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T.A.R. EMILIA
ROMAGNA, Parma, Sez. I - 21 Maggio 2008, n. 253
ACQUA - Autorizzazione allo smaltimento di liquami - Tubature - Distanze dal
confine - Trasporto non continuativo - Art. 899, c. 2, cod. civ. - Applicabilità
- Esclusione. L’operatività dell’art. 889, c. 2, cod. civ. (distanza dal
confine per tubi di acqua e gas) è circoscritta alla condotte o tubazioni che
rechino un flusso costante di sostanze liquide o gassose e conseguentemente
comportino un permanente pericolo per il fondo del vicino in relazione alla
naturale possibilità di infiltrazioni, mentre ne restano escluse le situazioni
di trasporto saltuario o comunque non continuativo (Cass. civ. , Sez. II, 23
giugno 1995, n. 7152) (fattispecie relativa all’autorizzazione comunale allo
smaltimento, con carattere discontinuo, di liquami provenienti da una stalla di
ridotte dimensioni). Pres. Papiano, Est. Caso - S.M. (avv.ti Bongiorno Gallegra
e Rovelli) c. Comune di Albareto (avv.ti Cugurra e Molinari) - T.A.R. EMILIA
ROMAGNA, Parma, Sez. I - 21 maggio 2008, n. 253
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00253/2008 REG.SEN.
N. 00087/2006 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna sezione staccata di
Parma (Sezione Prima) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 87 del 2006 proposto da Sabini Maria, rappresentata e difesa
dall’avv. Antonino Bongiorno Gallegra e dall’avv. Daniele Rovelli, ed
elettivamente domiciliata in Parma, via Farini n. 40, presso lo studio dell’avv.
Luigi Caffarra;
contro
il Comune di Albareto, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall’avv. Giorgio Cugurra e dall’avv. Annalisa Molinari, e presso gli stessi
elettivamente domiciliato in Parma, via Mistrali n. 4;
nei confronti di
Bassoni Luisa, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Ollari e presso lo
stesso elettivamente domiciliata in Parma, borgo Zaccagni n. 1;
per l'annullamento
del permesso di costruire n. 45/2005 del 21 ottobre 2005, a firma del
Responsabile dello Sportello unico per l’Edilizia presso il Comune di Albareto,
relativamente alla realizzazione di una “tampa liquami completamente interrata e
a tenuta”;
- quanto ai “motivi aggiunti” depositati il 30 maggio 2007 - del permesso di
costruire n. 2/2007 del 13 febbraio 2007 (a firma del Responsabile dello
Sportello unico per l’Edilizia presso il Comune di Albareto, relativamente alla
realizzazione di una “tampa liquami a tenuta stagna per uso agricolo e relativa
condotta interrata”), nonché dell’autorizzazione del 26 marzo 2007 (emessa dal
Responsabile del Servizio tecnico relativamente alla localizzazione della
condotta interrata in area pubblica) e dell’ordinanza n. 4/2007 del 24 marzo
2007 (recante chiusura provvisoria del traffico veicolare in coincidenza con la
realizzazione della condotta);
per la condanna
dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 30 maggio 2007;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Albareto e di Bassoni
Luisa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 6 maggio 2008 i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con permesso di costruire n. 45/2005 del 21 ottobre 2005, a firma del
Responsabile dello Sportello unico per l’Edilizia presso il Comune di Albareto,
veniva assentita alla controinteressata la realizzazione di una “tampa liquami
completamente interrata e a tenuta”.
La ricorrente, che è proprietaria di un’area confinante con quella interessata
all’intervento edilizio, ha impugnato il provvedimento comunale. Deduce che, in
quanto parte integrante di una concimaia, la “tampa” avrebbe dovuto soggiacere –
ai sensi dell’art. 66 del regolamento comunale di igiene – al limite di distanza
di cinquanta metri dalle case di abitazione (limite nella circostanza violato),
che sarebbe stato in ogni caso ignorato il limite di dieci metri dai circostanti
edifici e di cinque metri dai confini previsto per i c.d. “annessi rustici”
dall’art. 20d delle n.t.a. del piano regolatore, che sarebbe stato altresì
disatteso il vincolo della distanza di venti metri dalla case di abitazione
previsto dal regolamento dell’AUSL di Borgotaro per le concimaie, i liquami e i
depositi di rifiuti in generale, che il rilascio del titolo edilizio avrebbe
dovuto essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento alla
confinante anche in ragione dei contrasti in precedenza sorti tra le parti circa
le modalità di smaltimento dei liquami, che l’accoglimento dell’istanza della
controinteressata si sarebbe indebitamente fondato sull’esame di un elaborato
progettuale inerente un “iter” esauritosi con la cessazione dell’efficacia della
relativa concessione edilizia. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto
impugnato e di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Albareto e Bassoni Luisa, resistendo
al gravame.
L’istanza cautelare della ricorrente veniva accolta dalla Sezione alla Camera di
Consiglio del 6 giugno 2006 (ord. n. 115/2006).
Avendo successivamente l’Amministrazione comunale rilasciato un nuovo permesso
di costruire (n. 2/2007 del 13 febbraio 2007, a firma del Responsabile dello
Sportello unico per l’Edilizia), relativamente alla realizzazione di una “tampa
liquami a tenuta stagna per uso agricolo e relativa condotta interrata”, la
ricorrente proponeva “motivi aggiunti”, depositati il 30 maggio 2007. Pur
riconoscendo che la nuova localizzazione della “tampa” assicurava il rispetto
della distanza di cinquanta metri dalle civili abitazioni, ella fa valere in via
derivata i vizi dedotti con le censure originarie, lamenta che si sia rilasciato
il permesso di costruire ad un soggetto privo di legittimazione perché mero
conduttore dell’azienda agricola, assume ingiustificatamente omessa la previa
comunicazione di avvio del procedimento a confinante direttamente interessato al
corretto smaltimento dei liquami anche in ragione delle pendenze giudiziarie tra
le parti, deduce l’inosservanza dell’art. 889 cod.civ. per essere stata la
conduttura collocata a meno di un metro dal confine, censura il richiamo ad una
concimaia che sarebbe in realtà inesistente perché si tratterebbe a ben vedere
di un deposito non autorizzato, imputa all’Amministrazione di avere consentito
la collocazione della condotta interrata su strada pubblica senza una vera e
propria concessione (ma sulla base di una mera autorizzazione) e prescindendo
altresì dalla competenza del Consiglio comunale ex art. 42 del testo unico delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali. Di qui la richiesta di annullamento
del permesso di costruire – oltre che dell’autorizzazione del 26 marzo 2007
(emessa dal Responsabile del Servizio tecnico relativamente alla localizzazione
della condotta interrata in area pubblica) e dell’ordinanza n. 4/2007 del 24
marzo 2007 (chiusura provvisoria del traffico veicolare in coincidenza con la
realizzazione della condotta) –, e la proposizione della domanda di risarcimento
dei danni.
All’udienza del 6 maggio 2008, ascoltati i rappresentati delle parti, la causa è
passata in decisione.
La circostanza che, nelle more del giudizio, la sig.ra Bassoni abbia presentato
una nuova richiesta di permesso di costruire, con diversa localizzazione della «tampa»,
ed abbia conseguentemente ottenuto un autonomo titolo edilizio, rivela la
cessazione della materia del contendere per la parte relativa all’impugnativa
del permesso di costruire n. 45/2005 del 21 ottobre 2005, oramai venuto
definitivamente meno; né occorre provvedere sulla domanda di risarcimento dei
danni, alcuna prova essendo stata fornita di eventuali pregiudizi patrimoniali
conseguiti alla temporanea efficacia di quell’atto. Vanno invece esaminate le
censure proposte con “motivi aggiunti” avverso il permesso di costruire n.
2/2007 del 13 febbraio 2007 e le determinazioni a questo connesse.
Quanto, innanzi tutto, all’addotta illegittimità del nuovo atto per i vizi già
prospettati relativamente al precedente provvedimento abilitativo, si tratta di
questione inammissibile, perché – a fronte del generico rinvio alle censure
originarie – implica che il giudice accerti d’ufficio se e in quali limiti il
nuovo titolo edilizio coincida con l’altro o riveli profili di invalidità
suscettibili di essere ascritti alle categorie di vizi dedotti avverso un atto
diverso e non legato al primo da un vincolo di presupposizione.
Quanto, poi, alla contestata legittimazione della Bassoni a richiedere il titolo
“ad aedificandum” oggetto della lite – giacché mera conduttrice dell’azienda
agricola –, va richiamato quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il
riferimento operato dall’art. 11 del d.P.R. n. 380 del 2001 a chi abbia titolo a
richiedere il permesso di costruire ha il significato di assimilare al
proprietario qualsiasi altro soggetto titolare di un diritto (non importa se
reale o personale) che lo legittimi – nei confronti del proprietario dell’area
e, di conseguenza, nei confronti dell’Autorità – ad eseguire le previste
trasformazioni urbanistico-edilizie del suolo, sicché il proprietario, che è
titolare dell’interesse legittimo ad ottenere il titolo edilizio, ben può
trasferire la sua posizione legittimante ad altro soggetto attraverso un negozio
giuridico (v., tra le altre, TAR Lazio, Latina, 26 luglio 2005 n. 636). Poiché,
dunque, dal contratto di affitto intestato alla Bassoni (in data 11 novembre
1996) emerge che la “… proprietà concede all’affittuario fin da ora
l’autorizzazione ad eseguire nuove costruzioni …”, non v’è ragione per ritenere
rilasciato il permesso di costruire a soggetto privo del titolo a richiederlo.
Né è fondata la doglianza con cui, per essere la conduttura asseritamente
collocata ad una distanza inferiore ad un metro dalla proprietà della
ricorrente, si assume violato l’art. 889, comma 2, cod.civ. (“Per i tubi d’acqua
pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la
distanza di almeno un metro dal confine”). In realtà, come correttamente
osservato dall’Amministrazione comunale, la giurisprudenza circoscrive
l’operatività della norma alle condotte o tubazioni che rechino un flusso
costante di sostanze liquide o gassose e conseguentemente comportino un
permanente pericolo per il fondo del vicino – in relazione alla naturale
possibilità di infiltrazioni –, mentre ne restano escluse le situazioni di
trasporto saltuario o comunque non continuativo (v. Cass. civ., Sez. II, 23
giugno 1995 n. 7152); il che evidentemente preclude l’applicazione della norma
in un caso in cui, per le ridotte dimensioni della stalla interessata allo
smaltimento dei liquami e per il presumibile invio dei capi di bestiame al
pascolo in determinati periodi dell’anno, la conduttura opera in maniera
discontinua.
Quanto, ancora, alla denunciata inesistenza della concimaia – che, a dire della
ricorrente, sarebbe di fatto un deposito non autorizzato –, il Collegio ritiene
di non dovere approfondire la questione perché ininfluente sulla legittimità
dell’atto impugnato. La concimaia, invero, attiene ad una fase distinta del
processo di gestione dei liquami, non avente carattere di presupposto del titolo
edilizio di che trattasi.
Altre censure investono l’autorizzazione comunale alla posa in opera della
condotta interrata in area pubblica (strada vicinale dei Resteghei), e si
incentrano sulla carenza di un titolo concessorio e sull’incompetenza del
funzionario comunale. Sennonché, pur a fronte dell’uso del termine
“autorizzazione”, il provvedimento si configura come una vera e propria
concessione d’uso di bene pubblico, alla stregua del costante indirizzo
giurisprudenziale per cui gli atti amministrativi vanno qualificati risalendo al
potere in concreto esercitato, indipendentemente dal “nomen iuris” adottato (v.,
ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 15 ottobre 2003 n. 6316); ciò con tutte le
conseguenze che il regime della concessione amministrativa comporta nei rapporti
con il privato, peraltro espressamente avvertito nel provvedimento dell’assoluta
prevalenza delle future esigenze della viabilità e dell’inesistenza di vincoli
di servitù. Né v’è incompetenza, posto che gli atti gestionali, anche di natura
concessoria, rientrano nelle attribuzioni dei dirigenti [v. art. 107, comma 3,
lett. f), del d.lgs. n. 267/2000] e che, come addotto dalla difesa
dell’Amministrazione, il Comune di Albareto è privo di personale di qualifica
dirigenziale, onde sulla richiesta ha provveduto il Responsabile del Servizio
Tecnico.
Quanto, infine, alla lamentata carenza della comunicazione di avvio del
procedimento relativo al permesso di costruire, soccorre la norma di cui
all’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, la quale rende non
annullabili i provvedimenti vincolati che, nonostante la partecipazione del
privato, non avrebbero potuto avere diverso contenuto dispositivo rispetto a
quello dell’atto in concreto adottato (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI,
21 settembre 2006 n. 5547), ipotesi che bene si attaglia, per la natura
dell’atto, al permesso di costruire oggetto di impugnativa.
Valutata complessivamente la controversia, si ravvisa la sussistenza di giusti
motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma,
pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo respinge e in parte dichiara
cessata la materia del contendere.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 6 maggio 2008, con
l’intervento dei Magistrati:
Luigi Papiano, Presidente
Umberto Giovannini, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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