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CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. IV, 10/09/2008, causa T‑381/04



 


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

10 settembre 2008 (*)

«FEAOG - Sezione “garanzia” - Spese escluse dal finanziamento comunitario - Premi animali e sviluppo rurale - Carenze nel sistema nazionale di gestione e di controllo»



Nella causa T‑381/04,

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Cattabriga e dal sig. L. Visaggio, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 16 luglio 2004, 2004/561/CE, che esclude dal finanziamento comunitario alcune spese eseguite dagli Stati membri a titolo del Fondo europeo di orientamento e di garanzia (FEAOG) sezione «garanzia» (GU L 250, pag. 21), nella parte in cui esclude talune spese eseguite dalla Repubblica italiana nei settori dei premi animali e dello sviluppo rurale,


IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dai sigg. O. Czúcz, presidente, J.D. Cooke e dalla sig.ra I. Labucka (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 novembre 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza



Contesto normativo

Normativa generale applicabile al finanziamento della politica agricola comune

1 Il finanziamento della politica agricola comune (PAC) è assicurato dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), istituito dal regolamento del Consiglio 4 aprile 1962, n. 25, relativo al finanziamento della PAC (GU 1962, n. 30, pag. 991), conformemente alle disposizioni dell’art. 34, n. 3, CE.

2 Le norme generali relative al funzionamento del FEAOG applicabili al caso di specie sono contenute nel regolamento (CEE) del Consiglio 21 aprile 1970, n. 729, relativo al finanziamento della PAC (GU L 94, pag. 13), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 22 maggio 1995, n. 1287 (GU L 125, pag. 1), applicabile alle spese eseguite fino al 31 dicembre 1999, nonché nel regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1258, relativo al finanziamento della PAC (GU L 160, pag. 103), applicabile alle spese eseguite a partire dal 1° gennaio 2000.

3 Ai sensi dell’art. 5, n. 2, lett. c), del regolamento n. 729/70 e dell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 1258/1999, la Commissione, previa consultazione del comitato del FEAOG, decide in merito alle spese non ammesse al finanziamento comunitario qualora constati che esse non sono state effettuate in conformità alle norme comunitarie. Prima che sia adottata una decisione di rifiuto del finanziamento, i risultati delle verifiche della Commissione e le risposte dello Stato membro interessato sono oggetto di comunicazioni scritte e, in difetto di accordo, lo Stato membro può chiedere che sia avviata una procedura volta a conciliare le rispettive posizioni.

4 Ai sensi dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 729/70 e dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1258/1999, gli Stati membri adottano, in conformità alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nazionali, le misure necessarie per accertare se le operazioni finanziate dal FEAOG siano reali e regolari, prevenire e perseguire le irregolarità e recuperare le somme perse a seguito di irregolarità o di negligenze.

5 Il regolamento (CE) della Commissione 7 luglio 1995, n. 1663 (GU L 158, pag. 6), stabilisce le modalità d’applicazione del regolamento n. 729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione «garanzia». Il suo art. 8, n. 1, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 22 ottobre 1999 n. 2245 (GU L 273, pag. 5), fissa norme specifiche in merito alla procedura applicabile qualora, a seguito di un’indagine, la Commissione ritenga che le spese non siano state effettuate nel rispetto delle norme comunitarie.

6 Il documento di lavoro della Commissione 23 dicembre 1997, VI/5330/97, intitolato «Linee guida per il calcolo delle conseguenze finanziarie nell’ambito della preparazione della decisione sulla liquidazione dei conti della sezione garanzia del FEAOG» (in prosieguo: il «documento di lavoro»), illustra gli orientamenti che l’istituzione si propone di seguire nell’applicazione di rettifiche finanziarie forfettarie nel quadro della procedura di liquidazione dei conti del FEAOG. Il documento di lavoro prevede che, qualora non sia possibile determinare l’entità reale dei pagamenti irregolari e, quindi, l’entità del danno finanziario a carico della Comunità, la Commissione applica rettifiche finanziarie forfettarie, di regola pari al 2%, al 5%, al 10% o al 25% della spesa dichiarata, in funzione dell’entità del rischio di danno. Per quanto riguarda le rettifiche finanziarie legate all’inadeguatezza dei controlli effettuati dalle autorità degli Stati membri, il documento di lavoro distingue i controlli essenziali dai controlli complementari. Sulla base di tali criteri, la Commissione applica varie aliquote di rettifiche forfettarie, che possono condurre, nei casi più gravi, ad una maggiorazione del 100%.

Normativa applicabile ai premi nel settore delle carni bovine

7 L’organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine, disciplinata, per quanto riguarda il presente procedimento, fino al 31 dicembre 1999 dal regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805 (GU L 148, pag. 24), come modificato, nella sua versione applicabile alle domande di premi per il 1999 e, a decorrere dal 1° gennaio 2000, dal regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1254 (GU L 160, pag. 21), prevede un sistema di premi e di misure di sostegno diretto agli allevatori. Ai fini del presente procedimento, rilevano sei di queste misure: il premio speciale per i produttori di tori e di manzi (in prosieguo: il «premio speciale»), il premio alla macellazione, il premio al mantenimento delle vacche nutrici o «premio per vacca nutrice», il pagamento per l’estensivizzazione (denominato, nel regolamento n. 805/68, «importo complementare»), il premio nazionale supplementare per vacca nutrice e i pagamenti comunitari supplementari (in prosieguo: i «pagamenti supplementari»).

Il premio speciale

8 Il premio speciale è concesso, su domanda del produttore di maschi bovini, due volte nella vita di ciascun manzo [all’età di 10 e di 22 mesi, secondo l’art. 4 b del regolamento n. 805/68, e all’età di 9 e di 21 mesi, secondo l’art. 4, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1254/1999] e una volta nella vita di ciascun toro [a partire dall’età di 10 mesi ed entro l’età di 21 mesi, secondo l’art. 4 b del regolamento n. 805/68, e a partire dall’età di 9 mesi secondo l’art. 4, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1254/1999]. Tuttavia, in applicazione del regolamento (CE) del Consiglio 23 luglio 2001, n. 1512, che modifica il regolamento n. 1254/1999 (GU L 201, pag. 1), per il 2001 il secondo pagamento del premio previsto per i manzi all’età di 21 mesi può essere concesso anche ai tori che hanno fruito del pagamento di tale premio una prima volta a partire dall’età di 9 mesi.

9 Per fruire di tale premio l’animale deve essere detenuto dal produttore a fini di ingrasso per almeno due mesi a partire dal giorno successivo a quello della domanda e deve essere accompagnato da un documento amministrativo diretto a garantire che venga concesso un solo premio per singolo capo e per singola fascia di età. Tale documento, denominato «documento amministrativo nazionale» nel regolamento n. 805/68, è costituito, secondo il regolamento n. 1254/1999, dal passaporto previsto all’art. 6 del regolamento (CE) del Consiglio 21 aprile 1997, n. 820, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine (GU L 117, pag. 1), o, in mancanza di tale passaporto, da un documento amministrativo equivalente. Il regolamento n. 820/97 è stato abrogato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 17 luglio 2000, n. 1760, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine (GU L 204, pag. 1), applicabile, conformemente al suo art. 25, alle carni bovine provenienti da animali macellati a partire dal 1° settembre 2000.

10 Il numero totale di animali che possono beneficiare del premio speciale è limitato dall’applicazione di un coefficiente di densità dei capi detenuti nell’azienda pari a 2 unità bestiame adulto (UBA) per ettaro e per anno civile. Tale coefficiente è correlato alla superficie foraggera aziendale adibita all’alimentazione degli animali presenti nell’azienda stessa. Tuttavia, un produttore è esentato dall’applicazione del coefficiente di densità qualora il numero di capi detenuti nell’azienda da prendere in considerazione per determinare il coefficiente di densità non sia superiore a 15 UBA [art. 4 g del regolamento n. 805/68 e art. 12 del regolamento n. 1254/1999].

11 Conformemente a tali disposizioni, per calcolare il coefficiente di densità si tiene conto dei bovini maschi, delle vacche nutrici, degli ovini e/o dei caprini per i quali sia stata presentata domanda di premio, delle vacche da latte necessarie per produrre il quantitativo globale di riferimento di latte assegnato al produttore e delle giovenche.

12 Nel calcolo di tale coefficiente si tiene conto inoltre della superficie foraggera, ossia della superficie dell’azienda disponibile durante tutto l’anno civile per l’allevamento dei bovini e degli ovini e/o dei caprini La superficie foraggera comprende le superfici utilizzate in comune e le superfici adibite ad una coltura mista.

Il premio per vacca nutrice

13 Il premio per vacca nutrice è concesso, entro i limiti di un massimale individuale stabilito conformemente all’art. 7 del regolamento n. 1254/1999, al produttore che per un anno a decorrere dalla data di presentazione della domanda non consegni né latte né prodotti lattiero‑caseari provenienti dalla sua azienda o il cui quantitativo globale di riferimento individuale di cui all’art. 4 del regolamento (CEE) del Consiglio 28 dicembre 1992, n. 3950, che istituisce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero‑caseari (GU L 405, pag. 1), sia inferiore o uguale a 120 000 kg. Ciò purché il produttore in questione detenga per almeno sei mesi consecutivi, a decorrere dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda, un numero di vacche nutrici pari almeno all’80% e un numero di giovenche pari al massimo al 20% di quello per il quale è richiesto il premio.

14 Le nozioni di «vacca nutrice» e di «giovenca» sono definite all’art. 3, lett. f) e g), del regolamento n. 1254/1999. Secondo tali disposizioni, si intende per vacca nutrice «una vacca appartenente ad una razza ad orientamento “carne” od ottenuta da un incrocio con una di tali razze ed appartenente a una mandria destinata all’allevamento di vitelli per la produzione di carne». La «giovenca», invece, è definita come «un animale femmina della specie bovina di 8 o più mesi che non ha ancora figliato».

15 Come il numero di bovini ammessi al premio speciale, anche quello degli animali che beneficiano del premio per vacca nutrice è limitato applicando un coefficiente di densità dei capi detenuti in azienda. Il calcolo di tale coefficiente segue le stesse regole sopra descritte in relazione al premio speciale.

Il premio nazionale supplementare per vacca nutrice e il pagamento per l’estensivizzazione

16 Gli Stati membri possono assegnare un premio nazionale supplementare per vacca nutrice alle condizioni fissate agli artt. 14-20 del regolamento n. 1254/1999.

17 I produttori che beneficiano del premio speciale per vacca nutrice e/o del premio speciale possono inoltre ricevere un pagamento per l’estensivizzazione, a condizione che il coefficiente di densità dell’azienda per l’anno civile in questione sia inferiore o uguale ad una certa soglia. Secondo l’art. 4 h del regolamento n. 805/68, tale soglia è fissata a 1,4 UBA per ettaro a seconda dell’ammontare del premio. L’art. 13 del regolamento n. 1254/1999, invece, fissa la soglia a 1,4 UBA per ettaro. È tuttavia previsto che gli Stati membri, per il 2000 e il 2001, possano fissare il pagamento per l’estensivizzazione a due livelli: uno, più basso, per un coefficiente di densità pari o superiore a 1,6 UBA per ettaro ma inferiore a 2,0 UBA per ettaro e un altro, più elevato, per un coefficiente di densità inferiore a 1,6 UBA per ettaro.

18 Ai sensi dell’art. 13, n. 3, del regolamento n. 1254/1999, in deroga a quanto previsto per la determinazione del coefficiente di densità applicabile al premio speciale e al premio per vacca nutrice, il coefficiente di densità dell’azienda è determinato sulla base del numero dei bovini maschi, delle vacche e delle giovenche presenti nell’azienda stessa durante l’anno civile in questione, nonché degli ovini e/o dei caprini per i quali sia stata presentata domanda di premio durante lo stesso anno civile. Inoltre, la superficie foraggera da prendere in considerazione per il calcolo del coefficiente di densità deve consistere per almeno il 50% di pascoli.

19 La definizione delle superfici di pascolo è lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, che la comunicano alla Commissione, conformemente all’art. 32, n. 5, del regolamento (CE) della Commissione 28 ottobre 1999, n. 2342, recante modalità d’applicazione del regolamento n. 1254/1999 (GU L 281, pag. 30). Tuttavia, è previsto che tale definizione tenga conto almeno del criterio secondo cui per pascolo si intendono i terreni erbosi che, alla luce delle prassi locali di allevamento, sono destinati all’allevamento di animali della razza bovina e/o ovina e del fatto che ciò non esclude l’utilizzazione mista dei pascoli durante lo stesso anno (pascolo, fieno, foraggi insilati).

20 Per accertare che il numero di animali calcolato conformemente alle disposizioni del regolamento n. 1254/1999 rispetti il coefficiente o i coefficienti di densità ivi previsti, gli Stati membri devono stabilire ogni anno almeno cinque date di censimento degli animali e informarne la Commissione (art. 32, n. 3, del regolamento n. 2342/1999).

21 Il censimento degli animali in tali date può aver luogo, a scelta degli Stati membri, secondo uno dei due metodi previsti dall’art. 32 del regolamento n. 2342/1999. Secondo il primo metodo, lo Stato membro chiede al produttore di dichiarare, sulla base del proprio registro di stalla, entro una data determinata dallo Stato membro, il numero di UBA o il numero di animali di ciascuna delle due categorie di bovini di cui all’allegato III del regolamento n. 1254/1999, cioè, da un lato, i bovini maschi e le giovenche di età superiore a 24 mesi, le vacche nutrici e le vacche da latte, e, dall’altro, i bovini maschi e le giovenche di età compresa tra i 6 e i 24 mesi. Il secondo metodo, riservato agli Stati membri che dispongono di una banca dati informatizzata conforme ai requisiti previsti dal regolamento n. 820/97 e ritengono che essa offra sufficienti garanzie di esattezza ai fini dell’applicazione del regime del pagamento per l’estensivizzazione, implica l’utilizzazione delle informazioni contenute in tale banca dati per determinare il numero di UBA.

Il premio alla macellazione

22 Il premio alla macellazione può essere concesso ai produttori che detengono nella loro azienda tori, manzi, vacche e giovenche di età pari ad almeno otto mesi, o vitelli di età compresa tra uno e sette mesi, il cui peso carcassa sia inferiore a 160 kg. Tale premio è attribuito alla macellazione o all’esportazione in un paese terzo entro i limiti dei massimali nazionali indicati nell’allegato III regolamento n. 2342/1999.

23 Il premio è versato al produttore che ha detenuto l’animale per un periodo minimo di due mesi, concluso meno di un mese prima della macellazione o dell’esportazione. Per i vitelli macellati prima dell’età di tre mesi il periodo di detenzione è di un mese (art. 37 del regolamento n. 2342/1999).

24 Oltre a quanto prescritto nell’ambito un sistema integrato di gestione e di controllo di cui al regolamento (CEE) del Consiglio 27 novembre 1992, n. 3508, che istituisce un sistema integrato di gestione e di controllo di taluni regimi di aiuti comunitari (GU L 355, pag. 1), ogni domanda contiene, nel caso di concessione del premio al momento della macellazione, un attestato del macello o un altro documento compilato o vistato dal macello con il quale si certifica il nome e l’indirizzo del macello (o un codice equivalente), la data di macellazione, nonché i numeri di identificazione e i numeri di macellazione degli animali, e ove si tratti di vitelli, il loro peso carcassa. Nel caso di esportazione dell’animale verso un paese terzo, la domanda contiene il nome e l’indirizzo del macello (o un codice equivalente), i numeri di identificazione degli animali, la dichiarazione di esportazione, nella quale si precisa l’età per gli animali nati dopo il 1° gennaio 1998 e, per i vitelli, il peso vivo, che non può superare i 290 kg, nonché la prova dell’uscita dal territorio doganale della Comunità, fornita analogamente a quanto previsto per le restituzioni all’esportazione.

25 Tuttavia, lo Stato membro può prevedere che la trasmissione delle informazioni di cui sopra venga effettuata, eventualmente per via elettronica, per il tramite di uno o più organismi riconosciuti dallo Stato membro.

26 Le autorità nazionali accertano l’esattezza degli attestati o dei documenti rilasciati e, se del caso, delle informazioni trasmesse per il tramite dell’organismo o degli organismi riconosciuti, procedendo a controlli regolari e non preannunciati.

I pagamenti supplementari

27 Gli Stati membri possono versare, alle condizioni fissate dagli artt. 14‑20 del regolamento n. 1254/1999, pagamenti supplementari per capo e/o per superficie a concorrenza di importi globali indicati nell’allegato IV dello stesso regolamento. I pagamenti per capo possono essere concessi per i bovini maschi di età superiore a 8 mesi, per le vacche nutrici, per le vacche da latte e per le giovenche. I pagamenti per superficie sono concessi per ettaro di pascolo permanente a determinate condizioni.

Registrazione e controllo

Il sistema di identificazione e di registrazione dei bovini

28 Secondo l’art. 21 del regolamento n. 1254/1999, per poter beneficiare dei regimi di premi previsti da tale regolamento gli animali devono essere identificati e registrati conformemente al sistema di identificazione e registrazione dei bovini previsto dal regolamento n. 820/97 e, dopo l’abrogazione di tale regolamento, dal regolamento n. 1760/2000.

29 Tale sistema si fonda su quattro elementi chiave: i marchi auricolari per l’identificazione dei singoli animali, i passaporti per gli animali, i registri individuali tenuti presso ciascuna azienda e le banche dati informatizzate costituite in ciascuno Stato membro (art. 3 del regolamento n. 820/97 e art. 3 del regolamento n. 1760/2000).

30 Le banche dati informatizzate dei bovini dovevano essere operative in tutti gli Stati membri dal 31 dicembre 1999 (art. 5 del regolamento n. 820/97 e art. 5 del regolamento n. 1760/2000). Per ciascun capo, la banca dati comprende il codice d’identificazione, la data di nascita, il sesso, la razza o il mantello dell’animale nonché il codice d’identificazione della madre, il numero d’identificazione dell’azienda di nascita, i numeri d’identificazione di tutte le aziende presso cui è stato detenuto l’animale e le date di ciascun movimento. La banca dati riprende anche la data di morte o di macellazione. Per ogni azienda, la banca dati fornisce il nome e l’indirizzo del detentore e un numero d’identificazione che comprende, oltre al codice del paese, un codice che non deve superare i 12 caratteri [art. 14 della direttiva del Consiglio 26 giugno 1964, 64/432/CEE, relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina (GU 1964, n. 121, pag. 1977), come modificata].

31 La banca dati deve permettere di conoscere, in ogni momento, i numeri d’identificazione di tutti i bovini presenti in un’azienda, l’insieme dei movimenti di tutti i bovini dalla nascita, oppure, nel caso di animali importati da paesi terzi, a partire dall’azienda di entrata nello Stato membro (art. 14 della direttiva 64/432).

Regolamento (CEE) n. 3887/92

32 Il regolamento (CEE) della Commissione 23 dicembre 1992, n. 3887 (GU L 391, pag. 36), come modificato, nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti, dispone le modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari. Tale regolamento è stato successivamente abrogato e sostituito dal regolamento (CE) della Commissione 11 dicembre 2001, n. 2419 (GU L 327, pag. 11). Il regolamento n. 3887/92 è tuttavia rimasto applicabile, ai sensi dell’art. 53 del regolamento n. 2419/2001, alle domande di aiuti presentate in riferimento alle campagne di commercializzazione o ai periodi di erogazione dei premi scaduti anteriormente al 1° gennaio 2002 e, di conseguenza, alla rettifica finanziaria di cui trattasi.

33 In particolare, l’art. 6 del regolamento n. 3887/92 fissa i criteri e le procedure tecniche applicabili ai controlli che gli Stati membri devono effettuare nell’ambito di tale sistema. Il n. 3 di tale disposizione prevede che i controlli in loco vertano almeno su un campione significativo delle domande e fissa la dimensione minima di tale campione. Per quanto riguarda le domande di aiuti versati per animale, c.d. aiuti «animali», detto campione è pari almeno al 10% delle domande presentate. In virtù del n. 5, secondo comma, dello stesso articolo, almeno il 50% del numero minimo di controlli in loco dev’essere effettuato durante il periodo di detenzione degli animali. Le modalità pratiche di svolgimento dei controlli in loco sono stabilite dal n. 6 della stessa disposizione.

34 L’art. 6, n. 6 bis, del regolamento n. 3887/92 detta disposizioni specifiche per i controlli relativi alla concessione del premio speciale, quando esso è pagato alla macellazione, e per la concessione del premio alla macellazione. A norma di tale disposizione, gli Stati membri sono tenuti a procedere a controlli in loco su almeno il 30% di tutti i macelli partecipanti. Tali controlli comprendono una verifica a posteriori dei documenti e dei controlli materiali, nonché un confronto con i dati inseriti nella banca dati informatizzata, conformemente all’art. 7 del regolamento n. 820/97.

35 I controlli nei macelli riguardano almeno il 5% del numero totale di animali per i quali sono state presentate domande di premio per un determinato anno. Se del caso, i controlli materiali nei macelli comprendono anche la verifica dell’ammissibilità al premio delle carcasse presentate alla pesata. L’autorità competente tiene un registro di tali controlli annotando, in particolare, i numeri di identificazione e il peso delle carcasse di tutti gli animali macellati e controllati nell’ambito del controllo in loco.

36 Per quanto riguarda i premi concessi per gli animali esportati verso paesi terzi, gli Stati membri garantiscono che almeno il 10% degli animali per i quali è stata presentata una domanda di premio siano soggetti a un controllo di identificazione al momento del carico per l’esportazione e dell’uscita dal territorio comunitario.

37 Gli artt. 10-10 octies del regolamento n. 3887/92 indicano le conseguenze da trarre nel caso della scoperta di irregolarità relative al numero di animali dichiarati o alle condizioni di ammissibilità agli aiuti comunitari.

Fatti

38 Tra la fine del 2000 e il secondo semestre del 2002 i servizi della Commissione hanno proceduto a diverse missioni di controllo in loco aventi ad oggetto l’applicazione in Italia del regime di premi per i bovini previsto dal regolamento n. 805/68 e dal regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1255, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero- caseari (GU L 160, pag. 48). Tali missioni si sono svolte tanto a Roma, presso la sede dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), quanto in diverse regioni italiane.

39 Nel corso di tali missioni, i servizi della Commissione hanno constatato che il sistema di controllo applicato in Italia nel settore dei premi per i bovini presentava numerose carenze.

40 Il 18 maggio 2001 la Commissione, in applicazione dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95, ha inviato alle autorità italiane una lettera contenente, in allegato, osservazioni in dettaglio e domande di informazioni complementari in seguito alla missione svolta in Italia.

41 In seguito ad uno scambio di corrispondenza tra le parti (lettere della Commissione del 16 gennaio e del 15 febbraio 2002) ed alle riunioni bilaterali del 22 novembre 2001 e del 3 ottobre 2002, la Commissione ha confermato la sua posizione finale, sopra descritta, con la lettera del 19 settembre 2003. Come emerge dalla sua lettera del 21 aprile 2004 la Commissione ha ribadito tale posizione in seguito al rapporto finale dell’organo di conciliazione dell’8 marzo 2004.

42 Su un piano generale, la Commissione ha rilevato che la banca dati per l’identificazione e la registrazione degli animali prevista dal regolamento n. 820/97 non era pienamente operativa. Sono stati constatati ritardi nell’aggiornamento dei dati in essa contenuti, nonché errori nella registrazione degli animali (con riferimento tanto ai movimenti quanto al sesso degli stessi). Sono stati riscontrati ritardi anche nell’identificazione e nell’apposizione dei marchi auricolari sui nuovi nati, nel rilascio dei passaporti e, quindi, nella prima registrazione dei bovini nella banca dati. La Commissione ha altresì constatato che per il 2000 e il 2001 non era stata verificata la corrispondenza tra il numero complessivo di animali presenti in azienda e il numero di animali risultanti nella banca dati. Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che non fossero state applicate le sanzioni previste all’art. 10 del regolamento n. 3887/92 e che fosse aumentato il rischio che le verifiche incrociate con la banca dati non rivelassero tutte le anomalie. È risultato infine che le autorità italiane avevano spesso respinto delle domande di premio se nei controlli in loco erano state riscontrate delle irregolarità nel registro aziendale tenuto dal produttore, senza tuttavia applicare sanzioni per le domande presentate nei dodici mesi precedenti.

43 Per quanto riguarda il premio per vacca nutrice, i servizi della Commissione hanno rilevato che, sebbene ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 1254/1999 dovessero essere considerate «vacche nutrici» ammissibili al premio le vacche che hanno figliato, a prescindere dalla loro età, le istruzioni nazionali per i controlli in loco indicavano come vacche nutrici ammissibili al premio le giovenche di età superiore ai 24 mesi o le vacche che hanno figliato almeno una volta. Secondo la Commissione, benché l’errore contenuto nelle istruzioni di controllo fosse stato portato all’attenzione delle autorità italiane e queste avessero affermato di avervi posto rimedio, alcuni ispettori continuavano ad applicare i criteri errati.

44 Per quanto attiene al premio speciale, nel 1999 e nel 2000, in occasione dei controlli in loco, dovevano essere sottoposti a controllo solo i bovini presenti in azienda per i quali fossero state presentate o potessero essere presentate domande di premio per la campagna in corso. Secondo la Commissione, ciò era in contrasto con l’art. 6, n. 6, del regolamento n. 3887/92, dato che tale disposizione assoggettava al controllo tutti i bovini presenti nell’azienda per i quali erano state presentate, o potevano essere presentate, domande di aiuto, indipendentemente dalla campagna nella quale tale domanda sarebbe stata presentata. Di conseguenza, è emerso che gli animali nati nel 1998 e nel 1999 per i quali non era stata avanzata richiesta di premio non erano stati sottoposti al controllo previsto, rispettivamente nel 1999 e nel 2000. Inoltre, per quanto riguarda le domande presentate nel 2001, la Commissione ha ritenuto che il livello minimo del 5% delle domande da controllare in loco nel periodo di detenzione, previsto dall’art. 6 del regolamento n. 3887/92, non fosse stato raggiunto. Infatti, la Commissione ha constatato che soltanto lo 0,55% delle domande era stato controllato in loco durante tale periodo. Pertanto, durante il periodo che avrebbe garantito la maggiore efficacia ai controlli per determinare l’ammissibilità di una domanda o per evitare irregolarità, la Commissione ha constatato la quasi totale assenza di controlli in loco.

45 Quanto al premio alla macellazione, è emerso che nel novembre 2000 erano state emanate istruzioni per la gestione ed il controllo di tale premio e che, di conseguenza, sino al dicembre 2000, le autorità italiane non avevano effettuato alcun controllo in loco presso le aziende o i macelli. È emerso altresì che i controlli in loco effettuati nel 2001 presso le aziende, che riguardavano anche le domande presentate nel 2000, si erano limitati ad un controllo puramente amministrativo. Inoltre, secondo la Commissione, non era previsto che il giorno del controllo in azienda gli animali venissero contati come stabilito dall’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92, con conseguente mancata applicazione di sanzioni ai sensi dell’art. 10 ter del regolamento n. 3887/92 e maggiore rischio di non individuazione delle anomalie.

46 I servizi della Commissione hanno riscontrato carenze anche nei controlli eseguiti dalle autorità doganali sul bestiame ammesso al premio alla macellazione al momento dell’esportazione. In particolare, a loro avviso, i controlli sull’identità degli animali esportati non fornivano garanzie sulla rappresentatività del metodo di campionamento, non venivano controllati i passaporti, la lettura dei marchi auricolari era eseguita mentre l’animale veniva scaricato dal camion e i servizi doganali non tenevano statistiche riepilogative sul numero di controlli d’identità effettuati sui bovini esportati dal 1° gennaio 2000.

47 Per quanto riguarda il pagamento per l’estensivizzazione, la Commissione ha constatato che le istruzioni per la gestione e il controllo di tale pagamento erano state diffuse soltanto a partire dal novembre 2000, cioè undici mesi dall’inizio dell’anno. La Commissione ha quindi rilevato che per il calcolo del coefficiente medio di densità, contrariamente al disposto dell’art. 32, n. 3, terzo comma, del regolamento n. 2342/1999, i produttori non avevano dovuto comunicare la situazione esistente nella loro azienda ad ogni data di censimento. È emerso che nel 2001 i dati utilizzati per calcolare il coefficiente di densità erano stati tratti dalla banca dati per l’identificazione ed il riconoscimento degli animali. Tenuto conto dei ritardi nell’aggiornamento della banca dati, della mancata notifica da parte dei produttori dei movimenti e delle nascite, dei ritardi nell’apposizione del marchio auricolare e nella registrazione degli animali, la Commissione ha considerato che sussistevano fondati dubbi sulla correttezza dei calcoli del numero medio di UBA nell’azienda alle varie date del censimento.

48 È risultato inoltre che nel 2000 e nel 2001 i produttori italiani avevano inoltrato le domande di pagamento per l’estensivizzazione insieme alla prima domanda di premio per i bovini dell’anno in questione. Era stato pertanto possibile presentare le domande fino al 30 novembre di detti anni, termine ultimo per la presentazione del premio per vacca nutrice. La Commissione ha ritenuto che ciò fosse contrario all’art. 32, n. 1, del regolamento n. 2342/1999, che richiede al produttore di effettuare una dichiarazione di partecipazione al regime nella domanda di aiuti «superfici», da presentare entro il 1° luglio dell’anno in questione se dichiara semplicemente un pascolo permanente. È emerso altresì che la procedura seguita dalle autorità italiane aveva reso impossibile un’analisi del rischio adeguata per la selezione dei produttori da sottoporre ai controlli in loco per le superfici foraggere, in particolare dei produttori che non inoltravano domande di aiuto per il pascolo permanente.

49 La Commissione ha inoltre considerato che i criteri applicati dalle autorità italiane per definire il concetto di «pascolo», come richiesto dall’art. 13, n. 3, del regolamento n. 1254/1999 e dall’art. 32, n. 5, del regolamento n. 2342/1999, risultavano piuttosto arbitrari, in quanto erano considerate aree destinate al pascolo tutte le aree nelle quali gli animali potevano entrare escludendo da tale nozione solo le aree ad essi assolutamente non accessibili. Secondo la Commissione, le parcelle di terreno potevano quindi essere definite o aree destinate interamente al pascolo o aree non destinate al pascolo, senza possibilità intermedie. A suo avviso, le istruzioni non prevedevano il caso di parcelle con arbusti, frutteti o foreste dove gli animali pascolano soltanto in parte ma che non sono comparabili ad un prato erboso in termini di quantità e qualità del foraggio disponibile. La Commissione ne ha dedotto che tali criteri non erano conformi né ai principi del regolamento n. 1254/1999, né alla definizione di «pascolo» comunicata alla Commissione dalle autorità italiane ai sensi dell’art. 32, n. 5, del regolamento n. 2342/1999, secondo la quale: «il pascolo è l’area occasionale o permanente direttamente fruibile dagli animali». Tale definizione comprende le aree naturali o coltivate che vengono falciate e le aree con boscaglie o alberi la cui biomassa può essere utilizzata direttamente dagli animali.

50 Infine, i servizi della Commissione hanno rilevato che, considerate tali anomalie, la banca dati di identificazione e di riconoscimento degli animali non era adatta per calcolare il numero di UBA nell’azienda e determinare l’ammissibilità al premio. Secondo la Commissione, l’utilizzo della banca dati di identificazione e di riconoscimento per il calcolo del numero di unità di bestiame presenti nell’azienda per il 2001 aveva quindi creato un rischio di pagamenti indebiti.

51 Per quanto riguarda le regioni italiane, gravi carenze sono state riscontrate nel sistema di controllo applicato, per tutti i regimi di premi, nella Regione Lazio. La Commissione ha quindi constatato che, in tale regione, contrariamente a quanto previsto dall’art. 6, n. 6, lett. a), del regolamento n. 3887/92 e dalle disposizioni in materia di istruzioni per i controlli nazionali, non venivano controllati tutti i bovini considerati ammissibili. Secondo la Commissione, gli ispettori non si recavano in tutti i luoghi di detenzione e non esaminavano quindi tutti gli animali. Essa ne ha dedotto che questi ultimi non erano in grado di verificare la corrispondenza tra il numero di animali presenti in azienda e il numero di animali indicati nel registro e nella banca dati.

52 Di conseguenza, con decisione 16 luglio 2004 (GU L 250, pag. 21; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha escluso dal finanziamento comunitario talune spese effettuate dalla Repubblica italiana ai sensi del FEAOG, sezione «garanzia», a causa della loro mancata conformità alle disposizioni comunitarie.

Procedimento e conclusioni delle parti

53 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 settembre 2004, la Repubblica italiana ha proposto il ricorso in esame.

54 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha sottoposto per iscritto taluni quesiti alle parti, invitandole a rispondervi durante l’udienza.

55 Gli argomenti delle parti e le loro risposte ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale sono stati sentiti all’udienza del 21 novembre 2007.

56 La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

- annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

- condannare la Commissione alle spese.

57 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

- respingere il ricorso;

- condannare la Repubblica italiana alle spese.

In diritto

Sul motivo attinente ad un difetto di motivazione

Argomenti delle parti

58 La Repubblica italiana sostiene che, per procedere alle rettifiche finanziarie forfettarie contestate, la Commissione si è basata su una presunzione di danno al FEAOG, presunzione fondata su dati di fatto non significativi. La Repubblica italiana ritiene altresì che i controlli effettuati in Italia abbiano conseguito l’«effetto utile» dei controlli prescritti dalla normativa comunitaria, come è stato ampiamente dimostrato tanto in occasione delle verifiche in loco, quanto durante il procedimento amministrativo. Di conseguenza, considerata la mancata motivazione del rigetto, da parte della Commissione, delle osservazioni formulate a tale riguardo, la Repubblica italiana ritiene illegittima la rettifica finanziaria effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata.

59 La Commissione risponde che nell’intero corso del procedimento amministrativo di cui all’art. 8 del regolamento n. 1663/95, che ha preceduto l’adozione della decisione impugnata, le autorità italiane sono state informate della natura e della portata delle sue contestazioni e hanno argomentato in merito. La Commissione ritiene che ciò dimostri sufficientemente che la Repubblica italiana è sempre stata perfettamente a conoscenza di tutti gli elementi di fatto e di diritto invocati dalla Commissione a sostegno delle rettifiche finanziarie applicate poi con la decisione impugnata. L’esistenza di una motivazione insufficiente della decisione impugnata non potrebbe essere dedotta neanche dal fatto che, nel corso del procedimento amministrativo, le autorità italiane non hanno addotto elementi significativi, tali da smentire le constatazioni della Commissione e indurre quest’ultima a mutare avviso. Di conseguenza, la Commissione ritiene che gli argomenti del governo italiano non trovino alcun riscontro nei fatti e che essi debbano essere perciò respinti.

Giudizio del Tribunale

60 Secondo la giurisprudenza, nel particolare contesto dell’elaborazione delle decisioni relative alla liquidazione dei conti, la motivazione della decisione deve essere considerata sufficiente qualora lo Stato destinatario sia stato strettamente associato al procedimento di elaborazione di tale decisione e conosca i motivi per i quali la Commissione ritiene di non dover imputare al FEAOG l’importo controverso (v. sentenza della Corte 1° ottobre 1998, causa C‑27/94, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑5581, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

61 Si deve constatare che, nelle sue lettere del 18 maggio 2001, del 16 gennaio e del 15 febbraio 2002 inviate alle autorità italiane conformemente all’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95, la direzione generale (DG) «Agricoltura» della Commissione ha descritto dettagliatamente i risultati delle verifiche effettuate dai suoi servizi. Tali elementi sono poi stati esaminati alla luce delle osservazioni presentate dalla Repubblica italiana durante le riunioni bilaterali del 22 novembre 2001 e del 3 ottobre 2002 alle quali quest’ultima ha partecipato, insieme alla Commissione. La posizione dei servizi della Commissione al termine di tale procedimento amministrativo è stata dettagliatamente esposta in una lettera inviata da quest’ultima alle autorità italiane il 19 settembre 2003, conformemente all’art. 8, n. 1, del regolamento n. 1663/95. Con lettera del 21 aprile 2004 i servizi della Commissione hanno trasmesso alle autorità italiane le loro osservazioni sul rapporto finale dell’organo di conciliazione 8 marzo 2004.

62 Peraltro, le lettere del 18 maggio 2001, del 16 gennaio e del 15 febbraio 2002, nonché il verbale della riunione del 22 novembre 2001, hanno per oggetto una selezione di problemi che costituiscono il merito della causa in esame. Dal verbale della riunione del 3 ottobre 2002, alla quale hanno partecipato la Commissione e la Repubblica italiana, emerge che l’insieme di tali problemi di fatto e di diritto sono stati oggetto di discussioni tra le parti. Per di più, essi vengono esaminati nuovamente nella lettera della Commissione del 19 settembre 2003.

63 Ne discende che la Repubblica italiana è stata strettamente associata all’elaborazione della decisione impugnata e che la Commissione l’ha informata dei suoi addebiti relativi ai rischi corsi dal FEAOG a causa delle anomalie da essa constatate.

64 Di conseguenza, il motivo attinente al difetto di motivazione è respinto.

Sul motivo attinente alla violazione dei principi in materia di liquidazione dei conti

Argomenti delle parti

65 La Repubblica italiana sostiene che, adottando la decisione impugnata, la Commissione ha violato i principi e la normativa comunitaria relativi al procedimento di liquidazione dei conti. Tali principi risulterebbero in particolare dal documento di lavoro, in quanto esso ribadirebbe le finalità di prevenzione e correzione di tale procedimento, piuttosto che il suo carattere repressivo. Secondo il documento di lavoro, le carenze accertate dagli organi di controllo nazionali non comporterebbero conseguenze finanziarie qualora venissero adottati adeguati provvedimenti correttivi.

66 La Commissione ritiene che la Repubblica italiana si limiti a citare un passaggio del documento di lavoro senza spiegare affatto in cosa consista la violazione denunciata. La Commissione contesta inoltre la rilevanza del riferimento fatto dalla Repubblica italiana alle carenze accertate dagli organi di controllo nazionali, dato che le carenze che hanno condotto alle rettifiche finanziarie controverse sono imputabili agli stessi organi di controllo nazionali, come constatato dai servizi della Commissione. Di conseguenza, secondo la Commissione, tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile, in quanto contrario all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura.

Giudizio del Tribunale

67 Occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere, in particolare, l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti.

68 Secondo una giurisprudenza costante, ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire in cosa consiste il motivo di ricorso di modo che la sola enunciazione astratta non risponde ai requisiti di detto regolamento. Inoltre, tale esposizione dev’essere sufficientemente chiara e precisa al fine di consentire alla parte convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni a sostegno. Per garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, perlomeno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’istanza stessa (v. sentenza del Tribunale 28 marzo 2000, causa T‑251/97, T. Port/Commissione, Racc. pag. II‑1775, punti 90 e 91, e la giurisprudenza ivi citata).

69 Nell’ambito del motivo in esame, la Repubblica italiana si limita a fare astrattamente riferimento ai principi riportati nel documento di lavoro, senza presentare argomenti chiari e precisi riguardo ad essi, il che non consente al Tribunale di valutare la rilevanza di detti principi al fine di giudicare la fondatezza del motivo stesso.

70 Ne discende che il motivo in esame è irricevibile.

Sul motivo attinente alla violazione delle linee direttrici per la semplificazione della PAC

Argomenti delle parti

71 Secondo la Repubblica italiana, la posizione adottata dalla Commissione nell’applicazione delle rettifiche finanziarie controverse è contraria agli orientamenti contenuti nel documento della DG «Agricoltura» relativo alle linee direttrici per la semplificazione della PAC del 28 maggio 1999, in particolare, in quanto esso sottolinea che è necessario tener conto, in fase di applicazione da parte degli Stati membri della legislazione comunitaria in materia di controllo, delle possibili difficoltà amministrative, alla cui luce vanno concordate, con le autorità dello Stato membro interessato, le relative misure da intraprendere e le conseguenti modalità e la tempistica.

72 La Commissione osserva di non comprendere in cosa consista la violazione contestata né di quale documento si tratti. Presumendo che la Repubblica italiana volesse riferirsi al documento allegato alla nota del direttore generale della DG «Agricoltura» 12 maggio 1999, intitolato «Lignes directrices pour la simplification de la PAC», messo a disposizione degli Stati membri in francese e in inglese, la Commissione rileva che tale documento si riferisce allo sforzo di semplificazione in cui sono impegnati i suoi servizi nell’elaborazione della legislazione in materia agricola e non certo alle conseguenze da trarre in caso di carenze, da parte degli Stati membri, nell’esecuzione dei controlli previsti dalla normativa comunitaria. Ne consegue che neanche tale motivo rispetterebbe l’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura e non potrebbe quindi essere accolto.

Giudizio del Tribunale

73 Occorre rilevare che la ricorrente non ha prodotto il documento al quale ha fatto riferimento. Per di più, si deve constatare che la Repubblica italiana non ha formulato addebiti relativi ad un’eventuale violazione delle linee direttrici di cui trattasi, non consentendo, in tal modo, alla Commissione di preparare la sua difesa, né al Tribunale di valutare la fondatezza dei suoi argomenti.

74 Di conseguenza, conformemente alla giurisprudenza relativa all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura (v. punto 68, supra), il motivo in esame dev’essere dichiarato irricevibile.

Sul motivo attinente alla violazione dell’art. 2, n. 1, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95

Argomenti delle parti

75 La Repubblica italiana fa riferimento all’art. 2, n. 1, del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1), il quale dispone che i controlli e le misure e sanzioni amministrative sono istituiti solo qualora risultino necessari per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario e che essi devono avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un’adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. Secondo la Repubblica italiana, la posizione assunta dai servizi della Commissione, che si limita a riportare genericamente quanto già contenuto nelle precedenti fasi del procedimento, senza procedere all’analisi rigorosa e puntuale delle informazioni al riguardo fornite dalle autorità italiane, contrasta con tale disposizione e, in generale, con la normativa comunitaria vigente.

76 In primo luogo, la Commissione rileva che la Repubblica italiana non indica minimamente quali siano gli elementi di fatto e di diritto che essa intende addurre a sostegno di tale motivo e ritiene che esso debba essere dichiarato irricevibile per violazione dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura.

77 In secondo luogo, la Commissione osserva che, in ogni caso, il regolamento n. 2988/95 si applica, conformemente al suo art. 1, ai controlli, alle misure e alle sanzioni amministrative relative a irregolarità commesse dagli operatori economici, e non ai rapporti fra la Comunità e i suoi Stati membri.

78 Inoltre, pur ammettendo che il riferimento all’art. 2, n. 1, del regolamento n. 2988/95 debba essere interpretato nel senso che riguarda l’obbligo di rispettare il principio di proporzionalità nell’applicazione di rettifiche finanziarie nell’ambito del FEAOG, tale addebito sarebbe comunque privo di fondamento, in quanto, secondo una giurisprudenza costante relativa all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 729/70 e all’art. 2, n. 2, del regolamento n. 1258/1999, il FEAOG potrebbe finanziare solo le spese effettuate dagli Stati membri in conformità alle disposizioni comunitarie vigenti nell’ambito dell’organizzazione dei vari settori agricoli. Nei casi difficili, quando l’ammontare del danno subito non può essere accertato con precisione, la perdita per le finanze comunitarie dovrebbe essere determinata mediante una valutazione dei rischi ai quali queste sono esposte a motivo dell’insufficienza dei controlli constatata. In siffatti casi, spetterebbe allo Stato membro interessato dimostrare che le irregolarità accertate dalla Commissione non hanno inciso sul bilancio comunitario o vi hanno inciso in misura inferiore rispetto a quanto stimato dall’istituzione. Orbene, nel caso in esame, la Repubblica italiana non avrebbe affatto fornito tale dimostrazione. Ne consegue, secondo la Commissione, che tale motivo dev’essere respinto.

Giudizio del Tribunale

79 Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, si deve ritenere che l’argomentazione della Repubblica italiana sia sufficientemente chiara rispetto all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura e, di conseguenza, che si debba procedere all’esame della sua fondatezza.

80 A tale riguardo, occorre fare riferimento al regolamento n. 2988/95, che fissa i principi applicabili ai controlli, alle misure ed alle sanzioni dirette a garantire la tutela degli interessi finanziari delle Comunità.

81 L’art. 1 del regolamento n. 2988/95 dispone quanto segue:

«1. Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è adottata una normativa generale relativa a dei controlli omogenei e a delle misure e sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario.

2. Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un’azione o un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità (...)».

82 La nozione di «operatore economico» è invece definita all’art. 7 del regolamento n. 2988/95, il quale ha il seguente tenore letterale:

«Le misure e sanzioni amministrative comunitarie possono applicarsi agli operatori economici di cui all’articolo 1, ossia alle persone fisiche o giuridiche, nonché agli altri organismi cui il diritto nazionale riconosce capacità giuridica, che abbiano commesso l’irregolarità. Possono parimenti applicarsi alle persone che hanno partecipato all’esecuzione dell’irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa».

83 Di conseguenza, come risulta dagli artt. 1 e 7 di detto regolamento, è a giusto titolo che la Commissione ha affermato che i controlli, le misure e le sanzioni amministrative erano applicabili alle irregolarità commesse da operatori economici, e non ai rapporti fra la Comunità e i suoi Stati membri.

84 Il Tribunale rileva cha tanto dalla decisione controversa quanto dalle lettere e dai verbali delle riunioni bilaterali che hanno preceduto l’adozione della decisione controversa risulta che le irregolarità segnalate dalla Commissione sono imputabili alla Repubblica italiana e non agli operatori economici. Il regolamento n. 2988/95 non è quindi applicabile nella fattispecie.

85 Più in generale, per quanto riguarda l’applicazione del principio di proporzionalità da parte della Commissione, al quale sembra fare sostanzialmente riferimento la Repubblica italiana nella sua argomentazione relativa all’art. 2, n. 1, del regolamento n. 2988/95, occorre rilevare che, salvo per quanto concerne il livello delle sanzioni irrogate per le irregolarità relative al pagamento per l’estensivizzazione, il problema della proporzionalità delle sanzioni non è stato messo in discussione durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata. Inoltre, le rettifiche nella decisione impugnata sono generalmente applicate al tasso minimo, del 2 o del 5%, salvo le sanzioni relative ai premi per l’estensivizzazione (intervenuti, a livello nazionale, nel 2000 e nel 2001, e, per la Regione Lazio, nel 1999 e nel 2001), e le sanzioni relative al premio speciale per la Regione Lazio, nel 2001, entrambe al tasso del 10%.

86 Orbene, le indicazioni contenute nel documento di lavoro per il caso in cui sia impossibile determinare il danno finanziario subito dalla Comunità prevedono che la Commissione proceda a rettifiche finanziarie forfettarie ad un tasso del 2, del 5, del 10 o del 25%. Nei casi più gravi è previsto che la Commissione possa applicare un tasso maggiorato, che può giungere fino al 100%.

87 Di conseguenza, non si può mettere in discussione la proporzionalità delle sanzioni irrogate nella decisione impugnata.

88 Risulta da quanto precede che il motivo in esame dev’essere respinto.

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione nel funzionamento della banca dati di identificazione e di registrazione dei bovini

Argomenti delle parti

89 La Repubblica italiana sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, dal 1997 opera in Italia una banca dati centralizzata di identificazione e di registrazione degli animali, per i quali sono stati richiesti premi comunitari. La Repubblica italiana osserva che, non avendo gli ispettori della Commissione esaminato la detta banca dati, la Commissione non poteva produrre al riguardo un rapporto con cognizione di causa.

90 Inoltre, secondo la Repubblica italiana, i controlli sistematici della presenza effettiva, sui registri, delle UBA oggetto di una domanda di premio hanno consentito di limitare il rischio corso dal FEAOG ed hanno garantito la legittimità dei premi versati.

91 La Commissione considera del tutto privi di pertinenza gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana. Essa afferma di non aver mai messo in dubbio l’esistenza in Italia, di una banca dati per l’identificazione e la registrazione dei bovini, né che tale banca dati fosse, in qualche modo, operativa. La Commissione precisa che ciò che è stato contestato alle autorità italiane è che tale banca dati non era pienamente operativa e non forniva dunque un quadro aggiornato, esatto e completo della situazione degli animali ammissibili ai diversi regimi di premio previsti dall’organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine.

92 Il fatto di aver verificato l’effettiva registrazione degli animali nella banca dati prima di procedere al pagamento dei premi richiesti non avrebbe affatto eliminato i rischi corsi dal FEAOG. Le missioni svolte in loco dai servizi della Commissione avrebbero messo in luce non solo carenze nell’identificazione e nella registrazione iniziale dei nuovi nati, ma anche ritardi nella registrazione dei movimenti degli animali già figuranti nella banca dati.

93 Secondo la Commissione, la Repubblica italiana non può neanche far valere che la banca dati non è stata oggetto di controllo da parte dei servizi del FEAOG, che si sono limitati a verifiche a livello locale. Durante l’udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, la Commissione ha spiegato che, pur non avendo effettuato controlli della banca dati nel luogo della sua sede, a Teramo, essa aveva effettuato controlli presso le competenti autorità regionali, le hanno il compito di raccogliere i dati a livello regionale e di inserirli nella banca dati regionale, nonché presso talune aziende agricole.

Giudizio del Tribunale

94 Considerato che gli addebiti formulati dalla Commissione nei confronti del funzionamento della banca dati riguardavano per l’appunto l’affidabilità delle informazioni che vi erano inserite ed il loro utilizzo, e che le autorità regionali avevano il compito di raccogliere i dati e di inserirli nelle banche dati regionali, non v’è alcun dubbio che la Commissione poteva svolgere un controllo efficace di detta banca dati solo presso le regioni e non presso la sede centrale della banca dati, a Teramo. L’impiego di un tale metodo di controllo da parte della Commissione non significa che essa non ha proceduto al controllo della banca dati, ma al contrario, che proprio tale metodo di controllo ha consentito alla Commissione di svolgere un controllo efficace e pertinente e di constatare numerose anomalie nel funzionamento di detta banca dati.

95 Per quanto riguarda l’argomento della Repubblica italiana relativo all’assenza di rischi corsi dal FEAOG, nonché alla legittimità dei premi versati, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’onere di provare l’esistenza di una violazione delle norme dell’organizzazione comune dei mercati agricoli spetta alla Commissione. Di conseguenza, la Commissione è obbligata a giustificare la decisione con cui rileva la mancanza o l’inadeguatezza dei controlli attuati dallo Stato membro interessato. Tuttavia, la Commissione è obbligata non a dimostrare esaurientemente l’insufficienza dei controlli effettuati dalle amministrazioni nazionali o l’inesattezza dei dati da queste trasmessi, bensì a corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito di tali controlli o di tali dati. Lo Stato membro interessato, da parte sua, non può confutare le constatazioni della Commissione con semplici affermazioni non suffragate da elementi atti a dimostrare l’esistenza di un sistema di controlli affidabile ed operativo. A meno che esso non riesca a dimostrare che le constatazioni della Commissione sono inesatte, queste ultime costituiscono elementi che possono far sorgere fondati dubbi sull’istituzione di un sistema adeguato ed efficace di misure di sorveglianza e di controllo. Questo temperamento dell’onere della prova, di cui gode la Commissione, è dovuto al fatto che è lo Stato membro a disporre delle migliori possibilità per raccogliere e verificare i dati necessari ai fini della liquidazione dei conti del FEAOG, ed è quindi lo Stato che deve fornire la prova più circostanziata ed esauriente della veridicità dei propri controlli o dei propri dati, nonché, eventualmente, dell’inesattezza delle affermazioni della Commissione (v. sentenza della Corte 24 febbraio 2005, causa C‑300/02, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑1341, punti 33‑36 e la giurisprudenza ivi citata).

96 Nel caso di specie, occorre rilevare che la Repubblica italiana non presenta alcuna prova a sostegno del suo motivo diretto a contestare la posizione della Commissione contenuta nella decisione impugnata. Di conseguenza si deve constatare che la Repubblica italiana non è riuscita a confutare gli elementi di prova, presentati dalla Commissione durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, che avevano fatto sorgere fondati dubbi sull’affidabilità della banca dati.

97 Il motivo in esame deve quindi essere respinto.

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione nella gestione del premio per vacca nutrice

Argomenti delle parti

98 Per quanto riguarda la discussione tra le parti circa la definizione dell’espressione «vacca nutrice» riportata nelle istruzioni italiane per i controlli effettuati in loco, la Repubblica italiana osserva che tutte le disposizioni nazionali emanate in materia di controllo in loco durante il periodo in esame prevedevano espressamente che gli animali da considerare «vacche» dovessero aver partorito almeno una volta. Tale criterio sarebbe stato accompagnato, unicamente nella fase del controllo in loco, da un altro criterio, cioè quello relativo all’età degli animali (un animale di più di 24 mesi era considerato una vacca). Quest’ultimo criterio sarebbe stato inserito nelle disposizioni in esame per migliorare la tutela del FEAOG, considerato che le giovenche danno luogo alla concessione di un premio, conformemente alla normativa comunitaria, di modo che tale criterio presenterebbe una maggiore sicurezza per il FEAOG, e non un maggiore rischio. In ogni caso, la Repubblica italiana precisa che, nella fase del controllo amministrativo, il controllo ha riguardato, per la totalità delle domande, la condizione relativa all’avvenuto parto, ai fini dell’individuazione dell’animale come «vacca» o come «giovenca».

99 Durante l’udienza, la Repubblica italiana ha osservato che, in pratica, tale criterio aggiuntivo riguardava talune razze autoctone, allevate in libertà. Essa rileva che è del tutto improbabile che un bovino femmina di età inferiore ai 24 mesi abbia già partorito, in quanto tali gravidanze si risolvono di regola in aborti. Non sarebbe quindi esatto considerare vacche nutrici tali giovenche.

100 La Commissione risponde che gli argomenti della Repubblica italiana mancano in fatto. Essa rileva che, nelle istruzioni di controllo per il 2000, diffuse dalle autorità italiane, ai fini dell’applicazione della nozione di «vacca nutrice ammissibile al premio» il criterio dell’età e quello del parto sono considerati alternativi. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, non è affatto escluso che bovini femmine che non avevano ancora figliato, qualificabili come «giovenche» secondo la normativa comunitaria, siano state considerate «vacche nutrici» dalle autorità italiane in quanto di età superiore ai 24 mesi, con conseguente alterazione della definizione delle espressioni «vacca» e «giovenca» prevista dal regolamento n. 1254/1999.

Giudizio del Tribunale

101 Occorre rilevare che, secondo le istruzioni di controllo diffuse dalle autorità italiane, una vacca nutrice ammissibile al premio è definita come di età pari a 24 mesi o come avente partorito almeno una volta al momento della presentazione della domanda, per cui è del tutto possibile, o addirittura inevitabile, che gli ispettori nazionali abbiano considerato «vacche nutrici» animali che non avevano mai partorito. Di conseguenza, poiché il premio per vacca nutrice può essere stato attribuito per animali non ammisibili, di 24 mesi ma che non hanno mai partorito, la Commissione non ha commesso errori constatando anomalie nella gestione del premio per vacca nutrice.

102 Di conseguenza, il motivo in esame dev’essere respinto.

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione in materia di premio speciale

Sull’addebito relativo alla violazione dell’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92

- Argomenti delle parti

103 La Repubblica italiana sostiene che l’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92 si riferisce ai capi di bestiame per i quali sono state o potrebbero essere presentate domande di aiuti, e non al numero complessivo di animali presenti in azienda. Essa aggiunge che, a tale riguardo, occorre considerare che nel 1998, quando è stata completata la detta disposizione, i bovini maschi che potevano essere oggetto di una domanda di premio a partire dall’età di otto mesi per un numero massimo di 90 capi per azienda e nel rispetto dell’onere relativo alle UBA per ettaro, di modo che non tutti i bovini presenti nell’azienda potevano essere ammissibili alla concessione del premio speciale.

104 In Italia, secondo l’interpretazione della normativa comunitaria applicabile per il periodo in esame, che gli ispettori nazionali giudicavano esatta, il controllo avrebbe riguardato i bovini che, durante le campagne di cui trattasi, erano stati o avrebbero potuto essere oggetto di una domanda di premio speciale.

105 La normativa comunitaria sarebbe stata poi modificata e chiarita dal regolamento n. 2419/2001, il cui art. 25, n. l, prevederebbe che i controlli in loco vertano sull’insieme degli animali per i quali è stato chiesto un aiuto nel quadro dei regimi da controllare, ivi compresi, per i regimi di aiuto per i bovini, i bovini per i quali non è stato chiesto l’aiuto. Secondo la Repubblica italiana, il fatto che si sia sentita l’esigenza di modificare o meglio chiarire in sede normativa i termini del controllo indica che la precedente versione di detto regolamento poteva indurre errate interpretazioni, non ascrivibili, pertanto, allo Stato membro interessato.

106 Per quanto riguarda le domande di premio per i bovini maschi per la campagna 2001, la Repubblica italiana sottolinea che il numero dei controlli in loco è stato pari al 15,8% delle domande pervenute, perciò ben superiori al 10% previsto dalla normativa comunitaria. Inoltre, l’entità dei bovini oggetto di controllo che alla data del controllo stesso risultavano ancora presenti in azienda e per i quali è stato, pertanto, possibile constatare fisicamente la presenza e la corretta identificazione è stata pari al 40% dei bovini soggetti al controllo.

107 Secondo la Commissione, l’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92 non presenta alcuna ambiguità nel prevedere la verifica di tutti i bovini presenti nell’azienda per i quali sono state presentate, o potranno essere presentate domande di aiuto. Nulla lascerebbe supporre che debba trattarsi, come erroneamente ritenuto dagli organi di controllo italiani, degli animali per cui sono state presentate, o potranno essere presentate, domande di aiuto per la campagna in corso. Al contrario, si tratterebbe qui di una precisazione del tutto arbitraria che avrebbe per effetto di restringere indebitamente il numero di animali da sottoporre a controllo e, pertanto, di minare l’efficacia dei controlli in questione.

108 La Commissione ritiene altresì che la modifica introdotta dal regolamento n. 2419/2001, che al suo art. 25, n. 1, riprende in parte il contenuto dell’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92, non abbia potuto incidere sulla portata di tale disposizione per quanto riguarda il problema in esame. Nessuna di tali disposizioni avrebbe limitato il controllo agli animali per cui era stata, o avrebbe potuto essere, presentata una domanda di aiuto per la campagna in corso.

109 La Commissione è dell’avviso che, anche a voler ammettere un’ambiguità nel tenore letterale dell’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92, le autorità italiane avrebbero dovuto interpretare tale disposizione alla luce delle finalità di tale regolamento, privilegiando una lettura idonea a salvaguardarne l’effetto utile e in particolare le finalità di controllo efficace perseguite da detto regolamento. Del resto, un siffatto obbligo sarebbe esplicitamente imposto agli Stati membri dall’art. 6, n. 1, del regolamento in questione, a norma del quale «[i] controlli amministrativi e in loco sono effettuati in modo da consentire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti e dei premi».

110 Durante l’udienza, in risposta ad un quesito del Tribunale, la Commissione ha indicato che tale esigenza di controllo estensivo era motivata da una volontà di riduzione dei costi amministrativi. La Commissione fa altresì riferimento all’art. 6 del regolamento n. 3887/92, che esige che i controlli siano effettuati in modo da garantire la verifica efficace del rispetto delle condizioni per la concessione degli aiuti e dei premi. La Commissione illustra tale considerazione con l’esempio del premio alla macellazione, che può essere chiesto fino a sei mesi dopo la macellazione: in questo caso sarebbe possibile sapere se l’animale è stato effettivamente presente nell’azienda solo qualora il controllo sia stato effettuato prima della presentazione di una domanda di premio.

111 Per tutte queste ragioni, la Commissione ritiene che il motivo in esame debba essere dichiarato infondato.

- Giudizio del Tribunale

112 Occorre rilevare che il passaggio dell’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92 che rileva ai fini dell’esame del problema sollevato nel caso di specie è il seguente: «tutti i bovini presenti nell’azienda per i quali sono state presentate, o potranno essere presentate, domande di aiuto». Il suo tenore letterale non è stato alterato dagli atti di modifica di detto regolamento intervenuti durante il periodo di cui trattasi.

113 Si deve altresì constatare che, contrariamente a quanto sostenuto sostanzialmente dalla Repubblica italiana, il tenore letterale dell’art. 6, n. 6, lett. d), di detto regolamento è chiaro, e che tale disposizione non limita alla campagna in corso gli obblighi di identificazione e di controllo degli animali.

114 Il diverso tenore letterale impiegato nell’art. 25, n. 1, del regolamento n. 2419/2001, che abroga e sostituisce il regolamento n. 3887/92, fatto valere dalla Repubblica italiana, è irrilevante ai fini dell’esame del problema di cui trattasi, in quanto non è applicabile alla rettifica finanziaria controversa. Inoltre, il fatto che il tenore letterale dell’art. 25, n. 1, del regolamento n. 2419/2001 venga precisato rispetto all’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92 non implica un’imprecisione di quest’ultimo.

115 Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, nonché dei chiarimenti forniti dalla Commissione durante l’udienza in merito alla necessità di un controllo estensivo (v. punto 110 supra), l’addebito in esame dev’essere respinto.

Sull’addebito relativo alla violazione dell’art. 6, nn. 3 e 5, del regolamento n. 3887/92

- Argomenti delle parti

116 La Repubblica italiana, pur ammettendo che i controlli in loco relativi alle domande per la campagna 2001 sono stati effettuati in ritardo, osserva che, nel 2001, l’esecuzione dei controlli è stata resa particolarmente difficoltosa a causa dei vincoli sanitari introdotti a seguito delle patologie dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e della febbre catarrale che hanno limitato l’accesso alle stalle da parte del personale tecnico preposto al controllo. Tali vincoli avrebbero così contribuito a ritardare le attività di verifica al di là del periodo di due mesi dalla data di presentazione della domanda di aiuto previsto dall’art. 5 del regolamento n. 2342/1999. Malgrado tale situazione, sebbene la percentuale minima di controlli previsti dalla normativa fosse del 10%, i controlli in loco sarebbero stati effettuati nel 15,8% delle aziende. Inoltre, la Repubblica italiana rileva che, per il 40% dei controlli effettuati oltre il termine di due mesi, i bovini oggetto di una domanda di premio erano ancora presenti nella stalla, di modo che è stato possibile accertarne l’identità. Essa sostiene altresì che il tasso di controlli effettuati è stato discusso a più riprese con la Commissione durante il procedimento amministrativo e, da ultimo, durante il procedimento di conciliazione.

117 La Commissione osserva anzitutto che, come risulta dalle statistiche fornite dalle autorità italiane nel corso del procedimento amministrativo, la percentuale di controlli in loco eseguiti durante il periodo di detenzione è stata pari allo 0,55% delle domande d’aiuto presentate per la campagna 2001. In secondo luogo, per quanto riguarda l’efficacia dei controlli eseguiti dopo il periodo di detenzione, la Commissione rileva che il fatto di aver rinvenuto nell’azienda degli animali per cui era stato richiesto il premio dopo il periodo di detenzione non prova minimamente che gli stessi animali si trovassero nello stesso luogo durante detto periodo. Tale circostanza, dunque, non sarebbe tale da influire sul rispetto degli obblighi di controllo imposti dall’art. 6, nn. 3 e 5, del regolamento n. 3887/92.

118 Durante l’udienza, la Commissione ha precisato che, dal momento che la BSE e la febbre catarrale si trasmettono per il tramite di insetti, tali patologie non potevano costituire la ragione per cui è stato limitato o addirittura reso impossibile l’accesso degli ispettori nelle aziende.

- Giudizio del Tribunale

119 Occorre anzitutto prendere atto delle indicazioni della Commissione circa le modalità di trasmissione della BSE e della febbre catarrale, nonché del fatto che la Repubblica italiana non le contesta. Inoltre, il Tribunale rileva che è già stato constatato nella giurisprudenza che la febbre catarrale potrebbe trasmettersi per via alimentare (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265, punto 5). In ogni caso, nessuna di tali modalità di trasmissione è legata alla presenza del personale tecnico nelle aziende. Tale argomento deve quindi essere respinto.

120 Per quanto attiene poi alla percentuale dei controlli effettuati, va rilevato che, secondo l’art. 6, n. 3, del regolamento n. 3887/92, i controlli in loco devono riguardare almeno il 10% delle domande di aiuti «animali». Secondo il n. 5 dello stesso articolo, almeno il 50% dei controlli minimi degli animali va eseguito durante il periodo di detenzione. Di conseguenza, lo Stato membro è tenuto a garantire che almeno il 5% dei controlli «animali» si svolga durante il periodo di detenzione. Secondo i dati prodotti dalla Repubblica italiana, la percentuale dei controlli in loco effettuati durante il periodo di detenzione era pari allo 0,55%, e non al 5% come richiesto dal regolamento n. 3887/92. La Commissione ha quindi giustamente ritenuto che fosse insufficiente il numero dei controlli effettuati.

121 Di conseguenza, l’addebito in esame dev’essere respinto, come anche il motivo nel suo complesso.

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione nella gestione del premio alla macellazione

Argomenti delle parti

122 Quanto ai ritardi constatati dai servizi della Commissione nell’adozione delle istruzioni di controllo e nell’esecuzione dei controlli in loco relativi alle domande di premio alla macellazione presentate nel 2000, la Repubblica italiana rileva che, per l’anno in esame, primo anno di applicazione di tale premio, la maggior parte delle domande è stata registrata nel mese di ottobre. Di conseguenza, la circolare dell’AGEA contenente le istruzioni di controllo, sebbene adottata nel novembre 2000, sarebbe intervenuta in tempo utile.

123 Secondo la Repubblica italiana sono prive di fondamento anche le censure, formulate dai servizi della Commissione, circa i controlli realizzati dai servizi doganali sui bovini ammessi a beneficiare del premio alla macellazione al momento dell’esportazione. A tale riguardo, la Repubblica italiana sostiene che, salvo gli obblighi previsti all’art. 5 della direttiva del Consiglio 19 novembre 1991, 91/628/CEE, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e recante modifica delle direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE (GU L 340, pag. 17), e all’art. 2, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 18 marzo 1998, n. 615, recante modalità particolari di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per quanto riguarda il benessere degli animali vivi della specie bovina durante il trasporto (GU L 82, pag. 19), nessun’altra disposizione analoga impone misure di controllo più precise.

124 Secondo la Commissione, gli argomenti della Repubblica italiana si scontrano contro il dettato inequivoco dell’art. 6, n. 6 bis, del regolamento n. 3887/92 e dell’art. 35 del regolamento n. 2342/1999. L’emanazione tardiva delle istruzioni per l’espletamento dei controlli sul premio alla macellazione avrebbe inevitabilmente pregiudicato l’efficacia di tali controlli. L’art. 6, n. 6 bis, del regolamento n. 3887/92 e l’art. 35 del regolamento n. 2342/1999 imporrebbero, infatti, agli Stati membri, in relazione al premio alla macellazione, puntuali obblighi di controllo sui macelli. Tali controlli, di carattere tanto fisico che documentale, comprenderebbero, tra l’altro, verifiche materiali da effettuarsi all’atto della macellazione degli animali e della pesatura della carcassa. La Commissione fa valere che tali verifiche non possono essere sostituite - come si è verificato in Italia per le richieste di premio introdotte prima dell’emanazione delle istruzioni di controllo - da semplici controlli amministrativi svolti in occasione della presentazione delle domande di premio. In applicazione dell’art. 35 del regolamento n. 2342/1999, le domande di premio alla macellazione potrebbero infatti essere introdotte a diversi mesi dalla macellazione degli animali, quando i controlli fisici previsti dagli artt. 35 del regolamento n. 2342/1999 e 6, n. 6 bis, del regolamento n. 3887/92 non sono materialmente più possibili.

125 Inoltre, l’art. 6, n. 6 bis, del regolamento n. 3887/92 esigerebbe che gli Stati membri garantiscano che almeno il 10% degli animali esportati verso paesi terzi per i quali sia stata presentata o possa essere presentata una domanda di premio siano soggetti ad un controllo di identificazione al momento del carico per l’esportazione e l’uscita dal territorio comunitario. I controlli effettuati dalle autorità italiane alla dogana non offrirebbero al riguardo alcuna garanzia.

Giudizio del Tribunale

126 Occorre anzitutto rilevare che, sebbene, come affermato dalla Repubblica italiana, la maggior parte delle domande sia stata registrata nel mese di ottobre 2000, ciò non esclude che l’adozione tardiva della circolare dell’AGEA contenente le istruzioni di controllo abbia pregiudicato l’efficacia dei controlli effettuati prima della sua adozione, nel novembre 2000. È quindi a giusto titolo che la Commissione fa valere la violazione, da parte della Repubblica italiana, dell’art. 6, n. 6 bis, del regolamento n. 3887/92 e dell’art. 35 del regolamento n. 2342/1999.

127 D’altra parte, va rilevato che la Repubblica italiana non presenta alcuna prova a sostegno del suo motivo diretto a contestare la posizione della Commissione contenuta nella decisione impugnata. Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 95, supra, occorre constatare che la Repubblica italiana non è riuscita a confutare gli elementi di prova presentati dalla Commissione durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, i quali avevano fatto sorgere fondati dubbi sulla gestione del premio alla macellazione.

128 Inoltre, come già constatato al punto 120, supra, i controlli in loco durante il periodo di detenzione non sono stati sufficienti e non hanno riguardato tutti gli animali presenti nell’azienda. Ciò ha inevitabilmente comportato notevoli lacune nel controllo durante il periodo di detenzione e durante la macellazione, creando così un rischio per il FEAOG.

129 Di conseguenza, il motivo in esame dev’essere respinto.

Sul motivo attinente all’inadeguatezza dei controlli sul pagamento per l’estensivizzazione

Argomenti delle parti

130 La Repubblica italiana ammette che le modalità di applicazione dei premi zootecnici nel 2000 sono state emanate con il decreto 25 maggio 2000, quando i termini per la presentazione degli aiuti versati per superficie, i cosiddetti aiuti «superficie», erano già scaduti, di modo che è stato impossibile, per gli allevatori, presentare nel 2000 una domanda di premio. Per sopperire a detta carenza, agli agricoltori sarebbe stata data la possibilità di presentare una domanda per detto premio con la prima domanda relativa ai «bovini maschi» o alle «vacche nutrici». Ciononostante, nel 2000, le domande legate all’estensivizzazione sarebbero state controllate al 100%, invece del 10% previsto, per quanto riguarda tanto le superfici dichiarate quanto gli animali presenti nelle aziende alle cinque date fissate dall’organismo pagatore conformemente alle disposizioni dell’art. 32, n. 3, del regolamento n. 2342/1999, ai fini della tutela del bilancio comunitario.

131 Quanto alla contestazione, da parte della Commissione, della definizione nazionale della nozione di «pascolo», la Repubblica italiana sottolinea che tale definizione è stata comunicata alla Commissione, che l’ha menzionata, senza alcuna osservazione, nel suo documento AGRI/7535/2000 del 15 marzo 2000. La Repubblica italiana non avrebbe ricevuto alcuna osservazione in merito da parte della Commissione. La Repubblica italiana sostiene altresì che, durante il procedimento amministrativo, l’organo di conciliazione ha giudicato perfettamente giustificata tale definizione. Inoltre, tale definizione terrebbe conto delle specificità del territorio italiano, caratterizzato dalla presenza di rilievi montuosi e, in particolare nelle regioni meridionali, da scarse e irregolari precipitazioni che limiterebbero notevolmente lo sviluppo della flora pabulare e renderebbe così necessaria l’utilizzazione della vegetazione arbustiva nell’alimentazione degli animali allo stato brado.

132 Quanto ai controlli sulle domande presentate nel 2000, la Commissione osserva che, sebbene il governo italiano, sulla base dei registri aziendali, abbia effettuato verifiche su tutte le domande di pagamento, tali verifiche non hanno tuttavia potuto escludere rischi finanziari per il FEAOG. Infatti, le missioni di controllo dei servizi del FEAOG effettuate in Italia avrebbero fatto emergere numerose irregolarità nella tenuta dei registri aziendali da parte degli allevatori. I dati desunti da tali registri e utilizzati dalle autorità italiane per calcolare i coefficienti di densità delle aziende richiedenti e verificare la loro ammissibilità al pagamento non offrivano dunque le necessarie garanzie di affidabilità. Le stesse considerazioni sarebbero applicabili alle domande di pagamento presentate per il 2001.

133 Gli argomenti dedotti dalla Repubblica italiana per giustificare la definizione della nozione di «pascolo» data dalle autorità italiane sarebbero privi di pertinenza. La Commissione osserva che essa non contesta tanto la definizione della nozione di «pascolo» fornita dalle autorità italiane in applicazione dell’art. 32 del regolamento n. 2342/1999, ma che essa ritiene inammissibile la prassi applicativa di tale definizione, in base alla quale intere aree sono state qualificate come «pascoli» previa semplice verifica della loro accessibilità da parte degli animali e senza alcun riscontro della loro concreta utilizzabilità ai fini dell’alimentazione degli animali. Tale prassi permetterebbe infatti, ad esempio, che intere aree boschive del tutto inidonee all’allevamento degli animali siano considerate come «pascoli» in quanto semplicemente accessibili da parte degli animali e che allevatori altrimenti esclusi, a causa del coefficiente di densità della loro azienda, dal beneficio del pagamento per l’estensivizzazione possano accedere a tale pagamento, con conseguente rischio finanziario per il FEAOG.

134 La Commissione cita altresì l’organo di conciliazione, il quale, al riguardo, avrebbe osservato quanto segue:

«Salvo la riserva generale secondo cui non spetta all’organo risolvere controversie giuridiche tra le parti, l’ampia definizione accolta dalle autorità italiane per delimitare le zone di pascolo comprese nelle superfici foraggere può infatti essere giustificata dal punto di vista dell’economia del settore a causa delle condizioni naturali presenti in diverse regioni italiane. È chiaro che l’assimilazione di tali zone, senza condizioni restrittive o limitative, a zone di pascolo permanente rende discutibile il calcolo del coefficiente di densità, che costituisce un elemento di base nella determinazione del diritto a tale aiuto».

135 Durante le missioni di controllo effettuate dai servizi del FEAOG, sarebbe altresì emerso che le autorità italiane non avevano applicato neppure in modo puntuale tale definizione, omettendo di verificare se tutta l’area qualificata «pascolo» fosse o meno «direttamente usufruibile dagli animali», come pure richiesto dalla nozione di pascolo da esse stesse elaborata. Di conseguenza, anche zone boschive assolutamente non idonee all’allevamento sarebbero state qualificate come «pascoli», previa semplice verifica della loro accessibilità da parte degli animali. Pertanto, la Commissione ritiene che il rischio per il FEAOG indotto dalla prassi applicativa della definizione di «pascolo» seguita dalle autorità italiane - insieme con il rischio insito in tale definizione e sottolineato tanto dall’organo di conciliazione quanto dalla relazione di sintesi - giustifichi pienamente la percentuale di correzione finanziaria applicata dalla decisione impugnata.

Giudizio del Tribunale

136 In primo luogo, per quanto riguarda la verifica delle domande presentate in merito al pagamento per l’estensivizzazione, occorre rilevare che la Commissione ha giustamente considerato che il fatto di effettuare verifiche riguardo a tutte queste domande non poteva escludere qualsiasi rischio finanziario per il FEAOG, dato che durante le missioni di controllo dei servizi del FEAOG sono state constatate diverse irregolarità nella tenuta dei registri delle aziende da parte degli allevatori. Infatti, tale considerazione è altresì connessa alle critiche della Commissione circa il funzionamento della banca dati, e, come constatato supra, la Repubblica italiana non è riuscita a confutare gli elementi di prova prodotti dalla Commissione a tale riguardo (in particolare relativamente ai ritardi nell’aggiornamento dei dati, nonché agli errori nella registrazione degli animali, per quanto riguarda l’identificazione dei loro spostamenti ed il loro sesso), che hanno fatto sorgere dubbi seri e ragionevoli, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 95, supra, in merito al funzionamento della banca dati della Repubblica italiana. Considerato che la Repubblica italiana non ha provato che la banca dati funzionava correttamente e conteneva informazioni aggiornate, la Commissione era legittimata a concludere che l’esame sulla base dei registri aziendali non offriva una sufficiente garanzia di affidabilità.

137 In secondo luogo, quanto alla nozione di «pascolo», occorre rilevare che la Commissione non contesta tanto la definizione fornita dalle autorità italiane, quanto piuttosto l’applicazione che ne viene fatta. Risulta dal fascicolo di causa che, durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, la Commissione ha scoperto che erano state considerate superfici di pascolo e foraggere terreni utilizzati per l’istallazione di piscine e campi da tennis. Nel caso di specie, va rilevato che la Repubblica italiana non presenta alcuna prova a sostegno del suo argomento diretto a contestare la posizione della Commissione contenuta nella decisione impugnata. Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 95, supra, occorre constatare che la Repubblica italiana non è riuscita a confutare gli elementi di prova, presentati dalla Commissione durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, i quali hanno fatto sorgere fondati dubbi in merito all’applicazione della definizione di «pascolo» da parte delle autorità italiane.

138 Pertanto, il motivo in esame dev’essere respinto.

Sul motivo attinente alle carenze nei controlli in loco constatate dalla Commissione nel Lazio

Argomenti delle parti

139 La Repubblica italiana sostiene che gli accertamenti compiuti dai suoi servizi regionali e dal Ministero della Sanità provano l’insussistenza di qualsiasi danno a carico del FEAOG. La decisione impugnata non terrebbe sufficientemente conto del fatto che, anche se non è stato possibile rispettare in tutti i punti la normativa comunitaria a causa delle caratteristiche proprie degli allevamenti dell’alto Lazio e della specificità dei pascoli di tale regione, le autorità italiane avrebbero effettuato controlli che hanno comunque consentito la realizzazione degli obiettivi perseguiti da detta normativa.

140 L’accertamento dell’inadempimento non sarebbe un dato meramente formale, ma sostanziale. La legittima aspettativa, fondata su un obbligo di reciproca collaborazione e di lealtà, presupporrebbe che i procedimenti di controllo costituiscano l’effettiva occasione di un confronto tra la Commissione e lo Stato membro e che tale confronto conduca ad una motivata presa di posizione. Durante le visite di controllo non sarebbero stati redatti processi verbali in contraddittorio, e pertanto non resterebbe traccia formale delle operazioni compiute e delle osservazioni dei rappresentanti delle amministrazioni nazionali, per cui i procedimenti di verifica si risolverebbero in ogni caso con un provvedimento carente sotto il profilo motivazionale. Tale situazione, da un lato, porrebbe il Tribunale nella condizione di non poter apprezzare nella sua completezza l’oggetto del contendere e, dall’altro, impedirebbe anche gli aggiustamenti nelle linee di indirizzo e nella normativa per adeguarli alla situazione reale dei settori di intervento.

141 La Commissione fa valere che alla base della correzione operata dalla decisione impugnata per le carenze rilevate nel Lazio si trova la constatazione che, in tale regione, le autorità preposte ai controlli non procedevano a verifiche relative a tutti i bovini ammissibili e, comunque, non si recavano in tutti i luoghi di detenzione degli animali e non li esaminavano tutti. La Commissione ne deduce che essi non erano pertanto in grado di verificare la corrispondenza tra il numero di animali presenti in azienda e quello indicato nel registro di stalla e nella banca dati. In assenza di una verifica sistematica di tale corrispondenza, secondo la Commissione i controlli che le autorità italiane sostengono di aver effettuato non hanno potuto garantire l’obiettivo della legislazione comunitaria applicabile, ossia che i premi per i bovini siano versati solo per animali effettivamente presenti in azienda ed ammissibili ai regimi di aiuto in questione. I documenti della Regione Lazio e del Ministero della Sanità prodotti dal governo italiano in allegato al proprio ricorso non proverebbero certo l’assenza di un rischio per il FEAOG. Al contrario, tali documenti confermerebbero le carenze riscontrate dai servizi della Commissione nell’espletamento, da parte delle autorità italiane, dei controlli sul versamento dei premi per i bovini nella regione in questione.

Giudizio del Tribunale

142 Occorre rilevare che la Repubblica italiana non fornisce alcuna prova a sostegno del suo motivo diretto a contestare la posizione della Commissione nella decisione impugnata. Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 95, supra, si deve constatare che la Repubblica italiana non è riuscita a confutare gli elementi di prova che la Commissione ha presentato durante il procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, come la constatazione che, nel Lazio, le autorità di controllo non procedevano a verifiche su tutti i bovini ammissibili e non si recavano in tutti i luoghi di detenzione degli animali e non li esaminavano tutti. Le carenze riscontrate circa i controlli in loco, aggiunte alle censure generali formulate dalla Commissione per quanto riguarda l’affidabilità della banca dati nazionale, costituiscono elementi sufficienti per confermare il rischio di danno a carico del FEAOG.

143 Considerato quanto precede, occorre respingere il motivo in esame nonché il ricorso nel suo insieme.

Sulle spese

144 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica italiana è risultata soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alle conclusioni della Commissione.


Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)


dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.



Czúcz


Cooke


Labucka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 settembre 2008.

Il cancelliere


Il presidente

E. Coulon


O. Czúcz

Indice


Contesto normativo

Normativa generale applicabile al finanziamento della politica agricola comune

Normativa applicabile ai premi nel settore delle carni bovine

Il premio speciale

Il premio per vacca nutrice

Il premio nazionale supplementare per vacca nutrice ed il pagamento per l’estensivizzazione

Il premio alla macellazione

I pagamenti supplementari

Registrazione e controllo

Il sistema di identificazione e di registrazione dei bovini

Regolamento (CEE) n. 3887/92

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul motivo attinente ad un difetto di motivazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alla violazione dei principi in materia di liquidazione dei conti

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alla violazione delle linee direttrici per la semplificazione della PAC

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alla violazione dell’art. 2, n. 1, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione nel funzionamento della banca dati di identificazione e di registrazione dei bovini

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione nella gestione del premio per vacca nutrice

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione in materia di premio speciale

Sull’addebito relativo alla violazione dell’art. 6, n. 6, lett. d), del regolamento n. 3887/92

- Argomenti delle parti

- Giudizio del Tribunale

Sull’addebito relativo alla violazione dell’art. 6, nn. 3 e 5, del regolamento n. 3887/92

- Argomenti delle parti

- Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alle anomalie constatate dalla Commissione nella gestione del premio alla macellazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente all’inadeguatezza dei controlli sul pagamento per l’estensivizzazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul motivo attinente alle carenze nei controlli in loco constatate dalla Commissione nel Lazio

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


 


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