AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

 

 

TAR FRIULI-VENEZIA GIULIA, Sez. I, 28 gennaio 2008, sentenza n. 84
 

V.I.A. - Procedura di screening - Finalità - D.P.R. 12 aprile 2006 - Profili di merito - Non sono ravvisabili. La cd. "procedura di screening” è essenzialmente diretta alla verifica se un determinato progetto compreso tra le tipologie indicate dall'Allegato B del D.P.R. 12 aprile 1996, da realizzarsi in un sito determinato, debba o meno essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale. La "procedura di screening” non afferisce a profili di merito, limitandosi a stabilire se in base ai dati ed alle informazioni forniti dal soggetto interessato sia possibile valutare la compatibilità ambientale del progetto, ovvero se occorra dar corso alla procedura di VIA. Pres. Borea, Est. Farina - F. s.r.l. (avv.ti Massaro e Miculan) c. Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia (avv. Di Danieli) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 28 gennaio 2008, n. 84

V.I.A. - D.lgs. n. 152/2006 - Modifiche normative - Procedimenti amministrativi in corso - Disciplina applicabile.
Con decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ("Norme in materia ambientale"), anche la disciplina della valutazione di impatto ambientale ha formato oggetto di modifica normativa, la cui operatività decorre dal 31.7.2007, come previsto dal decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito con legge 12 luglio 2006, n. 228, nonché dal decreto-legge n. 300 del 2006: fermi restando i procedimenti amministrativi in corso, soggetti alla normativa in vigore al momento della istanza iniziale da parte dell’interessato (art. 52, comma 2 del D. Lgs. n. 152 del 2006). Pres. Borea, Est. Farina - F. s.r.l. (avv.ti Massaro e Miculan) c. Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia (avv. Di Danieli) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 28 gennaio 2008, n. 84

V.I.A. - Divieto di aggravamento del procedimento - Art. 1 L. 241/1990 - Principio di proporzionalità - Applicabilità - Limiti.
Il divieto di aggravamento del procedimento, ex art. 1, comma 2, della legge n. 241/1990 risponde al principio di proporzionalità di derivazione comunitaria (articolo 5 del Trattato CE), secondo cui l'azione intrapresa non deve oltrepassare lo stretto necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito e rappresenta una specificazione dei criteri di economicità e di efficacia indicati dall'art. 1, comma 1, della medesima legge: esso, di certo, non è ravvisabile laddove è la legge stessa a richiedere tutta una serie di approfondimenti, di esami e di studi, in vista del perseguimento di finalità di interesse pubblico, come nel caso della procedura di VIA. Pres. Borea, Est. Farina - F. s.r.l. (avv.ti Massaro e Miculan) c. Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia (avv. Di Danieli) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I - 28 gennaio 2008, n. 84
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)


N. 00084/2008 REG.SEN.
N. 00328/2006 REG.RIC.
 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 328 del 2006, proposto da:
Friulcave Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Eliana Massaro, Maurizio Miculan, con domicilio eletto presso Eliana Massaro Avv. in Udine, via Ginnasio Vecchio 3;


contro


Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'Gianna Di Danieli, domiciliata per legge in Trieste, via Carducci 6;


per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del decreto del Direttore centrale dell'Ambiente e dei Lavori Pubblici n. ALP. 111-660-SCR 417 dd. 10.4.2006, nocchè delle correlate disposizioni regionali, della nota dd. 13.4.2006 Prot. ALP11/13190/SCR/417;.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21/11/2007 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


Con il presente gravame, rubricato al n. 328/06, la società FRIULCAVE s.r.l., con sede in località Casali Loreto a Codroipo (UD), in persona del legale rappresentante pro tempore Daniele Montesel, ha chiesto l’annullamento del decreto del Direttore centrale dell' Ambiente e dei Lavori Pubblici della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia ALP 111-660-SCR 417 del 10.4.2006.


Il decreto ha stabilito che il progetto riguardante I'ampliamento della cava di ghiaia denominata ”Parussini" sita in località Casali Loreto in Comune di Codroipo, presentato dalla ricorrente società, che era stata autorizzata alla attività di coltivazione della cava stessa con decreto regionale AMB/76-UD/CAV/25 dell’8.2.1007, va assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) di cui all'art. 5 e segg. del D.P.R. 12 aprile 1996 e delle correlate disposizioni regionali.


L’istante ha chiesto, altresì, la caducazione della nota del 13.4.2006, prot. ALP11/13190/SCR/417 e di ogni altro atto connesso, collegato e presupposto.


Va premesso che in data 21.2.2006 la attuale ricorrente società Friulcave s.r.l. di Codroipo ha presentato al Servizio per la Valutazione di Impatto Ambientale della Direzione Centrale dell' Ambiente e dei Lavori Pubblici della Regione Friuli Venezia Giulia una istanza per l'attivazione della procedura di verifica prevista dagli artt. 1 e 10 del citato D.P.R. 12 aprile 1996, in relazione ad un progetto di ampliamento della cava di ghiaia denominata "Parussini", sita in località Casali Loreto nel Comune di Codroipo.


La Direzione centrale ambiente e lavori pubblici, in data 22.2.2006, comunicava alla società Friulcave s.r.l. ed al Comune di Codroipo che, ai sensi dell'art. 13 della L.R. n. 7/2000, era stato avviato il procedimento concernente la verifica dell'assoggettabilità del progetto presentato alla procedura di VIA, a termini dell'art. 1, comma 6, dell'art. 10 e dell'allegato D del D.P.R. 12.4.1996.


In data 5.4.2006 si riuniva, ai sensi dell'art. 9 bis, comma 3 della L.R. n. 43/1990, la Commissione tecnico-consultiva per esaminare il progetto riguardante l'ampliamento della cava denominata "Parussini" con la relativa documentazione costituita da una relazione e dagli elaborati grafici: essa stabiliva che il progetto doveva essere assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli artt. 5 e ss. del D.P.R. 12.4.1996 e delle correlate disposizioni regionali, onde acquisire, attraverso specifici ed approfonditi studi ed esami, tutta una serie di dati che consentisse una puntuale valutazione dell’impatto ambientale dell'intervento proposto.


Il Direttore centrale ambiente e lavori pubblici, con decreto n. ALP .11-660 del 10.4.2006, dichiarava – con ciò recependo il parere espresso dalla Commissione tecnico-consultiva - che il progetto era da assoggettare alla procedura di VIA di cui agli artt. 5 e ss. del D.P.R. 12.4.1996 e delle correlate disposizioni regionali.


La ricorrente, a sostegno del gravame, ha dedotto tre mezzi, con i quali contesta la sottoposizione del progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale in quanto:


1) il progetto non rientrerebbe nell'allegato A del D.P.R. 12.4.1996, dato che non supererebbe i limiti stabiliti al punto sub q);
2) l'area interessata dal progetto non ricadrebbe all'interno di aree naturali protette, come definite daIla legge 6 dicembre 1991, n. 394;
3) l'area interessata dal progetto non ricadrebbe entro territori coperti da bosco e non sarebbe sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale, ai sensi dell'art. 146, comma 1 del D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490;
4) l'area interessata dal progetto non ricadrebbe in zona sottoposta a vincolo idrogeologico di cui al R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267 e sarebbe collocata al di fuori di aree di reperimento o di aree di rilevante interesse ambientale, definite dalla L.R. 30 settembre 1996, n. 42 (riguardante “Norme in materia di parchi e riserve naturali regionali") e di siti d interesse comunitario (SIC).


Si è costituita in giudizio l’intimata Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del gravame.


Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 21.11.2007.


Il ricorso è volto alla caducazione del decreto del Direttore centrale dell'ambiente e dei lavori pubblici n. ALP 11-660-SCR417 del 10.4.2006, avente ad oggetto la verifica positiva dell'assoggettabilità alla procedura di V.I.A. del progetto riguardante l'ampliamento della cava "Parussini" sita in località Casali Loreto in Comune di Codroipo, della nota del 13.4.06 ALP11/13190/SCR/417, nonché di ogni altro atto collegato e presupposto.


Ragioni di economia processuale inducono il Collegio ad esaminare congiuntamente tutti i mezzi.


Conviene prendere le mosse dal provvedimento impugnato.


Esso è così testualmente formulato:
“DECR. N. ALP.11 - 660 -SCR 417
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
DIREZIONE CENTRALE AMBIENTE E LAVORI PUBBLICI
Oggetto: verifica di assoggettabilità alla VIA del progetto riguardante l'ampliamento della cava denominata "Parussini" in località Casali Loreto in Comune di Codroipo per un volume di 1.250.000 mc. –Proponente: Friulcave srl – Codroipo.
IL DIRETTORE CENTRALE
[……]
VISTA la domanda pervenuta in data 21 febbraio 2006 presentata dalla Friulcave srl di Codroipo per l'attivazione della procedura di verifica di cui ai commi 6 e 9 dell’art. 1, all'art. 10, nonché all’AIlegato D del D.P.R. 12 aprile 1996, relativamente al progetto riguardante l'ampliamento della cava denominata "Parussini" sita in località Casali Loreto in Comune di Codroipo;
VISTA la nota prot. ALP.11/709 dd. 22/02/2006, con la quale è stato avviato il procedimento di verifica di assoggettabilità alla VIA di cui al D.P.R. 12 aprile 1996, nota inviata Friulcave srl ed al Comune di Codroipo e al Servizio geologico della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici;
VISTO il parere n. SCR/17/2006 del 05 aprile 2006 della Commissione Tecnico Consultiva VIA, dal quale in particolare risulta che la medesima Commissione ha espresso parere che il progetto in argomento sia da assoggettare alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all’art. 5 e seguenti del menzionato D.P.R. 12 aprile 1996 e delle correlate disposizioni regionali;
RILEVATO che, come indicato dalla precitata Commissione nel suddetto parere risulta necessario:
a) in relazione alle modificazioni della situazione idrodinamica fra falda e fiume Tagliamento connessa ai diversi regimi idrometrici del fiume medesimo (con particolare riferimento alle condizioni di morbida e di piena del Tagliamento), sia dimostrata in maniera documentata la non interferenza fra la falda interessata delle attività in progetto ed il corpo idrico del quale viene effettuato il prelievo idropotabile presso Biauzzo;
b) vengano effettuati specifici e dettagliati approfondimenti in ordine all'entità dell'escursione idrica dello specchio acqueo (messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto), nonché alle durate attese dei livelli massimi e dei livelli i minimi ed ai correIati gradienti rispetto al tempo, in modo da individuare anche eventuali criticità per quanto attiene in particolare alla stabilità delle sponde (erosioni superficiali, dilavamenti, scoscendimenti, conseguenti impatti, oneri e modalità di messa in ripristino);
c) sia dimostrata, attraverso puntuali ed idonee analisi, le fattibilità, la sostenibilità e la vita utile attesa dei ripristini ambientali proposti in relazione alle escursione dei livelli di falda all'interno dell'area di cava, con indicazione della criticità e dei provvedimenti eventuali occorrenti al riguardo, nonché degli impatti connessi;
d) sia individuata, in maniera specifica ed approfondita, l'idoneità del ripristino ambientale proposto in corrispondenza della porzione del terreno alternativamente interessata da emersione e da sommersione in conseguenza alla variazione dei livelli idrici dello specchio acqueo messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto, anche al fine di individuare il grado di tenuta del ripristino stesso rispetto al tempo, le azioni e gli oneri eventualmente occorrenti per il suo mantenimento, nonché gli impatti connessi;
e) in relazione agli impatti potenzialmente connessi con l'iniziativa in argomento, ai benefici ottenibili ed ai costi ambientali connessi, venga seguito un procedimento di evidenza pubblica, perseguibile attraverso la procedura di valutazione di impatto ambientale, allo scopo di poter conoscere i pareri delle Autorità e del pubblico interessati;
f) che, di conseguenza, il progetto in argomento sia sottoposto a VIA;
RITENUTO, in relazione alle specifiche motivazioni riportate nel precitato parere, di recepire integralmente nel presente provvedimento quanto proposto dalla suddetta Commissione con il parere stesso;
RITENUTO pertanto che il progetto in argomento debba essere assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all'art 5 e seguenti del menzionato D.P.R. 12 aprile 1996 e delle correlate disposizioni regionali;
VISTO l'art. 10 del ricordato D.P.R. 12 aprile 1996;
RITENUTO opportuno precisare che il presente provvedimento sia inviato, a cura del Servizio VIA della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici, non solo al proponente, ma anche al Comune territorialmente interessato ed al Servizio geologico della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici;
VISTO il Regolamento di organizzazione dell'Amministrazione Regionale e degli Enti Regionali - approvato con decreto del Presidente della Regione 27 agosto 2004, n. 0277/Pres, modificato con decreto del Presidente della Regione 21 aprile 2005, n. 0110/Pres, rettificato con avviso pubblicato sul BUR n. 17 del 27 aprile 2005, SS. n. 11 - che attribuisce la competenza in materia al Servizio valutazione impatto ambientale della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici;
VISTO l'art. 9 bis della predetta LR. 43/1990;
VISTO l'art. 26, comma 4, della LR. 17 febbraio 2004, n. 4;
DECRETA
Per le motivazioni sopra esposte, il progetto riguardante l'ampliamento della cava denominata "Parussini" sita in località Casali Loreto in Comune di Codroipo - presentato dalla Friulcave srl di Codroipo – è da assoggettare al!a procedura di VIA di cui all'art. 5 e seguenti del D.P.R. 12 aprile 1996 e delle correlate disposizioni regionali.
Il presente provvedimento viene redatto in doppio originale di cui uno verrà inviato al proponente a cura del Servizio VIA della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici ed uno rimarrà acquisito agli atti d'ufficio.
Copia del presente decreto sarà inviato, a cura del predetto Servizio VIA, al Comune di Codroipo ed al Servizio geologico della Direzione centrale ambiente e lavori pubblici.
Trieste, 10 APR. 2006
IL DIRETTORE CENTRALE
dott. Franco Scubogna”

Come si è visto, il provvedimento impugnato si fonda essenzialmente sul parere della Commissione Tecnico Consultiva VIA n. SCR/17/2006 del 5 aprile 2006, fatto proprio dal Direttore centrale dell’ambiente e lavori pubblici.


Non sembra superfluo trascrivere qui di seguito i passaggi salienti di questo parere.


La Commissione si è così espressa:


“[……]
LA COMMISSIONE
VISTA la domanda pervenuta in data 21 febbraio 2006 presentata dalla Friulcave srl per l'attivazione, in relazione all'iniziativa in oggetto indicata, della procedura di verifica di cui ai commi 6 e 9 dell'art, 1, dall'art 10, nonché dall'Allegato D del DPR 12 aprile 1996 (atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art, 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, modificato ed integrato con DPCM 3 settembre 1999, concernente il recepimento delle Direttive Comunitarie 85/337/CEE e 97/11/CE);
“[……]
RILEVATO che il progetto in argomento riguarda l'ampliamento e il miglioramento degli interventi di riassetto ambientale di una cava di ghiaia in Comune di Codroipo. Tale cava è attualmente in coltivazione con autorizzazione del Decreto regionale n° 76/UD/CAV/25 del 8 febbraio 1997 con scadenza a febbraio 2009 ed è del tipo a fossa con profondità media di 65 m dal p.c.
Il progetto di escavazione prevede un'area complessiva da autorizzare pari a 163.000 m2, che comprende l'area del secondo e terzo lotto della cava attuale più un ampliamento pari a 66.300 m2. Il progetto di ripristino ambientale, oltre all'area di escavazione, comprende anche un'area di 26200 m2 già autorizzata a discarica di inerti, ma mai utilizzata, corrispondente al primo lotto del Decreto vigente.
Il proponente prevede di scavare un volume di materiale pari a circa 1.250.000 m3 per la durata di 15 anni suddivisi in tre fasi, raggiungendo una quota massima di 25 m slm. pari a circa 25 m al di sotto del pc Nella seguente tabella sono riportati i dati relativi ai volumi di materiale movimentato. Parte di tale materiale verrà riutilizzato per i ripristini (terreno e frazione limo-sabbiosa di scarto). Nel corso delle singole fasi la superficie interessata dai lavori presenta una parziale sovrapposizione (*), pertanto il totale della tabella si riferisce ai 163.000 m2 dell'area di scavo sommati ai 26.200 m2 della zona a discarica.
[……]
Il progetto in oggetto prevede interventi di scavo e contemporaneo riporto di parte del materiale per creare, alla fine dei lavori, un'area che comprenderà un bacino lacustre perennemente allagato, su di una superficie massima di circa 80.000 m2 in condizioni di massimo livello di falda, e zone circostanti con diversi tipi di vegetazione al di sopra della quota massima di falda. Il terreno superficiale di scotico rimosso verrà accantonato in cumuli di altezza massima pari a 2 m sul piazzale di fondo cava e riposizionato in sede di ripristino.
Nel corso della prima fase verrà estratto materiale al di sotto della quota di falda su una superficie di 22.500 m2 e al di sopra della stessa su una superficie di 81.000 m2. Nel contempo, tramite l'utilizzo di parte del materiale estratto, verrà realizzato un argine di mascheramento nella zona meridionale dell'area, con altezza variabile di 3 -;- 5 m, in modo da separare l'area di coltivazione dalla zona utilizzata per deposito di inerti. In questa fase inoltre verrà rimodellata e ripristinata la zona nord orientale dell'area di cava e parte della zona attualmente autorizzata a discarica il cui fondo verrà innalzato di circa 2 m rispetto all'attuale pc (circa 47 m s.l.m.) La pendenza delle scarpate circumlacuali sarà di 15° e di 28° per le scarpate che rimarranno sommerse dall'acqua.
Nel corso della seconda fase si continuerà l'estrazione del materiale al di sotto della falda su una superficie di 28.600 m2 e verrà completato l'argine di mascheramento meridionale verso Ovest. Il pioppeto esistente verrà completamente rimosso. Parallelamente ai lavori di scavo, tramite l'utilizzo di parte del materiale estratto, verrà rimodellata e ripristinata la zona meridionale dell'area di cava. La pendenza delle scarpate realizzate in questa seconda fase rimarrà invariata rispetto alla prima fase. Nel corso della terza fase verrà completata l'estrazione del materiale al di sotto della falda su una superficie di 29.000 m2. Alla fine dell'escavazione verrà completato il ripristino ambientale delle aree interessate dall'attività di escavazione e dell'area autorizzata a discarica.
[……]
I ripristini previsti dal progetto in oggetto avverranno contestualmente alle operazioni di scavo e si articoleranno in tre fasi con la creazione di diverse fasce di vegetazione attorno al bacino lacustre che si verrà a formare con l'asporto del materiale ghiaioso. Le diverse tipologie vegetazionali avranno una diversa composizione specifica adeguata alle condizioni di saturazione del suolo, quindi in funzione dell'altezza del terreno rispetto alla quota di falda e alla distanza dalle sponde del bacino lacustre.
[……]
La zona di intervento è classificata come zona 04 dal PRGC di Codroipo approvato in data 3 agosto 2004. Il sito in oggetto non è soggetto a vincolo idrogeologico nè a vincolo paesaggistico.
In prossimità del margine settentrionale dell'area si trova un oleodotto militare e nell'area a sud della cava, dove è previsto il deposito di materiale, c'è un elettrodotto delle Ferrovie dello Stato.
L'area è caratterizzata dalla presenza del materasso alluvionale dell'alta pianura costituito da stratificazioni ghiaiose sciolte o cementate con la presenza di alcuni livelli argillosi nei primi 60 m di profondità. Lo strato di terreno vegetale ha una potenza pari a 30-35 cm. La cava si inserisce in un contesto essenzialmente agricolo con presenza di poche siepi e alberature. L'area si trova circa 400 m ad est dall'argine sinistro del Tagliamento, ma non è situata in area esondabile. A nord-est, a circa 200 m, si trova la zona industriale di Pannellia mentre l'edificio civile più vicino al perimetro di cava si trova a 60 m, sempre in direzione N-E.
Situazione idrogeologica
Nella situazione attuale il fondo cava viene a trovarsi sommerso per circa 1 m in alcuni periodi dell'anno (aprile-maggio e ottobre-dicembre) Infatti il fondo cava si trova a quota 47 m s.l.m. mentre la falda, nelle condizioni di massimo storico, raggiunge una quota di 4930 m s.l.m. Per tale motivo il proponente ha presentato un approfondito studio idrogeologico della zona per ottemperare a quanto richiesto dal parere n. 23/3/2000 del 12 dicembre 2000 del Comitato Tecnico Regionale, Sezione III relativo agli scavi in prossimità della falda freatica. A tale scopo il proponente ha realizzato 3 sondaggi interni alla zona di cava. Due di questi (P1 e P2), a carotaggio continuo, si sono spinti rispettivamente fino alla profondità di 46 m e 48.3 m dal p.c. Il terzo pozzo (P3), a distruzione di nucleo, ha raggiunto i 132 m dal pc. Oltre a questi tre pozzi il proponente ha riattivato un pozzo nella zona degli impianti (PO). Dalle stratigrafie (riportate in relazione dal proponente) si riscontra la presenza di più di un livello argilloso compreso tra strati di sabbia e ghiaia. Fino a circa 40 m dal p.c. c'è un'alternanza di strati di ghiaia e ghiaia limosa cui segue un primo strato di argilla che presenta una notevole continuità. Dal sondaggio più profondo si nota la presenza di livelli di argilla a profondità superiori agli 80 m dal pc. Tali strati trovano corrispondenza con i dati relativi a due pozzi profondi posti a Sud-Est dell'area di cava, nei pressi di Codroipo
Una volta realizzati i sondaggi, i fori sono stati attrezzati a pozzi piezometrici al fine di acquisire una serie di informazioni per caratterizzare le falde sottostanti. Il proponente ha eseguito, e allegato alla documentazione agli atti, misure di portata, misure sulla direzione del flusso di falda e misure sul livello freatico.
Dai dati forniti dal proponente si evince che fino alla profondità di 132 m dal pc (P3) non sono stati riscontrati livelli artesiani. Il proponente afferma, pertanto, che la falda artesiana si trova al di sotto di tale profondità ed è protetta da livelli di argilla che presentano una continuità areale desumibile anche dai dati stratigrafici di pozzi limitrofi presenti nel Catasto Regionale dei Pozzi.
Dalle misure della direzione di flusso, portate a termine con un correntometro termico a profondità di 15 m (P2), 36 m (P1) e 125 m (P3), e dalle estrapolazioni per triangolazione dei dati del livello freatico nei pozzi della cava e di alcuni pozzi esterni, il proponente ha desunto che la direzione di deflusso prevalente è NNE-SSO con tendenza alla rotazione verso la direzione N-S nei periodi di minor ricarica della falda In condizioni di piena tale direzione è NNO-SSE. Lo studio dell'andamento della falda e lo studio delle condizioni freatiche hanno evidenziato, quindi, che le prese dell'acquedotto di Biauzzo, posto a circa 3 km a Sud - Est dell'area di cava, non vengono interessate da acque che passano nella zona di cava.
L'accesso all'area di cava ed agli impianti avviene attraverso la strada comunale che si immette sulla SS 463 "del Tagliamento" poco a Sud dell'area industriale. L'impianto ha una capacità di produzione di 200.000 m3 annui che, attualmente, vengono conferiti per mezzo di 61 camion al giorno, con portata media di 15 m3, provenienti da Nord (55) e da Est (6). Il materiale lavorato viene portato, sempre per mezzo di camion, sia a impianti di lavorazione per confezionamento di prodotti finiti sia a vari cantieri di impiego. Il traffico in uscita risulta di 61 mezzi, 18 dei quali percorrono un breve tratto fino all'impianto di asfalto nella vicina zona industriale. Con l'attivazione della cava parte del materiale in ingresso all'impianto proverrà dalla cava stessa e il proponente stima un traffico in ingresso di materiale pari a 38 camion al giorno, di cui 34 provenienti da Nord e 4 da Est. Il traffico in uscita rimarrà invariato;
RILEVATO inoltre che i conseguenti impatti ambientali possono essere così riassunti
Utilizzazione di risorse naturali -
Le risorse naturali consumate sono rappresentate dal materiale ghiaioso e sabbioso scavato. L'attività di scavo non prevede un consumo di energia elettrica, mentre è previsto una approvvigionamento idrico per irrorare la parte di cantiere interessata dal passaggio dei mezzi di trasporto, al fine di attenuare la diffusione delle polveri nei periodi più siccitosi.
Produzione di rifiuti
Non è previsto lo smaltimento di alcun rifiuto all'interno della cava. La manutenzione periodica dei mezzi verrà effettuata nell'apposita officina in prossimità degli impianti di lavorazione e i rifiuti assimilabili ad urbani verranno smaltiti secondo quanto previsto dalla normativa di settore.
Per quanto riguarda l'area autorizzata a discarica limitrofa all'area di escavazione, il proponente ha dichiarato di rinunciare in via definitiva all'attivazione della discarica e la Provincia ha richiesto il piano di recupero dell'area.
Inquinamento e disturbi ambientali
I potenziali impatti sull'ambiente potranno essere causati dalle interferenze derivate dall’ attività di estrazione.
Aria: La produzione di potenziali inquinanti atmosferici è riconducibile essenzialmente all’ attività dei mezzi d'opera utilizzati nell'allestimento del cantiere e in fase di esercizio e riguarda la movimentazione di polveri e l'emissione di gas di scarico. Un ulteriore contributo all'inquinamento atmosferico deriverà dal traffico degli automezzi pesanti utilizzati per il trasporto del materiale.
La direzione prevalente del vento è NE-SO ed in tale direzione si trova il greto del Tagliamento mentre i centri abitati più vicini sono posti a circa 6 km di distanza. Per limitare l'innalzamento di polvere causato dagli automezzi lungo la strada di accesso cava verrà ridotta la velocità e si provvederà a bagnare la sede stradale durante i periodi più secchi mediante l'impiego di un'autobotte. La realizzazione dell'argine con piantumazione di essenze arboree ed il mantenimento delle siepi perimetrali limiteranno la propagazione delle polveri all'esterno dell'area di cava.
Ambiente idrico: La situazione attuale con scavo a quota 47 m s.lm comporta che, per alcuni periodi dell'anno con l'innalzamento della quota di falda, l'area di fondo cava venga allagata con conseguente rischio di inquinamento. Gli interventi proposti nel progetto in oggetto, invece, prevedono la realizzazione di argini perimetrali che determineranno una riduzione del inquinamento dell'acqua di falda derivato dal ruscellamento delle acque meteoriche provenienti dalle zone circostanti (area industriale e zone agricole).
Il rischio di inquinamento permane nel periodo di escavazione nel caso si verifichino sversamenti accidentali di contaminanti (olio e carburanti dei mezzi d'opera). Per prevenire tali eventi verrà effettuata periodicamente la manutenzione dei mezzi e le operazioni di rabbocco dei serbatoi saranno effettuate esternamente al luogo di intervento.
Inoltre in relazione al rischio di contaminazione della falda il proponente ha presentato un dettagliato studio idrogeologico della zona, per ottemperare a quanto richiesto dal parere n. 23/3/2000 del 12 dicembre 2000 del Comitato Tecnico Regionale, Sezione III relativo agli scavi in prossimità della falda freatica, dal quale si evince che fino a quota 132 m da pc non sono state rilevate falde artesiane e che il flusso prevalente della falda interessata dai lavori di scavo risulta in direzione NNE-SSO, non andando quindi ad interferire con le prese dell'acquedotto di Biauzzo, posto a circa 3 km a Sud - Est dell'area di cava. Alla fine dei lavori i rischi di contaminazione della falda saranno all'impermeabilizzazione, tramite stesura di uno strato di limo, delle zone che si ritroveranno a quota superiori alla massima quota della falda.
Suolo: l'impatto deriva dal fatto che il prelievo del materiale litoide si configura come una carattere definitivo e non rinnovabile. Il proponente prevede di realizzare i ripristini riportando esclusivamente il terreno scoticato e parte del materiale estratto in modo da creare delle scarpate per le quali sono state elaborate le relative verifiche di stabilità. Un ulteriore rischio di contaminazione del suolo e della falda sottostante potrebbe derivare dall'utilizzo di letame e dei concimi chimici sul terreno vegetale. In totale verranno apportati 150 kg N/ha, che risulta inferiore ai 340 kg N/ha, valore assimilabile alle acque reflue domestiche sensi del comma 7, art. 28 del D. Lgs. 152/1999.
Vegetazione e flora: L'impatto sulla vegetazione esistente è molto limitato in quanto la zona interessata dall'ampliamento è essenzialmente di tipo ruderale mentre all'interno deIla cava i ripristini, finalizzati all'utilizzo agricolo, non comprendono elementi vegetazionali di particolare interesse. Inoltre va ricordato che la zona inerbita e la zona a pioppeto sul fondo cava sopportano male i prolungati periodi di sommersione dovuti all'emergenza della falda e che pertanto a lungo termine tali interventi di ripristino risultano inadatti a queste particolari condizioni ambientali. Gli interventi di recupero ambientale previsti dal progetto in oggetto invece avranno un effetto migliorativo sulla componente vegetazionale in quanto prevedono la creazione di serie di ambienti diversificati disposti a mosaico attorno alle rive del bacino lacustre.
Verranno infatti ricreati nuclei di vegetazione ad alto fusto tipica delle zone umide con terreni saturi d'acqua e di zone più elevate rispetto al livello di falda in cui possono preferibilmente piante più adattate a condizioni xeriche.
Fauna: nella zona della cava e degli immediati dintorni, caratterizzati da intense attività agricole e industriali, il patrimonio faunistico non risulta di particolare rilievo. Le attività di progetto determineranno un disturbo localizzato, in una zona già interessata da escavazione, deposito materiali e conferimento degli stessi agli impianti di trattamento. La fauna presente potrà comunque spostarsi nelle aree adiacenti che presentano caratteristiche simili a quella interessata dalla cava. Gli interventi di recupero ambientale, con la creazione di diversi tipi di vegetazione e quindi di diverse nicchie ecologiche, avranno un effetto positivo sulla componente faunistica favorendo la presenza, il transito e potenzialmente anche la riproduzione di diverse specie.
Rumore e vibrazioni: Il rumore e le vibrazioni verranno prodotti dai mezzi d'opera all'interno della cava e dagli automezzi utilizzati per il trasporto del materiale. Gli impatti sono limitati in considerazione del fatto che la cava è di tipo a fossa e che nelle immediate vicinanze è la zona industriale di Pannellia. Il proponente afferma che non vi sarà un aumento dell’intensità sonora rispetto alla situazione attuale. La realizzazione dell'argine con piantumazione di arboree avrà anche una funzione fonoassorbente.
Paesaggio: In fase di attività di cava gli effetti sul paesaggio saranno estremamente limitati in quanto si tratta di una cava in pianura di tipo a fossa, e anche perché la zona di intervento si trova in posizione defilata e mascherata da siepi perimetrali rispetto al sistema viario. Gli interventi di risistemazione ambientale sono mirati alla ricostruzione di un'area pregiata sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista paesaggistico. Le diverse tipologie vegetazionali proposte creeranno un paesaggio articolato che con la creazione di sentieri potrebbe essere piacevolmente fruibile nel caso venisse permesso il libero accesso all'area una volta terminati i lavori.
Traffico mezzi: In fase di esercizio usciranno giornalmente dagli impianti 61 automezzi per il trasporto del materiale, lo stesso numero di automezzi che escono attualmente dagli impianti. Per quanto riguarda il traffico in ingresso agli impianti, il numero di camion attuali è pari a 61, con l'attivazione della cava tale numero si ridurrebbe a 38 camion al giorno perché parte del materiale lavorato proverrebbe dalla cava limitrofa. Gli automezzi percorreranno principalmente una viabilità di tipo statale, in quanto dopo un breve tratto di strada comunale asfaltata che porta agli impianti e alla cava, si immetteranno sulla S.S. n. 463 "del Tagliamento" e da qui proseguiranno in diverse direzioni. I mezzi che andranno in direzione sud si immetteranno sulla S.S. n. 13 "Pontebbana".
Rischio di incidenti
Rischio ambientate: eventuali sversamenti di materiale dalle macchine operatrici.
Rischio per gli operatori connessi all'utilizzo delle macchine operanti nel cantiere. Per prevenire gli infortuni verranno prese tutte le misure atte ad eliminare tutti i possibili rischi statisticamente più frequenti nell'attività di cava;
RILEVATO che - sulla base della tabella "check list degli impatti" di cui alla Relazione istruttoria redatta dal Servizio Via della Direzione ambiente e lavori pubblici - gli impatti ambientali dell'iniziativa in argomento e le valutazioni in merito possono essere così riassunti:
[……]
RILEVATO che risulta necessario:
a) in relazione alle modificazioni della situazione idrodinamica fra falda e fiume Tagliamento connessa ai diversi regimi idrometrici del fiume medesimo (con particolare riferimento alle condizioni di morbida e di piena del Tagliamento), sia dimostrata in maniera documentata la non interferenza fra la falda interessata delle attività in progetto ed il corpo idrico del quale viene effettuato il prelievo idropotabile presso Biauzzo;
b) vengano effettuati specifici e dettagliati approfondimenti in ordine all'entità dell'escursione idrica dello specchio acqueo (messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto), nonché alle durate attese del livelli massimi e dei livelli i minimi ed ai correIati gradienti rispetto al tempo, in modo da individuare anche eventuali criticità per quanto attiene in particolare alla stabilità delle sponde (erosioni superficiali, dilavamenti, scoscendimenti, conseguenti impatti, oneri e modalità di messa in ripristino);
c) sia dimostrata, attraverso puntuali ed idonee analisi, le fattibilità, la sostenibilità e la vita utile attesa dei ripristini ambientali proposti in relazione alle escursione dei livelli di falda all'interno dell'area di cava, con indicazione della criticità e dei provvedimenti eventuali occorrenti al riguardo, nonché degli impatti connessi;
d) sia individuata, in maniera specifica ed approfondita, l'idoneità del ripristino ambientale proposto in corrispondenza della porzione del terreno alternativamente interessata da emersione e da sommersione in conseguenza alla variazione dei livelli idrici dello specchio acqueo messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto, anche al fine di individuare il grado di tenuta del ripristino stesso rispetto al tempo, le azioni e gli oneri eventualmente occorrenti per il suo mantenimento, nonché gli impatti connessi;
e) in relazione agli impatti potenzialmente connessi con l'iniziativa in argomento, ai benefici ottenibili ed ai costi ambientali connessi, venga seguito un procedimento di evidenza pubblica, perseguibile attraverso la procedura di valutazione di impatto ambientale, allo scopo di poter conoscere i pareri delle Autorità e del pubblico interessati;
f) che, di conseguenza, il progetto in argomento sia sottoposto a VIA;
[……]”.


Questi i passaggi salienti del parere della Commissione Tecnico Consultiva VIA n. SCR/17/2006 del 5 aprile 2006 fatto proprio – ripetesi - dal Direttore centrale dell’ambiente e lavori pubblici.


Ciò posto, è d’uopo prendere le mosse dal quadro normativo di riferimento.


La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), introdotta originariamente nell'ordinamento dalla Direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985, poi modificata dalla Direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 e dalla Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003, è stata recepita a livello nazionale dal D.P.R. 12 aprile 1996, recante: "Atto di indirizzo e di coordinamento in materia di valutazione di impatto ambientale".


Questo decreto ha demandato il concreto recepimento dell'Allegato Il della Direttiva comunitaria alle Regioni e Province Autonome, che hanno adottato al riguardo proprie leggi, attenendosi alle linee generali di attuazione contenute nell'Atto di indirizzo.


La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, alla stregua delle proprie competenze statutarie, ha disciplinato la valutazione di impatto ambientale, in attuazione della normativa comunitaria e di quella statale, con la L.R. 7 settembre 1990, n. 43 e con il relativo regolamento di esecuzione, approvato con DPGR n. 245/Pres. dell'8 luglio 1996.


La legge regionale ha individuato gli ambiti di applicazione della procedura di verifica (screening) o di VIA per i progetti di opere od interventi elencati negli appositi allegati, attribuendo alla Regione lo svolgimento dei procedimenti relativi: in base al complessivo quadro normativo di riferimento, sono sottoposti a procedura di VIA tutti i progetti di opere elencati negli allegati A e B del DPR 12 aprile 1996 e del DPCM 3 settembre 1999, aventi rilevanza regionale; rimangono, invece, di competenza statale (e, precisamente, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio) i progetti di opere previsti dalla L. 8 luglio 1986, n. 349, dal DPCM 10 agosto 1988, n. 377 e dal DPCM 27 dicembre1988. Sono, poi, sottoposti a VIA regionale i progetti di interventi che interessano le aree sensibili di cui all'art. 5 del richiamato Regolamento approvato con DPGR n. 245/Pres. dell'8 luglio 1996, sia in relazione alle tipologie indicate negli Elenchi del Regolamento medesimo, sia in relazione alle tipologie indicate nell'Allegato A del D.P.R. 12 aprile 1996 (questa situazione si verifica, in particolare, quando un intervento interessa un Sito di Importanza Comunitaria: in questo caso, viene attivata in modo contestuale la procedura della valutazione di incidenza).


Detto questo, va ricordato che l'art. 5, comma 1, lett. b) della L.R. n. 43 del 1990 riguarda i "progetti delle opere, e delle loro modifiche, individuate secondo le categorie e le soglie di cui all' articolo 6, owero localizzate nelle aree sensibili ...".


Il successivo articolo 6, come sostituito dall'art. 18, comma 31 della L.R. n. 13/2002, con riferimento alle categorie e soglie, afferma, poi, che le opere suddette "devono appartenere alle categorie indicate dagli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 settembre 1996, n. 210, e superare, ove previste, le relative soglie"; nel caso in cui la tipologia di intervento sia ricompresa nell'Allegato 8 del predetto D.P.R. 12 aprile 1996, vanno attivate in parallelo le procedure di "screening" e di valutazione di incidenza.


La procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA (screening) è espressamente prevista dal D.P.R. 12 aprile 1996, all'art. 1, comma 6, il quale dispone che: "Per i progetti elencati nell'allegato B, che non ricadono in aree naturali protette, l'autorità competente verifica, secondo le modalità di cui all'art. 10 e sulla base degli elementi indicati nell'allegato D, se le caratteristiche del progetto richiedono lo svolgimento della procedura di valutazione d'impatto ambientale".


L'articolo 10 del suddetto D.P.R. disciplina la procedura di verifica per tali progetti, stabilendo che: "Le informazioni che il committente o l'autorità proponente deve fornire per la predetta verifica riguardano una descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull'ambiente. L'autorità competente si pronuncia entro i successivi sessanta giorni sulla base degli elementi di cui all'allegato D, individuando eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti e monitoraggio delle opere e/o degli impianti. Trascorso il termine suddetto, in caso di silenzio dell'autorità competente, il progetto si intende escluso dalla procedura."


In modo analogo, l'art. 9 bis della L.R. n. 43/1990 così recita: "I progetti delle nuove opere appartenenti alle categorie e soglie, di cui all'allegato B del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 e successive modificazioni, nonché le modifiche dei progetti relativi a opere esistenti, sono sottoposti a procedura di verifica", sulla base di "una dettagliata descrizione del progetto e i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che l'esecuzione dell'intervento può avere sull'ambiente” (commi 1 e 2).


L'art. 9 bis stabilisce, inoltre, che: "Il direttore regionale dell'ambiente, entro sessanta giorni a decorrere dalla data di presentazione della descrizione di cui al comma 2, previo parere della Commissione tecnico-consultiva VIA di cui all'articolo 22, dispone l'applicazione al progetto della procedura di VIA o l'esclusione della medesima, con o senza prescrizione per la mitigazione degli impatti e monitoraggio delle opere. Trascorso inutilmente il termine di sessanta giorni, il progetto si intende escIuso dalla procedura di VIA" (comma 3).


In buona sostanza, la cd. "procedura di sceening” è essenzialmente diretta alla verifica se un determinato progetto compreso tra le tipologie indicate dall'Allegato B del suddetto decreto, da realizzarsi in un sito determinato, debba o meno essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale.


La "procedura di sceening” – occorre puntualizzare - non afferisce a profili di merito, limitandosi a stabilire se in base ai dati ed alle informazioni forniti dal soggetto interessato sia possibile valutare la compatibilità ambientale del progetto, owero se occorra dar corso alla procedura di VIA.


Non sembra inutile aggiungere che con decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ("Norme in materia ambientale"), anche la disciplina della valutazione di impatto ambientale ha formato oggetto di modifica normativa, la cui operatività decorre dal 31.7.2007, come previsto dal decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito con legge 12 luglio 2006, n. 228, nonché dal decreto-legge n. 300 del 2006: fermi restando i procedimenti amministrativi in corso, soggetti alla normativa in vigore al momento della istanza iniziale da parte dell’interessato (art. 52, comma 2 del D. Lgs. n. 152 del 2006: “i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, nonché i procedimenti per i quali a tale data sia già stata formalmente presentata istanza introduttiva da parte dell'interessato, si concludono in conformità alle disposizioni ed alle attribuzioni di competenza in vigore all'epoca della presentazione di detta istanza").


Se quello sopra esposto è il quadro fattuale e normativo della fattispecie in esame, le prospettazioni attoree non meritano ingresso.


Come si è visto, l’impugnato decreto stabilisce che è necessario:


“a) in relazione alle modificazioni della situazione idrodinamica fra falda e fiume Tagliamento connessa ai diversi regimi idrometrici del fiume medesimo (con particolare riferimento alle condizioni di morbida e di piena del Tagliamento), sia dimostrata in maniera documentata la non interferenza fra la falda interessata delle attività in progetto ed il corpo idrico del quale viene effettuato il prelievo idropotabile presso Biauzzo;
b) vengano effettuati specifici e dettagliati approfondimenti in ordine all'entità dell'escursione idrica dello specchio acqueo (messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto), nonché alle durate attese del livelli massimi e dei livelli i minimi ed ai correIati gradienti rispetto al tempo, in modo da individuare anche eventuali criticità per quanto attiene in particolare alla stabilità delle sponde (erosioni superficiali, dilavamenti, scoscendimenti, conseguenti impatti, oneri e modalità di messa in ripristino);
c) sia dimostrata, attraverso puntuali ed idonee analisi, le fattibilità, la sostenibilità e la vita utile attesa dei ripristini ambientali proposti in relazione alle escursione dei livelli di falda all'interno dell'area di cava, con indicazione della criticità e dei provvedimenti eventuali occorrenti al riguardo,nonché degli impatti connessi;
d) sia individuata, in maniera specifica ed approfondita, l'idoneità del ripristino ambientale proposto in corrispondenza della porzione del terreno alternativamente interessata da emersione e da sommersione in conseguenza alla variazione dei livelli idrici dello specchio acqueo messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto, anche al fine di individuare il grado di tenuta del ripristino stesso rispetto al tempo, le azioni e gli oneri eventualmente occorrenti per il suo mantenimento, nonché gli impatti connessi;
e) in relazione agli impatti potenzialmente connessi con l'iniziativa in argomento, ai benefici ottenibili ed ai costi ambientali connessi, venga seguito un procedimento di evidenza pubblica, perseguibile attraverso la procedura di valutazione di impatto ambientale, allo scopo di poter conoscere i pareri delle Autorità e del pubblico interessati;
f) che, di conseguenza, il progetto in argomento sia sottoposto a VIA”.


E’ d’uopo, preliminarmente, precisare che la società ricorrente è titolare dell'autorizzazione rilasciata con decreto regionale n. AMBU/76-UD/CAV/25 dell’8.2.1997: al momento del rilascio dell'atto autorizzatorio, è stato applicato l'allora vigente terzo comma dell'art. 22 del Regolamento di esecuzione della L.R. n. 43/1990 in materia di VIA, approvato con DPGR n. 0245/Pres. dell’ 8 luglio1996; questa disposizione stabiliva che: "Le procedure di cui al presente regolamento non si applicano ai progetti delle opere e degli interventi per i quali siano state inoltrate istanze alle autorità competenti a rilasciare autorizzazioni, concessioni, pareri, nulla-osta o altri atti comunque finalizzati alla realizzazione dell'opera o dell'intervento prima della decorrenza dell'applicazione del regolamento alle scadenze di cui al comma 2."


Avuto riguardo al fatto che le disposizioni di cui al Regolamento in parola sono divenute applicative sei mesi dopo la pubblicazione sul B.U.R. n. 37 dell’11.9.1996 (e in ogni caso in epoca successiva al rilascio dell'autorizzazione in data 8.2.1997), il progetto iniziale non era stato sottoposto a VIA perché le relative norme non erano applicablli.


Ciò precisato, non è revocabile in dubbio che - contrariamente a quanto opina l’istante – il gravato decreto reca dei referti motivazionali, collegati ad una precisa e rigorosa attività istruttoria, assolutamente congrui ed esenti, nella loro concatenazione espositiva, da elementi di contraddittorietà ed illogicità.


Pertanto, i rilievi afferenti l’apparato giustificativo del decreto, contenuti nei due mezzi, sono privi di pregio.


Fatta questa considerazione di ordine generale, il Collegio osserva che con il primo motivo l’istante ha denunciato, oltre al vizio di difetto di motivazione, anche quello di violazione di legge, e, segnatamente, del D.P.R. 12 aprile 1996, della L.R. n. 43/1990 e dell’art.1 della L. n. 241/90.


La società contesta la statuizione contenuta al punto a) del decreto regionale impugnato, con la quale, in relazione alle modificazioni della situazione idrodinamica tra falda e fiume Tagliamento, connessa ai diversi regimi idrometrici del fiume medesimo, si rappresenta la necessità di dimostrare in maniera documentata, attraverso la procedura di VIA, la non interferenza tra la falda interessata dalle attività in progetto ed il corpo idrico dal quale viene effettuato il prelievo idropotabile presso Biauzzo.


Sostiene l’istante che la statuizione non trova un supporto normativo nel D.P.R. 12 aprile 1996, né, tampoco, nella normativa regionale di riferimento e comporta, oltretutto, un aggravio della procedura, in spregio all'art. 1 della L. n. 241/1990, riguardante l’obbligo di non aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dall'istruttoria.


In questo contesto argomentativo la deducente precisa che l'ambito della cava è prossimo al fiume Tagliamento, che l'estrazione complessiva autorizzata ammonta a 590.000 m3, che la cava sarebbe prossima all'esaurimento e che il progetto in precedenza autorizzato non aveva considerato le problematiche relative alla presenza della falda, mentre il progetto di ampliamento consentirebbe un miglioramento ambientale del sito; inoltre – sempre a giudizio della ricorrente - la problematica afferente l'interferenza tra la falda interessata dalle attività in progetto e il corpo idrico dal quale viene effettuato il prelievo idropotabile presso Biauzzo sarebbe un aspetto che era già stato considerato nel progetto (in particolare alla pagina 102 e seguenti dell'allegato 13 - Studio Idrogeologico, dove si dimostrerebbe la non interferenza tra la falda interessata dalle attività in progetto e il corpo idrico dal quale viene effettuato il prelievo idropotabile presso Biauzzo, nonché nella relazione allegata al progetto e nello studio idrogeologico).


Inoltre, secondo Friulcave, il nuovo progetto, presentato in data 21.2.2006, avrebbe tenuto conto delle prescrizioni contenute nel Parere del Comitato Tecnico Regionale, Sezione III, n. 23/3/2000 del 12.12.2000 (pubblicato sul BUR n. 5 del 31.1.2001), che aveva stabilito le linee guida alle quali fare riferimento circa gli interventi estrattivi nelle ipotesi di interazione diretta o indiretta con la falda freatica.


Nel suddetto parere del 12.12.2000 veniva stabilito che gli ampliamenti di escavazioni in falda erano autorizzabili a condizione che:
1) il progetto prevedesse un recupero ambientale migliorativo rispetto alla situazione antecedente;
2) fosse effettuato un bilancio costi-benefici per giustificare l'opportunità dell'intervento;
3) fosse accertata l'effettiva continuità areale dell'orizzonte impermeabile, che separa la falda freatica superficiale interessata dallo scavo dalla prima falda artesiana soggiacente, nonché l'indipendenza delle suddette falde tra di loro.


L'istanza, con cui si chiede lo svolgimento della procedura di verifica del nuovo progetto, riguardante l'ampliamento della cava, evidenzierebbe – assicura l’istante - un recupero ambientale migliorativo rispetto a quello già autorizzato ed effettuato sulla base del parere citato: ne conseguirebbe – in definitiva - che il nuovo progetto non dovrebbe essere sottoposto alla procedura VIA.


Le prospettazioni non meritano ingresso.
Il Collegio osserva, in via preliminare, che la statuizione di cui alla lettera a) esprime – de plano - l'esigenza di apprezzare gli effetti ambientali, diretti ed indiretti, del progetto sulle falde idriche di quella parte del territorio regionale ubicata immediatamente ad est del medio corso del Tagliamento: da queste falde attingono risorse idriche delle strutture acquedottistiche che forniscono acqua per il consumo umano in diversi ambiti territoriali regionali, nonchè numerosi pozzi privati.


Le suddette circostanze non sono di poco momento, se solo si considera che il Consorzio Acquedotto Friuli Centrale (CAFC) fornisce acqua potabile a settantadue Comuni della Provincia di Udine, per un totale di circa 250.000 abitanti; l'impianto di Biauzzo in Comune di Codroipo (posizionato a sud-est dell'area di cava), è, per importanza, la seconda fonte di alimentazione del Consorzio, in quanto dalle sole prese di questa località si prelevano 950 litri d'acqua al secondo, pari al 30% del complessivo fabbisogno d'acqua del CAFC.
Come si è accennato, rilevante è il numero di pozzi privati nella parte occidentale della pianura friulana (zona della sinistra Tagliamento), in particolare nei Comuni ubicati a cavallo ed a sud della cosiddetta "linea delle risorgive", che idealmente collega Codroipo a Palmanova.


Questo aspetto assume una valenza assai significativa, anche perché il progetto proposto dalla società ricorrente prevede consistenti scavi di terreno in corrispondenza di falde idriche o acquifere, che così verrebbero messe permanentemente a giorno; la conseguenza di ciò non può che essere quella di controllare se le falde acquifere, da cui attingono acqua i pozzi e l'acquedotto, siano isolate rispetto alla falda superficiale, messa parzialmente a giorno dagli scavi: contrariamente, l'eventuale inquinamento della falda superficiale si trasmetterebbe alla falda acquifera sottostante.


Non solo: occorre necessariamente individuare il movimento direzionale delle acque di falda, perché le acque eventualmente inquinate nella cava si muoverebbero lungo la stessa direzione.


Tutti questi riscontri non emergono dalla documentazione prodotta dalla società ricorrente, di talchè non appare fondatamente confutabile l’esigenza di sottoporre il progetto alla procedura VIA.


In particolare, dal progetto non è possibile escludere degli effetti negativi provocati dalla attività di cava sulle acque attinte dalle prese di Biauzzo, atteso che non è dimostrata l'effettiva separazione – tramite uno strato argilloso - tra le falde interessate dall'attività di cava e le falde da cui vengono prelevate le acque di Biauzzo: a seguito, infatti, dell'attività di scavo la falda superficiale, messa permanentemente a giorno, perde la protezione del terreno e si espone più facilmente al rischio di inquinamento, con la conseguenza di esporre a tale rischio – a sua volta - anche la falda acquifera sottostante (a meno che non esista una situazione di isolamento reciproco tra le falde).


Situazione – questa - che va puntualmente accertata tramite la VIA, con particolare riguardo alla direzione di un potenziale inquinamento: avuto riguardo, in particolare, al fatto che la cava è ubicata a monte delle prese acquedottistiche.


La dimostrazione offerta dal progetto riguarda, in realtà, solo i punti dove sono stati effettuati i sondaggi e le perforazioni verticali (v. pagg. 117 e ss. dell’allegato n. 13 al progetto), mentre il progetto si sarebbe dovuto riferire a tutto l’ambiente interessato dall’attività di cava nell’area Biauzzo.


E’ significativo che la stessa società parli di "pennacchio di inquinamento" provocato da un eventuale inquinante immesso in falda nell’area di cava: con ciò riconoscendo - in buona sostanza - la possibilità di una situazione di inquinamento, derivante anche dal progetto proposto; in questo contesto la società ammette (v. pagg. 102, 110 e 117 dell’allegato n. 13 “Studio idrogeologico”) che la direzione di scorrimento delle acque di falda varia in dipendenza delle condizioni di alimentazione o di ricarica delle falde stesse: queste variazioni dipendono dalle infiltrazioni d'acqua dal fiume Tagliamento, dalle piogge e, in misura minore, dai contributi di altri corsi d'acqua.


Tuttavia, la società contesta la sottoposizione alla procedura VIA malgrado la evidenza di potenziali situazioni di criticità ambientali sotto il versante dell’inquinamento idrico, assumendo che, allo stato attuale, se l'eventuale pennacchio d'inquinamento seguisse la direzione preferenziale NNE-SSO di scorrimento già individuata, le prese di Biauzzo rimarrebbero al riparo; all’uopo, a pag 117 dell'Allegato 13 la società così precisa: "lo studio dell'andamento della falda e della direzione preferenziale di scorrimento delle acque freatiche ha evidenziato che le prese dell'acquedotto di Biauzzo risultano posizionate al di fuori del potenziale pennacchio d'inquinamento che si verrebbe a creare con una eventuale sorgente di immissione di inquinanti localizzata in corrispondenza dell'area di cava" e che (pag. 114) "... il deflusso delle acque provenienti dalla cava si mantiene [.......] costantemente al di fuori dell'area di influenza delle prese dell'Acquedotto gestito dal CAFC, poste in località Biauzzo, ad una distanza superiore ai 3 chilometri, a Sud-Est dell'area di cava."


Rileva il Collegio che nella documentazione presentata dalla società non figura il caso della alimentazione delle falde quando il fiume Tagliamento è in condizione di morbida e di piena, cioè quando il fiume, in relazione alle piogge che cadono sul suo bacino montano o allo scioglimento delle nevi, presenta dei volumi d'acqua marcatamente superiori alla media: trattasi, peraltro, di una situazione non straordinaria, che si manifesta più volte nel corso dell'anno, ed è suscettibile di modificare la direzione di scorrimento delle acque di falda nella pianura friulana in rapporto al trasferimento delle risorse idriche dal fiume alle falde. In tale evenienza – ossia nella condizione di morbida e di piena - la direzione dei deflussi avrebbe un andamento diverso da quelli indicati dalla società, e, precisamente, un probabile andamento verso NO-SE, da definirsi puntualmente solo con apposita procedura, ossia con quella della VIA; anche perché il progetto prevede scavi nel terreno in presenza di falde idriche, messe permanentemente a giorno, eppertanto sono da mettere in conto potenziali impatti sulle falde.


Non giova alla ricorrente il richiamo alle indagini svolte in relazione al parere del Comitato Tecnico Regionale, Sezione III, n. 23/3/2000 del 12.12.2000, afferente le analisi da effettuare per i progetti di cave che contemplano ampliamenti di escavazioni in falda: infatti, la avvenuta effettuazione delle elaborazioni indicate nel suddetto parere non risolve il problema, nel senso che queste elaborazioni consistono solo in elementi informativi atti ad individuare i presupposti della sostenibilità ambientale del progetto, ma sono insuscettibili di fornire elementi tali da consentire la valutazione di tutti gli impatti ambientali del progetto stesso (al di là del fatto – sottolineato dalla istante – che il progetto comporti un recupero ambientale migliorativo).


Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e violazione dell'art. 1 della L. n. 241/90.


I rilievi attorei si appuntano sui punti sub b), c) e d) del decreto impugnato e si riassumono nella considerazione che verrebbero richiesti degli approfondimenti da effettuarsi attraverso la sottoposizione del progetto a VIA, con conseguente lamentato aggravio del procedimento.


Il punto b) stabilisce che: "vengano effettuati specifici e dettagliati approfondimenti in ordine all'entità dell'escursione idrica dello specchio acqueo (messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto), nonché alle durate attese dei livelli massimi e dei livelli minimi ed ai correlati criticità per quanto attiene in particolare alla stabilità delle sponde (erosioni superficiali, dilavamenti, scoscendimenti, conseguenti impatti, oneri e modalità di messa in ripristino)".


La deducente lamenta l'inutilità della richiesta regionale, asseritamente fondata su dei presupposti erronei, e, cioè sul fatto che:


lo specchio acqueo venga messo a giorno, quando, in realtà - sostiene - esso è già a giorno, come risulterebbe dagli atti progettuali;
l'entità dell'escursione idrica non avrebbe formato oggetto di approfondita valutazione, laddove questa circostanza è esclusa per tabulas dallo studio idrogeologico allegato al progetto;
la stabilità delle sponde sarebbe critica, mentre ciò è contraddetto dalle ridotte pendenze dei settori ripristinati con interventi di “rinaturazione” (modellamento della fascia circumlacuale su pendenze di 15 gradi o comunque su pendenze assai basse, tali da garantire la stabilità delle sponde).


Le doglianze non meritano condivisione.

Il progetto de quo, avuto riguardo alla esigenza, di assoluto rilievo, di assicurare la stabilità delle sponde onde evitare fenomeni di inquinamento derivanti da scoscendimenti e dilavamenti spondali (in presenza di differenti condizioni di alimentazione delle falde), non reca delle specifiche verifiche circa la stabilità delle sponde, ragguagliabili a variazioni dinamiche del livello della superficie idrica del bacino; verifiche che, pertanto, debbono essere svolte in sede di VIA.


Ciò è tanto più vero se si pone mente al fatto che attualmente la falda emerge dal fondo per brevi periodi nel corso dell'anno, mentre con la realizzazione del progetto si formerebbe uno specchio acqueo permanente, tale da provocare un più importante impatto sulle sponde; più specificatamente, è a dire che, nel corso dell'anno, all’interno della cava si registrano periodi in cui vi è presenza di acqua per emersione della falda e periodi in cui il fondo della cava è privo d'acqua per abbassamento del livello della falda sotto il fondo della cava stessa.


Come risulta dagli atti progettuali, l'attuale fondo cava si trova alla quota di 47,00-47,50 metri sul livello medio del mare ed è interessato da parziali e temporanee emersioni della falda superficiale; nel 2004 la falda emergeva dal fondo cava all'incirca nel periodo compreso tra fine aprile e fine maggio, poi solo per qualche giorno intorno alla metà di giugno ed infine nel periodo da metà ottobre a fine novembre; nei rimanenti periodi dell'anno il terreno del fondo cava era a giorno.


Ora, sempre sulla base degli atti progettuali, "con il progetto si intende […...] giungere alla formazione di un bacino lacustre che sarà normalmente caratterizzato da un battente d'acqua di circa 25 metri "; nel corso dell'anno, l'acqua sarà sempre presente all'interno di una parte dell'area di cava: in sostanza, il fondo cava verrebbe a trovarsi alla quota di 25,00 metri sul livello medio del mare, comprendendo un lago permanente profondo oltre una ventina di metri.


Di qui la qualificazione della situazione a progetto ultimato con la locuzione: "specchio acqueo (messo permanentemente a giorno a seguito dell'attuazione del progetto)" che figura nella lettera b) del decreto impugnato.


I rilievi afferenti la statuizione di cui alla lettera b) si appalesano, dunque, destituiti di fondamento, considerato l’interesse pubblico perseguito dalla Autorità agente nel prevedere le verifiche in parola (escursione idrica e stabilità delle sponde).


Mediante le statuizioni di cui alle lettere c) e d) del decreto impugnato, si postula la sottoposizione del progetto a VIA affinché "sia dimostrata, attraverso puntuali ed idonee analisi, la fattibilità, la sostenibilità e la vita utile attesa dei ripristini ambientali proposti in relazione alla escursione dei livelli di falda all'interno dell'area di cava, con indicazione della criticità e dei prowedimenti eventuali occorrenti al riguardo, nonché degli impatti connessi" (Iett. c); e "sia individuata, in maniera specifica e approfondita, l'idoneità del ripristino ambientale proposto in corrispondenza della porzione del terreno alternativamente interessata da emersione e da sommersione in conseguenza alla variazione dei livelli idrici dello specchio acqueo messo a giorno a seguito dell'attuazione del progetto, anche al fine di individuare il grado di tenuta del ripristino stesso rispetto al tempo, le azioni e gli oneri eventualmente occorrenti per il suo mantenimento, nonché gli impatti connessi" (Iett. d).


Assume la deducente che le verifiche sarebbero inutili alla stregua della relazione progettuale (v. capitolo 2.5.3.2. Allegato al progetto n. 14 e Studio Idrogeologico come da Allegato al progetto n. 13, pagg. da 41 a 46) dalla quale risulterebbe che le caratteristiche delle specie vegetali indicate per il rivestimento delle aree circumlacuali periodicamente sommerse sarebbero tali da assicurare la migliore qualificazione possibile in relazione all'ambiente.


Le doglianze vanno disattese.
Il Collegio rileva che i ripristini ambientali, relativamente alla fascia spondale circumlacuale periodicamente sommersa, sono condizionati soprattutto dalla stabilità delle sponde e dall'idoneità delle specie vegetali scelte per il ripristino rispetto alle effettive condizioni e alle caratteristiche del terreno che le ospita: le previsioni del progetto non tengono conto non solo di eventuali incidenze negative, determinate dall'escursione idrica del bacino e suscettibili di pregiudicare la stabilità delle sponde nonchè l'attecchimento delle piante (su quest’ultimo punto – cioè sull’attecchimento – il progetto appare carente), ma neppure del fatto che non tutte le specie vegetali proposte tollerano una prolungata immersione nell’acqua ovvero (al contrario) una prolungata mancanza d'acqua e neppure, infine, della circostanza che per quanto riguarda le altezze e la durata delle lame d'acqua in cava, il progetto dà indicazioni sul livello della falda nel "pozzo 28", nel "pozzo 30", nel "pozzo PO", mentre, avrebbe dovuto tener conto della realizzazione di un bacino lacustre permanente che viene a modificare le condizioni idrodinamiche della falda, anche nella zona circostante: l'entità delle modifiche è determinabile – ritiene il Collegio - soltanto con uno studio specifico, la cui esigenza è stata motivata dalla statuizione di cui alla lettera b) del decreto impugnato.


Quanto al riferimento attoreo al divieto di aggravamento del procedimento, ex art. 1, comma 2, della legge n. 241/1990, il Collegio osserva che questo divieto risponde al principio di proporzionalità di derivazione comunitaria (articolo 5 del Trattato CE), secondo cui l'azione intrapresa non deve oltrepassare lo stretto necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito e rappresenta una specificazione dei criteri di economicità e di efficacia indicati dall'art. 1, comma 1, della medesima legge: esso, di certo, non è ravvisabile laddove è la legge stessa a richiedere tutta una serie di approfondimenti, di esami e di studi, in vista del perseguimento di finalità di interesse pubblico, come nel caso della procedura di VIA.
Nella fattispecie, come ampiamente dimostrato, l’Autorità procedente ha rappresentato con motivazione del tutto ineccepibile, in base alle risultanze di una istruttoria particolarmente esaustiva e rigorosa, la necessità di eseguire altri esami ed indagini al fine di valutare appieno l'impatto dell'esecuzione dell'opera sul territorio.


Il terzo mezzo si incentra sulla violazione dell'art. 10 del D.P.R. 12.4.1996 e sul difetto di motivazione.


La ricorrente censura la decisione di cui alla lettera e) del decreto impugnato, secondo la quale occorre che: "in relazione agli impatti potenzialmente connessi con l'iniziativa in argomento, ai benefici ottenibili ed ai costi ambientali connessi, venga seguito un procedimento di evidenza pubblica, perseguibile attraverso la procedura di valutazione di impatto ambientale, allo scopo di poter conoscere i pareri delle Autorità e del pubblico interessati”.


Assume l’istante che la motivazione della decisione – se si esclude il mero riferimento agli "impatti potenzialmente connessi con l'iniziativa in argomento" ed alla necessaria valutazione di benefici ottenibili e dei costi ambientali connessi, sarebbe gravemente insufficiente, in quanto non spiegherebbe adeguatamente le ragioni di imporre il procedimento complesso e gravoso di VIA, con particolare riguardo alle dimensioni del progetto, alle utilizzazioni delle risorse naturali, alle produzioni di rifiuti o ad inquinamenti ambientali ed al rischio di incidenti che potrebbero derivare dalla attuazione del progetto stesso.


Assume, altresì, l’istante che difetterebbe qualsiasi riferimento agli elementi di cui all'allegato D del D.P.R. 12 aprile 1996, in base ai quali, ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. medesimo, debbono essere esaminate le concrete caratteristiche del progetto onde valutare se l'impatto sia tale da imporre l'adozione della procedura di VIA.


Le censure sono prive di pregio.
Circa l’apparato giustificativo, non può che ribadirsi quanto già detto sopra, anche per la parte del provvedimento impugnato di cui si sta parlando, e, cioè che esso appare sorretto da ragguagli puntuali.


Quanto alla censura secondo la quale difetterebbe qualsiasi riferimento agli elementi di cui all'allegato D del D.P.R. 12 aprile 1996, in base ai quali, ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. medesimo, debbono essere esaminate le caratteristiche del progetto, onde valutare se l'impatto sia tale da imporre l'adozione della procedura di VIA, osserva il Collegio che sono ravvisabili le seguenti correlazioni fra gli elementi di verifica di cui all'Allegato D ed i referti giustificativi del decreto:


1. agli elementi di verifica "utilizzazione delle risorse naturali", "inquinamento e disturbi ambientali" e "rischio di incidenti" sono indissolubilmente connessi gli effetti del progetto sulle falde idriche e quindi sulle prese acquedottistiche di Biauzzo (lettera a) del decreto);
2. agli elementi di verifica "inquinamento e disturbi ambientali" e "rischio di incidenti" sono direttamente connessi gli effetti del progetto sulla stabilità delle sponde soggette all'escursione idrica dello specchio acqueo (lettera b) del decreto);
3. all'elemento di verifica "produzione di rifiuti" corrispondono i potenziali effetti del progetto nel caso di non attecchimento delle specie vegetali previste nella fascia spondale circumlacuale interessata dalle escursioni idriche: in tale caso le specie stesse dovranno venir rimosse con conseguente produzione di rifiuti (lettere c) e d) del decreto impugnato);
4. all'elemento di verifica "dimensioni del progetto (superfici, volumi, potenzialità)" è direttamente connesso l'aspetto "benefici ottenibili e […...] costi ambientali connessi" (lettera e) del decreto).


Quindi, le statuizioni di cui alle lettere a), b) c), d) ed e) del decreto, che giustificano la procedura di VIA, trovano puntuale corrispondenza negli elementi di verifica che il richiamato Allegato D prevede nella procedura di screening: ne consegue che non può fondatamente essere messo in discussione il fatto che il progetto – contrariamente a quanto opina l’istante - è stato puntualmente preso in considerazione, così come sono stati valutati dalla Commissione Tecnico-Consultiva VIA gli elementi di cui all'art. 10 ed all'Allegato D del D.P.R. 12 aprile 1996.


In conclusione, alla stregua delle complessive considerazioni che precedono, il ricorso va respinto.


Le spese del giudizio – sussistendone le giuste ragioni – possono venire compensate nella loro integralità.


P.Q.M.


il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo
rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 21/11/2007 con l'intervento dei signori:
Vincenzo Antonio Borea, Presidente
Oria Settesoldi, Consigliere
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

 


 

 AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006


 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza  -  Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA  -  Ricerca in: LEGISLAZIONE  -  Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it