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TAR MARCHE, Sez. I, 1 febbraio 2008, sentenza n. 16
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Autorizzazione alle emissioni in atmosfera -
Sospensione cautelare - Riconducibilità all’art. 278, c. 2, lett. b) del d.lgs.
n. 152/2006 - Esclusione - Ragioni. In materia di autorizzazione alle
immissioni in atmosfera ex artt. 269 e 275 del d.lgs. n. 152/2006, la
sospensione del provvedimento abilitativo che trovi la sua ragion d’essere non
già in u’accertata violazione di una prescrizione dell’autorizzazione, bensì
nella dubbia legittimità di un presupposto originario del titolo rilasciato, non
può essere ricondotta alla previsione di cui all’art 278, c. 2, lett. b) del
D.Lgs. n. 152 citato, quanto piuttosto allo schema delle misure cautelari ex
art. 7 della L. n. 241/90, funzionali al contestuale avvio di un procedimento
“di merito” diretto all’adozione di misure definitive. Ne deriva la necessità
della preventiva comunicazione di avvio del procedimento (nella specie:
sospensione dell’autorizzazione già efficace, in attesa della verifica circa la
rispondenza dell’impianto alle prescrizioni del PRG, con specifico riferimento
all’insediamento sul territorio di industrie insalubri). Pres. Sammarco, Est.
Tramaglini - V. s.p.a. (avv. Buonassisi) c. Comune di Cartoceto (n.c.), riunito
ad altri ricorsi - T.A.R. MARCHE, Sez. I - 1 febbraio 2008, n. 16
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LE MARCHE
(Sezione Prima)
N. 00016/2008 REG.SEN.
N. 00738/2006 REG.RIC.
N. 00739/2006 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 738 del 2006, proposto da:
VALMEX Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Franco Buonassisi, con domicilio eletto presso l’avv.
Ferdinando Zannini in Ancona, via Leopardi, 2;
contro
il COMUNE DI CARTOCETO, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in
giudizio;
Sul ricorso numero di registro generale 739 del 2006, proposto da:
VALMEX Spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Franco Buonassisi, con domicilio eletto presso l’avv.
Ferdinando Zannini in Ancona, via Leopardi, 2;
contro
- la PROVINCIA DI PESARO-URBINO, in persona del suo Presidente pro-tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. Maria Beatrice Riminucci, con domicilio eletto
presso l’avv. Nicola Sbano in Ancona, via San Martino, 23;
- il DIRIGENTE del SERVIZIO BENI ed ATTIVITÀ AMBIENTALI, AGRICOLTURA e CACCIA,
presso la Provincia di Pesaro-Urbino, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco
Baietta e Andrea Floriani, con domicilio eletto presso l’avv. Franco Argentati
in Ancona, via Matteotti, 99;
- il COMUNE DI CARTOCETO, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in
giudizio;
per l'annullamento
= quanto al ricorso n. 738 del 2006:
dell’ordinanza di sospensione attività produttiva.
= quanto al ricorso n. 739 del 2006:
della determinazione dirigenziale 25 settembre 2006 prot. n.63181 recante
diffida a mettere a regime gli impianti autorizzati con provvedimento del 20
settembre 2006 ed ordine di sospensione dell’attività.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Pesaro Urbino;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Dirigente del Servizio Beni ed
Attività Ambientali Agricoltura Caccia c/o Provincia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 21/11/2007, il dott. Alberto
Tramaglini e uditi per le parti i difensori come specificato nel relativo
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente premette di essere titolare di uno stabilimento produttivo
classificato come industria insalubre di 1^ classe ai sensi dell’art. 216 R.D.
1265 del 1934, in relazione al quale riferisce di avere presentato domanda di
autorizzazione “per la costruzione di un nuovo impianto che dà luogo
all’emissione in atmosfera ai sensi dell’art. 6 del DPR 24 maggio 1988 n. 203”.
Riferisce che la Provincia, subentrata nel frattempo alla Regione nelle funzioni
amministrative in materia, dopo che in un primo tempo (20 dicembre 2005) aveva
comunicato il parere negativo espresso dall’ARPAM in data 21 novembre 2001, con
determinazione 20 giugno 2006 n. 2163, previo parere favorevole dell’ARPAM,
rila-sciava l’autorizzazione di cui agli artt. 269 e 275 D.L.vo n. 152 del 2006
con la prescrizione che l’attività si svolgesse in conformità agli strumenti
urbanistici del Comune di Cartoceto. Quest’ultima amministrazione, con
deliberazione consiliare 27 giugno 2006 n. 43, adottava a sua volta una variante
di PRG diretta a consentire l’insediamento delle industrie insalubri di prima
classe.
La ricorrente dapprima comunicava la messa in esercizio degli impianti per il 22
luglio 2006, e successivamente faceva presente che la messa a regime non poteva
avvenire nel termine di novanta giorni imposto dall’autorizzazione, per cui ne
chiedeva il differimento al 31 dicembre 2006.
In data 26 settembre 2006 veniva notificato il provvedimento impugnato, con cui
– considerato “che ad oggi non è ancora pervenuta la comunicazione di messa a
regime”; vista la deliberazione della Giunta provinciale 14 settembre 2006, con
cui la variante al PRG di Cartoceto era dichiarata proceduralmente
inammissibile; ritenuto che l’attività autorizzata venisse pertanto a risultare
incompatibile con il vigente PRG; ritenuta la necessità di un intervento
affinché la ditta si attivasse “per eliminare le irregolarità e ogni altro
possibile danno all’ambiente e alla salute pubblica” – l’amministrazione
diffidava la società “dal mettere a regime gli impianti autorizzati” e
contestualmente le ordinava la sospensione dell’attività con effetto immediato,
il tutto fino a quando non fosse stata condotta a termine la verifica di
conformità dell’insediamento al predetto strumento urbanistico.
Contestualmente il Sindaco di Cartoceto, preso atto del provvedimento
provinciale, ritenuto di adottare misure a tutela della salute e dell’incolumità
pubblica, adottava atto contingibile ed urgente con cui ordinava di non
utilizzare gli impianti e di sospendere l’attività.
Avverso il provvedimento provinciale la ricorrente deduce innanzitutto la
violazione degli artt. 7 e ss. L. 241/90, essendo stata omessa la comunicazione
di avvio del procedimento nonostante la gravità degli effetti dal medesimo
derivanti ed in assenza di ragioni di particolare urgenza. L’omissione avrebbe
così impedito alla ricorrente di fornire il suo contributo e di rappresentare
alla Provincia l’incompetenza a tutelare una previsione urbanistica comunale. La
Provincia, infatti, non avrebbe alcun potere ad agire in tutela di interessi di
esclusiva pertinenza comunale.
Peraltro, il provvedimento non troverebbe comunque giustificazione nella
previsione del PRG, dato che l’insediamento delle industrie insalubri non è in
precluso in via assoluta e che il potere di ordinanza implica comunque
l’accertamento di una situazione di concreto pericolo, nella fattispecie del
tutto insussistente, come era dato atto nella stessa autorizzazione, rilasciata
dopo il favorevole accertamento in tal senso da parte dell’Agenzia di protezione
ambientale.
Non sarebbe stato inoltre considerato che non era ancora decorso il termine per
la messa a regime degli impianti, mentre sarebbe stata del tutto ignorata la
comunicazione che rappresentava l’esigenza di un differimento del predetto
termine.
Analoghe censure sono rivolte contro il provvedimento comunale, ulteriormente
sostenendosi la insussistenza dei presupposti di cui agli artt. 50 e 54 D. Lgs.
n. 267 del 2000.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Pesaro – Urbino, che ha messo in
evidenza la notevole rilevanza della prescrizione secondo cui la ditta si
intendeva autorizzata a condizione che l’attività si svolgesse in conformità al
PRG, condizione che tuttavia, come sarebbe stato in seguito accertato, non
poteva essere soddisfatta stante la vigente preclusione all’insediamento di
industrie insalubri di prima classe nell’ambito del territorio comunale. La
difesa dell’amministrazione esclude poi, attesa la natura dell’atto e la sua
finalità di tutela di interessi fondamentali, che la misura cautelare potesse
essere ritardata per consentire di comunicare l’avvio del procedimento. Il
provvedimento sarebbe quindi da ricondurre al potere di cui all’art. 278, comma
1, lett. b) del D. Lgs. n. 152 del 20061 [“In caso di inosservanza delle
prescrizioni contenute nell'autorizzazione, …, l'autorità competente procede,
secondo la gravità dell'infrazione: a) …; b) alla diffida ed alla contestuale
sospensione dell'attività autorizzata per un periodo determinato, ove si
manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente], essendo
stata violata la suddetta specifica prescrizione dell’autorizzazione.
Trattandosi poi di industria insalubre di prima classe non consentita dallo
strumento urbanistico, ne conseguirebbe che la prosecuzione dell’attività è
idonea a compromettere la tutela degli interessi che il divieto di insediamento
mira a tutelare. Il che evidenzierebbe, peraltro, come il potere esercitato
attraverso il provvedimento impugnato rientri pienamente nell’ambito delle
attribuzioni provinciali, tenuto conto, prosegue l’amministrazione, che ai sensi
dell’art. 269, comma 3, del citato D. Lgs. 152, l’autorizzazione alle emissioni
in atmosfera è subordinata al concorrente rispetto delle prescrizioni tecnico
ambientali, urbanistiche, nonché in materia di igiene, sanità pubblica ed
edilizia, per cui anche la mancata rispondenza ad uno solo di tali parametri
legittimerebbe l’esercizio del potere di diffida. Ha quindi concluso per il
rigetto del ricorso.
Si è anche costituita in giudizio la dott. Elisabetta Cecchini, nella qualità di
Dirigente del Servizio 4.3 della Provincia intimata, chiedendo anch’essa il
rigetto del ricorso.
Non si è invece costituito il Comune di Cartoceto.
Nella camera di consiglio del 17 ottobre 2006 il TAR, ritenuta la fonda-tezza
dell’assorbente censura di violazione dell’art. 7 L. 241/90, conce-deva la
sospensione dei provvedimenti impugnati.
All’udienza del 21 novembre 2007 i ricorsi passavano in decisione.
DIRITTO
1. I ricorsi vanno riuniti stante la loro connessione.
2. Prendendo in esame il provvedimento della Provincia, è opportuno individuarne
preliminarmente la natura.
La prima considerazione utile in tal senso deriva dal fatto che il suddetto
provvedimento assume a suo unico presupposto un’asserita incompatibilità
dell’attività della ditta con il PRG del comune di Cartoceto, in linea con la
corrispondente condizione contenuta nell’autorizzazione (“la ditta si intende
autorizzata … sotto la condizione che l’attività … si svolga in conformità al
vigente piano regolatore generale e relative norme tecniche attuative del Comune
di Cartoceto”). La seconda discende invece dal dato che le previsioni di PRG non
hanno subito modifiche nel tempo intercorrente tra il rilascio della suddetta
autorizzazione e l’adozione dell’atto impugnato. E’ infatti pacifico che le NTA
contenevano una previsione in cui era stabilito il divieto di insediamento di
attività classificate come insalubri di 1^ classe ai sen-si dell’art. 216 TULS
(art. 24, quarto comma, NTA) e che solo in epoca successiva al rilascio
dell’autorizzazione veniva avviato il pro-cedimento per modificare la
disposizione. Non vi è stata, quindi, alcuna variazione del quadro normativo di
riferimento, non essendo in questo senso rilevante la deliberazione della Giunta
provinciale 14 set-tembre 2006 n. 304 -richiamata dal provvedimento in quanto da
essa“si evince l’inammissibilità procedurale della variante normativa al vigente
PRG”- che nell’economia del provvedimento pare invece assurgere ad elemento
costitutivo del presupposto (“preso atto, per quanto sopra, che attualmente
l’attività della ditta risulta incompatibile con il vigente PRG del Comune”). In
realtà tale deliberazione ha avuto l’effetto di interrompere l’iter della
variante, così determinando il ricostituirsi di un quadro normativo identico a
quello presente all’epoca in cui veniva rilasciata l’autorizzazione. La
circostanza che successivamente il procedimento venisse riavviato e portato al
suo esito, come illustra la difesa provinciale, dimostra peraltro che la
suddetta deliberazione della Giunta provinciale non creava un impedimento
all’ulteriore prosieguo dell’iter né era espressione di una valutazione negativa
sul merito della variante.
Il fatto che il provvedimento muova da un immutato parametro di riferimento
normativo conduce perciò a ritenere che l’amministrazione provinciale abbia
inteso riconsiderare la sussistenza dei presupposti che erano stati posti a base
dell’autorizzazione. Ciò è in linea con il contenuto dispositivo del
provvedimento che dispone la sospensione dell’attività fino all’esito della
verifica sulla compatibilità urbanistica, e mostra così di essere chiaramente
finalizzato all’apertura di un procedimento idoneo a condurre all’annullamento
d’ufficio dell’autorizzazione.
Che l’esigenza fondamentale tenuta presente dall’amministrazione fosse quella di
effettuare un’adeguata verifica sui presupposti del titolo rilasciato è
confermato dalla memoria difensiva della Dirigente (e si può qui lasciare da
parte la questione della legittimazione, quantomeno dubbia, della medesima a
partecipare al giudizio, dovendosi escludere tanto la sussistenza di un
interesse personale alla conservazione dell’atto, quanto la titolarità a
rappresentare la Provincia in qualità di Dirigente del Servizio, atteso che
l’ente sta in giudizio con il suo Presidente ex art. 50 del testo unico: cfr.
T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 19 gennaio 2004, n. 74; T.A.R. Sicilia
Palermo, sez. II, 13 marzo 2007, n. 799; Consiglio Stato , sez. IV, 26 aprile
2006, n. 2291; Consiglio Stato, sez. VI, 09 giugno 2006, n. 3452), dove si fanno
ripetuti riferimenti alla irregolarità originaria della posizione urbanistica
della ricorrente.
Cosicché appare confermato che le ragioni poste alla base della necessità di
procedere alla preannunciata verifica stanno nell’insorgere del dubbio in ordine
alla carenza originaria di uno dei presupposti ritenuti essenziali per il
rilascio del titolo, in presenza del quale l’amministrazione ha preannunciato
l’avvio di un procedimento di secondo grado ed ha altresì disposto
l’applicazione delle misure immediate che vengono contestate in questa sede.
L’atto impugnato, nella sua componente provvedimentale, ha perciò natura
essenzialmente cautelare in quanto muove non da una accertata illegittimità
dell’autorizzazione ma da un mero dubbio in proposito, ed è in presenza di tale
“fumus”, in attesa della conclusione del relativo accertamento, che è stata
disposta la sospensione “temporanea” dell’autorizzazione. Il che implica che le
questioni di merito che attengono a tale verifica urbanistica (su cui le parti
prospettano opposti punti di vista) non possono che costituire l’oggetto
essenziale di tale procedimento mentre sono sostanzialmente estranee al
contenuto del provvedimento impugnato e quindi a questo giudizio.
In tale contesto appare doversi escludersi la corretta applicazione dell’art.
278, comma 1, lett. b), D.Lgs. 152/2006, esplicitamente richiamato a fondamento
del provvedimento: la norma contempla infatti un atto di natura diversa da
quello impugnato in questa sede, posto che il presupposto del medesimo è dato da
una accertata “inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione”,
che qui non è dato invece ravvisare. Nella fattispecie manca infatti tanto
l’accertamento di una violazione, rimandato all’esito dello specifico
procedimento a ciò finalizzato, quanto la inosservanza di una qualche
prescrizione dell’autorizzazione, non essendo qualificabile in tale senso la
“condizione” di conformità urbanistica apposta all’autorizzazione. Che tale
clausola non costituisca una condizione sospensiva risulta evidente dalla
circostanza che l’efficacia della suddetta autorizzazione non era in alcun modo
subordinata al positivo avverarsi di un evento esterno al procedimento,
eventualmente affidato alla competenza di altra amministrazione. Al contrario,
essendo stata la società autorizzata a mettere a regime gli impianti nel termine
di novanta giorni, l’autorizzazione aveva, pacificamente, efficacia immediata.
D’altra parte la questione urbanistica aveva fatto pieno ingresso nel
procedimento autorizzatorio, essendo stato a tal fine coinvolto anche il Comune
di Cartoceto, che aveva dato il suo riscontro positivo sulla richiesta
attestazione di conformità dell’insediamento alla disciplina urbanistica
comunale. Non sorgeva perciò alcuna necessità di subordinare l’efficacia
dell’autorizzazione ad un ulteriore accertamento della conformità urbanistica,
in quanto la medesima era stata specificamente valutata e riscontrata.
Non era perciò prospettabile alcuna violazione di una simile “prescrizione”, che
a sua volta legittimasse l’adozione della “diffida” per tale ipotesi prevista,
non vedendosi tra l’altro in che modo l’interessata potesse adeguarvisi
eliminando “l’irregolarità”. D’altra parte, tutto ciò appare aderente ai dati
del procedimento: posto che la conformità urbanistica era stata attestata dal
Comune, una rinnovata verifica in tal senso richiedeva la risoluzione di una
serie di questioni che rendevano l’operazione abbastanza complessa e tale da non
poter essere definita senza ulteriore adeguata valutazione, necessariamente
aperta alla partecipazione della società interessata.
Trovando perciò l’atto impugnato la sua ragion d’essere non già in un’accertata
violazione di una prescrizione dell’autorizzazione, bensì nella ritenuta dubbia
legittimità di un presupposto originario del titolo rilasciato, appare più
aderente alla fattispecie ricondurre l’atto ad una misura cautelare ex art. 7 L.
241/90, funzionale al contestuale avvio di un procedimento “di merito” diretto
all’adozione di misure defintive. Può analogamente soccorrere il secondo comma
dell’art. 21quater L. 241/90: in ogni caso, al fine di pervenire ad una prima
conclusione, si può dare atto che in ogni caso le norme richiamate contemplano
provvedimenti che tendono a fronteggiare situazioni che richiedono misure di
carattere provvisorio in attesa della definizione delle questioni di merito.
E’ perciò astrattamente condivisibile, una volta esclusa la riconducibilità
dell’atto all’art. 278 cit., la difesa delle resistenti diretta ad escludere,
attesa tale natura, che sussistesse l’obbligo di preventiva comunicazione di
avvio del procedimento, sulla cui ritenuta necessità era stato motivato
l’accoglimento della domanda di sospensione.
D’altra parte, se non è contestabile la spettanza in capo all’amministrazione di
una qualche forma di potere cautelare, va tuttavia rimarcato che il presupposto
per l’esercizio di tale potere è essenzialmente costituito dall’urgenza di
provvedere, vale a dire dalla presenza di una situazione da fronteggiare in
tempi talmente rapidi da giustificare l’omissione degli ordinari mezzi di
garanzia. La natura cautelare del provvedimento doveva perciò presupporre, oltre
al dubbio sulla legittimità del titolo, una situazione di oggettivo e concreto
rischio per gli interessi tutelati, tale da imporre l’adozione di misure
immediate e di cui andava evidentemente dato atto nel provvedimento, non potendo
la stessa da sola emergere dal mero riferimento alla situazione urbanistica del
Comune di Cartoceto.
Da tale ottica è significativo notare che l’autorizzazione, dopo aver
ri-chiamato il documento istruttorio in cui si dava atto che “alla luce del
parere favorevole espresso dall’ARPAM sussistono garanzie sufficienti per
considerare salvaguardati gli aspetti strettamente ambientali” e si rilevava che
fosse “oltremodo indispensabile rilasciare autorizzazione alle emissioni in
atmosfera per consentire (alla società) di operare in piena legittimità”,
ravvisava quindi “la presenza di tutti i presupposti ed i requisiti tecnici ed
amministrativi prescritti dalla legge” infine ritenendo che sussistesse “il
diritto della ditta interessata all’ottenimento dell’autorizzazione richiesta”.
L’autorizzazione perciò presupponeva tanto la conformità urbanistica quanto
l’accertamento dell’esistenza dei dispostivi atti a contenere l’apporto delle
emissioni inquinanti nell’ambito dei parametri normativi, cosicché qualsiasi
misura cautelare doveva comunque adeguatamente dare atto del livello delle
emissioni e del loro grado di tollerabilità nell’ambito del contesto urbanistico
considerato.
Se l’esercizio del potere cautelare -la cui efficacia andava comunque confinata
nell’ambito di un periodo predefinito, cosa che qui è mancata non essendo stata
data alcuna delimitazione temporale per la conclusione del procedimento di
verifica, che peraltro non risulta essere stato nel frattempo ancora portato a
definizione- era perciò legittimato in astratto dall’esigenza di chiarire il
dubbio sulla compatibilità urbanistica, doveva tuttavia essere parimenti
considerato che la sospensione del titolo richiedeva ulteriormente una
situazione di pericolo (le “gravi ragioni” di cui all’art. 21quater) che, non
manifestandosi in re ipsa, doveva essere necessariamente assunta ad esplicito
fondamento del provvedimento. D’altra parte una simile valutazione era richiesta
dallo stesso art. 278 D.Lgs. 152 del 2006 da cui il provvedimento muove, visto
che la norma in parola attribuisce all’amministrazione il potere di diffidare al
rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione ed eventualmente di
sospendere l’attività autorizzata, ma in tal ultima eventualità imponendo
comunque la verifica dell’ulteriore presupposto di una situazione di pericolo
per la salute o per l’ambiente.
La mancata motivazione in ordine alla sussistenza di tale presupposto è
sufficiente a condurre, con assorbimento di ogni altra censura, all’accoglimento
del ricorso con annullamento dell’atto impugnato.
Le spese possono essere compensate tra le parti.
3. Parimenti privo di motivazione sul punto è il provvedimento contingibile ed
urgente del Sindaco di Cartoceto, essendo assunta una situazione di rischio per
la salute e l’incolumità pubblica sul solo presupposto dell’emanazione del
provvedimento provinciale di cui al capo precedente. Anche in questo caso manca
ogni riferimento ed elementi concreti, tanto urbanistici che riguardanti il
livello ed il tipo di emissioni, idonei a rappresentare una situazione di
pericolo che giustificava una tale urgenza nel provvedere.
Anche tale atto va perciò annullato.
Le spese possono essere parimenti compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche, riuniti i ricorsi, li
accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del giorno 21/11/2007, con
l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Sammarco, Presidente
Luigi Ranalli, Consigliere
Alberto Tramaglini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/02/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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