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Segnalata dall'avv. Guido Barzazi
TAR FRIULI-VENEZIA GIULIA, Sez. I, 26 maggio 2008, sentenza n. 301
INQUINAMENTO - Imposizione di piano di caratterizzazione - Formaldeide -
Valore di fondo - Assenza di preventivo accertamento - Illegittimità - Art. 240
d.lgs. n. 152/2006. E’ illegittima l’imposizione di un nuovo piano di
caratterizzazione (nella specie, per la bonifica di un sito dalla formaldeide)
senza che sia stato disposto alcun accertamento preventivo in ordine al valore
di fondo naturale della presenza in sito della formaldeide, valore al quale
viceversa si deve fare riferimento, ove superiore a quello ottimale, in forza
delle disposizioni contenute da un lato nell’art. 4, comma 2, del DM n. 471/99 e
dall’altro nell’art. 240, comma 1 lett. B) del D.L.vo n. 152/06 (essendo
evidentemente incongruo pretendere una bonifica che il risultato ottimale non
potrà mai raggiungere). Pres. ed Est. Borea - A. s.p.a. (avv.ti Barzazi e Borgna)
c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.)
- T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 26 maggio 2008, n. 301
INQUINAMENTO - Bonifica - Acque emunte dalle falde sotterranee - Scarico -
Limiti di emissione applicabili - Acque reflue industriali - Art. 243 d.lgs. n.
152/2006. Ai sensi dell’art. 243 del D.L.vo n. 152/06, le acque emunte dalle
falde sotterranee nell’ambito di interventi di bonifica possono essere
scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in un ciclo produttivo
(come nel caso, a fini di raffreddamento) in acque superficiali, ovviamente nel
rispetto dei limiti di emissione delle acque reflue industriali. Pres. ed Est.
Borea - A. s.p.a. (avv.ti Barzazi e Borgna) c. Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio (Avv. Stato) e altri (n.c.) - T.A.R. FRIULI VENEZIA
GIULIA, Sez. I - 26 maggio 2008, n. 301
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
N. 00301/2008 REG.SEN.
N. 00335/2007 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 335 del 2007, proposto da:
Alder Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Barzazi, Giovanni Borgna, con
domicilio eletto presso Giovanni Borgna Avv. in Trieste, via S.Nicolo' 21;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Trieste, piazza Dalmazia
3; Ministero della Salute, Ministero delle Attivita' Produttive, Iss - Istituto
Superiore di Sanita', Regione Friuli-Venezia Giulia, Agenzia Regionale per la
Protezione dell'Ambiente del Friuli-Venezia Giulia, Comune di Trieste, Provincia
di Trieste, Asl 101 - Triestina, Ente Zona Industriale Trieste - E.Z.I.T.;
nei confronti di
B. Pacorini Spa, Med.Con. Spa;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
-del decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare - Direz. gen. per la qualità della vita n. 3606 bis/ QDV/DI/B dd. 7 maggio
2007, e della precitata nota accompagnatoria;
-dei verbali delle seguenti conferenze di servizi decisorie richiamate nella
predetta nota e nel predetto decreto: 27 aprile 2005; 19 maggio 2005; 22 giugno
2005; 13 ottobre 2005; 22 novembre 2005; 13 marzo 2006; 7 settembre 2006; 31
ottobre 2006; nonchè del decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare .- Dir. gen. per la qualità della vita prot. n. 3605bis/QDV/DI/B
dd. 7 maggio 2007, e della precitata nota accompagnatoria:
del verbale della conferenza di servizi decisoria dd. 14 febbraio 2007 allegato
alla stessa nota ed al decreto;
-della nota di A.R.P.A. F.V.G. dd. 10 novembre 2006, con la quale sono state
formulate alcune osservazioni e prescrizioni dell'estratto del parere reso da
ARPA per la conferenza di servizi istruttoria dd. 30 ottobre 2006;
-della nota dell'Ist. Sup. di sanità n. 0000558 AMPP/IA.12 dd. 10 maggio 2006;
-delle note del Comune di Trieste, Area pianificazione territoriale, dd. 28
luglio 2005;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/12/2007 il dott. Vincenzo Antonio
Borea e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame si impugnano taluni verbali della Conferenza di servizi
insediata presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio,
l’ultimo dei quali relativo alla seduta del 14 febbraio 2007 concernenti lo
stato di inquinamento del sito nazionale di Trieste, nonché i conclusivi
provvedimenti contenuti nei decreti ministeriali datati 7 maggio 2007 (ai quali,
contrariamente a quanto sembra suggerire la difesa resistente, si deve la
concreta attualizzazione del concreto contenuto lesivo delle prescrizioni
impartite dalla conferenza di servizi) nella parte in cui si stabiliscono misure
finalizzate al disinquinamento dell’area di proprietà della ricorrente società,
area situata appunto all’interno della perimetrazione che individua il sito in
questione.
A quanto è dato di comprendere dalla non chiarissima ricostruzione in fatto
operata dalla parte ricorrente (la quale, tra l’altro, ha prodotto una serie di
documenti che poco o nulla hanno a che fare con l’area di sia proprietà, come ad
esempio taluni verbali di sedute della suddetta conferenza di servizi nel corso
delle quali si sono prese in esame soltanto le situazioni di tutt’altri soggetti
e società titolari di altre aree ricomprese all’interno del suddetto sito
nazionale di Trieste, verbali ciononostante fatti oggetto, tra gli altri, di
formale impugnativa) si può comunque ricostruire la vicenda che qui interessa
nei seguenti termini:
1) La ricorrente, svolge da decenni, in uno stabilimento sito in località
Cadamosto (TS) l’attività industriale di trasformazione e utilizzazione di
formaldeide (che si trova in natura come gas e che costituisce materia prima per
la fabbricazione di svariati prodotti, dai disinfettanti alle materie
plastiche), e, a seguito della perimetrazione del sito nazionale di cui sopra,
all’interno del quale, si ripete, si trova lo stabilimento in questione, ha
ritenuto a suo tempo di rendersi disponibile ad intraprendere, per quanto di
interesse, le procedure di disinquinamento dell’area, a tal fine dapprima
predisponendo il piano di caratterizzazione dell’area stessa, piano debitamente
approvato, sia pur con prescrizioni, dalla conferenza di servizi decisoria del
15 dicembre 2004, e, in seguito ( e si vedrà poi quali conseguenze da ciò si
dovranno trarre), di offrirsi ugualmente come disponibile a far fronte sia alle
opere di messa in sicurezza di emergenza (mediante recinzione) che di definitiva
bonifica dei suoli di pertinenza , in un primo momento mediante asfaltatura, e,
da ultimo, in accoglimento di specifica richiesta della P.A., mediante completa
rimozione del terreno inquinato e trasferimento a discarica , opere resesi
necessarie a seguito degli esiti del suddetto piano di caratterizzazione e cioè,
in concreto, a seguito del rilevato superamento dei limiti previsti per talune
sostanze riscontrate nel sottosuolo e considerate pericolose;
2) merita di essere segnalato il fatto che tra le sostanze (analiti) oggetto di
indagine con il suddetto piano di caratterizzazione non era prevista la
formaldeide, né in sede di approvazione del medesimo la P.A. aveva sollevato
obiezioni, specificandosi anche, da parte ricorrente, che mai in precedenza
l’ARPA aveva riscontrato valori positivi di formaldeide, peraltro debitamente
soggetta a monitoraggi periodici;
3) solo a distanza di sette mesi dall’approvazione del piano di
caratterizzazione, in seguito di una segnalazione del Comune di Trieste resa con
nota in data 28 luglio 2005 (recante misteriosamente nell’oggetto un
incomprensibile riferimento all’aeroporto FVG di Ronchi dei Legionari) , con la
quale si richiedeva di includere la formaldeide tra gli analiti da analizzare
nel sito occupato dalla Pacorini s.p.a., in quanto situato a valle dello
stabilimento Alder, il Ministero rivolgeva un quesito all’Istituto Superiore di
Sanità al fine di conoscere i valori limite di accettabilità dell’elemento in
questione ex DM 471/99;
4) con nota 3 maggio 2006 il suddetto Istituto Superiore di Sanità, rispondendo
al parere richiesto, da un lato si esprimeva nel senso che la formaldeide, in
anni recenti sospettata, con diversi approcci peraltro da parte di vari istituti
di ricerca, di essere cancerogena, in quanto non prevista nel DM n. 471/99 può
peraltro, dal punto di vista del comportamento ambientale e tossicologico,
essere assimilata al benzene, e dall’altro indicava le concentrazioni di
riferimento in termini di mg. 0,1/kg con riguardo al suolo residenziale ovvero
verde pubblico, di mg. 2/kg per suoli ad uso industriale e commerciale, e,
infine, di microgrammi (mcg) 1/l per le acque sotterranee.;
5) quanto sopra veniva portato a conoscenza della ricorrente in occasione della
conferenza di servizi istruttoria del 30 ottobre 2006 nella quale si stabilì di
proporre di prescrivere alla ricorrente la ricerca del parametro formaldeide nel
suo sito, e invano quest’ultima, con nota 4 dicembre 2006 diretta all’Istituto
Superiore di Sanità, e con nota 15 dicembre 2006 rivolta direttamente alla
competente Direzione generale del Ministero dell’Ambiente, da un lato opponeva
che, sulla scorta di autorevoli ricerche, la tossicità e pericolosità rilevabile
riguarda soltanto la formaldeide allo stato gassoso nell’atmosfera, e non nel
suolo o nelle acque sotterranee anche potabili, a supporto di tali indicazioni
richiamandosi il DM 28 febbraio 2006 in tema di classificazione, imballaggio ed
etichettatura delle sostanze pericolose, tra le quali la formaldeide non è
ricompresa, come del resto non è compresa nel DM n. 471/99, contestandosi anche
in proposito la disposta assimilazione con il benzene, e, dall’altro, facendo
notare che il Ministero dell’Ambiente, ben sapendo che la formaldeide
costituisce oggetto dell’attività della ricorrente da un quarantennio avrebbe
dovuto e potuto porsi il problema sin dall’inizio, e non già ad indagine di
caratterizzazione (avviata quasi un anno e mezzo prima) e ormai ultimata;
6) si arriva così alla conferenza di servizi decisoria del 14 febbraio 2007, con
la quale nei confronti della soc. ricorrente si venivano ad assumere, per quel
che qui interessa alla luce delle dedotte doglianze, le seguenti determinazioni:
a), quanto alla formaldeide, si conferma in via decisoria la richiesta già
esplicitata nella conferenza istruttoria del 30 ottobre 2006 di ricercare il
parametro formaldeide sia nei suoli che nelle acque di falda, secondo un piano
esecutivo da concordare con l’ARPA;
b), quanto agli esiti del piano di caratterizzazione approvato nella conferenza
del 15 dicembre 2004, e cioè a seguito dell’avvenuto riscontro del superamento
nel suolo, sia all’esterno che all’interno dello stabilimento, dei valori limite
relativi ad alcune sostanze (zinco, mercurio, rame, cromo ecc), si prende atto
che l’azienda, con nota 23 gennaio 2007, ha comunicato di aver completamente
rimosso il terreno contaminato con conferimento del materiale a discarica
autorizzata, e si delibera di chiedere all’azienda le opportune verifiche sulle
pareti dello scavo risultante dopo la rimozione del materiale inquinato e
all’ARPA di trasmettere la validazione dei risultati relativi alle dette
verifiche;
c) per contro,sempre con riguardo agli esiti del piano di caratterizzazione, con
riguardo all’inquinamento non più del suolo bensì delle acque sotterranee, nel
rilevare, per quel che qui interessa, che le acque prelevate dal pozzo n. 15,
utilizzate come acque di raffreddamento e in seguito scaricate al mare dal quale
provengono con formale autorizzazione della Regione, contengono sostanze quali
boro e manganese con indici superiori ai limiti previsti per le acque
sotterranee, si dispone che le acque in questione debbano essere trattate in
impianti a ciò autorizzati secondo la normativa sui rifiuti.
Tutto quanto sopra (faticosamente) ricostruito, va in primo luogo escluso che la
materia del contendere, nonostante la generica doglianza relativa alla pretesa
illegittimità della imposizione da parte della P.A. di bonificare il sito, possa
riguardare le sostanze ritrovate nel suolo alle quali si è fatto cenno sub 6b),
posto che, come ricordato, non solo la società ricorrente aveva presentato il
relativo piano di caratterizzazione, ma, in seguito, una volta respinta dalla
P.A. la proposta di sanare l’area isolandola mediante asfaltatura, si è risolta
nel senso radicale di asportare il terreno inquinato, operazione che risulta
allo stato eseguita ed accettata dalla P.A. , salvo le verifiche opportune in
sostanza affidate all’ARPA e i cui esiti, ove negativi, potranno eventualmente
essere oggetto di altra e distinta impugnazione. Ne consegue che ove anche il
ricorso mirasse a contestare l’imposizione di bonificare i suoli, se ne dovrebbe
rilevare in parte qua l’inammissibilità per carenza di interesse ovvero per
acquiescenza.
Come infatti si è visto, il contenuto lesivo delle determinazioni impugnate e
cioè, in sostanza, dell’ordine di disporre la bonifica di cui si è detto,
riguarda, dunque, ed esclusivamente, in via principale, la formaldeide (punto
6°a) e, in subordine (attribuendo al termine il valore che risulta dalla stessa
impostazione data in ricorso alle doglianze mosse) la sorte da riservarsi alle
acque di raffreddamento del pozzo n. 15 (6c).
Ciò detto, e venendo alla formaldeide, ritiene il Collegio che le doglianze
dedotte in proposito siano in parte fondate.
Premesso che in questa sede non è certo consentito mettere in dubbio la
possibilità che, in certe condizioni, l’esposizione a tale sostanza possa
costituire, specialmente se prolungata e/o di tipo professionale, un rischio, al
limite estremo anche mortale, per la salute umana (con ciò non potendosi
condividere quindi il radicale assunto secondo il quale la predetta sostanza,
che in natura si presenta allo stato gassoso, sarebbe fonte di pericolo soltanto
nell’aria e non nei suoli e nelle acque sotterranee, come invece si teme ex
adverso), appare certo comunque che, sul piano istruttorio e procedimentale le
misure adottate per contrastare il rischio di inquinamento da formaldeide nelll’area
di proprietà della società ricorrente non appaiono immuni da vizi.
In primo luogo ha buon gioco quest’ultima a sottolineare il fatto che la
conferenza di servizi del 15 dicembre del 2004 aveva approvato il piano di
caratterizzazione presentatole senza nulla eccepire sulla mancanza, tra gli
elementi da ricercare, della formaldeide, e ciò per quanto ovviamente il pur
severissimo responsabile della Direzione per la Qualità della Vita del Ministero
dell’Ambiente, nonché regista dei lavori delle conferenze di servizi previste
dalla legge, dovesse necessariamente sapere che la formaldeide costituisce
oggetto primario dell’attività produttiva svolta da alcuni decenni, con la
conseguenza che ben si sarebbe potuto, se non dovuto, includere semmai sin
dall’inizio tale sostanza, pur se non presa in considerazione dal DM 471/99
(circostanza questa che non appare peraltro ex sé priva di significato) tra
quelle da indagare nel piano di caratterizzazione: viceversa la P.A. soltanto a
mesi di distanza dalla approvazione del suddetto piano, e ciò in forza di un
fatto in qualche modo casuale se non anomalo, e cioè a seguito della sopra
ricordata generica e del tutto indiretta segnalazione del Comune di Trieste, ha
dato segno di percepire il problema, immediatamente investendone, come pure
ricordato, l’Istituto Superiore di Sanità, per poi pervenire, sentita anche
l’ARPA competente la quale pure in precedenza, come si afferma incontestatamente,
nulla aveva eccepito sui monitoraggi periodicamente effettuati al riguardo,
all’adozione della impugnata misura concernente ricerca, e, ove occorra,
disinquinamento e bonifica dei suoli e delle acque sottostanti dalla
formaldeide.
Ciò posto, occorre aggiungere, come rileva opportunamente parte ricorrente, che
del tutto inascoltate sono rimaste le due note di rimostranza sopra ricordate
dalla medesima inviate sia all’Istituto Superiore di Sanità che al suddetto
Responsabile della Direzione per la Qualità della vita, note con le quali, come
sopra si è ricordato, da un lato si sono opposte talune incertezze e
contraddizioni sia nella dottrina scientifica che nelle prescrizioni normative
in ordine al grado reale di pericolosità della formaldeide nei suoli e nelle
acque sotterranee, tra l’altro individuandosi nel parere dell’ISS un errore
marchiano nell’indicazione del punto di ebollizione (19 °C anziché -°19), per
non dire della denunciatà improprietà della disposta assimilazione
“comportamentale”, a giudizio dell’ISS, della formaldeide al benzene, e,
dall’altro, si è fatta valere l’ improvvido, tardivo (ed assai costoso, per la
società ricorrente) ripescaggio della formaldeide ad indagine di
caratterizzazione debitamente approvata dalla stessa P.A. ed ormai conclusa.
Si deve infatti osservare che, prima di determinarsi nel senso di imporre gli
oneri di un nuovo piano di caratterizzazione, la P.A. avrebbe dovuto darsi
carico (non a caso invocandosi da parte ricorrente l’art. 10 della L. n.
241/90), di rispondere alle puntuali e documentate contestazioni oppostele,
anziché trincerarsi dietro un assoluto silenzio, dimostrandosi in tal modo in
buona sostanza, come pure si conclude, l’insufficienza della attività
istruttoria compiuta e quindi dell’accertamento del reale grado di pericolosità
che la lavorazione della formaldeide (in atto, si ripete, da decenni) che ora, e
ora soltanto, ha portato all’adozione della impugnata misura.
Insufficienza di attività istruttoria, si conclude, che si può desumere anche
dalla circostanza per la quale, senza che, prima di recepire passivamente come
limiti di concentrazione cui pervenirsi in caso di necessità quelli individuati
dall’ISS e sopra ricordati, sia stato disposto alcun accertamento preventivo in
ordine al valore di fondo naturale della presenza in sito della formaldeide,
valore al quale viceversa si deve fare riferimento, ove superiore a quello
ottimale, in forza delle disposizioni contenute da un lato nell’art. 4, comma 2,
del DM n. 471/99 e dall’altro nell’art. 240, comma 1 lett. B) del D.L.vo n.
152/06 (essendo evidentemente incongruo pretendere una bonifica che il risultato
ottimale non potrà mai raggiungere).
Anche le doglianze avverso l’imposizione di avviare ad impianto autorizzato le
acque prelevate dal pozzo n. 15 (punto 6c) nell’esposizione che precede) sono
fondate.
Premesso, come sopra ricordato, che allo stato le suddette acque, utilizzate a
fini di raffreddamento, vengono restituite al mare dal quale provengono previa
specifica autorizzazione regionale, va qui precisato che la determinazione
impugnata trova fondamento nel fatto che agli esiti dei prelievi disposti in
attuazione del piano di caratterizzazione la concentrazione di due elementi,
boro e manganese, è risultata superiore ai limiti previsti dalla tabella “acque
sotterranee” dell’allegato 5 , parte IV, titolo V del D.L.vo n. 152/06.
Ciò posto, ha buon gioco in primo luogo la ricorrente a richiamare anche qui il
mancato preventivo accertamento del valore di fondo naturale degli elementi
considerati, assumendosi in proposito che le acque di mare, da cui provengono le
acque del pozzo in questione, possono a volte presentare valori di
concentrazione superiori a quelle previste come limite.
In secondo e determinante luogo, poi, appare condivisibile il richiamo a quanto
dispone l’art. 243 del D.L.vo n. 152/06 cit., ove espressamente si consente che
le acque emunte dalle falde sotterranee nell’ambito di interventi di bonifica
vengano scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in un ciclo
produttivo (come nel caso, a fini di raffreddamento) in acque superficiali,
ovviamente nel rispetto dei limiti di emissione delle acque reflue industriali.
E poiché, come si è sopra accennato, la società ricorrente è in possesso di
regolare autorizzazione regionale allo scarico a mare, nel rispetto, come
incontestatamente si afferma, dei limiti a tal fine previsti, che sono di gran
lunga più elevati di quelli richiamati dalla P.A. per le acque sotterranee (cfr.
il surrichiamato allegato 5, parte IV, titolo V del D.L.vo n. 152/06 con la
tabella 3 dell’allegato 4 parte III del medesimo D.L.vo, intitolata :valori
limite di emissione in acque superficiali e in fognatura e fedelmente
riproduttiva della analoga tabella contenuta nell’allegato 5 al D.Lvo n. 152/99
espressamente richiamato nelle premesse del decreto regionale di autorizzazione
allo scarico) la doglianza in esame deve ritenersi fondata.
In conclusione il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, deve essere
accolto, con annullamento delle impugnate determinazioni e con assorbimento di
ogni altra doglianza.
Considerata comunque l’estrema delicatezza delle questioni poste le spese
possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti indicati in
motivazione e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12/12/2007 con
l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente, Estensore
Lorenzo Stevanato, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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