Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
TAR FRIULI-VENEZIA GIULIA, Sez. I, 21 aprile 2008, sentenza n. 251
CACCIA - L. n. 157/1992 - Principi fondamentali di riforma economico sociale
- Art- 117 Cost. - Artt. 18 e 19 L. n. 157/1992 - Vincolo alla potestà
legislativa regionale - Disciplina annuale di gestione faunistica e fruizione
venatoria dettata dalle riserve di caccia - Obbligatorietà del parere dell’INFS
- Esclusione. La legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione costituisce norma fondamentale di riforma economico sociale
legislazione di recepimento di normative CEE) vincola le regioni, comprese
quelle a statuto speciale, nella “emanazione di norme relative alla gestione ed
alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica” (art. 1, comma terzo). In
particolare, la disposizione di cui all’art. 19, comma secondo, nella parte in
cui disciplina i poteri regionali di controllo faunistico, costituisce un
principio fondamentale della materia a norma dell’art. 117 Cost., tale da
condizionare e vincolare la potestà legislativa regionale (Corte cost., 21
ottobre 2005, n. 392). Lo stesso è a dirsi per i pareri previsti dall’ art. 18,
e, segnatamente, per quello afferente il calendario regionale ed il regolamento
relativi all'intera annata venatoria; nessuna disposizione della legge n. 157
del 1992 prevede invece la obbligatorietà del parere dell’Infs nella disciplina
annuale di gestione faunistica e di fruizione venatoria per la caccia
tradizionale, dettata con appositi regolamenti dalle Riserve di caccia. Né - a
fortiori - può ritenersi che tutti i provvedimenti regionali relativi alla
regolazione della caccia debbano essere assistiti nella fase preparatoria dal
parere dell’Infs, posto che non è rinvenibile alcuna disposizione della legge n.
157 del 1992 che lo richieda. Pres. Borea, Est. Farina - A.M. (avv.ti Del Torre
e Sgrazzutti) c. Regione Friuli - Venezia Giulia (avv. Iuri) - T.A.R. FRIULI
VENEZIA GIULIA, Sez. I - 21 aprile 2008, n. 251
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
N. 00251/2008 REG.SEN.
N. 00368/2007 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 368 del 2007, proposto da:
Alessandro Mitri, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Del Torre, Alessandro
Sgrazzutti, con domicilio eletto presso Simonetta Rottin Avv. in Trieste, via
Filzi 8;
contro
Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentata e difesa dall'Daniela Iuri,
domiciliata per legge in Trieste, via Carducci 6;
nei confronti di
Distretto Venatorio N. 14 "Colli Orientali", Riserva di Caccia di Cividale
del Friuli, rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Viezzi, con domicilio eletto
presso Davor Blaskovic Avv. in Trieste, via Coroneo 31/2; Domenico Ferraro;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
regolamento annuale di gestione faunistica e di fruizione venatoria per la
caccia tradizionale della Riserva di Caccia di Cividale del Friuli dd.
16.4.2007, relativi atti di ratifica del Distretto venatorio n. 14 dd. 30.4.2007
e di approvazione regionale dd. 9.5.2007..
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Friuli-Venezia Giulia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Distretto Venatorio N. 14 "Colli
Orientali";
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Riserva di Caccia di Cividale del
Friuli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/03/2008 il dott. Vincenzo Farina e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso n. 368/07 il Sig. MITRI Alessandro, cacciatore praticante la
caccia agli ungulati in forma selettiva, ha chiesto l’annullamento in parte qua,
previa sospensione, del Regolamento annuale di gestione faunistica e di
fruizione venatoria per la caccia tradizionale della Riserva di caccia di
Cividale del Friuli (UD) del 16 aprile 2007, notificato a mezzo a.r. in data
16-17 luglio 2007, nonché dei relativi atti di ratifica del Distretto venatorio
n. 14 del 30 aprile 2007 e di approvazione regionale del 9 maggio 2007.
La vicenda riguarda la caccia tradizionale e la caccia di selezione del
capriolo, praticabile per tutta la durata dell’annata venatoria 2007/2008
all’interno del territorio assegnato alla Riserva di caccia di Cividale del
Friuli in conformità alla normativa di settore, nel rispetto dei censimenti e
dei piani di abbattimento adottati dal Direttore della Riserva di caccia in
parola del 18.4.2007 ed approvati dall’Amministrazione regionale con
provvedimento di verifica della rispondenza dell’8 maggio 2007, n. 865 e delle
disposizioni contenute nel Regolamento annuale di gestione faunistica e di
fruizione venatoria per la caccia tradizionale e nel Regolamento annuale di
gestione faunistica e di fruizione venatoria per la caccia di selezione,
adottati rispettivamente in data 16.4.2007 e 30.4.2007, ratificati dal Distretto
venatorio n. 14 “Colli orientali”, entrambi in data 30.4.2007 e successivamente
contestualmente approvati dalla competente Direzione centrale della Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia con provvedimento del 9 maggio 2007, n. 869.
Il ricorrente denuncia con due mezzi, sotto vari profili, la modalità della
caccia al capriolo in “braccata”, ossia mediante l’utilizzo di cani segugi;
solleva, inoltre, questione di legittimità costituzionale degli artt. 16 e 17
della L.R. n. 30/1999 e artt. 2 e 3 della L.R. n. 24/1996 per violazione
dell’art. 4, n. 3 dello Statuto di autonomia e dell’art. 116, comma 1 della
Costituzione.
Va premesso che la Riserva di caccia di Cividale si è dotata di piani di
abbattimento per le specie stanziali di capriolo, cinghiale e lepre, ripartendo
i capi catturabili tra i 96 soci praticanti la caccia in forma tradizionale ed i
18 soci praticanti la caccia di selezione; quanto alla specie capriolo, il piano
di abbattimento adottato dal Direttore della Riserva in parola, ratificato come
sopra ricordato dal Distretto n. 14 “Colli orientali” ed approvato
dall’Amministrazione regionale, prevedeva il prelievo di n. 56 caprioli in
regime di caccia tradizionale (29 maschi, di cui 15 soggetti di età 0-1 anno e
14 di due anni e più, e 27 femmine, di cui 14 soggetti di età 0-1 anno e 13 di
età 2 anni e più) e n. 10 in regime di selezione (4 maschi, di cui 3 di età 0-1
anno e 2 di 2 anni e più, e 5 femmine, di cui 3 esemplari da 0 - 1 anno e 2 di 2
anni e più).
Tutta l’attività programmatoria della ripetute Riserva di caccia è stata
adottata in conformità all’atto di indirizzo generale per la gestione
faunistico-venatoria per l’annata venatoria 2006-2009 della Regione approvato
con deliberazione della Giunta regionale del 24 marzo 2006 n. 652.
La caccia tradizionale al capriolo con cane segugio era stata prevista anche per
l’annata venatoria precedente nell’apposito regolamento della Riserva di caccia
di Cividale del Friuli.
Con nota del 7 maggio 2007 il Circolo friulano cacciatori invitava
l’Amministrazione regionale a non approvare i regolamenti delle riserve di
caccia “limitatamente alle parti che prevedano l’uso dei segugi nei territori
sottoposti a SIC e ZPS nei quali sia stata riscontrata la presenza di orso e
lince ed in tutti gli altri territori o parti in cui ne sia previsto l’uso su
cervi e caprioli”, in quanto ritenute in contrasto con le esigenze di tutela
della fauna previste dall’articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157: ciò
sulla base di un parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs),
rilasciato in data 28.7.2005 al Gruppo consiliare regionale della Federazione
dei Verdi del Friuli Venezia Giulia, il quale in data 9.3.2005, aveva formulato
all’Infs una serie di quesiti finalizzati alla predisposizione di un disegno di
legge sulla biodiversità, successivamente concretizzatosi nella proposta di
legge “Norme urgenti in materia di tutela della biodiversità nel Friuli Venezia
Giulia”.
In particolare – per quello che qui rileva – con nota datata 28.7.2005 l’Infs ha
affermato che:
a) “…in caso di presenza di orso e lince l’attività venatoria in SIC e ZPS
dovrebbe essere attuata esclusivamente con metodi selettivi e dal basso impatto
sulle altre componenti della biocenosi. Risulta evidente che la braccata,
realizzata con l’uso dei segugi, non può essere considerata ecologicamente
compatibile con la presenza di tali specie…
b) “…ritiene, come più volte espresso nei pareri dell’Istituto che i prelievi
selettivi a carico degli ungulati debbano essere effettuati esclusivamente per
mezzo di tecniche di caccia individuale alla cerca o all’aspetto….Infatti non si
reputa condivisibile, anche in relazione alle finalità complessive di
conservazione della fauna..(art.1 L. 157/92) la scelta di permettere o sostenere
l’esercizio della caccia al capriolo con l’ausilio del cane da seguito. Tale
forma di caccia non è in grado di soddisfare i requisiti minimi necessari per un
corretto realizzo dei piani di prelievo basati su criteri di selettività in
termini di classi di sesso ed età dei capi da prelevare, né di fornire
sufficienti garanzie per quanto concerne la minimizzazione della quota di
animali feriti e non recuperati”; “…diversi studi hanno dimostrato come
l’inseguimento da parte dei cani determini alterazioni rilevanti in diversi
parametri fisiologici dei cervidi determinando potenziali rischi di decesso
causati dall’inseguimento e un abbassamento delle difese immunitarie che può
favorire indirettamente l’insorgere di patologie”; “…la diffusione della caccia
di selezione in gran parte dell’arco alpino e dell’Appennino settentrionale ha
rappresentato un forte elemento di crescita del mondo venatorio con indubbie
ripercussioni positive che non riguardano solo un uso ecologicamente sostenibile
delle popolazioni di ungulati ma che investono l’approccio generale alla
gestione faunistico venatoria ed alla conservazione delle risorse naturali. La
possibilità di cacciare i cervidi con i cani rischia di introdurre un elemento
perturbante di questo processo positivo”.
Alla richiesta di non approvazione dei regolamenti, l’Amministrazione regionale
ha risposto con la nota prot. RAF 13 /12.6/40970 del 21.05.2007 osservando che
“...nella normativa regionale e statale attualmente in vigore – unico parametro
alla luce del quale viene compiuta l’attività di controllo assegnata agli uffici
regionali – non si rinviene alcun espresso divieto alla pratica della caccia con
l’impiego del segugio: nè in forma assoluta nè limitatamente alle zone del
territorio regionale individuate quali SIC o ZPS in cui è stata accertata la
presenza dell’orso e della lince o alle zone favorevoli alla riproduzione e alla
sosta dei cervidi”, inoltre, “le ragioni prettamente tecnico-scientifiche
formulate dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica ... non essendo state
trasfuse in norme giuridiche, non rappresentano per l’Amministrazione regionale
un limite positivo (ed immediatamente applicabile senza il rischio di lasciare
spazio a possibili contenziosi) per sè sufficiente a legittimare la non
approvazione dei regolamenti venatori che la prevedono”.
Conseguentemente, i regolamenti annuali di gestione faunistica e di fruizione
venatoria per la caccia tradizionale che - come quello adottato dalla Riserva di
caccia di Cividale, che prevede l’impiego del cane segugio - dopo essere stati
ratificati dai Distretti venatori competenti per territorio sono stati approvati
dall’Amministrazione regionale a termini dell’articolo 16, comma 2 della L.R. 31
dicembre 1999, n. 30.
In data 1°.05.2007, con nota prot. RAF13/2/12.5/44095, l’Ufficio studi
faunistici inoltrava all’Infs una richiesta di informazioni riguardanti la
caccia con il segugio ai cervidi e nelle aree SIC e ZPS; in particolare,
richiedeva dati scientifici circa esperienze sperimentali direttamente condotte
dallo stesso in materia: con nota del 17.7.2007, prot. RAF1/12.6/85042, l’Infs
rispondeva che: “Lo scrivente Istituto non ha compiuto direttamente studi
specifici in merito all’impatto negativo esercitato dalla caccia con i segugi ai
Cervidi….”, e forniva solo alcune indicazioni bibliografiche sul tema, non
attinenti, tuttavia, specificatamente la realtà locale.
Si è costituita in giudizio l’intimata Regione Friuli Venezia Giulia, chiedendo
il rigetto del gravame.
Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella
pubblica udienza del 19.3.2008.
La accertata infondatezza del gravame, come in prosieguo di trattazione
dimostrata, esime il Collegio dal prendere in esame le eccezioni regionali di
inammissibilità per carenza di interesse e di irricevibilità per tardiva
impugnazione dell’”Atto di indirizzo generale per la gestione faunistico
venatoria per l’annata venatoria 2006-2009” approvato con deliberazione della
Giunta regionale dd. 24.3.2006 n. 652.
Con un primo mezzo il ricorrente solleva la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 16, comma 1, 2 e 17, comma 1 e 3 della L.R. n.
30/1999, nonché degli art. 2 e 3 della L.R. n. 24/199, sul rilievo che queste
norme sarebbero espressione di un uso irragionevole e arbitrario del potere di
interpretazione normativa esercitato dal legislatore regionale, in violazione
dello statuto di autonomia (art. 4 punto 3) nonchè dell’art. 116, comma 1 della
Costituzione.
Più specificatamente, l’istante sostiene che le norme regionali rubricate
sarebbero costituzionalmente illegittime perché non prevederebbero
l’obbligatorietà del parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS),
mentre la materia della caccia è attribuita alla competenza legislativa primaria
ed esclusiva della Regione Friuli Venezia Giulia, a mente dell’art. 4 n. 3 dello
Statuto di autonomia, da esercitarsi, però, in armonia (tra l’altro) con le
norme fondamentali delle riforme economico sociali: tra queste norme figurano
quelle dettate dalla legge n. 157 del 1992, e, segnatamente, l’art. 18, comma 4
sul calendario venatorio ed il regolamento relativi all’intera annata venatoria,
che prevede l’acquisizione del suddetto parere.
Più in generale, conclude il deducente, tutti i provvedimenti regionali relativi
alla regolazione della caccia devono essere assistiti nella fase preparatoria
dal ripetuto parere.
In relazione alle deduzioni attoree, è d’uopo prendere le mosse dal quadro
normativo di riferimento.
La L.R. 31 dicembre 1999, n. 30, ad oggetto la “Gestione ed esercizio
dell’attività venatoria nella Regione Friuli Venezia Giulia”, dispone all’art.
13 che: “1. I Distretti venatori sono unita' territoriali omogenee dal punto di
vista ambientale e di vocazione faunistica, di usi, consuetudini e tradizioni
locali, individuati al fine del coordinamento e della razionalizzazione dell'attivita'
di gestione delle Riserve di caccia, delle aziende faunistico-venatorie, delle
aziende agri-turistico-venatorie e delle zone cinofile.
2. I Distretti venatori sono individuati dall'allegato A. Eventuali modifiche
all'allegato A sono disposte con decreto del Presidente della Giunta regionale,
previa deliberazione della medesima, su proposta dell'Assessore regionale
competente, sentita la Conferenza permanente dei Presidenti dei Distretti
venatori ovvero su proposta dei Direttori di Riserva o del Direttore di Riserva
che richiedano la modifica della individuazione del distretto di appartenenza”.
Il successivo art. 14 recita:
“(Funzioni)
1. I Distretti venatori esercitano nel territorio di competenza le funzioni
relative alla realizzazione degli obiettivi della sezione venatoria del piano
regionale pluriennale di gestione faunistica.
2. I Distretti venatori, in attuazione del piano regionale pluriennale di
gestione faunistica e degli indirizzi in materia espressi dall'Amministrazione
regionale, in particolare provvedono:
a) ad offrire servizi alle Riserve di caccia e alle aziende faunistico-venatorie
relativamente agli adempimenti di competenza di queste;
b) ad organizzare e coordinare i censimenti e a ratificare i piani di
abbattimento delle Riserve di caccia e delle aziende faunistico-venatorie;
c) a coordinare e ratificare i regolamenti annuali o pluriennali di gestione
faunistica e di fruizione venatoria delle Riserve di caccia;
d) a predisporre i piani di ripopolamento e di tutela della fauna, nonche' a
programmare le iniziative ambientali da attuare sul territorio;
e) a ratificare la relazione consuntiva annuale sulla gestione
faunistico-venatoria delle Riserve di caccia e delle aziende venatorie,
comprendente le informazioni faunistiche e i dati statistici sulle attivita'
delle Riserve di caccia e delle aziende faunistico-venatorie, aziende
agri-turistico-venatorie e zone cinofile;
f) a realizzare le mostre dei trofei dei capi abbattuti nelle Riserve di caccia
e nelle aziende faunistico- venatorie;
g) all'eventuale istituzione di centri di raccolta della fauna abbattuta;
g bis) a dirimere in via equitativa, attraverso un Comitato di saggi composto da
tre membri effettivi e due supplenti eletti dall’Assemblea del distretto
medesimo fra i propri componenti, i contenziosi che insorgono all’interno delle
Riserve e ad irrogare sanzioni disciplinari per infrazioni di lieve entita'
legate alla violazione di disposizioni regolamentari o statutarie che comportino
una sanzione non superiore alla censura scritta. I membri, qualora siano
chiamati ad esprimersi su fatti sui quali siano direttamente interessati, sono
sostituiti per incompatibilita' dai membri supplenti”.
L’art. 15 è così formulato:
“(Organi)
1. Gli organi dei Distretti venatori sono:
a) l'Assemblea;
b) il Presidente;
b bis) il Vicepresidente.
2. L’Assemblea e' composta dai Direttori delle Riserve di caccia ovvero, se
delegati, dai vicedirettori delle stesse, nonche' dai rappresentanti delle
aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie o da
soggetti incaricati, con delega scritta, dalle stesse e dai gestori delle zone
cinofile ricomprese nel territorio del Distretto, in numero non superiore al 10
per cento dei rappresentanti delle Riserve di caccia.
3. L'Assemblea svolge le funzioni attribuite al Distretto venatorio ed elegge il
Presidente tra i suoi componenti. Il Presidente dura in carica cinque anni.
Qualora, per qualsiasi ragione, cessi dal mandato, viene sostituito per la
restante parte di compimento del quinquennio.
4. Il Presidente e' il rappresentante legale del Distretto venatorio, provvede
all'esecuzione delle deliberazioni dell'Assemblea e nomina il Vicepresidente
che, in sua assenza, lo sostituisce in ogni sua competenza, nonche’ il
commissario ad acta previsto dall'articolo 7, comma 6.
5. Nello svolgimento dei propri compiti i Distretti venatori sono coadiuvati dal
Servizio autonomo per la gestione faunistica e venatoria.
6. In sede di prima applicazione della presente legge, il Direttore del Servizio
autonomo per la gestione faunistica e venatoria individua i componenti
dell'Assemblea di ciascun Distretto venatorio e provvede alla convocazione della
prima seduta per l'elezione del Presidente. Successivamente, l'Assemblea stessa
provvede a prendere atto delle variazioni alla sua composizione”.
Il successivo art. 16 (Controllo sugli atti) stabilisce che:
“1. L'Amministrazione regionale verifica la rispondenza agli indirizzi regionali
degli atti adottati dall'Assemblea.
2. Le deliberazioni dell'Assemblea sono trasmesse all'Amministrazione regionale
entro dieci giorni dalla loro adozione e diventano esecutive con l'approvazione,
ovvero trascorsi venti giorni dalla data della loro ricezione senza che sia
stato adottato alcun provvedimento o sospensione di termini”.
L’ art. 17 (Funzioni di indirizzo generale) così recita:
“1. Al fine di promuovere e coordinare l'attivita' degli enti e organismi
operanti nel settore faunistico e venatorio, la Giunta regionale adotta atti
d'indirizzo generale.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Giunta regionale in particolare adotta
direttive generali:
a) per la redazione e l'aggiornamento del piano regionale pluriennale di
gestione faunistica;
b) per la determinazione degli indici di densita' venatoria delle Riserve di
caccia;
c) per la determinazione delle dimensioni minime e massime dei Distretti
venatori e delle Riserve di caccia;
d) per l'ammissione ed il trasferimento dei cacciatori nelle Riserve di caccia;
e) per l'istituzione di oasi di protezione lungo le rotte di migrazione e di
zone di ripopolamento e cattura;
f) per l'esclusione dei terreni dall'esercizio venatorio;
g) per la riutilizzazione a fini venatori delle aree gia' precluse alla caccia.
3. Le direttive generali di cui al comma 2, lettere f) e g), sono adottate
previo parere del Comitato faunistico- venatorio regionale.
4. Le direttive generali di cui al comma 2, lettere a) ed e), sono adottate
previo parere del Comitato faunistico-venatorio regionale e dell'organismo di
cui all'articolo 21.
5. Le direttive generali di cui al comma 2, lettere b) e c), sono adottate
previo parere dell'organismo di cui all'articolo 23.
6. Le deliberazioni della Giunta regionale adottate ai sensi del comma 2 sono
pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione”.
La L.R. 17 luglio 1996, n. 24 “Norme in materia di specie cacciabili e periodi
di attivita' venatoria ed ulteriori norme modificative ed integrative in materia
venatoria e di pesca di mestiere”, stabilisce, all’art. 2 che:
“1. Fermo restando quanto previsto per la caccia di selezione agli ungulati
dall'articolo 11, comma 3, della legge regionale 18 maggio 1993, n. 21, nel
Friuli-Venezia Giulia la caccia e' consentita durante i periodi indicati nella
presente legge da un'ora prima del sorgere del sole al tramonto.
1 bis. La caccia alla posta per gli acquatici e' consentita sino ad un’ora dopo
il tramonto.
2. Entro il 15 maggio di ciascun anno il Direttore del Servizio della caccia e
della pesca provvede con proprio decreto, da pubblicarsi sul Bollettino
Ufficiale della Regione, a fissare l'ora di inizio e di termine della giornata
venatoria secondo medie quindicinali. In fase di prima applicazione il termine
del 15 maggio si intende fissato a 30 giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge.
3. Le norme contenute nel presente articolo e negli articoli dal 3 al 7
costituiscono per il Friuli-Venezia Giulia il calendario venatorio regionale di
cui all'articolo 18 della legge 157/1992”.
Il successivo art. 3 così si esprime:
“1. Nel territorio del Friuli-Venezia Giulia e nelle zone di mare di cui
all'articolo 6 della legge regionale 21/1993, la caccia alla fauna selvatica e'
consentita nei confronti delle seguenti specie e per i periodi sottoindicati:
[…….]
c) specie cacciabile dalla seconda domenica di settembre al 5 novembre: capriolo
(Capreolus capreolus);
[…….]
2. Per le specie di fauna selvatica incluse nell' elenco di cui all' articolo
18, comma 1, della legge 157/1992 e non comprese negli elenchi di cui al comma 1
del presente articolo e nell'allegato II/2 della direttiva 79/409/CEE del
Consiglio, del 2 aprile 1979, e successive modificazioni ed integrazioni,
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, il Presidente della Giunta
regionale o l' Assesore da lui delegato puo' provvedere, con le modalita' di cui
all'articolo 8, a fissare ai sensi e per i motivi di cui all' articolo 9 della
direttiva medesima, specifiche forme di prelievo, indicandone i tempi, i mezzi e
le condizioni”.
Sin qui l’essenziale quadro normativo di riferimento in relazione alle deduzioni
attoree.
Per completezza espositiva va detto che la ripetuta legge quadro 11 febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio), all’art.9 legge stabilisce che le Regioni e le Province
autonome esercitano le funzioni amministrative di pianificazione faunistico –
venatoria, l’orientamento ed il controllo “…in base alle competenze esclusive
nei limiti stabiliti dai rispettivi Statuti”; l’art. 10 al comma 1 stabilisce,
poi, che: “Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a
pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie
carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al
contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al
conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la
riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo
venatorio.”; al comma 2 viene precisato che “le regioni e le province, con le
modalità previste nei commi 7 e 10, realizzano la pianificazione di cui al comma
1 mediante la destinazione differenziata del territorio”.
L’art. 14, poi, così rubricato: “Gestione programmatoria della caccia”
stabilisce che le regioni devono ripartire il territorio destinato alla caccia
“in ambiti territoriali di caccia, di dimensione subprovinciali, possibilmente
omogenei e delimitati da confini naturali”, specificando al comma 17 che “le
regioni a statuto speciale …. In base alle loro competenze esclusive, nei limiti
stabiliti dai rispettivi statuti …. E nel rispetto dei principi della presente
legge, provvedono alla pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione
territoriale, alla determinazione della densità venatoria, nonché alla
regolamentazione per l’esercizio di caccia nel territorio di competenza”.
In base all’art. 36 commi 6 e 7 l’obbligo di adeguamento per le Regioni e
province speciali deve aver riguardo al rispetto dei principali contenuti nella
normativa statale di riforma “…nei limiti della Costituzione e dei rispettivi
Statuti”.
Quanto alla normativa regionale di settore, la materia della caccia è attribuita
alla competenza legislativa primaria ed esclusiva della Regione Friuli Venezia
Giulia a mente dell’art. 4 n. 3 dello Statuto di autonomia.
Con la L.R. 31 dicembre 1999, n. 30, ad oggetto la “Gestione ed esercizio
dell’attività venatoria nella Regione Friuli Venezia Giulia” – legge di cui si
sono già riportate sopra alcune disposizioni - è stata dettata la nuova
disciplina dell’attività venatoria sul territorio regionale.
In particolare, alla Regione sono state attribuite funzioni di indirizzo
generale (art. 17), funzioni di pianificazione (art.18), funzioni amministrative
(art.19) e funzioni di controllo (art.20).
Ai sensi dell’art. 5 della L.R. n. 30/1999 la gestione dell’attività venatoria è
demandata ai cacciatori che la esercitano attraverso i soggetti e istituti
previsti e individuati dalla legge medesima; al riguardo, le competenze in
materia faunistica - venatoria sono esercitate da :
a) Riserve di caccia, aziende faunistico-venatorie, aziende
agri-turistico-venatorie;
b) Distretti venatori,
c) Regione,
d) Province.
Ai fini della protezione, incremento e razionale sfruttamento del patrimonio
faunistico e della gestione dell’esercizio venatorio, l’art. 7 della citata
legge regionale stabilisce la suddivisione del territorio regionale in unità
territoriali denominate “Riserve di caccia”, composte dai cacciatori ad esse
assegnati ed operanti all’interno di territori delimitati con provvedimento
dell’Amministrazione regionale, le quali tra l’altro, attuano i censimenti e
predispongono i piani di abbattimento, nonché dispongono i regolamenti annuali
di gestione faunistica e di fruizione venatoria (comma 3, lett. a e b): la
riserva di caccia è il soggetto istituzionalmente preposto al controllo della
corretta fruizione venatoria da parte dei cacciatori e del corretto uso degli
strumenti finalizzati ad una razionale gestione faunistica.
Per un corretto controllo dell’attività di fruizione venatoria e del controllo
delle specie di fauna selvatica, la L.R. n. 30/1999 prevede, all’art. 21,
l’Istituto faunistico regionale (IFR), struttura tecnico-scientifica per la
conservazione della fauna e dei suoi habitat e per la pianificazione faunistica,
che, tra le altre attività, : “ a) esprime pareri tecnico-scientifici nei casi
previsti dalla presente legge e su ogni altra questione inerente la tutela della
fauna selvatica e la gestione venatoria che venga ad esso sottoposta
dall'Amministrazione regionale; ..c) verifica la distribuzione, la tendenza e la
consistenza delle singole specie selvatiche nell’ambito del territorio
regionale, anche in rapporto allo stato dell’ambiente nelle sue relazioni con la
fauna e la dinamica delle specie stesse; d) propone e sperimenta interventi
volti al miglioramento dello stato faunistico e ambientale, anche attraverso
progetti di restauro ambientale, immissioni o prelievi di fauna; e) promuove e
coordina i censimenti relativi alle specie maggiormente minacciate o in pericolo
di estinzione; g) propone le azioni per il controllo della fauna selvatica di
cui all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157; …”.
Sempre l’art. 21, al comma 4 precisa che nell’ambito dell’organizzazione
burocratica dell’Amministrazione regionale l’IRF è struttura stabile equiparata
a servizio autonomo.
In seguito alla riorganizzazione della Amministrazione regionale effettuata con
regolamento di organizzazione dell’apparato burocratico, approvato con decreto
del Presidente della Regione n. 277 del 27 agosto 2004, le competenze dell’IFR
sono state trasferite dal servizio autonomo ad una struttura stabile di livello
inferiore denominata Ufficio Studi Faunistici (USF), alle dipendenze del
Servizio Tutela Ambienti Naturali, Fauna e Corpo forestale regionale; l’USF
esprime pareri ed interviene nelle questioni di sua competenza sulla base di
indicazioni tecniche per la gestione della fauna selvatica provenienti
dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (INFS) e condivise dalla comunità
scientifica nazionale ed internazionale.
Con Decreto del Presidente della Regione del 28 marzo 2003, n. 90 si è
provveduto ad emanare il regolamento di attuazione previsto al comma 6 del
richiamato art. 21.
Per quel che interessa la presente controversia, all’art. 1, comma 1 del
suddetto regolamento è stato deciso che nel territorio regionale “le funzioni
tecnico scientifiche e di controllo per la pianificazione della fauna e dei suoi
habitat e per la pianificazione faunistica di tutte le specie presenti…., nonché
quelle di verifica dei censimenti e di valutazione sulla congruità dei piani di
abbattimento nelle riserve di caccia e …… in rapporto alle esigenze di
protezione e di incremento del patrimonio faunistico del FVG, sono esercitate
dall’Istituto faunistico regionale”: a tal riguardo gli ispettori IFR possono
verificare presso le riserve di caccia la corretta organizzazione ed esecuzione
dei censimenti del patrimonio faunistico, nonché l’attuazione dei piani di
abbattimento autorizzati.
Tutti i censimenti, i piani di abbattimento ed i consuntivi annuali di gestione
faunistico venatoria approvati sono trasmessi all’IFR.
Ciò posto, la questione di costituzionalità appare manifestamente infondata.
La richiamata legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione
costituisce norma fondamentale di riforma economico sociale legislazione di
recepimento di normative CEE) – occorre puntualizzare - vincola le regioni,
comprese quelle a statuto speciale, nella “emanazione di norme relative alla
gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica” (art. 1, comma
terzo).
Questa legge prevede, in particolare, l’adozione di “piani faunistici” e la
gestione programmatoria della caccia, introducendo il principio della
pianificazione dell’attività faunistico-venatoria per tutto il territorio
nazionale, demandando alle regioni ed alle province la “destinazione
differenziata del territorio”, in parte volta alla protezione della fauna ed in
parte volta alla gestione programmata della caccia.
All’art. 7, vengono stabiliti i compiti dell’Istituto nazionale per la fauna
selvatica (INFS) organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo
Stato, le Regioni e le Province.
In particolare, l’INFS ha il compito di censire il patrimonio ambientale
costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato l’evoluzione ed i
rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento
ricostituivo o migliorativo sia delle comunità animali sia degli ambienti al
fine di riqualificare la fauna nel territorio nazionale, di controllare e
valutare gli interventi faunistici operati dalla regioni e dalle province
autonome e di esprimere i parere tecnici-scientifici richiesti.
Il successivo art. 18 (Specie cacciabili e periodi di attività venatoria) così
dispone:
“1. Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna
selvatica appartenenti alle seguenti specie e per i periodi sottoindicati:
[…….]
c) specie cacciabili dal 1° ottobre al 30 novembre: pernice bianca (Lagopus
mutus); fagiano di monte (Tetrao tetrix); [francolino di monte (Bonasa bonasia)];
coturnice (Alectoris graeca); camoscio alpino (Rupicapra rupicapra); capriolo (Capreolus
capreolus); cervo (Cervus elaphus); daino (Dama dama); muflone (Ovis musimon);
con esclusione della popolazione sarda; lepre bianca (Lepus timidus);
[…….]
2. I termini di cui al comma 1 possono essere modificati per determinate specie
in relazione alle situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali. Le
regioni autorizzano le modifiche previo parere dell'Istituto nazionale per la
fauna selvatica. I termini devono essere comunque contenuti tra il 1° settembre
ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al
comma 1. L'autorizzazione regionale è condizionata alla preventiva
predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori. La stessa disciplina si
applica anche per la caccia di selezione degli ungulati, sulla base di piani di
abbattimento selettivi approvati dalle regioni; la caccia di selezione agli
ungulati può essere autorizzata a far tempo dal 1° agosto nel rispetto dell'arco
temporale di cui al comma 1.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro
dell'ambiente, vengono recepiti i nuovi elenchi delle specie di cui al comma 1,
entro sessanta giorni dall'avvenuta approvazione comunitaria o dall'entrata in
vigore delle convenzioni internazionali. Il Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa
con il Ministro dell'ambiente, sentito l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, dispone variazioni dell'elenco delle specie cacciabili in conformità
alle vigenti direttive comunitarie e alle convenzioni internazionali
sottoscritte, tenendo conto della consistenza delle singole specie sul
territorio.
4. Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano,
entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento
relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi
1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo di capi da abbattere in
ciascuna giornata di attività venatoria.
5. Il numero delle giornate di caccia settimanali non può essere superiore a
tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore, escludendo i
giorni di martedì e venerdì, nei quali l'esercizio dell'attività venatoria è in
ogni caso sospeso.
6. Fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì, le
regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e tenuto conto
delle consuetudini locali, possono, anche in deroga al comma 5, regolamentare
diversamente l'esercizio venatorio da appostamento alla fauna selvatica
migratoria nei periodi intercorrenti fra il 1° ottobre e il 30 novembre.
7. La caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto.
La caccia di selezione agli ungulati è consentita fino ad un'ora dopo il
tramonto.
8. Non è consentita la posta alla beccaccia né la caccia da appostamento, sotto
qualsiasi forma, al beccaccino”.
Sancisce l’art. 19, comma secondo della legge in parola che: “Le regioni, per la
migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi
sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio artistico,
per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al
controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia.
Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante
l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna
selvatica. Qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le
regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere
attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali.
Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi
sui quali si attuano i piani medesimi, purchè muniti di licenza per l’esercizio
venatorio, nonché delle guardie comunali munite di licenza per l’esercizio
venatorio”.
Come è stato deciso da questo Tribunale (sent. 22 novembre 2007, n. 732) la
disposizione di cui all’art. 19, comma secondo, nella parte in cui disciplina i
poteri regionali di controllo faunistico, costituisce un principio fondamentale
della materia a norma dell’art. 117 Cost., tale da condizionare e vincolare la
potestà legislativa regionale (Corte cost., 21 ottobre 2005, n. 392); essa
vincola – per quello che qui rileva - la stessa potestà legislativa della
Regione Friuli Venezia Giulia, il cui statuto annovera il limite del rispetto
delle norme statali fondamentali in materia di riforme economico-sociali.
Lo stesso è a dirsi per i pareri previsti dal richiamato art. 18, e,
segnatamente, per quello afferente il calendario regionale ed il regolamento
relativi all'intera annata venatoria, però nessuna disposizione della legge n.
157 del 1992 prevede la obbligatorietà del parere dell’Infs nella materia per
cui è causa, ossia la disciplina annuale di gestione faunistica e di fruizione
venatoria per la caccia tradizionale, dettata con appositi regolamenti dalle
Riserve di caccia.
Come si è visto sopra, i regolamenti annuali di gestione faunistica e di
fruizione venatoria per la caccia tradizionale che - come quello adottato dalla
Riserva di caccia di Cividale, che prevede l’impiego del cane segugio - (dopo
essere stati ratificati dai Distretti venatori competenti per territorio) sono
stati approvati dall’Amministrazione regionale ai sensi dell’articolo 16, comma
2 della L.R. 31 dicembre 1999, n. 30.
Non può avere – a fortiori – ingresso l’assunto attoreo in base al quale
tutti i provvedimenti regionali relativi alla regolazione della caccia devono
essere assistiti nella fase preparatoria dal parere dell’Infs, posto che nessuna
disposizione della legge n. 157 del 1992 lo avvalora.
Con il secondo motivo di gravame il ricorrente denuncia la violazione degli art.
14 e 16 della L.R.n. 30/1999, nonché il vizio di eccesso di potere per carenza
di motivazione e di istruttoria, per non essere stato dalla Regione emanato il
piano regionale pluriennale di gestione faunistica, che funge da atto
presupposto volto a fornire al Distretto venatorio e alla Regione i parametri di
valutazione del regolamento venatorio de quo.
Le prospettazioni non meritano ingresso.
Occorre prendere le mosse dalla considerazione che, a mente dell’art. 1 della
L.R. 30/99, la Regione Friuli Venezia Giulia tutela la fauna secondo metodi di
razionale programmazione a fini faunistici del territorio e disciplina le
diverse forme di gestione a seconda delle finalità prevalenti, ivi compreso il
prelievo venatorio, mediante criteri di protezione, incremento conoscenza e
utilizzo razionale della fauna, nell’ambito delle competenze fissate dallo
Statuto di autonomia ed in conformità alla normativa statale e comunitaria.
L’art. 7 della stessa legge regionale prevede che, al fine del perseguimento
della protezione, incremento e razionale sfruttamento del patrimonio faunistico
e della gestione dell’esercizio venatorio, le Riserve di caccia provvedono:
- ad attuare i censimenti ed a predisporre i piani di abbattimento;
- a predisporre i regolamenti annuali o pluriennali di gestione faunistico e di
fruizione venatoria;
- a redigere i consuntivi annuali di gestione faunistico-venatoria.
Questi atti, ai sensi dell’art. 7, comma 5 e dell’art. 16, vengono ratificati
dal Distretto venatorio di appartenenza e diventano esecutivi con l’approvazione
della Regione, che si inserisce nel procedimento avviato dal Direttore della
Riserva di caccia compiendo la verifica della rispondenza agli indirizzi
regionali attuati con atto approvato con deliberazione giuntale n. 652/2006: con
quest’ultima, nelle more dell’approvazione del piano regionale pluriennale di
gestione faunistica, avvalendosi anche degli esperti dell’Ufficio studi
faunistici, la Giunta ha adottato l’“Atto di indirizzo generale per la gestione
faunistico-venatoria nelle annate venatorie 2006-2009”, espressivo degli
“indirizzi al fine di uniformare i criteri della fruizione venatoria nell’ambito
del territorio regionale, fornendo uno strumento di riferimento per gli enti e
organismi di cui all’art. 6 della L.R. 30/1999, che operano nel settore
faunistico e venatorio”, nonché della necessità di “garantire che lo svolgimento
dell’attività venatoria si conformi ai principi di protezione, incremento,
conoscenza e utilizzo razionale della fauna come previsto dall’art. 1 della L.R.
30/99”.
La gestione faunistico-venatoria nelle riserve di caccia nel territorio della
Regione avviene, quindi, alla stregua dei parametri tecnici elaborati nell’atto
di indirizzo generale regionale, eppertanto deve ritenersi che la Regione, nella
stagione venatoria 2006/2007, abbia svolto puntualmente le funzioni assegnatele
dalla L.R. n. 30/1999 circa il controllo degli atti adottati dalle Riserve e
ratificati dai Distretti venatori non solo sotto il profilo della loro
legittimità e regolarità amministrativa ma anche e soprattutto – attraverso il
controllo tecnico dell’Ufficio studi faunistici, cui è affidata la funzione di
“fornire il supporto tecnico scientifico per tutte le iniziative inerenti la
tutela della fauna e dei suoi habitat e per la pianificazione del prelievo
venatorio fornendo in particolare pareri tecnico scientifici nelle materie
citate ed in tutti i casi previsti dalle norme statali o regionali” – ma anche e
soprattutto, si diceva, sotto il profilo della loro conformità alle prescrizioni
regionali - obiettivi gestionali, censimenti, piani di abbattimento - contenute
dell’atto di indirizzo generale e nelle allegate schede tecniche (nel caso di
specie la “Scheda tecnica capriolo”).
Non sembra inutile sottolineare che l’UFS agisca in conformità ai principi, ai
criteri tecnico scientifici ed ai documenti di indirizzo dettati a livello
nazionale dall’INFS.
Circa le considerazioni dell’Infs di cui si è fatto sopra cenno è d’uopo
osservare che le stesse non sono mai state inoltrate formalmente alla Regione
Friuli Venezia Giulia, bensì al Gruppo consiliare regionale della Federazione
dei Verdi del Friuli Venezia Giulia: trattasi di considerazioni di portata
generale, non specificatamente riferite alla Regione Friuli Venezia Giulia.
Detto questo, occorre, altresì, rilevare che, a termini dell’art. 4 della L.R.
n. 30/99, “Ogni forma di caccia ha pari dignità e pari diritti” e “La Regione
autonoma Friuli Venezia Giulia determina la disciplina l’attività venatoria nel
rispetto delle culture, consuetudini e tradizioni locali sempre che le stesse
non contrastino con l’esigenza di crescita e conservazione delle specie oggetto
di prelievo”.
Bisogna, pertanto, giudicare se la caccia al capriolo con l’utilizzo del cane
segugio è compatibile alla luce degli obiettivi faunistici che si vogliono
raggiungere, con particolare riguardo alle esigenze conservative di cui all’art.
1 della L. n.157/92.
Da un punto di vista scientifico, in base agli studi compiuti dall’Ufficio studi
faunistici sugli esemplari di capriolo nella Riserva di caccia di Cividale del
Friuli non è stato dimostrato che l’utilizzo del cane segugio abbia effetti
negativi diretti od indiretti sulla conservazione della specie capriolo (specie
ridottasi ma per altre cause).
In conclusione, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va
rigettato.
Le spese del giudizio – sussistendone le giuste ragioni – possono venire
compensate nella loro integralità.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia,
definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria
istanza ed eccezione, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 19/03/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it