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CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 10/09/2008, causa T‑181/06



 


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

10 settembre 2008 (*)

«FEAOG – Sezione ‘garanzia’ – Spese escluse dal finanziamento comunitario – Rettifiche finanziarie – Ortofrutticoli – Prodotti lattiero-caseari – Seminativi – Sviluppo rurale – Inosservanza dei termini di pagamento»



Nella causa T‑181/06,

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Cattabriga e dal sig. F. Jimeno Fernández, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 28 aprile 2006, 2006/334/CE, che esclude dal finanziamento comunitario alcune spese eseguite dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), sezione «garanzia» (GU L 124, pag. 21), nella parte in cui esclude alcune spese eseguite dalla Repubblica italiana nei settori degli ortofrutticoli, del latte e dei prodotti lattiero-caseari, dei seminativi, dello sviluppo rurale nonché in materia di termini di pagamento,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dai sigg. O. Czúcz (relatore), presidente, J. D. Cooke e dalla sig.ra I. Labucka, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 aprile 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1 Il regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 94, pag. 13), nella versione da ultimo modificata dal regolamento (CE) del Consiglio 22 maggio 1995, n. 1287 (GU L 125, pag. 1), ha fissato le regole generali applicabili al finanziamento della politica agricola comune (PAC). Il regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1258, relativo al finanziamento della PAC (GU L 160, pag. 103), ha sostituito il regolamento n. 729/70 e si applica alle spese effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2000.

2 Ai sensi degli artt. 1, n. 2, lett. b), e 3, n. 1, del regolamento n. 729/70 nonché degli artt. 1, n. 2, lett. b), e 2, n. 2, del regolamento n. 1258/1999, la sezione «garanzia» del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG) finanzia, nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati agricoli, gli interventi destinati a regolarizzare tali mercati, intrapresi secondo le norme comunitarie.

3 A norma dell’art. 5, n. 2, lett. c), del regolamento n. 729/70, come modificato, nonché a norma dell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 1258/1999, la Commissione decide in merito alle spese non ammesse al finanziamento comunitario qualora rilevi che alcune spese non sono state effettuate in conformità alle norme comunitarie. Nel valutare gli importi da rifiutare la Commissione tiene conto del tipo e della gravità dell’inosservanza nonché del danno finanziario che ne deriva per la Comunità europea.

4 L’art. 5, n. 2, lett. c), quinto comma, del regolamento n. 729/70 prevede che «[i]l rifiuto del finanziamento non può riguardare le spese effettuate anteriormente a [24] mesi che precedono la comunicazione scritta, da parte della Commissione allo Stato membro interessato, dei risultati [di tali] verifiche [della Commissione]». L’art. 7, n. 4, quinto comma, del regolamento n. 1258/1999 contiene una disposizione analoga.

5 Le modalità relative alla procedura di liquidazione dei conti del FEAOG sono determinate dal regolamento (CE) della Commissione 7 luglio 1995, n. 1663, che stabilisce modalità d’applicazione del regolamento n. 729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 158, pag. 6), come modificato in particolare dal regolamento (CE) della Commissione 22 ottobre 1999, n. 2245 (GU L 273, pag. 5).

6 L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95 così dispone:

«Qualora ritenga, a seguito di un’indagine, che le spese non sono effettuate nel rispetto delle norme comunitarie, la Commissione comunica allo Stato membro interessato le proprie risultanze e indica i provvedimenti da adottare per garantire, in futuro, l’osservanza delle norme stesse.

La comunicazione fa riferimento al presente regolamento. Lo Stato membro risponde entro due mesi e la Commissione può conseguentemente modificare la sua posizione. In casi giustificati la Commissione può accordare una proroga del termine per la risposta.

Alla scadenza del termine stabilito per la risposta, i servizi della Commissione convocano una discussione bilaterale ed entrambe le parti si adoperano per raggiungere un accordo sulle misure da adottare, nonché sulla valutazione della gravità dell’infrazione e del danno finanziario causato alla Comunità europea. In esito a tale discussione e dopo un’eventuale data fissata dalla Commissione, di concerto con lo Stato membro, dopo la discussione bilaterale per la comunicazione d’informazioni supplementari o, qualora lo Stato membro non accetti la convocazione nel termine fissato dalla Commissione, dopo la scadenza di tale termine, quest’ultima comunica ufficialmente le sue conclusioni allo Stato membro facendo riferimento alla decisione 94/442/CE della Commissione. Fatte salve le disposizioni del quarto comma del presente paragrafo, tale comunicazione valuta le spese di cui sarà proposta l’esclusione in virtù dell’articolo 5, paragrafo 2, [lett.] c), del regolamento (...) n. 729/70.

Lo Stato membro informa la Commissione quanto prima possibile dei provvedimenti adottati per assicurare il rispetto delle norme comunitarie e della data effettiva della loro attuazione. La Commissione adotta, se del caso, una o più decisioni in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, [lett.] c), del regolamento (...) n. 729/70 per escludere fino alla data effettiva di attuazione dei provvedimenti le spese per le quali non sono state rispettate le norme comunitarie».

7 Il 23 dicembre 1997, la Commissione ha adottato il documento VI/5330/97, intitolato «Linee-guida per il calcolo delle conseguenze finanziarie nell’ambito della preparazione della decisione sulla liquidazione dei conti della sezione Garanzia del FEAOG». Secondo l’allegato 1 del documento VI/5330/97, in caso di carenze riscontrate nel sistema di controllo o di gestione di uno Stato membro nel corso di un’indagine, il fondamento di una rettifica finanziaria consiste nell’inadempimento, da parte dello Stato membro, degli obblighi comunitari, con le conseguenze finanziarie che ne derivano per le spese comunitarie. Nell’allegato 2 del documento VI/5330/97 la Commissione indica, del pari, che, qualora il livello effettivo dei pagamenti irregolari non possa essere determinato e, conseguentemente, non sia possibile quantificare l’importo delle perdite finanziarie subite dalla Comunità, vengono applicate rettifiche finanziarie forfettarie in funzione della valutazione del rischio al quale il bilancio comunitario è stato esposto a seguito della carenza di controllo.

8 A tale riguardo, il documento VI/5330/97 così prevede:

«Qualora uno o più controlli essenziali non vengano applicati o siano applicati in modo tanto carente o sporadico da risultare affatto inefficaci ai fini della decisione sull’ammissibilità della domanda o della prevenzione delle irregolarità, si giustifica una deduzione del 10% in quanto si può ragionevolmente concludere che si configura un rischio elevato di grave danno finanziario per il Fondo.

Qualora vengano applicati tutti i controlli essenziali, ma non secondo il numero, la frequenza o l’intensità imposti dalla normativa, si giustifica una deduzione del 5% in quanto si può ragionevolmente concludere che non vengono fornite garanzie sufficienti circa la regolarità delle domande e che si configura un rischio significativo di danno per il Fondo.

Qualora uno Stato membro abbia effettuato adeguatamente i controlli essenziali, ma abbia completamente tralasciato uno o più controlli complementari, si giustifica una deduzione del 2% dati il minore rischio di danno finanziario per il Fondo e la minore gravità della violazione.

(…)

Tuttavia, in caso di totale inadempienza o di gravi carenze di uno Stato membro nell’applicazione di un sistema di controllo nonché di comprovate e diffuse irregolarità e di negligenza nella lotta alle prassi fraudolente o irregolari, si giustifica una rettifica del 25% in quanto si può ragionevolmente presumere che la possibilità di presentare impunemente domande inammissibili causerà perdite estremamente elevate per il FEAOG (...)».

Fatti

9 Con decisione 28 aprile 2006, 2006/334/CE, che esclude dal finanziamento comunitario alcune spese eseguite dagli Stati membri a titolo del FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 124, pag. 21, in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha escluso dal finanziamento comunitario, per quanto riguarda la Repubblica italiana, nei settori degli ortofrutticoli, del latte e dei prodotti lattiero-caseari, dei seminativi, dello sviluppo rurale nonché in materia di termini di pagamento, la somma di EUR 85 706 316,54 per gli esercizi di bilancio, rispettivamente, 1999-2003, 2002-2004, 2001-2003, 2001-2002 e 2003.

10 I motivi delle rettifiche finanziarie effettuate dalla Commissione sono stati riassunti nella relazione di sintesi 25 novembre 2005, AGRI‑64359-2005, relativa ai risultati dei controlli nella liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «garanzia», a norma dell’art. 5, n. 2, lett. c), del regolamento n. 729/70 e dell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 1258/1999 per quanto riguarda gli ortofrutticoli, i prodotti lattiero caseari, l’ammasso pubblico, i premi per animali, i seminativi, l’olio d’oliva e i grassi, lo sviluppo rurale, i ritardi di pagamento e altre rettifiche (in prosieguo: la «relazione di sintesi»).

11 Il ricorso riguarda vari tipi di rettifiche:

– una rettifica forfettaria del 10% riguardante gli ortofrutticoli a causa della mancata applicazione di sanzioni nell’ipotesi di inosservanza del piano d’azione da parte delle organizzazioni di produttori, pari a EUR 3 741 513,90 per gli esercizi 1999-2001;

– una rettifica specifica del 100% riguardante gli ortofrutticoli a causa di carenze dei controlli sui prodotti ritirati ai fini del compostaggio e della biodegradazione, pari a EUR 26 279 546,42 per gli esercizi 1999-2002;

– una rettifica forfettaria del 5% riguardante gli ortofrutticoli a causa della mancata applicazione del numero, della frequenza o dell’intensità dei controlli chiave nel contesto dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori, pari a EUR 7 708 059,40 per gli esercizi 2000-2003;

– una rettifica specifica dell’1,5% riguardante i prodotti lattiero‑caseari a causa del mancato rispetto della normativa comunitaria, pari a EUR 48 810,88 per gli esercizi 2002-2004;

– una rettifica forfettaria del 5% riguardante i prodotti lattiero‑caseari a causa di controlli carenti, pari a EUR 191 041,56 per gli esercizi 2002-2004;

– una rettifica forfettaria del 3% riguardante i seminativi a causa della mancata applicazione delle sanzioni, pari a EUR 7 975 231 per l’esercizio 2002;

– una rettifica forfettaria del 5% riguardante i seminativi a causa della scarsa qualità delle ispezioni in loco nella Provincia di Nuoro, pari a EUR 566 863 per gli esercizi 2001-2003;

– una rettifica forfettaria del 2% riguardante lo sviluppo rurale a causa di carenze nei sistemi di gestione, di controllo e delle sanzioni, pari a EUR 3 748 761 per gli esercizi 2001 e 2002;

– una rettifica di EUR 26 707 597,17 per inosservanza dei termini di pagamento concernente il premio per i bovini per l’esercizio 2003.

Procedimento e conclusioni delle parti

12 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 luglio 2006 la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

13 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) decideva di avviare la fase orale del procedimento e, nel contesto delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, poneva dei quesiti scritti alle parti, le quali hanno ottemperato a tale richiesta.

14 Le difese svolte dalle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza dell’8 aprile 2008.

15 Nel corso dell’udienza, nel contesto di una risposta ad un quesito orale alla Repubblica italiana, il Tribunale le ha ingiunto di produrre alcuni documenti. Del pari, è stato concesso un termine alla Commissione per depositare osservazioni sulla risposta della Repubblica italiana. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta.

16 La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

– annullare la decisione impugnata nella parte in cui esclude dal finanziamento comunitario talune spese effettuate dalla stessa relative al FEAOG;

– condannare la Commissione alle spese.

17 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la Repubblica italiana alle spese.

In diritto

18 La Repubblica italiana contesta le rettifiche finanziarie effettuate dalla Commissione nella decisione impugnata con riferimento a cinque settori o ambiti, vale a dire, in primo luogo, il settore degli ortofrutticoli, in secondo luogo, il settore dei prodotti lattiero-caseari, in terzo luogo, il settore dei seminativi, in quarto luogo, il settore dello sviluppo rurale e, in quinto luogo, all’inosservanza dei termini di pagamento concernente il premio per i bovini per l’esercizio 2003. È in quest’ordine che il Tribunale esaminerà, in successione, le censure sollevate avverso le rettifiche finanziarie controverse.

1. Sulle rettifiche nel settore degli ortofrutticoli

19 Le censure della Repubblica italiana riguardano tre rettifiche specifiche, in primo luogo, la rettifica relativa alla mancata applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di inosservanza del piano d’azione da parte delle organizzazioni di produttori, in secondo luogo, la rettifica relativa alle carenze dei controlli sui prodotti ritirati ai fini del compostaggio e della biodegradazione e, in terzo luogo, la rettifica connessa all’insufficienza dei controlli chiave nel contesto dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori.

Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di inosservanza del piano d’azione da parte delle organizzazioni di produttori


Normativa comunitaria

20 Il regolamento (CE) del Consiglio 28 ottobre 1996, n. 2200, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli (GU L 297, pag. 1), detta le regole fondamentali che disciplinano l’organizzazione comune dei mercati in detto settore.

21 L’art. 12, n. 1, del regolamento n. 2200/96 dispone in particolare che gli Stati membri decidono in merito alla concessione del riconoscimento delle organizzazioni di produttori entro tre mesi dalla presentazione della domanda corredata di tutti i pertinenti documenti giustificativi ed effettuano, a intervalli regolari, controlli per accertare il rispetto, da parte delle organizzazioni di produttori, delle condizioni del riconoscimento, comminano, in caso di mancato rispetto di tali condizioni, le sanzioni da applicare alle organizzazioni medesime e decidono, se necessario, la revoca del riconoscimento.

22 L’art. 13, n. 1, del regolamento n. 2200/96 prevede, per quanto riguarda le organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa precedentemente in vigore ma che non rispondono ai nuovi criteri, un periodo transitorio di due anni. Il n. 2, lett. c), di tale articolo estende questi due anni a cinque per le organizzazioni di produttori che hanno presentato un piano d’azione allo scopo di ottenere il riconoscimento quali organizzazioni di produttori a norma dell’art. 11, n. 2, del regolamento e che si impegnano, sotto pena di sanzioni che lo Stato membro deve determinare, a dare completa esecuzione al piano d’azione prima della scadenza del quinquennio. L’art. 13, n. 3, di tale regolamento precisa che all’organizzazione di produttori che, per qualsiasi ragione e in qualsiasi momento, cessi di soddisfare le condizioni di cui al n. 2 è revocato il riconoscimento secondo quanto previsto dall’art. 12, n. 1, lett. b), del regolamento medesimo.

Relazione di sintesi

23 Tra il 21 e il 25 febbraio 2000 i servizi della Commissione procedevano ad una verifica delle procedure di riconoscimento delle organizzazioni di produttori nonché del sistema di controllo riguardante i ritiri dei prodotti agricoli dal mercato. I controlli sono stati effettuati presso la sede dell’organismo pagatore nazionale, l’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, divenuta in seguito l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (in prosieguo: l’«AGEA») sia a Roma sia nelle Regioni Calabria ed Emilia Romagna.

24 Secondo il punto 2.1.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi, i servizi della Commissione accertavano che né le autorità nazionali né quelle regionali avevano fissato sanzioni adeguate da irrogare nel caso in cui un piano d’azione non fosse ultimato entro la fine del periodo transitorio di cinque anni, ai sensi dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96.

25 La relazione di sintesi menziona anche che la semplice revoca del riconoscimento, sanzione applicata dalle autorità italiane nei confronti di dodici organizzazioni di produttori, come risulta da un elenco fornito dalle autorità stesse alla Commissione, non costituisce una sanzione adeguata ai sensi dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96.

26 Secondo il punto 2.1.2.1 del capitolo B della relazione di sintesi, il fatto di non aver stabilito sanzioni da irrogare nel caso in cui un piano d’azione non fosse ultimato entro la fine del periodo transitorio di cinque anni presenta la stessa gravità della mancata esecuzione di un controllo chiave e giustifica una rettifica forfettaria del 10%, conformemente a quanto disposto nel documento VI/5330/97.

27 I servizi della Commissione accertavano che, delle dodici organizzazioni di produttori che hanno perso il riconoscimento, cinque avevano beneficiato di aiuti comunitari durante il periodo transitorio a titolo di voci di bilancio relative a compensazioni finanziarie per operazioni di ritiro e spese d’acquisto, a fondi di esercizio di organizzazioni di produttori e di una compensazione finanziaria per favorire la trasformazione degli agrumi, e ritenevano che la rettifica dovesse applicarsi unicamente alle spese pagate a queste cinque organizzazioni di produttori per gli esercizi dal 1999 al 2001.

Argomenti delle parti

28 La Repubblica italiana fa valere due censure nei confronti di tale rettifica, relative, da una parte, ad una violazione dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96 e, dall’altra, al difetto di motivazione della decisione impugnata.

29 Essa sostiene, in primo luogo, che la Commissione ha violato l’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96 in quanto avrebbe erroneamente ritenuto che le sanzioni predisposte dalle autorità italiane nell’ipotesi di mancato rispetto dell’impegno assunto dalle organizzazioni di produttori di dare attuazione al piano d’azione entro i termini si limitassero alla sola revoca del riconoscimento delle organizzazioni di produttori, nonostante questa dovesse anche essere ritenuta una sanzione adeguata ai sensi della detta disposizione. Al riguardo, la ricorrente si avvale della circolare 18 aprile 1997, n. 6, recante «Attuazione delle disposizioni comunitarie sulla nuova organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli – Regolamento CE n. 2200/96 del Consiglio del 28 ottobre 1996 e successivi regolamenti di applicazione della Commissione» (GURI n. 124 del 30 maggio 1997, pag. 49), a suo tempo vigente, che prevedeva una misura interdittiva, vale a dire la sospensione del riconoscimento quali organizzazioni di produttori, a titolo conservativo, in caso di mancato assolvimento degli impegni specifici da adottarsi da parte delle organizzazioni stesse a seguito dei controlli amministrativi e preliminarmente all’eventuale revoca da comminare alla fine del periodo transitorio. Tale sanzione sarebbe direttamente applicabile. La ricorrente deduce parimenti che sussistono altre sanzioni specifiche, individuanti profili di responsabilità sia penale che civile, di cui alla legge 23 dicembre 1986, n. 898 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell’olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo» (GURI n. 299 del 27 dicembre 1986), nonché altre sanzioni di natura chiaramente punitiva, quali il blocco delle erogazioni delle somme attribuite agli interessati in base alle norme comunitarie di settore, previsto dal Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228 «Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57». A tale riguardo, essa contesta la pertinenza del richiamo della Commissione agli artt. 2 e 4 del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1), in quanto le misure previste dall’art. 4, n. 4, di detto regolamento si riferirebbero alla ripetizione dell’indebito e non alle misure sanzionatorie a carattere interdittivo, la cui qualificazione e disciplina sono assolutamente diverse.

30 La Repubblica italiana sostiene, in secondo luogo, che la decisione impugnata presenta un difetto di motivazione, in quanto la Commissione non motiva in alcun modo l’asserita inadeguatezza delle sanzioni previste dall’ordinamento italiano riguardo all’art. 13, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2200/96.

31 La Commissione contesta di aver violato l’art. 13, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2200/96, in quanto non può ritenersi che il sistema sanzionatorio istituito dalla Repubblica italiana sia conforme a detta disposizione, nonché il difetto di motivazione della decisione impugnata al riguardo.

Giudizio del Tribunale

32 Quanto, anzitutto, alla censura relativa al difetto di motivazione, occorre ricordare la giurisprudenza secondo cui, nel particolare contesto dell’elaborazione delle decisioni relative alla liquidazione dei conti, la motivazione della decisione deve essere considerata sufficiente qualora lo Stato destinatario sia stato strettamente associato al procedimento di elaborazione di tale decisione e conosca i motivi per i quali la Commissione riteneva di non dover imputare al FEAOG l’importo controverso (sentenza della Corte 1° ottobre 1998, causa C‑27/94, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑5581, punto 36).

33 Nel caso di specie, occorre rilevare che risulta dal punto 2.1.3 del capitolo B della relazione di sintesi nonché dalla corposa corrispondenza svoltasi tra la Commissione e la Repubblica italiana, in particolare le lettere del 22 dicembre 2000, del 5 giugno 2002, che riprende il verbale della riunione bilaterale del 2 dicembre 2001, del 26 novembre 2003, che riprende il verbale della riunione bilaterale del 16 ottobre 2003, del 29 marzo 2004, che riprende il verbale della riunione bilaterale del 1° marzo 2004, del 14 dicembre 2004 e dell’8 luglio 2005, che, nel corso del procedimento amministrativo che ha preceduto l’adozione della decisione impugnata, le autorità italiane sono state debitamente informate quanto alla natura e alla portata delle obiezioni formulate dalla Commissione in ordine alla mancata applicazione delle sanzioni in caso di inosservanza da parte delle organizzazioni di produttori del loro piano di azione ed hanno avuto la possibilità di far valere i propri argomenti al riguardo.

34 La censura relativa al difetto di motivazione della decisione impugnata deve essere conseguentemente respinta in quanto infondata.

35 Quanto poi alla censura della Repubblica italiana relativa alla violazione dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96, occorre ricordare che, conformemente all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 729/70 e all’art. 2, n. 2, del regolamento n. 1258/1999, vengono finanziati gli interventi destinati a regolarizzare i mercati agricoli, effettuati secondo le norme comunitarie. Secondo la giurisprudenza, l’onere di provare l’esistenza di una violazione delle norme dell’organizzazione comune dei mercati agricoli spetta alla Commissione. Di conseguenza, la Commissione è obbligata a giustificare la decisione con cui rileva la mancanza o l’inadeguatezza dei controlli attuati dallo Stato membro interessato (v. sentenza della Corte 24 febbraio 2005, causa C‑300/02, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑1341, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

36 Tuttavia, la Commissione è obbligata non tanto a dimostrare esaurientemente l’insufficienza dei controlli effettuati dalle amministrazioni nazionali o l’inesattezza dei dati da loro trasmessi, quanto a corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito di tali controlli o di tali dati (v. sentenza della Corte 11 gennaio 2001, causa C‑247/98, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑1, punto 8 e la giurisprudenza ivi citata).

37 Lo Stato membro interessato, da parte sua, non può confutare le constatazioni della Commissione con semplici affermazioni non suffragate da elementi atti a dimostrare l’esistenza di un sistema di controlli affidabile ed operativo. A meno che esso non riesca a dimostrare che le constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime costituiscono elementi che possono far sorgere fondati dubbi sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di sorveglianza e di controllo (v. sentenza della Corte 28 ottobre 1999, causa C‑253/97, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑7529, punto 7 e la giurisprudenza ivi citata). Tale temperamento dell’onere della prova di cui gode la Commissione è dovuto al fatto che è lo Stato che dispone delle migliori possibilità per raccogliere e verificare i dati necessari per la liquidazione dei conti FEAOG, ed è quindi lo Stato medesimo che deve fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione (v. sentenza della Corte 22 aprile 1999, causa C‑28/94, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑1973, punto 41, e la giurisprudenza ivi richiamata).

38 È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare gli elementi di prova forniti dalla Repubblica italiana quanto al rilievo della Commissione relativo alla mancata applicazione delle sanzioni previste dall’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96.

39 In limine, occorre rilevare che, se è pur vero che l’art. 13, n. 2, lett. c), del regolamento n. 2200/96 impone chiaramente agli Stati membri di determinare sanzioni da infliggere alle organizzazioni di produttori che non rispettino il loro piano di azione prima della scadenza del periodo transitorio di cinque anni, detta disposizione non definisce cosa debba intendersi come «sanzioni».

40 Tuttavia, è innegabile che misure che possono essere qualificate come «sanzioni» devono avere l’effetto di imporre alle organizzazioni di produttori di rispettare il loro impegno di dare attuazione al loro piano di azione e che, in assenza di un siffatto effetto vincolante, tale impegno si ridurrebbe ad una mera dichiarazione di intenti che esporrebbe la Comunità al serio rischio di subire un danno finanziario.

41 Occorre peraltro rilevare che l’art. 13, n. 3, del regolamento n. 2200/96 prevede la revoca dello status di organizzazione di produttori quando l’organizzazione stessa cessi di soddisfare, per qualsiasi ragione e in qualsiasi momento, le condizioni di cui al n. 2. Se ne può ragionevolmente dedurre che, se la revoca del riconoscimento è già prevista dal regolamento n. 2200/96 nell’ipotesi di mancato rispetto, segnatamente, del piano di azione per essere riconosciuta quale organizzazione di produttori, il legislatore comunitario, nel menzionare il termine «sanzione» al n. 2, lett. c), di detta disposizione, si riferiva all’applicazione di altre sanzioni.

42 Al riguardo, risulta parimenti pertinente il riferimento della Commissione al regolamento n. 2988/95, in quanto esso detta regole generali relative alle sanzioni amministrative comunitarie al fine di garantire un’adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, che si applicano a complemento della normativa esistente. L’art. 2, n. 1, del regolamento n. 2988/95 prevede che le sanzioni amministrative siano istituite solo qualora risultino necessarie per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario e che debbano avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un’adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. Ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento medesimo, ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto mediante l’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percepiti. Il n. 4 di tale articolo precisa che le misure previste dall’art. 4 non sono considerate sanzioni. Se dal combinato disposto dell’art. 4, nn. 1 e 4, del regolamento n. 2988/95 risulta che la corresponsione degli importi indebitamente percepiti non è considerata dal legislatore comunitario come una sanzione, se ne può ragionevolmente dedurre che la mera revoca del riconoscimento che tale indebito vantaggio ha consentito di conseguire non può essere considerata una sanzione adeguata nell’ipotesi di violazione di un obbligo di diritto comunitario.

43 Di conseguenza, la revoca del riconoscimento quali organizzazioni di produttori non può essere considerata una sanzione ai sensi dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96 e occorre pertanto esaminare gli altri elementi della normativa italiana per acclarare se la Commissione abbia correttamente deciso che essa violava la disposizione di cui è causa.

44 Per quanto riguarda la sospensione del riconoscimento quali organizzazioni di produttori, a titolo conservativo, come prevista dalla circolare n. 6 del 18 aprile 1997, è giocoforza rilevare, come sostenuto dalla Commissione, che essa nulla aggiunge alla misura della revoca, atteso che produce i medesimi effetti, limitandoli tuttavia nel tempo. Inoltre, e in ogni caso, dal punto 2.1.4 del capitolo B della relazione di sintesi, che riprende il parere dell’organo di conciliazione, emerge che a nessuna delle cinque organizzazioni di produttori interessate dalla rettifica finanziaria è stato sospeso il riconoscimento durante il periodo transitorio.

45 Quanto, poi, al sistema sanzionatorio introdotto dalla legge n. 898 del 23 dicembre 1986, la Repubblica italiana afferma che tale legge introduce sanzioni specifiche, che individuano profili di responsabilità civile o penale. Rispondendo ad un quesito del Tribunale in cui le si chiedeva di chiarire sotto quali profili tali sanzioni sarebbero idonee a rispondere all’esigenza di cui all’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96, la Repubblica italiana ha fatto valere gli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, di tale legge, che prevedono, oltre un certo importo di finanziamento indebito, una pena detentiva nonché una sanzione pecuniaria amministrativa, costituita dal rimborso dell’indebito e, al di sopra di un certo importo di finanziamento, una sanzione pecuniaria amministrativa supplementare del medesimo importo. È giocoforza rilevare, tuttavia, che dette disposizioni riguardano esclusivamente il caso specifico del conseguimento di un finanziamento mediante dichiarazione di dati o di informazioni falsi e che la loro portata è pertanto limitata al contesto del rispetto dell’impegno di dare completa esecuzione al piano d’azione. In ogni caso, anche se il parere dell’organo di conciliazione, come ripreso al punto 2.1.4 del capitolo B della relazione di sintesi, attesta l’avvio di un’azione «di recupero (più del 20%)» intentata da autorità regionali nei confronti di una delle cinque organizzazioni di produttori, la Repubblica italiana non fornisce alcun elemento di prova quanto alla concreta applicazione della legge n. 898 del 23 dicembre 1986. Inoltre, come correttamente rilevato dalla Commissione, le condizioni necessarie perché sussista la responsabilità civile o penale non consentono di sanzionare tutte le situazioni di mancato rispetto degli impegni previsti dal diritto comunitario da parte delle organizzazioni di produttori.

46 Riguardo, infine, al decreto legislativo n. 228 del 18 maggio 2001, è giocoforza rilevare, da un canto, come può dedursi dai suoi estremi, che esso è entrato in vigore solo nel 2001, vale a dire nel corso del periodo oggetto della rettifica di cui è causa, e, dall’altro, che esso si limita a prevedere la sospensione del procedimento di concessione da parte degli organismi pagatori, la quale non può ritenersi una sanzione adeguata, come si è chiarito al precedente punto 44.

47 Alla luce dei suesposti rilievi, gli argomenti della Repubblica italiana non risultano tali da confutare i rilievi della Commissione quanto alla mancata applicazione delle sanzioni previste dall’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2200/96 e, pertanto, tale censura deve essere respinta in quanto infondata.

Sulla rettifica relativa alle carenze dei controlli sui prodotti ritirati ai fini del compostaggio e della biodegradazione

La normativa comunitaria

48 L’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96 elenca le possibili destinazioni dei prodotti ritirati dal mercato in base alle disposizioni dell’art. 23 di detto regolamento e prevede, inter alia, l’«utilizzazione per fini non alimentari». Il n. 2 dello stesso articolo prevede che, qualora nessuna delle destinazioni di cui al n. 1 sia possibile, i prodotti ritirati possono essere destinati al compostaggio o a processi di biodegradazione consentiti dallo Stato membro interessato.

49 Ai sensi dell’art. 17, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 16 aprile 1997, n. 659, recante modalità d’applicazione del regolamento n. 2200/96, per quanto concerne il regime degli interventi nel settore degli ortofrutticoli (GU L 100, pag. 22), gli Stati membri, almeno una volta durante la campagna, eseguono controlli materiali e documentali delle operazioni di ritiro di tutte le organizzazioni di produttori. Tali controlli devono riguardare, per ogni prodotto, almeno il 20% del quantitativo totale ritirato. Il terzo comma dello stesso paragrafo precisa che, in caso di applicazione dell’art. 30, n. 2 del regolamento (CE) n. 2200/96, gli Stati membri controllano la totalità dei quantitativi ritirati.

Relazione di sintesi

50 Secondo il punto 2.1.2.2 del capitolo B della relazione di sintesi, i servizi della Commissione rilevavano, durante una missione di controllo svoltasi tra il 21 e il 25 febbraio 2000, notevoli rischi per il FEAOG legati al controllo degli ortofrutticoli ritirati dal mercato e destinati al compostaggio o alla biodegradazione. Tali servizi accertavano, infatti, che il controllo di tali prodotti non copriva la totalità dei quantitativi ritirati, come previsto all’art. 17, n. 2, terzo comma, del regolamento n. 659/97. Tale valutazione ha comportato una rettifica finanziaria del 100% riguardante le spese relative ai quantitativi di prodotti non controllati e ritirati nel corso degli esercizi finanziari 1999-2002.

Argomenti delle parti

51 La Repubblica italiana fa valere due censure avverso tale rettifica, concernenti, in sostanza, da una parte, l’ambiguità dell’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96 e, dall’altra, una violazione del documento VI/5330/97.

52 La Repubblica italiana fa valere che la sua interpretazione dell’espressione «utilizzazione per fini non alimentari» ai sensi dell’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96, nel senso che tale espressione si applica anche alla distruzione mediante compostaggio e/o biodegradazione dei prodotti ritirati dal mercato, risulta dall’ambiguità del combinato disposto dell’art. 30, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2200/96 e dell’art. 17, n. 2, terzo comma, del regolamento n. 659/97. Essa si avvale, inoltre, del regolamento (CE) della Commissione 21 gennaio 2004, n. 103/2004, recante modalità di applicazione del regolamento n. 2200/96 per il regime degli interventi e dei ritiri dal mercato nel settore degli ortofrutticoli (GU L 16, pag. 3), la cui stesura definitiva non riprenderebbe una disposizione chiarificatrice dell’espressione «utilizzazione per fini non alimentari», che include espressamente il compostaggio, pur essendo stata prevista, tuttavia, dai documenti preparatori, come la nota del Consiglio del 16 febbraio 1996, registrata con numero di riferimento SN/1466/96, intitolata «Nota per le delegazioni», unico testo invocato dalla Commissione a sostegno delle proprie tesi.

53 La Repubblica italiana sostiene che, in considerazione dell’assenza di un’esplicita e puntuale disposizione a livello comunitario circa l’espressione «utilizzazione per fini non alimentari», essa ha agito in buona fede per conformarsi immediatamente agli orientamenti dei servizi della Commissione, una volta reso noto il loro parere, specialmente nella Regione Emilia Romagna. Il tasso della rettifica finanziaria che comporta l’esclusione di tutti i quantitativi non controllati sarebbe conseguentemente sproporzionato nonché in aperto contrasto con il documento VI/5330/97, in quanto nel caso di specie non si sarebbe verificata la mancata osservanza di norme univoche, ma, sussistendo dubbi interpretativi quanto alla normativa comunitaria, sarebbero state adottate dallo Stato membro misure efficaci.

54 La Repubblica italiana sottolinea, infine, che lo stesso organo di conciliazione ha osservato che la decisione di escludere dal finanziamento comunitario le spese relative a tutti i ritiri non sottoposti a controllo rischia di comportare una rettifica finanziaria di entità superiore al livello del rischio potenziale per il FEAOG.

55 La Commissione ritiene che non sussista una difficoltà di interpretazione e dubita della buona fede della Repubblica italiana, atteso che, nel decidere sistematicamente di considerare i ritiri a fini di distruzione come ritiri destinati a fini non alimentari anziché come ritiri destinati all’eliminazione mediante compostaggio e/o biodegradazione, le autorità italiane avrebbero effettuato controlli in misura assai ridotta, vale a dire il 20% invece del 100% dei quantitativi di prodotti ritirati dal mercato destinati al compostaggio.

56 Essa contesta di aver violato il documento VI/5330/97 sulla base del rilievo che, ai sensi del citato documento, può essere rifiutato il pagamento della totalità della spesa qualora le carenze siano tanto gravi da configurare l’assoluta non conformità alle norme comunitarie, e quindi l’irregolarità di tutti i pagamenti. Essa ritiene legittima la correzione del 100% sulle spese dichiarate e precisa che tale rettifica riguarda unicamente le spese relative ai quantitativi non controllati.

Giudizio del Tribunale

57 Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione dell’interpretazione dell’espressione «utilizzazione per fini non alimentari», di cui all’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96, si tratta di determinare se tale espressione comprende la distruzione mediante compostaggio e/o biodegradazione. Infatti, se i prodotti ritirati dal mercato sono destinati alla distruzione mediante compostaggio o biodegradazione, la loro totalità è sottoposta a controllo da parte degli Strati membri, conformemente all’art. 17, n. 2, del regolamento n. 659/97 e all’art. 30, n. 2, del regolamento n. 2200/96, mentre se i prodotti ritirati sono utilizzati a fini non alimentari, un minimo del 20% del quantitativo di prodotti ritirati deve essere controllato, conformemente all’art. 17, n. 2, del regolamento n. 659/97 e all’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96.

58 In limine, occorre ricordare che l’art. 30, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2200/96 prevede che, nell’ipotesi in cui non sia possibile utilizzare i prodotti ritirati dal mercato a fini non alimentari, i prodotti ritirati possono essere destinati al compostaggio o a processi di biodegradazione consentiti dallo Stato membro interessato.

59 Si deve necessariamente rilevare che, contrariamente a quanto deduce la Repubblica italiana, la normativa comunitaria è chiara, prevedendo espressamente che, nell’ipotesi in cui l’utilizzazione dei prodotti ritirati dal mercato a fini non alimentari sia impossibile, i prodotti possono essere destinati al compostaggio o a processi di biodegradazione e, dunque, distrutti in tal modo. Ne consegue che l’uso a fini non alimentari dei prodotti ritirati e la loro distruzione mediante compostaggio o processi di biodegradazione costituiscono nozioni che si escludono a vicenda, vale a dire o i prodotti sono utilizzati a fini non alimentari o sono distrutti mediante compostaggio o biodegradazione.

60 Tale conclusione non può essere confutata dall’argomento della Repubblica italiana attinente alla nota del Consiglio del 16 febbraio 1996, registrata con numero di riferimento SN/1466/96, concernente taluni suggerimenti di modifica del testo della proposta di regolamento n. 2200/96. Tale nota, infatti, adottata per rispondere ai quesiti di chiarimento degli Stati membri quanto al significato dell’espressione «utilizzazione per fini non alimentari», suggeriva di introdurre in detta proposta una nuova disposizione relativa all’«eliminazione mediante compostaggio o altro processo appropriato», distinta da quella che prevede l’«utilizzazione per fini non alimentari» al fine di chiarire che si trattava di due destinazioni diverse.

61 È giocoforza rilevare che, se la suddetta proposta utilizzava l’espressione «eliminazione mediante compostaggio», il testo definitivo dell’art. 30, n. 2, del regolamento n. 2200/96 utilizza l’espressione «destinati al compostaggio». Contrariamente a quanto dedotto dalla Repubblica italiana, la versione definitiva dell’art. 30, n. 2, del regolamento non differisce da detta proposta e non è nemmeno ambigua. Infatti, come sottolineato dalla Commissione, l’idea della distruzione è già contenuta nel termine «compostaggio», dato che il compostaggio è un processo naturale di distruzione o di eliminazione dei prodotti organici.

62 Occorre poi rilevare che, nella relazione definitiva del 31 maggio 2005, l’organo di conciliazione afferma di non comprendere le ragioni per cui la Repubblica italiana non ha introdotto, dal 1996, criteri di controllo per i prodotti ritirati destinati al compostaggio o alla biodegradazione, distinti da quelli applicati ai prodotti ritirati per fini non alimentari.

63 Di conseguenza, l’argomento della Repubblica italiana relativo all’ambiguità della normativa comunitaria di cui è causa deve essere respinto.

64 Peraltro, il riferimento della Repubblica italiana al regolamento n. 103/2004 deve essere respinto in quanto privo di rilevanza, poiché la rettifica applicata nel caso di specie verte sugli esercizi 1999‑2002. In ogni caso, eventuali modifiche successive della normativa non possono giustificare irregolarità compiute riguardo alla normativa vigente all’epoca dei fatti di causa.

65 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il tasso della rettifica finanziaria, da un canto, occorre ricordare la costante giurisprudenza secondo cui, quanto all’importo della rettifica finanziaria, la Commissione può spingersi sino al rifiuto di porre a carico del FEAOG tutte le spese sostenute se rileva che non sussistono sufficienti meccanismi di controllo. Del pari, se, nel contesto della sua missione di liquidazione dei conti, la Commissione, invece di negare il finanziamento della totalità delle spese, tenta di fissare norme intese a differenziare, secondo il grado di rischio che presentano per il FEAOG, diversi livelli di carenza di controllo, lo Stato membro deve dimostrare che tali criteri sono arbitrari e iniqui (v. sentenza del Tribunale 28 marzo 2007, causa T‑220/04, Spagna/Commissione, punto 102 e la giurisprudenza ivi citata).

66 D’altro canto, dall’art. 30, n. 2, del regolamento n. 2200/96 e dall’art. 17, n. 2, del regolamento n. 659/97 emerge che la verifica di tutti i quantitativi di prodotti ritirati dal mercato destinati alla distruzione mediante compostaggio costituisce un requisito di ammissibilità delle spese, la cui violazione può comportare l’inammissibilità dell’aiuto comunitario.

67 Risulta dalle suesposte considerazioni che la Repubblica italiana è venuta meno all’obbligo ad essa incombente, in forza della normativa comunitaria, di verificare tutti i quantitativi di prodotti ritirati dal mercato e destinati alla distruzione mediante compostaggio, sicché si deve ritenere che i quantitativi ritirati, non essendo stati assoggettati a controllo, non possono godere del beneficio dell’aiuto comunitario. Inoltre, da una lettera della Commissione del 14 dicembre 2004 risulta che la rettifica finanziaria applicata alle spese è stata determinata in base alle informazioni fornite dalla Repubblica italiana nelle sue lettere del 26 novembre 2003 e del 27 settembre 2004. Di conseguenza, non si può censurare la Commissione per aver violato il documento VI/5330/97 applicando, nella decisione impugnata, una rettifica del 100% sulla totalità delle spese corrispondenti, visto che tale documento prevede che, «[q]ualora la carenza sia determinata dalla mancata adozione da parte dello Stato membro di un adeguato sistema di controllo la rettifica si applica al totale della spesa per la quale era richiesto il sistema di controllo».

68 Infine, l’argomento della Repubblica italiana relativo al parere dell’organo di conciliazione secondo cui l’esclusione dal finanziamento comunitario delle spese relative a tutti i quantitativi ritirati e non controllati rischia di comportare una rettifica di entità superiore al livello del rischio potenziale per il FEAOG non può essere accolto. Infatti, la posizione assunta dall’organo di conciliazione lascia impregiudicata la decisione definitiva della Commissione e quest’ultima rimane quindi libera di adottare una decisione che si discosta dal parere adottato dall’organo di conciliazione (sentenza della Corte 19 settembre 2002, causa C‑377/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑7421, punto 66).

69 Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure relative, da una parte, all’ambiguità dell’art. 30, n. 1, del regolamento n. 2200/96 e, dall’altra, alla violazione del documento VI/5330/97 devono essere respinte.

Sulla rettifica finanziaria connessa all’insufficienza dei controlli chiave delle organizzazioni di produttori


La normativa comunitaria

70 L’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96 prevede che l’organizzazione di produttori deve effettuare presso i suoi associati controlli relativi alle informazioni che essa stessa domanda a fini statistici e riguardanti, in particolare, le superfici, i raccolti, le rese e le vendite dirette.

71 Ai sensi dell’art. 15, n. 1, del regolamento n. 2200/96, un aiuto finanziario comunitario è concesso, alle condizioni definite dallo stesso articolo, alle organizzazioni di produttori che costituiscono un fondo di esercizio. Lo stesso paragrafo precisa che tale fondo è alimentato con contributi finanziari effettivi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi o al valore degli ortofrutticoli effettivamente commercializzati sul mercato e con detto aiuto finanziario.

72 Ai sensi dell’art. 15, n. 5, del regolamento n. 2200/96, l’aiuto finanziario comunitario concesso alle organizzazioni di produttori è pari all’entità dei contributi finanziari menzionati al n. 1 ed effettivamente versati, ed è limitato al 50% delle spese realmente sostenute a norma del n. 2 di detto articolo.

73 A norma dell’art. 51 del regolamento n. 2200/96, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate dagli Stati membri nonché le modifiche apportate a tali disposizioni sono comunicate alla Commissione non oltre un mese dalla loro emanazione.

74 L’art. 3, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 28 marzo 2001, n. 609, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio riguardo ai programmi operativi, ai fondi di esercizio e all’aiuto finanziario comunitario e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 411/97 (GU L 90, pag. 4), così dispone:

«I contributi finanziari da versare nel fondo di esercizio sono apportati a norma dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (...) n. 2200/96. Le organizzazioni di produttori possono fissare i contributi:

a) in base al volume o al valore della produzione commercializzata, o ad una combinazione di questi due criteri;

b) a livelli diversi per i diversi prodotti o gruppi di aderenti, in base a criteri oggettivi stabiliti dall’organizzazione di produttori tenendo conto del diverso grado di partecipazione ad un programma operativo da parte di diversi gruppi di aderenti, alle condizioni seguenti:

i) purché resti impregiudicata la natura collettiva dei programmi operativi;

ii) che il contributo di ciascun aderente al gruppo sia calcolato sulla base di quanto definito al paragrafo 2, [lett.] a)».

75 L’art. 8, n. 2, del regolamento n. 609/2001 così dispone:

«Il progetto di programma operativo (…) può riguardare, in particolare:

(…)

c) spese generali connesse specificatamente al fondo di esercizio o al programma operativo mediante il pagamento di una somma forfettaria pari al 2% del fondo di esercizio approvato, limitatamente ad un importo massimo di 180 000 EUR;

d) spese per il personale (compresi gli oneri salariali, se a carico dell’organizzazione di produttori) connesse a misure intese:

i) a migliorare o a mantenere un elevato livello di qualità o di protezione dell’ambiente, e

ii) a migliorare la commercializzazione,

la cui attuazione comporta essenzialmente il ricorso a personale qualificato. Se in tali circostanze l’organizzazione di produttori fa ricorso a propri impiegati o membri, è necessario registrare il tempo di lavoro prestato;

(…)».

76 A norma dell’art. 8, n. 4, lett. b), del regolamento n. 609/2001, il progetto di programma operativo è ammissibile soltanto se accompagnato da un impegno scritto dell’organizzazione di produttori di rispettare le disposizioni dei regolamenti n. 2200/96 e n. 609/2001 e di non beneficiare né come organizzazione di produttori né come singolo membro, direttamente o indirettamente, di un doppio finanziamento comunitario o nazionale per le misure e/o le azioni ammissibili ad un finanziamento comunitario in forza del regolamento n. 609/2001.

77 L’allegato I al regolamento n. 609/2001 elenca le spese e le operazioni non sovvenzionabili, se non contemplate dall’art. 8, n. 2, del regolamento medesimo. Tra queste figurano le «Spese generali» e la «Promozione di singoli marchi commerciali o contenenti riferimenti geografici».

78 A norma dell’art. 16, n. 1, del regolamento n. 609/2001, «gli Stati membri possono adottare norme complementari a quelle previste dal regolamento (...) n. 2200/96 e dal presente regolamento per operazioni o spese sovvenzionabili».

79 L’art. 3 del regolamento (CE) della Commissione 3 marzo 1997, n. 412, che fissa le modalità d’applicazione del regolamento n. 2200/96, riguardo al riconoscimento delle organizzazioni di produttori (GU L 62, pag. 16), dispone che «[g]li Stati membri prendono le misure necessarie per evitare qualsiasi abuso di potere o di influenza di uno o più produttori in relazione alla gestione ed al funzionamento dell’associazione di produttori».

Relazione di sintesi

80 Tra il 27 e il 31 maggio 2002 e tra il 16 e il 20 settembre 2002 i servizi della Commissione procedevano ad una verifica del sistema dei controlli chiave in materia di aiuti comunitari ai programmi operativi delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli nelle Regioni Emilia Romagna, Campania e Calabria nonché nella Provincia autonoma di Trento.

81 I servizi della Commissione rilevavano che il sistema di controllo, pur sussistendo, presentava carenze nell’applicazione dei controlli chiave.

82 Il punto 2.3.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi indica che, in molte delle organizzazioni di produttori visitate in loco, il contributo dei soci al fondo di esercizio era diviso in due parti, da una parte, un contributo per azioni comuni in funzione del valore della produzione commercializzata o del quantitativo prodotto e, dall’altra, un contributo per azioni individuali pari al 50% del valore dell’azione alla quale partecipa il produttore. La relazione di sintesi precisa, inoltre, che le autorità italiane hanno riconosciuto che tale situazione si verificava con elevata probabilità in molte organizzazioni di produttori perché tale era l’interpretazione data nelle circolari nazionali. Del pari, essa indica che, «se la normativa comunitaria autorizza una differenziazione del contributo secondo l’appartenenza o meno del produttore ad un determinato gruppo, il contributo deve essere calcolato (in modo identico per tutti gli appartenenti al gruppo) sulla base del valore o del volume della produzione commercializzata. In nessun caso il contributo potrà essere calcolato secondo un criterio individuale quale il valore delle azioni cui partecipa il produttore».

83 Secondo il punto 2.3.1.2 del capitolo B della relazione di sintesi, il programma operativo comprendeva spese non conformi alla normativa comunitaria, in particolare per le organizzazioni di produttori Apofruit, Melinda e Sant’Orsola.

84 In primo luogo, in occasione della visita all’organizzazione di produttori Apofruit, i servizi della Commissione rilevavano che la retribuzione della sig.ra L. era stata integralmente imputata all’azione «3b - Regolarizzazione dei prezzi alla produzione e riduzione dei ritiri». La descrizione delle mansioni svolte da tale dipendente comprendeva il controllo dei dati commerciali, l’elaborazione di dati e stime commerciali, il coordinamento della programmazione dei ritiri e degli interventi volti ad assicurare il rispetto delle disposizioni in materia ambientale riguardo ai ritiri. Benché le autorità regionali ritenessero che una siffatta attività potesse essere posta a carico del programma operativo in virtù di una normativa nazionale che le autorizzava in tal senso, i servizi della Commissione ritenevano che si trattasse di spese di amministrazione e gestione, che fanno parte delle spese generali non sovvenzionabili ai sensi del combinato disposto dell’art. 8, n. 2, e dell’allegato I, punto 2, al regolamento n. 609/2001.

85 In secondo luogo, in occasione della visita all’organizzazione di produttori Melinda, i servizi della Commissione rilevavano che le autorità italiane avevano accettato spese relative alla locazione di uno spazio in alcune fiere. Una foto dello stand presa in occasione delle ispezioni mostra che si trattava di «pubblicità commerciale e non generica». Le spese corrispondenti non erano dunque sovvenzionabili, in conformità a quanto previsto al punto 14 dell’allegato I al regolamento n. 609/2001.

86 In terzo luogo, in occasione della visita all’organizzazione di produttori Sant’Orsola, i servizi della Commissione rilevavano che l’amministrazione italiana aveva considerato sovvenzionabili con aiuti comunitari spese destinate a migliorare la qualità di vita negli uffici. Orbene, secondo i servizi della Commissione, si sarebbe trattato di spese generali non sovvenzionabili.

87 Dal punto 2.3.1.3 del capitolo B della relazione di sintesi emerge che le organizzazioni di produttori visitate, nell’imputare al programma operativo prestazioni lavorative realizzate da dipendenti impiegati dall’organizzazione stessa non avevano provveduto alla registrazione del tempo di lavoro tramite scheda oraria o altro documento analogo, come prescritto dall’art. 8, n. 2, lett. d), del regolamento n. 609/2001, che riprende il punto 2 dell’allegato I del precedente regolamento (CE) della Commissione 3 marzo 1997, n. 411, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, riguardo ai programmi operativi, i fondi d’esercizio e l’aiuto finanziario comunitario (GU L 62, pag. 9). Le autorità italiane ammettevano di non esigere la compilazione di schede orarie perché troppo onerose da compilare e troppo difficili da controllare da parte dell’amministrazione. Esse affermavano anche di aver fissato alcuni massimali diretti a limitare il numero di ore di lavoro ammissibili al finanziamento. I servizi della Commissione, da un lato, ritenevano tali massimali troppo generosi e, dall’altro, ne riscontravano ripetutamente il superamento.

88 Il punto 2.3.1.4 del capitolo B della relazione di sintesi indica peraltro che, nelle Regioni Emilia Romagna, Campania e Calabria, le autorità italiane non avevano compilato alcuna tabella sinottica di controllo per verificare, in modo automatico e affidabile, il rispetto dei numerosi parametri che determinano l’importo dell’aiuto (per esempio, il raffronto riassuntivo tra il programma approvato e il programma realizzato, compresi i massimali regolamentari). In particolare, dall’esame del programma operativo dell’organizzazione di produttori Apoc è emerso che il funzionario responsabile dei controlli in Calabria ignorava l’esistenza di un secondo massimale dell’aiuto comunitario legato al contributo finanziario dei produttori, come previsto dall’art. 5, n. 5, del regolamento n. 2200/96. L’AGEA aveva erogato l’aiuto senza accorgersi dell’inottemperanza al regolamento. Secondo la Commissione, tale circostanza ha dimostrato l’inadeguatezza della formazione di alcuni controllori, la necessità di elaborare una tabella sinottica analitica, nonché l’insufficiente supervisione dell’AGEA sui servizi delegati.

89 Dal punto 2.3.1.5 del capitolo B della relazione di sintesi emerge che gli ispettori comunitari accertavano che nelle Regioni Emilia Romagna, Calabria e Campania il sistema di controllo destinato a rilevare i finanziamenti multipli («fondi di esercizio» e «altre fonti di finanziamento») non offriva garanzie sufficienti per evitare fenomeni di doppio finanziamento, comunitario o nazionale, per le misure e le azioni sovvenzionabili ai sensi l’art. 8, n. 4, lett. b), del regolamento n. 609/2001. Infatti, a parte il rilascio di un attestato da parte delle organizzazioni di produttori, in cui le stesse dichiaravano di non aver beneficiato di nessun altro aiuto finanziario per la medesima azione, detto sistema di controllo si basava sull’apposizione da parte delle organizzazioni di produttori di un timbro con la dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle fatture imputate al programma operativo, al fine di evitare un loro secondo utilizzo.

90 Secondo il punto 2.3.1.6 del capitolo B della relazione di sintesi, i servizi della Commissione rilevavano che, poiché la maggior parte delle organizzazioni di produttori erano società cooperative, disciplinate da una normativa estremamente precisa per quanto riguarda il diritto di voto, le autorità italiane non avevano ritenuto opportuno adottare misure ad hoc in materia, contrariamente a quanto prescritto dall’art. 3 del regolamento n. 412/97.

91 Infine, i servizi della Commissione contestavano alle autorità italiane di non aver effettuato accurati controlli, ai sensi dell’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96, sui membri di un’organizzazione di produttori transnazionale, dei quali più della metà risultava domiciliata in Grecia. I rappresentanti di questa organizzazione di produttori hanno riconosciuto di non aver potuto effettuare i controlli previsti da tale disposizione nei confronti dei membri in quanto troppo onerosi (punto 2.3.1.7 del capitolo B della relazione di sintesi).

92 I servizi della Commissione concludevano perciò che, dato l’insieme di carenze rilevate nel sistema dei controlli essenziali, le autorità italiane non avevano applicato tali controlli con il rigore imposto dalla normativa comunitaria e precisavano che questa conclusione valeva anche per la Provincia di Trento, nonostante la situazione in tale provincia fosse migliore. A seguito della trasmissione di informazioni da parte delle autorità italiane ed essendo stato adito l’organo di conciliazione, la Commissione applicava una rettifica forfettaria del 5% ai pagamenti eseguiti nel periodo compreso tra il 2000 e 2003, ivi compresi quelli sostenuti dalla Provincia di Trento e ammonta a un importo pari a EUR 7 708 059,40.

Argomenti delle parti

93 In primo luogo, quanto alla censura della Commissione relativa al controllo della partecipazione dei produttori al fondo di esercizio, la Repubblica italiana fa valere che le norme nazionali consentivano di trattare il finanziamento dei programmi operativi in modo differenziato, rispettando taluni criteri obiettivi, e che, dopo la visita degli ispettori comunitari, aveva iniziato, in applicazione dell’art. 3 del regolamento n. 609/01, ad assicurare la partecipazione paritetica dei soci alla costituzione del fondo di esercizio.

94 In secondo luogo, quanto alla censura relativa alle spese non sovvenzionabili imputate al programma operativo, la Repubblica italiana sostiene, da una parte, che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione e, dall’altra, contesta che talune spese siano state ritenute non sovvenzionabili nell’ambito dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori assoggettate a controlli.

95 In terzo luogo, quanto alla censura relativa all’assenza di schede orarie e al livello dei forfait salariali, la Repubblica italiana fa valere che la decisione impugnata viola l’art. 8, n. 2, lett. d), del regolamento n. 609/2001, atteso che tale disposizione prevede la semplice registrazione del tempo di lavoro effettivamente prestato dagli impiegati e non l’adozione di schede orarie, come prevedeva il regolamento anteriormente in vigore. Il costo dei dipendenti sarebbe stato posto a raffronto con i massimali previsti nelle disposizioni nazionali del Ministero.

96 In quarto luogo, riguardo alla censura relativa all’assenza di una tabella sinottica dei controlli che consentono di verificare il rispetto dei numerosi parametri che determinano l’importo dell’aiuto e all’applicazione del doppio massimale all’aiuto comunitario, la Repubblica italiana deduce un difetto di motivazione della decisione impugnata, nonché una sua contraddittorietà in quanto non può dedursi dall’esistenza di una tale tabella sinottica nella Provincia di Trento l’affermazione generale secondo cui non sussisteva alcun documento sui controlli effettuati. Più specificamente, per quanto riguarda l’organizzazione di produttori Apoc, la Repubblica italiana riconosce di aver rilevato un errore contabile quanto alla ripartizione tra i fondi e le spese di gestione.

97 In quinto luogo, per quanto riguarda la censura della Commissione relativa ai controlli destinati a rilevare i finanziamenti multipli («fondi operativi» e «altri fondi di finanziamento»), la Repubblica italiana ritiene che l’apposizione del timbro con la dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle fatture sia sufficiente per evitare il doppio finanziamento. Essa si avvale anche delle misure correttive adottate in esito al controllo eseguito dai servizi della Commissione.

98 In sesto luogo, riguardo alla censura relativa alla limitazione del diritto di voto e all’abuso di potere, la Repubblica italiana deduce la violazione dell’art. 3 del regolamento n. 412/97 nonché un difetto di motivazione in merito all’asserita inadeguatezza della normativa nazionale al fine di prevenire fenomeni di abuso di potere o influenza di uno o più produttori in relazione alla gestione delle organizzazioni di produttori.

99 In settimo luogo, quanto alla censura relativa al controllo di un’organizzazione di produttori transnazionale, la Repubblica italiana sostiene che la decisione impugnata viola l’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4), del regolamento n. 2200/96, ai sensi del quale l’organizzazione di produttori deve svolgere controlli presso i suoi membri riguardo alle informazioni che essa richiede a fini statistici e riguardanti, in particolare, le superfici, i raccolti, le rese e le vendite dirette.

100 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

Giudizio del Tribunale

101 In primo luogo, quanto alla censura relativa al controllo della partecipazione dei produttori al fondo di esercizio, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui il trattamento del finanziamento dei programmi operativi era effettuato tenendo conto del valore della partecipazione dei soci al programma operativo senza ledere la sua natura collettiva deve essere respinto. Infatti, l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 609/2001, anche se consente una differenziazione del contributo al fondo operativo secondo l’appartenenza o meno del produttore ad un determinato gruppo, dispone chiaramente che il calcolo del contributo deve svolgersi su una base identica, vale a dire in base al volume o al valore della produzione commercializzata.

102 L’argomento della Repubblica italiana relativo all’applicazione delle norme nazionali che consentivano tale contributo differenziato deve essere respinto, in quanto uno Stato membro non può invocare norme, prassi o situazioni dell’ordinamento nazionale per giustificare l’inosservanza degli obblighi stabiliti dal diritto comunitario (sentenza della Corte 14 novembre 1989, causa 14/88, Italia/Commissione, Racc. pag. 3677, punto 26).

103 Inoltre, la Repubblica italiana si avvale delle misure correttive adottate in esito alla missione di controllo degli ispettori comunitari. Siffatto argomento non può essere accolto in quanto, oltre al fatto che tale atteggiamento è rivelatore del riconoscimento, da parte della Repubblica italiana, della mancata conformità del sistema nazionale alla normativa comunitaria, il documento VI/5330/97 prevede chiaramente che « [i]l fatto che la notifica allo Stato membro delle carenze accertate venga seguita immediatamente da misure correttive non può influire sulla percentuale di rettifica».

104 In secondo luogo, quanto alla censura relativa alle spese non sovvenzionabili imputate al programma operativo, la Repubblica italiana deduce, anzitutto, il difetto di motivazione della decisione impugnata. A tale riguardo, occorre ricordare la sentenza Paesi Bassi/Commissione, citata supra, al punto 32, secondo cui una decisione adottata in materia di FEAOG è sufficientemente motivata qualora lo Stato membro sia stato strettamente associato al procedimento amministrativo e conosca i motivi per i quali è stata adottata la decisione. È giocoforza rilevare che tra le parti si è svolto un corposo scambio di corrispondenza e che la Repubblica italiana è stata strettamente coinvolta nel procedimento, per cui conosceva le ragioni per le quali le spese contestate sono state escluse dal finanziamento comunitario, come risulta dalla lettera della Commissione del 5 settembre 2002, inviata conformemente all’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95, dal verbale delle riunioni bilaterali del 5 e del 16 giugno 2003 e dalla lettera del 23 febbraio 2005. Tale censura deve essere pertanto respinta in quanto infondata.

105 La Repubblica italiana deduce poi che la Commissione ha violato l’art. 8, n. 2, e l’allegato I del regolamento n. 609/2001 in quanto avrebbe considerato talune spese come costi generali e, di conseguenza, non sovvenzionabili nell’ambito dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori assoggettate a controlli e sostiene che tali spese sono conformi alla regolamentazione nazionale, che applicherebbe la normativa comunitaria.

106 A tale riguardo, occorre rilevare che la circostanza che la Repubblica italiana abbia informato la Commissione, conformemente all’art. 51 del regolamento n. 2200/96 e all’art. 16, n. 1, del regolamento n. 609/2001, dell’adozione di disposizioni regolamentari che consentono alle organizzazioni di produttori di imputare talune spese al programma operativo in violazione della normativa comunitaria non può costituire una valida giustificazione per ottenere contra ius l’ammissibilità delle spese al FEAOG. Di conseguenza, il riferimento della Repubblica italiana a tali due disposizioni deve essere respinta.

107 Quanto alle spese relative alla retribuzione della sig.ra L., dipendente nell’organizzazione di produttori Apofruit, qualificata nella relazione di sintesi come spesa di amministrazione e di gestione, da inserire tra le spese generali non sovvenzionabili ai sensi del combinato disposto dell’art. 8, n. 2, e dell’allegato I, punto 2, del regolamento n. 609/2001, è giocoforza rilevare che la Repubblica italiana, anche se ad essa incombe l’onere della prova ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 37, non ha apportato elementi dettagliati o circostanziati che portino ad una diversa qualificazione delle spese suddette, dimostrando che tali spese possono essere contabilizzate come spese ammissibili ai sensi dell’art. 8, n. 2, dello stesso regolamento. Essa si limita, infatti, ad affermare che l’attività svolta dalla sig.ra L. era qualificata e non ordinaria, poiché il suo incarico prevedeva l’elaborazione di nuove strategie utili ad una diversa collocazione dei prodotti ortofrutticoli sul mercato e costituiva una risorsa ammissibile in forza delle disposizioni nazionali.

108 Quanto alle spese relative alla locazione di uno stand in una fiera dell’organizzazione di produttori Melinda, qualificata nella relazione di sintesi come «pubblicità commerciale e non generica», sicché le relative spese sono state considerate non sovvenzionabili, conformemente al punto 14 dell’allegato I al regolamento n. 609/2001, occorre anzitutto ricordare che, secondo l’allegato I del suddetto regolamento, la promozione dei marchi commerciali costituisce una spesa non sovvenzionabile, contrariamente alla promozione generica di un prodotto. Occorre poi rilevare che la fotografia dello stand in base alla quale la Commissione ha fondato i propri rilievi indica chiaramente il nome dell’organizzazione di produttori, per cui si tratta di una pubblicità commerciale, non sovvenzionabile, e non della promozione di un prodotto generico, sovvenzionabile. Inoltre, dagli atti di causa nonché dal punto 2.3.2 del capitolo B della relazione di sintesi, che riprende gli argomenti della Repubblica italiana nel corso del procedimento amministrativo, risulta che essa, benché ritenga che la partecipazione dell’organizzazione di produttori Melinda non possa essere ritenuta esclusivamente destinata alla promozione commerciale del marchio, riconosce tuttavia che la pubblicità dello stand sulla fotografia in oggetto ha un carattere commerciale.

109 Inoltre, il riferimento della Repubblica italiana al regolamento (CE) della Commissione 11 agosto 2003, n. 1433, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio riguardo ai fondi di esercizio, ai programmi operativi e all’aiuto finanziario (GU L 203, pag. 25), ai sensi del quale, secondo la Repubblica italiana, la promozione commerciale del prodotto è legittima, non è rilevante, dal momento che tale regolamento non si applica ai programmi operativi assoggettati al controllo di cui è causa nella presente controversia. Pertanto gli argomenti della Repubblica italiana secondo cui le spese relative alla locazione di uno stand in una fiera costituirebbero spese sovvenzionabili devono essere respinti.

110 Per quanto riguarda, infine, l’organizzazione di produttori Sant’Orsola, segnatamente le spese destinate a migliorare la qualità di vita negli uffici, considerate non sovvenzionabili dalla Commissione in quanto, trattandosi di spese relative alla posa di una finestra per il tetto del tipo Velux o all’istallazione dell’aria condizionata, non sarebbero riconducibili a interventi sulla struttura degli edifici, è giocoforza rilevare che la Repubblica italiana, pur incombendole l’onere della prova ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto 37, si limita ad affermare che si trattava di spese relative alla struttura degli edifici senza apportare il minimo elemento di prova a sostegno di tale affermazione per confutare quanto sostenuto dalla Commissione al riguardo. Orbene, come correttamente rilevato dalla Commissione, il fatto di effettuare un intervento relativo alla posa di una finestra per il tetto del tipo Velux o all’istallazione dell’aria condizionata non implica la realizzazione di miglioramenti della struttura commerciale nel suo insieme. La Commissione, pertanto, poteva ragionevolmente concludere nel senso dell’inammissibilità delle spese in esame.

111 Inoltre, secondo la Repubblica italiana, anche ammettendo che si debba accogliere la tesi della Commissione e ritenere tale tipo di spese generali e inammissibili, quest’ultima avrebbe violato l’art. 8, n. 2, lett. c), del regolamento n. 609/2001 in quanto tale disposizione consentiva di finanziare, entro il limite del 2%, le spese generali connesse specifìcatamente al fondo di esercizio o al programma operativo. Tale argomento, tuttavia, non può essere accolto in quanto le spese relative alla posa di una finestra per il tetto del tipo Velux o l’istallazione dell’aria condizionata ritenute inammissibili non possono essere considerate spese specificamente riferibili al fondo di esercizio o al programma operativo.

112 In terzo luogo, quanto alla censura relativa all’assenza di schede orarie ed al livello dei forfait salariali, occorre ricordare, in limine, che l’art. 8, n. 2, lett. d), del regolamento n. 609/2001 prevede che, se l’organizzazione di produttori fa ricorso a propri impiegati, è necessario registrare il tempo di lavoro prestato e che il regolamento n. 411/97, precedentemente in vigore, prevedeva per l’impiego di dipendenti nell’organizzazione di produttori la redazione di schede orarie.

113 A tale riguardo, dal verbale della riunione bilaterale del 5 e del 16 giugno 2003 nonché dalla relazione di sintesi emerge che i servizi della Commissione hanno rilevato che la valutazione dell’attività professionale dei dipendenti era svolta in modo approssimativo e che il sistema non dava alcuna garanzia circa l’esatta quantificazione degli oneri salariali da imputare al programma operativo. In detto verbale risulta, infatti, che il responsabile gerarchico delle organizzazioni di produttori si limitava a rilasciare un attestato in cui certificava che un certo impiegato aveva lavorato un determinato numero di giorni nel 2001 per il programma operativo e che la quota degli oneri salariali era calcolata in base a tale attestato.

114 Ne consegue che l’argomento della Repubblica italiana secondo cui essa riteneva più opportuna una valutazione globale dell’attività professionale degli impiegati poiché la compilazione di schede orarie, del resto nemmeno imposta dal regolamento n. 609/2001, era troppo difficile da realizzare, non può essere accolto. Infatti, se è pur vero che la normativa comunitaria vigente all’epoca dei fatti di causa non imponeva più la compilazione di schede orarie, essa imponeva ancora chiaramente la registrazione del tempo di lavoro prestato dai dipendenti, sicché una valutazione globale e approssimativa del tempo di lavoro non può essere considerata conforme a tale esigenza.

115 Peraltro, per quanto riguarda il livello dei forfait salariali, la Repubblica italiana si limita ad affermare che il costo per dipendente sarebbe stato confrontato con i massimali previsti nelle disposizioni nazionali del Ministero e non deduce alcun argomento probante tale da confutare i rilievi della Commissione secondo cui il sistema italiano sarebbe stato carente sotto tale profilo in quanto i massimali sono stai considerati abbastanza generosi e spesso superati.

116 In quarto luogo, riguardo alla censura relativa all’assenza di tabelle sinottiche dei controlli e all’applicazione del doppio massimale all’aiuto comunitario, la Repubblica italiana deduce, anzitutto, un difetto di motivazione. Tale censura deve essere respinta in quanto infondata, poiché, come affermato al precedente punto 104, la Repubblica italiana è stata strettamente coinvolta nel procedimento amministrativo e si è svolto un corposo scambio di corrispondenza tra le parti, come comprovano, segnatamente, la lettera della Commissione del 5 settembre 2002, inviata ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95, la lettera del 28 gennaio 2003, il verbale delle riunioni bilaterali del 5 e del 16 giugno 2003 e la lettera del 23 febbraio 2005.

117 La Repubblica italiana deduce quindi la contraddittorietà della decisione impugnata in quanto dall’esistenza di una tabella sinottica di controllo nella Provincia di Trento non può dedursi l’affermazione generale secondo cui non sarebbe esistito alcun documento che consentisse di verificare i controlli effettuati. A tale riguardo, dal punto 2.3.1.4 del capitolo B della relazione di sintesi risulta che, eccetto per la Provincia di Trento, le autorità italiane non avevano compilato una tabella sinottica di controllo per verificare, in modo automatico e affidabile, il rispetto dei numerosi parametri che determinano l’importo dell’aiuto, come il raffronto riassuntivo tra il programma approvato e il programma realizzato, il nesso tra il programma operativo e il fondo di esercizio, nonché la composizione del fondo di esercizio.

118 È giocoforza rilevare che, contrariamente a quanto dedotto dalla Repubblica italiana, i servizi della Commissione non hanno dedotto dall’esistenza di una tabella sinottica nella Provincia di Trento l’affermazione generale secondo cui non sussisteva alcuna documentazione dettagliata, ma hanno rilevato l’assenza di una tabella sinottica che consentisse di verificare, in modo automatico e affidabile, il rispetto dei suddetti parametri. In ogni caso, la Repubblica italiana si limita ad affermare che la documentazione dettagliata esisteva, senza apportare il minimo elemento probatorio, come richiesto dalla giurisprudenza citata al precedente punto 37, tale da confutare i rilievi della Commissione al riguardo. Tale argomento deve quindi essere respinto.

119 Del pari, l’argomento della Repubblica italiana secondo cui la decisione impugnata sarebbe contraddittoria in quanto, da una parte, la Commissione rileva che solo la Provincia di Trento ha elaborato una tabella sinottica e, dall’altra, denuncia carenze nella provincia medesima, senza precisare quali, deve essere respinto in quanto infondato. Occorre rilevare, infatti, che l’accertamento dell’esistenza di un sistema operativo e affidabile per controllare talune spese non implica necessariamente che tale sistema funzioni con la medesima affidabilità quanto al controllo di altre spese. Inoltre, dal punto 2.3.5 del capitolo B della relazione di sintesi risulta che, se è pur vero che la situazione si presentava migliore nella Provincia di Trento rispetto alle altre regioni visitate dai servizi della Commissione, anche in questa regione sono state riscontrate carenze (registrazione dei tempi di lavoro non conforme al diritto comunitario, constatazione di spese non ammissibili, carenze nei controlli volti ad evitare il doppio finanziamento e mancata adozione di misure intese a evitare qualsiasi abuso di potere).

120 Infine, per quanto riguarda, più specificamente, la censura relativa all’organizzazione di produttori Apoc, è sufficiente rilevare che la Repubblica italiana afferma di aver effettuato, dopo la missione di controllo dei servizi della Commissione, un riesame della relazione annuale del programma operativo del 2001 presso detta organizzazione di produttori e di aver rilevato l’errore contabile scoperto dai servizi della Commissione. Anche tale argomento deve pertanto essere respinto.

121 In quinto luogo, per quanto riguarda la censura della Commissione relativa ai controlli destinati a rilevare i finanziamenti multipli («fondi operativi» e «altri fondi di finanziamento»), la Repubblica italiana deduce la violazione dell’art. 8, n. 4, lett. b), del regolamento n. 609/2001, che impone un impegno scritto dell’organizzazione di produttori di non beneficiare di un doppio finanziamento perché il progetto di programma operativo sia ammissibile.

122 A tal riguardo, dal punto 2.3.1.5 del capitolo B della relazione di sintesi risulta che il sistema per evitare il duplice finanziamento in Italia, fondato in particolare sull’apposizione del timbro con la dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle fatture, non offriva garanzie assolute, dato che una fattura può essere rilasciata in duplice esemplare, il secondo dei quali può essere successivamente annullato (nota di credito), oppure il timbro può essere apposto dopo aver fatto le fotocopie e non prima. È stato inoltre accertato, a più riprese, che il timbro non era stato apposto e che i controllori «Programma operativo» non sapevano se un timbro dello stesso tipo fosse richiesto dai controllori «Sviluppo rurale».

123 Occorre anche ricordare che, ai sensi del documento VI/5330/97, devono essere prese in considerazione rettifiche forfettarie qualora la Commissione ritenga che non sia stata attuata in modo adeguato una misura di controllo implicitamente richiesta per rispettare una norma esplicita.

124 È giocoforza rilevare, nella specie, che l’apposizione del timbro con la dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle fatture non può essere ritenuta conforme all’esigenza di un impegno scritto previsto dall’art. 8, n. 4, lett. b), del regolamento n. 609/2001.

125 La Repubblica italiana, peraltro, non deduce alcun argomento tale da mettere in discussione le conclusioni della Commissione relative alle carenze rilevate nell’esecuzione dei controlli chiave destinati ad evitare il duplice pagamento. Al contrario, essa si limita a dedurre che l’apposizione del timbro con la dicitura «Finanziato dalla UE - Regolamento (CE) n. 2200/96» sull’originale delle fatture è sufficiente e che, a seguito della missione di controllo dei servizi della Commissione, le regioni competenti hanno iniziato a creare una banca dati comune relativa alle diverse azioni finanziate e a riorganizzare gli uffici per potenziare gli scambi di informazioni.

126 Orbene, l’argomento relativo all’adozione di misure correttive dopo la missione di controllo dei servizi della Commissione deve essere respinto in quanto, oltre al fatto che l’atteggiamento della Repubblica italiana è indicativo del riconoscimento da parte sua della mancata conformità del sistema nazionale alla normativa comunitaria, l’adozione di misure correttive immediatamente dopo la missione di controllo dei servizi della Commissione non può influire sulla percentuale di rettifica applicata, come ricordato al precedente punto 103. La Repubblica italiana, peraltro, indica di trovarsi solo nella fase di programmazione dell’adozione di tali misure.

127 Anche tale censura, di conseguenza, deve essere respinta.

128 In sesto luogo, quanto alla censura relativa alla limitazione del diritto di voto e all’abuso di potere, la Repubblica italiana fa valere, anzitutto, che la decisione impugnata è priva di motivazione al riguardo. Tale censura deve essere respinta in considerazione dei medesimi rilievi esposti al precedente punto 104.

129 Quanto poi alla censura relativa alla violazione dell’art. 3 del regolamento n. 412/97, occorre ricordare che, a termini di tale disposizione, gli Stati membri prendono le misure necessarie per evitare qualsiasi abuso di potere o di influenza di uno o più produttori in relazione alla gestione e al funzionamento dell’associazione di produttori.

130 Orbene, dal punto 2.3.1.6 del capitolo B della relazione di sintesi nonché dal ricorso risulta che la Repubblica italiana non ha ritenuto utile adottare misure specifiche a tal riguardo, dato che la maggior parte delle organizzazioni di produttori italiane erano società cooperative la cui normativa disciplina con precisione la procedura sul diritto di voto. La relazione di sintesi indica inoltre che, a suo tempo, i servizi della Commissione avevano inviato alle autorità italiane dei solleciti.

131 Inoltre, la Repubblica italiana non contesta gli elementi dedotti dalla Commissione riguardo all’organizzazione di produttori Poma, come richiamati da detta istituzione nel controricorso, segnatamente il fatto che tale organizzazione comprendeva 117 produttori, 32 a titolo individuale e 85 tramite due cooperative, e che i servizi della Commissione hanno rilevato che vi erano solo 34 diritti di voto, il che, pur essendo conforme alla normativa nazionale sulle cooperative, non era conforme all’esigenza di piena rappresentatività prevista dal regolamento n. 412/97. Infatti, tre quarti dei membri non potevano esprimersi in occasione delle delibere, atteso che detenevano solo due voti su 34. Come correttamente rilevato dalla Commissione, tali elementi sono rivelatori della necessità di adottare disposizioni specifiche per le organizzazioni di produttori, in particolare quando la composizione delle stesse sia eterogenea, vale a dire composta da produttori individuali e da cooperative.

132 Ne consegue che la Repubblica italiana, sebbene le incombesse l’onere della prova conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 37, non ha apportato alcun elemento tale da confutare i rilievi della Commissione quanto al mancato rispetto dell’art. 3 del regolamento n. 412/97.

133 Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento della Repubblica italiana secondo cui il numero di organizzazioni di produttori assoggettati ai controlli dei servizi della Commissione non costituirebbe un campione significativo rispetto alla totalità delle organizzazioni di produttori conformemente al regolamento n. 1433/2003 dato che quest’ultimo non è applicabile nel caso di specie, come si è già accertato precedentemente.

134 Del pari, deve essere respinto l’argomento della Repubblica italiana secondo cui essa avrebbe posto rimedio alle contestazioni mosse nei suoi confronti nella decisione impugnata mediante varie modifiche apportate alla normativa vigente. È sufficiente rilevare che, a parte il fatto che tale affermazione non è supportata da alcun argomento idoneo a precisare quali sarebbero tali modifiche né sotto quale profilo esse avrebbero posto rimedio alle carenze rilevate dai servizi della Commissione, una modifica successiva della normativa nazionale non può impedire l’applicazione di una rettifica, come ricordato al precedente punto 103.

135 Infine, si deve ancora respingere l’argomento relativo all’assenza di reazione della Commissione a seguito della notifica, da parte della Repubblica italiana, del sistema nazionale, atteso che l’assenza di reazione della Commissione non può considerarsi quale approvazione di una misura nazionale in contrasto con il diritto comunitario.

136 Ne consegue che gli argomenti della Repubblica italiana relativi alla limitazione del diritto di voto e all’abuso di potere devono essere respinti.

137 In settimo luogo, quanto alla censura relativa al controllo di un’organizzazione di produttori transnazionale, occorre ricordare che, secondo il punto 2.3.1.7 del capitolo B della relazione di sintesi, i servizi della Commissione hanno rilevato lacune nei controlli che l’organizzazione di produttori transnazionale doveva effettuare sui propri aderenti (informazioni sulle superfici coltivate e sulla produzione, etc.), conformemente all’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96. In tale sede è parimenti indicato che i rappresentanti dell’organizzazione di produttori, pur essendo convinti del corretto svolgimento delle operazioni, avevano ammesso di non poter accertare detti controlli, soprattutto per motivi di costo.

138 La Repubblica italiana deduce, a tal riguardo, la violazione dell’art. 11, n. 1, lett. c), punto 4, del regolamento n. 2200/96 e si limita ad affermare che l’organizzazione transnazionale di cui è causa non è la Aspor, come erroneamente identificata dai servizi della Commissione, bensì l’associazione di organizzazioni di produttori Socrates, il cui riconoscimento sarebbe stato peraltro revocato con decreto nel 2004 a seguito delle osservazioni della Commissione.

139 È giocoforza rilevare che tale censura della Repubblica italiana appare priva di sostegno, considerato che essa non deduce alcun elemento che consenta di comprendere in cosa consisterebbe la violazione di detta disposizione da parte della Commissione. Ciò premesso, la censura deve essere dichiarata irricevibile, poiché, ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, di detto Statuto, e ai sensi dell’ art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere in particolare un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura (sentenza del Tribunale 12 gennaio 1995, causa T‑102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II‑17, punto 68).

140 In ogni caso, gli argomenti della Repubblica italiana non sono tali da confutare i rilievi della Commissione relativi all’insufficienza dei controlli di un’organizzazione di produttori transnazionale. Al contrario, essi sono rivelatori delle difficoltà delle autorità italiane nella gestione di una siffatta organizzazione, essendo stato revocato il riconoscimento dell’organizzazione transnazionale di cui è causa in esito alle osservazioni dei servizi della Commissione. Tale censura deve pertanto essere respinta.

141 Alla luce delle suesposte considerazioni, risulta che le carenze rilevate riguardano controlli chiave nel contesto dei programmi operativi delle organizzazioni di produttori che, nel caso di specie, sono stati effettuati, ma non secondo il numero, la frequenza o l’intensità imposti dalla normativa comunitaria. Di conseguenza, la rettifica del 5% sulle spese relative a detti programmi operativi è giustificata, conformemente al documento VI/5330/97, e le censure della Repubblica italiana devono essere respinte.

2. Sulle rettifiche nei settori del latte e dei prodotti lattiero-caseari

142 In limine, occorre rilevare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha applicato tre rettifiche finanziarie nel settore dei prodotti lattiero-caseari. La Repubblica italiana ne contesta solo due, vale a dire, la rettifica specifica dell’1,5%, relativa al mancato rispetto della normativa comunitaria in materia, e la rettifica del 5%, applicata a causa dell’insufficienza dei controlli.

La normativa comunitaria

143 Il regolamento (CE) della Commissione 15 dicembre 1997, n. 2571, relativo alla vendita a prezzo ridotto di burro e alla concessione di un aiuto per la crema, il burro e il burro concentrato destinati alla fabbricazione di prodotti della pasticceria, di gelati e di altri prodotti alimentari (GU L 350, pag. 3), ha istituito un sistema di gestione e controllo del regime di aiuto nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari.

144 L’art. 16, n. 3, lett. d), del regolamento n. 2571/97 dispone che «per quanto riguarda la concessione dell’aiuto, nell’offerta va indicato l’importo proposto dell’aiuto per 100 kg di crema, di burro o di burro concentrato, esclusi eventualmente i rivelatori, espresso in ecu».

145 A norma dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 2571/97:

«In occasione della fabbricazione del burro concentrato (…), l’organismo competente predispone controlli sul posto in funzione del programma di fabbricazione dello stabilimento di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera d), in modo che ogni offerta, quale è indicata nell’articolo 16, sia sottoposta ad almeno un controllo. Tuttavia, ai fini del controllo della qualità, gli Stati membri possono, previo accordo della Commissione, istituire un sistema di autocontrollo per taluni stabilimenti riconosciuti.

I controlli comportano il prelievo di campioni e vertono in particolare sulle condizioni di fabbricazione nonché sul quantitativo e sulla composizione del prodotto ottenuto, in funzione del burro o della crema utilizzati».

Relazione di sintesi

146 Fra il 25 e il 29 novembre 2002 i servizi della Commissione effettuavano una missione di controllo in Italia volta ad esaminare l’applicazione del sistema di gestione e di controllo del regime di aiuto previsto dal regolamento n. 2571/97.

147 Secondo il punto 3.2.1 del capitolo B della relazione di sintesi, i servizi della Commissione hanno rilevato che le autorità italiane avevano erogato aiuti per i rivelatori aggiunti nel caso di offerte relative a burro, burro concentrato e crema con aggiunta di rivelatori, contrariamente all’art. 16, n. 3, lett. d), del regolamento n. 2571/97. Secondo il punto 3.2.3 del capitolo B della relazione di sintesi, tale rilievo ha comportato una rettifica dell’1,5% degli aiuti erogati nel periodo compreso tra il 20 febbraio 2002 e il 30 aprile 2004. La rettifica tiene debitamente in conto la tracciatura dell’acido enantico, rivelatore chimico aggiunto nella quantità minima di 11 kg/t (vale a dire, l’1,1%), cui si aggiunge abitualmente un certo margine di sicurezza dell’ordine dell’1,5% - 1,8% e costituisce una rettifica specifica anche se è calcolata sulla media dei rivelatori aggiunti.

148 Nel corso della medesima missione di controllo, i servizi della Commissione hanno accertato che i controlli fisici sui quantitativi di burro concentrato prodotti a norma dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 2571/97 presentavano consistenti lacune. Il punto 3.2.3 del capitolo B della relazione di sintesi indica che, anche se venivano effettuati controlli superficiali dei quantitativi, visto che i prodotti erano oggetto di controlli a campione che consentono solamente di accertarne l’esistenza, la verifica dei quantitativi si effettuava unicamente sulla base di documenti o esclusivamente con un controllo a vista della presenza dei prodotti in questione. A tale accertamento conseguiva una rettifica forfettaria del 5%.

Sulla prima rettifica, relativa al mancato rispetto della normativa comunitaria

Argomenti delle parti

149 La Repubblica italiana fa valere che la rettifica avrebbe dovuto vertere su un quantitativo di rivelatore nel quantitativo di burro che gode dell’aiuto inferiore a quello indicato nella relazione di sintesi. Essa deduce che, se viene aggiunto un solo rivelatore, esso rappresenta l’1,1 % della massa di burro da trasformare, mentre se viene aggiunto un secondo agente denaturante, la proporzione massima è dell’1,13 %, sicché la rettifica avrebbe dovuto avere un tetto massimo dell’1,13 %. Inoltre, il procedimento nazionale sarebbe stato già modificato e reso conforme agli orientamenti comunitari. Essa chiede, conseguentemente, una riduzione proporzionata della rettifica finanziaria.

150 La Commissione ritiene che la rettifica dell’1,5% si giustifichi dal momento che i suoi servizi hanno rilevato, sulla base della documentazione fornita dalle autorità italiane, che il rivelatore di cui è causa, l’acido enantico, compreso nel calcolo del quantitativo di burro che usufruiva dell’aiuto, in violazione dell’art. 16, n. 3, lett. d), del regolamento n. 2571/97, aveva un peso di 18 kg/t, vale a dire l’1,8%. Essa deduce che avrebbe potuto applicare una rettifica forfettaria del 2%, in linea con il documento VI/5330/97.

Giudizio del Tribunale

151 La Repubblica italiana fa valere, in sostanza, che il calcolo della rettifica finanziaria si fonda su un’erronea quantificazione degli agenti denaturanti in proporzione dell’1,5% per quantitativo di burro trasformato. Orbene, abitualmente, se viene incorporato un solo rivelatore, esso rappresenterebbe solo l’1,1% della massa di burro da trasformare e quando si aggiunge un secondo agente denaturante, la sua proporzione massima sarebbe dell’1,13%. Tuttavia, è giocoforza rilevare che la Repubblica italiana non apporta il minimo elemento di prova a sostegno di tale affermazione e che, ciò premesso, essa non è tale da mettere in discussione i rilievi della Commissione secondo cui, in base alle informazioni fornite dalle autorità italiane, l’unico rivelatore chimico incorporato, l’acido enantico, aveva un peso massimo di 11 kg/t, vale a dire l’1,1%, ma presentava spesso livelli superiori, dell’ordine di 18 kg/t, pari all’1,8%. La rettifica specifica dell’1,5% applicata dalla Commissione in base alle informazioni trasmesse, che costituivano, a suo avviso, un campione significativo – il che d’altronde non è contestato dalla Repubblica italiana – è pertanto giustificata.

152 Peraltro, come emerge dalla giurisprudenza ricordata al precedente punto 65, la Commissione può spingersi sino al rifiuto di porre a carico del FEAOG tutte le spese sostenute se rileva che non sussistono sufficienti meccanismi di controllo. Ne consegue che, in ogni caso, in considerazione dell’assenza di controlli secondari effettuati dalle autorità nazionali riguardo al rivelatore aggiunto, la Commissione avrebbe potuto, conformemente al documento VI/5330/97, applicare una rettifica forfettaria corrispondente a tale genere di carenza, pari al 2%.

153 Infine, quanto alla tesi della Repubblica italiana relativa alla modifica ed alla procurata conformità del procedimento nazionale agli orientamenti comunitari, essa non può essere accolta, come già acclarato al precedente punto 103.

154 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, tale censura deve essere respinta.

Sulla seconda rettifica, relativa all’insufficienza dei controlli in loco

Argomenti delle parti

155 La Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che i servizi della Commissione hanno alterato i fatti a seguito di una erronea valutazione dei controlli effettuati e violato l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 2571/97, in quanto avrebbero espressamente riconosciuto che «un controllo fisico, per quanto incompleto, [era] stato realizzato». Essa ritiene, di conseguenza, che la rettifica del 5% applicata non sia coerente.

156 La Commissione sostiene che la censura è infondata e che la rettifica del 5% applicata a causa del carattere lacunoso dei controlli in loco del burro concentrato prodotto è del tutto giustificata alla luce del documento VI/5330/97.

Giudizio del Tribunale

157 Occorre ricordare, anzitutto, che, a termini dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 2571/97, in occasione della fabbricazione del burro concentrato l’organismo competente predispone controlli sul posto, in modo che ogni offerta sia sottoposta ad almeno un controllo. Lo stesso paragrafo precisa che i controlli comportano il prelievo di campioni e vertono in particolare sulle condizioni di fabbricazione nonché sul quantitativo e sulla composizione del prodotto ottenuto, in funzione del burro o della crema utilizzati.

158 Nel caso di specie, emerge al riguardo dalla relazione di sintesi nonché dalla lettera del 27 ottobre 2005 che i controlli venivano effettuati solamente su base documentale e che i rari controlli fisici sul posto venivano effettuati a vista. Questi due documenti indicano anche che controlli superficiali dei quantitativi erano comunque effettuati, visto che i prodotti erano oggetto di controlli a campione che consentivano solamente di accertarne l’esistenza.

159 È giocoforza rilevare che, se è pur vero che i servizi della Commissione hanno rilevato che le autorità italiane effettuavano controlli, questi erano tuttavia effettuati in modo incompleto, in violazione dell’art. 23 del regolamento n. 2571/97. Di conseguenza, non si può censurare la Commissione per aver alterato i fatti né di aver violato detta disposizione indicando, nella lettera del 27 ottobre 2005, che «un controllo fisico, per quanto incompleto, [era] stato realizzato».

160 Inoltre, occorre rilevare che la Repubblica italiana non contesta il carattere lacunoso dei controlli in loco, atteso che, a sostegno dei propri argomenti, essa deduce l’affermazione dei servizi della Commissione secondo cui «un controllo fisico, per quanto incompleto, [era] stato realizzato». Essa tenta, al contrario, di giustificarlo sostenendo, come emerge dalla lettera del 27 ottobre 2005, che il principale beneficiario degli aiuti di cui è causa agiva spesso per conto di terzi, rendendo pertanto difficile il controllo in loco, in quanto la merce prodotta veniva immediatamente trasportata altrove. Orbene, dalla giurisprudenza emerge che uno Stato membro non può addurre difficoltà pratiche per giustificare la mancata attuazione di controlli adeguati (v. sentenza della Corte 14 aprile 2005, causa C‑468/02, Spagna/Commissione, punto 44 e la giurisprudenza citata).

161 Dalle suesposte considerazioni discende che la Repubblica italiana non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione relativi all’insufficienza dei controlli chiave in loco, per cui si configura un rischio elevato e ragionevole di danno finanziario per il FEAOG che giustifica una rettifica finanziaria ai sensi del documento VI/5330/97.

162 Nel caso di specie, la Commissione ha applicato una rettifica del 5%, conformemente al documento VI/5330/97, a termini del quale una rettifica del genere si giustifica qualora vengano applicati tutti i controlli essenziali, ma non secondo il numero, la frequenza o l’intensità imposti dalla normativa.

163 Di conseguenza, tale censura deve essere respinta.

3. Sulle rettifiche nel settore dei seminativi

164 Le censure della Repubblica italiana riguardano due rettifiche specifiche, in primo luogo, quella relativa alla mancata applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di negligenza grave e, in secondo luogo, la rettifica connessa alla qualità dei controlli nella Provincia di Nuoro.

La normativa comunitaria

165 Il regolamento (CEE) della Commissione 23 dicembre 1992, n. 3887, recante modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari (GU L 391, pag. 36), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 6 luglio 1995, n. 1648 (GU L 156, pag. 27), dispone nel suo settimo ‘considerando’ che il rispetto delle disposizioni in materia di aiuti comunitari deve essere controllato in modo efficace.

166 A tal fine, l’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3887/92 prevede che i controlli amministrativi e in loco siano effettuati in modo da consentire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti e dei premi.

167 L’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 21 dicembre 1999, n. 2801 (GU L 340, pag. 29), precisa che in caso di falsa dichiarazione formulata deliberatamente o per negligenza grave, l’imprenditore sia escluso dal beneficio del regime di aiuto in questione per l’anno civile considerato e, in caso di falsa dichiarazione formulata deliberatamente, dal beneficio di qualsiasi regime di aiuto di cui all’art. 1, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 novembre 1992, n. 3508, che istituisce un sistema integrato di gestione e di controllo di taluni regimi di aiuti comunitari (GU L 355, pag. 1), per l’anno civile successivo e per una superficie uguale a quella per la quale la sua domanda di aiuto è stata rifiutata.

168 Il 6 marzo 2003 la Commissione ha adottato un documento intitolato «Comunicazione della Commissione sul trattamento da parte della Commissione dei casi di insufficienza persistente nei sistemi di controllo, nell’ambito della liquidazione dei conti della sezione garanzia del FEAOG» (in prosieguo: le «linee guida»). Tale documento mira a precisare le condizioni al ricorrere delle quali la Commissione intende applicare il principio dell’aumento del tasso di correzione precedentemente applicato in caso di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo, fissato dal documento VI/5330/97, secondo il quale costituisce un’aggravante dell’inadempimento la circostanza che uno Stato membro ometta di migliorare i propri controlli quando la Commissione gli abbia già notificato le necessarie modifiche.

Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione di sanzioni nell’ipotesi di negligenza grave o di false dichiarazioni formulate deliberatamente

Relazione di sintesi

169 A seguito di una missione di controllo svoltasi dal 14 al 18 gennaio 2001, i servizi della Commissione hanno rilevato, con riferimento alla campagna 2001, l’inadeguata applicazione da parte delle autorità italiane delle sanzioni contemplate dall’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, in caso di negligenza grave o di false dichiarazioni formulate deliberatamente, in relazione alle domande di aiuto per i seminativi. Il punto 7.1.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi indica in particolare che l’applicazione di dette sanzioni era limitata al solo caso di domande di aiuto relative a superfici coltivate totalmente inesistenti.

170 La relazione di sintesi indica inoltre che una rettifica finanziaria forfettaria del 2% a causa di carenze di questo tipo era già stata applicata per le campagne 1999 e 2000 nel quadro di una precedente procedura di liquidazione dei conti [decisione (CE) della Commissione 15 maggio 2003, n. 364, che esclude dal finanziamento comunitario alcune spese effettuate dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEAOG), sezione «garanzia» (GU L 124, pag. 45)]. La Commissione ha proposto di applicare una rettifica del 3% in quanto, qualora la medesima mancanza sia persistita nel corso di un periodo susseguente a quello assoggettato a rettifica, si giustifica un aumento della rettifica forfettaria per gli anni successivi.

171 L’organo di conciliazione ha invitato i servizi della Commissione a riesaminare il periodo di applicazione dell’aliquota del 3%. Esso ha suggerito, infatti, che l’aumento del tasso di correzione, a causa del carattere ripetitivo dell’infrazione delle autorità italiane, non si applicasse a tutto l’esercizio finanziario 2002, bensì solo al periodo successivo al 10 agosto 2002, data in cui erano state notificate alla Repubblica italiana le conclusioni dei servizi della Commissione relative alla precedente rettifica finanziaria.

172 La Commissione non ha seguito il parere dell’organo di conciliazione ed ha confermato l’applicazione della rettifica finanziaria del 3% sulla base della mancata applicazione di sanzioni per negligenza grave o false dichiarazioni, formulate deliberatamente per tutto l’esercizio finanziario 2002, sulla base del rilievo che il principio dell’aumento del tasso di correzione precedentemente applicato in caso di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo era già menzionato nel documento VI/5330/97.

Argomenti delle parti

173 La Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione e viola l’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, in quanto la normativa comunitaria non forniva, fino al 2001, alcun criterio interpretativo che consentisse di distinguere la dichiarazione intenzionalmente falsa da quella risultante da negligenza grave. Tali criteri sarebbero stati disposti solo con l’introduzione del regolamento (CE) della Commissione 11 dicembre 2001, n. 2419, che fissa le modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari istituito dal regolamento (CEE) n. 3508/92 del Consiglio (GU L 327, pag. 11). Le autorità italiane avrebbero immediatamente recepito ed applicato detti criteri. Inoltre, essa si avvale della strategia dissuasiva che avrebbe adottato al fine di combattere con efficacia i tentativi di frode, la quale consisterebbe, da una parte, nella sospensione dal procedimento di erogazione dell’aiuto e, dall’altra, nell’adozione della legge n. 300 del 29 settembre 2000, che qualificherebbe come reato «la mera esposizione di dati falsi». Infine, la Repubblica italiana contesta l’applicazione della rettifica del 3% a tutto l’esercizio 2002 in quanto, all’epoca del controllo, la normativa comunitaria non prevedeva l’adozione di una correzione superiore al 2% nell’ipotesi di reiterazione, da parte dello Stato membro, del comportamento sanzionato.

174 La Commissione fa valere, in sostanza, che, pur in assenza di orientamenti comunitari, le autorità italiane avevano l’obbligo di dare adeguata applicazione all’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, eventualmente ricorrendo ai criteri sanciti dal diritto interno. Essa richiama, al riguardo, la sentenza della Corte 10 novembre 2005, Italia/Commissione (causa C‑307/03, punti 60 e 61), che avrebbe già esaminato la questione nel contesto del ricorso proposto dalla Repubblica italiana avverso la decisione 2003/364 riguardo agli esercizi 2000 e 2001. Essa contesta il carattere dissuasivo della strategia adottata dalla Repubblica italiana. Infine, sottolinea che la rettifica è stata applicata in base alla normativa vigente all’epoca del controllo, vale a dire il regolamento n. 729/70 ed il documento VI/5330/97.

Giudizio del Tribunale

175 In primo luogo, quanto alla censura relativa al difetto di motivazione della decisione impugnata, è sufficiente ricordare la giurisprudenza citata al precedente punto 32 e rilevare, come risulta dalle lettere del 18 gennaio 2001, del 22 dicembre 2003, del 19 gennaio 2005, del 12 dicembre 2005 e dell’11 gennaio 2006, che la Repubblica italiana è stata strettamente associata al procedimento amministrativo e conosceva i motivi che avevano indotto la Commissione ad escludere dal finanziamento comunitario le spese risultanti dalla mancata applicazione delle sanzioni in caso di negligenza grave o di false dichiarazioni formulate deliberatamente. Di conseguenza, tale censura deve essere respinta.

176 In secondo luogo, quanto alla censura relativa alla violazione dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, l’argomento della Repubblica italiana relativo all’assenza di un criterio interpretativo che consenta di distinguere la dichiarazione intenzionalmente falsa da quella risultante da negligenza grave deve parimenti essere respinto. Infatti, è sufficiente rilevare, al riguardo, come dedotto dalla Commissione, che la Corte ha già avuto modo di risolvere tale questione con la sentenza 10 novembre 2005, Italia/Commissione, citata supra, al punto 174, in cui ha affermato, ai punti 60 e 61, che «[s]e, a seconda delle norme di diritto nazionale applicabili, le nozioni di “grave negligenza” e “malafede” po[tevano] essere valutate alla luce di una pluralità di criteri oggettivi e soggettivi, [era] però giocoforza constatare che, limitando l’applicazione dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92 ai soli casi in cui la superficie oggetto della domanda di aiuto era inesistente, le autorità italiane [avevano] adottato un’applicazione indebitamente restrittiva della normativa comunitaria». La Corte ha ritenuto che « [u]na tale applicazione comporta[va], in contrasto con l’intenzione del legislatore comunitario, il venir meno di qualsiasi differenza di trattamento tra le false dichiarazioni dovute a una grave negligenza e quelle rese deliberatamente». Essa ne ha tratto la conclusione che «[era] corretta la conclusione della Commissione, secondo cui le autorità italiane [avevano] dato un’applicazione inadeguata all’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92».

177 Per quanto riguarda, poi, la strategia asseritamente dissuasiva adottata dalla Repubblica italiana, essa non può essere ritenuta un’applicazione adeguata dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 3887/92, che prevede l’esclusione dal finanziamento comunitario degli aiuti in esame in caso di false dichiarazioni rese deliberatamente o di grave negligenza. Infatti, riguardo, da un canto, alla sospensione del procedimento di erogazione dell’aiuto, è giocoforza rilevare che la sospensione di detto procedimento non può essere assimilata ad un’esclusione né considerata come una sanzione effettiva ed adeguata, come affermato al precedente punto 44, con riferimento all’esame delle rettifiche applicate nel settore degli ortofrutticoli.

178 Per quanto riguarda, d’altro canto, la legge n. 300 del 29 settembre 2000, che qualificherebbe come reato «la mera esposizione di dati falsi» e introdurrebbe sanzioni supplementari nell’ipotesi di inadempimento intenzionale, occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha dedotto alcun elemento tale da provare l’effettività di tale normativa e del resto menziona, nelle sue memorie, le difficoltà inerenti alla dimostrazione del carattere intenzionale della frode.

179 A tale riguardo, l’affermazione della Repubblica italiana secondo cui essa avrebbe esteso le sanzioni anche ad altre ipotesi oltre a quelle delle domande aventi ad oggetto una superficie inesistente non può essere accolta, in quanto costituisce un’affermazione generica, non circoscritta ad un preciso ambito temporale né suffragata dal minimo elemento probatorio.

180 Del pari, il riferimento della Repubblica italiana ad una tabella contenuta nel ricorso, che indicava il numero di casi sanzionati in termini di aziende e di superficie, è irrilevante e deve essere respinto in quanto le informazioni contenute in tale tabella si riferiscono alle campagne 2002 e 2003 e la rettifica di cui è causa riguarda l’esercizio finanziario 2002, vale a dire la campagna 2001. Orbene, è pacifico che non era stata inflitta alcuna sanzione riguardante la campagna 2001.

181 Infine, riguardo alla censura relativa all’errata applicazione della rettifica del 3% a tutto l’esercizio 2002, occorre anzitutto ricordare che sia dalla relazione di sintesi sia dalla sentenza 10 novembre 2005, Italia/Commissione, citata supra, al punto 174 supra, emerge che la Commissione aveva già applicato una rettifica forfettaria del 2% in ragione di carenze analoghe nei controlli delle dichiarazioni false accertate per gli esercizi 2000 e 2001, il che indica che la Repubblica italiana non aveva tenuto conto in modo completo delle sue osservazioni.

182 Occorre poi rilevare, da un canto, che il principio dell’aumento del tasso di correzione precedentemente applicato in caso di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo è fissato dal documento VI/5330/97, secondo il quale «[i]l mancato perfezionamento dei controlli da parte dello Stato membro diventa carenza più grave qualora gli siano già stati notificati dalla Commissione gli adeguamenti da essa ritenuti indispensabili (...)». D’altro canto, le linee guida hanno istituito un sistema di aumento del tasso della rettifica forfettaria applicato nella precedente rettifica, qualora la Commissione rilevi la reiterazione delle carenze di un sistema di controllo già assoggettato ad una o più decisioni di rettifiche finanziarie nel contesto della liquidazione dei conti del FEAOG.

183 Ne consegue che dall’adozione del documento VI/5330/97 la Commissione poteva legittimamente aumentare il tasso delle rettifiche finanziarie precedentemente applicate nell’ipotesi di reiterazione delle carenze nel contesto dei controlli svolti dagli Stati membri e che le linee guida hanno disciplinato tale potere dal punto di vista sia temporale sia quantitativo (tasso massimo dell’aumento della rettifica nelle ipotesi di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo). In assenza di linee guida, la Commissione avrebbe dunque potuto applicare il principio dell’aumento del tasso della rettifica precedentemente applicato nelle ipotesi di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo ed esercitare, in tal modo, discrezionalmente il proprio potere di aumento del tasso della rettifica forfettaria applicato nella precedente rettifica.

184 Di conseguenza, alla luce della reiterazione, durante l’esercizio 2002 dell’inadeguatezza dei controlli effettuati dalla Repubblica italiana riguardo alla mancata applicazione di sanzioni in caso di dichiarazioni false, la Commissione ha legittimamente applicato un aumento della rettifica finanziaria che era stata applicata nel contesto della precedente procedura di liquidazione dei conti per gli esercizi 2000 e 2001.

185 Quanto all’importo dell’aumento, è sufficiente rilevare che, nel caso di specie, la precedente rettifica era del 2% e che il punto 3 delle linee guida indica che, in caso di una precedente rettifica del 2%, può essere applicato un tasso pari almeno al 3% sul nuovo periodo di cui trattasi, ove tale tasso può raggiungere il 5% se si può ragionevolmente concludere che il persistere delle carenze dei controlli secondari comporta una diminuzione dell’efficacia dei controlli chiave. Pertanto, la Commissione ha applicato l’aumento più basso in considerazione della reiterazione, da parte della Repubblica italiana, delle carenze precedentemente rilevate.

186 Quanto al termine dal quale tale aumento poteva essere applicato, il punto 4 delle linee guida precisa che il periodo al quale si applica la rettifica maggiorata comincia a decorrere, in linea di principio, dal giorno successivo alla data della precedente comunicazione formale della Commissione allo Stato membro, ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95. Occorre intendere l’espressione la «precedente comunicazione formale della Commissione» come riferentesi alla precedente procedura di liquidazione dei conti nel corso della quale la Commissione aveva già rilevato le medesime carenze di controllo, salvo svuotare di sostanza il principio dell’aumento del tasso della rettifica precedentemente applicata nell’ipotesi di reiterazione dell’inadeguatezza dei sistemi di controllo. Nel caso di specie, la precedente lettera inviata alla Repubblica italiana conformemente a detto articolo è la lettera del 14 agosto 2001, che contiene le osservazioni della Commissione a sostegno delle rettifiche operate per le campagne 1999 e 2000, e l’argomento della Repubblica italiana relativo al parere dell’organo di conciliazione secondo il quale l’aumento doveva applicarsi solo a far data dal 10 agosto 2002 deve essere respinto in quanto infondato, poiché, con tale lettera, la Commissione si era limitata a notificare formalmente alla Repubblica italiana le conclusioni finanziarie proposte per la liquidazione dei conti dell’esercizio in questione.

187 Dalle suesposte considerazioni risulta che la Repubblica italiana non deduce alcun argomento tale da confutare i rilievi della Commissione relativi alla mancata applicazione delle sanzioni in caso di negligenza grave o di dichiarazioni false formulate deliberatamente e, pertanto, tali censure devono essere respinte.

Sulla rettifica connessa con la qualità dei controlli in loco nella Provincia di Nuoro

Relazione di sintesi

188 Dal 3 al 6 settembre 2002 i servizi della Commissione hanno effettuato una missione di controllo al fine di verificare la qualità dei controlli classici in loco a livello sia regionale sia provinciale. A tal fine, hanno scelto la Regione Sardegna ed hanno esaminato i risultati delle ispezioni nelle province di Cagliari, Oristano e Nuoro.

189 Secondo il punto 7.2.1.1 del capitolo B della relazione di sintesi, la missione di controllo ha accertato che i controlli erano adeguati a livello regionale nonché nelle Province di Cagliari e Oristano. Tuttavia, le ispezioni effettuate nella Provincia di Nuoro non avevano conseguito un livello accettabile in quanto, in molti casi, la qualità di terreno coltivato dichiarata dall’agricoltore era stata automaticamente ritenuta accettabile, anche se non restava assolutamente alcuna traccia di coltura sul terreno.

190 La relazione di sintesi sottolinea, inoltre, che le rapide visite sul terreno da parte delle autorità italiane, spesso effettuate tardivamente nella stagione, hanno costituito una fonte di rischi per il FEAOG.

191 Alla luce delle carenze riscontrate nella Provincia di Nuoro, la Commissione ha proposto di applicare la rettifica forfettaria del 5% per le spese sostenute in tale provincia durante le campagne dal 2000 al 2002. Secondo il punto 7.2.4 del capitolo B della relazione di sintesi, le autorità italiane hanno adito l’organo di conciliazione; quindi, in esito ad attenta ponderazione, i servizi della Commissione, dopo aver preso in considerazione il periodo di 24 mesi, conformemente all’art. 7, n. 4, quinto comma, del regolamento n. 1258/1999, hanno ritenuto che la rettifica vertesse esclusivamente sui pagamenti effettuati a decorrere dal 10 gennaio 2001 riguardo alla campagna 2000, mentre gli importi proposti per la rettifica concernente gli anni 2001 e 2002 restavano immutati.

Argomenti delle parti

192 La Repubblica italiana deduce il difetto di motivazione della decisione impugnata e la violazione dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3887/92 in quanto, in detta decisione, la Commissione erroneamente rileverebbe l’esistenza di carenze e di gravi lacune nel sistema dei controlli chiave in loco nella Provincia di Nuoro. A tale riguardo, essa chiede una riduzione della rettifica forfettaria sul totale delle spese sostenute da detta provincia per le campagne dal 2000 al 2002 (esercizi finanziari dal 2001 al 2003), mediante la sua applicazione alla sola campagna 2002 ed alle sole particelle (16,36 %) controllate degli ispettori M. e F., destituiti dalle loro funzioni a causa di negligenze accertate e ripetute.

193 La Commissione contesta la censura relativa all’asserito difetto di motivazione e chiede il rigetto della richiesta di riduzione della rettifica forfettaria, che consisterebbe nel limitare la sua applicazione alle sole spese per la campagna 2002, posto che la Repubblica italiana non avrebbe fornito argomentazioni a suffragio della propria affermazione secondo cui il sistema di controlli sarebbe stato adeguato nel corso delle campagne 2000 e 2001.

Giudizio del Tribunale

194 In primo luogo, quanto alla censura relativa al difetto di motivazione, è sufficiente rilevare, ancora una volta, che, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 32 e del corposo scambio di corrispondenza tra la Repubblica italiana e la Commissione (lettere del 19 dicembre 2002, del 19 gennaio 2005, del 12 dicembre 2005 e dell’11 gennaio 2006), la Repubblica italiana è stata strettamente associata al procedimento amministrativo e conosceva i motivi dell’adozione della decisione impugnata. Tale censura, pertanto, deve essere respinta.

195 In secondo luogo, per quanto riguarda la censura relativa all’asserita violazione dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3887/92, occorre ricordare che, ai sensi di tale disposizione, i controlli in loco devono essere effettuati in modo da consentire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti e dei premi. La Corte ha precisato, a tale riguardo, nella sentenza 10 novembre 2005, Italia/Commissione, citata supra al punto 174 (punto 32), che ciò implicava che tali controlli permettessero di verificare con precisione ed esattezza la natura e la qualità delle coltivazioni oggetto di una domanda di aiuto.

196 Quanto alla campagna 2002, la Repubblica italiana riconosce che i controlli in loco non sono stati effettuati in maniera tale da garantire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti nella Provincia di Nuoro in considerazione della siccità verificatasi in quell’anno e dello svolgimento dei controlli da parte degli ispettori F. e M., inviati da una struttura diversa da quella che aveva svolto i controlli per gli anni 2000 e 2001 e, peraltro, destituiti dalle loro funzioni per gravi negligenze.

197 Per contro, per quanto riguarda le campagne 2000 e 2001, per le quali la Repubblica italiana ritiene che il sistema di controllo fosse adeguato ed affidabile, i suoi argomenti si limitano a far valere che l’esecuzione dei controlli in loco è stata affidata ad una struttura diversa da quella che ha svolto i controlli durante la campagna 2002 e che i controlli di qualità effettuati sul lavoro degli ispettori nazionali hanno evidenziato una buona qualità dei controlli in loco.

198 Orbene, l’affermazione della Repubblica italiana, del resto non suffragata da elementi oggettivi di raffronto, secondo cui i controlli in loco svolti nel 2000 e nel 2001 erano adeguati, poiché non erano stati svolti dagli ispettori F. e M., non può confutare i rilievi della Commissione relativi all’esistenza di gravi lacune nei controlli in loco nel 2000 e nel 2001. Infatti, la circostanza che i controlli in loco siano stati mal eseguiti nel 2002 non implica che i controlli medesimi siano stati effettuati in modo adeguato nel 2000 e nel 2001.

199 Del pari, nemmeno l’argomento della Repubblica italiana relativo alla buona qualità dei controlli in loco è tale da confutare i rilievi della Commissione circa la mancanza di affidabilità dei controlli in loco quando siano effettuati molto tempo dopo i raccolti, dato che tale argomento è formulato in modo generico e non è circostanziato.

200 Ne consegue che la Repubblica italiana non ha svolto alcun argomento tale da dimostrare che, durante le campagne nel 2000 e nel 2001, il sistema di controllo in loco nella provincia di Nuoro era affidabile ed operativo e rispondeva alle esigenze di precisione e di esattezza richieste dalla normativa comunitaria.

201 L’argomentato della Repubblica italiana secondo cui la rettifica forfettaria avrebbe dovuto essere limitata alla sola campagna 2002 ed alle sole parcelle controllate dagli ispettori F. e M. deve, conseguentemente, essere respinto.

202 Alla luce delle suesposte considerazioni, le censure relative alla rettifica connessa con la qualità dei controlli in loco nella Provincia di Nuoro devono essere respinte.

4. Sulla rettifica nel settore dello sviluppo rurale

203 Le censure dedotte dalla Repubblica italiana avverso tale rettifica riguardano, in primo luogo, un difetto di motivazione, in secondo luogo, le carenze rilevate a livello nazionale, in terzo luogo, le carenze rilevate nella Regione Emilia Romagna e, in quarto luogo, le carenze rilevate nella Regione Piemonte.

La normativa comunitaria

204 Il regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1257, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (GU L 160, pag. 80), definisce il quadro del sostegno comunitario per uno sviluppo rurale sostenibile e le modalità d’intervento del FEAOG nel settore dello sviluppo rurale.

205 Gli artt. 5 e 8 di detto regolamento prevedono, rispettivamente, che la concessione dell’aiuto agli investimenti nelle aziende agricole e dell’aiuto per facilitare l’insediamento di giovani agricoltori dipende dal rispetto di talune condizioni, tra cui, in particolare, la prova della redditività dell’azienda, il rispetto dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali e la dimostrazione di conoscenze e competenze professionali adeguate.

206 L’art. 6, n. 4, del regolamento n. 3887/92 prevede che le domande oggetto di controlli in loco siano determinate tenendo conto di un fattore di rappresentatività delle domande di aiuto inoltrate nonché sulla base di un’analisi dei rischi che tenga conto dell’importo dell’aiuto, del numero di parcelle, della superficie o del numero di animali per i quali l’aiuto è richiesto, dell’evoluzione in rapporto all’anno precedente, delle constatazioni fatte nei controlli degli anni precedenti e di altri parametri definiti dallo Stato membro.

207 L’art. 64 del regolamento (CE) della Commissione 26 febbraio 2002, n. 445, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 1257/1999 (GU L 74, pag. 1), riprendendo l’art. 48, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 23 luglio 1999, n. 1750 (GU L 214, pag. 31), anteriormente in vigore, così dispone:

«Gli Stati membri determinano il sistema di sanzioni da comminare in caso di violazione degli obblighi assunti e delle pertinenti norme in materia e prendono tutte le misure necessarie ai fini dell’applicazione delle stesse. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

208 Il 23 luglio 2002 la Commissione adottava il documento n. VI/10535/99, intitolato «Orientamenti per l’attuazione dei sistemi di gestione, controllo e sanzioni concernenti le misure di sviluppo rurale ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/1999 (Misure finanziate dal FEAOG-Sezione garanzia)». Tale documento indica agli Stati membri una serie di accorgimenti per rispettare le misure di controllo previste dal regolamento n. 445/2002 e le sanzioni conseguenti all’inosservanza di impegni od obblighi da parte del beneficiario.

Relazione di sintesi

209 I servizi della Commissione hanno effettuato missioni di controllo dal 7 all’11 ottobre 2002 a livello nazionale e nella Regione Emilia Romagna, dal 24 al 28 marzo 2003 nelle Regioni Piemonte e Liguria e dal 5 al 9 maggio 2003 a livello nazionale e nella Regione Abruzzo, al fine di verificare gli investimenti nelle colture agricole [in prosieguo: la «misura a)»], nonché gli aiuti all’avviamento di giovani agricoltori [in prosieguo: la «misura b)»] e le regioni con maggiori difficoltà.

210 Secondo il punto 9.3.1 del capitolo B della relazione di sintesi, i servizi della Commissione hanno rilevato, sia a livello nazionale sia a livello regionale, fatta eccezione per la Regione Liguria, carenze relative al sistema di gestione, di controllo e sanzionatorio delle tre misure di sviluppo rurale oggetto di controllo finanziario. Inoltre, i sistemi di controllo e sanzionatori relativi alle buone pratiche agricole ed alle norme minime nei settori dell’ambiente, dell’igiene e del benessere degli animali sono stati ritenuti insufficienti a livello nazionale nel 2001 e nel 2002.

211 Successivamente alla riunione bilaterale ed all’adizione dell’organo di conciliazione da parte delle autorità italiane, i servizi della Commissione hanno ritenuto, conformemente al documento VI/5330/97, che le mancanze accertate riguardavano, in generale, controlli secondari, tali da giustificare una correzione forfettaria del 2% delle spese dichiarate per gli esercizi finanziari 2001 e 2002. Tuttavia, la Commissione ha escluso le spese della Regione Liguria dalla base di calcolo della rettifica finanziaria, alla luce dei risultati soddisfacenti della missione di controllo finanziario effettuata in questa regione.

Sul difetto di motivazione

Argomenti delle parti

212 La Repubblica italiana ritiene che, nella decisione impugnata, la Commissione non abbia motivato in alcun modo le contestazioni da quest’ultima sollevate a seguito delle missioni di controllo effettuate nelle Regioni Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Abruzzo.

213 La Commissione contesta che la decisione impugnata sia viziata da un difetto di motivazione riguardo a dette contestazioni.

Giudizio del Tribunale

214 È sufficiente rilevare che, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 32 e come comprovato dalle lettere del 4 febbraio 2003, relativa ai controlli effettuati nella Regione Emilia Romagna, del 7 ottobre 2003 relativa ai controlli effettuati nelle Regioni Piemonte e Liguria, dell’8 ottobre 2003, relativa ai controlli effettuati nella Regione Abruzzo e, infine, dal verbale della riunione bilaterale del 26 maggio 2004, la Repubblica italiana è stata strettamente associata al procedimento di elaborazione della decisione impugnata e conosce i motivi per i quali talune spese non sono state imputate al FEAOG. Tale censura, pertanto, deve essere respinta in quanto infondata.

Sulle carenze rilevate a livello nazionale

215 La Repubblica italiana contesta i rilievi svolti successivamente alla missione di controllo effettuata dai servizi della Commissione nella sede dell’AGEA, relativi, in primo luogo, all’assenza di delega formale di funzioni alle regioni, in secondo luogo, all’inesistenza di un sistema specifico di sanzioni in caso di violazione degli obblighi connessi alle misure di sviluppo rurale, in terzo luogo, all’assenza di una check-list per l’esecuzione dei controlli relativi ai requisiti minimi ed alle buone pratiche agricole, all’assenza di orientamenti nazionali in materia di controllo dei requisiti minimi e, infine, all’assenza di uno specifico sistema sanzionatorio in caso di violazione delle buone pratiche agricole e dei requisiti minimi.

Sull’assenza di delega formale alle regioni

– Argomenti delle parti

216 La Repubblica italiana sostiene che, successivamente alla missione di controllo effettuata dai servizi della Commissione, le autorità italiane hanno proceduto alla delega formale di funzioni alle regioni e che le regioni hanno seguito gli orientamenti dell’AGEA contenuti nel manuale delle procedure e dei controlli riguardo alle funzioni delegate.

217 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

– Giudizio del Tribunale

218 È sufficiente rilevare che la Repubblica italiana ha riconosciuto, come risulta dal verbale della riunione bilaterale del 26 maggio 2004 e come dedotto dalla Commissione, che tale delega era in corso di conclusione, fatta eccezione per la Regione Liguria. Inoltre, la Repubblica italiana si limita ad affermare che, successivamente alla missione di controllo effettuata dai servizi della Commissione, la delega di funzioni alle regioni è diventata operativa. Tale argomento non può essere accolto in quanto, oltre al fatto che detta motivazione è rivelatrice del suo riconoscimento della mancata conformità del sistema nazionale alla normativa comunitaria durante la campagna in esame, le misure adottate successivamente non possono influire sulla rettifica applicata, conformemente al documento VI/5330/97.

219 Tale censura deve essere pertanto respinta.

Sull’inesistenza di un sistema specifico di sanzioni nell’ipotesi di violazione degli obblighi connessi alle misure di sviluppo rurale

– Argomenti delle parti

220 La Repubblica italiana fa valere che con l’adozione del decreto 4 dicembre 2002 il Ministro italiano delle Politiche Agricole e Forestali ha dato attuazione all’art. 64 del regolamento n. 445/2002, che obbliga gli Stati membri a fissare un regime sanzionatorio in caso di violazione del regolamento n. 1257/1999 e delle sue disposizioni di attuazione. Tale decreto rinvierebbe ad un decreto legislativo, tuttora in corso di adozione, l’attuazione della specifica disciplina sanzionatoria. Nell’attesa dell’adozione di tale decreto legislativo, le autorità italiane applicherebbero la legislazione italiana vigente in materia sanzionatoria, cioè la legge n. 898/86, ai sensi della quale, in sostanza, qualsivoglia indebita percezione di una prestazione a carico del FEAOG deve essere restituita e sanzionata con il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa del medesimo importo. Tale sanzione sarebbe comminata dall’Ufficio Repressione Frodi competente territorialmente o da apposito Ufficio regionale. Secondo la Repubblica italiana, tale legge costituisce un adeguato deterrente rispetto al tentativo di ottenere benefici non dovuti.

221 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

– Giudizio del Tribunale

222 Per quanto riguarda il decreto ministeriale di attuazione dell’art. 64 del regolamento n. 445/2002, invocato dalla Repubblica italiana e che devolverebbe ad un decreto legislativo il compito di attuare sanzioni specifiche, esso non può rimettere in discussione la legittimità della rettifica imposta in quanto il procedimento di adozione di tale decreto legislativo, a dire della Repubblica italiana, è sempre in corso, sicché essa non rispetta la normativa comunitaria che impone l’adozione di sanzioni in caso di violazione della normativa medesima in materia di sviluppo rurale.

223 La Repubblica italiana deduce poi che, nell’attesa di adottare tale decreto legislativo, essa applica la legge n. 898/86, ai sensi della quale, in sostanza, qualsivoglia indebita percezione di una prestazione a carico del FEAOG deve essere restituita e sanzionata con il pagamento di una sanzione pecuniaria amministrativa del medesimo importo. Orbene, come statuito al precedente punto 45 riguardo alle rettifiche nel settore degli ortofrutticoli, le disposizioni in oggetto della legge n. 898/86 riguardano esclusivamente il caso specifico del conseguimento di finanziamento mediante dichiarazione di dati o di informazioni falsi. Poiché la sua portata è pertanto limitata, non può ritenersi che essa dia attuazione all’art. 64 del regolamento n. 445/2002, che impone l’adozione di sanzioni ad hoc «effettive, proporzionate e dissuasive».

224 Tale censura deve essere pertanto respinta.

Sull’assenza di una check-list per l’esecuzione dei controlli relativi ai requisiti minimi ed alle buone pratiche agricole e sull’assenza di orientamenti nazionali in materia di controllo dei requisiti minimi

– Argomenti delle parti

225 La Repubblica italiana sostiene che, successivamente alle missioni di controllo, sono stati aggiunti al manuale delle procedure e dei controlli sia degli orientamenti in materia di controllo dei requisiti minimi, sia delle check‑lists sui requisiti minimi e sulle buone pratiche agricole, al fine di porre rimedio alle manchevolezze riscontrate dalla Commissione al riguardo. In ogni caso, la stessa Commissione avrebbe inviato agli Stati membri il documento VI/10535/99, riguardante tali aspetti, solo nel 2003.

226 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

– Giudizio del Tribunale

227 È sufficiente rilevare che, come risulta dal verbale della riunione del 26 maggio 2004, la Repubblica italiana ha riconosciuto sia l’assenza di una check-list per l’esecuzione dei controlli sia l’assenza di orientamenti nazionali riguardo agli anni 2001 e 2002, oggetto di controllo da parte dei servizi della Commissione. Inoltre, essa si limita ad affermare che tali orientamenti nazionali e check-lists sono stati aggiunti al manuale delle procedure e dei controlli successivamente alle missioni di controllo al fine di porre rimedio alle manchevolezze riscontrate dalla Commissione al riguardo. Orbene, come è stato ricordato supra, l’adozione di misure correttive successive non può influire sulla percentuale di rettifica applicata, conformemente al documento VI/5330/97.

228 Quanto all’argomento della Repubblica italiana relativo alla trasmissione, da parte della Commissione, degli orientamenti comunitari ripresi nel documento VI/10535/99 che avrebbe avuto luogo solo nel 2003, occorre anzitutto rilevare che tale documento è stato adottato dalla Commissione il 23 luglio 2002 e che quest’ultima afferma di averlo comunicato agli Stati membri nel luglio 2002 e di averlo redatto in stretta collaborazione con gli Stati stessi sin dall’adozione del regolamento n. 1257/1999, come del resto risulterebbe dal numero di tale documento, che termina con il numero «99». In tal modo, il documento VI/10535/99 costituirebbe una sintesi del risultato di varie discussioni e riunioni svoltesi con gli Stati membri dal 1999. È giocoforza rilevare che la Repubblica italiana non contesta tali affermazioni, ma si limita, nella replica, a riaffermare che la Commissione avrebbe emanato un documento di orientamento, che essa d’altronde non definisce, solo nel 2003. In ogni caso, come dedotto dalla Commissione, dal punto 4, terzo comma, della relazione dell’organo di conciliazione risulta che, nel dicembre 2000, i servizi della Commissione avevano inviato una serie di raccomandazioni per suggerire le modalità di esecuzione del regolamento n. 1257/1999 alla luce del carattere di novità e senza precedenti della normativa comunitaria. Ciò premesso, l’argomento della Repubblica italiana relativo all’asserito tardivo invio di un documento di orientamento non può trovare accoglimento.

229 Di conseguenza, tale censura deve essere respinta.

Sull’assenza di uno specifico sistema sanzionatorio nel caso di violazione delle buone pratiche agricole e dei requisiti minimi

– Argomenti delle parti

230 La Repubblica italiana indica che, mediante il manuale delle procedure e dei controlli che prevede concretamente le sanzioni da applicare, essa si accerta dell’attuazione di efficaci strumenti di controllo nonché dell’immediata trasposizione dei suggerimenti della Commissione. Essa sottolinea, peraltro, l’esistenza di situazioni di eccellenza, come il caso accertato nella Regione Liguria, per la quale non sono state proposte correzioni. Essa insiste, del pari, sull’impegno svolto negli anni per adattare la normativa nazionale a quella comunitaria, che mancherebbe di chiarezza. Peraltro, dal documento VI/5330/97 emergerebbe che le finalità di prevenzione e correzione della procedura di liquidazione dei conti non devono tradursi in sanzioni e che le carenze accertate dagli organi di controllo nazionali non devono comportare conseguenze finanziarie se sono adottati adeguati provvedimenti correttivi.

231 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

– Giudizio del Tribunale

232 Per quanto riguarda, anzitutto, l’argomento relativo al manuale delle procedure e dei controlli, occorre ricordare che, come si è già statuito al precedente punto 222, la Repubblica italiana non è stata in grado di dimostrare di aver effettivamente adottato le sanzioni specifiche che avrebbe dovuto emanare conformemente all’art. 64 del regolamento n. 445/2002. Inoltre, occorre rilevare che il manuale delle procedure e dei controlli, oltre al suo titolo, che sembra piuttosto indicare che esso contiene orientamenti o raccomandazioni da seguire in materia di sviluppo rurale, costituisce, secondo la Repubblica italiana, un quadro generale che consente alle autorità italiane di attuare efficaci strumenti di controllo nonché l’immediata trasposizione dei suggerimenti della Commissione. Non può pertanto ritenersi che tale documento preveda sanzioni nazionali specifiche «effettive, proporzionate e dissuasive», come imposto dall’art. 64 del regolamento n. 445/2002.

233 L’argomento della Repubblica italiana relativo alla situazione d’eccellenza rilevata nella Regione Liguria, poi, deve essere respinto come inconferente in quanto, come risulta dalla relazione di sintesi (punti 9.3.3 e 9.3.5 del capitolo B), le spese sostenute da detta regione sono state escluse dalla base di calcolo della rettifica finanziaria in considerazione proprio dei risultati dei controlli ritenuti soddisfacenti dai servizi della Commissione e degli elementi di prova raccolti al riguardo.

234 Infine, per quanto riguarda l’argomento relativo al documento VI/5330/97, dal quale risulterebbe che le finalità di prevenzione e correzione della procedura di liquidazione dei conti non devono tradursi in sanzioni, occorre rilevare che l’applicazione di rettifiche forfettarie nell’ambito della procedura di liquidazione dei conti del FEAOG costituisce, come sottolineato nel documento VI/5330/97, uno strumento legittimo per la Comunità per recuperare i fondi dagli Stati membri affinché il suo bilancio non subisca perdite a seguito di spese irregolari o inammissibili effettuate dagli Stati membri. I tassi forfettari di cui al documento VI/5330/97 consentono, al contempo, il rispetto del diritto comunitario e la buona gestione delle risorse comunitarie, nonché di evitare che la Commissione eserciti il proprio potere discrezionale imponendo agli Stati membri rettifiche eccessive e sproporzionate.

235 Nel caso di specie, la rettifica contestata è del 2% ed è stata applicata a livello nazionale a seguito di carenze rilevate sia a livello nazionale che a livello regionale. Poiché dalle suesposte considerazioni emerge che la Repubblica italiana non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione riguardo alle carenze dei controlli, l’applicazione di una tale rettifica è conforme al documento VI/5330/97, che la giustifica in caso di insufficienza dei controlli riguardo alle operazioni amministrative necessarie per trattare correttamente le domande di aiuto.

236 Tale censura deve conseguentemente essere respinta.

Sulle carenze rilevate nella Regione Emilia Romagna

Argomenti delle parti

237 In primo luogo, quanto alla censura della Commissione attinente al mancato aggiornamento del prezzario di riferimento rilevata per le misure a) e b), la Repubblica italiana osserva che fino al 2002 è rimasto in vigore il prezzario regionale del 1997 e che il nuovo prezzario del 2002 applicabile alle istruttorie sugli aiuti in agricoltura è entrato in vigore nel febbraio 2003. Essa ritiene che l’uso di un prezzario non aggiornato abbia comunque consentito di garantire una corretta valutazione delle spese ammissibili, in quanto le differenze di prezzo sono state contenute, da un canto, poiché il contesto economico era caratterizzato da bassa inflazione, dall’altro, poiché le dotazioni acquistabili nel settore agricolo non sono soggette a rapide svalutazioni o repentina obsolescenza tecnica, al contrario delle apparecchiature industriali o informatiche. In ogni caso, la spesa ammissibile a contributo sarebbe stata stabilita esclusivamente sulla base delle fatture quietanziate.

238 In secondo luogo, riguardo alla censura della Commissione relativa alla mancanza di informazioni dettagliate nei verbali di controllo sulle ispezioni in loco, la Repubblica italiana fa valere le azioni correttive intraprese dalle autorità regionali dell’Emilia Romagna al fine di adeguare le procedure agli orientamenti comunitari contenuti nella lettera del 4 febbraio 2003, inviata conformemente all’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95. Essa indica, al riguardo, che l’organismo pagatore in tale regione ha avviato la sua attività nel 2002, dopo aver predisposto buona parte della documentazione necessaria per stabilire quantità e qualità delle attività di controllo nonché le modalità di rendicontazione della stessa. Essa precisa, inoltre, di aver posto rimedio al ritardo di alcuni controlli, provvedendo ad estrazioni supplementari ed eseguendo controlli retroattivi.

239 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

Giudizio del Tribunale

240 Per quanto attiene, in primo luogo, al mancato aggiornamento del prezzario di cui è causa, occorre rilevare che la Repubblica italiana lo riconosce. Peraltro, essa non contesta il rilievo della Commissione, di cui alla lettera del 16 aprile 2004, su cui si fonda principalmente la sua censura e secondo il quale i beneficiari potevano chiedere l’approvazione di un prezzo più elevato rispetto a quello del preventivo giustificandolo con la tecnicità accresciuta delle attrezzature. La Repubblica italiana si limita tuttavia ad affermare che il mancato aggiornamento del prezzario aveva comunque consentito di garantire una corretta valutazione delle spese ammissibili. Orbene, il mancato aggiornamento di detto prezzario su un periodo di cinque anni dimostra l’assenza di precisione nello svolgimento dei controlli che non può essere compensata da un tasso di inflazione basso e dalla natura dei prodotti in oggetto, soprattutto in mancanza di prove concrete al riguardo. Quanto al fatto che le spese ammissibili sarebbero state determinate esclusivamente sulla base delle fatture quietanziate, la Commissione rileva correttamente che tali fatture potevano anche avere ad oggetto macchine estremamente sofisticate, non ammissibili al finanziamento. Alla luce di tali rilievi, tale tesi deve essere respinta.

241 Quanto, in secondo luogo, all’assenza di informazioni dettagliate nei verbali di controllo sulle ispezioni in loco, indipendentemente dalla questione se l’organismo pagatore nella Regione Emilia Romagna avesse avviato la sua attività nel 2002, come sostenuto dalla Repubblica italiana, quest’ultima fa valere, in sostanza, misure correttive adottate da tale organismo pagatore immediatamente dopo la notifica delle carenze rilevate dai servizi della Commissione. Orbene, anche questo argomento deve essere respinto in quanto, conformemente al documento VI/5330/97, l’adozione di dette misure non può influenzare il tasso della rettifica, come sottolineato dall’organo di conciliazione nella sua relazione definitiva.

242 Dalle suesposte considerazioni si evince che la Repubblica italiana non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione relativi al mancato aggiornamento del prezziario di cui è causa né quelli relativi all’assenza di informazioni dettagliate nei verbali di controllo sulle ispezioni in loco con elementi di prova tali da dimostrare l’esistenza di un controllo affidabile ed operativo.

243 Quanto, infine, all’argomento della Repubblica italiana relativo al carattere sproporzionato dell’importo della rettifica applicata alla Regione Emilia Romagna, è sufficiente ricordare la giurisprudenza citata supra, al precedente punto 65, secondo cui se, nel contesto della sua missione di liquidazione dei conti, la Commissione tenta, invece di negare il finanziamento della totalità delle spese, di fissare norme intese a differenziare, secondo il grado di rischio che essi presentano per il FEAOG, diversi livelli di carenza di controllo, lo Stato membro deve dimostrare che tali criteri sono arbitrari ed iniqui. Atteso che la Repubblica italiana non ha manifestamente apportato tale prova, tale tesi deve essere respinta.

244 Di conseguenza, la censura relativa alle carenze rilevate nella Regione Emilia Romagna deve essere respinta.

Sulle carenze rilevate nella Regione Piemonte

Argomenti delle parti

245 In primo luogo, quanto alla censura relativa all’inadeguatezza dei controlli dei requisiti minimi in materia di ambiente, di igiene e di benessere degli animali, la Repubblica italiana deduce che la Regione Piemonte non ha previsto un’autocertificazione esplicita da sottoporre all’atto di deposito della domanda di aiuto, in quanto risulterebbe dal Piano di sviluppo rurale 2000-2006 di detta regione che la presentazione della domanda di aiuto costituirebbe, di per sé, autocertificazione del rispetto della normativa concernente i requisiti minimi. La Regione Piemonte avrebbe approvato, nel luglio 2002, disposizioni particolareggiate per l’effettuazione di controlli in loco a campione nonché la modulistica da utilizzare a tale scopo. Sino a tale data, il controllo del rispetto dei requisiti minimi sarebbe stato effettuato in sede di verifiche finali di routine e il verbale di verifica finale che attestava l’osservanza delle prescrizioni per la concessione dell’aiuto sarebbe servito, del pari, quale attestazione del rispetto dei requisiti minimi in materia di ambiente, di igiene e di benessere degli animali. La Repubblica italiana sottolinea anche che nel 2000 la Regione Piemonte non ha effettuato pagamenti per le misure a) e b) e che, nel 2002, i controlli in loco sono stati effettuati in misura superiore alla percentuale minima prescritta e conformemente alle procedure previste dal documento VI/10535/99.

246 In secondo luogo, la Repubblica italiana afferma che la struttura della Regione Piemonte responsabile dell’attuazione delle misure a) e b) ha sempre intrattenuto un rapporto di collaborazione con i Servizi veterinari. Presa visione delle osservazioni della Commissione, si sarebbe provveduto ad istituire un sistema formalizzato di notifica incrociata dei dati tra le strutture competenti in materia di agricoltura e le strutture competenti in materia di ambiente.

247 In terzo luogo, la Repubblica italiana contesta la censura della Commissione secondo cui non vi sarebbe stata una procedura soddisfacente tale da consentire di garantire che i beneficiari della misura a) e quelli della misura b) che non rispondono ancora ai requisiti minimi all’atto dell’istallazione li rispettino entro un termine di tre anni dopo l’istallazione, conformemente, rispettivamente, all’art. 1, n. 3, e all’art. 4, n. 2, del regolamento n. 445/2002. Essa rileva, anzitutto, che nella Regione Piemonte non vi sono beneficiari della misura a) di cui all’art. 1, n. 3, del regolamento n. 445/2002, in quanto vi sarebbero state domande d’aiuto esclusivamente da parte di aziende già in possesso dei requisiti minimi. Essa sostiene quindi, riguardo all’istallazione dei giovani agricoltori, che la Regione Piemonte ha adottato disposizioni specifiche, che prevedevano controlli in loco su un campione di almeno il 5% dei giovani agricoltori che avevano chiesto la concessione della misura b). Inoltre, tutti i giovani agricoltori interessati dalle misure di istallazione sarebbero sottoposti, prima dell’approvazione della domanda, ad un previo controllo quanto al rispetto dei requisiti minimi, come dimostrerebbe il rigetto del 28,84% delle domande. Infine, un controllo specifico dei requisiti di competenza professionale sarebbe previsto dalla normativa regionale in tutti i casi. Peraltro, in esito alle osservazioni degli ispettori comunitari, nella decisione amministrativa n. 64 del 19 maggio 2004, si sarebbe previsto di adottare una procedura tale da consentire di assoggettare ad un controllo in loco entro tre anni dalla loro istallazione tutti i giovani agricoltori che, al momento della presentazione della domanda, non rispettavano i requisiti minimi.

248 In quarto luogo, la Repubblica italiana ritiene che la normativa della Regione Piemonte preveda controlli sufficienti in merito al requisito relativo alla redditività economica delle aziende, in quanto impone la presentazione di un bilancio sotto forma di autocertificazione all’atto del deposito della domanda delle misure a) o b). Anche se la normativa fiscale nazionale non impone alle aziende agricole la tenuta di contabilità economiche dettagliate, i formulari delle domande delle misure a) e b) comprenderebbero numerosi dati di natura tecnico-agraria che sarebbero verificati all’atto del controllo in loco da parte dei funzionari degli uffici provinciali e in base ai quali essi sarebbero in grado di valutare la redditività economica dell’azienda. Essa rileva poi che, a seguito delle osservazioni dei servizi della Commissione, con la Determinazione Dirigenziale n. 64 del 19 maggio 2004 si è provveduto a disporre che nel corso del controllo in loco venga tenuto conto delle documentazioni fiscali dell’azienda. La Regione Piemonte avrebbe parimenti provveduto, dal 2004, ad avviare percorsi formativi rivolti ai funzionari delle province addetti ai controlli della redditività economica delle aziende agricole al fine di migliorare l’efficacia dei controlli in loco.

249 In quinto luogo, riguardo alla censura relativa all’assenza di un’analisi dei rischi nella selezione dei beneficiari da sottoporre a controllo in loco durante gli anni 2001 e 2002, la Repubblica italiana sostiene che la scelta puramente casuale dei beneficiari da sottoporre a controllo è stata adottata quale primo approccio alla problematica per trarne indicazioni in base alle quali definire criteri utili al fine di effettuare i controlli successivi, atteso che tali criteri non sussistevano precedentemente, in quanto solo dal 2000 il fondo di garanzia del FEAOG interviene nella Regione Piemonte. Successivamente alle osservazioni dei servizi della Commissione, con la Determinazione Dirigenziale n. 64 del 19 maggio 2004 si sarebbe provveduto a disporre che, nell’estrazione dei campioni per il controllo in loco, si tenesse conto di adeguati criteri di rischio.

250 In sesto luogo, per quanto concerne la censura relativa all’assenza di informazioni dei beneficiari delle misure a) e b) riguardo ai requisiti minimi di ammissibilità da rispettare, la Repubblica italiana sostiene che la Regione Piemonte ha ampiamente informato i potenziali beneficiari circa la necessità di rispettare i requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali per essere ammissibili all’aiuto comunitario a sostegno dello sviluppo rurale. Oltre alla pubblicazione delle prescrizioni della normativa in materia nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, la diffusione dell’informazione sarebbe avvenuta mediante la pubblicazione di articoli sulla stampa specializzata e di numerose riunioni pubbliche organizzate in collaborazione con le organizzazioni di produttori. La Regione Piemonte non avrebbe ritenuto opportuno produrre documenti che sintetizzassero gli adempimenti concreti da svolgere per rispettare le prescrizioni minime in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali. Successivamente alle osservazioni degli ispettori comunitari e al fine di adeguarvisi al meglio, si sarebbe provveduto, con la Determinazione Dirigenziale del 19 maggio 2004, a predisporre un manuale da trasmettere ai potenziali beneficiari delle misure a) e b), contenente indicazioni concrete sui requisiti minimi da rispettare, nonché una dichiarazione che i beneficiari devono sottoscrivere all’atto della presentazione della domanda di aiuto, in cui attestano di aver preso conoscenza di dette disposizioni e assumono l’impegno al rispetto delle stesse.

251 In settimo luogo, quanto alla censura relativa alle fatture non contrassegnate dalle autorità di controllo e all’inesistenza di controlli supplementari in modo di evitare duplicazioni di finanziamento, la Repubblica italiana rileva che, in esito alle osservazioni formulate dai servizi della Commissione, si è provveduto, con la Determinazione Dirigenziale del 19 maggio 2004, ad apporre sulle fatture acquisite al fine di erogazione dei contributi un apposito timbro al fine di evitare duplicazioni di finanziamenti relativi alle medesime spese.

252 La Commissione contesta le tesi della Repubblica italiana.

Giudizio del Tribunale

253 In limine, occorre rilevare che gli argomenti della Repubblica italiana relativi all’assenza di un sistema formalizzato di notifica incrociata dei dati raccolti durante i controlli (v. supra, punto 246), alla verifica del rispetto dei requisiti di ammissibilità nei tre anni successivi all’istallazione (v. supra, punto 247) e ai controlli sulla redditività economica delle aziende (v. supra, punto 248) si riferiscono ad obiezioni che non sono state sollevate dai servizi della Commissione, ovvero sono state successivamente accantonate, come correttamente rilevato dalla Commissione. In ogni caso, tali obiezioni non risultano dalla relazione di sintesi sfociata nell’adozione della decisione impugnata, sicché i relativi argomenti devono essere respinti in quanto inconferenti.

254 Riguardo, poi, all’insufficienza di controllo dei requisiti minimi da rispettare in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, è sufficiente rilevare, per il 2001, che dal verbale della riunione bilaterale del 26 maggio 2004 risulta che la Repubblica italiana ha riconosciuto l’assenza di tali controlli per l’anno in esame. Inoltre, negli atti di causa, la Repubblica italiana si limita ad affermare che la presentazione della domanda di aiuto costituisce, di per sé, autocertificazione del rispetto dei requisiti minimi, senza suffragare in modo circostanziato tale affermazione generica. Quanto al 2002, la Repubblica italiana si limita ad affermare che i controlli sono stati svolti correttamente, riferendosi ad informazioni che avrebbe fornito alla Commissione e che sarebbero riprese nella lettera di quest’ultima del 16 aprile 2004. Orbene, sia da tale lettera che dal verbale della riunione bilaterale del 26 maggio 2004 risulta che i servizi della Commissione riservavano la loro valutazione definitiva nell’attesa di ricevere le informazioni richieste alle autorità italiane. Poiché l’onere della prova incombeva alla Repubblica italiana, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 37, alla stessa incombeva presentare tali informazioni alla Commissione. Orbene, è giocoforza rilevare che, con la sua risposta ad un quesito posto in proposito dal Tribunale all’udienza, la Repubblica italiana non è stata in grado di dimostrare di aver presentato alla Commissione informazioni tali da dimostrare che, nel 2002, i controlli dei requisiti minimi erano stati correttamente svolti nella Regione Piemonte. Quanto al miglioramento della situazione a seguito dell’adozione, a livello regionale, di una decisione nel 2002 che le autorità regionali avrebbero menzionato, da tale verbale risulta che la Commissione ne aveva preso atto, ritenendola insoddisfacente. In ogni caso, dal punto 9.3.2 del capitolo B della relazione di sintesi risulta che la Repubblica italiana non dubita della fondatezza dei risultati messi in evidenza dai servizi della Commissione, ma si limita a sottolineare i miglioramenti apportati nel corso degli ultimi anni. Infine, ogni riferimento della Repubblica italiana all’anno 2000 deve essere respinto in quanto inconferente, atteso che i controlli dei servizi della Commissione in oggetto riguardavano gli anni 2001 e 2002.

255 Per quanto riguarda, peraltro, la censura relativa all’assenza di un’analisi dei rischi nella selezione del campione di beneficiari da controllare in loco, occorre ricordare che l’art. 6, n. 4, del regolamento n. 3887/92 precisa che le domande oggetto di controlli in loco sono determinate sulla base di un’analisi dei rischi che tiene conto di criteri precisi elencati nel medesimo articolo (importo dell’aiuto; numero di parcelle, della superficie o del numero di animali per i quali l’aiuto è richiesto; evoluzione in rapporto all’anno precedente; constatazioni fatte nei controlli degli anni precedenti; altri parametri definiti dagli Stati membri). Di conseguenza, scegliendo i beneficiari degli aiuti da sottoporre a controllo in modo aleatorio, la Repubblica italiana non ha rispettato l’art. 6, n. 4, del regolamento n. 3887/92. Peraltro, l’argomento della Repubblica italiana relativo all’adozione di adeguati criteri di rischio nella normativa regionale al fine di tener conto delle osservazioni della Commissione non può essere accolto, come precedentemente esposto.

256 Quanto, poi, all’argomento relativo all’assenza di informazioni dei beneficiari delle misure a) e b) riguardo ai requisiti minimi da rispettare in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, si deve rilevare che, sia nel verbale della riunione del 26 maggio 2004 che nel ricorso, la Repubblica italiana ha riconosciuto l’assenza di documenti che riprendessero gli obblighi concreti che i beneficiari dovevano adempiere per rispettare i requisiti minimi. Essa deduce, ancora una volta, l’adozione di misure di rettifica, a seguito delle osservazioni degli ispettori comunitari, consistenti in un manuale che riprende alcune indicazioni pratiche relative ai requisiti minimi da rispettare e in una dichiarazione con la quale i beneficiari dell’aiuto si impegnano a rispettarli. Tale argomento deve, di nuovo, essere respinto.

257 Infine, quanto all’argomento relativo alle fatture non contrassegnate dalle autorità di controllo e all’inesistenza di controlli supplementari per evitare un duplice pagamento, è giocoforza rilevare che la Repubblica italiana si limita a far valere le misure di rettifica adottate a seguito degli orientamenti comunitari e che tale argomento non può essere accolto. Inoltre, dal verbale della riunione bilaterale del 26 maggio 2004 risulta che le autorità regionali hanno riconosciuto tale carenza per gli anni 2001 e 2002.

258 Dalle suesposte considerazioni risulta che la Repubblica italiana non è stata in grado di confutare i rilievi della Commissione relativi alle carenze dei controlli nella Regione Piemonte, con elementi di prova tali da dimostrare l’esistenza di un controllo affidabile e operativo che consentisse di concludere nel senso dell’assenza delle irregolarità contestate.

259 La censura relativa alle carenze rilevate nella Regione Piemonte deve pertanto essere respinta.

5. Sulla rettifica applicata a seguito dell’inosservanza dei termini di pagamento relativi al premio per i bovini per l’esercizio 2003

La normativa comunitaria

260 L’art. 4 del regolamento (CE) della Commissione 16 febbraio 1996, n. 296, relativo ai dati che devono essere forniti dagli Stati membri ed alla contabilizzazione mensile delle spese finanziate dalla sezione garanzia del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che abroga il regolamento (CEE) n. 2776/88 (GU L 39, pag. 5), prevede al suo n. 2 che qualsiasi spesa effettuata al di là dei termini o delle scadenze prescritti verrà imputata con una riduzione degli anticipi, secondo le modalità ivi precisate. Detto paragrafo dispone anche che la Commissione applicherà una graduazione differente e/o dei tassi di riduzione inferiori o nulli qualora si dovessero verificare particolari condizioni di gestione per talune misure, o se vi siano giustificazioni fondate presentate dagli Stati membri.

Relazione di sintesi

261 Secondo il punto 1.1.1 del capitolo C della relazione di sintesi, la Commissione ha esaminato i ritardi di pagamento rilevati nel corso del periodo dal 16 ottobre 2002 al 15 ottobre 2003, conformemente all’art. 4 del regolamento n. 296/96. A seguito di tale controllo, di discussioni bilaterali e dell’adizione, da parte delle autorità italiane, dell’organo di conciliazione, la Commissione ha applicato rettifiche concernenti diverse voci di bilancio e, segnatamente, il premio per i bovini.

Argomenti delle parti

262 La Repubblica italiana contesta la rettifica finanziaria di EUR 26 707 597,17, relativa ai premi per i bovini per i ritardi nel pagamento accertati nel corso del periodo dal 16 ottobre 2002 al 15 ottobre 2003, connessi con disfunzioni della banca dati nazionale per l’identificazione dei bovini. Essa deduce che tale rettifica si sovrapporrebbe indebitamente alle precedenti rettifiche finanziarie adottate dalla Commissione per le campagne 2000 e 2001. Essa contesta, al riguardo, la lettura della Commissione del parere reso dall’organo di conciliazione, nonché le conclusioni cui la Commissione è pervenuta. Atteso che sia le precedenti rettifiche forfettarie, imposte a causa dell’inefficacia della banca dati nazionale, sia la presente rettifica puntuale determinata dal ritardo nel pagamento dei premi risulterebbero dalla medesima carenza, l’importo della rettifica forfettaria, come avrebbe suggerito l’organo di conciliazione, dovrebbe essere detratto da quello della rettifica specifica, anche se la rettifica forfettaria è antecedente alla rettifica specifica, come nel caso in esame. Essa ritiene, inoltre, che nel caso di ritardi di pagamento determinati da insufficienze che hanno dato luogo a rettifiche forfettarie, la detrazione debba riferirsi non agli esercizi finanziari ma alle campagne oggetto di rettifica.

263 La Commissione contesta gli argomenti della Repubblica italiana.

Giudizio del Tribunale

264 È giocoforza rilevare che gli argomenti della Repubblica italiana si fondano su un’asserita duplice rettifica. Orbene, come correttamente dedotto dalla Commissione e come emerge chiaramente dalla relazione di sintesi, la rettifica contestata nel caso di specie riguarda l’esercizio finanziario 2003, mentre le rettifiche precedenti vertevano su altri esercizi finanziari. Si tratta, pertanto, di diversi esercizi finanziari. In tale contesto, non può essersi verificata una duplice rettifica.

265 In ogni caso, è giocoforza rilevare che la Repubblica italiana non contesta che la banca dati non era operativa nel corso del periodo di cui trattasi né che i pagamenti erano stati effettivamente eseguiti tardivamente, circostanze sufficienti al fine di giustificare la rettifica applicata.

266 La censura della Repubblica italiana nei confronti della rettifica operata per il mancato rispetto dei termini di pagamento deve, di conseguenza, essere respinta. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in toto.

Sulle spese

267 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è risultata soccombente, quest’ultima va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.



Czúcz


Cooke


Labucka






Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 settembre 2008.

Il cancelliere


Il presidente

Indice


Contesto normativo

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1. Sulle rettifiche nel settore degli ortofrutticoli

Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di inosservanza del piano d’azione da parte delle organizzazioni di produttori

Normativa comunitaria

Relazione di sintesi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla rettifica relativa alle carenze dei controlli sui prodotti ritirati ai fini del compostaggio e della biodegradazione

La normativa comunitaria

Relazione di sintesi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla rettifica finanziaria connessa all’insufficienza dei controlli chiave delle organizzazioni di produttori

La normativa comunitaria

Relazione di sintesi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2. Sulle rettifiche nei settori del latte e dei prodotti lattiero-caseari

La normativa comunitaria

Relazione di sintesi

Sulla prima rettifica, relativa al mancato rispetto della normativa comunitaria

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla seconda rettifica, relativa all’insufficienza dei controlli in loco

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

3. Sulle rettifiche nel settore dei seminativi

La normativa comunitaria

Sulla rettifica relativa alla mancata applicazione di sanzioni nell’ipotesi di negligenza grave o di false dichiarazioni formulate deliberatamente

Relazione di sintesi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla rettifica connessa con la qualità dei controlli in loco nella Provincia di Nuoro

Relazione di sintesi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

4. Sulla rettifica nel settore dello sviluppo rurale

La normativa comunitaria

Relazione di sintesi

Sul difetto di motivazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle carenze rilevate a livello nazionale

Sull’assenza di delega formale alle regioni

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’inesistenza di un sistema specifico di sanzioni nell’ipotesi di violazione degli obblighi connessi alle misure di sviluppo rurale

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’assenza di una check-list per l’esecuzione dei controlli relativi ai requisiti minimi ed alle buone pratiche agricole e sull’assenza di orientamenti nazionali in materia di controllo dei requisiti minimi

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sull’assenza di uno specifico sistema sanzionatorio nel caso di violazione delle buone pratiche agricole e dei requisiti minimi

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle carenze rilevate nella Regione Emilia Romagna

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle carenze rilevate nella Regione Piemonte

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

5. Sulla rettifica applicata a seguito dell’inosservanza dei termini di pagamento relativi al premio per i bovini per l’esercizio 2003

La normativa comunitaria

Relazione di sintesi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


 


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