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TAR SARDEGNA, Sez. II, 6 ottobre 2008, sentenza n. 1816
 

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad agire - Associazioni ambientaliste - Nozione di tutela ambientale - Atti con finalità urbanistica. In materia di legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, va accolta una nozione ampia della tutela ambientale, tale da includervi la possibilità di impugnativa degli atti aventi finalità urbanistica (nella specie il Piano Urbanistico del Comune di Carloforte), ove si riconnettano specifici interessi ambientali, da tutelare attraverso l’annullamento, totale o parziale, dell’atto (in termini Cons. stato, sez. IV, 30.9.2005 n. 5205). Pres. Panunzio, Est. Scanu - Legambiente Onlus (avv. Massa) c. Comune di Carloforte (avv. Filippini) - T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 6 ottobre 2008, n. 1816

ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste Indirizzo giurisprudenziale tradizionale - Eccezionalità della tutela - Effetti sull’impugnazione di atti a valenza urbanistico-edilizia - Innovazioni normative ex art. 310 T.U. Ambiente.
 Alla luce della nuova disposizione introdotta in materia dall’art. 310 del d.lgs. n. 152/2006, non può più essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato sez. IV, 9.11.2004 n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, ritenendo che conseguentemente un'associazione ambientalista potesse “proporre in giudizio soltanto motivi di gravame direttamente attinenti alla sfera dell'interesse tutelato e non motivi aventi una valenza urbanistico - edilizia e che solo in via strumentale ed indiretta possano determinare un effetto utile anche ai fini della tutela dei valori ambientali”. La nuova norma, infatti, così recita: “I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, [Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche] sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale”. La legittimazione ad agire, specie con riferimento alla problematica sulla proponibilità delle singole censure, va pertanto valutata secondo i principi generali, e vanno conseguentemente ritenute ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale; non vanno, invece, ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina urbanistica. Pres. Panunzio, Est. Scanu - Legambiente Onlus (avv. Massa) c. Comune di Carloforte (avv. Filippini) - T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 6 ottobre 2008, n. 1816
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE  PER LA SARDEGNA

SEZIONE SECONDA


 Sent. n. 1816/2008
Ric. N. 605/2005


 


ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA


sul ricorso n. 650/05 proposto dall’Associazione Legambiente o.n.l.u.s., rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Massa, presso il cui studio in Cagliari, viale Merello n. 41, è elettivamente domiciliata;


contro


il Comune di Carloforte, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Filippini presso il cui studio in Cagliari, piazza Repubblica n. 28, è elettivamente domiciliato;


e nei confronti
dei signori Conte Walter Mario, Simeone Marco, Pomata Gabriele e Aste Carlo, Simeone Maria, Conte Angelo Salvatore, Saliu Giuseppe, Saliu Antonio, Ferralasco Carlo, Ferralasco Maria Giuseppina, Salis Isabella, Ennas Giuseppe, Luxoro Giuseppina, Feola Francesco e delle società: Intura Srl, Marma Srl, Tekno costruzioni Srl, Sa.E.Co. S.r.l., tutti non costituitisi in giudizio;
della SE.GEN Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pietro Corda e Ilaria Corda, ed elettivamente domiciliata in Cagliari, via Eintein n. 7, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Del Rio;
della Verdelandia Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Matilde Mura, presso il cui studio, in Cagliari, via Ancona n. 3, è elettivamente domiciliata;


per l'annullamento
1) della deliberazione del Consiglio comunale di Carloforte n. 47 del 6.11.2003, con la quale è stato adottato il piano urbanistico comunale;
2) della deliberazione consiliare n. 13 del 23.5.2004, con la quale il PUC è stato approvato in via definitiva;
3) della deliberazione n. 48 del 28.12.2004 con la quale il piano è stato nuovamente approvato con alcune modifiche richieste dall’Amministrazione regionale;
nei motivi aggiunti
4) della concessione edilizia n. 39 del 23.5.2006, rilasciata a Carlo Ferralasco e dell’autorizzazione al trasferimento della medesima in favore di Maria Giuseppina Ferralasco, n. 68/2006 del 13.9.2006;
5) della concessione edilizia n. 41 del 23.5.206 rilasciata a Isabella Salis e dell’autorizzazione al trasferimento della medesima concessione in favore di Giuseppe Ennas, n. 60/2007 del 13.6.2007;
6) della concessione edilizia n. 127 del 27.12.2006 rilasciata a Giuseppina Luxoro;
7) della concessione edilizia n. 34 del 2.4.2007 rilasciata alla SE.GEN Srl e dell’autorizzazione al trasferimento della medesima in favore della Verdelandia Srl, n. 64/2007 del 10.7.2007;
8) della concessione edilizia n. 35 del 2.4.2007, rilasciata alla Tekno Costruzioni Srl;
9) della concessione edilizia n. 41 del 12.4.2007 rilasciata a Francesco Feola.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di motivi aggiunti;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Carloforte;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle controinteressate Verdelandia Srl e Se.Gen. Srl;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;


Nominato relatore per la pubblica udienza del 21 maggio 2008 il consigliere Francesco Scano;


Uditi gli avvocati come da separato verbale;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


F A T T O


Riferisce l’associazione ricorrente che, con delibera n. 47 del 06.11.2003, il consiglio comunale ha adottato il nuovo PUC, con 12 voti favorevoli - tra i quali quello del sindaco Marco Simeone, del consigliere e assessore all’urbanistica Walter Mario Conte e del consigliere Carlo Aste – e quattro voti contrari, tra cui quello del ricorrente.
Conclusa la fase delle osservazioni, il consiglio comunale con deliberazione n. 13 del 23.5.2004 ha approvato il PUC.
Poiché l’assessorato regionale competente per la verifica di coerenza aveva chiesto alcuni chiarimenti e integrazioni, con deliberazione n. 48 del 28.12.2004 il consiglio comunale ha nuovamente approvato in via definitiva il PUC.
L'avviso relativo all'approvazione è stato pubblicato sul BURAS del 29.3.2005.
Due tra i punti qualificanti del nuovo PUC, riferisce ancora la ricorrente, sono da un lato la costituzione di due ampie zone denominate Br, ai due estremi dell'abitato, mediante la trasformazione di zone che in precedenza erano classificate come zone D, e dall'altro la costituzione di due zone Cf, distanti dall'abitato o ad esso ricollegate proprio tramite le nuove zone B.
In generale, precisa la ricorrente, il nuovo PUC consente un enorme aumento della cubatura edificabile, pari a mc 127.000 nelle zone B di nuova istituzione, a mc 1.024.000 nelle zone C, a mc 589.000 nelle zone F e a mc 163.000 nelle zone G, per un totale di mc 1.903.000. Una parte di questi milioni di metri cubi interessa importanti aree umide; un'altra parte, afferma la ricorrente, stravolge l'attuale assetto urbanistico dell'abitato di Carloforte, anch'esso depositario di un grande patrimonio storico-ambientale; inoltre, all'interno dell'isola, verrebbero cementificate aree di straordinario interesse che, non a caso, gli studi ed elaborati preparatori del piano territoriale paesistico n. 14 classificavano come meritevoli di un vincolo di assoluta immodificabilità.
L’associazione Legambiente, ritenendo che le previsioni del PUC ledano gravemente gli interessi paesistici e ambientali, la cui cura, afferma, è la stessa ragion d’essere dell’associazione, chiede l’annullamento degli atti impugnati, facendo valere le seguenti censure:
1) violazione dell’art. 78, comma secondo, del D.lg 267/2000: il Sindaco Simeone Marco e l’assessore all’urbanistica Conte Walter Mario non si sono astenuti in occasione dell’esame e votazione delle proposte attinenti l’ampliamento delle zone B, né in occasione della approvazione complessiva delle delibere, nonostante il primo sia socio al 60% della Mar.ma srl (proprietaria di immobili nella sottozona Br) ed il secondo abbia un fratello (Angelo Conte) e zii (Antonio e Giuseppe Saiu) interessati alla creazione delle nuove zone B;
2) violazione dell’art. 78, comma secondo, del D.lg 267/2000: il Sindaco ed il consigliere Carlo Aste, nonostante avessero dichiarato di volersi astenere in ordine all’osservazione proposta dalla società Intura, non si sono allontanati dall’aula ed hanno preso parte alla votazione finale del piano;
3) il Sindaco, nonostante avessero dichiarato di volersi astenere in ordine all’osservazione proposta dalla sua cugina Maria Simeone, non si é allontanato dall’aula ed inoltre nel verbale non risulta nessun astenuto;
4) il consigliere Pomata, nonostante avesse dichiarato di volersi astenere per ragioni di parentela, ha votato in merito a tutti gli emendamenti proposti dal ricorrente ed ha preso parte alla votazione finale;
5) il verbale della deliberazione n. 13/04 non consente di comprendere esattamente quanti e quali consiglieri abbiano partecipato a ciascuna votazione relativa all’accoglimento o al rigetto di diverse osservazioni dei cittadini;
6) i consiglieri sono stati chiamati ad approvare in via definitiva il PUC senza che fosse loro consegnato né il testo definitivo delle norme d’attuazione, né la cartografia aggiornata;
7) in violazione dell’art. 20, comma 2°, della l.r. 45/1989, non è stata eseguita la pubblicazione dei manifesti, finalizzata a consentire la massima partecipazione dopo l’adozione del piano;
8) eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione: l’Amministrazione, nella relazione illustrativa allegata alla delibera n. 47/2003, ha dichiarato di volersi autolimitare assumendo come atti istruttori essenziali la classificazione in zone territoriali e soprattutto gli studi preparatori che avevano condotto all’approvazione del PTP n. 14, ma nel PUC, contraddicendo la precedente scelta, ha dettato una regolamentazione in contrasto con il PTP e senza dar conto delle ragioni;
9) violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.A. 2266/U del 20.6.1983, rispetto all’autolimitazione che il PUC si era imposto nel recepire la previsione dell’art. 32 del PTP n. 14, secondo cui le volumetrie ammissibili nelle zone F devono essere dimezzate;
10) il PUC ai sensi del comma 2° dell’art. 8 della legge regionale 25 novembre 2004 n. 8 doveva essere corredato dello studio di compatibilità ambientale previsto dall’art. 5 della medesima legge;
11) la previsione di crescita della popolazione è priva di supporto istruttorio e la motivazione che la sorregge è insufficiente ed apodittica;
12) la creazione di tutte le nuove zone B previste dal PUC contrasta con le previsioni del decreto Floris;
13) l’accoglimento della censura precedente, rende illogica l’istituzione delle nuove zone Cf, vendo meno la continuità di esse con l’abitato;
14) violazione dell’art. 4 del decreto Floris, che per le zone C dei comuni di III classe come Carloforte, prevede l’indice massimo di edificabilità di 1mc/mq, a fronte dell’indice di 1,5 mc/mq indicato a pag 61 della relazione;
15) il PUC non è stato corredato dalla valutazione di incidenza, in quanto riguardante un proposto sito di importanza comunitaria, secondo il procedimento di cui al DPR 357/1997;
16) il Comune, successivamente all’approvazione delle 61 osservazioni presentate dai privati, non ha verificato il rispetto dei criteri stabiliti dal decreto Floris;
17) la previsione di una strada di circonvallazione a quattro corsie è viziata per manifesta illogicità, per difetto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà con lo stesso impianto del PUC, che attribuisce all’area interessata un altissimo valore paesistico-ambientale;
18) la motivazione di rigetto delle osservazioni del Consigliere Rivano, circa la previsione di una zona D nell’area circostante lo stagno Li Pascetti, è viziata per illogicità e per difetto di istruttoria circa le effettive esigenze di zone industriali.


Con atto di motivi aggiunti, depositato il 2.10.2007, l’Associazione Legambiente ha poi impugnato le concessioni edilizie, indicate dal n. 4 al n. 9 dell’epigrafe, facendo valere la censura di illegittimità derivata, conseguente dall’asserito illegittimo atto presupposto, impugnato con il ricorso principale. Sostiene al riguardo che le concessioni edilizie sono state rilasciate in aree precedentemente insistenti in zona G, poi trasformate in zone B2 o Br dal PUC.


Il Comune di Carloforte ha dedotto l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto.


Le società resistenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, rilevando che la ricorrente associazione ambientalista difetta di legittimazione attiva con riferimento ad atti aventi valenza urbanistico-edilizia, ancorché il loro eventuale annullamento possa determinare uno strumentale ed indiretto effetto utile (anche) ai fini della tutela dei valori ambientali.

 

Hanno inoltre eccepito l’inammissibilità dei motivi di ricorso non supportati da ragioni di tutela dell’ambiente. La controinteressata Se.Gen ha inoltre eccepito l’irricevibilità per tardività e l’inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnativa della concessione edilizia n. 34 del 2.4.2007.


Le società resistenti hanno, comunque, chiesto il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.


Alla pubblica udienza del 21 maggio 2008 la causa, su concorde richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione dal Collegio.


D I R I T T O


Con ordinanza collegiale istruttoria n. 81 del 8.6.2007 il Tribunale aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che sarebbero stati danneggiati dall’eventuale accoglimento del ricorso, con la seguente testuale argomentazione:
““Il ricorso non può, allo stato, essere deciso non essendo stati chiamati in giudizio tutti i soggetti controinteressati alla domanda di annullamento avanzata in ricorso.
In particolare non è stata data la prova, con il deposito della cartolina di ricevimento, che la notifica, effettuata per posta, del ricorso al Consigliere Aste Carlo, indicato come controinteressato dalla stessa ricorrente, abbia avuto esito positivo.
Nella notificazione a mezzo posta l'avviso di ricevimento, costituendo la prova dell'effettiva ricezione dell'atto da parte del suo destinatario, deve essere depositato in giudizio prima del passaggio in decisione della controversia. Poiché ciò non è avvenuto, parte ricorrente dovrà o depositare in giudizio detta cartolina o effettuare una nuova notifica del ricorso al Consigliere comunale indicato.
Ritiene il Collegio che assumono la veste di controinteressati anche i soggetti, alcuni indicati specificamente in ricorso e altri facilmente individuabili sulla base delle osservazioni proposte nel ricorso stesso, che con l’accoglimento delle censure attinenti all’inosservanza dell’obbligo di astensione da parte del Sindaco e dei consiglieri indicati in ricorso, subirebbero pregiudizio dall’accoglimento delle censure.
Al riguardo va considerato che la novella legislativa contenuta nell’art. 78 del D.Lgs. n. 267 del 18.8.2000 –nuovo ordinamento degli enti locali- (decreto che ha abrogato il RD 383/1934) ha riformato l’istituto dell’obbligo di astensione degli amministratori, ritagliando un ambito di applicazione meno rigoroso e prevedendo un successivo peculiare meccanismo di rinnovamento solo parziale della decisione pianificatoria.
Dispone l’articolo 78, al 2° comma, che “gli amministratori di cui all'art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado”.
Il successivo 4° comma prevede, poi, che “nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2° sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico”.
Come precisato dalla Sezione con la sentenza 25 marzo 2005 n. 431, con le riportate disposizioni, é stato, in sostanza, meglio precisato, dal legislatore l'ambito di applicazione dell'obbligo di astensione, attenuando il rigore e l’ampiezza della pregressa norma, proprio per il caso di partecipazione a “provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici” (recependo, in sostanza, quanto già in precedenza affermato dalla giurisprudenza amministrativa) ed ha previsto, per la fase successiva, in caso di avvenuto accertamento della violazione dell’obbligo di astensione, un peculiare meccanismo di successiva “emendatio” del provvedimento.
Ne consegue che, ove venissero accolte le censure riguardanti la violazione dell’obbligo di astensione, verrebbero danneggiati i soggetti in rapporto di parentele o di interesse con i Consiglieri non astenuti, in quanto verrebbe meno la favorevole destinazione urbanistica impressa ai loro terreni dall’impugnato PUC.
Va pertanto disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che subirebbero specifico pregiudizio dall’eventuale accoglimento delle censure sulla violazione dell’obbligo di astensione, proposte dalla parte ricorrente.””
Dopo l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti controinteressati alle domande proposte in ricorso, la causa è stata fissata per l’odierna udienza di discussione


L’Associazione Legambiente ha proposto il presente ricorso sostenendo che le previsioni del nuovo PUC di Carloforte ledono gravemente gli interessi paesistici ambientali la cui cura rappresenta la propria ragione di esistere.


Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti resistenti, che investono in modo particolare la legittimazione processuale della ricorrente, oltre a profili di tardività di alcune impugnative.
Assume prioritaria valenza l’eccezione, proposta dalle società controinteressate Verdelandia e Se.Gen, d’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dell’Associazione Legambiente.
Asseriscono al riguardo che le associazioni ambientaliste, riconosciute in forza dell’art. 18 della legge 8 luglio 1986 n° 349, hanno una loro peculiare legittimazione ad agire che sussiste soltanto qualora l’interesse all’ambiente sia configurabile in senso stretto, con esclusione di tutti gli atti che hanno una valenza urbanistica o comunque non strettamente ambientalista.
In ragione del carattere “eccezionale” della legittimazione loro riconosciuta, afferma la controinteressata Se.Gen., le associazioni ambientaliste possono impugnare soltanto provvedimenti che ledano in modo diretto ed immediato l’interesse all’ambiente mentre, come precisato dalla giurisprudenza (CdS IV. n. 7246/2004), non è configurabile la proposizione di motivi aventi una diretta valenza urbanistico-edilizia, e che solo in via strumentale – e cioè, per effetto del conseguito annullamento – ed indiretta, e non in ragione della violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente, possano determinare un effetto utile (anche) ai fini della tutela dei valori ambientali.
L’eccezione non può essere accolta.
L’articolo 18 della legge n. 349 del 1986 (abrogato dall’art. 318 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 ad eccezione del 5° comma ) così dispone al 5° comma:
“Le associazioni individuate in base all'articolo 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi”.
Con riferimento alla legittimazione prevista dalla riportata disposizione, la giurisprudenza, pur avendo sottolineato che alle associazioni ambientaliste spetta propriamente la tutela degli interessi ambientali e non già di quelli urbanistici, ha tuttavia riconosciuto l’interesse a ricorrere di una associazione ambientalista (nella specie dell'associazione Italia Nostra Onlus) avverso atti con i quali era stato disposto l’inserimento di un’opera pubblica nel programma triennale di un ente, ove l’opera stessa fosse lesiva dei valori ambientali, oltre che storici ed artistici di una determinata area (Cons. Stato, 23.10.2002 n. 5824).
Ancora, con la sentenza n. 5365 del 9.10.2002 la IV sezione ha osservato che “l'Associazione nazionale Italia Nostra Onlus è certamente legittimata ad agire in giudizio non solo per la tutela di interessi ambientali in senso stretto, bensì anche per quelli ambientali in senso lato, comprendenti proprio la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, dell'ambiente in senso ampio, del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti e dei centri storici e della qualità della vita, intesi tutti come beni e valori ideali idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico e territoriale rispetto ad ogni altro ambito geografico e territoriale e pertanto capaci di assicurare ad ogni individuo che entra in contatto con tale ambito una propria specifica utilità che non può essere assicurata da un altro ambiente”
La stessa IV sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 2.10.2006 n. 5760 – dopo aver ritenuto ammissibile la legittimazione attiva di un comitato locale avente per statuto la finalità di tutelare le attività agricole locali, chiarendo che il potere ministeriale di riconoscimento delle associazioni ambientaliste non esclude al giudice il potere di applicare direttamente la norma di cui all’art. 18 della legge 349/86, accertando, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione – ha ribadito che la legittimazione ad agire delle associazioni e/o comitati spetta non solo con riferimento alla tutela degli interessi ambientali in senso stretto, ma anche con riferimento alla tutela ambientale in senso lato, poiché “solo attraverso la nozione allargata è possibile raggiungere l’effettiva tutela del patrimonio ambientale, culturale, storico e artistico, patrimonio che sarebbe esposto a gravissimi rischi di sopravvivenza se la legittimazione ad agire fosse circoscritta ai singoli cittadini direttamente e autonomamente lesi da provvedimenti amministrativi” ( nel caso di specie il giudizio verteva sulla impugnazione di una variante al piano regolatore che prevedeva un nuovo tracciato stradale di circa 4000 metri).
Il Collegio ritiene di aderire al riportato indirizzo giurisprudenziale che offre una nozione ampia della tutela ambientale, tale da includervi la possibilità di impugnativa degli atti aventi finalità urbanistica, nella specie il Piano Urbanistico del Comune di Carloforte, ove si riconnettano specifici interessi ambientali, da tutelare attraverso l’annullamento, totale o parziale, dello strumento urbanistico (in termini Cons. stato, sez. IV, 30.9.2005 n. 5205).
La legittimazione dell’Associazione ricorrente verrà, pertanto, valutata alla luce dell’interesse riconosciuto tutelabile e non di quello fatto valere, ritenendo ammissibili le sole censure che consentano, ove accolte, di comportare un risultato favorevole con riferimento alla tutela ambientale, risultato che dovrà ovviamente essere specificamente indicato in ricorso o emergere chiaramente dal contesto della doglianza.
Il Collegio ritiene che, contrariamente all’avviso delle parti resistenti, non possa più essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato sez. IV, 9.11.2004 n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, ritenendo che conseguentemente un'associazione ambientalista potesse “proporre in giudizio soltanto motivi di gravame direttamente attinenti alla sfera dell'interesse tutelato e non motivi aventi una valenza urbanistico - edilizia e che solo in via strumentale ed indiretta possano determinare un effetto utile anche ai fini della tutela dei valori ambientali”.
Il riportato indirizzo deve essere abbandonato alla luce della nuova disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310 comma 1 del D.Lgs. 3 aprile 2004 n. 152, che così recita:
“I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, [Le regioni, le province autonome e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche] sono legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale”.
La legittimazione ad agire, specie con riferimento alla problematica sulla proponibilità delle singole censure, verrà pertanto valutata secondo i principi generali, e verranno conseguentemente ritenute ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale; non verranno, invece, ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina urbanistica.
L’eccezione di difetto di legittimazione ad agire sollevata delle parti resistenti va, pertanto, respinta nei sensi sopra precisati


La Società Se. Gen ha inoltre eccepito l’irricevibilità dei motivi aggiunti perché proposti oltre il termine decadenziale di sessanta giorni decorrente dalla scadenza della pubblicazione all’albo pretorio del Comune, pubblicazione avvenuta dal 2 al 16 aprile 2007, della concessione edilizia n. 34 del 2.4.2007.
L’eccezione è infondata.
E’ pacifico in giurisprudenza che la mera affissione dell'atto all'albo pretorio del comune non costituisce formalità idonea per la decorrenza dei termini per l'impugnazione di una concessione edilizia.


Fondata appare, invece, l’eccezione proposta dalla stessa società Se.Gen. d’inammissibilità dell’impugnativa della citata concessione edilizia.
In effetti la ricorrente non evidenzia alcun interesse di natura ambientale con riferimento all’annullamento di quella concessione edilizia.
L’edificazione di una parte del territorio non implica, di per sé, la lesione di interessi e valori ambientali, occorrendo quindi, per l’ammissibilità della domanda di annullamento, la dimostrazione di uno specifico interesse ambientale al mantenimento della situazione precedente di inedificazione.
La mancanza di detta indicazione e dimostrazione rende inammissibile la domanda di annullamento della concessione edilizia.


Può ora procedersi all'esame nel merito del ricorso.
L’associazione ricorrente, a supporto della domanda di annullamento del PUC di Carloforte, deduce che questo nuovo strumento urbanistico consente un enorme aumento della cubatura realizzabile, pari a 1.903.00 mc, gran parte della quale in aree adiacenti alla linea di costa, che comporta danni ambientali perché interessa, in parte, importanti aree umide, perché stravolge l’attuale assetto urbanistico dell’abitato di Carloforte e perché determina la cementificazione di aree di straordinario interesse, che gli studi ed elaborati preparatori del piano territoriale paesistico n. 14 classificavano come meritevoli di un vincolo di “assoluta immodificabilità”.
Alle luce dell’interesse ambientale fatto valere verranno, quindi, esaminate le censure e la domanda di annullamento del PUC.
Con i motivi da uno a quattro compreso, vengono proposte delle censure attinenti alla violazione dell’obbligo di astensione da parte del Sindaco e di alcuni Consiglieri comunali.
Le censure sono inammissibili.
Come precisato all’inizio della motivazione in diritto, l’eventuale accoglimento delle censure proposte comporterebbe l’annullamento della parte scindibile del PUC relativa alla nuova disciplina dettata per le aree dei soggetti collegati con rapporto di parentela con il Sindaco e con i consiglieri comunale, i quali, in violazione del dovere di imparzialità, non si sarebbero astenuti in occasione della discussione ed approvazione delle delibere di adozione e approvazione del Piano.
Le censure sono inammissibili per la mancata indicazione e dimostrazione del danno ambientale che conseguirebbe alla nuova destinazione urbanistica degli immobili dei parenti dei consiglieri comunali. In ricorso non vengono puntualmente indicati né gli estremi catastali, né le superfici dei terreni interessati e né la valenza ambientale degli stessi terreni. L’assenza di precisazioni, specie in ordine a detto ultimo aspetto, comporta l’irrilevanza delle visure catastali depositate il 30.4.2008.
Con il quinto motivo si sostiene che il verbale della deliberazione n. 13/2004 non consente di comprendere esattamente quanti e quali consiglieri abbiano partecipato a ciascuna votazione relativa all’accoglimento o al rigetto di diverse osservazioni di cittadini.
In particolare si sostiene che non sarebbe stato indicato con precisione il numero totale dei presenti e dei votanti.
La censura è ammissibile perché il suo accoglimento comporterebbe l’annullamento dell’intero PUC e, quindi, il conseguimento degli interessi ambientali perseguiti dall’associazione Legambiente, ma non può essere accolta nel merito.
Ancorché dai verbali emergano delle imprecisioni ed incongruenze in ordine ai componenti dell’organo collegiale, presenti e votanti sulle varie osservazioni dei cittadini, tuttavia da tale irregolare verbalizzazione non può conseguire l’illegittimità della determinazione assunta, poiché il numero dei consiglieri favorevoli nelle singole votazioni è stato nettamente superiore rispetto al numero dei consiglieri contrari. Trattasi quindi di mera irregolare verbalizzazione, inidonea a porre in discussione il risultato finale della votazione.
 

Con il sesto motivo vengono proposte tre specifiche censure.
Con la prima si sostiene che il Consiglio comunale è stato convocato per l’adozione del piano senza che ai consiglieri di minoranza fosse stato materialmente consentito di prendere visione del piano e degli elaborati.
La contestata omissione non ha determinato alcuna illegittimità in quanto, come affermato dalla stessa ricorrente, e come risulta dal verbale della deliberazione contestata, n. 45 del 30.10.2003, la seduta è stata rinviata per consentire ai Consiglieri comunali di avere “copia di tutti gli elaborati, anche grafici, relativi alla proposta di adozione P.U.C.”.
Nella successiva seduta del 6.11.2003, con deliberazione n. 47, è stato poi adottato il PUC.
Nello stesso sesto motivo la ricorrente censura ed impugna la nota 29.1.1994 prot. N. 18/sind, con la quale il Sindaco aveva diffidato l’ufficio tecnico dal rilasciare ai cittadini di Carloforte elaborati grafici e gli studi preparatori allegati al piano.
L’impugnativa è inammissibile.
Essa non è conferente rispetto alla domanda di annullamento del PUC, riguardando istruzioni rivolte all’ufficio tecnico sul rilascio ai cittadini della documentazione attinente il PUC in itinere. L’asserita violazione dei principi sulla trasparenza riguarda la posizione dei singoli cittadini cui sarebbe stata negata la conoscenza degli atti, ma non influisce sulla conoscenza degli atti stessi da parte dei consiglieri comunali, non essendo contestato che la discussione e votazione finale siano avvenute previo deposito agli atti del Consiglio dei documenti allegati al Piano..
Con ulteriore censura si sostiene che le 61 osservazioni accolte avrebbero comportato una significativa modifica, rispetto al testo originario adottato, sia delle norme di attuazione e sia delle planimetrie da cui risultano le diverse destinazioni d’uso del territorio, con conseguente necessità della modifica delle carte del Piano prima della sua approvazione definitiva.
La censura non può essere condivisa.
La legge regionale n. 45/89, non prevede il passaggio procedimentale indicato dalla ricorrente (approvazione delle osservazioni, modifica consequenziale delle cartografie e nuova convocazione del Consiglio per l’approvazione del Piano), e comunque la ricorrente neppure evidenzia le modifiche conseguenti all’approvazione delle osservazioni, oltre a non fornire alcuna specifica argomentazione atta a dimostrare che le modifiche apportate al piano in sede di adozione siano di rilevanza tale da richiedere un nuovo passaggio consiliare.
Peraltro l’ulteriore passaggio in Consiglio comunale è comunque intervenuto.
Le osservazioni sono state esaminate e definite con la deliberazione n. 13 del 23.5.2004, ma il piano è stato nuovamente approvato dal Consiglio comunale con la deliberazione n. 48 del 28.12.2004.


Con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 20 comma 2 della legge regionale 22 dicembre 1989 n. 45, per omessa affissione dei manifesti, funzionale alla partecipazione dei cittadini.
La difesa del Comune afferma che le formalità di pubblicità sono state osservate, come risulterebbe “da certificazione del Vice Segretario Comunale già versata in atti”.
Al riguardo va disposto incombente istruttorio a carico del Comune che, contrariamente a quanto dichiarato in ricorso, non ha depositato agli atti di causa alcuna certificazione del Vice Segretario Comunale.
L’atto pur depositato in altro ricorso non può essere utilizzato in questo giudizio.
Al riguardo il Consiglio di Stato, con la sentenza 28.09.2007 n.887 ha chiarito che nel giudizio amministrativo, il collegio non può giudicare sulla base del materiale probatorio acquisito in un diverso fascicolo processuale, utilizzando così la scienza privata del giudice, in violazione dell’articolo 115 c.p.c.


Con l’ottavo motivo vengono proposte le censure di eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione. Si sostiene che l’Amministrazione, nella relazione illustrativa allegata alla delibera n. 47/2003, ha dichiarato di volersi autolimitare assumendo gli studi preparatori che avevano condotto all’approvazione del PTP n. 14, ma nel PUC ha dettato una regolamentazione in contrasto con il PTP e senza dar conto delle ragioni di tale diversa scelta.
Il Comune replica affermando che il Consiglio non si era affatto autolimitato e che di autolimitazione si parla per la prima volta nel dispositivo della deliberazione n. 48/04, di approvazione definitiva del PUC, in relazione alla richiesta formulata dalla Regione “con la nota prot. 3401/G, accompagnatoria della determinazione 474/DG”.
Al fine di decidere sulla censura il Collegio ritiene necessario disporre incombenti istruttori.


Con il nono motivo si sostiene che i provvedimenti impugnati sono viziati per violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.A. 2266/U del 20.6.1983, per contraddittorietà rispetto all’obiettivo dichiarato di volere dimezzare le volumetrie ammissibili nelle zone F in applicazione di tale decreto assessoriale, oltre che per macroscopico errore nella motivazione e nella raccolta degli elementi istruttori e per travisamento dei presupposti di fatto.
Afferma al riguardo la ricorrente che, contrariamente a quanto indicato nella relazione illustrativa al PUC che quantifica in ml 60.914 lo sviluppo costiero dell’Isola di San Pietro con una capacità insediativa di 34.534,5 abitanti in applicazione del citato articolo 4, “è fatto notorio – verificabile in qualunque libro di geografia o carta nautica e, comunque, facilmente misurabile – che lo sviluppo costiero dell’isola di San Pietro è di poco superiore a 18 miglia marine, corrispondenti a circa 35.000 metri lineari: poco più della metà di quanto stimato dal PUC”.
La difesa del Comune contesta l’affermazione della ricorrente, ribadendo l’esattezza dei conteggi indicati nella relazione al PUC.
La difesa della ricorrente, con la memoria conclusionale depositata il 10 maggio 2008, insiste nella censura senza però fornire alcuna prova al riguardo.
Il Collegio di fronte alle contrastanti asserzioni delle parti, nessuna delle quali fornisce, invero, elementi di prova decisivi a sostegno delle rispettive tesi, ritiene sia necessario disporre una consulenza tecnica d’ufficio per accertare l’esatto sviluppo costiero dell’Isola di S. Pietro al fine di calcolare le volumetrie ammissibili per insediamenti turistici Gli oneri della consulenza verranno liquidati nella sentenza definitiva, mentre l’acconto iniziale va posto a carico della ricorrente e determinato in € 3.000,00 (tremila).


Con il decimo motivo si sostiene che il PUC ai sensi del comma 2° dell’art. 8 della legge regionale 25 novembre 2004 n. 8 doveva essere corredato dello studio di compatibilità ambientale previsto dall’art. 5 della medesima legge.
La difesa del Comune replica alla censura affermando che “la relazione studio di compatibilità ambientale” era inserito tra gli allegati del PUC, come risulterebbe dalle delibere di adozione e approvazione del Piano.
Non avendo il Comune depositato la relazione citata, il Collegio ritiene sia necessario disporne l’acquisizione, anche perché la ricorrente insiste nella censura con la memoria conclusionale, ribadendo che manca lo studio in questione.


Con l’undicesimo motivo si sostiene che la previsione di crescita della popolazione è priva di supporto istruttorio e la motivazione che la sorregge è insufficiente ed apodittica.
La censura non può essere accolta.
Nella relazione al Piano viene fornita ampia motivazione a supporto della previsione di aumento della popolazione insediabile, sia come residenti e sia come ospiti delle strutture recettive.
Le critiche mosse dalla ricorrente con riferimento ai dati indicati nella relazione non dimostrano evidenti profili di illogicità dei calcoli eseguiti nella relazione medesima.
E’ pacifico che il dimensionamento del piano regolatore generale è frutto della discrezionalità tecnica dell'amministrazione, censurabile solo per illogicità od erroneità manifesta
Inoltre, nella determinazione del fabbisogno abitativo, l'Amministrazione non è tenuta a considerare esclusivamente l'andamento demografico che si è avuto nell’ultimo periodo, potendo invece valutare anche fenomeni sociali, o economici che di fatto incidono sulla prevedibile domanda di alloggi ( cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6964).
Nella specie, l’ipotizzato aumento demografico e la conseguente necessità di nuove superfici residenziali, di tipo privato o alberghiero, viene ancorato alla previsione di un consistente aumento del flusso turistico, con argomentazioni che non appaiono affette da illogicità o erroneità manifeste.


Con il dodicesimo motivo si sostiene che la creazione di tutte le nuove zone B previste dal PUC contrasta con le previsioni del decreto Floris.
In particolare si sostiene l’illegittimità della trasformazione delle aree da destinazione D a destinazione B poiché il decreto Floris, come precisato dalla Regione con circolare n. 1 del 10.5.1984, richiede che “i volumi esistenti abbiano…carattere residenziale, e non siano edifici ad uso commerciale, artigianale o industriale come sono quelli oggi esistenti nelle zone D che il PUC trasforma in zone Br”.
La censura è inammissibile.
La ricorrente deduce che l’illegittimità dell’ampliamento delle zone B comporterebbe “sulle complessive previsioni del piano (viabilità e previsione circa le opere di urbanizzazione, numero di abitanti insediabili, standars e così via) un impatto così devastante, da travolgere necessariamente per intero gli atti impugnati”.
L’affermazione appare del tutto generica in relazione all’interesse che legittima la ricorrente nel presente gravame, in quanto, la stessa, non rappresenta quale possa essere l’impatto di tale nuova destinazione residenziale sull’ambiente, sul territorio ed eventualmente sul paesaggio, tenuto conto che la zona interessata era già compromessa, dal punto di vista ambientale, per la preesistenza di edifici, aventi una volumetria complessiva di 55.271 mc., con destinazione non residenziale.
In particolare la ricorrente lamenta che vi sarebbe un forte incremento volumetrico che passerebbe “da mc 55.271 attuali, tutti non residenziali, a mc. 182.315, di cui 109.389 residenziali, con un numero di abitanti insediabili pari a 1.094”, ma non considera, ai fini dell’interesse paesaggistico ambientale di cui è portatrice, che la zona era già compromessa e che il mantenimento della destinazione commerciale, artigianale e industriale avrebbe comportato, comunque, la possibilità di ulteriori edificazioni fino alla saturazione dell’indice di edificabilità per la zona.
La costruzione di edifici a destinazione residenziale non rappresenta un maggiore e più pesante impatto ambientale rispetto alla costruzione di edifici per attività produttive (commerciale, artigianale o industriale), atteso queste ultime attività richiedono, normalmente, l’esecuzione di lavorazioni che importano forme di inquinamento più o meno pesanti per il territorio e per l’ambiente in generale.
Peraltro l’incremento dell’indice di cubatura non determina, di per sé, la lesione degli interessi ambientali, ma anzi la concentrazione degli edifici in zone circoscritte consente di limitare il dispendio di territorio per le attività umane, siano esse funzionali ad attività produttive che alla normale residenziale.
Il realtà la modifica di destinazione urbanistica, da produttiva a residenziale, sebbene possa comportare un aumento delle volumetrie realizzabili, non determina, di per sé, un aggravio dal punto di vista ambientale per il territorio interessato e quindi la censura non appare funzionale alla tutela dell’interesse ambientale che la ricorrente associazione intende tutelare: l’eventuale accoglimento della censura comporterebbe il ripristino dell’originaria destinazione industriale delle aree in questione, con nessun evidenziato danno dal punto di vista dell’ambiente.
La scelta dell’amministrazione comunale di destinare zone del proprio territorio all’edificazione residenziale anziché a quella industriale, si colloca nell’ambito delle scelte tipicamente urbanistiche, che possono anche coinvolgere negativamente interessi paesaggistici ed ambientali, ma solo nell’ipotesi e nella misura in cui si dimostri che tale destinazione crei “in concreto” pregiudizio all’ambiente.


Con il tredicesimo motivo si sostiene che l’accoglimento della censura precedente, rende illogica l’istituzione delle nuove zone Cf, venendo meno la continuità di esse con l’abitato. Si afferma inoltre che l’illegittimità delle previsioni di crescita demografica, censura proposta all’undicesimo motivo, travolge per intero tutti i dimensionamenti commisurati a quelle previsioni, tra i quali quelli relativi alle nuove zone C.
Il motivo non può essere accolto, essendo state respinte le censure richiamate in ricorso a sostegno dei vizi proposti con esso.


Con il quattordicesimo motivo si deduce la violazione dell’art. 4 del decreto Floris, sul rilievo che, per le zone C dei comuni di III classe come Carloforte, la norma prevede l’indice massimo di edificabilità di 1mc/mq, a fronte dell’indice di 1,5 mc/mq indicato a pag 61 della relazione per molte delle zone C.
Questa censura deve essere collegata con altra parte del ricorso in cui si afferma il danno ambientale determinato da un eccesso di volumetria e da una esagerata cementificazione del territorio dell’Isola; sotto questo profilo la censura può ritenersi ammissibile, poiché la previsione di un eccessivo e illegittimo aumento della volumetria realizzabile va ad interessare anche parti del territorio comunale non compromesso da costruzioni, con evidente danno ambientale.
La difesa del Comune replica alla censura affermando, in modo apodittico, che gli indici del Decreto Floris sono stati rispettati; rileva poi che il vizio prospettato non è stato rilevato dalla Regione in sede di verifica di coerenza e che il relativo atto non è stato impugnato dalla ricorrente.
Quest’ultima osservazione del Comune è del tutto ininfluente sulla fondatezza e ammissibilità della censura proposta dall’Associazione Legambiente: l’atto adottato dalla regione in sede di verifica di coerenza, che peraltro non è un atto di controllo, non rileva ai fini della dimostrazione circa l’esistenza o meno di vizi nel PUC esaminato (cfr TAR Sardegna sez. II, 4.7.2007 n. 1488).
Il decreto Floris (D. A. EE. LL. 20.12.1983 n. 2266/U) in effetti all’art. 4 relativo ai “limiti di densità edilizia per le diverse zone, in relazione alla zona C per i comuni della III e IV classe impone quale indice territoriale massimo 1 mc/mq, nel caso di specie tale disposizione, per alcune zone C, sembra sia stata disattesa.
Tuttavia, poiché né la ricorrente e né il Comune hanno depositato la norma regolamentare, approvata con il PUC, che prevede il nuovo indice di cubatura per le zone C, va disposta istruttoria al riguardo.


Con il quindicesimo motivo si deduce che il PUC non è stato corredato della valutazione di incidenza, in quanto riguardante un proposto sito di importanza comunitaria, secondo il procedimento di cui al DPR 357/1997.
La difesa del Comune replica affermando che lo Studio di compatibilità ambientale supera di gran lunga il contenuto minimo previsto dall’allegato G al D.P.R. 357/97 per la Valutazione di incidenza ambientale.
Sulla censura va disposta istruttoria poiché il Comune non ha depositato lo Studio di compatibilità ambientale.


Con il sedicesimo motivo si sostiene che il Comune successivamente all’approvazione delle 61 osservazioni presentate dai privati, non ha verificato il rispetto dei criteri stabiliti dal decreto Floris in relazione all’aumento dei volumi edificabili.
La censura è inammissibile poiché è generica e non specifica se e dove l’aumento di cubatura determini danno ambientale, a parte che non è supportata da alcuna specifica dimostrazione circa il superamento degli indici, non essendo sufficiente la mera asserzione di un ipotetico o probabile superamento.


Con il diciassettesimo, penultimo motivo, si sostiene che la previsione di una strada di circonvallazione a quattro corsie è viziata per manifesta illogicità, per difetto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà con lo stesso impianto del PUC, che attribuisce all’area interessata un altissimo valore paesistico-ambientale;
La difesa del Comune non replica alla censura, ma si limita ad affermare che la valutazione di compatibilità ambientale dell’intervento verrà effettivamente operata al momento della sua progettazione.
L’osservazione del Comune non è sufficiente per contrastare le censure proposte dalla ricorrente, specie con riferimento ai vizi di difetto di istruttoria e contraddittorietà, tuttavia il Collegio ritiene sia necessario acquisire tutti gli atti istruttori che hanno portato alla redazione del tracciato della strada in questione con particolare riferimento alle “accurate analisi di tipo ambientale-paesaggistico e della mobilità di attraversamento del centro abitato” che l’amministrazione sostiene avere fatto e che, viceversa, sono state contestate in sede di osservazioni da parte di diversi soggetti privati.
Nessuna controdeduzione risulta, invero, essere stata fatta dalla difesa comunale sulla circostanza (dedotta in ricorso) che l’area su cui dovrebbe ricadere l’intervento sia stata dallo stesso Puc considerata di altissimo valore paesistico-ambientale


Infine, con l’ultimo motivo, si sostiene che la motivazione di rigetto delle osservazioni del Consigliere Rivano, circa la previsione di una ampissima zona D nell’area circostante lo stagno Li Pescetti, è viziata per illogicità, per difetto di istruttoria e di motivazione circa le effettive esigenze di zone industriali.
In particolare si richiama, a sostegno della censura, la seguente affermazione opposta in sede di controdeduzioni: “La zona D, prevista nello Stagno dei Pescetti, ancorché sovradimensionata…”.
Ad avviso della ricorrente “questa motivazione, che ammette l’esagerato dimensionamento della zona D, è evidentemente viziata per illogicità, difetto d’istruttoria circa le effettive esigenze di zone industriali, difetto di motivazione”.
La difesa del Comune si limita ad affermare che la zona non è soggetta a vincoli e che nessun interesse specifico viene evidenziato in relazione alla suddetta censura.
Ad avviso del Collegio la censura è fondata e deve essere accolta.
Come sopra detto, esiste un potere discrezionale dell’amministrazione comunale nell’operare scelte urbanistiche nell’ambito del proprio territorio, al fine di perseguire l’interesse pubblico ad una coerente e razionale disciplina del territorio, che deve, tuttavia, avere come presupposto una adeguata istruttoria alla quale devono conseguire determinazioni razionali.
Nel caso di specie, l’amministrazione sta destinando un territorio “vergine” ad edificazione industriale, ammettendo essa stessa che tale destinazione a zona D è “sovradimensionata”, l’affermazione già di per sé problematica, non è accompagnata da una adeguata motivazione che chiarisca la ragione di tale sovradimensionamento, a parte forse una frase che sembrerebbe individuarla nella necessità di una pianificazione di “lungo periodo”.
Va evidenziato che tale scelta comporta la realizzabilità di volumetrie su un territorio con delle particolari caratteristiche di fragilità ambientale (se pur non vincolato), trattandosi di aree che intessano una palude situata in prossimità del mare.
L’amministrazione non fornisce una motivazione all’osservazione del consigliere Rivano circa le ragioni della destinazione di una “enorme zona D circostante all’importante stagno di Li Pescetti”, ma anzi la rigetta, confermando, contraddittoriamente, il suo “sovradimensionamento”, in quanto destina alle attività produttive dell’isola (e quindi all’edificazione) un territorio maggiore rispetto al fabbisogno reale.


In relazione ai motivi aggiunti, con i quali si impugnano diverse concessioni edilizie relative a fabbricati da realizzare in aree oggi classificate B2 e Br, il Collegio osserva che la censura risulta inammissibile atteso che il cambio di destinazione, da zona G alle suddette tipologie residenziali, non è stato oggetto di specifico motivo nel ricorso introduttivo: non può pertanto essere dedotta in via derivata e per la prima volta, con i motivi aggiunti, l’illegittimità delle concessioni edilizie rilasciate ai controinteressati.
Anche nell’ipotesi in cui si potesse ritenere che la ricorrente sia incorsa in errore materiale, volendo in realtà contestare non tanto la trasformazione della zona “G”, ma della zona “D” in B2 e Br, oggetto invero, di specifica censura al motivo n. 12 del ricorso introduttivo, il motivo sarebbe infondato, per le osservazioni già svolte nell’esaminare e respingere tale censura.


In conclusione, va dichiarata inammissibile la domanda di annullamento degli atti indicati in epigrafe ai numeri 4, 5, 6, 7, 8 e 9, nonchè della nota 29.1.2004 prot. 18/sind., censurata con il sesto motivo di ricorso, vanno respinte le censure di cui ai numeri da 1 a 6, 11, 12, 13 e 16 del ricorso; va, infine, annullata quella parte del PUC che destina a zona D le aree adiacenti lo stagno dei Pescetti, facendo salvo il potere dell’amministrazione di rideterminarsi, previo riesame, sulla questione relativa al dimensionamento e collocamento della zona D.
Il Collegio, al fine di decidere anche sulle ulteriori censure proposte e per poter conseguentemente pronunciarsi definitivamente sul ricorso in esame, dispone una consulenza tecnica d’ufficio e l’acquisizione dei seguenti documenti:
1) atti relativi all’esecuzione delle formalità di pubblicità previste dall’art. 20 comma 2 della legge regionale n. 45/89 (pubblicazione all’albo del Comune, affissione manifesti, avviso su un quotidiano), nonché certificazione del Segretario citata dalla difesa del Comune;
2) nota 340/G e determinazione 474/DG, citate dalla difesa del Comune (pag. 16);
3) relazione al PUC;
4) Norme tecniche di attuazione al PUC;
5) Studio di compatibilità ambientale allegato al PUC;
6) norma regolamentare sull’indice di edificabilità delle zone C, introdotta con il PUC impugnato;
7) atti istruttori, ove sussistenti, relativi alla scelta della previsione della strada di circonvallazione a quattro corsie;
8) planimetria del PUC, con evidenziazione della strada di circonvallazione di cui al punto precedente.
I documenti su indicati dovranno essere depositati dal Dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Carloforte entro il termine di giorni 60 dalla comunicazione o notificazione, se precedente, della presente sentenza.
Dispone inoltre consulenza tecnica di ufficio - mezzo istruttorio espressamente previsto in generale dalla nuova formulazione dell’art. 44 T.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, nella novella della L. n. 205/2000 nonché dall’art. 35, terzo comma, D.l.vo n. 80/1998, nel testo sostituito dalla stessa legge n. 205/2000 - al fine dell’accertamento dell’effettivo sviluppo costiero dell’isola di San Pietro.
Il Collegio ritiene di nominare, quale consulente tecnico d’Ufficio, l’ing. Roberto De Vendictis con studio in Cagliari via Lanusei n. 27, il quale dovrà misurare sulla base di cartografie ufficiali e con l’ausilio di mezzi informatici, lo sviluppo costiero dell’isola di S. Pietro.
A norma dell’art. 201/1 C.p.c., le parti possono nominare propri consulenti tecnici sino al momento dell’inizio delle operazioni della c.t.u., per interloquire in merito ai mezzi ed alle modalità di svolgimento della perizia, che il consulente dovrà far conoscere ai periti delle parti in apposita riunione dallo stesso convocata. A tale ultimo riguardo il Consulente d’Ufficio dovrà dare comunicazione, a mezzo fax da inviare al domicilio eletto dei procuratori delle parti almeno 7 (sette) giorni prima dell’inizio delle operazioni peritali, del giorno e dell’ora dello svolgimento della riunione indicata.
La ricorrente dovrà versare al Consulente d’Ufficio la somma di euro 3000,00 a titolo di acconto, entro quindici giorni dalla prestazione del giuramento. Il mancato versamento dell’acconto costituisce valido motivo per il Consulente di rifiutare l’inizio dell’attività peritale.
Manda alla Segreteria di comunicare immediatamente la presente ordinanza alle parti, presso i rispettivi difensori costituiti, nonché al C.T.U. nominato con la presente ordinanza.
Nel frattempo resta sospesa ogni ulteriore decisione di rito, nel merito e sulle spese.


Fissa la prossima udienza pubblica per il 22 Aprile 2009.


P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA


Sezione seconda
così dispone in ordine al ricorso in epigrafe:
1) dichiara inammissibile la domanda di annullamento degli atti indicati in epigrafe ai numeri 4, 5, 6, 7, 8 e 9, nonchè della nota 29.1.2004 prot. 18/sind.;
2) accoglie la domanda relativa annullamento della parte del PUC nella parte in cui destina a zona D le aree adiacenti lo stagno dei Pescetti;
3) respinge le censure di cui ai seguenti numeri di ricorso: da 1 a 6, 11, 12, 13 e 16;
4) ordina al Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Carloforte di depositare in giudizio in copia autentica gli atti indicati in motivazione, entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione o, se precedente, dalla notificazione della presente sentenza.
5) Dispone consulenza tecnica d’ufficio e pertanto:
a) nomina consulente tecnico l’ing. Roberto De Vendictis con studio in Cagliari via Lanusei n. 27, il quale dovrà prestare giuramento il giorno 21 ottobre 2008 alle ore 09,00 dinanzi al Cons. Francesco Scano, giudice delegato, per l’assunzione dei mezzi di prova;
b) assegna, per l’espletamento della consulenza, il temine di giorni 90 (novanta), decorrente dalla data di prestazione del giuramento del Consulente tecnico, oppure dalla data, ove successiva, di pagamento dell’acconto di cui al successivo punto d;
c) autorizza le parti costituite a nominare un proprio consulente, sino alla data di inizio delle operazioni peritali, con dichiarazione resa ai sensi dell’art. 201 C.p.c. e dell’art. 91 disp. att. presso la Segreteria di questa Sezione;
d) dispone che la parte ricorrente corrisponda direttamente al consulente tecnico, prima dell’inizio delle operazioni peritali, a titolo di anticipazione, la somma di Euro 3000,00 (tremila/00), mentre il compenso definitivo sarà liquidato al completamento delle predette operazioni, a seguito di redazione di parcella da allegare alla relazione di consulenza tecnica, secondo il giudizio di congruità da parte di questo Collegio;
e) manda alla Segreteria giurisdizionale della Sezione di notificare, ai sensi dell’art. 192 C.p.c., copia della presente sentenza al C.T.U., invitandolo a presentarsi nella Segreteria della Sezione alla suindicata data, per prestare il giuramento.
6) Rinvia, per l’ulteriore trattazione del ricorso, alla udienza pubblica del 22 Aprile 2009.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.


Così deciso in Cagliari, nelle camere di consiglio dei giorni 21 maggio e 2 luglio 2008 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, con l' intervento dei signori:


Rosa Panunzio, Presidente,
Francesco Scano, Consigliere, estensore,
Marco Lensi, Consigliere.

Depositata in segreteria oggi 06/10/2008
Il Direttore di segreteria
 


 

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