adozione di misure di rettifica, a seguito delle
osservazioni degli ispettori comunitari, consistenti in un manuale che
riprende alcune indicazioni pratiche relative ai requisiti minimi da
rispettare e in una dichiarazione con la quale i beneficiari dell’aiuto
si impegnano a rispettarli. Tale argomento deve, di nuovo, essere
respinto.
257 Infine, quanto all’argomento relativo alle fatture non
contrassegnate dalle autorità di controllo e all’inesistenza di
controlli supplementari per evitare un duplice pagamento, è giocoforza
rilevare che la Repubblica italiana si limita a far valere le misure di
rettifica adottate a seguito degli orientamenti comunitari e che tale
argomento non può essere accolto. Inoltre, dal verbale della riunione
bilaterale del 26 maggio 2004 risulta che le autorità regionali hanno
riconosciuto tale carenza per gli anni 2001 e 2002.
258 Dalle suesposte considerazioni risulta che la Repubblica italiana
non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione relativi
alle carenze dei controlli nella Regione Piemonte, con elementi di prova
tali da dimostrare l’esistenza di un controllo affidabile e operativo
che consentisse di concludere nel senso dell’assenza delle irregolarità
contestate.
259 La censura relativa alle carenze rilevate nella Regione Piemonte
deve pertanto essere respinta.
5. Sulla rettifica applicata a seguito dell’inosservanza dei termini di
pagamento relativi al premio per i bovini per l’esercizio 2003
La normativa comunitaria
260 L’art. 4 del regolamento (CE) della Commissione 16 febbraio 1996, n.
296, relativo ai dati che devono essere forniti dagli Stati membri ed
alla contabilizzazione mensile delle spese finanziate dalla sezione
garanzia del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia
(FEAOG) e che abroga il regolamento (CEE) n. 2776/88 (GU L 39, pag. 5),
prevede al suo n. 2 che qualsiasi spesa effettuata al di là dei termini
o delle scadenze prescritti verrà imputata con una riduzione degli
anticipi, secondo le modalità ivi precisate. Detto paragrafo dispone
anche che la Commissione applicherà una graduazione differente e/o dei
tassi di riduzione inferiori o nulli qualora si dovessero verificare
particolari condizioni di gestione per talune misure, o se vi siano
giustificazioni fondate presentate dagli Stati membri.
Relazione di sintesi
261 Secondo il punto 1.1.1 del capitolo C della relazione di sintesi, la
Commissione ha esaminato i ritardi di pagamento rilevati nel corso del
periodo dal 16 ottobre 2002 al 15 ottobre 2003, conformemente all’art. 4
del regolamento n. 296/96. A seguito di tale controllo, di discussioni
bilaterali e dell’adizione, da parte delle autorità italiane,
dell’organo di conciliazione, la Commissione ha applicato rettifiche
concernenti diverse voci di bilancio e, segnatamente, il premio per i
bovini.
Argomenti delle parti
262 La Repubblica italiana contesta la rettifica finanziaria di EUR 26
707 597,17, relativa ai premi per i bovini per i ritardi nel pagamento
accertati nel corso del periodo dal 16 ottobre 2002 al 15 ottobre 2003,
connessi con disfunzioni della banca dati nazionale per
l’identificazione dei bovini. Essa deduce che tale rettifica si
sovrapporrebbe indebitamente alle precedenti rettifiche finanziarie
adottate dalla Commissione per le campagne 2000 e 2001. Essa contesta,
al riguardo, la lettura della Commissione del parere reso dall’organo di
conciliazione, nonché le conclusioni cui la Commissione è pervenuta.
Atteso che sia le precedenti rettifiche forfettarie, imposte a causa
dell’inefficacia della banca dati nazionale, sia la presente rettifica
puntuale determinata dal ritardo nel pagamento dei premi risulterebbero
dalla medesima carenza, l’importo della rettifica forfettaria, come
avrebbe suggerito l’organo di conciliazione, dovrebbe essere detratto da
quello della rettifica specifica, anche se la rettifica forfettaria è
antecedente alla rettifica specifica, come nel caso in esame. Essa
ritiene, inoltre, che nel caso di ritardi di pagamento determinati da
insufficienze che hanno dato luogo a rettifiche forfettarie, la
detrazione debba riferirsi non agli esercizi finanziari ma alle campagne
oggetto di rettifica.
263 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.
Giudizio del Tribunale
264 È giocoforza rilevare che gli argomenti della Repubblica italiana si
fondano su un’asserita duplice rettifica. Orbene, come correttamente
dedotto dalla Commissione e come emerge chiaramente dalla relazione di
sintesi, la rettifica contestata nel caso di specie riguarda l’esercizio
finanziario 2003, mentre le rettifiche precedenti vertevano su altri
esercizi finanziari. Si tratta, pertanto, di diversi esercizi
finanziari. In tale contesto, non può essersi verificata una duplice
rettifica.
265 In ogni caso, è giocoforza rilevare che la Repubblica italiana non
contesta che la banca dati non era operativa nel corso del periodo di
cui trattasi né che i pagamenti erano stati effettivamente eseguiti
tardivamente, circostanze sufficienti al fine di giustificare la
rettifica applicata.
266 La censura della Repubblica italiana nei confronti della rettifica
operata per il mancato rispetto dei termini di pagamento deve, di
conseguenza, essere respinta. Pertanto, il ricorso deve essere respinto
in toto.
Sulle spese
267 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è
risultata soccombente, quest’ultima va condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Czúcz
Cooke
Labucka
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 settembre 2008.
Il cancelliere
Il presidente
Indice
Contesto normativo
Fatti
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
1. Sulle rettifiche nel settore degli ortofrutticoli
Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione delle sanzioni
nell’ipotesi di inosservanza del piano d’azione da parte delle
organizzazioni di produttori
Normativa comunitaria
Relazione di sintesi
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulla rettifica relativa alle carenze dei controlli sui prodotti
ritirati ai fini del compostaggio e della biodegradazione
La normativa comunitaria
Relazione di sintesi
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulla rettifica finanziaria connessa all’insufficienza dei controlli
chiave delle organizzazioni di produttori
La normativa comunitaria
Relazione di sintesi
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
2. Sulle rettifiche nei settori del latte e dei prodotti
lattiero-caseari
La normativa comunitaria
Relazione di sintesi
Sulla prima rettifica, relativa al mancato rispetto della normativa
comunitaria
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulla seconda rettifica, relativa all’insufficienza dei controlli in
loco
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
3. Sulle rettifiche nel settore dei seminativi
La normativa comunitaria
Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione di sanzioni
nell’ipotesi di negligenza grave o di false dichiarazioni formulate
deliberatamente
Relazione di sintesi
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulla rettifica connessa con la qualità dei controlli in loco nella
Provincia di Nuoro
Relazione di sintesi
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
4. Sulla rettifica nel settore dello sviluppo rurale
La normativa comunitaria
Relazione di sintesi
Sul difetto di motivazione
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulle carenze rilevate a livello nazionale
Sull’assenza di delega formale alle regioni
– Argomenti delle parti
– Giudizio del Tribunale
Sull’inesistenza di un sistema specifico di sanzioni nell’ipotesi di
violazione degli obblighi connessi alle misure di sviluppo rurale
– Argomenti delle parti
– Giudizio del Tribunale
Sull’assenza di una check-list per l’esecuzione dei controlli relativi
ai requisiti minimi ed alle buone pratiche agricole e sull’assenza di
orientamenti nazionali in materia di controllo dei requisiti minimi
– Argomenti delle parti
– Giudizio del Tribunale
Sull’assenza di uno specifico sistema sanzionatorio nel caso di
violazione delle buone pratiche agricole e dei requisiti minimi
– Argomenti delle parti
– Giudizio del Tribunale
Sulle carenze rilevate nella Regione Emilia Romagna
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulle carenze rilevate nella Regione Piemonte
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
5. Sulla rettifica applicata a seguito dell’inosservanza dei termini di
pagamento relativi al premio per i bovini per l’esercizio 2003
La normativa comunitaria
Relazione di sintesi
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulle spese
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