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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05



AGRICOLTURA - Organizzazione comune dei mercati - Banane - Misure transitorie - Art. 30 del reg. (CEE) del Consiglio n. 404/93 - Sentenza che accerta la carenza della Commissione - Rifiuto di dare esecuzione ad una sentenza del Tribunale - Ricorso di annullamento - Domanda intesa a ottenere la condanna a dare esecuzione alla sentenza per equivalente. La decisione della Commissione contenuta nella lettera del Direttore generale della Direzione generale «Agricoltura» del 10 settembre 2004, con cui si denegava di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193), è annullata. (Fattispecie: certificati d’importazione di banane di paesi terzi e ACP non tradizionali e aumentare il contingente doganale annuale per le importazioni). TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05


PROCEDURE E VARIE - Responsabilità extracontrattuale della Comunità - Presupposti Risarcimento del danno morale - Astensione illecita della Commissione - Ricorso per risarcimento danni - Interruzione del termine di prescrizione - Art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia - Irricevibilità. Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito di suoi organi, ai sensi del'art. 288, secondo comma, CE, dipende dalla sussistenza di un complesso di presupposti, vale a dire: 'illiceità del comportamento contestato al'istituzione, 'effettività del danno e 'esistenza di un nesso causale fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE; sentenze del Tribunale 16 luglio 1998, causa T‑199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione e 4 ottobre 2006, causa T‑193/04, Tillack/Commissione). Allorché uno dei requisiti per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità non è soddisfatto, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della suddetta responsabilità (sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione; v., in questo senso, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione). TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05


PROCEDURE E VARIE - Responsabilità della Comunità - Risarcimento danni - Art. 46 dello Statuto della Corte - Interpretazione. In materia di risarcimento danni, spetta alla parte che denuncia la responsabilità della Comunità fornire la prova del'esistenza o della portata del danno lamentato e stabilire fra tale danno e il comportamento illecito del'istituzione interessata un nesso di causalità sufficientemente diretto (sentenza della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio e sentenza del Tribunale 24 ottobre 2000, causa T‑178/98, Fresh Marine/Commissione). Inoltre, 'art. 46, terzo comma, dello Statuto della Corte ha unicamente lo scopo, se non 'effetto, di rinviare la scadenza del termine di cinque anni nel caso in cui una previa istanza o un ricorso sia stato presentato entro tale termine. Dalla giurisprudenza appare che, nel'art. 46 dello Statuto della Corte, il legislatore ha semplicemente voluto escludere taluni periodi dal calcolo di detto termine e che alla ripresa del decorso del termine non s’intende né accorciare né prolungare il periodo di prescrizione. Non sarebbe infatti giustificato porre una parte che ha proposto un ricorso formalmente irricevibile in una situazione più favorevole rispetto a quella in cui si troverebbe una parte che lo abbia proposto validamente. Si aggiunga che se un nuovo termine intero cominciasse a decorrere ogni volta che si verificasse una siffatta situazione, quest’ultima potrebbe perdurare per un lasso di tempo indeterminato. Si deve pertanto interpretare 'art. 46 dello Statuto della Corte nel senso che il periodo durante il quale il ricorso è pendente, periodo che non rientra nella disponibilità del ricorrente, va sottratto dal termine di prescrizione. Di conseguenza, nel giorno in cui il primo ricorso è dichiarato irricevibile, il termine di prescrizione riprende, e ciò per il periodo residuo e non per 'intero periodo di cinque anni. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. VII, 15/10/2008, cause riunite T‑457/04 e T‑223/05


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

15 ottobre 2008

«Organizzazione comune dei mercati - Banane - Misure transitorie - Art. 30 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 404/93 - Sentenza che accerta la carenza della Commissione - Rifiuto di dare esecuzione ad una sentenza del Tribunale - Ricorso di annullamento - Domanda intesa a ottenere la condanna a dare esecuzione alla sentenza per equivalente - Risarcimento del danno morale - Astensione illecita della Commissione - Ricorso per risarcimento danni - Interruzione del termine di prescrizione - Art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia - Irricevibilità»



Nelle cause riunite T‑457/04 e T‑223/05,

Camar Srl, con sede in Firenze, rappresentata dagli avv.ti W. Viscardini, S. Donà e M. Paolin,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal sig. L. Visaggio, successivamente dalla sig.ra F. Clotuche-Duvieusart, in qualità di agenti, assistiti dal'avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

avente ad oggetto, relativamente alla causa T‑457/04, una domanda diretta, in primo luogo, al'annullamento della decisione di rifiuto della Commissione di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193), contenuta nella lettera datata 10 settembre 2004, in secondo luogo, alla condanna della Commissione a dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della citata sentenza Camar e Tico/Commissione e Consiglio per 'equivalente del valore dei certificati non rilasciati e, in terzo luogo, alla condanna della Commissione a risarcire il danno morale, nonché, relativamente alla causa T‑223/05, una domanda diretta a far condannare la Commissione, a titolo di responsabilità extracontrattuale della Comunità europea, al risarcimento del danno che la ricorrente avrebbe subito,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Settima Sezione),

composto dal sig. N. J. Forwood, presidente, dai sigg. D. Šváby e E. Moavero Milanesi (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito al'udienza del 24 gennaio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza



Contesto normativo

1 Le disposizioni applicabili al caso di specie sono gli artt. 230 CE, 232 CE, 233 CE e 288 CE, nonché 'art. 46 dello Statuto della Corte.

2 Il regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo al'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), prevedeva, nella versione vigente al'epoca dei fatti al'origine delle presenti cause, 'apertura di un contingente doganale annuo per le importazioni di banane dai paesi terzi e dai paesi d’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). In particolare:

- 'art. 18, n. 1, del regolamento n. 404/93, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3290, relativo agli adattamenti e alle misure transitorie necessarie nel settore del'agricoltura per 'attuazione degli accordi conclusi nel quadro dei negoziati commerciali multilaterali del'Uruguay Round (GU 1999, L 3, pag. 23), precisava che, per le importazioni di banane di paesi terzi diversi dai paesi ACP (in prosieguo: le «banane dei paesi terzi») e di banane ACP non tradizionali (ai sensi del'art. 15 del regolamento n. 404/93, diventato art. 15 bis dopo la modifica ad opera del regolamento n. 3290/94), veniva fissato un contingente doganale di 2,1 milioni di tonnellate (peso netto) per il 1994 e di 2,2 milioni di tonnellate (peso netto) per gli anni successivi. Nel'ambito di tale contingente doganale le importazioni di banane di paesi terzi erano soggette ad un’imposizione pari a 75 ECU/tonnellata e le importazioni di banane ACP non tradizionali erano soggette a dazio zero. Inoltre 'art. 18, n. 2, del regolamento n. 404/93 prevedeva che le importazioni effettuate al di fuori del contingente, indipendentemente dal fatto che si trattasse di importazioni di banane non tradizionali ACP o di banane dei paesi terzi, erano soggette ad un’imposizione calcolata in base alla tariffa doganale comune;

- 'art. 19, n. 1, del regolamento n. 404/93 ripartiva il contingente doganale così fissato destinando il 66,5% alla categoria degli operatori che avevano smerciato banane di paesi terzi o banane ACP non tradizionali (categoria A), il 30% alla categoria degli operatori che avevano smerciato banane comunitarie o banane ACP tradizionali (categoria B) e il 3,5% alla categoria degli operatori stabiliti nella Comunità europea che avevano iniziato a smerciare banane diverse dalle banane comunitarie o ACP tradizionali dal 1992 (categoria C);

- 'art. 30 del regolamento n. 404/93 prevedeva che, «[s]e provvedimenti specifici appaiono necessari a decorrere dal luglio 1993 per agevolare il passaggio dal regime vigente prima del'entrata in vigore del presente regolamento a quello introdotto con il presente regolamento, e soprattutto per superare particolari difficoltà, la Commissione adotta, secondo la procedura prevista al'articolo 27, le misure transitorie stimate opportune».

3 Le modalità di attuazione del regime di importazione di banane nella Comunità erano stabilite dal regolamento (CEE) della Commissione 10 giugno 1993, n. 1442 (GU L 142, pag. 6). In particolare:

- ai sensi degli artt. 4 e 5 del regolamento n. 1442/93, la ripartizione del contingente doganale tra gli operatori della categoria A si effettuava sulla base dei quantitativi di banane di paesi terzi o ACP non tradizionali smerciati durante i tre anni anteriori al'anno precedente a quello per cui era fissato il contingente doganale. La ripartizione del contingente tra gli operatori della categoria B veniva fatta sulla base dei quantitativi di banane comunitarie o ACP tradizionali smerciati nel corso di un periodo di riferimento calcolato come nel caso della categoria A;

- secondo 'art. 13 del medesimo regolamento, gli operatori delle categorie A o B, durante il periodo di validità dei certificati d’importazione loro rilasciati in tale qualità, potevano cedere i diritti derivanti da tali certificati a operatori delle categorie A, B o C.

4 Il regolamento (CE) del Consiglio 20 luglio 1998, n. 1637, che modifica il regolamento n. 404/93 (GU L 210, pag. 28), applicabile dal 1º gennaio 1999, ha abrogato 'art. 15 bis del regolamento n. 404/93 e ne ha modificato gli artt. 16-20. Pertanto:

- ai sensi del'art. 18, n. 2, del regolamento n. 404/93 un contingente tariffario supplementare era stabilito per le importazioni di banane di paesi terzi e di banane ACP non tradizionali;

- 'art. 19, n. 1, primo comma, del medesimo regolamento prevedeva che per il futuro «[l]a gestione dei contingenti tariffari di cui al'articolo 18, paragrafi 1 e 2, e le importazioni di banane ACP tradizionali ven[issero] espletate secondo un metodo che [tenesse] conto dei flussi di scambi tradizionali (metodo noto come “tradizionali/nuovi arrivati”)»;

- secondo 'art. 20 del medesimo regolamento, la Commissione doveva adottare le modalità di applicazione del nuovo regime d’importazione, che avrebbero comportato, segnatamente, ai sensi di detto articolo, lett. d), «le particolari misure che po[tesser]o rendersi necessarie per agevolare la transizione dal regime d’importazione valido dal 1° luglio 1993 al [nuovo] regime (...)».

5 Sulla base, segnatamente, del'art. 20 del regolamento n. 404/93, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32), il quale ha sostituito, dal 1º gennaio 1999, il regolamento n. 1442/93. In particolare, 'art. 4, n. 1, del regolamento n. 2362/98 prevedeva che ogni operatore tradizionale, come definito al'art. 3, primo comma, e registrato in uno Stato membro conformemente al'art. 5, ottenesse per ogni anno, per 'insieme delle origini indicate nel'allegato I (paesi terzi e Stati ACP), un quantitativo di riferimento unico determinato in base ai quantitativi di banane effettivamente importati durante il periodo di riferimento. 'art. 4, n. 2, del regolamento n. 2362/98 precisava che, per le importazioni da effettuare nel 1999, nel'ambito dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali, il periodo di riferimento era costituito dagli anni 1994-1996.

6 Nel'ambito del regime stabilito dai regolamenti n. 404/93 e n. 1442/93, come modificati dai regolamenti n. 1637/98 e n. 2362/98, il richiamo ai quantitativi di riferimento notificati agli operatori tradizionali per il 1999 è stato successivamente confermato, fino al 30 giugno 2001, da sei regolamenti della Commissione. Il regolamento (CE) del Consiglio 19 dicembre 2006, n. 2013, che modifica i regolamenti n. 404/93, (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 247/2006 in ordine al settore delle banane (GU L 384, pag. 13), ha fissato un nuovo regime e, con 'art. 1, ha soppresso in particolare i certificati II e III, gli artt. 16-20, 'art. 21, n. 2, 'art. 25 e gli artt. 30-32 del regolamento n. 404/93.

Fatti

7 La Camar Srl (in prosieguo: la «Camar» o la «ricorrente») importa in Italia banane di origine somala dal 1983. Fino al 1994 è stata 'unico importatore e, fino al 1997, 'importatore principale di tale tipo di banane. Nel dicembre 1990 è scoppiata in Somalia la guerra civile che ha provocato 'interruzione del normale flusso di importazioni della Camar.

8 Il 24 gennaio 1996 la Camar ha inviato alla Commissione una diffida ad agire ex art. 175, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 232, secondo comma, CE), in applicazione del'art. 30 del regolamento n. 404/93. Con tale diffida essa ha chiesto, in primo luogo, di aumentare il contingente doganale annuale per le importazioni di banane di paesi terzi e di banane ACP non tradizionali, di cui al'art. 18 del suddetto regolamento, per un quantitativo pari alla differenza tra il quantitativo di banane che tradizionalmente importava dalla Somalia, previsto dal regolamento n. 404/93 (60 000 tonnellate), e i quantitativi che la Camar aveva effettivamente importato o che avrebbe potuto importare al'interno della Comunità. In secondo luogo, la Camar ha chiesto che le venissero concessi certificati d’importazione di banane di paesi terzi e ACP non tradizionali in misura corrispondente alla differenza fra tali quantitativi. Non avendo ricevuto alcuna risposta entro il termine di due mesi, il 28 maggio 1996 la Camar ha proposto un ricorso per carenza e per risarcimento danni, iscritto a ruolo con il numero T‑79/96.

9 Il 27 gennaio 1997 la Camar, a termini del'art. 175, secondo comma, del Trattato CE, ha chiesto alla Commissione che, in forza del'art. 30 del regolamento n. 404/93, i certificati d’importazione di banane di paesi terzi e ACP non tradizionali, che avrebbero dovuto esserle attribuiti in quanto operatore di categoria B per il 1997 e per gli anni successivi, fino al ripristino dei suoi normali quantitativi di riferimento, fossero determinati in base ai quantitativi di banane da essa commercializzati negli anni 1988-1990. Con decisione 17 luglio 1997 la Commissione ha respinto questa richiesta. Il 25 settembre 1997 la Camar ha depositato presso la cancelleria del Tribunale un ricorso diretto a ottenere 'annullamento di tale decisione e una domanda di risarcimento danni contro la Commissione e il Consiglio. Tale ricorso è stato iscritto a ruolo con il numero T‑260/97.

10 Con sentenza 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193; in prosieguo: la «sentenza 8 giugno 2000»), il Tribunale, relativamente alla causa T‑79/96, ha osservato, ai punti 143 e 149, che le difficoltà di approvvigionamento in banane della ricorrente, per quanto connesse alla guerra civile scoppiata in Somalia, erano la diretta conseguenza del'instaurazione del'organizzazione comune dei mercati, in quanto il regime fissato dai regolamenti n. 404/93 e n. 1442/93 aveva, di fatto, comportato una notevole diminuzione oggettiva delle possibilità, offerte dal regime italiano previgente, di sostituire 'offerta insufficiente di banane somale. Il Tribunale concludeva indi che siffatte difficoltà avevano avuto pertanto conseguenze assai gravi sulla redditività del'attività economica della Camar e potevano aver messo a repentaglio la prosecuzione di tale attività. Di conseguenza, esse costituivano «particolari difficoltà» che contribuivano a far sorgere 'obbligo della Commissione di adottare i provvedimenti ritenuti necessari, ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93 (punto 143).

11 Il Tribunale ha peraltro dichiarato che la Commissione aveva commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che la Camar fosse in grado di superare le particolari difficoltà provocate dal passaggio dal regime nazionale italiano al regime comunitario basandosi sul funzionamento del mercato. Esso ha considerato che, essendo 'adozione da parte della Commissione delle misure transitorie di cui al'art. 30 del regolamento n. 404/93 il solo mezzo che consentisse di far fronte alle difficoltà incontrate dalla ricorrente, tale adozione era manifestamente necessaria (punto 149). Il Tribunale ha pertanto concluso che la Commissione, avendo omesso di adottare le misure stimate necessarie nei confronti della ricorrente, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del'art. 30 del regolamento n. 404/93 e ha dichiarato il ricorso per risarcimento danni irricevibile per ragioni formali, giacché non erano indicati gli elementi richiesti dal'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale.

12 Per quanto concerne la causa T‑260/97, il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione 17 luglio 1997 e ha condannato quest’ultima a risarcire il danno subito dalla ricorrente a causa della suddetta decisione. Il Tribunale ha peraltro invitato le parti ad addivenire, entro sei mesi, a un accordo sul'importo del risarcimento integrale del danno, in mancanza del quale le parti stesse avrebbero dovuto fare pervenire al Tribunale, entro il medesimo termine, le loro proposte quantificate.

13 La Commissione ha proposto impugnazione contro la sentenza 8 giugno 2000 e il termine di sei mesi concesso alle parti per presentare le loro proposte quantificate nella causa T‑260/97 è stato pertanto sospeso. Con sentenza 10 dicembre 2002, causa C‑312/00 P, Commissione/Camar e Tico (Racc. pag. I‑11355), la Corte ha respinto tale ricorso contro la sentenza 8 giugno 2000 nella parte relativa alle cause T‑79/96 e T‑260/97. Con lettera della cancelleria del Tribunale del 9 gennaio 2003, le parti sono state informate che il termine di sei mesi, previsto al punto 5) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, aveva ricominciato a decorrere e sarebbe giunto a scadenza il 10 giugno 2003.

14 Parallelamente alle trattative così riavviate al fine di addivenire a un accordo sul'importo del risarcimento integrale del danno, è intercorso uno scambio di corrispondenza fra le parti, relativamente alla causa T‑79/96, sul'esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000. Il 28 febbraio 2003 la Camar ha chiesto alla Commissione di dare esecuzione a detta sentenza, rilasciandole certificati d’importazione «ora per allora» o con il riconoscimento, quale compensazione pecuniaria, di una somma di denaro corrispondente al valore economico di tali certificati. La Commissione ha respinto la suddetta richiesta con lettera del 20 maggio 2003.

15 Il 9 aprile 2004 la ricorrente invitava nuovamente la Commissione a proporre una soluzione per 'esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 per la parte relativa alla causa T‑79/96, avvertendo che, in mancanza di un riscontro positivo, si sarebbe proceduto alla formale diffida della Commissione. Quest’ultima rispondeva il 1° giugno 2004, esprimendosi solamente in merito alle spese delle cause T‑79/96 e T‑260/97.

16 Il 7 luglio 2004 la Camar inviava quindi alla Commissione una lettera di formale diffida, ex artt. 232 CE e 233 CE. La ricorrente faceva ivi osservare che, tenuto conto del'imminenza del'entrata in vigore del nuovo regime comunitario d’importazione delle banane, non più basato sul sistema dei certificati d’importazione, non sarebbe più stato utile né attuale rilasciare, ai fini del'esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, certificati d’importazione «ora per allora», restando quindi praticabile, quale unica possibilità di esecuzione della sentenza, una compensazione pecuniaria basata sul valore economico dei certificati a suo tempo non concessi.

17 Con lettera del 10 settembre 2004, a firma del Direttore generale della direzione generale (DG) «Agricoltura» della Commissione, quest’ultima dichiarava di non poter dar corso alla richiesta della Camar di dare esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000 per la parte relativa alla causa T‑79/96 per tre ragioni: in primis, non sarebbe stato più possibile dar luogo al'attribuzione di certificati d’importazione, stante 'intervenuta riforma del regime d’importazione delle banane nella Comunità in vigore dal 1° gennaio 1999; in secondo luogo, un risarcimento pecuniario sarebbe stato in contrasto con il punto 4) del dispositivo della summenzionata sentenza, il quale dichiarava irricevibile la domanda di risarcimento danni nella causa T‑79/96; in terzo luogo, non sarebbe stato proposto un nuovo ricorso in tal senso nel termine di prescrizione quinquennale indicato dal'art. 46 dello Statuto della Corte.

18 Non essendo le parti addivenute ad un accordo relativamente alla quantificazione del risarcimento del danno, conformemente al punto 5) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, con sentenza 13 luglio 2005, causa T‑260/97, Camar/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑2741; in prosieguo: la «sentenza 13 luglio 2005»), il Tribunale ha condannato la Commissione a versare alla ricorrente un indennizzo pari a EUR 5 024 192, soggetto a rivalutazione monetaria e maggiorato di interessi moratori a decorrere dalla pronuncia di tale sentenza fino al pagamento integrale, a risarcimento del danno subito, consistente nel'aver attribuito alla Camar, per gli anni 1997 e 1998, un numero di certificati d’importazione di banane di paesi di terzi e ACP non tradizionali ridotto rispetto a quello che essa avrebbe ottenuto per gli stessi anni se la Commissione avesse accolto la sua domanda del 27 gennaio 1997 autorizzando, in applicazione del'art. 30 del regolamento n. 404/93, che fossero presi in considerazione come periodo di riferimento gli anni 1989 e 1990.

Procedimento

19 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 novembre 2004 la Camar ha introdotto un primo ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑457/04.

20 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale '8 giugno 2005 la Camar ha introdotto un secondo ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑223/05. Il 12 settembre 2005 la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ex art. 114, n. 1, del regolamento di procedura. Con ordinanza 6 luglio 2006, il Tribunale (Quarta Sezione) ha riunito 'eccezione d’irricevibilità al merito. Il 25 aprile 2006 il Tribunale ha posto una serie di quesiti alla ricorrente, cui quest’ultima ha risposto in data 17 maggio 2006.

21 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione, alla quale, di conseguenza, sono state attribuite le cause T‑457/04 e T‑223/05. Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e di porre alcuni quesiti alle parti, a titolo delle misure di organizzazione del procedimento di cui al'art. 64 del regolamento di procedura. Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale al'udienza tenutasi il 24 gennaio 2008, nel corso della quale il presidente della Settima Sezione del Tribunale, su domanda della ricorrente, ha deciso di riunire i due procedimenti ai fini della fase orale e della sentenza.

Conclusioni delle parti

22 Nella causa T‑457/04 la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

- annullare il preteso rifiuto della Commissione di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, contenuto nella lettera del 10 settembre 2004, per violazione del'art. 233 CE;

- condannare la Commissione a dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 per 'equivalente del valore dei certificati che avrebbe dovuto rilasciare alla Camar in base alla suddetta sentenza, e che invece non ha rilasciato, pari a EUR 5 065 600 o al diverso importo eventualmente determinato dal Tribunale, maggiorato della rivalutazione monetaria e degli interessi calcolati al tasso che stabilirà il Tribunale, a partire dal'8 giugno 2000 fino alla data del saldo;

- condannare la Commissione a risarcire il danno morale patito dalla ricorrente, «nelle persone dei suoi soci», a causa della mancata esecuzione della sentenza 8 giugno 2000, e quantificare 'importo del detto risarcimento in via equitativa;

- condannare la Commissione alle spese.

23 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

- respingere il ricorso;

- condannare la ricorrente alle spese.

24 Nella causa T‑223/05 la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

- condannare la Commissione al risarcimento del danno cagionato alla ricorrente per avere la Commissione illecitamente omesso di adottare i provvedimenti necessari ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93, come accertato al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, secondo i criteri proposti dalla ricorrente medesima o altri criteri che il Tribunale dovesse ritenere più congrui anche alla luce della sentenza definitiva nella causa T‑260/97;

- condannare la Commissione alle spese.

25 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

- dichiarare il ricorso irricevibile o, in via subordinata, respingerlo;

- condannare la ricorrente alle spese.

Sulla causa T‑457/04

Sul capo della domanda diretto al'annullamento della decisione della Commissione 10 settembre 2004

Argomenti delle parti

26 A sostegno della prima parte del suo ricorso, diretto al'annullamento della decisione della Commissione contenuta nella lettera del 10 settembre 2004 a firma del Direttore generale della DG «Agricoltura», con cui si denegava di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, la Camar fa valere che tale comportamento della Commissione costituisce una grave violazione del'art. 233 CE, il quale stabilisce che 'istituzione da cui emana 'atto annullato, o la cui astensione sia stata dichiarata contraria al Trattato, è tenuta a prendere i provvedimenti che 'esecuzione della sentenza comporta.

27 La ricorrente sostiene che gli argomenti addotti dalla Commissione per giustificare il proprio rifiuto sono infondati. A tal riguardo essa afferma che, alla data della sentenza in parola, sarebbe stato ancora tecnicamente possibile attribuirle certificati d’importazione e che, in una lettera datata 7 dicembre 2000, la Commissione stessa non solo non aveva escluso di poter rilasciare certificati d’importazione per dare esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000, ma aveva proposto addirittura di rilasciarli proprio in esecuzione della decisione del Tribunale di risarcire il danno nella causa T‑260/97.

28 La Camar fa parimenti osservare che, in ogni caso, se dal punto di vista tecnico potevano esservi difficoltà per la Commissione nel'adozione di misure transitorie ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93 per eseguire il punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, ciò non esonerava 'istituzione dal'adozione di misure alternative a carattere compensativo. Conformemente alla sentenza della Corte 5 marzo 1980, causa 76/79, Könecke Fleischwarenfabrik/Commissione (Racc. pag. 665), e alla sentenza del Tribunale 10 maggio 2000, causa T‑177/97, Simon/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A-75 e II‑319, punto 23), quando non sia più possibile dare esecuzione ad una sentenza «in forma specifica», il danno subito dagli interessati può essere compensato pecuniariamente; detto principio, che, secondo la ricorrente, si applica anche in caso di constatata carenza, sarebbe di applicazione generale, e quindi parimenti applicabile ad ambiti diversi da quello della funzione pubblica. Secondo la Camar, la giurisprudenza precisa che la Commissione non potrebbe nemmeno, a maggior ragione, giustificare il suo rifiuto di dare esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000, facendo valere che, dal momento che quest’ultima è oggetto di impugnazione, la Commissione sarebbe esonerata dal'esecuzione, essendo in attesa della decisione della Corte.

29 La Commissione ribatte che, pur essendo vero che 'istituzione interessata deve, di regola, emanare la misura oggetto della domanda, 'adozione di una siffatta misura non era tuttavia più possibile al momento della pronuncia della sentenza 8 giugno 2000. Come confermato, infatti, dal Tribunale nella sentenza 13 luglio 2005 nella causa T‑260/97, poiché il regime d’importazione delle banane nella Comunità è stato modificato a partire dal 1° gennaio 1999, non sarebbe stato più possibile adottare, sul fondamento del'art. 30 del regolamento n. 404/93, un’eventuale misura transitoria quale quella richiesta dalla Camar il 24 gennaio 1996. Il fatto che, nel 2000, alla ricorrente sia stato proposto 'eventuale rilascio di certificati d’importazione quale risarcimento del danno nella causa T‑260/97 non varrebbe ad inficiare tale conclusione.

30 La Commissione sostiene inoltre di non essere tenuta a eseguire la sentenza del Tribunale 8 giugno 2000 «per equivalente», e che ciò risulterebbe del resto impossibile. La giurisprudenza, infatti, non potrebbe essere interpretata nel senso che impone di versare un’equa compensazione pecuniaria alla ricorrente senza tener conto della natura delle difficoltà di esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 e, soprattutto, della concomitante declaratoria d’irricevibilità del ricorso per risarcimento danni contenuta in tale sentenza. La giurisprudenza fatta valere dalla ricorrente non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto riguarderebbe controversie in materia di funzione pubblica. Ciò varrebbe a maggior ragione, allorché la sentenza di cui si chiede 'esecuzione ha, come nel caso in esame, da un lato, dichiarato 'illiceità del comportamento del'istituzione e, dal'altro, respinto il ricorso per risarcimento danni in quanto irricevibile.

31 Secondo la Commissione, se da un lato è vero che la citata sentenza Könecke Fleischwarenfabrik/Commissione, richiamata dalla ricorrente, le impone di garantire alla parte interessata un’equa compensazione del pregiudizio subito, anche qualora 'esecuzione della sentenza presenti particolari difficoltà, d’altro canto, in particolari circostanze, potrebbe essere impossibile per la Commissione dare esecuzione a una sentenza. In ogni caso, al soggetto interessato resterebbe comunque aperta la via del'azione di risarcimento danni. Detta giurisprudenza, inoltre, non le imporrebbe di versare un’equa compensazione pecuniaria alla ricorrente, senza tener conto della natura delle difficoltà di esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 e, soprattutto, della declaratoria d’irricevibilità del ricorso contenuta in tale sentenza. Nella fattispecie, tenuto conto del fatto che si era rivelato impossibile dare esecuzione in forma specifica alla sentenza del Tribunale e che il nuovo regime d’importazione di banane era entrato in vigore, il ricorso per risarcimento danni avrebbe costituito un rimedio appropriato. Ciò non di meno, secondo la Commissione, il ricorso per risarcimento danni proposto dalla Camar nel'ambito della causa T‑79/96 è stato dichiarato irricevibile dal Tribunale e non è stato riproposto nei termini di cui al'art. 46 dello Statuto della Corte. La circostanza che al'omissione della Commissione si unisca 'irricevibilità della domanda di risarcimento del danno non consentirebbe di applicare il principio del'equa compensazione, poiché ciò si scontrerebbe con il punto 4) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno 2000.

Giudizio del Tribunale

32 Con il primo capo della domanda la ricorrente chiede al Tribunale di constatare che la lettera recante il diniego di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 è contraria agli obblighi incombenti alla Commissione ai sensi del'art. 233 CE.

33 In via preliminare va osservato che 'atto impugnato è una lettera della Commissione a firma del Direttore generale della DG «Agricoltura» del 10 settembre 2004, che segue la lettera di formale diffida presentata dalla ricorrente il 7 luglio 2004 ex artt. 232 CE e 233 CE. Il rifiuto espresso dalla Commissione di agire conformemente a un siffatto invito costituisce una presa di posizione adatta a porre termine alla carenza, tale da produrre effetti giuridici obbligatori incidenti sulla situazione giuridica della ricorrente. Siffatto rifiuto si configura come un atto impugnabile ai sensi del'art. 230 CE, idoneo a costituire oggetto di un ricorso d’annullamento (v., in questo senso, sentenza della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punti 32 e 33, e ordinanza del Tribunale 4 maggio 2005, causa T‑86/03, Holcim (France)/Commissione, Racc. pag. II‑1539, punto 36).

34 In proposito giova ricordare che, ai sensi del'art. 233 CE, «[l]’istituzione o le istituzioni da cui emana 'atto annullato o la cui astensione sia stata dichiarata contraria al presente trattato sono tenute a prendere i provvedimenti che 'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta».

35 Come risulta dai punti 149 e 153 e dal punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, il Tribunale ha giudicato che la Commissione aveva commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che la Camar fosse in grado di superare le notevoli difficoltà provocate dal passaggio dal regime nazionale italiano al regime comunitario fondandosi sul funzionamento del mercato, e che 'aver omesso di adottare le misure transitorie necessarie ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93 era illecito. Di conseguenza la Commissione, a norma del'art. 233 CE, avrebbe dovuto adottare entro un «termine ragionevole» (sentenza della Corte 12 gennaio 1984, causa 266/82, Turner/Commissione, Racc. pag. 1, punto 5) una decisione ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93, che prevedeva appunto la possibilità di adottare misure dirette a mitigare le difficoltà causate dal passaggio dal regime nazionale italiano d’importazione di banane al sistema comunitario instaurato nel 1993.

36 Tuttavia, dagli atti del fascicolo, in particolare dalla lettera del 10 settembre 2004, risulta che la Commissione ha rifiutato non soltanto di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, in quanto non ha preso le misure che si era astenuta dal'adottare nel 1996, ma altresì di dare esecuzione a quest’ultimo «per equivalente pecuniario», come chiesto dalla ricorrente nella lettera di formale diffida del 7 luglio 2004. A sostegno del suo rifiuto di esecuzione in forma specifica, nella lettera del 10 settembre 2004 la Commissione avanza tre argomenti.

37 Quanto al secondo argomento, in base al quale un risarcimento pecuniario sarebbe stato contrario al punto 4) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, è sufficiente ricordare che, come ammesso dalla Commissione stessa (v. il seguente punto 45), un risarcimento del genere non è precluso dalla dichiarazione d’irricevibilità di cui al punto 4) del dispositivo della summenzionata sentenza, poiché a detta dichiarazione sottostanno motivazioni puramente formali.

38 Relativamente al primo argomento dedotto dalla Commissione nella lettera del 10 settembre 2004 a sostegno del suo rifiuto di esecuzione in forma specifica, 'istituzione in parola fa valere che 'entrata in vigore del nuovo regime d’importazione di banane nella Comunità nel 1999 avrebbe reso impossibile un’esecuzione «per equivalente pecuniario». Come, infatti, rilevato dal Tribunale al punto 58 della sentenza 13 luglio 2005, con riferimento alla domanda della ricorrente 21 gennaio 1997, che aveva portato alla causa T‑260/97, il regime instaurato dai regolamenti n. 404/93 e n. 1442/93, come modificati dai regolamenti n. 1637/98 e n. 2362/98, era tale da far cessare, al 31 dicembre 1998, gli effetti delle misure che la Commissione avrebbe dovuto adottare, conformemente a detto regime, per accogliere la domanda della ricorrente del 24 gennaio 1996. Questo regime ha abrogato la distinzione che veniva effettuata ai fini della ripartizione del contingente doganale, e distingueva soltanto gli operatori tradizionali dai nuovi arrivati. Con tale regime, nella sua versione modificata, il contingente doganale è stato fissato anche per le banane tradizionali ACP e i certificati d’importazione di banane di paesi terzi non esistevano più in quanto tali. Quindi, dopo la sentenza 8 giugno 2000 la Commissione non avrebbe più potuto adottare in una forma specifica le misure invocate dalla Camar nel 1996.

39 Secondo costante giurisprudenza, qualora 'esecuzione di una sentenza presenti difficoltà particolari, 'istituzione interessata può adempiere 'obbligo che le incombe in forza del'art. 233 CE adottando qualsiasi decisione tale da compensare equamente lo svantaggio derivante per gli interessati dalla decisione annullata (sentenze del Tribunale 8 ottobre 1992, causa T‑84/91, Meskens/Parlamento, Racc. pag. II‑2335, punto 80; Simon/Commissione, cit., punto 23, e 6 ottobre 2004, causa T‑294/02, Vicente-Nuñez/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑283 e II‑1279, punto 79).

40 Nella fattispecie in esame, occorre rilevare che 'impossibilità di adottare le misure provvisorie sulla base del'art. 30 del regolamento n. 404/93 costituiva una «particolare difficoltà» nel'esecuzione della sentenza 8 giugno 2000. Di fronte, quindi, al'impossibilità di dare esecuzione in forma specifica alla menzionata sentenza, la Commissione era comunque tenuta a prendere nei confronti della Camar, in osservanza dei principi della normativa comunitaria applicabile, qualsiasi decisione tale da compensare equamente lo svantaggio risultante per quest’ultima dal'omissione accertata (sentenze della Corte Könecke Fleischwarenfabrik/Commissione, cit., punto 15, e 14 maggio 1998, causa C‑259/96, Consiglio/de Nil e Impens, Racc. pag. I‑2915, punto 16; sentenza del Tribunale 10 luglio 1997, causa T‑81/96, Apostolidis e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑207 e II‑607, punto 42).

41 Allorché circostanze oggettive non consentono al'istituzione competente di dare esecuzione in forma specifica ad una sentenza di annullamento, il dovere di sollecitudine le impone di informare al più presto la ricorrente, nonché di stabilire un dialogo con quest’ultima, allo scopo di giungere a un’equa compensazione del'illegalità subita (sentenze del Tribunale Meskens/Parlamento, cit., punto 80, e 31 gennaio 2007, causa T‑166/04, C/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52).

42 È dunque giocoforza constatare che la Commissione non ha proceduto in tal senso, e ne consegue che la condotta del'istituzione in parola, consistente nel rifiutare di adottare qualunque misura concreta per dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, costituisce una violazione del'art. 233 CE. La Commissione ha pertanto commesso un illecito, fonte di responsabilità in capo ad essa, dal momento che ha omesso, con la motivazione di una pretesa impossibilità d’esecuzione, di adottare le misure dirette a dare esecuzione ad una sentenza d’annullamento.

43 Il terzo argomento avanzato dalla Commissione nella lettera del 10 settembre 2004, secondo cui non sarebbe stato proposto un nuovo ricorso entro il termine di prescrizione quinquennale indicato dal'art. 46 dello Statuto della Corte, non rimette in discussione tale conclusione. Infatti, la circostanza dedotta che la ricorrente non avrebbe presentato un ricorso per risarcimento danni entro il termine di prescrizione non esonerava la Commissione dal'obbligo di dare esecuzione alla sentenza del Tribunale ai sensi del'art. 233 CE. Sulla base delle considerazioni che precedono occorre quindi annullare 'atto impugnato.

Sul capo della domanda diretto a far ingiungere alla Commissione 'esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000

Argomenti delle parti

44 La Commissione eccepisce 'irricevibilità del ricorso diretto ad ottenere la condanna della Commissione a dare esecuzione per equivalente al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000. Secondo giurisprudenza, non spetterebbe al giudice comunitario indirizzare ingiunzioni alle istituzioni comunitarie per quanto riguarda le misure da adottare per 'esecuzione di una sentenza. Questa giurisprudenza sarebbe altresì applicabile nel caso di una sentenza che constati la carenza da parte di un’istituzione. Nel caso di specie la ricorrente potrebbe unicamente domandare al Tribunale di annullare 'atto con cui la Commissione ha preso posizione in ordine al'esecuzione della sentenza. Solo qualora il Tribunale dovesse annullare tale atto, la Commissione dovrebbe trarne tutte le conseguenze e prendere i provvedimenti che si rivelassero necessari alla luce della motivazione del'eventuale annullamento.

45 Anche se un risarcimento non sarebbe precluso dalla dichiarazione d’irricevibilità di cui al punto 4) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, che aveva ragioni solo formali, a parere della Commissione, la domanda della Camar non si proporrebbe di ottenere la condanna della Commissione al risarcimento del danno causato dal'omissione del'istituzione relativa alla domanda di misure transitorie del 24 gennaio 1996. In ogni caso un ricorso a tale titolo sarebbe ormai prescritto, in applicazione del'art. 46 dello Statuto della Corte, essendo trascorsi più di cinque anni dalla data del fatto generatore del danno.

46 La Camar controbatte che, se è vero che il Tribunale non è competente a pronunciare ingiunzioni nel'ambito di un ricorso di annullamento, tale principio non può tuttavia costituire un pretesto per non eseguire le decisioni dei giudici comunitari. Pertanto, siffatto principio non potrebbe valere quando 'atto di cui si chiede 'annullamento consiste proprio nel rifiuto di dare esecuzione a una sentenza.

47 Dato che la Commissione ha dichiarato che le era impossibile rilasciare certificati «ora per allora», come le era stato chiesto, in mancanza di altre forme di esecuzione, la Camar sarebbe stata obbligata a chiedere la condanna di quest’ultima a dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 per 'equivalente del valore dei certificati non rilasciati in esecuzione della medesima sentenza. Infine, la Camar precisa che nella causa T‑457/04 non ha inteso proporre un ricorso per risarcimento danni.

Giudizio del Tribunale

48 In via preliminare si deve constatare che nella sentenza 8 giugno 2000 il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva illecitamente omesso di adottare le misure necessarie a titolo del'art. 30 del regolamento n. 404/93. Ciò non di meno non spetta al Tribunale sostituirsi alla Commissione per stabilire le misure che 'esecuzione della sua sentenza comportava (sentenze del Tribunale Meskens/Parlemento, cit., punto 79, e 21 aprile 2005, causa T‑28/03, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag. II‑1357, punto 37), poiché il giudice comunitario non è competente a pronunciare ingiunzioni nel'ambito del sindacato di legittimità basato sul'art. 230 CE (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C‑5/93 P, DSM/Commissione, Racc. pag. I‑4695, punto 36) e sul'art. 232 CE (sentenza del Tribunale 9 settembre 1999, causa T‑127/98, UPS Europe/Commissione, Racc. pag. II‑2633, punto 50).

49 Occorre rilevare che, pur se la Camar ha basato il secondo capo della domanda di ricorso, distintamente e autonomamente, sul'art. 233 CE per ottenere un’esecuzione «in forma specifica» del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000, tale società nega di aver voluto, attraverso quest’ultimo, proporre un’azione di risarcimento del danno nella causa T‑457/04. Si deve tuttavia rilevare, in primo luogo, che 'art. 233 CE non istituisce alcun rimedio giurisdizionale e, in secondo luogo, che il Trattato prevede in modo limitativo i mezzi di ricorso messi a disposizione degli interessati per far valere i loro diritti (sentenza Holcim (Deutschland)/Commissione, cit., punto 31; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punti 40, 43 e 45).

50 Contrariamente a quanto da essa sostenuto, la ricorrente non è priva di mezzi di ricorso. Il controllo giurisdizionale, infatti, è assicurato dai rimedi giuridici di cui agli artt. 230 CE e 232 CE (sentenza Asteris e a./Commissione, cit., punto 26, e ordinanza del Tribunale 28 marzo 2006, causa T‑451/04, Mediocurso/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 23) e dalla possibilità, prevista espressamente dal medesimo art. 233 CE, di proporre un ricorso per risarcimento di cui al'art. 288, secondo comma, CE (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Meskens/Parlamento, cit., punto 81; 28 settembre 1999, causa T‑48/97, Frederiksen/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑167 e II‑867, punto 96, e 12 dicembre 2000, causa T‑11/00, Hautem/BEI, Racc. pag. II‑4019, punto 43).

51 Di conseguenza il secondo capo della domanda nella causa T‑457/04 va dichiarato irricevibile, in quanto diretto ad ottenere che il Tribunale ordini alla Commissione di dare esecuzione per equivalente al punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000.

Sul capo della domanda diretto al risarcimento del danno morale asseritamente subito dalla ricorrente

Argomenti delle parti

52 La Camar ritiene che una compensazione, per un importo che il Tribunale dovrà determinare equitativamente, debba altresì esserle versata dalla Commissione per il danno morale che le sarebbe stato cagionato dalla mancata esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000. Siffatta compensazione dovrebbe esserle corrisposta tenuto conto, da un lato, del legittimo affidamento che la ricorrente, come chiunque, poteva riporre nel'ordinamento giuridico comunitario, basato, segnatamente, sul rispetto delle decisioni emanate dai giudici comunitari, e, dal'altro, della legittima aspettativa fatta sorgere in capo alla ricorrente dal'intenzione di dare esecuzione alla sentenza 8 giugno 2000, manifestata dalla Commissione nella sua lettera datata 20 maggio 2003, ove quest’ultima indicava implicitamente che quanto deciso sulle questioni relative alla compensazione nella causa T‑260/97 avrebbe costituito la base per risolvere anche quelle della causa T‑79/96.

53 Quanto al'argomento della Commissione concernente la mancanza di condizioni necessarie per risarcire un asserito danno morale, la Camar ribatte che, secondo la giurisprudenza, se una sentenza favorevole a un privato non viene eseguita, il danno morale subito da quest’ultimo è in re ipsa. Infine, il fatto che la Camar sia una società e non una persona fisica non osterebbe al risarcimento del danno in questione, ai sensi della giurisprudenza della Corte europea per i diritti del'uomo.

54 La Commissione considera infondata la domanda di risarcimento del danno morale proposta dalla Camar. Riferendosi alla giurisprudenza del Tribunale in materia di legittimo affidamento, essa afferma anzitutto che la lettera del 20 maggio 2003 non ha fornito alcuna assicurazione precisa, incondizionata e concordante circa le modalità di esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 nella parte relativa alla causa T‑79/96. Pur avendo manifestato la propria disponibilità a negoziare, anche per quanto riguardava la causa T‑79/96, la Commissione non avrebbe adottato misure compensative in relazione a tale causa, indipendentemente da una soluzione amichevole del contenzioso, per adempiere al'obbligo che le incombeva in virtù del'art. 233 CE. La lettera di cui trattasi non sarebbe pertanto stata idonea a far sorgere nella ricorrente il legittimo affidamento che sarebbero state prese le misure da essa ritenute necessarie per dare esecuzione alla sentenza.

55 Parimenti, secondo la Commissione, non sussisterebbero nella fattispecie le condizioni necessarie per il risarcimento del danno morale che la ricorrente avrebbe subito: in primo luogo, la lettera del 10 settembre non sarebbe viziata da illiceità; in secondo luogo, non avrebbe fornito la benché minima prova del'esistenza di un danno morale reale e certo, distinto da quello causato dal'atto asseritamente illecito. 'istituzione in parola aggiunge che la giurisprudenza citata dalla ricorrente non potrebbe essere applicata al caso di specie, giacché la presente controversia se ne distacca radicalmente: in primo luogo, la Commissione non avrebbe opposto alla Camar un rifiuto generico e arbitrario di dare esecuzione alla sentenza del Tribunale; in secondo luogo, non vi sarebbe stato alcun rifiuto della Commissione in una situazione in cui 'esecuzione era manifestamente possibile; in terzo luogo, la ricorrente non avrebbe fornito la prova del'esistenza di un danno reale e certo e non avrebbe nemmeno affrontato la questione del'esistenza di un nesso di causalità tra il danno e il presunto comportamento illecito del'istituzione.

Giudizio del Tribunale

56 In via preliminare è bene ricordare che il Tribunale ha già avuto occasione di dichiarare ricevibili domande di risarcimento del danno morale proposte da persone giuridiche (sentenza del Tribunale 28 gennaio 1999, causa T‑230/95, BAI/Commissione, Racc. pag. II‑123, punti 38-40).

57 Da costante giurisprudenza risulta che il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito di suoi organi, ai sensi del'art. 288, secondo comma, CE, dipende dalla sussistenza di un complesso di presupposti, vale a dire: 'illiceità del comportamento contestato al'istituzione, 'effettività del danno e 'esistenza di un nesso causale fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16; sentenze del Tribunale 16 luglio 1998, causa T‑199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. II‑2805, punto 48, e 4 ottobre 2006, causa T‑193/04, Tillack/Commissione, Racc. pag. II‑3995, punto 116). Allorché uno dei requisiti per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità non è soddisfatto, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della suddetta responsabilità (sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37; v., in questo senso, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punto 81).

58 Spetta alla parte che denuncia la responsabilità della Comunità fornire la prova del'esistenza o della portata del danno lamentato e stabilire fra tale danno e il comportamento illecito del'istituzione interessata un nesso di causalità sufficientemente diretto (sentenza della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21, e sentenza del Tribunale 24 ottobre 2000, causa T‑178/98, Fresh Marine/Commissione, Racc. pag. II‑3331, punto 118).

59 Relativamente al'effettiva esistenza del danno la ricorrente fa valere, in particolare, il suo legittimo affidamento quanto al'esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 in seguito alla lettera della Commissione del 20 maggio 2003. Va rilevato che in tale lettera, scritta nel'ambito della causa T‑260/97, la Commissione ha meramente segnalato di prendere atto delle indicazioni della Camar concernenti 'esecuzione della parte relativa alla causa T‑79/96 della sentenza 8 luglio 2000 e che le sembrava che «la possibilità di giungere ad un accordo in proposito non [potesse] prescindere dalla soluzione delle questioni (...) relativ[e] alla causa T‑260/97», su cui, in tale momento, preferiva concentrarsi. La lettera di cui trattasi, pertanto, non poteva, di per sé, far sorgere nella ricorrente un legittimo affidamento quanto al'esecuzione della sentenza. La Commissione, tuttavia, ammette che, in tale lettera, essa ha «manifestato la sua disponibilità a negoziare per evitare ogni futuro contenzioso anche circa la causa T‑79/96» e che «qualora fosse stato raggiunto un accordo relativamente alla causa T‑260/97, sarebbe stato possibile prendere in considerazione anche le pretese di Camar per quanto riguardava la causa T‑79/96». Ne risulta che la summenzionata lettera ha perlomeno contribuito a creare una situazione prolungata d’incertezza per la ricorrente quanto al'adozione, da parte della Commissione, di misure d’esecuzione della sentenza 8 giugno 2000 (v., in tal senso, citate sentenze Meskens/Parlamento, punto 89, e Frederiksen/Parlamento, punto 110), cagionandole un danno morale.

60 In proposito va ricordato che il rifiuto da parte di un’istituzione di dare esecuzione ad una sentenza del Tribunale costituisce una violazione del legittimo affidamento che chiunque deve riporre nel'ordinamento giuridico comunitario, basato, segnatamente, sul rispetto delle decisioni emanate dai giudici comunitari. È stato pertanto dichiarato che, indipendentemente da qualsiasi danno materiale eventualmente derivante dalla mancata esecuzione di una sentenza, il rifiuto esplicito di darvi esecuzione comporta, di per sé, un danno morale per la parte che ha ottenuto una sentenza favorevole (sentenza Hautem/BEI, cit., punto 51). La mancata esecuzione di una sentenza del Tribunale è dunque una violazione in re ipsa. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, detta giurisprudenza risulta applicabile in occasione di qualsiasi rifiuto da parte di un’istituzione comunitaria di dare esecuzione ad una sentenza del Tribunale, e ciò indipendentemente dalla possibilità di dare esecuzione in forma specifica a tale sentenza. La citata giurisprudenza è quindi applicabile nel caso di specie. Ogni altra soluzione sarebbe contraria al principio di buon andamento del'amministrazione e al principio di leale cooperazione fra le istituzioni comunitarie, principio generale del diritto che discende dal'art. 10 CE.

61 Occorre tuttavia ricordare che, per ottenere il risarcimento del danno morale lamentato, la ricorrente deve provare di aver subito un danno reale e certo. Pertanto essa non può, in via di principio, limitarsi ad affermare il carattere asseritamente illecito del comportamento della Commissione nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 21 marzo 1996, causa T‑230/94, Farrugia/Commissione, Racc. pag. II‑195, punto 46). Va constatato che, nella presente causa, la ricorrente non è stata in grado di precisare gli elementi costitutivi del suo danno morale, limitandosi a mere asserzioni non suffragate da elementi probatori.

62 Orbene, il Tribunale, in una valutazione in via equitativa di un danno, è soggetto ad un obbligo di motivazione e la ricorrente deve precisare, a sostegno delle sue pretese, i criteri rilevanti che consentano al Tribunale di effettuare una siffatta valutazione (sentenza Vicente-Nuñez/Commissione, cit., punto 104). È giocoforza constatare che la ricorrente non ha fornito al Tribunale gli elementi necessari per determinare il danno in parola. Per questi motivi al Tribunale risulta impossibile procedere alla liquidazione ex aequo et bono alla ricorrente di un importo al fine di risarcire il danno morale di cui trattasi. La domanda della ricorrente diretta al risarcimento del danno morale cagionatole dalla mancata esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 deve pertanto essere respinta, senza che occorra esaminare se sussistano le altre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale.

Sulla causa T‑223/05

Argomenti delle parti

63 La Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità in quanto il termine di prescrizione quinquennale, di cui al'art. 46 dello Statuto della Corte, sarebbe scaduto prima della presentazione del ricorso e di conseguenza il ricorso sarebbe irricevibile. Il fatto generatore del danno lamentato sarebbe costituito dal'omissione da parte del'istituzione in parola di adottare le misure che le incombevano ai sensi del'art. 30 del regolamento n. 404/93, omissione che si sarebbe concretizzata il 24 marzo 1996, allo scadere del termine di due mesi a partire dalla diffida del 24 gennaio 1996. La Commissione ricorda che la Camar, il 28 maggio 1996, ha proposto un ricorso per carenza e un ricorso per risarcimento danni a seguito della menzionata omissione (causa T‑79/96), interrompendo così, conformemente al'art. 46 dello Statuto della Corte, il decorso della prescrizione iniziato il 24 marzo 1996. Tale termine sarebbe a suo parere scaduto dal 24 marzo 2001. Il ricorso proposto il 28 maggio 1996, che non soddisfaceva i requisiti minimi di forma previsti dal regolamento di procedura, non avrebbe in ogni caso potuto provocare la sospensione della prescrizione durante 'intera durata del procedimento dinanzi al Tribunale.

64 Per quanto riguarda 'affermazione della Camar secondo cui 'aver proposto il ricorso per risarcimento danni nella causa T‑79/96 avrebbe interrotto il termine di prescrizione per 'intera durata del procedimento di primo grado, la Commissione sottolinea che 'art. 46 dello Statuto della Corte prevede solo 'interruzione del termine di prescrizione e non vi è menzione di sospensione del detto termine durante il periodo in cui il giudice comunitario è chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla parte che sarebbe stata lesa.

65 La Commissione fa parimenti osservare che il legislatore, quando ha effettivamente voluto regolamentare sia 'interruzione sia la sospensione della prescrizione, lo ha indicato espressamente, come risulta dal'art. 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), o dal combinato disposto del'art. 3 e del'art. 6, n. 1, del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312, pag. 1).

66 Peraltro la Commissione aggiunge che, alla data della pronuncia della sentenza 8 giugno 2000, il termine quinquennale per avviare 'azione per il risarcimento non era ancora scaduto. A suo avviso la dichiarazione d’irricevibilità di cui al punto 4) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000 non ostava al'avvio di una nuova azione, poiché si trattava di un’irricevibilità fondata sul difetto di chiarezza e precisione del'atto introduttivo del ricorso. Ne consegue che una nuova domanda di risarcimento danni poteva essere presentata dalla Camar fino al 24 marzo 2001. Il ricorso sarebbe invece stato presentato '8 giugno 2005 e sarebbe, pertanto, manifestamente irricevibile.

67 La Commissione ritiene che la tesi sostenuta dalla ricorrente, relativa al'asserita efficacia interruttiva permanente della prescrizione derivante dalla proposizione del ricorso, non tiene conto del fatto che la prescrizione prevista dallo Statuto della Corte non riguarda il diritto al risarcimento, bensì 'azione diretta a far valere tale diritto.

68 La Camar sostiene che 'interruzione della prescrizione persiste per 'intera durata del processo, con effetto sospensivo su di essa. Se si accogliesse la tesi della Commissione, 'interruzione della prescrizione avrebbe, ad avviso della ricorrente, i medesimi effetti, sia che intervenga per effetto di un atto di semplice messa in mora, sia che consegua a un atto inteso a provocare una pronuncia giudiziale sul diritto che si fa valere. Tuttavia la Camar ritiene che, quando 'interruzione consegue ad un atto di messa in mora, il nuovo termine decorra a partire da tale atto, mentre, quando la prescrizione è interrotta con un’istanza giudiziaria, il nuovo termine decorra dalla data in cui viene definito il giudizio.

69 A tale riguardo la Camar fa osservare che il concetto di interruzione con efficacia permanente della prescrizione mediante la proposta di una domanda di risarcimento dinanzi al giudice comunitario corrisponde, in primo luogo, agli effetti del'interruzione della prescrizione derivanti da un atto introduttivo di un giudizio nei principali ordinamenti giuridici europei e, in secondo luogo, ad una «rule of reason». Essa sottolinea pertanto che, se si accogliesse la tesi della Commissione, un ricorrente, qualora la causa fosse ancora pendente allo scadere del nuovo termine di prescrizione, dovrebbe presentare un altro ricorso, con il medesimo oggetto, al solo fine di interrompere tale termine.

70 Peraltro la Camar fa osservare che, nonostante 'art. 46 dello Statuto della Corte preveda unicamente 'interruzione della prescrizione, esso non indica la durata e gli effetti della detta interruzione. Essa sostiene che la mancanza di qualsiasi precisazione al riguardo non consente di dare a tale disposizione un’interpretazione più restrittiva di quella che deriva dai principi generali vigenti in materia negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. In proposito la ricorrente sottolinea che dalle conclusioni del'avvocato generale Stix-Hackl, presentate nella causa decisa con sentenza della Corte 28 ottobre 2004 (causa C‑164/01 P, van den Berg/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑10225, paragrafi 92‑101), emerge che il fatto che 'art. 46 dello Statuto della Corte menzioni unicamente 'interruzione della prescrizione non esclude che, in determinate circostanze, possa anche esservi una sospensione della prescrizione.

71 Per quanto riguarda le osservazioni della Commissione relative ai regolamenti n. 2988/74 e n. 2988/95, la ricorrente replica che il fatto che il Consiglio abbia espressamente previsto, nei suddetti regolamenti, non solo 'interruzione della prescrizione, ma anche la sua sospensione, una volta interrotta, fino alla conclusione del procedimento giudiziario non significa che il legislatore comunitario abbia inteso derogare a un principio generale, bensì, al contrario, che abbia voluto conformarsi a tale principio, esplicitandolo in modo puntuale in relazione alle specifiche materie disciplinate. La Camar osserva altresì che, per quanto concerne le ipotesi disciplinate dai suddetti regolamenti, si tratta di azioni volte non a tutelare un diritto, ma ad infliggere sanzioni.

72 Pertanto 'interruzione della prescrizione derivante dalla presentazione del ricorso per risarcimento nella causa T‑79/96 avrebbe avuto, nel caso di specie, un’«efficacia permanente» e sarebbe perdurata fino alla data della pronuncia della sentenza 8 giugno 2000. A partire dalla data di tale pronuncia avrebbe iniziato a decorrere un nuovo termine di prescrizione quinquennale. La ricorrente non poteva dunque presentare un nuovo ricorso per risarcimento basato sul suddetto comportamento, la cui liceità doveva ancora essere valutata dalla Corte. Il nuovo ricorso per risarcimento sarebbe quindi stato proposto prima della scadenza del nuovo termine di prescrizione quinquennale, che ha iniziato a decorrere a partire dalla sentenza 8 giugno 2000.

Giudizio del Tribunale

73 Ai fini della pronuncia sulla ricevibilità del presente ricorso per risarcimento danni, occorre preliminarmente verificare se la Camar abbia proposto il suo ricorso con 'intenzione di mettere in discussione la responsabilità della Commissione relativamente al'art. 46 dello Statuto della Corte, così formulato:

«Le azioni contro le Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione è interrotta sia dal'istanza presentata alla Corte, sia dalla preventiva richiesta che il danneggiato può rivolgere al'istituzione competente delle Comunità. In quest’ultimo caso 'istanza deve essere proposta nel termine di due mesi previsto dal'articolo 230 [CE] e dal'articolo 146 [CEEA]; sono applicabili, quando ne sia il caso, rispettivamente le disposizioni di cui al'articolo 232, secondo comma, del trattato CE e dal'articolo 148, secondo comma [CEEA]».

74 La Commissione richiama 'ordinanza della Corte 18 luglio 2002, causa C‑136/01 P, Autosalone Ispra dei Fratelli Rossi/Commissione (Racc. pag. I‑6565, punto 56), per sostenere che 'art. 46 dello Statuto della Corte menziona solo 'interruzione della prescrizione senza prevedere alcuna sospensione. Tuttavia, nella causa che ha dato origine al'ordinanza summenzionata, il punto controverso era accertare se fosse possibile riconoscere un effetto interruttivo della prescrizione ad un’azione intentata dinanzi un giudice nazionale, e dunque non si riferiva alla medesima situazione di quella in discussione nella fattispecie. Parimenti, la sospensione considerata nella citata sentenza van den Berg/Consiglio e Commissione (punti 93 e 94) e nella sentenza del Tribunale 7 febbraio 2002, causa T‑261/94, Schulte/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑441), che derivava da una rinuncia da parte del'istituzione interessata alla prescrizione, non è a maggior ragione pertinente nel contesto del'esame del presente ricorso.

75 È giocoforza constatare che 'art. 46 Statuto della Corte si limita ad indicare il termine di prescrizione del'azione per responsabilità extracontrattuale e ad elencare gli atti idonei ad interrompere detta prescrizione, senza ulteriori specificazioni. La mancanza di riferimenti, in tale articolo, alla sospensione della prescrizione, mentre in altri atti comunitari, come ad esempio i regolamenti n. 2988/74 e n. 2988/95, una sospensione è prevista, non dimostra, di per sé, che non vi possa essere sospensione della prescrizione.

76 Occorre riconoscere che 'atto introduttivo di un giudizio può avere un effetto sospensivo della prescrizione. Infatti, qualora mancasse un tale effetto, non vi sarebbe nemmeno ragione di prevedere 'interruzione della prescrizione, dal momento che la proposizione del'atto introduttivo di un giudizio ha di norma la conseguenza di estinguere il diritto di agire.

77 Questa interpretazione è coerente con una costante giurisprudenza, che dichiara espressamente che le frasi seconda e terza del'art. 46 non mirano in nessun caso ad abbreviare il termine di prescrizione quinquennale di cui alla disposizione in parola, ma tendono a tutelare gli interessati, impedendo che si tenga conto di taluni periodi ai fini del computo di detto termine (sentenze della Corte 14 luglio 1967, cause riunite 5/66, 7/66 e 13/66‑24/66, Kampffmeyer e a./Commissione, Racc. pag. 288, in particolare pag. 306, e 5 aprile 1973, causa 11/72, Giordano/Commissione, Racc. pag. 417, punti 5-7; ordinanza Holcim (France)/Commissione, cit., punti 38 e 39).

78 Ammettere che il termine per 'esame da parte del Tribunale di un ricorso per risarcimento possa incidere sul'estinzione, per via della prescrizione, del diritto al risarcimento di un ricorrente sarebbe quindi contrario alla volontà del legislatore. Non si può, infatti, senza violare i principi di buon andamento del'amministrazione e di economia processuale, imporre a un soggetto che ha già proposto domanda di risarcimento prima dello scadere del termine di prescrizione e che attende la pronuncia del giudice comunitario di presentare, prima che sia scaduto il termine di prescrizione, un nuovo ricorso per risarcimento per il caso in cui dovesse constatare la mancata pronuncia della decisione del giudice in questione prima dello scadere di tale termine, che in siffatta ipotesi continuerebbe a decorrere, fino a che la decisione non sia divenuta definitiva. Il termine di prescrizione è pertanto sospeso e riprende a decorrere solamente a partire dalla decisione che conclude definitivamente il giudizio.

79 Nel caso di specie, dal momento che la Camar non ha proposto un’impugnazione relativa alla ricevibilità della sua azione per risarcimento danni nella causa T‑79/96, la data della decisione che ha posto definitivamente fine alla controversia era quella della sentenza 8 giugno 2000. Inoltre, nella sentenza in parola, il Tribunale non si è pronunciato sul merito del ricorso per risarcimento, dichiarando tale ricorso irricevibile, e ciò unicamente per motivi procedurali. In proposito si deve ricordare che 'autorità di cosa giudicata che risiede in una sentenza, e che è tale da ostare alla ricevibilità di un nuovo ricorso, riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi nel'ambito del'esame del ricorso che ha dato origine alla sentenza in questione (sentenze della Corte 19 febbraio 1991, causa C‑281/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑347, punto 14, e 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti 44, 47 e 48) e, pertanto, non vieta di proporre un nuovo ricorso per risarcimento. In ogni caso occorre constatare che la proposizione di un ricorso del genere, comportando un’azione da parte del soggetto interessato al risarcimento, costituisce, indipendentemente dalla sua ricevibilità, un atto idoneo a interrompere la prescrizione di cui al'art. 46 dello Statuto della Corte. Alla luce di ciò, poiché il termine di prescrizione previsto dal detto articolo non era scaduto, era possibile per la Camar proporre un secondo ricorso.

80 Risulta, inoltre, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 77, segnatamente dal punto 39 della summenzionata ordinanza Holcim (France)/Commissione, che 'art. 46, terzo comma, dello Statuto della Corte ha unicamente lo scopo, se non 'effetto, di rinviare la scadenza del termine di cinque anni nel caso in cui una previa istanza o un ricorso sia stato presentato entro tale termine. Dalla giurisprudenza di cui trattasi appare che, nel'art. 46 dello Statuto della Corte, il legislatore ha semplicemente voluto escludere taluni periodi dal calcolo di detto termine e che alla ripresa del decorso del termine non s’intende né accorciare né prolungare il periodo di prescrizione. Non sarebbe infatti giustificato porre una parte che ha proposto un ricorso formalmente irricevibile in una situazione più favorevole rispetto a quella in cui si troverebbe una parte che lo abbia proposto validamente. Si aggiunga che se un nuovo termine intero cominciasse a decorrere ogni volta che si verificasse una siffatta situazione, quest’ultima potrebbe perdurare per un lasso di tempo indeterminato. Si deve pertanto interpretare 'art. 46 dello Statuto della Corte nel senso che il periodo durante il quale il ricorso è pendente, periodo che non rientra nella disponibilità del ricorrente, va sottratto dal termine di prescrizione. Di conseguenza, nel giorno in cui il primo ricorso è dichiarato irricevibile, il termine di prescrizione riprende, e ciò per il periodo residuo e non per 'intero periodo di cinque anni.

81 Nel caso di specie il fatto generatore del danno subito dalla Camar si è concretizzato il 24 marzo 1996, ossia allo scadere di un termine di due mesi dopo la messa in mora del'istituzione con lettera del 24 gennaio 1996. Dal momento che la proposizione del ricorso del 28 maggio 1996 nella causa T‑79/96 ha unicamente sospeso il termine di prescrizione (v. il precedente punto 78), quest’ultimo ha ricominciato a decorrere solo a partire dalla sentenza 8 giugno 2000, e ciò per la parte che di esso restava, per la durata di quattro anni, nove mesi e 26 giorni. Il termine per proporre validamente ricorso è pertanto scaduto il 3 aprile 2005. Orbene, la Camar ha presentato ricorso '8 giugno 2005. Da quanto precede risulta che 'eccezione d’irricevibilità, sollevata dalla Commissione con la motivazione che il termine di prescrizione di cinque anni di cui al'art. 46 dello Statuto della Corte era scaduto prima della proposizione del ricorso, deve essere accolta. Il presente ricorso è pertanto irricevibile.

Sulle spese

82 Ai sensi del'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Relativamente alla causa T‑457/04, benché la ricorrente sia risultata soccombente sulla maggioranza dei motivi, per la fissazione delle spese occorre comunque tener conto del comportamento della Commissione, non conforme alla normativa comunitaria. Di conseguenza, si farà una giusta valutazione delle circostanze della causa, condannando, da un lato, la Camar a sopportare metà delle proprie spese nonché metà delle spese sostenute dalla Commissione e, dal'altro, la Commissione a sopportare metà delle proprie spese nonché metà delle spese sostenute dalla Camar.

83 Ai sensi del'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Relativamente alla causa T‑223/05, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:


1) La decisione della Commissione contenuta nella lettera del Direttore generale della Direzione generale «Agricoltura» del 10 settembre 2004, con cui si denegava di dare esecuzione al punto 1) del dispositivo della sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e T‑117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio (Racc. pag. II‑2193), è annullata.

2) Per il resto, il ricorso nella causa T‑457/04 è respinto.

3) Il ricorso nella causa T‑223/05 è irricevibile.

4) Nella causa T‑457/04 la Camar Srl e la Commissione sopporteranno ciascuna la metà delle proprie spese, nonché metà delle spese della controparte.

5) Nella causa T‑223/05 la Camar è condannata a sopportare le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione.



Forwood


Šváby


Moavero Milanesi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 ottobre 2008.

Il cancelliere


Il presidente

E. Coulon


N. J. Forwood

Indice


Contesto normativo

Fatti

Procedimento

Conclusioni delle parti

Sulla causa T‑457/04

Sul capo della domanda diretto al'annullamento della decisione della Commissione 10 settembre 2004

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul capo della domanda diretto a far ingiungere alla Commissione 'esecuzione del punto 1) del dispositivo della sentenza 8 giugno 2000

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul capo della domanda diretto al risarcimento del danno morale asseritamente subito dalla ricorrente

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla causa T‑223/05

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


 


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