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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 15/10/2008, cause riunite
T‑457/04 e T‑223/05
AGRICOLTURA - Organizzazione comune dei mercati - Banane - Misure
transitorie - Art. 30 del reg. (CEE) del Consiglio n. 404/93 - Sentenza che
accerta la carenza della Commissione - Rifiuto di dare esecuzione ad una
sentenza del Tribunale - Ricorso di annullamento - Domanda intesa a ottenere
la condanna a dare esecuzione alla sentenza per equivalente. La
decisione della Commissione contenuta nella lettera del Direttore generale
della Direzione generale «Agricoltura» del 10 settembre 2004, con cui si
denegava di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza del
Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e T‑117/98, Camar e
Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193), è annullata.
(Fattispecie: certificati d’importazione di banane di paesi terzi e ACP non
tradizionali e aumentare il contingente doganale annuale per le
importazioni). TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII,
15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05
PROCEDURE E VARIE - Responsabilità extracontrattuale della Comunità -
Presupposti Risarcimento del danno morale - Astensione illecita della
Commissione - Ricorso per risarcimento danni - Interruzione del termine di
prescrizione - Art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia -
Irricevibilità. Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della
Comunità per comportamento illecito di suoi organi, ai sensi del'art. 288,
secondo comma, CE, dipende dalla sussistenza di un complesso di presupposti,
vale a dire: 'illiceità del comportamento contestato al'istituzione,
'effettività del danno e 'esistenza di un nesso causale fra tale
comportamento e il danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982,
causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE; sentenze del Tribunale 16 luglio
1998, causa T‑199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione e 4 ottobre 2006, causa
T‑193/04, Tillack/Commissione). Allorché uno dei requisiti per il sorgere
della responsabilità extracontrattuale della Comunità non è soddisfatto, il
ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare
gli altri presupposti della suddetta responsabilità (sentenza del Tribunale
20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione;
v., in questo senso, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91,
KYDEP/Consiglio e Commissione). TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA'
EUROPEE, Sez. VII, 15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05
PROCEDURE E VARIE - Responsabilità della Comunità - Risarcimento danni -
Art. 46 dello Statuto della Corte - Interpretazione. In materia di
risarcimento danni, spetta alla parte che denuncia la responsabilità della
Comunità fornire la prova del'esistenza o della portata del danno lamentato
e stabilire fra tale danno e il comportamento illecito del'istituzione
interessata un nesso di causalità sufficientemente diretto (sentenza della
Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79,
28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio e sentenza del Tribunale 24 ottobre
2000, causa T‑178/98, Fresh Marine/Commissione). Inoltre, 'art. 46, terzo
comma, dello Statuto della Corte ha unicamente lo scopo, se non 'effetto,
di rinviare la scadenza del termine di cinque anni nel caso in cui una
previa istanza o un ricorso sia stato presentato entro tale termine. Dalla
giurisprudenza appare che, nel'art. 46 dello Statuto della Corte, il
legislatore ha semplicemente voluto escludere taluni periodi dal calcolo di
detto termine e che alla ripresa del decorso del termine non s’intende né
accorciare né prolungare il periodo di prescrizione. Non sarebbe infatti
giustificato porre una parte che ha proposto un ricorso formalmente
irricevibile in una situazione più favorevole rispetto a quella in cui si
troverebbe una parte che lo abbia proposto validamente. Si aggiunga che se
un nuovo termine intero cominciasse a decorrere ogni volta che si
verificasse una siffatta situazione, quest’ultima potrebbe perdurare per un
lasso di tempo indeterminato. Si deve pertanto interpretare 'art. 46 dello
Statuto della Corte nel senso che il periodo durante il quale il ricorso è
pendente, periodo che non rientra nella disponibilità del ricorrente, va
sottratto dal termine di prescrizione. Di conseguenza, nel giorno in cui il
primo ricorso è dichiarato irricevibile, il termine di prescrizione
riprende, e ciò per il periodo residuo e non per 'intero periodo di cinque
anni. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII,
15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)
15 ottobre 2008
«Organizzazione comune dei mercati - Banane - Misure transitorie -
Art. 30 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 404/93 - Sentenza che
accerta la carenza della Commissione - Rifiuto di dare esecuzione ad una
sentenza del Tribunale - Ricorso di annullamento - Domanda intesa a
ottenere la condanna a dare esecuzione alla sentenza per equivalente -
Risarcimento del danno morale - Astensione illecita della Commissione -
Ricorso per risarcimento danni - Interruzione del termine di
prescrizione - Art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia -
Irricevibilità»
Nelle cause riunite T‑457/04 e T‑223/05,
Camar Srl, con sede in Firenze, rappresentata dagli avv.ti W. Viscardini,
S. Donà e M. Paolin,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal sig.
L. Visaggio, successivamente dalla sig.ra F. Clotuche-Duvieusart, in
qualità di agenti, assistiti dal'avv. A. Dal Ferro,
convenuta,
avente ad oggetto, relativamente alla causa T‑457/04, una domanda
diretta, in primo luogo, al'annullamento della decisione di rifiuto
della Commissione di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della
sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e
T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193),
contenuta nella lettera datata 10 settembre 2004, in secondo luogo, alla
condanna della Commissione a dare esecuzione al punto 1) del dispositivo
della citata sentenza Camar e Tico/Commissione e Consiglio per
'equivalente del valore dei certificati non rilasciati e, in terzo
luogo, alla condanna della Commissione a risarcire il danno morale,
nonché, relativamente alla causa T‑223/05, una domanda diretta a far
condannare la Commissione, a titolo di responsabilità extracontrattuale
della Comunità europea, al risarcimento del danno che la ricorrente
avrebbe subito,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Settima Sezione),
composto dal sig. N. J. Forwood, presidente, dai sigg. D. Šváby e E.
Moavero Milanesi (relatore), giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito al'udienza del 24
gennaio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 Le disposizioni applicabili al caso di specie sono gli artt. 230 CE,
232 CE, 233 CE e 288 CE, nonché 'art. 46 dello Statuto della Corte.
2 Il regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo
al'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47,
pag. 1), prevedeva, nella versione vigente al'epoca dei fatti
al'origine delle presenti cause, 'apertura di un contingente doganale
annuo per le importazioni di banane dai paesi terzi e dai paesi
d’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). In particolare:
- 'art. 18, n. 1, del regolamento n. 404/93, come modificato dal
regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3290, relativo agli
adattamenti e alle misure transitorie necessarie nel settore
del'agricoltura per 'attuazione degli accordi conclusi nel quadro dei
negoziati commerciali multilaterali del'Uruguay Round (GU 1999, L 3,
pag. 23), precisava che, per le importazioni di banane di paesi terzi
diversi dai paesi ACP (in prosieguo: le «banane dei paesi terzi») e di
banane ACP non tradizionali (ai sensi del'art. 15 del regolamento n.
404/93, diventato art. 15 bis dopo la modifica ad opera del regolamento
n. 3290/94), veniva fissato un contingente doganale di 2,1 milioni di
tonnellate (peso netto) per il 1994 e di 2,2 milioni di tonnellate (peso
netto) per gli anni successivi. Nel'ambito di tale contingente doganale
le importazioni di banane di paesi terzi erano soggette ad
un’imposizione pari a 75 ECU/tonnellata e le importazioni di banane ACP
non tradizionali erano soggette a dazio zero. Inoltre 'art. 18, n. 2,
del regolamento n. 404/93 prevedeva che le importazioni effettuate al di
fuori del contingente, indipendentemente dal fatto che si trattasse di
importazioni di banane non tradizionali ACP o di banane dei paesi terzi,
erano soggette ad un’imposizione calcolata in base alla tariffa doganale
comune;
- 'art. 19, n. 1, del regolamento n. 404/93 ripartiva il contingente
doganale così fissato destinando il 66,5% alla categoria degli operatori
che avevano smerciato banane di paesi terzi o banane ACP non
tradizionali (categoria A), il 30% alla categoria degli operatori che
avevano smerciato banane comunitarie o banane ACP tradizionali
(categoria B) e il 3,5% alla categoria degli operatori stabiliti nella
Comunità europea che avevano iniziato a smerciare banane diverse dalle
banane comunitarie o ACP tradizionali dal 1992 (categoria C);
- 'art. 30 del regolamento n. 404/93 prevedeva che, «[s]e provvedimenti
specifici appaiono necessari a decorrere dal luglio 1993 per agevolare
il passaggio dal regime vigente prima del'entrata in vigore del
presente regolamento a quello introdotto con il presente regolamento, e
soprattutto per superare particolari difficoltà, la Commissione adotta,
secondo la procedura prevista al'articolo 27, le misure transitorie
stimate opportune».
3 Le modalità di attuazione del regime di importazione di banane nella
Comunità erano stabilite dal regolamento (CEE) della Commissione 10
giugno 1993, n. 1442 (GU L 142, pag. 6). In particolare:
- ai sensi degli artt. 4 e 5 del regolamento n. 1442/93, la ripartizione
del contingente doganale tra gli operatori della categoria A si
effettuava sulla base dei quantitativi di banane di paesi terzi o ACP
non tradizionali smerciati durante i tre anni anteriori al'anno
precedente a quello per cui era fissato il contingente doganale. La
ripartizione del contingente tra gli operatori della categoria B veniva
fatta sulla base dei quantitativi di banane comunitarie o ACP
tradizionali smerciati nel corso di un periodo di riferimento calcolato
come nel caso della categoria A;
- secondo 'art. 13 del medesimo regolamento, gli operatori delle
categorie A o B, durante il periodo di validità dei certificati
d’importazione loro rilasciati in tale qualità, potevano cedere i
diritti derivanti da tali certificati a operatori delle categorie A, B o
C.
4 Il regolamento (CE) del Consiglio 20 luglio 1998, n. 1637, che
modifica il regolamento n. 404/93 (GU L 210, pag. 28), applicabile dal
1º gennaio 1999, ha abrogato 'art. 15 bis del regolamento n. 404/93 e
ne ha modificato gli artt. 16-20. Pertanto:
- ai sensi del'art. 18, n. 2, del regolamento n. 404/93 un contingente
tariffario supplementare era stabilito per le importazioni di banane di
paesi terzi e di banane ACP non tradizionali;
- 'art. 19, n. 1, primo comma, del medesimo regolamento prevedeva che
per il futuro «[l]a gestione dei contingenti tariffari di cui
al'articolo 18, paragrafi 1 e 2, e le importazioni di banane ACP
tradizionali ven[issero] espletate secondo un metodo che [tenesse] conto
dei flussi di scambi tradizionali (metodo noto come “tradizionali/nuovi
arrivati”)»;
- secondo 'art. 20 del medesimo regolamento, la Commissione doveva
adottare le modalità di applicazione del nuovo regime d’importazione,
che avrebbero comportato, segnatamente, ai sensi di detto articolo,
lett. d), «le particolari misure che po[tesser]o rendersi necessarie per
agevolare la transizione dal regime d’importazione valido dal 1° luglio
1993 al [nuovo] regime (...)».
5 Sulla base, segnatamente, del'art. 20 del regolamento n. 404/93, la
Commissione ha adottato il regolamento (CE) 28 ottobre 1998, n. 2362,
recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del
Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella
Comunità (GU L 293, pag. 32), il quale ha sostituito, dal 1º gennaio
1999, il regolamento n. 1442/93. In particolare, 'art. 4, n. 1, del
regolamento n. 2362/98 prevedeva che ogni operatore tradizionale, come
definito al'art. 3, primo comma, e registrato in uno Stato membro
conformemente al'art. 5, ottenesse per ogni anno, per 'insieme delle
origini indicate nel'allegato I (paesi terzi e Stati ACP), un
quantitativo di riferimento unico determinato in base ai quantitativi di
banane effettivamente importati durante il periodo di riferimento.
'art. 4, n. 2, del regolamento n. 2362/98 precisava che, per le
importazioni da effettuare nel 1999, nel'ambito dei contingenti
tariffari e delle banane ACP tradizionali, il periodo di riferimento era
costituito dagli anni 1994-1996.
6 Nel'ambito del regime stabilito dai regolamenti n. 404/93 e n.
1442/93, come modificati dai regolamenti n. 1637/98 e n. 2362/98, il
richiamo ai quantitativi di riferimento notificati agli operatori
tradizionali per il 1999 è stato successivamente confermato, fino al 30
giugno 2001, da sei regolamenti della Commissione. Il regolamento (CE)
del Consiglio 19 dicembre 2006, n. 2013, che modifica i regolamenti n.
404/93, (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 247/2006 in ordine al settore delle
banane (GU L 384, pag. 13), ha fissato un nuovo regime e, con 'art. 1,
ha soppresso in particolare i certificati II e III, gli artt. 16-20, 'art. 21, n. 2,
'art. 25 e gli artt. 30-32 del regolamento n. 404/93.
Fatti
7 La Camar Srl (in prosieguo: la «Camar» o la «ricorrente») importa in
Italia banane di origine somala dal 1983. Fino al 1994 è stata 'unico
importatore e, fino al 1997, 'importatore principale di tale tipo di
banane. Nel dicembre 1990 è scoppiata in Somalia la guerra civile che ha
provocato 'interruzione del normale flusso di importazioni della Camar.
8 Il 24 gennaio 1996 la Camar ha inviato alla Commissione una diffida ad
agire ex art. 175, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 232,
secondo comma, CE), in applicazione del'art. 30 del regolamento n.
404/93. Con tale diffida essa ha chiesto, in primo luogo, di aumentare
il contingente doganale annuale per le importazioni di banane di paesi
terzi e di banane ACP non tradizionali, di cui al'art. 18 del suddetto
regolamento, per un quantitativo pari alla differenza tra il
quantitativo di banane che tradizionalmente importava dalla Somalia,
previsto dal regolamento n. 404/93 (60 000 tonnellate), e i quantitativi
che la Camar aveva effettivamente importato o che avrebbe potuto
importare al'interno della Comunità. In secondo luogo, la Camar ha
chiesto che le venissero concessi certificati d’importazione di banane
di paesi terzi e ACP non tradizionali in misura corrispondente alla
differenza fra tali quantitativi. Non avendo ricevuto alcuna risposta
entro il termine di due mesi, il 28 maggio 1996 la Camar ha proposto un
ricorso per carenza e per risarcimento danni, iscritto a ruolo con il
numero T‑79/96.
9 Il 27 gennaio 1997 la Camar, a termini del'art. 175, secondo comma,
del Trattato CE, ha chiesto alla Commissione che, in forza del'art. 30
del regolamento n. 404/93, i certificati d’importazione di banane di
paesi terzi e ACP non tradizionali, che avrebbero dovuto esserle
attribuiti in quanto operatore di categoria B per il 1997 e per gli anni
successivi, fino al ripristino dei suoi normali quantitativi di
riferimento, fossero determinati in base ai quantitativi di banane da
essa commercializzati negli anni 1988-1990. Con decisione 17 luglio 1997
la Commissione ha respinto questa richiesta. Il 25 settembre 1997 la
Camar ha depositato presso la cancelleria del Tribunale un ricorso
diretto a ottenere 'annullamento di tale decisione e una domanda di
risarcimento danni contro la Commissione e il Consiglio. Tale ricorso è
stato iscritto a ruolo con il numero T‑260/97.
10 Con sentenza 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e
T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193; in
prosieguo: la «sentenza 8 giugno 2000»), il Tribunale, relativamente
alla causa T‑79/96, ha osservato, ai punti 143 e 149, che le difficoltà
di approvvigionamento in banane della ricorrente, per quanto connesse
alla guerra civile scoppiata in Somalia, erano la diretta conseguenza
del'instaurazione del'organizzazione comune dei mercati, in quanto il
regime fissato dai regolamenti n. 404/93 e n. 1442/93 aveva, di fatto,
comportato una notevole diminuzione oggettiva delle possibilità, offerte
dal regime italiano previgente, di sostituire 'offerta insufficiente di
banane somale. Il Tribunale concludeva indi che siffatte difficoltà
avevano avuto pertanto conseguenze assai gravi sulla redditività
del'attività economica della Camar e potevano aver messo a repentaglio
la prosecuzione di tale attività. Di conseguenza, esse costituivano
«particolari difficoltà» che contribuivano a far sorgere 'obbligo della
Commissione di adottare i provvedimenti ritenuti necessari, ai sensi
del'art. 30 del regolamento n. 404/93 (punto 143).
11 Il Tribunale ha peraltro dichiarato che la Commissione aveva commesso
un errore manifesto di valutazione ritenendo che la Camar fosse in grado
di superare le particolari difficoltà provocate dal passaggio dal regime
nazionale italiano al regime comunitario basandosi sul funzionamento del
mercato. Esso ha considerato che, essendo 'adozione da parte della
Commissione delle misure transitorie di cui al'art. 30 del regolamento
n. 404/93 il solo mezzo che consentisse di far fronte alle difficoltà
incontrate dalla ricorrente, tale adozione era manifestamente necessaria
(punto 149). Il Tribunale ha pertanto concluso che la Commissione,
avendo omesso di adottare le misure stimate necessarie nei confronti
della ricorrente, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in
forza del'art. 30 del regolamento n. 404/93 e ha dichiarato il ricorso
per risarcimento danni irricevibile per ragioni formali, giacché non
erano indicati gli elementi richiesti dal'art. 44, n. 1, lett. c), del
regolamento di procedura del Tribunale.
12 Per quanto concerne la causa T‑260/97, il Tribunale ha annullato la
decisione della Commissione 17 luglio 1997 e ha condannato quest’ultima
a risarcire il danno subito dalla ricorrente a causa della suddetta
decisione. Il Tribunale ha peraltro invitato le parti ad addivenire,
entro sei mesi, a un accordo sul'importo del risarcimento integrale del
danno, in mancanza del quale le parti stesse avrebbero dovuto fare
pervenire al Tribunale, entro il medesimo termine, le loro proposte
quantificate.
13 La Commissione ha proposto impugnazione contro la sentenza 8 giugno
2000 e il termine di sei mesi concesso alle parti per presentare le loro
proposte quantificate nella causa T‑260/97 è stato pertanto sospeso. Con
sentenza 10 dicembre 2002, causa C‑312/00 P, Commissione/Camar e Tico
(Racc. pag. I‑11355), la Corte ha respinto tale ricorso contro la
sentenza 8 giugno 2000 nella parte relativa alle cause T‑79/96 e
T‑260/97. Con lettera della cancelleria del Tribunale del 9 gennaio
2003, le parti sono state informate che il termine di sei mesi, previsto
al punto 5) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, aveva
ricominciato a decorrere e sarebbe giunto a scadenza il 10 giugno 2003.
14 Parallelamente alle trattative così riavviate al fine di addivenire a
un accordo sul'importo del risarcimento integrale del danno, è
intercorso uno scambio di corrispondenza fra le parti, relativamente
alla causa T‑79/96, sul'esecuzione del punto 1) del dispositivo della
sentenza 8 giugno 2000. Il 28 febbraio 2003 la Camar ha chiesto alla
Commissione di dare esecuzione a detta sentenza, rilasciandole
certificati d’importazione «ora per allora» o con il riconoscimento,
quale compensazione pecuniaria, di una somma di denaro corrispondente al
valore economico di tali certificati. La Commissione ha respinto la
suddetta richiesta con lettera del 20 maggio 2003.
15 Il 9 aprile 2004 la ricorrente invitava nuovamente la Commissione a
proporre una soluzione per 'esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 per
la parte relativa alla causa T‑79/96, avvertendo che, in mancanza di un
riscontro positivo, si sarebbe proceduto alla formale diffida della
Commissione. Quest’ultima rispondeva il 1° giugno 2004, esprimendosi
solamente in merito alle spese delle cause T‑79/96 e T‑260/97.
16 Il 7 luglio 2004 la Camar inviava quindi alla Commissione una lettera
di formale diffida, ex artt. 232 CE e 233 CE. La ricorrente faceva ivi
osservare che, tenuto conto del'imminenza del'entrata in vigore del
nuovo regime comunitario d’importazione delle banane, non più basato sul
sistema dei certificati d’importazione, non sarebbe più stato utile né
attuale rilasciare, ai fini del'esecuzione del punto 1) del dispositivo
della sentenza 8 giugno 2000, certificati d’importazione «ora per
allora», restando quindi praticabile, quale unica possibilità di
esecuzione della sentenza, una compensazione pecuniaria basata sul
valore economico dei certificati a suo tempo non concessi.
17 Con lettera del 10 settembre 2004, a firma del Direttore generale
della direzione generale (DG) «Agricoltura» della Commissione,
quest’ultima dichiarava di non poter dar corso alla richiesta della
Camar di dare esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000 per la parte
relativa alla causa T‑79/96 per tre ragioni: in primis, non sarebbe
stato più possibile dar luogo al'attribuzione di certificati
d’importazione, stante 'intervenuta riforma del regime d’importazione
delle banane nella Comunità in vigore dal 1° gennaio 1999; in secondo
luogo, un risarcimento pecuniario sarebbe stato in contrasto con il
punto 4) del dispositivo della summenzionata sentenza, il quale
dichiarava irricevibile la domanda di risarcimento danni nella causa
T‑79/96; in terzo luogo, non sarebbe stato proposto un nuovo ricorso in
tal senso nel termine di prescrizione quinquennale indicato dal'art. 46
dello Statuto della Corte.
18 Non essendo le parti addivenute ad un accordo relativamente alla
quantificazione del risarcimento del danno, conformemente al punto 5)
del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, con sentenza 13 luglio
2005, causa T‑260/97, Camar/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑2741;
in prosieguo: la «sentenza 13 luglio 2005»), il Tribunale ha condannato
la Commissione a versare alla ricorrente un indennizzo pari a EUR 5 024
192, soggetto a rivalutazione monetaria e maggiorato di interessi
moratori a decorrere dalla pronuncia di tale sentenza fino al pagamento
integrale, a risarcimento del danno subito, consistente nel'aver
attribuito alla Camar, per gli anni 1997 e 1998, un numero di
certificati d’importazione di banane di paesi di terzi e ACP non
tradizionali ridotto rispetto a quello che essa avrebbe ottenuto per gli
stessi anni se la Commissione avesse accolto la sua domanda del 27
gennaio 1997 autorizzando, in applicazione del'art. 30 del regolamento
n. 404/93, che fossero presi in considerazione come periodo di
riferimento gli anni 1989 e 1990.
Procedimento
19 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22
novembre 2004 la Camar ha introdotto un primo ricorso, iscritto a ruolo
con il numero T‑457/04.
20 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale '8 giugno
2005 la Camar ha introdotto un secondo ricorso, iscritto a ruolo con il
numero T‑223/05. Il 12 settembre 2005 la Commissione ha sollevato
un’eccezione di irricevibilità ex art. 114, n. 1, del regolamento di
procedura. Con ordinanza 6 luglio 2006, il Tribunale (Quarta Sezione) ha
riunito 'eccezione d’irricevibilità al merito. Il 25 aprile 2006 il
Tribunale ha posto una serie di quesiti alla ricorrente, cui
quest’ultima ha risposto in data 17 maggio 2006.
21 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata
modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione,
alla quale, di conseguenza, sono state attribuite le cause T‑457/04 e
T‑223/05. Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Settima
Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e di porre alcuni quesiti
alle parti, a titolo delle misure di organizzazione del procedimento di
cui al'art. 64 del regolamento di procedura. Le parti hanno svolto le
loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale
al'udienza tenutasi il 24 gennaio 2008, nel corso della quale il
presidente della Settima Sezione del Tribunale, su domanda della
ricorrente, ha deciso di riunire i due procedimenti ai fini della fase
orale e della sentenza.
Conclusioni delle parti
22 Nella causa T‑457/04 la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
- annullare il preteso rifiuto della Commissione di dare esecuzione al
punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, contenuto nella
lettera del 10 settembre 2004, per violazione del'art. 233 CE;
- condannare la Commissione a dare esecuzione al punto 1) del
dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 per 'equivalente del valore
dei certificati che avrebbe dovuto rilasciare alla Camar in base alla
suddetta sentenza, e che invece non ha rilasciato, pari a EUR 5 065 600
o al diverso importo eventualmente determinato dal Tribunale, maggiorato
della rivalutazione monetaria e degli interessi calcolati al tasso che
stabilirà il Tribunale, a partire dal'8 giugno 2000 fino alla data del
saldo;
- condannare la Commissione a risarcire il danno morale patito dalla
ricorrente, «nelle persone dei suoi soci», a causa della mancata
esecuzione della sentenza 8 giugno 2000, e quantificare 'importo del
detto risarcimento in via equitativa;
- condannare la Commissione alle spese.
23 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese.
24 Nella causa T‑223/05 la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
- condannare la Commissione al risarcimento del danno cagionato alla
ricorrente per avere la Commissione illecitamente omesso di adottare i
provvedimenti necessari ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93,
come accertato al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000,
secondo i criteri proposti dalla ricorrente medesima o altri criteri che
il Tribunale dovesse ritenere più congrui anche alla luce della sentenza
definitiva nella causa T‑260/97;
- condannare la Commissione alle spese.
25 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
- dichiarare il ricorso irricevibile o, in via subordinata, respingerlo;
- condannare la ricorrente alle spese.
Sulla causa T‑457/04
Sul capo della domanda diretto al'annullamento della decisione della
Commissione 10 settembre 2004
Argomenti delle parti
26 A sostegno della prima parte del suo ricorso, diretto
al'annullamento della decisione della Commissione contenuta nella
lettera del 10 settembre 2004 a firma del Direttore generale della DG
«Agricoltura», con cui si denegava di dare esecuzione al punto 1) del
dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, la Camar fa valere che tale
comportamento della Commissione costituisce una grave violazione
del'art. 233 CE, il quale stabilisce che 'istituzione da cui emana
'atto annullato, o la cui astensione sia stata dichiarata contraria al
Trattato, è tenuta a prendere i provvedimenti che 'esecuzione della
sentenza comporta.
27 La ricorrente sostiene che gli argomenti addotti dalla Commissione
per giustificare il proprio rifiuto sono infondati. A tal riguardo essa
afferma che, alla data della sentenza in parola, sarebbe stato ancora
tecnicamente possibile attribuirle certificati d’importazione e che, in
una lettera datata 7 dicembre 2000, la Commissione stessa non solo non
aveva escluso di poter rilasciare certificati d’importazione per dare
esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000, ma aveva proposto addirittura di
rilasciarli proprio in esecuzione della decisione del Tribunale di
risarcire il danno nella causa T‑260/97.
28 La Camar fa parimenti osservare che, in ogni caso, se dal punto di
vista tecnico potevano esservi difficoltà per la Commissione
nel'adozione di misure transitorie ai sensi del'art. 30 del
regolamento n. 404/93 per eseguire il punto 1) del dispositivo della
sentenza 8 giugno 2000, ciò non esonerava 'istituzione dal'adozione di
misure alternative a carattere compensativo. Conformemente alla sentenza
della Corte 5 marzo 1980, causa 76/79, Könecke Fleischwarenfabrik/Commissione
(Racc. pag. 665), e alla sentenza del Tribunale 10 maggio 2000, causa
T‑177/97, Simon/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A-75 e II‑319, punto 23),
quando non sia più possibile dare esecuzione ad una sentenza «in forma
specifica», il danno subito dagli interessati può essere compensato
pecuniariamente; detto principio, che, secondo la ricorrente, si applica
anche in caso di constatata carenza, sarebbe di applicazione generale, e
quindi parimenti applicabile ad ambiti diversi da quello della funzione
pubblica. Secondo la Camar, la giurisprudenza precisa che la Commissione
non potrebbe nemmeno, a maggior ragione, giustificare il suo rifiuto di
dare esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000, facendo valere che, dal
momento che quest’ultima è oggetto di impugnazione, la Commissione
sarebbe esonerata dal'esecuzione, essendo in attesa della decisione
della Corte.
29 La Commissione ribatte che, pur essendo vero che 'istituzione
interessata deve, di regola, emanare la misura oggetto della domanda,
'adozione di una siffatta misura non era tuttavia più possibile al
momento della pronuncia della sentenza 8 giugno 2000. Come confermato,
infatti, dal Tribunale nella sentenza 13 luglio 2005 nella causa
T‑260/97, poiché il regime d’importazione delle banane nella Comunità è
stato modificato a partire dal 1° gennaio 1999, non sarebbe stato più
possibile adottare, sul fondamento del'art. 30 del regolamento n.
404/93, un’eventuale misura transitoria quale quella richiesta dalla
Camar il 24 gennaio 1996. Il fatto che, nel 2000, alla ricorrente sia
stato proposto 'eventuale rilascio di certificati d’importazione quale
risarcimento del danno nella causa T‑260/97 non varrebbe ad inficiare
tale conclusione.
30 La Commissione sostiene inoltre di non essere tenuta a eseguire la
sentenza del Tribunale 8 giugno 2000 «per equivalente», e che ciò
risulterebbe del resto impossibile. La giurisprudenza, infatti, non
potrebbe essere interpretata nel senso che impone di versare un’equa
compensazione pecuniaria alla ricorrente senza tener conto della natura
delle difficoltà di esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 e,
soprattutto, della concomitante declaratoria d’irricevibilità del
ricorso per risarcimento danni contenuta in tale sentenza. La
giurisprudenza fatta valere dalla ricorrente non sarebbe applicabile al
caso di specie, in quanto riguarderebbe controversie in materia di
funzione pubblica. Ciò varrebbe a maggior ragione, allorché la sentenza
di cui si chiede 'esecuzione ha, come nel caso in esame, da un lato,
dichiarato 'illiceità del comportamento del'istituzione e, dal'altro,
respinto il ricorso per risarcimento danni in quanto irricevibile.
31 Secondo la Commissione, se da un lato è vero che la citata sentenza
Könecke Fleischwarenfabrik/Commissione, richiamata dalla ricorrente, le
impone di garantire alla parte interessata un’equa compensazione del
pregiudizio subito, anche qualora 'esecuzione della sentenza presenti
particolari difficoltà, d’altro canto, in particolari circostanze,
potrebbe essere impossibile per la Commissione dare esecuzione a una
sentenza. In ogni caso, al soggetto interessato resterebbe comunque
aperta la via del'azione di risarcimento danni. Detta giurisprudenza,
inoltre, non le imporrebbe di versare un’equa compensazione pecuniaria
alla ricorrente, senza tener conto della natura delle difficoltà di
esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 e, soprattutto, della
declaratoria d’irricevibilità del ricorso contenuta in tale sentenza.
Nella fattispecie, tenuto conto del fatto che si era rivelato
impossibile dare esecuzione in forma specifica alla sentenza del
Tribunale e che il nuovo regime d’importazione di banane era entrato in
vigore, il ricorso per risarcimento danni avrebbe costituito un rimedio
appropriato. Ciò non di meno, secondo la Commissione, il ricorso per
risarcimento danni proposto dalla Camar nel'ambito della causa T‑79/96
è stato dichiarato irricevibile dal Tribunale e non è stato riproposto
nei termini di cui al'art. 46 dello Statuto della Corte. La circostanza
che al'omissione della Commissione si unisca 'irricevibilità della
domanda di risarcimento del danno non consentirebbe di applicare il
principio del'equa compensazione, poiché ciò si scontrerebbe con il
punto 4) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno 2000.
Giudizio del Tribunale
32 Con il primo capo della domanda la ricorrente chiede al Tribunale di
constatare che la lettera recante il diniego di dare esecuzione al punto
1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 è contraria agli
obblighi incombenti alla Commissione ai sensi del'art. 233 CE.
33 In via preliminare va osservato che 'atto impugnato è una lettera
della Commissione a firma del Direttore generale della DG «Agricoltura»
del 10 settembre 2004, che segue la lettera di formale diffida
presentata dalla ricorrente il 7 luglio 2004 ex artt. 232 CE e 233 CE.
Il rifiuto espresso dalla Commissione di agire conformemente a un
siffatto invito costituisce una presa di posizione adatta a porre
termine alla carenza, tale da produrre effetti giuridici obbligatori
incidenti sulla situazione giuridica della ricorrente. Siffatto rifiuto
si configura come un atto impugnabile ai sensi del'art. 230 CE, idoneo
a costituire oggetto di un ricorso d’annullamento (v., in questo senso,
sentenza della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86
e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punti 32 e 33, e
ordinanza del Tribunale 4 maggio 2005, causa T‑86/03, Holcim
(France)/Commissione, Racc. pag. II‑1539, punto 36).
34 In proposito giova ricordare che, ai sensi del'art. 233 CE,
«[l]’istituzione o le istituzioni da cui emana 'atto annullato o la cui
astensione sia stata dichiarata contraria al presente trattato sono
tenute a prendere i provvedimenti che 'esecuzione della sentenza della
Corte di giustizia comporta».
35 Come risulta dai punti 149 e 153 e dal punto 1) del dispositivo della
sentenza 8 giugno 2000, il Tribunale ha giudicato che la Commissione
aveva commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che la Camar
fosse in grado di superare le notevoli difficoltà provocate dal
passaggio dal regime nazionale italiano al regime comunitario fondandosi
sul funzionamento del mercato, e che 'aver omesso di adottare le misure
transitorie necessarie ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93
era illecito. Di conseguenza la Commissione, a norma del'art. 233 CE,
avrebbe dovuto adottare entro un «termine ragionevole» (sentenza della
Corte 12 gennaio 1984, causa 266/82, Turner/Commissione, Racc. pag. 1,
punto 5) una decisione ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93,
che prevedeva appunto la possibilità di adottare misure dirette a
mitigare le difficoltà causate dal passaggio dal regime nazionale
italiano d’importazione di banane al sistema comunitario instaurato nel
1993.
36 Tuttavia, dagli atti del fascicolo, in particolare dalla lettera del
10 settembre 2004, risulta che la Commissione ha rifiutato non soltanto
di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno
2000, in quanto non ha preso le misure che si era astenuta dal'adottare
nel 1996, ma altresì di dare esecuzione a quest’ultimo «per equivalente
pecuniario», come chiesto dalla ricorrente nella lettera di formale
diffida del 7 luglio 2004. A sostegno del suo rifiuto di esecuzione in
forma specifica, nella lettera del 10 settembre 2004 la Commissione
avanza tre argomenti.
37 Quanto al secondo argomento, in base al quale un risarcimento
pecuniario sarebbe stato contrario al punto 4) del dispositivo della
sentenza 8 giugno 2000, è sufficiente ricordare che, come ammesso dalla
Commissione stessa (v. il seguente punto 45), un risarcimento del genere
non è precluso dalla dichiarazione d’irricevibilità di cui al punto 4)
del dispositivo della summenzionata sentenza, poiché a detta
dichiarazione sottostanno motivazioni puramente formali.
38 Relativamente al primo argomento dedotto dalla Commissione nella
lettera del 10 settembre 2004 a sostegno del suo rifiuto di esecuzione
in forma specifica, 'istituzione in parola fa valere che 'entrata in
vigore del nuovo regime d’importazione di banane nella Comunità nel 1999
avrebbe reso impossibile un’esecuzione «per equivalente pecuniario».
Come, infatti, rilevato dal Tribunale al punto 58 della sentenza 13
luglio 2005, con riferimento alla domanda della ricorrente 21 gennaio
1997, che aveva portato alla causa T‑260/97, il regime instaurato dai
regolamenti n. 404/93 e n. 1442/93, come modificati dai regolamenti n.
1637/98 e n. 2362/98, era tale da far cessare, al 31 dicembre 1998, gli
effetti delle misure che la Commissione avrebbe dovuto adottare,
conformemente a detto regime, per accogliere la domanda della ricorrente
del 24 gennaio 1996. Questo regime ha abrogato la distinzione che veniva
effettuata ai fini della ripartizione del contingente doganale, e
distingueva soltanto gli operatori tradizionali dai nuovi arrivati. Con
tale regime, nella sua versione modificata, il contingente doganale è
stato fissato anche per le banane tradizionali ACP e i certificati
d’importazione di banane di paesi terzi non esistevano più in quanto
tali. Quindi, dopo la sentenza 8 giugno 2000 la Commissione non avrebbe
più potuto adottare in una forma specifica le misure invocate dalla
Camar nel 1996.
39 Secondo costante giurisprudenza, qualora 'esecuzione di una sentenza
presenti difficoltà particolari, 'istituzione interessata può adempiere
'obbligo che le incombe in forza del'art. 233 CE adottando qualsiasi
decisione tale da compensare equamente lo svantaggio derivante per gli
interessati dalla decisione annullata (sentenze del Tribunale 8 ottobre
1992, causa T‑84/91, Meskens/Parlamento, Racc. pag. II‑2335, punto 80;
Simon/Commissione, cit., punto 23, e 6 ottobre 2004, causa T‑294/02,
Vicente-Nuñez/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑283 e II‑1279, punto 79).
40 Nella fattispecie in esame, occorre rilevare che 'impossibilità di
adottare le misure provvisorie sulla base del'art. 30 del regolamento
n. 404/93 costituiva una «particolare difficoltà» nel'esecuzione della
sentenza 8 giugno 2000. Di fronte, quindi, al'impossibilità di dare
esecuzione in forma specifica alla menzionata sentenza, la Commissione
era comunque tenuta a prendere nei confronti della Camar, in osservanza
dei principi della normativa comunitaria applicabile, qualsiasi
decisione tale da compensare equamente lo svantaggio risultante per
quest’ultima dal'omissione accertata (sentenze della Corte Könecke
Fleischwarenfabrik/Commissione, cit., punto 15, e 14 maggio 1998, causa
C‑259/96, Consiglio/de Nil e Impens, Racc. pag. I‑2915, punto 16;
sentenza del Tribunale 10 luglio 1997, causa T‑81/96, Apostolidis e
a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑207 e II‑607, punto 42).
41 Allorché circostanze oggettive non consentono al'istituzione
competente di dare esecuzione in forma specifica ad una sentenza di
annullamento, il dovere di sollecitudine le impone di informare al più
presto la ricorrente, nonché di stabilire un dialogo con quest’ultima,
allo scopo di giungere a un’equa compensazione del'illegalità subita
(sentenze del Tribunale Meskens/Parlamento, cit., punto 80, e 31 gennaio
2007, causa T‑166/04, C/Commissione, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 52).
42 È dunque giocoforza constatare che la Commissione non ha proceduto in
tal senso, e ne consegue che la condotta del'istituzione in parola,
consistente nel rifiutare di adottare qualunque misura concreta per dare
esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000,
costituisce una violazione del'art. 233 CE. La Commissione ha pertanto
commesso un illecito, fonte di responsabilità in capo ad essa, dal
momento che ha omesso, con la motivazione di una pretesa impossibilità
d’esecuzione, di adottare le misure dirette a dare esecuzione ad una
sentenza d’annullamento.
43 Il terzo argomento avanzato dalla Commissione nella lettera del 10
settembre 2004, secondo cui non sarebbe stato proposto un nuovo ricorso
entro il termine di prescrizione quinquennale indicato dal'art. 46
dello Statuto della Corte, non rimette in discussione tale conclusione.
Infatti, la circostanza dedotta che la ricorrente non avrebbe presentato
un ricorso per risarcimento danni entro il termine di prescrizione non
esonerava la Commissione dal'obbligo di dare esecuzione alla sentenza
del Tribunale ai sensi del'art. 233 CE. Sulla base delle considerazioni
che precedono occorre quindi annullare 'atto impugnato.
Sul capo della domanda diretto a far ingiungere alla Commissione
'esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000
Argomenti delle parti
44 La Commissione eccepisce 'irricevibilità del ricorso diretto ad
ottenere la condanna della Commissione a dare esecuzione per equivalente
al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000. Secondo
giurisprudenza, non spetterebbe al giudice comunitario indirizzare
ingiunzioni alle istituzioni comunitarie per quanto riguarda le misure
da adottare per 'esecuzione di una sentenza. Questa giurisprudenza
sarebbe altresì applicabile nel caso di una sentenza che constati la
carenza da parte di un’istituzione. Nel caso di specie la ricorrente
potrebbe unicamente domandare al Tribunale di annullare 'atto con cui
la Commissione ha preso posizione in ordine al'esecuzione della
sentenza. Solo qualora il Tribunale dovesse annullare tale atto, la
Commissione dovrebbe trarne tutte le conseguenze e prendere i
provvedimenti che si rivelassero necessari alla luce della motivazione
del'eventuale annullamento.
45 Anche se un risarcimento non sarebbe precluso dalla dichiarazione d’irricevibilità
di cui al punto 4) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno
2000, che aveva ragioni solo formali, a parere della Commissione, la
domanda della Camar non si proporrebbe di ottenere la condanna della
Commissione al risarcimento del danno causato dal'omissione
del'istituzione relativa alla domanda di misure transitorie del 24
gennaio 1996. In ogni caso un ricorso a tale titolo sarebbe ormai
prescritto, in applicazione del'art. 46 dello Statuto della Corte,
essendo trascorsi più di cinque anni dalla data del fatto generatore del
danno.
46 La Camar controbatte che, se è vero che il Tribunale non è competente
a pronunciare ingiunzioni nel'ambito di un ricorso di annullamento,
tale principio non può tuttavia costituire un pretesto per non eseguire
le decisioni dei giudici comunitari. Pertanto, siffatto principio non
potrebbe valere quando 'atto di cui si chiede 'annullamento consiste
proprio nel rifiuto di dare esecuzione a una sentenza.
47 Dato che la Commissione ha dichiarato che le era impossibile
rilasciare certificati «ora per allora», come le era stato chiesto, in
mancanza di altre forme di esecuzione, la Camar sarebbe stata obbligata
a chiedere la condanna di quest’ultima a dare esecuzione al punto 1) del
dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 per 'equivalente del valore
dei certificati non rilasciati in esecuzione della medesima sentenza.
Infine, la Camar precisa che nella causa T‑457/04 non ha inteso proporre
un ricorso per risarcimento danni.
Giudizio del Tribunale
48 In via preliminare si deve constatare che nella sentenza 8 giugno
2000 il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva illecitamente
omesso di adottare le misure necessarie a titolo del'art. 30 del
regolamento n. 404/93. Ciò non di meno non spetta al Tribunale
sostituirsi alla Commissione per stabilire le misure che 'esecuzione
della sua sentenza comportava (sentenze del Tribunale Meskens/Parlemento,
cit., punto 79, e 21 aprile 2005, causa T‑28/03, Holcim (Deutschland)/Commissione,
Racc. pag. II‑1357, punto 37), poiché il giudice comunitario non è
competente a pronunciare ingiunzioni nel'ambito del sindacato di
legittimità basato sul'art. 230 CE (sentenza della Corte 8 luglio 1999,
causa C‑5/93 P, DSM/Commissione, Racc. pag. I‑4695, punto 36) e
sul'art. 232 CE (sentenza del Tribunale 9 settembre 1999, causa
T‑127/98, UPS Europe/Commissione, Racc. pag. II‑2633, punto 50).
49 Occorre rilevare che, pur se la Camar ha basato il secondo capo della
domanda di ricorso, distintamente e autonomamente, sul'art. 233 CE per
ottenere un’esecuzione «in forma specifica» del punto 1) del dispositivo
della sentenza 8 giugno 2000, tale società nega di aver voluto,
attraverso quest’ultimo, proporre un’azione di risarcimento del danno
nella causa T‑457/04. Si deve tuttavia rilevare, in primo luogo, che
'art. 233 CE non istituisce alcun rimedio giurisdizionale e, in secondo
luogo, che il Trattato prevede in modo limitativo i mezzi di ricorso
messi a disposizione degli interessati per far valere i loro diritti
(sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, cit., punto 31; v. altresì,
in tal senso, sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P,
Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punti 40,
43 e 45).
50 Contrariamente a quanto da essa sostenuto, la ricorrente non è priva
di mezzi di ricorso. Il controllo giurisdizionale, infatti, è assicurato
dai rimedi giuridici di cui agli artt. 230 CE e 232 CE (sentenza Asteris
e a./Commissione, cit., punto 26, e ordinanza del Tribunale 28 marzo
2006, causa T‑451/04, Mediocurso/Commissione, non pubblicata nella
Raccolta, punto 23) e dalla possibilità, prevista espressamente dal
medesimo art. 233 CE, di proporre un ricorso per risarcimento di cui
al'art. 288, secondo comma, CE (v., in tal senso, sentenze del
Tribunale Meskens/Parlamento, cit., punto 81; 28 settembre 1999, causa
T‑48/97, Frederiksen/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑167 e II‑867, punto
96, e 12 dicembre 2000, causa T‑11/00, Hautem/BEI, Racc. pag. II‑4019,
punto 43).
51 Di conseguenza il secondo capo della domanda nella causa T‑457/04 va
dichiarato irricevibile, in quanto diretto ad ottenere che il Tribunale
ordini alla Commissione di dare esecuzione per equivalente al punto 1)
del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000.
Sul capo della domanda diretto al risarcimento del danno morale
asseritamente subito dalla ricorrente
Argomenti delle parti
52 La Camar ritiene che una compensazione, per un importo che il
Tribunale dovrà determinare equitativamente, debba altresì esserle
versata dalla Commissione per il danno morale che le sarebbe stato
cagionato dalla mancata esecuzione del punto 1) del dispositivo della
sentenza 8 giugno 2000. Siffatta compensazione dovrebbe esserle
corrisposta tenuto conto, da un lato, del legittimo affidamento che la
ricorrente, come chiunque, poteva riporre nel'ordinamento giuridico
comunitario, basato, segnatamente, sul rispetto delle decisioni emanate
dai giudici comunitari, e, dal'altro, della legittima aspettativa fatta
sorgere in capo alla ricorrente dal'intenzione di dare esecuzione alla
sentenza 8 giugno 2000, manifestata dalla Commissione nella sua lettera
datata 20 maggio 2003, ove quest’ultima indicava implicitamente che
quanto deciso sulle questioni relative alla compensazione nella causa
T‑260/97 avrebbe costituito la base per risolvere anche quelle della
causa T‑79/96.
53 Quanto al'argomento della Commissione concernente la mancanza di
condizioni necessarie per risarcire un asserito danno morale, la Camar
ribatte che, secondo la giurisprudenza, se una sentenza favorevole a un
privato non viene eseguita, il danno morale subito da quest’ultimo è in
re ipsa. Infine, il fatto che la Camar sia una società e non una persona
fisica non osterebbe al risarcimento del danno in questione, ai sensi
della giurisprudenza della Corte europea per i diritti del'uomo.
54 La Commissione considera infondata la domanda di risarcimento del
danno morale proposta dalla Camar. Riferendosi alla giurisprudenza del
Tribunale in materia di legittimo affidamento, essa afferma anzitutto
che la lettera del 20 maggio 2003 non ha fornito alcuna assicurazione
precisa, incondizionata e concordante circa le modalità di esecuzione
della sentenza 8 giugno 2000 nella parte relativa alla causa T‑79/96.
Pur avendo manifestato la propria disponibilità a negoziare, anche per
quanto riguardava la causa T‑79/96, la Commissione non avrebbe adottato
misure compensative in relazione a tale causa, indipendentemente da una
soluzione amichevole del contenzioso, per adempiere al'obbligo che le
incombeva in virtù del'art. 233 CE. La lettera di cui trattasi non
sarebbe pertanto stata idonea a far sorgere nella ricorrente il
legittimo affidamento che sarebbero state prese le misure da essa
ritenute necessarie per dare esecuzione alla sentenza.
55 Parimenti, secondo la Commissione, non sussisterebbero nella
fattispecie le condizioni necessarie per il risarcimento del danno
morale che la ricorrente avrebbe subito: in primo luogo, la lettera del
10 settembre non sarebbe viziata da illiceità; in secondo luogo, non
avrebbe fornito la benché minima prova del'esistenza di un danno morale
reale e certo, distinto da quello causato dal'atto asseritamente
illecito. 'istituzione in parola aggiunge che la giurisprudenza citata
dalla ricorrente non potrebbe essere applicata al caso di specie,
giacché la presente controversia se ne distacca radicalmente: in primo
luogo, la Commissione non avrebbe opposto alla Camar un rifiuto generico
e arbitrario di dare esecuzione alla sentenza del Tribunale; in secondo
luogo, non vi sarebbe stato alcun rifiuto della Commissione in una
situazione in cui 'esecuzione era manifestamente possibile; in terzo
luogo, la ricorrente non avrebbe fornito la prova del'esistenza di un
danno reale e certo e non avrebbe nemmeno affrontato la questione
del'esistenza di un nesso di causalità tra il danno e il presunto
comportamento illecito del'istituzione.
Giudizio del Tribunale
56 In via preliminare è bene ricordare che il Tribunale ha già avuto
occasione di dichiarare ricevibili domande di risarcimento del danno
morale proposte da persone giuridiche (sentenza del Tribunale 28 gennaio
1999, causa T‑230/95, BAI/Commissione, Racc. pag. II‑123, punti 38-40).
57 Da costante giurisprudenza risulta che il sorgere della
responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento
illecito di suoi organi, ai sensi del'art. 288, secondo comma, CE,
dipende dalla sussistenza di un complesso di presupposti, vale a dire:
'illiceità del comportamento contestato al'istituzione, 'effettività
del danno e 'esistenza di un nesso causale fra tale comportamento e il
danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81,
Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16; sentenze del
Tribunale 16 luglio 1998, causa T‑199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione,
Racc. pag. II‑2805, punto 48, e 4 ottobre 2006, causa T‑193/04, Tillack/Commissione,
Racc. pag. II‑3995, punto 116). Allorché uno dei requisiti per il
sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità non è
soddisfatto, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia
necessario esaminare gli altri presupposti della suddetta responsabilità
(sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio
e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37; v., in questo senso,
sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio
e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punto 81).
58 Spetta alla parte che denuncia la responsabilità della Comunità
fornire la prova del'esistenza o della portata del danno lamentato e
stabilire fra tale danno e il comportamento illecito del'istituzione
interessata un nesso di causalità sufficientemente diretto (sentenza
della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e
239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091,
punto 21, e sentenza del Tribunale 24 ottobre 2000, causa T‑178/98,
Fresh Marine/Commissione, Racc. pag. II‑3331, punto 118).
59 Relativamente al'effettiva esistenza del danno la ricorrente fa
valere, in particolare, il suo legittimo affidamento quanto
al'esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 in seguito alla lettera
della Commissione del 20 maggio 2003. Va rilevato che in tale lettera,
scritta nel'ambito della causa T‑260/97, la Commissione ha meramente
segnalato di prendere atto delle indicazioni della Camar concernenti
'esecuzione della parte relativa alla causa T‑79/96 della sentenza 8
luglio 2000 e che le sembrava che «la possibilità di giungere ad un
accordo in proposito non [potesse] prescindere dalla soluzione delle
questioni (...) relativ[e] alla causa T‑260/97», su cui, in tale
momento, preferiva concentrarsi. La lettera di cui trattasi, pertanto,
non poteva, di per sé, far sorgere nella ricorrente un legittimo
affidamento quanto al'esecuzione della sentenza. La Commissione,
tuttavia, ammette che, in tale lettera, essa ha «manifestato la sua
disponibilità a negoziare per evitare ogni futuro contenzioso anche
circa la causa T‑79/96» e che «qualora fosse stato raggiunto un accordo
relativamente alla causa T‑260/97, sarebbe stato possibile prendere in
considerazione anche le pretese di Camar per quanto riguardava la causa
T‑79/96». Ne risulta che la summenzionata lettera ha perlomeno
contribuito a creare una situazione prolungata d’incertezza per la
ricorrente quanto al'adozione, da parte della Commissione, di misure
d’esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 (v., in tal senso, citate
sentenze Meskens/Parlamento, punto 89, e Frederiksen/Parlamento, punto
110), cagionandole un danno morale.
60 In proposito va ricordato che il rifiuto da parte di un’istituzione
di dare esecuzione ad una sentenza del Tribunale costituisce una
violazione del legittimo affidamento che chiunque deve riporre
nel'ordinamento giuridico comunitario, basato, segnatamente, sul
rispetto delle decisioni emanate dai giudici comunitari. È stato
pertanto dichiarato che, indipendentemente da qualsiasi danno materiale
eventualmente derivante dalla mancata esecuzione di una sentenza, il
rifiuto esplicito di darvi esecuzione comporta, di per sé, un danno
morale per la parte che ha ottenuto una sentenza favorevole (sentenza
Hautem/BEI, cit., punto 51). La mancata esecuzione di una sentenza del
Tribunale è dunque una violazione in re ipsa. Contrariamente a quanto
sostenuto dalla Commissione, detta giurisprudenza risulta applicabile in
occasione di qualsiasi rifiuto da parte di un’istituzione comunitaria di
dare esecuzione ad una sentenza del Tribunale, e ciò indipendentemente
dalla possibilità di dare esecuzione in forma specifica a tale sentenza.
La citata giurisprudenza è quindi applicabile nel caso di specie. Ogni
altra soluzione sarebbe contraria al principio di buon andamento
del'amministrazione e al principio di leale cooperazione fra le
istituzioni comunitarie, principio generale del diritto che discende
dal'art. 10 CE.
61 Occorre tuttavia ricordare che, per ottenere il risarcimento del
danno morale lamentato, la ricorrente deve provare di aver subito un
danno reale e certo. Pertanto essa non può, in via di principio,
limitarsi ad affermare il carattere asseritamente illecito del
comportamento della Commissione nei suoi confronti (v., in tal senso,
sentenza del Tribunale 21 marzo 1996, causa T‑230/94, Farrugia/Commissione,
Racc. pag. II‑195, punto 46). Va constatato che, nella presente causa,
la ricorrente non è stata in grado di precisare gli elementi costitutivi
del suo danno morale, limitandosi a mere asserzioni non suffragate da
elementi probatori.
62 Orbene, il Tribunale, in una valutazione in via equitativa di un
danno, è soggetto ad un obbligo di motivazione e la ricorrente deve
precisare, a sostegno delle sue pretese, i criteri rilevanti che
consentano al Tribunale di effettuare una siffatta valutazione (sentenza
Vicente-Nuñez/Commissione, cit., punto 104). È giocoforza constatare che
la ricorrente non ha fornito al Tribunale gli elementi necessari per
determinare il danno in parola. Per questi motivi al Tribunale risulta
impossibile procedere alla liquidazione ex aequo et bono alla ricorrente
di un importo al fine di risarcire il danno morale di cui trattasi. La
domanda della ricorrente diretta al risarcimento del danno morale
cagionatole dalla mancata esecuzione del punto 1) del dispositivo della
sentenza 8 giugno 2000 deve pertanto essere respinta, senza che occorra
esaminare se sussistano le altre condizioni per il sorgere della
responsabilità extracontrattuale.
Sulla causa T‑223/05
Argomenti delle parti
63 La Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità in
quanto il termine di prescrizione quinquennale, di cui al'art. 46 dello
Statuto della Corte, sarebbe scaduto prima della presentazione del
ricorso e di conseguenza il ricorso sarebbe irricevibile. Il fatto
generatore del danno lamentato sarebbe costituito dal'omissione da
parte del'istituzione in parola di adottare le misure che le
incombevano ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93, omissione
che si sarebbe concretizzata il 24 marzo 1996, allo scadere del termine
di due mesi a partire dalla diffida del 24 gennaio 1996. La Commissione
ricorda che la Camar, il 28 maggio 1996, ha proposto un ricorso per
carenza e un ricorso per risarcimento danni a seguito della menzionata
omissione (causa T‑79/96), interrompendo così, conformemente al'art. 46
dello Statuto della Corte, il decorso della prescrizione iniziato il 24
marzo 1996. Tale termine sarebbe a suo parere scaduto dal 24 marzo 2001.
Il ricorso proposto il 28 maggio 1996, che non soddisfaceva i requisiti
minimi di forma previsti dal regolamento di procedura, non avrebbe in
ogni caso potuto provocare la sospensione della prescrizione durante
'intera durata del procedimento dinanzi al Tribunale.
64 Per quanto riguarda 'affermazione della Camar secondo cui 'aver
proposto il ricorso per risarcimento danni nella causa T‑79/96 avrebbe
interrotto il termine di prescrizione per 'intera durata del
procedimento di primo grado, la Commissione sottolinea che 'art. 46
dello Statuto della Corte prevede solo 'interruzione del termine di
prescrizione e non vi è menzione di sospensione del detto termine
durante il periodo in cui il giudice comunitario è chiamato a
pronunciarsi sul ricorso proposto dalla parte che sarebbe stata lesa.
65 La Commissione fa parimenti osservare che il legislatore, quando ha
effettivamente voluto regolamentare sia 'interruzione sia la
sospensione della prescrizione, lo ha indicato espressamente, come
risulta dal'art. 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre
1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di
esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza
della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), o dal combinato
disposto del'art. 3 e del'art. 6, n. 1, del regolamento (CE, Euratom)
del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli
interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312, pag. 1).
66 Peraltro la Commissione aggiunge che, alla data della pronuncia della
sentenza 8 giugno 2000, il termine quinquennale per avviare 'azione per
il risarcimento non era ancora scaduto. A suo avviso la dichiarazione d’irricevibilità
di cui al punto 4) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 non
ostava al'avvio di una nuova azione, poiché si trattava di un’irricevibilità
fondata sul difetto di chiarezza e precisione del'atto introduttivo del
ricorso. Ne consegue che una nuova domanda di risarcimento danni poteva
essere presentata dalla Camar fino al 24 marzo 2001. Il ricorso sarebbe
invece stato presentato '8 giugno 2005 e sarebbe, pertanto,
manifestamente irricevibile.
67 La Commissione ritiene che la tesi sostenuta dalla ricorrente,
relativa al'asserita efficacia interruttiva permanente della
prescrizione derivante dalla proposizione del ricorso, non tiene conto
del fatto che la prescrizione prevista dallo Statuto della Corte non
riguarda il diritto al risarcimento, bensì 'azione diretta a far valere
tale diritto.
68 La Camar sostiene che 'interruzione della prescrizione persiste per
'intera durata del processo, con effetto sospensivo su di essa. Se si
accogliesse la tesi della Commissione, 'interruzione della prescrizione
avrebbe, ad avviso della ricorrente, i medesimi effetti, sia che
intervenga per effetto di un atto di semplice messa in mora, sia che
consegua a un atto inteso a provocare una pronuncia giudiziale sul
diritto che si fa valere. Tuttavia la Camar ritiene che, quando
'interruzione consegue ad un atto di messa in mora, il nuovo termine
decorra a partire da tale atto, mentre, quando la prescrizione è
interrotta con un’istanza giudiziaria, il nuovo termine decorra dalla
data in cui viene definito il giudizio.
69 A tale riguardo la Camar fa osservare che il concetto di interruzione
con efficacia permanente della prescrizione mediante la proposta di una
domanda di risarcimento dinanzi al giudice comunitario corrisponde, in
primo luogo, agli effetti del'interruzione della prescrizione derivanti
da un atto introduttivo di un giudizio nei principali ordinamenti
giuridici europei e, in secondo luogo, ad una «rule of reason». Essa
sottolinea pertanto che, se si accogliesse la tesi della Commissione, un
ricorrente, qualora la causa fosse ancora pendente allo scadere del
nuovo termine di prescrizione, dovrebbe presentare un altro ricorso, con
il medesimo oggetto, al solo fine di interrompere tale termine.
70 Peraltro la Camar fa osservare che, nonostante 'art. 46 dello
Statuto della Corte preveda unicamente 'interruzione della
prescrizione, esso non indica la durata e gli effetti della detta
interruzione. Essa sostiene che la mancanza di qualsiasi precisazione al
riguardo non consente di dare a tale disposizione un’interpretazione più
restrittiva di quella che deriva dai principi generali vigenti in
materia negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. In proposito la
ricorrente sottolinea che dalle conclusioni del'avvocato generale
Stix-Hackl, presentate nella causa decisa con sentenza della Corte 28
ottobre 2004 (causa C‑164/01 P, van den Berg/Consiglio e Commissione,
Racc. pag. I‑10225, paragrafi 92‑101), emerge che il fatto che
'art. 46
dello Statuto della Corte menzioni unicamente 'interruzione della
prescrizione non esclude che, in determinate circostanze, possa anche
esservi una sospensione della prescrizione.
71 Per quanto riguarda le osservazioni della Commissione relative ai
regolamenti n. 2988/74 e n. 2988/95, la ricorrente replica che il fatto
che il Consiglio abbia espressamente previsto, nei suddetti regolamenti,
non solo 'interruzione della prescrizione, ma anche la sua sospensione,
una volta interrotta, fino alla conclusione del procedimento giudiziario
non significa che il legislatore comunitario abbia inteso derogare a un
principio generale, bensì, al contrario, che abbia voluto conformarsi a
tale principio, esplicitandolo in modo puntuale in relazione alle
specifiche materie disciplinate. La Camar osserva altresì che, per
quanto concerne le ipotesi disciplinate dai suddetti regolamenti, si
tratta di azioni volte non a tutelare un diritto, ma ad infliggere
sanzioni.
72 Pertanto 'interruzione della prescrizione derivante dalla
presentazione del ricorso per risarcimento nella causa T‑79/96 avrebbe
avuto, nel caso di specie, un’«efficacia permanente» e sarebbe perdurata
fino alla data della pronuncia della sentenza 8 giugno 2000. A partire
dalla data di tale pronuncia avrebbe iniziato a decorrere un nuovo
termine di prescrizione quinquennale. La ricorrente non poteva dunque
presentare un nuovo ricorso per risarcimento basato sul suddetto
comportamento, la cui liceità doveva ancora essere valutata dalla Corte.
Il nuovo ricorso per risarcimento sarebbe quindi stato proposto prima
della scadenza del nuovo termine di prescrizione quinquennale, che ha
iniziato a decorrere a partire dalla sentenza 8 giugno 2000.
Giudizio del Tribunale
73 Ai fini della pronuncia sulla ricevibilità del presente ricorso per
risarcimento danni, occorre preliminarmente verificare se la Camar abbia
proposto il suo ricorso con 'intenzione di mettere in discussione la
responsabilità della Commissione relativamente al'art. 46 dello Statuto
della Corte, così formulato:
«Le azioni contro le Comunità in materia di responsabilità
extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento
in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione è
interrotta sia dal'istanza presentata alla Corte, sia dalla preventiva
richiesta che il danneggiato può rivolgere al'istituzione competente
delle Comunità. In quest’ultimo caso 'istanza deve essere proposta nel
termine di due mesi previsto dal'articolo 230 [CE] e dal'articolo 146
[CEEA]; sono applicabili, quando ne sia il caso, rispettivamente le
disposizioni di cui al'articolo 232, secondo comma, del trattato CE e
dal'articolo 148, secondo comma [CEEA]».
74 La Commissione richiama 'ordinanza della Corte 18 luglio 2002, causa
C‑136/01 P, Autosalone Ispra dei Fratelli Rossi/Commissione (Racc. pag.
I‑6565, punto 56), per sostenere che 'art. 46 dello Statuto della Corte
menziona solo 'interruzione della prescrizione senza prevedere alcuna
sospensione. Tuttavia, nella causa che ha dato origine al'ordinanza
summenzionata, il punto controverso era accertare se fosse possibile
riconoscere un effetto interruttivo della prescrizione ad un’azione
intentata dinanzi un giudice nazionale, e dunque non si riferiva alla
medesima situazione di quella in discussione nella fattispecie.
Parimenti, la sospensione considerata nella citata sentenza van den Berg/Consiglio
e Commissione (punti 93 e 94) e nella sentenza del Tribunale 7 febbraio
2002, causa T‑261/94, Schulte/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑441),
che derivava da una rinuncia da parte del'istituzione interessata alla
prescrizione, non è a maggior ragione pertinente nel contesto del'esame
del presente ricorso.
75 È giocoforza constatare che 'art. 46 Statuto della Corte si limita
ad indicare il termine di prescrizione del'azione per responsabilità
extracontrattuale e ad elencare gli atti idonei ad interrompere detta
prescrizione, senza ulteriori specificazioni. La mancanza di
riferimenti, in tale articolo, alla sospensione della prescrizione,
mentre in altri atti comunitari, come ad esempio i regolamenti n.
2988/74 e n. 2988/95, una sospensione è prevista, non dimostra, di per
sé, che non vi possa essere sospensione della prescrizione.
76 Occorre riconoscere che 'atto introduttivo di un giudizio può avere
un effetto sospensivo della prescrizione. Infatti, qualora mancasse un
tale effetto, non vi sarebbe nemmeno ragione di prevedere 'interruzione
della prescrizione, dal momento che la proposizione del'atto
introduttivo di un giudizio ha di norma la conseguenza di estinguere il
diritto di agire.
77 Questa interpretazione è coerente con una costante giurisprudenza,
che dichiara espressamente che le frasi seconda e terza del'art. 46 non
mirano in nessun caso ad abbreviare il termine di prescrizione
quinquennale di cui alla disposizione in parola, ma tendono a tutelare
gli interessati, impedendo che si tenga conto di taluni periodi ai fini
del computo di detto termine (sentenze della Corte 14 luglio 1967, cause
riunite 5/66, 7/66 e 13/66‑24/66, Kampffmeyer e a./Commissione, Racc.
pag. 288, in particolare pag. 306, e 5 aprile 1973, causa 11/72,
Giordano/Commissione, Racc. pag. 417, punti 5-7; ordinanza Holcim
(France)/Commissione, cit., punti 38 e 39).
78 Ammettere che il termine per 'esame da parte del Tribunale di un
ricorso per risarcimento possa incidere sul'estinzione, per via della
prescrizione, del diritto al risarcimento di un ricorrente sarebbe
quindi contrario alla volontà del legislatore. Non si può, infatti,
senza violare i principi di buon andamento del'amministrazione e di
economia processuale, imporre a un soggetto che ha già proposto domanda
di risarcimento prima dello scadere del termine di prescrizione e che
attende la pronuncia del giudice comunitario di presentare, prima che
sia scaduto il termine di prescrizione, un nuovo ricorso per
risarcimento per il caso in cui dovesse constatare la mancata pronuncia
della decisione del giudice in questione prima dello scadere di tale
termine, che in siffatta ipotesi continuerebbe a decorrere, fino a che
la decisione non sia divenuta definitiva. Il termine di prescrizione è
pertanto sospeso e riprende a decorrere solamente a partire dalla
decisione che conclude definitivamente il giudizio.
79 Nel caso di specie, dal momento che la Camar non ha proposto
un’impugnazione relativa alla ricevibilità della sua azione per
risarcimento danni nella causa T‑79/96, la data della decisione che ha
posto definitivamente fine alla controversia era quella della sentenza 8
giugno 2000. Inoltre, nella sentenza in parola, il Tribunale non si è
pronunciato sul merito del ricorso per risarcimento, dichiarando tale
ricorso irricevibile, e ciò unicamente per motivi procedurali. In
proposito si deve ricordare che 'autorità di cosa giudicata che risiede
in una sentenza, e che è tale da ostare alla ricevibilità di un nuovo
ricorso, riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono
stati effettivamente o necessariamente decisi nel'ambito del'esame del
ricorso che ha dato origine alla sentenza in questione (sentenze della
Corte 19 febbraio 1991, causa C‑281/89, Italia/Commissione, Racc. pag.
I‑347, punto 14, e 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99
P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P,
Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti
44, 47 e 48) e, pertanto, non vieta di proporre un nuovo ricorso per
risarcimento. In ogni caso occorre constatare che la proposizione di un
ricorso del genere, comportando un’azione da parte del soggetto
interessato al risarcimento, costituisce, indipendentemente dalla sua
ricevibilità, un atto idoneo a interrompere la prescrizione di cui
al'art. 46 dello Statuto della Corte. Alla luce di ciò, poiché il
termine di prescrizione previsto dal detto articolo non era scaduto, era
possibile per la Camar proporre un secondo ricorso.
80 Risulta, inoltre, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 77,
segnatamente dal punto 39 della summenzionata ordinanza Holcim
(France)/Commissione, che 'art. 46, terzo comma, dello Statuto della
Corte ha unicamente lo scopo, se non 'effetto, di rinviare la scadenza
del termine di cinque anni nel caso in cui una previa istanza o un
ricorso sia stato presentato entro tale termine. Dalla giurisprudenza di
cui trattasi appare che, nel'art. 46 dello Statuto della Corte, il
legislatore ha semplicemente voluto escludere taluni periodi dal calcolo
di detto termine e che alla ripresa del decorso del termine non
s’intende né accorciare né prolungare il periodo di prescrizione. Non
sarebbe infatti giustificato porre una parte che ha proposto un ricorso
formalmente irricevibile in una situazione più favorevole rispetto a
quella in cui si troverebbe una parte che lo abbia proposto validamente.
Si aggiunga che se un nuovo termine intero cominciasse a decorrere ogni
volta che si verificasse una siffatta situazione, quest’ultima potrebbe
perdurare per un lasso di tempo indeterminato. Si deve pertanto
interpretare 'art. 46 dello Statuto della Corte nel senso che il
periodo durante il quale il ricorso è pendente, periodo che non rientra
nella disponibilità del ricorrente, va sottratto dal termine di
prescrizione. Di conseguenza, nel giorno in cui il primo ricorso è
dichiarato irricevibile, il termine di prescrizione riprende, e ciò per
il periodo residuo e non per 'intero periodo di cinque anni.
81 Nel caso di specie il fatto generatore del danno subito dalla Camar
si è concretizzato il 24 marzo 1996, ossia allo scadere di un termine di
due mesi dopo la messa in mora del'istituzione con lettera del 24
gennaio 1996. Dal momento che la proposizione del ricorso del 28 maggio
1996 nella causa T‑79/96 ha unicamente sospeso il termine di
prescrizione (v. il precedente punto 78), quest’ultimo ha ricominciato a
decorrere solo a partire dalla sentenza 8 giugno 2000, e ciò per la
parte che di esso restava, per la durata di quattro anni, nove mesi e 26
giorni. Il termine per proporre validamente ricorso è pertanto scaduto
il 3 aprile 2005. Orbene, la Camar ha presentato ricorso '8 giugno
2005. Da quanto precede risulta che 'eccezione d’irricevibilità,
sollevata dalla Commissione con la motivazione che il termine di
prescrizione di cinque anni di cui al'art. 46 dello Statuto della Corte
era scaduto prima della proposizione del ricorso, deve essere accolta.
Il presente ricorso è pertanto irricevibile.
Sulle spese
82 Ai sensi del'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, se le
parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può
ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie
spese. Relativamente alla causa T‑457/04, benché la ricorrente sia
risultata soccombente sulla maggioranza dei motivi, per la fissazione
delle spese occorre comunque tener conto del comportamento della
Commissione, non conforme alla normativa comunitaria. Di conseguenza, si
farà una giusta valutazione delle circostanze della causa, condannando,
da un lato, la Camar a sopportare metà delle proprie spese nonché metà
delle spese sostenute dalla Commissione e, dal'altro, la Commissione a
sopportare metà delle proprie spese nonché metà delle spese sostenute
dalla Camar.
83 Ai sensi del'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del
Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata
fatta domanda. Relativamente alla causa T‑223/05, poiché la Commissione
ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere
condannata a sopportare le proprie spese e quelle sostenute dalla
Commissione.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Settima Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione della Commissione contenuta nella lettera del Direttore
generale della Direzione generale «Agricoltura» del 10 settembre 2004,
con cui si denegava di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della
sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e
T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193), è
annullata.
2) Per il resto, il ricorso nella causa T‑457/04 è respinto.
3) Il ricorso nella causa T‑223/05 è irricevibile.
4) Nella causa T‑457/04 la Camar Srl e la Commissione sopporteranno
ciascuna la metà delle proprie spese, nonché metà delle spese della
controparte.
5) Nella causa T‑223/05 la Camar è condannata a sopportare le proprie
spese e quelle sostenute dalla Commissione.
Forwood
Šváby
Moavero Milanesi
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 ottobre 2008.
Il cancelliere
Il presidente
E. Coulon
N. J. Forwood
Indice
Contesto normativo
Fatti
Procedimento
Conclusioni delle parti
Sulla causa T‑457/04
Sul capo della domanda diretto al'annullamento della decisione della
Commissione 10 settembre 2004
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sul capo della domanda diretto a far ingiungere alla Commissione
'esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sul capo della domanda diretto al risarcimento del danno morale
asseritamente subito dalla ricorrente
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulla causa T‑223/05
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Sulle spese
Vedi
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