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TAR SARDEGNA, Sez. II, 6 ottobre 2008, sentenza n.
1816
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad agire - Associazioni
ambientaliste - Nozione di tutela ambientale - Atti con finalità urbanistica.
In materia di legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, va
accolta una nozione ampia della tutela ambientale, tale da includervi la
possibilità di impugnativa degli atti aventi finalità urbanistica (nella specie
il Piano Urbanistico del Comune di Carloforte), ove si riconnettano specifici
interessi ambientali, da tutelare attraverso l’annullamento, totale o parziale,
dell’atto (in termini Cons. stato, sez. IV, 30.9.2005 n. 5205). Pres. Panunzio,
Est. Scanu - Legambiente Onlus (avv. Massa) c. Comune di Carloforte (avv.
Filippini) - T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 6 ottobre 2008, n. 1816
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Legittimazione ad agire delle associazioni
ambientaliste Indirizzo giurisprudenziale tradizionale - Eccezionalità della
tutela - Effetti sull’impugnazione di atti a valenza urbanistico-edilizia -
Innovazioni normative ex art. 310 T.U. Ambiente. Alla luce della nuova
disposizione introdotta in materia dall’art. 310 del d.lgs. n. 152/2006, non può
più essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato sez. IV, 9.11.2004
n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle
associazioni ambientaliste, ritenendo che conseguentemente un'associazione
ambientalista potesse “proporre in giudizio soltanto motivi di gravame
direttamente attinenti alla sfera dell'interesse tutelato e non motivi aventi
una valenza urbanistico - edilizia e che solo in via strumentale ed indiretta
possano determinare un effetto utile anche ai fini della tutela dei valori
ambientali”. La nuova norma, infatti, così recita: “I soggetti di cui
all'articolo 309, comma 1, [Le regioni, le province autonome e gli enti locali,
anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche] sono legittimati ad
agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti e dei
provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta
del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e per il risarcimento del danno
subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro,
delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno
ambientale”. La legittimazione ad agire, specie con riferimento alla
problematica sulla proponibilità delle singole censure, va pertanto valutata
secondo i principi generali, e vanno conseguentemente ritenute ammissibili tutte
le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento
di uno specifico interesse ambientale; non vanno, invece, ritenute ammissibili
le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile
dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un
interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina
urbanistica. Pres. Panunzio, Est. Scanu - Legambiente Onlus (avv. Massa) c.
Comune di Carloforte (avv. Filippini) - T.A.R. SARDEGNA, Sez. II - 6 ottobre
2008, n. 1816
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SARDEGNA
SEZIONE SECONDA
Sent. n. 1816/2008
Ric. N. 605/2005
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 650/05 proposto dall’Associazione Legambiente o.n.l.u.s.,
rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Massa, presso il cui studio in
Cagliari, viale Merello n. 41, è elettivamente domiciliata;
contro
il Comune di Carloforte, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e
difeso dall’avv. Alberto Filippini presso il cui studio in Cagliari, piazza
Repubblica n. 28, è elettivamente domiciliato;
e nei confronti
dei signori Conte Walter Mario, Simeone Marco, Pomata Gabriele e Aste Carlo,
Simeone Maria, Conte Angelo Salvatore, Saliu Giuseppe, Saliu Antonio, Ferralasco
Carlo, Ferralasco Maria Giuseppina, Salis Isabella, Ennas Giuseppe, Luxoro
Giuseppina, Feola Francesco e delle società: Intura Srl, Marma Srl, Tekno
costruzioni Srl, Sa.E.Co. S.r.l., tutti non costituitisi in giudizio;
della SE.GEN Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pietro Corda e Ilaria
Corda, ed elettivamente domiciliata in Cagliari, via Eintein n. 7, presso lo
studio dell’avv. Giuseppe Del Rio;
della Verdelandia Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Matilde Mura, presso il
cui studio, in Cagliari, via Ancona n. 3, è elettivamente domiciliata;
per l'annullamento
1) della deliberazione del Consiglio comunale di Carloforte n. 47 del
6.11.2003, con la quale è stato adottato il piano urbanistico comunale;
2) della deliberazione consiliare n. 13 del 23.5.2004, con la quale il PUC è
stato approvato in via definitiva;
3) della deliberazione n. 48 del 28.12.2004 con la quale il piano è stato
nuovamente approvato con alcune modifiche richieste dall’Amministrazione
regionale;
nei motivi aggiunti
4) della concessione edilizia n. 39 del 23.5.2006, rilasciata a Carlo Ferralasco
e dell’autorizzazione al trasferimento della medesima in favore di Maria
Giuseppina Ferralasco, n. 68/2006 del 13.9.2006;
5) della concessione edilizia n. 41 del 23.5.206 rilasciata a Isabella Salis e
dell’autorizzazione al trasferimento della medesima concessione in favore di
Giuseppe Ennas, n. 60/2007 del 13.6.2007;
6) della concessione edilizia n. 127 del 27.12.2006 rilasciata a Giuseppina
Luxoro;
7) della concessione edilizia n. 34 del 2.4.2007 rilasciata alla SE.GEN Srl e
dell’autorizzazione al trasferimento della medesima in favore della Verdelandia
Srl, n. 64/2007 del 10.7.2007;
8) della concessione edilizia n. 35 del 2.4.2007, rilasciata alla Tekno
Costruzioni Srl;
9) della concessione edilizia n. 41 del 12.4.2007 rilasciata a Francesco Feola.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di motivi aggiunti;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Carloforte;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle controinteressate Verdelandia
Srl e Se.Gen. Srl;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore per la pubblica udienza del 21 maggio 2008 il consigliere
Francesco Scano;
Uditi gli avvocati come da separato verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Riferisce l’associazione ricorrente che, con delibera n. 47 del 06.11.2003, il
consiglio comunale ha adottato il nuovo PUC, con 12 voti favorevoli - tra i
quali quello del sindaco Marco Simeone, del consigliere e assessore
all’urbanistica Walter Mario Conte e del consigliere Carlo Aste – e quattro voti
contrari, tra cui quello del ricorrente.
Conclusa la fase delle osservazioni, il consiglio comunale con deliberazione n.
13 del 23.5.2004 ha approvato il PUC.
Poiché l’assessorato regionale competente per la verifica di coerenza aveva
chiesto alcuni chiarimenti e integrazioni, con deliberazione n. 48 del
28.12.2004 il consiglio comunale ha nuovamente approvato in via definitiva il
PUC.
L'avviso relativo all'approvazione è stato pubblicato sul BURAS del 29.3.2005.
Due tra i punti qualificanti del nuovo PUC, riferisce ancora la ricorrente, sono
da un lato la costituzione di due ampie zone denominate Br, ai due estremi
dell'abitato, mediante la trasformazione di zone che in precedenza erano
classificate come zone D, e dall'altro la costituzione di due zone Cf, distanti
dall'abitato o ad esso ricollegate proprio tramite le nuove zone B.
In generale, precisa la ricorrente, il nuovo PUC consente un enorme aumento
della cubatura edificabile, pari a mc 127.000 nelle zone B di nuova istituzione,
a mc 1.024.000 nelle zone C, a mc 589.000 nelle zone F e a mc 163.000 nelle zone
G, per un totale di mc 1.903.000. Una parte di questi milioni di metri cubi
interessa importanti aree umide; un'altra parte, afferma la ricorrente,
stravolge l'attuale assetto urbanistico dell'abitato di Carloforte, anch'esso
depositario di un grande patrimonio storico-ambientale; inoltre, all'interno
dell'isola, verrebbero cementificate aree di straordinario interesse che, non a
caso, gli studi ed elaborati preparatori del piano territoriale paesistico n. 14
classificavano come meritevoli di un vincolo di assoluta immodificabilità.
L’associazione Legambiente, ritenendo che le previsioni del PUC ledano
gravemente gli interessi paesistici e ambientali, la cui cura, afferma, è la
stessa ragion d’essere dell’associazione, chiede l’annullamento degli atti
impugnati, facendo valere le seguenti censure:
1) violazione dell’art. 78, comma secondo, del D.lg 267/2000: il Sindaco Simeone
Marco e l’assessore all’urbanistica Conte Walter Mario non si sono astenuti in
occasione dell’esame e votazione delle proposte attinenti l’ampliamento delle
zone B, né in occasione della approvazione complessiva delle delibere,
nonostante il primo sia socio al 60% della Mar.ma srl (proprietaria di immobili
nella sottozona Br) ed il secondo abbia un fratello (Angelo Conte) e zii
(Antonio e Giuseppe Saiu) interessati alla creazione delle nuove zone B;
2) violazione dell’art. 78, comma secondo, del D.lg 267/2000: il Sindaco ed il
consigliere Carlo Aste, nonostante avessero dichiarato di volersi astenere in
ordine all’osservazione proposta dalla società Intura, non si sono allontanati
dall’aula ed hanno preso parte alla votazione finale del piano;
3) il Sindaco, nonostante avessero dichiarato di volersi astenere in ordine
all’osservazione proposta dalla sua cugina Maria Simeone, non si é allontanato
dall’aula ed inoltre nel verbale non risulta nessun astenuto;
4) il consigliere Pomata, nonostante avesse dichiarato di volersi astenere per
ragioni di parentela, ha votato in merito a tutti gli emendamenti proposti dal
ricorrente ed ha preso parte alla votazione finale;
5) il verbale della deliberazione n. 13/04 non consente di comprendere
esattamente quanti e quali consiglieri abbiano partecipato a ciascuna votazione
relativa all’accoglimento o al rigetto di diverse osservazioni dei cittadini;
6) i consiglieri sono stati chiamati ad approvare in via definitiva il PUC senza
che fosse loro consegnato né il testo definitivo delle norme d’attuazione, né la
cartografia aggiornata;
7) in violazione dell’art. 20, comma 2°, della l.r. 45/1989, non è stata
eseguita la pubblicazione dei manifesti, finalizzata a consentire la massima
partecipazione dopo l’adozione del piano;
8) eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione:
l’Amministrazione, nella relazione illustrativa allegata alla delibera n.
47/2003, ha dichiarato di volersi autolimitare assumendo come atti istruttori
essenziali la classificazione in zone territoriali e soprattutto gli studi
preparatori che avevano condotto all’approvazione del PTP n. 14, ma nel PUC,
contraddicendo la precedente scelta, ha dettato una regolamentazione in
contrasto con il PTP e senza dar conto delle ragioni;
9) violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.A. 2266/U del 20.6.1983,
rispetto all’autolimitazione che il PUC si era imposto nel recepire la
previsione dell’art. 32 del PTP n. 14, secondo cui le volumetrie ammissibili
nelle zone F devono essere dimezzate;
10) il PUC ai sensi del comma 2° dell’art. 8 della legge regionale 25 novembre
2004 n. 8 doveva essere corredato dello studio di compatibilità ambientale
previsto dall’art. 5 della medesima legge;
11) la previsione di crescita della popolazione è priva di supporto istruttorio
e la motivazione che la sorregge è insufficiente ed apodittica;
12) la creazione di tutte le nuove zone B previste dal PUC contrasta con le
previsioni del decreto Floris;
13) l’accoglimento della censura precedente, rende illogica l’istituzione delle
nuove zone Cf, vendo meno la continuità di esse con l’abitato;
14) violazione dell’art. 4 del decreto Floris, che per le zone C dei comuni di
III classe come Carloforte, prevede l’indice massimo di edificabilità di 1mc/mq,
a fronte dell’indice di 1,5 mc/mq indicato a pag 61 della relazione;
15) il PUC non è stato corredato dalla valutazione di incidenza, in quanto
riguardante un proposto sito di importanza comunitaria, secondo il procedimento
di cui al DPR 357/1997;
16) il Comune, successivamente all’approvazione delle 61 osservazioni presentate
dai privati, non ha verificato il rispetto dei criteri stabiliti dal decreto
Floris;
17) la previsione di una strada di circonvallazione a quattro corsie è viziata
per manifesta illogicità, per difetto di istruttoria e di motivazione e per
contraddittorietà con lo stesso impianto del PUC, che attribuisce all’area
interessata un altissimo valore paesistico-ambientale;
18) la motivazione di rigetto delle osservazioni del Consigliere Rivano, circa
la previsione di una zona D nell’area circostante lo stagno Li Pascetti, è
viziata per illogicità e per difetto di istruttoria circa le effettive esigenze
di zone industriali.
Con atto di motivi aggiunti, depositato il 2.10.2007, l’Associazione Legambiente
ha poi impugnato le concessioni edilizie, indicate dal n. 4 al n. 9
dell’epigrafe, facendo valere la censura di illegittimità derivata, conseguente
dall’asserito illegittimo atto presupposto, impugnato con il ricorso principale.
Sostiene al riguardo che le concessioni edilizie sono state rilasciate in aree
precedentemente insistenti in zona G, poi trasformate in zone B2 o Br dal PUC.
Il Comune di Carloforte ha dedotto l’infondatezza del ricorso chiedendone il
rigetto.
Le società resistenti hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso, rilevando
che la ricorrente associazione ambientalista difetta di legittimazione attiva
con riferimento ad atti aventi valenza urbanistico-edilizia, ancorché il loro
eventuale annullamento possa determinare uno strumentale ed indiretto effetto
utile (anche) ai fini della tutela dei valori ambientali.
Hanno inoltre eccepito l’inammissibilità dei motivi di ricorso non supportati da ragioni di tutela dell’ambiente. La controinteressata Se.Gen ha inoltre eccepito l’irricevibilità per tardività e l’inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnativa della concessione edilizia n. 34 del 2.4.2007.
Le società resistenti hanno, comunque, chiesto il rigetto del ricorso perché
infondato nel merito.
Alla pubblica udienza del 21 maggio 2008 la causa, su concorde richiesta delle
parti, è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
D I R I T T O
Con ordinanza collegiale istruttoria n. 81 del 8.6.2007 il Tribunale aveva
ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che
sarebbero stati danneggiati dall’eventuale accoglimento del ricorso, con la
seguente testuale argomentazione:
““Il ricorso non può, allo stato, essere deciso non essendo stati chiamati in
giudizio tutti i soggetti controinteressati alla domanda di annullamento
avanzata in ricorso.
In particolare non è stata data la prova, con il deposito della cartolina di
ricevimento, che la notifica, effettuata per posta, del ricorso al Consigliere
Aste Carlo, indicato come controinteressato dalla stessa ricorrente, abbia avuto
esito positivo.
Nella notificazione a mezzo posta l'avviso di ricevimento, costituendo la prova
dell'effettiva ricezione dell'atto da parte del suo destinatario, deve essere
depositato in giudizio prima del passaggio in decisione della controversia.
Poiché ciò non è avvenuto, parte ricorrente dovrà o depositare in giudizio detta
cartolina o effettuare una nuova notifica del ricorso al Consigliere comunale
indicato.
Ritiene il Collegio che assumono la veste di controinteressati anche i soggetti,
alcuni indicati specificamente in ricorso e altri facilmente individuabili sulla
base delle osservazioni proposte nel ricorso stesso, che con l’accoglimento
delle censure attinenti all’inosservanza dell’obbligo di astensione da parte del
Sindaco e dei consiglieri indicati in ricorso, subirebbero pregiudizio
dall’accoglimento delle censure.
Al riguardo va considerato che la novella legislativa contenuta nell’art. 78 del
D.Lgs. n. 267 del 18.8.2000 –nuovo ordinamento degli enti locali- (decreto che
ha abrogato il RD 383/1934) ha riformato l’istituto dell’obbligo di astensione
degli amministratori, ritagliando un ambito di applicazione meno rigoroso e
prevedendo un successivo peculiare meccanismo di rinnovamento solo parziale
della decisione pianificatoria.
Dispone l’articolo 78, al 2° comma, che “gli amministratori di cui all'art. 77,
comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione
di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al
quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi
o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui
sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della
deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini
fino al quarto grado”.
Il successivo 4° comma prevede, poi, che “nel caso di piani urbanistici, ove la
correlazione immediata e diretta di cui al comma 2° sia stata accertata con
sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che
costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante
nuova variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato
di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e
specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la
validità delle relative disposizioni del piano urbanistico”.
Come precisato dalla Sezione con la sentenza 25 marzo 2005 n. 431, con le
riportate disposizioni, é stato, in sostanza, meglio precisato, dal legislatore
l'ambito di applicazione dell'obbligo di astensione, attenuando il rigore e
l’ampiezza della pregressa norma, proprio per il caso di partecipazione a
“provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici”
(recependo, in sostanza, quanto già in precedenza affermato dalla giurisprudenza
amministrativa) ed ha previsto, per la fase successiva, in caso di avvenuto
accertamento della violazione dell’obbligo di astensione, un peculiare
meccanismo di successiva “emendatio” del provvedimento.
Ne consegue che, ove venissero accolte le censure riguardanti la violazione
dell’obbligo di astensione, verrebbero danneggiati i soggetti in rapporto di
parentele o di interesse con i Consiglieri non astenuti, in quanto verrebbe meno
la favorevole destinazione urbanistica impressa ai loro terreni dall’impugnato
PUC.
Va pertanto disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei
soggetti che subirebbero specifico pregiudizio dall’eventuale accoglimento delle
censure sulla violazione dell’obbligo di astensione, proposte dalla parte
ricorrente.””
Dopo l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti
controinteressati alle domande proposte in ricorso, la causa è stata fissata per
l’odierna udienza di discussione
L’Associazione Legambiente ha proposto il presente ricorso sostenendo che le
previsioni del nuovo PUC di Carloforte ledono gravemente gli interessi
paesistici ambientali la cui cura rappresenta la propria ragione di esistere.
Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni pregiudiziali sollevate dalle parti
resistenti, che investono in modo particolare la legittimazione processuale
della ricorrente, oltre a profili di tardività di alcune impugnative.
Assume prioritaria valenza l’eccezione, proposta dalle società controinteressate
Verdelandia e Se.Gen, d’inammissibilità del ricorso per difetto di
legittimazione attiva dell’Associazione Legambiente.
Asseriscono al riguardo che le associazioni ambientaliste, riconosciute in forza
dell’art. 18 della legge 8 luglio 1986 n° 349, hanno una loro peculiare
legittimazione ad agire che sussiste soltanto qualora l’interesse all’ambiente
sia configurabile in senso stretto, con esclusione di tutti gli atti che hanno
una valenza urbanistica o comunque non strettamente ambientalista.
In ragione del carattere “eccezionale” della legittimazione loro riconosciuta,
afferma la controinteressata Se.Gen., le associazioni ambientaliste possono
impugnare soltanto provvedimenti che ledano in modo diretto ed immediato
l’interesse all’ambiente mentre, come precisato dalla giurisprudenza (CdS IV. n.
7246/2004), non è configurabile la proposizione di motivi aventi una diretta
valenza urbanistico-edilizia, e che solo in via strumentale – e cioè, per
effetto del conseguito annullamento – ed indiretta, e non in ragione della
violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente, possano determinare
un effetto utile (anche) ai fini della tutela dei valori ambientali.
L’eccezione non può essere accolta.
L’articolo 18 della legge n. 349 del 1986 (abrogato dall’art. 318 del D.Lgs. 3
aprile 2006 n. 152 ad eccezione del 5° comma ) così dispone al 5° comma:
“Le associazioni individuate in base all'articolo 13 della presente legge
possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di
giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi”.
Con riferimento alla legittimazione prevista dalla riportata disposizione, la
giurisprudenza, pur avendo sottolineato che alle associazioni ambientaliste
spetta propriamente la tutela degli interessi ambientali e non già di quelli
urbanistici, ha tuttavia riconosciuto l’interesse a ricorrere di una
associazione ambientalista (nella specie dell'associazione Italia Nostra Onlus)
avverso atti con i quali era stato disposto l’inserimento di un’opera pubblica
nel programma triennale di un ente, ove l’opera stessa fosse lesiva dei valori
ambientali, oltre che storici ed artistici di una determinata area (Cons. Stato,
23.10.2002 n. 5824).
Ancora, con la sentenza n. 5365 del 9.10.2002 la IV sezione ha osservato che
“l'Associazione nazionale Italia Nostra Onlus è certamente legittimata ad agire
in giudizio non solo per la tutela di interessi ambientali in senso stretto,
bensì anche per quelli ambientali in senso lato, comprendenti proprio la
conservazione e valorizzazione dei beni culturali, dell'ambiente in senso ampio,
del paesaggio urbano, rurale e naturale, dei monumenti e dei centri storici e
della qualità della vita, intesi tutti come beni e valori ideali idonei a
caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito
geografico e territoriale rispetto ad ogni altro ambito geografico e
territoriale e pertanto capaci di assicurare ad ogni individuo che entra in
contatto con tale ambito una propria specifica utilità che non può essere
assicurata da un altro ambiente”
La stessa IV sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 2.10.2006 n. 5760 –
dopo aver ritenuto ammissibile la legittimazione attiva di un comitato locale
avente per statuto la finalità di tutelare le attività agricole locali,
chiarendo che il potere ministeriale di riconoscimento delle associazioni
ambientaliste non esclude al giudice il potere di applicare direttamente la
norma di cui all’art. 18 della legge 349/86, accertando, caso per caso, la
sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione – ha
ribadito che la legittimazione ad agire delle associazioni e/o comitati spetta
non solo con riferimento alla tutela degli interessi ambientali in senso
stretto, ma anche con riferimento alla tutela ambientale in senso lato, poiché
“solo attraverso la nozione allargata è possibile raggiungere l’effettiva tutela
del patrimonio ambientale, culturale, storico e artistico, patrimonio che
sarebbe esposto a gravissimi rischi di sopravvivenza se la legittimazione ad
agire fosse circoscritta ai singoli cittadini direttamente e autonomamente lesi
da provvedimenti amministrativi” ( nel caso di specie il giudizio verteva sulla
impugnazione di una variante al piano regolatore che prevedeva un nuovo
tracciato stradale di circa 4000 metri).
Il Collegio ritiene di aderire al riportato indirizzo giurisprudenziale che
offre una nozione ampia della tutela ambientale, tale da includervi la
possibilità di impugnativa degli atti aventi finalità urbanistica, nella specie
il Piano Urbanistico del Comune di Carloforte, ove si riconnettano specifici
interessi ambientali, da tutelare attraverso l’annullamento, totale o parziale,
dello strumento urbanistico (in termini Cons. stato, sez. IV, 30.9.2005 n.
5205).
La legittimazione dell’Associazione ricorrente verrà, pertanto, valutata alla
luce dell’interesse riconosciuto tutelabile e non di quello fatto valere,
ritenendo ammissibili le sole censure che consentano, ove accolte, di comportare
un risultato favorevole con riferimento alla tutela ambientale, risultato che
dovrà ovviamente essere specificamente indicato in ricorso o emergere
chiaramente dal contesto della doglianza.
Il Collegio ritiene che, contrariamente all’avviso delle parti resistenti, non
possa più essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato sez. IV,
9.11.2004 n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle
associazioni ambientaliste, ritenendo che conseguentemente un'associazione
ambientalista potesse “proporre in giudizio soltanto motivi di gravame
direttamente attinenti alla sfera dell'interesse tutelato e non motivi aventi
una valenza urbanistico - edilizia e che solo in via strumentale ed indiretta
possano determinare un effetto utile anche ai fini della tutela dei valori
ambientali”.
Il riportato indirizzo deve essere abbandonato alla luce della nuova
disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310 comma 1 del D.Lgs. 3 aprile
2004 n. 152, che così recita:
“I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, [Le regioni, le province autonome
e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche] sono
legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti
e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte
sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e per il risarcimento del danno
subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro,
delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno
ambientale”.
La legittimazione ad agire, specie con riferimento alla problematica sulla
proponibilità delle singole censure, verrà pertanto valutata secondo i principi
generali, e verranno conseguentemente ritenute ammissibili tutte le censure
astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno
specifico interesse ambientale; non verranno, invece, ritenute ammissibili le
censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile
dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un
interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina
urbanistica.
L’eccezione di difetto di legittimazione ad agire sollevata delle parti
resistenti va, pertanto, respinta nei sensi sopra precisati
La Società Se. Gen ha inoltre eccepito l’irricevibilità dei motivi aggiunti
perché proposti oltre il termine decadenziale di sessanta giorni decorrente
dalla scadenza della pubblicazione all’albo pretorio del Comune, pubblicazione
avvenuta dal 2 al 16 aprile 2007, della concessione edilizia n. 34 del 2.4.2007.
L’eccezione è infondata.
E’ pacifico in giurisprudenza che la mera affissione dell'atto all'albo pretorio
del comune non costituisce formalità idonea per la decorrenza dei termini per
l'impugnazione di una concessione edilizia.
Fondata appare, invece, l’eccezione proposta dalla stessa società Se.Gen.
d’inammissibilità dell’impugnativa della citata concessione edilizia.
In effetti la ricorrente non evidenzia alcun interesse di natura ambientale con
riferimento all’annullamento di quella concessione edilizia.
L’edificazione di una parte del territorio non implica, di per sé, la lesione di
interessi e valori ambientali, occorrendo quindi, per l’ammissibilità della
domanda di annullamento, la dimostrazione di uno specifico interesse ambientale
al mantenimento della situazione precedente di inedificazione.
La mancanza di detta indicazione e dimostrazione rende inammissibile la domanda
di annullamento della concessione edilizia.
Può ora procedersi all'esame nel merito del ricorso.
L’associazione ricorrente, a supporto della domanda di annullamento del PUC di
Carloforte, deduce che questo nuovo strumento urbanistico consente un enorme
aumento della cubatura realizzabile, pari a 1.903.00 mc, gran parte della quale
in aree adiacenti alla linea di costa, che comporta danni ambientali perché
interessa, in parte, importanti aree umide, perché stravolge l’attuale assetto
urbanistico dell’abitato di Carloforte e perché determina la cementificazione di
aree di straordinario interesse, che gli studi ed elaborati preparatori del
piano territoriale paesistico n. 14 classificavano come meritevoli di un vincolo
di “assoluta immodificabilità”.
Alle luce dell’interesse ambientale fatto valere verranno, quindi, esaminate le
censure e la domanda di annullamento del PUC.
Con i motivi da uno a quattro compreso, vengono proposte delle censure attinenti
alla violazione dell’obbligo di astensione da parte del Sindaco e di alcuni
Consiglieri comunali.
Le censure sono inammissibili.
Come precisato all’inizio della motivazione in diritto, l’eventuale accoglimento
delle censure proposte comporterebbe l’annullamento della parte scindibile del
PUC relativa alla nuova disciplina dettata per le aree dei soggetti collegati
con rapporto di parentela con il Sindaco e con i consiglieri comunale, i quali,
in violazione del dovere di imparzialità, non si sarebbero astenuti in occasione
della discussione ed approvazione delle delibere di adozione e approvazione del
Piano.
Le censure sono inammissibili per la mancata indicazione e dimostrazione del
danno ambientale che conseguirebbe alla nuova destinazione urbanistica degli
immobili dei parenti dei consiglieri comunali. In ricorso non vengono
puntualmente indicati né gli estremi catastali, né le superfici dei terreni
interessati e né la valenza ambientale degli stessi terreni. L’assenza di
precisazioni, specie in ordine a detto ultimo aspetto, comporta l’irrilevanza
delle visure catastali depositate il 30.4.2008.
Con il quinto motivo si sostiene che il verbale della deliberazione n. 13/2004
non consente di comprendere esattamente quanti e quali consiglieri abbiano
partecipato a ciascuna votazione relativa all’accoglimento o al rigetto di
diverse osservazioni di cittadini.
In particolare si sostiene che non sarebbe stato indicato con precisione il
numero totale dei presenti e dei votanti.
La censura è ammissibile perché il suo accoglimento comporterebbe l’annullamento
dell’intero PUC e, quindi, il conseguimento degli interessi ambientali
perseguiti dall’associazione Legambiente, ma non può essere accolta nel merito.
Ancorché dai verbali emergano delle imprecisioni ed incongruenze in ordine ai
componenti dell’organo collegiale, presenti e votanti sulle varie osservazioni
dei cittadini, tuttavia da tale irregolare verbalizzazione non può conseguire
l’illegittimità della determinazione assunta, poiché il numero dei consiglieri
favorevoli nelle singole votazioni è stato nettamente superiore rispetto al
numero dei consiglieri contrari. Trattasi quindi di mera irregolare
verbalizzazione, inidonea a porre in discussione il risultato finale della
votazione.
Con il sesto motivo vengono proposte
tre specifiche censure.
Con la prima si sostiene che il Consiglio comunale è stato convocato per
l’adozione del piano senza che ai consiglieri di minoranza fosse stato
materialmente consentito di prendere visione del piano e degli elaborati.
La contestata omissione non ha determinato alcuna illegittimità in quanto, come
affermato dalla stessa ricorrente, e come risulta dal verbale della
deliberazione contestata, n. 45 del 30.10.2003, la seduta è stata rinviata per
consentire ai Consiglieri comunali di avere “copia di tutti gli elaborati, anche
grafici, relativi alla proposta di adozione P.U.C.”.
Nella successiva seduta del 6.11.2003, con deliberazione n. 47, è stato poi
adottato il PUC.
Nello stesso sesto motivo la ricorrente censura ed impugna la nota 29.1.1994
prot. N. 18/sind, con la quale il Sindaco aveva diffidato l’ufficio tecnico dal
rilasciare ai cittadini di Carloforte elaborati grafici e gli studi preparatori
allegati al piano.
L’impugnativa è inammissibile.
Essa non è conferente rispetto alla domanda di annullamento del PUC, riguardando
istruzioni rivolte all’ufficio tecnico sul rilascio ai cittadini della
documentazione attinente il PUC in itinere. L’asserita violazione dei principi
sulla trasparenza riguarda la posizione dei singoli cittadini cui sarebbe stata
negata la conoscenza degli atti, ma non influisce sulla conoscenza degli atti
stessi da parte dei consiglieri comunali, non essendo contestato che la
discussione e votazione finale siano avvenute previo deposito agli atti del
Consiglio dei documenti allegati al Piano..
Con ulteriore censura si sostiene che le 61 osservazioni accolte avrebbero
comportato una significativa modifica, rispetto al testo originario adottato,
sia delle norme di attuazione e sia delle planimetrie da cui risultano le
diverse destinazioni d’uso del territorio, con conseguente necessità della
modifica delle carte del Piano prima della sua approvazione definitiva.
La censura non può essere condivisa.
La legge regionale n. 45/89, non prevede il passaggio procedimentale indicato
dalla ricorrente (approvazione delle osservazioni, modifica consequenziale delle
cartografie e nuova convocazione del Consiglio per l’approvazione del Piano), e
comunque la ricorrente neppure evidenzia le modifiche conseguenti
all’approvazione delle osservazioni, oltre a non fornire alcuna specifica
argomentazione atta a dimostrare che le modifiche apportate al piano in sede di
adozione siano di rilevanza tale da richiedere un nuovo passaggio consiliare.
Peraltro l’ulteriore passaggio in Consiglio comunale è comunque intervenuto.
Le osservazioni sono state esaminate e definite con la deliberazione n. 13 del
23.5.2004, ma il piano è stato nuovamente approvato dal Consiglio comunale con
la deliberazione n. 48 del 28.12.2004.
Con il settimo motivo si deduce la violazione dell’art. 20 comma 2 della legge
regionale 22 dicembre 1989 n. 45, per omessa affissione dei manifesti,
funzionale alla partecipazione dei cittadini.
La difesa del Comune afferma che le formalità di pubblicità sono state
osservate, come risulterebbe “da certificazione del Vice Segretario Comunale già
versata in atti”.
Al riguardo va disposto incombente istruttorio a carico del Comune che,
contrariamente a quanto dichiarato in ricorso, non ha depositato agli atti di
causa alcuna certificazione del Vice Segretario Comunale.
L’atto pur depositato in altro ricorso non può essere utilizzato in questo
giudizio.
Al riguardo il Consiglio di Stato, con la sentenza 28.09.2007 n.887 ha chiarito
che nel giudizio amministrativo, il collegio non può giudicare sulla base del
materiale probatorio acquisito in un diverso fascicolo processuale, utilizzando
così la scienza privata del giudice, in violazione dell’articolo 115 c.p.c.
Con l’ottavo motivo vengono proposte le censure di eccesso di potere per
contraddittorietà e difetto di motivazione. Si sostiene che l’Amministrazione,
nella relazione illustrativa allegata alla delibera n. 47/2003, ha dichiarato di
volersi autolimitare assumendo gli studi preparatori che avevano condotto
all’approvazione del PTP n. 14, ma nel PUC ha dettato una regolamentazione in
contrasto con il PTP e senza dar conto delle ragioni di tale diversa scelta.
Il Comune replica affermando che il Consiglio non si era affatto autolimitato e
che di autolimitazione si parla per la prima volta nel dispositivo della
deliberazione n. 48/04, di approvazione definitiva del PUC, in relazione alla
richiesta formulata dalla Regione “con la nota prot. 3401/G, accompagnatoria
della determinazione 474/DG”.
Al fine di decidere sulla censura il Collegio ritiene necessario disporre
incombenti istruttori.
Con il nono motivo si sostiene che i provvedimenti impugnati sono viziati per
violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.A. 2266/U del 20.6.1983, per
contraddittorietà rispetto all’obiettivo dichiarato di volere dimezzare le
volumetrie ammissibili nelle zone F in applicazione di tale decreto
assessoriale, oltre che per macroscopico errore nella motivazione e nella
raccolta degli elementi istruttori e per travisamento dei presupposti di fatto.
Afferma al riguardo la ricorrente che, contrariamente a quanto indicato nella
relazione illustrativa al PUC che quantifica in ml 60.914 lo sviluppo costiero
dell’Isola di San Pietro con una capacità insediativa di 34.534,5 abitanti in
applicazione del citato articolo 4, “è fatto notorio – verificabile in qualunque
libro di geografia o carta nautica e, comunque, facilmente misurabile – che lo
sviluppo costiero dell’isola di San Pietro è di poco superiore a 18 miglia
marine, corrispondenti a circa 35.000 metri lineari: poco più della metà di
quanto stimato dal PUC”.
La difesa del Comune contesta l’affermazione della ricorrente, ribadendo
l’esattezza dei conteggi indicati nella relazione al PUC.
La difesa della ricorrente, con la memoria conclusionale depositata il 10 maggio
2008, insiste nella censura senza però fornire alcuna prova al riguardo.
Il Collegio di fronte alle contrastanti asserzioni delle parti, nessuna delle
quali fornisce, invero, elementi di prova decisivi a sostegno delle rispettive
tesi, ritiene sia necessario disporre una consulenza tecnica d’ufficio per
accertare l’esatto sviluppo costiero dell’Isola di S. Pietro al fine di
calcolare le volumetrie ammissibili per insediamenti turistici Gli oneri della
consulenza verranno liquidati nella sentenza definitiva, mentre l’acconto
iniziale va posto a carico della ricorrente e determinato in € 3.000,00
(tremila).
Con il decimo motivo si sostiene che il PUC ai sensi del comma 2° dell’art. 8
della legge regionale 25 novembre 2004 n. 8 doveva essere corredato dello studio
di compatibilità ambientale previsto dall’art. 5 della medesima legge.
La difesa del Comune replica alla censura affermando che “la relazione studio di
compatibilità ambientale” era inserito tra gli allegati del PUC, come
risulterebbe dalle delibere di adozione e approvazione del Piano.
Non avendo il Comune depositato la relazione citata, il Collegio ritiene sia
necessario disporne l’acquisizione, anche perché la ricorrente insiste nella
censura con la memoria conclusionale, ribadendo che manca lo studio in
questione.
Con l’undicesimo motivo si sostiene che la previsione di crescita della
popolazione è priva di supporto istruttorio e la motivazione che la sorregge è
insufficiente ed apodittica.
La censura non può essere accolta.
Nella relazione al Piano viene fornita ampia motivazione a supporto della
previsione di aumento della popolazione insediabile, sia come residenti e sia
come ospiti delle strutture recettive.
Le critiche mosse dalla ricorrente con riferimento ai dati indicati nella
relazione non dimostrano evidenti profili di illogicità dei calcoli eseguiti
nella relazione medesima.
E’ pacifico che il dimensionamento del piano regolatore generale è frutto della
discrezionalità tecnica dell'amministrazione, censurabile solo per illogicità od
erroneità manifesta
Inoltre, nella determinazione del fabbisogno abitativo, l'Amministrazione non è
tenuta a considerare esclusivamente l'andamento demografico che si è avuto
nell’ultimo periodo, potendo invece valutare anche fenomeni sociali, o economici
che di fatto incidono sulla prevedibile domanda di alloggi ( cfr. Consiglio
Stato , sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6964).
Nella specie, l’ipotizzato aumento demografico e la conseguente necessità di
nuove superfici residenziali, di tipo privato o alberghiero, viene ancorato alla
previsione di un consistente aumento del flusso turistico, con argomentazioni
che non appaiono affette da illogicità o erroneità manifeste.
Con il dodicesimo motivo si sostiene che la creazione di tutte le nuove zone B
previste dal PUC contrasta con le previsioni del decreto Floris.
In particolare si sostiene l’illegittimità della trasformazione delle aree da
destinazione D a destinazione B poiché il decreto Floris, come precisato dalla
Regione con circolare n. 1 del 10.5.1984, richiede che “i volumi esistenti
abbiano…carattere residenziale, e non siano edifici ad uso commerciale,
artigianale o industriale come sono quelli oggi esistenti nelle zone D che il
PUC trasforma in zone Br”.
La censura è inammissibile.
La ricorrente deduce che l’illegittimità dell’ampliamento delle zone B
comporterebbe “sulle complessive previsioni del piano (viabilità e previsione
circa le opere di urbanizzazione, numero di abitanti insediabili, standars e
così via) un impatto così devastante, da travolgere necessariamente per intero
gli atti impugnati”.
L’affermazione appare del tutto generica in relazione all’interesse che
legittima la ricorrente nel presente gravame, in quanto, la stessa, non
rappresenta quale possa essere l’impatto di tale nuova destinazione residenziale
sull’ambiente, sul territorio ed eventualmente sul paesaggio, tenuto conto che
la zona interessata era già compromessa, dal punto di vista ambientale, per la
preesistenza di edifici, aventi una volumetria complessiva di 55.271 mc., con
destinazione non residenziale.
In particolare la ricorrente lamenta che vi sarebbe un forte incremento
volumetrico che passerebbe “da mc 55.271 attuali, tutti non residenziali, a mc.
182.315, di cui 109.389 residenziali, con un numero di abitanti insediabili pari
a 1.094”, ma non considera, ai fini dell’interesse paesaggistico ambientale di
cui è portatrice, che la zona era già compromessa e che il mantenimento della
destinazione commerciale, artigianale e industriale avrebbe comportato,
comunque, la possibilità di ulteriori edificazioni fino alla saturazione
dell’indice di edificabilità per la zona.
La costruzione di edifici a destinazione residenziale non rappresenta un
maggiore e più pesante impatto ambientale rispetto alla costruzione di edifici
per attività produttive (commerciale, artigianale o industriale), atteso queste
ultime attività richiedono, normalmente, l’esecuzione di lavorazioni che
importano forme di inquinamento più o meno pesanti per il territorio e per
l’ambiente in generale.
Peraltro l’incremento dell’indice di cubatura non determina, di per sé, la
lesione degli interessi ambientali, ma anzi la concentrazione degli edifici in
zone circoscritte consente di limitare il dispendio di territorio per le
attività umane, siano esse funzionali ad attività produttive che alla normale
residenziale.
Il realtà la modifica di destinazione urbanistica, da produttiva a residenziale,
sebbene possa comportare un aumento delle volumetrie realizzabili, non
determina, di per sé, un aggravio dal punto di vista ambientale per il
territorio interessato e quindi la censura non appare funzionale alla tutela
dell’interesse ambientale che la ricorrente associazione intende tutelare:
l’eventuale accoglimento della censura comporterebbe il ripristino
dell’originaria destinazione industriale delle aree in questione, con nessun
evidenziato danno dal punto di vista dell’ambiente.
La scelta dell’amministrazione comunale di destinare zone del proprio territorio
all’edificazione residenziale anziché a quella industriale, si colloca
nell’ambito delle scelte tipicamente urbanistiche, che possono anche coinvolgere
negativamente interessi paesaggistici ed ambientali, ma solo nell’ipotesi e
nella misura in cui si dimostri che tale destinazione crei “in concreto”
pregiudizio all’ambiente.
Con il tredicesimo motivo si sostiene che l’accoglimento della censura
precedente, rende illogica l’istituzione delle nuove zone Cf, venendo meno la
continuità di esse con l’abitato. Si afferma inoltre che l’illegittimità delle
previsioni di crescita demografica, censura proposta all’undicesimo motivo,
travolge per intero tutti i dimensionamenti commisurati a quelle previsioni, tra
i quali quelli relativi alle nuove zone C.
Il motivo non può essere accolto, essendo state respinte le censure richiamate
in ricorso a sostegno dei vizi proposti con esso.
Con il quattordicesimo motivo si deduce la violazione dell’art. 4 del decreto
Floris, sul rilievo che, per le zone C dei comuni di III classe come Carloforte,
la norma prevede l’indice massimo di edificabilità di 1mc/mq, a fronte
dell’indice di 1,5 mc/mq indicato a pag 61 della relazione per molte delle zone
C.
Questa censura deve essere collegata con altra parte del ricorso in cui si
afferma il danno ambientale determinato da un eccesso di volumetria e da una
esagerata cementificazione del territorio dell’Isola; sotto questo profilo la
censura può ritenersi ammissibile, poiché la previsione di un eccessivo e
illegittimo aumento della volumetria realizzabile va ad interessare anche parti
del territorio comunale non compromesso da costruzioni, con evidente danno
ambientale.
La difesa del Comune replica alla censura affermando, in modo apodittico, che
gli indici del Decreto Floris sono stati rispettati; rileva poi che il vizio
prospettato non è stato rilevato dalla Regione in sede di verifica di coerenza e
che il relativo atto non è stato impugnato dalla ricorrente.
Quest’ultima osservazione del Comune è del tutto ininfluente sulla fondatezza e
ammissibilità della censura proposta dall’Associazione Legambiente: l’atto
adottato dalla regione in sede di verifica di coerenza, che peraltro non è un
atto di controllo, non rileva ai fini della dimostrazione circa l’esistenza o
meno di vizi nel PUC esaminato (cfr TAR Sardegna sez. II, 4.7.2007 n. 1488).
Il decreto Floris (D. A. EE. LL. 20.12.1983 n. 2266/U) in effetti all’art. 4
relativo ai “limiti di densità edilizia per le diverse zone, in relazione alla
zona C per i comuni della III e IV classe impone quale indice territoriale
massimo 1 mc/mq, nel caso di specie tale disposizione, per alcune zone C, sembra
sia stata disattesa.
Tuttavia, poiché né la ricorrente e né il Comune hanno depositato la norma
regolamentare, approvata con il PUC, che prevede il nuovo indice di cubatura per
le zone C, va disposta istruttoria al riguardo.
Con il quindicesimo motivo si deduce che il PUC non è stato corredato della
valutazione di incidenza, in quanto riguardante un proposto sito di importanza
comunitaria, secondo il procedimento di cui al DPR 357/1997.
La difesa del Comune replica affermando che lo Studio di compatibilità
ambientale supera di gran lunga il contenuto minimo previsto dall’allegato G al
D.P.R. 357/97 per la Valutazione di incidenza ambientale.
Sulla censura va disposta istruttoria poiché il Comune non ha depositato lo
Studio di compatibilità ambientale.
Con il sedicesimo motivo si sostiene che il Comune successivamente
all’approvazione delle 61 osservazioni presentate dai privati, non ha verificato
il rispetto dei criteri stabiliti dal decreto Floris in relazione all’aumento
dei volumi edificabili.
La censura è inammissibile poiché è generica e non specifica se e dove l’aumento
di cubatura determini danno ambientale, a parte che non è supportata da alcuna
specifica dimostrazione circa il superamento degli indici, non essendo
sufficiente la mera asserzione di un ipotetico o probabile superamento.
Con il diciassettesimo, penultimo motivo, si sostiene che la previsione di una
strada di circonvallazione a quattro corsie è viziata per manifesta illogicità,
per difetto di istruttoria e di motivazione e per contraddittorietà con lo
stesso impianto del PUC, che attribuisce all’area interessata un altissimo
valore paesistico-ambientale;
La difesa del Comune non replica alla censura, ma si limita ad affermare che la
valutazione di compatibilità ambientale dell’intervento verrà effettivamente
operata al momento della sua progettazione.
L’osservazione del Comune non è sufficiente per contrastare le censure proposte
dalla ricorrente, specie con riferimento ai vizi di difetto di istruttoria e
contraddittorietà, tuttavia il Collegio ritiene sia necessario acquisire tutti
gli atti istruttori che hanno portato alla redazione del tracciato della strada
in questione con particolare riferimento alle “accurate analisi di tipo
ambientale-paesaggistico e della mobilità di attraversamento del centro abitato”
che l’amministrazione sostiene avere fatto e che, viceversa, sono state
contestate in sede di osservazioni da parte di diversi soggetti privati.
Nessuna controdeduzione risulta, invero, essere stata fatta dalla difesa
comunale sulla circostanza (dedotta in ricorso) che l’area su cui dovrebbe
ricadere l’intervento sia stata dallo stesso Puc considerata di altissimo valore
paesistico-ambientale
Infine, con l’ultimo motivo, si sostiene che la motivazione di rigetto delle
osservazioni del Consigliere Rivano, circa la previsione di una ampissima zona D
nell’area circostante lo stagno Li Pescetti, è viziata per illogicità, per
difetto di istruttoria e di motivazione circa le effettive esigenze di zone
industriali.
In particolare si richiama, a sostegno della censura, la seguente affermazione
opposta in sede di controdeduzioni: “La zona D, prevista nello Stagno dei
Pescetti, ancorché sovradimensionata…”.
Ad avviso della ricorrente “questa motivazione, che ammette l’esagerato
dimensionamento della zona D, è evidentemente viziata per illogicità, difetto
d’istruttoria circa le effettive esigenze di zone industriali, difetto di
motivazione”.
La difesa del Comune si limita ad affermare che la zona non è soggetta a vincoli
e che nessun interesse specifico viene evidenziato in relazione alla suddetta
censura.
Ad avviso del Collegio la censura è fondata e deve essere accolta.
Come sopra detto, esiste un potere discrezionale dell’amministrazione comunale
nell’operare scelte urbanistiche nell’ambito del proprio territorio, al fine di
perseguire l’interesse pubblico ad una coerente e razionale disciplina del
territorio, che deve, tuttavia, avere come presupposto una adeguata istruttoria
alla quale devono conseguire determinazioni razionali.
Nel caso di specie, l’amministrazione sta destinando un territorio “vergine” ad
edificazione industriale, ammettendo essa stessa che tale destinazione a zona D
è “sovradimensionata”, l’affermazione già di per sé problematica, non è
accompagnata da una adeguata motivazione che chiarisca la ragione di tale
sovradimensionamento, a parte forse una frase che sembrerebbe individuarla nella
necessità di una pianificazione di “lungo periodo”.
Va evidenziato che tale scelta comporta la realizzabilità di volumetrie su un
territorio con delle particolari caratteristiche di fragilità ambientale (se pur
non vincolato), trattandosi di aree che intessano una palude situata in
prossimità del mare.
L’amministrazione non fornisce una motivazione all’osservazione del consigliere
Rivano circa le ragioni della destinazione di una “enorme zona D circostante
all’importante stagno di Li Pescetti”, ma anzi la rigetta, confermando,
contraddittoriamente, il suo “sovradimensionamento”, in quanto destina alle
attività produttive dell’isola (e quindi all’edificazione) un territorio
maggiore rispetto al fabbisogno reale.
In relazione ai motivi aggiunti, con i quali si impugnano diverse concessioni
edilizie relative a fabbricati da realizzare in aree oggi classificate B2 e Br,
il Collegio osserva che la censura risulta inammissibile atteso che il cambio di
destinazione, da zona G alle suddette tipologie residenziali, non è stato
oggetto di specifico motivo nel ricorso introduttivo: non può pertanto essere
dedotta in via derivata e per la prima volta, con i motivi aggiunti,
l’illegittimità delle concessioni edilizie rilasciate ai controinteressati.
Anche nell’ipotesi in cui si potesse ritenere che la ricorrente sia incorsa in
errore materiale, volendo in realtà contestare non tanto la trasformazione della
zona “G”, ma della zona “D” in B2 e Br, oggetto invero, di specifica censura al
motivo n. 12 del ricorso introduttivo, il motivo sarebbe infondato, per le
osservazioni già svolte nell’esaminare e respingere tale censura.
In conclusione, va dichiarata inammissibile la domanda di annullamento degli
atti indicati in epigrafe ai numeri 4, 5, 6, 7, 8 e 9, nonchè della nota
29.1.2004 prot. 18/sind., censurata con il sesto motivo di ricorso, vanno
respinte le censure di cui ai numeri da 1 a 6, 11, 12, 13 e 16 del ricorso; va,
infine, annullata quella parte del PUC che destina a zona D le aree adiacenti lo
stagno dei Pescetti, facendo salvo il potere dell’amministrazione di
rideterminarsi, previo riesame, sulla questione relativa al dimensionamento e
collocamento della zona D.
Il Collegio, al fine di decidere anche sulle ulteriori censure proposte e per
poter conseguentemente pronunciarsi definitivamente sul ricorso in esame,
dispone una consulenza tecnica d’ufficio e l’acquisizione dei seguenti
documenti:
1) atti relativi all’esecuzione delle formalità di pubblicità previste dall’art.
20 comma 2 della legge regionale n. 45/89 (pubblicazione all’albo del Comune,
affissione manifesti, avviso su un quotidiano), nonché certificazione del
Segretario citata dalla difesa del Comune;
2) nota 340/G e determinazione 474/DG, citate dalla difesa del Comune (pag. 16);
3) relazione al PUC;
4) Norme tecniche di attuazione al PUC;
5) Studio di compatibilità ambientale allegato al PUC;
6) norma regolamentare sull’indice di edificabilità delle zone C, introdotta con
il PUC impugnato;
7) atti istruttori, ove sussistenti, relativi alla scelta della previsione della
strada di circonvallazione a quattro corsie;
8) planimetria del PUC, con evidenziazione della strada di circonvallazione di
cui al punto precedente.
I documenti su indicati dovranno essere depositati dal Dirigente dell’Ufficio
tecnico del Comune di Carloforte entro il termine di giorni 60 dalla
comunicazione o notificazione, se precedente, della presente sentenza.
Dispone inoltre consulenza tecnica di ufficio - mezzo istruttorio espressamente
previsto in generale dalla nuova formulazione dell’art. 44 T.u. delle leggi sul
Consiglio di Stato, nella novella della L. n. 205/2000 nonché dall’art. 35,
terzo comma, D.l.vo n. 80/1998, nel testo sostituito dalla stessa legge n.
205/2000 - al fine dell’accertamento dell’effettivo sviluppo costiero dell’isola
di San Pietro.
Il Collegio ritiene di nominare, quale consulente tecnico d’Ufficio, l’ing.
Roberto De Vendictis con studio in Cagliari via Lanusei n. 27, il quale dovrà
misurare sulla base di cartografie ufficiali e con l’ausilio di mezzi
informatici, lo sviluppo costiero dell’isola di S. Pietro.
A norma dell’art. 201/1 C.p.c., le parti possono nominare propri consulenti
tecnici sino al momento dell’inizio delle operazioni della c.t.u., per
interloquire in merito ai mezzi ed alle modalità di svolgimento della perizia,
che il consulente dovrà far conoscere ai periti delle parti in apposita riunione
dallo stesso convocata. A tale ultimo riguardo il Consulente d’Ufficio dovrà
dare comunicazione, a mezzo fax da inviare al domicilio eletto dei procuratori
delle parti almeno 7 (sette) giorni prima dell’inizio delle operazioni peritali,
del giorno e dell’ora dello svolgimento della riunione indicata.
La ricorrente dovrà versare al Consulente d’Ufficio la somma di euro 3000,00 a
titolo di acconto, entro quindici giorni dalla prestazione del giuramento. Il
mancato versamento dell’acconto costituisce valido motivo per il Consulente di
rifiutare l’inizio dell’attività peritale.
Manda alla Segreteria di comunicare immediatamente la presente ordinanza alle
parti, presso i rispettivi difensori costituiti, nonché al C.T.U. nominato con
la presente ordinanza.
Nel frattempo resta sospesa ogni ulteriore decisione di rito, nel merito e sulle
spese.
Fissa la prossima udienza pubblica per il 22 Aprile 2009.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA
Sezione seconda
così dispone in ordine al ricorso in epigrafe:
1) dichiara inammissibile la domanda di annullamento degli atti indicati in
epigrafe ai numeri 4, 5, 6, 7, 8 e 9, nonchè della nota 29.1.2004 prot. 18/sind.;
2) accoglie la domanda relativa annullamento della parte del PUC nella parte in
cui destina a zona D le aree adiacenti lo stagno dei Pescetti;
3) respinge le censure di cui ai seguenti numeri di ricorso: da 1 a 6, 11, 12,
13 e 16;
4) ordina al Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Carloforte di
depositare in giudizio in copia autentica gli atti indicati in motivazione,
entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione o, se precedente, dalla
notificazione della presente sentenza.
5) Dispone consulenza tecnica d’ufficio e pertanto:
a) nomina consulente tecnico l’ing. Roberto De Vendictis con studio in Cagliari
via Lanusei n. 27, il quale dovrà prestare giuramento il giorno 21 ottobre 2008
alle ore 09,00 dinanzi al Cons. Francesco Scano, giudice delegato, per
l’assunzione dei mezzi di prova;
b) assegna, per l’espletamento della consulenza, il temine di giorni 90
(novanta), decorrente dalla data di prestazione del giuramento del Consulente
tecnico, oppure dalla data, ove successiva, di pagamento dell’acconto di cui al
successivo punto d;
c) autorizza le parti costituite a nominare un proprio consulente, sino alla
data di inizio delle operazioni peritali, con dichiarazione resa ai sensi
dell’art. 201 C.p.c. e dell’art. 91 disp. att. presso la Segreteria di questa
Sezione;
d) dispone che la parte ricorrente corrisponda direttamente al consulente
tecnico, prima dell’inizio delle operazioni peritali, a titolo di anticipazione,
la somma di Euro 3000,00 (tremila/00), mentre il compenso definitivo sarà
liquidato al completamento delle predette operazioni, a seguito di redazione di
parcella da allegare alla relazione di consulenza tecnica, secondo il giudizio
di congruità da parte di questo Collegio;
e) manda alla Segreteria giurisdizionale della Sezione di notificare, ai sensi
dell’art. 192 C.p.c., copia della presente sentenza al C.T.U., invitandolo a
presentarsi nella Segreteria della Sezione alla suindicata data, per prestare il
giuramento.
6) Rinvia, per l’ulteriore trattazione del ricorso, alla udienza pubblica del 22
Aprile 2009.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Cagliari, nelle camere di consiglio dei giorni 21 maggio e 2
luglio 2008 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, con l'
intervento dei signori:
Rosa Panunzio, Presidente,
Francesco Scano, Consigliere, estensore,
Marco Lensi, Consigliere.
Depositata in segreteria oggi 06/10/2008
Il Direttore di segreteria
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