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TAR FRIULI-VENEZIA GIULIA, Sez. I, 26 maggio 2008, sentenza n. 300
INQUINAMENTO - Responsabilità - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 e artt. 244 e ss.
d.lgs. n. 152/2006. Sia l’art. 17 del D.L.vo n. 22/97, che gli artt. 244 e
ss. del sopravvenuto D.L.vo n. 152/06 sono inequivoci nel limitare a carico del
diretto responsabile dell’inquinamento l’onere di provvedere alle necessarie
attività di risanamento, salva la facoltà del proprietario non responsabile di
darsi carico di dette attività: ma, appunto, di facoltà si tratta, dato che la
normativa prevede in via principale l’esecuzione in danno delle opere ed
attività necessarie da parte della P.A., in caso di persistente rifiuto o
impossibilità da parte del responsabile ovvero in caso questi non possa essere
individuato, salva soltanto, con riguardo al proprietario non responsabile,
ipotesi del tutto residuale, a garanzia comunque del pubblico interesse (e del
pubblico denaro) la precisazione che gli interventi eseguiti d’ufficio
costituiscono onere reale e che le spese sostenute sono assistite da privilegio
speciale immobiliare, con la ulteriore specificazione, da ultimo, che il
proprietario non responsabile, salvo diritto di rivalsa in caso di esecuzione
spontanea dei lavori di disinquinamento, può essere tenuto a rimborsare,
peraltro previa adozione di apposito formale provvedimento motivato e rispettoso
delle procedure di garanzia e di trasparenza di cui alla L. n. 241/90, le spese
sostenute dalla P.A. soltanto nel limite del valore di mercato del sito a
seguito degli interventi eseguiti d’ufficio (cfr. art. 253 DL .vo n. 152/06, e
si veda anche il precedente art.. 244, il quale non a caso, ora, ad integrazione
di quanto già disposto dall’art. 17 dell’abrogato D.L. vo n. 22/97, pur
prevedendo la notifica anche al proprietario dell’ordinanza di disinquinamento
rivolta al responsabile, ha cura di precisare che tale notifica vale “ai sensi e
per gli effetti di cui all’art. 253”(cfr. in termini, da ultimo, TAR Lombardia,
Milano, II Sez., n. 5287/07). Pres. ed Est. Borea - E. s.p.a. (avv.ti Bassi,
Borgna, Bucello, Viola) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
e altro (Avv. Stato) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 26 maggio
2008, n. 300
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
N. 00300/2008 REG.SEN.
N. 00286/2005 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 286 del 2005, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Societa' Edison Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicola Bassi, Giovanni
Borgna, Mario Bucello, Simona Viola, con domicilio eletto presso Giovanni Borgna
Avv. in Trieste, via S.Nicolo' 21;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Min. delle Attivita'
Produttive (Ex Min. Indus., Comm., Art), rappresentati e difesi dall'Avvocatura
dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia 3; Ministero
della Salute, Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia;
nei confronti di
Comune di Muggia, Si.Lo.Ne Srl;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
di quanto disposto al punto 5 dell'ordine del giorno del verbale della
conferenza di servizi decisoria dd. 27 aprile 2005, trasmesso con lettera dd. 23
maggio 2005, prot. 10353/QdV/DI (IX). Trasmissione verbali delle Conferenze di
Servizi decisorie,dd. 27 aprile 2005 e del 19 maggio 2005, incluso il verbale
della conferenza di servizi tenutasi presso gli Uffici del Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del Territorio di Roma in data 15 dicembre 2004;
Visti i primi motivi aggiunti depositati in data 30 dicembre 2005 con i quali si
impugnano i seguenti atti:
i punti 1 e 14 dell'ordine del giorno del verbale della conferenza di servizi
decisoria tenutasi presso gli uffici del Ministero dell'Ambiente e della Tutela
del territorio in data 13 ottobre 2005. Trasmissione verbale della conferenza di
Servizi decisoria, dd.13.10.2005, incluse la prescrizione disposta al punto 5
dell'ordine del giorno del verbale della conferenza di servizi decisoria dd. 27
aprile 2005, nonchè la prescrizione disposta punto 1 dell'ordine del giorno del
verbale della conferenza di servizi decisoria tenutasi presso il Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del territorio in Roma il 15 dicembre 2004;
Visti i secondi motivi aggiunti depositati in data 21.6.2007 con i quali si
impugnano i seguenti atti:
le determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al
sito di bonifica di interesse nazionale di "Trieste" dd. 14 febbraio 2007;
il decreto direttoriale della Direzione generale per la Qualità della vita del
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare prot. n. 3605
bis/QdV/Di/B dd. 7 maggio 2007; le determinazioni conclusive della Conferenza di
servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di
"Trieste" dd. 14 febbraio 2007;
il decreto direttoriale della Direzione generale per la Qualità della vita del
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare prot. n. 3606
bis/QdV/Di/B dd. 7 maggio 2007;
le determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al
sito di bonifica di interesse nazionale di "Trieste" dd. 27 aprile 2005, del 19
maggio 2005, del 22 giugno 2005, del 13 ottobre 2005, del 22 novembre 2005, del
13 marzo 2006, del 7 settembre 2006 e del 31 ottobre 2006;.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Min. delle Attivita' Produttive (Ex
Min. Indus., Comm., Art);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/12/2007 il dott. Vincenzo Antonio
Borea e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, seguito poi da due distinte serie di motivi aggiunti
depositati in corso di giudizio, si impugnano tre verbali della Conferenza di
Servizi convocata in Roma presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio con riguardo allo stato di inquinamento del sito nazionale di
Trieste, nella parte in cui tali verbali si occupano dell’area di proprietà
della ricorrente.
In particolare:
1) con l’atto introduttivo (luglio 2005) si impugna il verbale 27 aprile 2005
nella parte in cui si delibera “di richiedere alla ricorrente l’immediata
realizzazione delle misure di messa in sicurezza proposte”, vale a dire di
predisporre uno sbarramento idraulico costituito da pozzi di emungimento dalle
acque di falda sottostanti;
2) con i primi motivi aggiunti (dicembre 2005) si impugna il verbale del 13
ottobre 2005 nella parte in cui si delibera di chiedere all’azienda “di non
disattivare il sistema di messa in sicurezza d’emergenza mediante emungimento
delle acque di falda contaminata”, nonché di “presentare…” “un piano di
caratterizzazione per l’area di competenza…nonché l’eventuale progetto
preliminare/definitivo di bonifica dei suoli e delle acque di falda nel caso in
cui venisse evidenziato uno stato di contaminazione”;
3) con i secondi motivi aggiunti (giugno 2007) si impugna infine il verbale 14
febbraio 2007 nella parte in cui si delibera di “richiedere alla società di
attivare…le azioni di messa in sicurezza di emergenza della falda, nonché…le
integrazioni delle indagini di caratterizzazione…”.
In via preliminare, va in primo luogo dato atto che i verbali oggetto di
impugnativa sono sicuramente lesivi, sia perché, sul piano sostanziale, al di là
dell’apparente innocuità (“si delibera di richiedere) contengono altresì (cfr.
quanto meno verbali 13 ottobre 2005 e 14 febbraio 2007) l’inequivocabile
preavviso di esecuzione in danno in caso di inadempimento, e sia soprattutto
perché, sul piano formale, i contenuti dei medesimi sono stati resi esecutivi
con appositi decreti datati 7 maggio 2007, ovviamente anch’essi fatti oggetto di
puntuale impugnativa con i secondi motivi aggiunti di cui sopra si è detto, con
ciò venendo meno quindi ogni dubbio, contrariamente a quanto si accenna nella
memoria della P.A. resistente, sulla ammissibilità del gravame (salvo quanto si
dovrà infra precisare con riguardo all’atto introduttivo) dubbio che poteva
insorgere in forza della ritenuta non lesività attuale dei verbali in sé
considerati.
Venendo all’esame della fattispecie, si può rilevare che la società ricorrente
in sostanza, sia nell’atto introduttivo che nei motivi aggiunti, contesta la
legittimità degli atti impugnati muovendosi lungo due distinte se pur connesse
direttrici, di carattere oggettivo l’una e soggettivo l’altra: da un lato, cioè,
sostenendosi che l’inquinamento che la P.A. intende contrastare allo stato di
fatto neppure in sostanza viene sufficientemente dimostrato come esistente o
comunque come pericoloso (profilo oggettivo), e, da un altro lato, affermandosi
la propria totale estraneità alle cause dell’inquinamento stesso (profilo
soggettivo).
Appare a questo punto opportuno in fatto chiarire, come afferma
incontestatamente parte ricorrente, che la stessa è proprietaria dell’area (di 5
ettari, in comune di Muggia, località Stramare) oggetto delle attenzioni della
P.A., dal 1992, e che l’attività produttiva su di essa svolta dal dante causa
era stata dimessa sin dal 1986, mentre, per contro, a confine, si trova altra
area, di proprietà della soc. Silone, situata a monte idrogeologico rispetto a
quella della ricorrente, sulla quale un tempo era installata una raffineria
(Aquila) e dove tuttora insistono serbatoi di sostanze petrolifere.
Ciò premesso rileva innanzi tutto il collegio che l’atto introduttivo deve
ritenersi inammissibile per carenza di interesse (con ciò sciogliendosi la
riserva poc’anzi accennata), sia pur per una ragione che nulla ha a che fare con
la natura endoprocedimentale che si assume propria del verbale oggetto di
impugnativa, e cioè il verbale 27 aprile 2005. L’inammissibilità deriva infatti
dalla circostanza, del tutto particolare, che la deliberazione in esso contenuta
di richiedere l’immediata realizzazione delle misure di sicurezza (consistenti
come sopra detto, nella messa in opera di pozzi di emungimento dalle acque di
falda) tale in verità non è, trattandosi più semplicemente di una adesione della
P.A. ad una proposta avanzata dalla stessa società ricorrente di sua propria
iniziativa a fini collaborativi, come anche in precedenza accaduto. La
circostanza risulta vigorosamente affermata dalla ricorrente, a sostegno,
appunto, del proprio intento collaborativo, e trova conferma nel suddetto
verbale 27 aprile 2005, ove si parla ripetutamente di intervento “proposto”
dalla ricorrente società, né varrebbe opporre il fatto che nel verbale 14
febbraio 2007, in sede di ricapitolazione dei fatti pregressi, re melius
perpensa, si contesti la spontaneità dell’attività di emungimento posta in
essere dalla ricorrente stessa, giacchè, se pur sia vero che sin dal verbale
della seduta del 15 dicembre 2004 si era deciso di chiedere “a tutti i titolari
di aree interne al sito” di adottare idonei interventi di messa in sicurezza
della falda acquifera, resta comunque anche vero, come anche qui
incontestatamente si afferma, che il verbale suddetto non risulta essere mai
stato notificato alla ricorrente, il cui nome neppure compare nell’elenco dei
soggetti destinatari nella lettera di trasmissione del 20 dicembre 2004.
Chiaro dunque essendo che non vi è ragione di dolersi per il fatto di dover dar
seguito ad un obbligo di adempimento che in effetti tale non è perché il
comportamento tenuto è frutto di offerta spontanea (poco importa se
eventualmente soltanto come mossa portata in anticipo in previsione di un vero e
proprio ordine), appare evidente l’inconsistenza in parte qua dell’interesse a
ricorrere, fermo restando che appare curioso da un lato che la ricorrente
insista su di una circostanza che rende il ricorso stesso inammissibile, e che
l’Amministrazione, per contro, tale circostanza mostri di voler negare, in tal
modo offrendo appoggio alla tesi della normale natura provvedimentale della
richiesta di messa in sicurezza di cui si discute e quindi alla esistenza
dell’interesse a ricorrere.
Quanto sopra riguarda peraltro il solo atto introduttivo, diverso discorso
dovendo invece farsi con riguardo ai motivi aggiunti successivamente proposti
avverso vi sopra ricordati verbali del 13 ottobre 2005 e del 14 febbraio 2007,
dato che la carica lesiva delle “richieste” impartite in tali due verbali (così
come resi esecutivi dai decreti 7 maggio 2007 dei quali si è pure detto) non può
essere messa in dubbio in ragione del fatto che la società ricorrente, dopo
avere, come detto, in via collaborativa, dato inizio alla ricordata attività di
emungimento delle acque di falda, ora contesta, sia nei primi che nei secondi
motivi aggiunti, la legittimità della volontà della P.A. di imporre il
mantenimento di tale attività di messa in sicurezza di emergenza, a dispetto
degli esiti a suo giudizio sostanzialmente negativi scaturiti dall’analisi delle
acque emunte nel corso dei primi mesi del 2005, con l’onere per di più di
presentare un piano di caratterizzazione nonché l’eventuale progetto di bonifica
in caso di accertata contaminazione (cfr. verbale 13 ottobre 2005, nonché, in
termini sostanzialmente analoghi, verbale 14 febbraio 2007).
Nel merito, le doglianze mosse, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello
soggettivo, sono fondate.
Dal primo dei due punti di vista, a ragione si sostiene che una volta ammesso da
parte della P.A. (cfr. verbale 13 ottobre 2005) che “le analisi delle acque
emunte effettuate nel 2005 hanno evidenziato superamenti per il solo parametro
“benzene” (1,6 mg/L contro un limite per le acque sotterranee di 1mg/L) non è
dato ragionevolmente di comprendere, come giustamente si osserva, sulla base di
quali presupposti, si sia ritenuto di dover persistere nell’imporre alla
ricorrente il costoso compito di continuare l’attività di emungimento sin qui
svolta con esiti sostanzialmente negativi con l’aggiunta altresì dell’onere di
predisporre un vero e proprio piano di caratterizzazione dell’area: tenuto anche
conto da un lato che, come si è detto, la causa del temuto inquinamento risale
nel tempo ad oltre vent’anni prima, con la conseguenza che non è dato neppure di
comprendere quali siano le ragioni d’urgenza in base alle quali si è ritenuto di
dover far proseguire l’attività di messa in sicurezza d’emergenza, e, da un
altro lato, che, come incontestatamente si afferma, tra la falda e il suolo si
colloca uno strato geologico impermeabile che avrebbe reso comunque praticamente
impossibile l’infiltrazione verso la falda stessa di sostanze inquinanti.
In effetti, sin dagli anni 2002/2003 l’ARPA (cfr. in atti note del 5 marzo 2002
e del 6 agosto 2003) aveva affermato che l’area doveva considerarsi
sostanzialmente immune da inquinamenti e che quindi, salva l’opportunità (non
contestata ed anzi condivisa dalla società ricorrente) di proseguire il
monitoraggio delle acque sotterranee, non vi era necessità di interventi di
messa in sicurezza: di ciò nulla viene detto negli atti impugnati.
Senza dire che, come pure si osserva, per ciò che attiene alla contestata
attualità della necessità di protrarre le misure di messa in sicurezza
dell’area, non appare un caso che la tabella analitica riportata nel verbale 14
febbraio 2007 a carico dell’area de qua arresti i riscontri di sostanze
inquinanti non oltre il 2004, a conferma del miglioramento verificatosi
successivamente del quale si è fatto cenno..
Né varrebbe opporre che al mantenimento delle misure imposte la P.A. sarebbe
stata indotta anche sul rilievo che l’interessata non avrebbe fornito i dati di
validazione da parte dell’ARPA delle analisi compiute, essendo agevole osservare
che la P,.A. ben avrebbe potuto richiedere quanto ritenuto necessario
all’interessata stessa, se non addirittura alla stessa ARPA, come dallo stesso
verbale 14 febbraio 2007 qui impugnato e più volte ricordato in parte qua
risulta la P.A. abbia fatto con riguardo ad altra società titolare di aree poste
nel medesimo sito nazionale di Trieste (cfr. pag. 17).
La sopra rilevata difficoltà, se non impossibilità, di ritenere come provenienti
dal suolo sovrastante la falda le sostanze eventualmente inquinanti la falda
stessa (inquinamento che, come visto, pare possa ritenersi quasi irrilevante in
quanto riguarda il solo benzene e con un superamento del limite di non grande
entità) porta logicamente a dedurre che comunque la fonte di inquinamento
provenga dalle aree e dai suoli situati a monte, e quindi senza che la
ricorrente possa in alcun modo esserne ritenuta responsabile.
Può dunque passarsi all’esame delle doglianze con le quali, come si è detto, i
provvedimenti impugnati sono contestati sotto il profilo soggettivo, vale a dire
proclamandosi l’impossibilità giuridica di addossare alla ricorrente il dovere
di far fronte a possibili inquinamenti viceversa imputabili a condotta di altri
soggetti.
Anche qui devono essere condivise le argomentazioni svolte dalla ricorrente.
E’ pacifico in fatto, come sopra ricordato, che la società ricorrente ha
acquistato l’area de qua nel 1992 e che l’attività inquinante ivi svolta era
cessata sin dal 1986: non si possono pertanto nutrire dubbi sulla mancanza di
responsabilità diretta da parte della ricorrente stessa in ordine alle cause che
avrebbero generato il lamentato inquinamento (in progressiva diminuzione,
peraltro, come detto, forse a causa delle misure di risanamento da tempo imposte
al titolare dell’area posta a monte).
In diritto giova poi ricordare che sia l’art. 17 del D.L.vo n. 22/97, che gli
artt. 244 e ss. del sopravvenuto D.L.vo n. 152/06 sono inequivoci nel limitare a
carico del diretto responsabile dell’inquinamento l’onere di provvedere alle
necessarie attività di risanamento, salva la facoltà del proprietario non
responsabile di darsi carico di dette attività: ma, appunto, di facoltà si
tratta, dato che la normativa prevede in via principale l’esecuzione in danno
delle opere ed attività necessarie da parte della P.A., in caso di persistente
rifiuto o impossibilità da parte del responsabile ovvero in caso questi non
possa essere individuato, salva soltanto, con riguardo al proprietario non
responsabile, ipotesi del tutto residuale, a garanzia comunque del pubblico
interesse (e del pubblico denaro) la precisazione che gli interventi eseguiti
d’ufficio costituiscono onere reale e che le spese sostenute sono assistite da
privilegio speciale immobiliare, con la ulteriore specificazione, da ultimo, che
il proprietario non responsabile, salvo diritto di rivalsa in caso di esecuzione
spontanea dei lavori di disinquinamento, può essere tenuto a rimborsare,
peraltro previa adozione di apposito formale provvedimento motivato e rispettoso
delle procedure di garanzia e di trasparenza di cui alla L. n. 241/90, le spese
sostenute dalla P.A. soltanto nel limite del valore di mercato del sito a
seguito degli interventi eseguiti d’ufficio (cfr. art. 253 DL .vo n. 152/06, e
si veda anche il precedente art.. 244, il quale non a caso, ora, ad integrazione
di quanto già disposto dall’art. 17 dell’abrogato D.L. vo n. 22/97, pur
prevedendo la notifica anche al proprietario dell’ordinanza di disinquinamento
rivolta al responsabile, ha cura di precisare che tale notifica vale “ai sensi e
per gli effetti di cui all’art. 253”(cfr. in termini, da ultimo, TAR Lombardia,
Milano, II Sez., n. 5287/07).
In definitiva dunque il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile
(atto introduttivo) e per il resto (motivi aggiunti) deve essere accolto, con
annullamento in parte qua degli atti impugnati.
Le spese comunque, considerata la delicatezza degli interessi pubblici in gioco,
possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile (atto
introduttivo) e in parte lo accoglie, e per l’effetto annulla gli atti impugnati
con i motivi aggiunti così come individuati in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Spese compensate.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12/12/2007 con
l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente, Estensore
Lorenzo Stevanato, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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