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TAR SICILIA, Catania, Sez. I, 29 gennaio 2008, sentenza n. 200
INQUINAMENTO - Procedimenti di bonifica in corso alla data di entrata in
vigore del d.lgs. n. 152/2006 - Disciplina transitoria - Art. 265, c. 4 del
d.lgs. n. 152/2006 - Mantenimento della disciplina previgente o adesione alla
nuova disciplina - Facoltà di scelta rimessa al titolare del progetto -
Presupposti. La norma transitoria di cui all’art. 265, comma 4 del d.lgs n.
152 del 2006 oltre a confermare, insieme all’art. 264, comma 1, l’immediata
applicazione del nuovo regime di cui al Titolo V a tutti i procedimenti in
corso, consente l’applicazione dei nuovi principi normativi anche ai
procedimenti di bonifica che siano già arrivati alla conclusione della fase
progettuale, con l’approvazione dei progetti definitivi con decreto
interministeriale rilasciato ai sensi dell’art. 15 del d.m. n. 471 del 1999. La
norma in questione rimette, in via transitoria e dunque a pena di un termine di
decadenza espresso, al titolare di un progetto di bonifica già approvato ai
sensi del dm 471/99 la facoltà di scegliere tra il mantenimento della previgente
disciplina, e dei relativi precedenti obiettivi di bonifica, o l’adesione,
totale o parziale (a seconda cioè degli interventi già realizzati) alla nuova
disciplina introdotta dal dlgs 152/06, procedendo, in ossequio a quest’ultima,
alla corrispondente revisione degli obiettivi di bonifica. Condizioni
dell’esercizio di tale facoltà sono solamente la previsione di un termine
perentorio per il suo esercizio (la comunicazione doveva essere trasmessa entro
180 giorni dall’entrata in vigore del decreto delegato, cioè entro il 26 ottobre
2006) e la regolarità della documentazione tecnica allegata, che è finalizzata a
fare emergere e comprovare la piena corrispondenza tra i nuovi obiettivi di
bonifica proposti (ai fini della rimodulazione) le soluzioni prescelte e le
previsioni di cui alla parte IV del decreto legislativo (e tale corrispondenza
formerà l’oggetto principale dell’esame che l’Amministrazione procedente dovrà
condurre). Appare evidente che l’esito finale di tale giudizio dell’Autorità
(condotto sempre nel rispetto delle intense garanzie partecipative che la legge
disciplina in favore sia della stessa P.A. procedente che dei privati
interessati), potrà essere o l’accoglimento della istanza, o il suo rigetto con
correlativa conferma dei precedenti interventi di bonifica; ma in quest’ultimo
caso il rigetto potrà essere motivato solo dall’assenza dei sopra indicati
presupposti di legge per la rimodulazione. Pres. Zingales, Est. Gatto Costantino
- P.E. s.p.a. (avv.ti Grassi e Amara) c. Ministero dell’Economia e delle Finanze
e altri (n.c.), Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri (Avv. Stato),
Provincia Regionale di Siracusa e altri (n.c.) e Comune di Melilli (avv. Coppa),
riunito ad altri ricorsi - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 29 gennaio 2008
n. 200
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA
- Sezione staccata di Catania - Sezione Prima
N. 0200/08 Reg. Sent.
N. 0726/07 Reg. Gen.
N. 0727/07 Reg. Gen.
N. 0728/07 Reg. Gen.
N. 0739/07 Reg. Gen.
N. 0740/07 Reg. Gen.
composto dai Signori Magistrati:
Dott. Vincenzo Zingales, Presidente
Dott.ssa Rosalia Messina, Giudice
Dott. Salvatore Gatto Costantino Giudice rel.est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 726/2007 R.G., proposto da POLIMERI EUROPA SPA , rappresentato e
difeso da GRASSI AVV. STEFANO, AMARA AVV. PIERO con domicilio eletto in CATANIA
CORSO ITALIA, 302 presso AMARA AVV. PIERO,
sul ricorso n. 727/2007 R.G., proposto da SYNDIAL SPA , rappresentata e difesa
da GRASSI AVV. STEFANO, AMARA AVV. PIERO con domicilio eletto in CATANIA CORSO
ITALIA, 302 presso AMARA AVV. PIERO,
sul ricorso n. 728/2007 R.G., proposto da ENI SPA, rappresentata e difesa da
GRASSI AVV. STEFANO, GIULIANO AVV. CORRADO con domicilio eletto in CATANIA VIA
PASUBIO, 33 presso lo studio del secondo,
sul ricorso n. 739/2007 R.G., proposto da ERG SPA, rappresentata e difesa
dall’Avv. Lorenzo Acquarone, dall’Avv.Giovanni Acquarone, dall’Avv.Mario
Caldarera e dall’Avv.Donato De Luca, elettivamente domiciliata presso lo studio
di quest’ultimo in Catania, Via Lago di Nicito n. 14,
sul ricorso n. 740/2007 R.G., proposto da MAXCOM PETROLI Spa, rappresentata e
difesa dall’Avv. Lorenzo Acquarone, dall’Avv.Giovanni Acquarone, dall’Avv.Mario
Caldarera e dall’Avv.Donato De Luca, elettivamente domiciliata presso lo studio
di quest’ultimo in Catania, Via Lago di Nicito n. 14,
CONTRO
I MINISTERI DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, DELLE INFRASTRUTTURE, DEI TRASPORTI,
DELL’INTERNO, DEL DEMANIO, DELLA DIFESA; GLI ASSESSORATI REGIONALI DELLA REGIONE
SICILIA: TERRITORIO E AMBIENTE, ALL’INDUSTRIA, DEI BENI CULTURALI AMBIENTALI E
DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE; IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA RIFIUTI E LA
TUTELA DELLE ACQUE, IL VICECOMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA RIFIUTI E LA
TUTELA DELLE ACQUE, IL SUBCOMMISSARIO PER LA BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI; IL
PRESIDENTE DEL PIANO DI RISANAMENTO AMBIENTALE DELLA PROVINCIA DI SIRACUSA, L’APAT
(AGENZIA PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE E PER I SERVIZI TECNICI), L’ARPA
SICILIA (AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE), L’AUTORITA’
PORTUALE DI AUGUSTA, LA CAPITANERIA DI PORTO DI SIRACUSA, L’ENEA, L’ICRAM
(ISTITUTO SUPERIORE PER LA PREVENZIONE E LA SICUREZZA DEL LAVORO), L’ISTITUTO
SUPERIORE DI SANITA’, IL CORPO REGIONALE DELLE MINIERE, L’AGENZIA REGIONALE PER
I RIFIUTI E LE ACQUE, IL COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA BONIFICHE E LA
TUTELA DELLE ACQUE IN SICILIA; IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA MILITARE (MARISTAT),
IL COMANDO IN CAPO DELLA SQUADRA NAVALE (CINCNAV), IL MARISICILIA, IL COMANDO
DELLE FORZE DI PATTUGLIAMENTO PER LA SORVEGLIANZA E LA DIFESA COSTIERA (COMFORPAT),
IL REPARTO AMBIENTALE MARINO DEL CORPO DELLE CAPITANERIE DI PORTO (RAM),
L’AGENZIA DEL DEMANIO, tutti non costituiti;
LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, IL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA
TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIREZIONE SERVIZIO QUALITA’ DELLA VITA DEL MINISTERO
DELL’AMBIENTE, IL MINISTERO DELLA SALUTE, IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO,
LA REGIONE SICILIA, L’ASSESSORATO REGIONALE DELLA SICILIA ALL’INDUSTRIA, LA
PREFETTURA DI SIRACUSA L’ISPESEL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la
Sicurezza del Lavoro) E LA CAPITANERIA DI PORTO DI AUGUSTA, ciascuno in persona
del rispettivo rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi
dall’AVVOCATURA DELLO STATO con domicilio eletto in CATANIA VIA VECCHIA OGNINA,
149;
LA PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA, IL CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO
INDUSTRIALE PER LA ZONA SUD DELLA SICILIA ORIENTALE – SIRACUSA, IL COMUNE DI
SIRACUSA, IL COMUNE DI AUGUSTA, IL COMUNE DI PRIOLO GARGALLO, L’AZIENDA
SANITARIA LOCALE NR. 8 SIRACUSA, LA CAPITANERIA DI PORTO DI AUGUSTA, L’AUTORITà
PORTUALE DI AUGUSTA, LA CAPITANERIA DI PORTO DI SIRACUSA; tutti non costituiti;
IL COMUNE DI MELILLI, in persona del Sindaco pro tempore, rapprresentato e
difeso dall’Avv. Pietro Coppa, con domicilio eletto in Catania presso lo studio
dell’Avv. Francesco Favi in V.le XX Settembre 51;
e nei confronti di:
ERG, RAFFINERIE MEDITERRANEE SPA, SVILUPPO ITALIA SPA – AREE PRODUTTIVE, EDISON
SPA, tutti non costituiti;
SVILUPPO ITALIA SPA, in persona del rappresentante legale pro tempore,
rappresentata e difesa da TUFARELLI AVV. LUCA, con domicilio eletto presso la
SEGRETERIA del Tribunale;
PER L’ANNULLAMENTO
- del decreto prot. n. 3387/QdV/DI/B
adottato in data 1 marzo 2007 dal Direttore Generale per la Qualità della vita
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avente ad
oggetto “Decreto contenente il provvedimento finale di adozione, ex art. 14 ter,
legge 7 agosto 1990, n. 241, delle determinazioni della Conferenza di servizi
decisoria relativa al sito di interesse nazionale di Priolo del 16.02.07”;
- del verbale e delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi
decisoria tenutasi presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio in data 16 febbraio 2007, allegato al decreto di cui sopra;
di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, meglio articolati in atti;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti, per ciascun giudizio, l’atto di costituzione delle Amministrazioni
rappresentate dall’Avvocatura di Stato, del Comune di Melilli e di Sviluppo
Italia Spa;
Visti i motivi aggiuntivi di ricorso, proposti nei giudizi nn. 727/07, 728/07,
739/07;
Visti gli atti tutti delle cause;
Designato relatore all’udienza pubblica dell’ 11 ottobre 2007 il Referendario
dr. Salvatore Gatto Costantino;
Uditi altresì gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
IN FATTO
Con i ricorsi odierni in decisione, le società ricorrenti impugnano le
determinazioni adottate dalle Amministrazioni resistenti nella conferenza dei
servizi decisoria del 16 febbraio 2007, fatte proprie dal Ministero
dell’Ambiente con decreto del Direttore Generale per la Qualità della vita nr.
3387/QDV/DI/B del 1 marzo 2007, con cui si dettano disposizioni inerenti la
caratterizzazione e la bonifica dei suoli e delle acque contaminati insistenti
nella zona della rada di Augusta, all’interno del Sito di interesse nazionale di
Priolo.
I ricorsi, ritualmente proposti, sono tutti affidati sostanzialmente, a censure
identiche che possono essere come di seguito descritte:
1) Violazione del giudicato cautelare. Eccesso di potere particolarmente sotto
il profilo del difetto dei presupposti, sviamento e illogicità;
2) Illegittimità diretta e derivata dall’illegittimità dei provvedimenti
presupposti.
Con quest’ultimo capo di censura, le ricorrenti ripropongono integralmente
avverso gli atti e di provvedimenti impugnati con il ricorso, le medesime
censure già a suo tempo proposte contro gli atti presupposti, oggetto di
precedenti giudizi già trattenuti in decisione alla scorsa udienza pubblica del
7 giugno 2007 e sui quali è stata pronunciata la sentenza nr. 1254 del 20 luglio
2007.
Si sono costituiti, nei differenti giudizi, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio, la Direzione
Servizio Qualita’ della Vita del Ministero dell’ambiente, il Ministero della
Salute, il Ministero dello Sviluppo Economico, la Regione Sicilia, l’Assessorato
Regionale della Sicilia all’industria, la Prefettura di Siracusa e la
Capitaneria di Porto Di Augusta.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Prefetto di Siracusa, la Regione
Sicilia e l’Assessorato regionale all’Industria, chiedono l’estromissione dal
giudizio e, unitamente alle altre Amministrazioni costituite, la reiezione del
gravame per inammissibilità d infondatezza, con vittoria di spese.
In ciascun giudizio si è costituita anche Sviluppo Italia Spa la quale, con
riserva di ulteriori deduzioni, chiede di essere estromessa dai giudizi per
estraneità alla materia oggetto di lite e, comunque, domanda la reiezione del
gravame e la vittoria delle spese.
Previa concessione delle misure provvisorie ex art. 21 comma 9 l. 1034/71, alla
camera di consiglio del 26 aprile 2007 la Sezione ha concesso, in ciascun
giudizio, la sospensione cautelare degli atti impugnati, altresì disponendo
l’esame del ricorso nel merito alla udienza pubblica dell’11 ottobre 2007.
Successivamente, nei ricorsi nn. 727/07, 728/07, 739/07 le società ricorrenti in
questi giudizi hanno ritualmente proposto motivi aggiuntivi di impugnazione dei
medesimi provvedimenti già fatti oggetto di gravame.
Con i motivi aggiunti, si impugnano le prescrizioni della conferenza dei servizi
del 16 febbraio 2007 con riferimento a quanto disposto per le singole industrie
ricadenti all’interno della Rada in ordine alla rimodulazione degli obiettivi di
bonifica precedentemente assentiti o alla prescrizione di interventi nuovi.
Avverso tali determinazioni, le ricorrenti deducono articolate censure con le
quali si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. e 14 e
ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione sia delle
norme di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 così come attuato dal d.m.
471 del 1999 sia degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006.
Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto dei presupposti,
del difetto di istruttoria ed incongruità della motivazione. Incompetenza,
violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 240 e segg. del
d.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006. Violazione e falsa applicazione delle norme in
materia di V.I.A. e, in particolare, dell’art. 6 e ss. della legge 8 luglio
1986, n. 349 e del d.p.c.m. 10 agosto 1988, n. 377 e dell’art. 23, comma 1,
lett. a) del d.lgs 3 aprile 2006, n. 152 e dell’Allegato III alla parte Seconda
del decreto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241
del 1990, aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15. Eccesso di potere
particolarmente sotto del profilo del travisamento dei fatti e del difetto dei
presupposti. Insufficienza dell’istruttoria e incongruità della motivazione.
Il 30 maggio 2007, in ciascun giudizio eccetto il nr. 726/07 si è costituito il
Comune di Melilli che resiste ai gravami avversari chiedendone il rigetto.
Il 28 giugno si è costituito, in tutti i giudizi, l’ISPESEL (Istituto Superiore
per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) che chiede l’estromissione dai
giudizi, non avendo preso parte all’adozione di alcuna delle determinazioni
impugnate.
Alla camera di consiglio del 5 luglio 2007 la Sezione ha concesso, con distinte
ordinanze in ciascuno dei giudizio ove sono stati proposti i motivi aggiunti, la
sospensione cautelare degli atti impugnati, nelle parti fatte oggetto di nuovo
gravame.
Le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Di queste ultime, in ciascun giudizio, risulta depositata fuori termine, in data
1 ottobre 2007, quella di Sviluppo Italia Spa, che, pertanto, è stata custodita
in plico chiuso ed il Collegio non ne ha preso cognizione.
Alla Udienza pubblica dell’11 ottobre 2007 la causa è stata trattenuta in
decisione.
IN DIRITTO
Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, attesa la loro
connessione in parte oggettiva ed, in parte, soggettiva.
Va quindi disposta l’estromissione dal giudizio dell’ISPESEL, costituitosi a
mezzo dell’Avvocatura di Stato, posto che l’Istituto si è limitato ad esprimere
un parere che si riferisce soltanto alla bonifica del sito di altra società;
nessuna opposizione su tale richiesta è stata proposta dalle società ricorrenti.
E’ invece da respingere la analoga domanda formulata dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri, dal Prefetto di Siracusa, dalla Regione Sicilia e
dell’Assessorato regionale all’industria, nel presupposto che non sarebbero
state formulate domande contro le suddette amministrazioni.
Come si evince dall’ elenco indirizzi nota prot. 5890/qdv/VII e VIII, in atti,
le suddette Amministrazioni sono state tutte convocate alla conferenza dei
servizi e, comunque sono destinatarie delle relative prescrizioni, per quanto di
loro competenza; le Amministrazioni regionali, in particolare, sono parti della
Conferenza dei servizi (sebbene assenti) e risultano regolarmente convocate ad
essa (vedi pag. 6 del verbale, ove si riporta la convocazione avvenuta con prot.
2639/Qdv del 5.2.2007, “trasmessa a mezzo fax in pari data e regolarmente
ricevuta”). La Presidenza del Consiglio, inoltre, trattandosi nel caso in esame,
di ricorso vertente su materie di competenza di più ministeri ha un evidente
interesse di coordinamento di vertice.
Consegue che va respinta la domanda di estromissione dal giudizio di ciascuna
delle Amministrazioni che lo hanno richiesto.
Va infine rinviato al prosieguo l’esame della richiesta di estromissione dal
giudizio proposta dalla Società Sviluppo Italia Spa, in quanto è necessario
preliminarmente trattare dapprima il gruppo di censure proposte al secondo
articolato capo di gravame, dal cui esame discendono anche conseguenze precise
in ordine alla sussistenza dell’interesse di Sviluppo Italia a resistere
all’azione dei ricorrenti.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che il giudizio può essere definito in forma
abbreviata, a mente dell’art. 26 della l. 1034/71, con richiamo al precedente
costituito dalla sentenza di questa Sezione nr. 1254 del 20 luglio 2007.
I) Il Collegio prende infatti in esame le censure introdotte, nei vari ricorsi,
al capo secondo di essi ed osserva che con la sentenza nr. 1254/07, in
accoglimento di censure identiche a quelle qui riproposte e limitatamente al
difetto di motivazione, carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e
violazione di legge, sono state annullate le determinazioni adottate nelle
conferenze dei servizi del 2005 e del 2006, peraltro già sospese in via
cautelare nei giudizi definiti con la suddetta sentenza nr. 1254/07.
Inoltre, sempre con la medesima sentenza, e per ragioni di diritto coincidenti
con le motivazioni dell’odierno gravame, la Sezione ha annullato le
determinazioni adottate nella conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007
impugnate da altra società ricorrente.
Quanto a quest’ultimo aspetto, il Collegio osserva che gli atti impugnati non
sono inscindibili, posto che pongono collettivamente a carico di tutte le
imprese operanti nella Rada di Augusta oneri di bonifica indistinti ma che non
risultano essere obbligatoriamente da eseguirsi in maniera collettiva (anche per
via della genericità con cui sono formulate le relative prescrizioni): ciò
comporta che ciascuna delle imprese destinatarie di tali prescrizioni ha l’onere
di impugnarle specificatamente e pertanto, una volta proposto il gravame, ha
interesse processuale al suo esame anche se l’identico ricorso risulta essere
stato accolto nei confronti di altra società nelle medesime condizioni.
Inoltre, si osserva che i provvedimenti impugnati, nella parte di interesse,
costituiscono atti immediatamente lesivi, in quanto danno prosecuzione agli atti
ed ai provvedimenti già sospesi, iscrivendosi in un unico comportamento
amministrativo continuativo ed omogeneo teso ad imporre alla ricorrente ed alle
altre imprese operanti nella rada obblighi di bonifica generalizzati, senza
previo accertamento di responsabilità di inquinamento e con metodi tecnici di
intervento le cui modalità non sono state in nessuna parte confrontate nel
procedimento con le imprese medesime, con violazione dei loro diritti di
partecipazione ex lege 241/90, riproducendosi quindi i medesimi vizi di
legittimità che già sono stati riscontrati in relazione ai precedenti
amministrativi che la Sezione ha annullato con la sentenza nr. 1254/07.
In particolare, va visto in questo quadro unitario anche l’intervento della
società Sviluppo Italia che si è offerta di organizzare la bonifica, adempiendo
a quello che il Ministero ha ritenuto essere l’esecuzione in danno delle imprese
asseritamente inadempienti agli obblighi di intervento (che al momento della
conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007 erano già stati sospesi da questo
Tribunale e che poi sono stati annullati con la sentenza nr. 1254/07 – cfr.
punti 41, 42 e 43 del verbale).
Tale aspetto qualifica necessariamente la posizione di interesse della Società
Sviluppo Italia Spa al mantenimento degli effetti degli atti impugnati e quindi
alla loro difesa, rendendola così controinteressata a pieno titolo.
Per tale ragione, così come d’altronde già ritenuto e deciso anche con la
sentenza nr. 1254/07, la domanda di estromissione della società Sviluppo Italia
dal presente giudizio deve essere respinta.
Ciò premesso, il Collegio può definire la lite limitandosi a richiamare quanto
recentemente statuito con la sentenza nr. 1254/07, essendo la questione
principale all’esame del Collegio di contenuto identico a quanto già deciso con
la sentenza predetta; resta solo da esaminare la distinta questione introdotta
con i motivi integrativi al ricorso introduttivo con cui si impugnano i medesimi
provvedimenti oggetto di ricorso, per differenti profili.
Quanto al primo dei due aspetti, con la sentenza nr. 1254/07 è stato ritenuto
che la nuova normativa del Dlgs 152/2006, incentrata sulla necessità di
perseguire chi effettivamente cagiona l’inquinamento, secondo il principio
comunitario “chi inquina paga”, è applicabile alle procedure di bonifica della
Rada di Augusta (siano esse inerenti agli interventi in mare che a quelli a
terra), procedure che, invece, sono state condotte in applicazione delle
prescrizioni del dlgs 22/97, con rilevanti e approfondite differenze in punto di
disciplina e presupposti del procedimento stesso (sia relativamente alle
procedure di emergenza, sia in relazione ai più radicali e risolutivi interventi
di bonifica e recupero ambientale).
Inoltre, non è stato accertato - e neppure, prima ancora, indagato - il
presupposto soggettivo dell’ordine di intervento impartito alle imprese
ricorrenti, ossia il rispettivo apporto all’inquinamento della falda.
In terzo luogo, quanto alle modalità di intervento - sia ai fini della M.I.S.E.
(Messa In Sicurezza d’Emergenza) che del più generale programma di bonifica - le
determinazioni della conferenza dei servizi oltre che a confondere i presupposti
per l’imposizione di una M.I.S.E. e della bonifica ed i relativi contenuti, sono
state adottate in violazione delle regole generali sul procedimento
amministrativo, specialmente in punto di partecipazione e, conseguentemente, di
motivazione, perché non tengono in conto i diversi contributi variamente offerti
dalle ricorrenti e, tra queste, le articolate e documentate obiezioni che sono
state sollevate circa i presupposti della bonifica e circa le modalità
dell’intervento, tra le quali, in particolare, il pericolo che lo strumento del
dragaggio ambientale della Rada comporta ai fini della tutela dell’ambiente e
della salute pubblica e l’impossibilità di procedere al c.d. marginamento fisico
delle acque di falda, senza, per di più, offrire sufficienti garanzie (e
previsioni) né sui tempi della bonifica, né sui suoi risultati finali.
Infine, sono state ritenute illegittime, e come tali sono state annullate, le
prescrizioni dettate per limitare la navigazione nella rada di Augusta, per
violazione di legge (in relazione a quanto previsto dagli artt. 15 e ss. del
Codice della navigazione), e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e
di motivazione.
I-bis) Osserva il Collegio che anche la giurisprudenza di merito degli altri TAR
sta maturando, in maniera assolutamente prevalente, eguali orientamenti.
In particolare, il TAR Veneto, Sez. III, con sent. n. 2111 del 2/7/2007 ha
ritenuto necessario ai fini della configurazione della responsabilità del
proprietario del sito inquinato, l’ accertamento dei presupposti della colpa:
secondo tale pronuncia, ai sensi dell’art. 14, comma 3, del D. Lgs. n. 22/1997,
la violazione dei divieti di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul e
nel suolo è punita a titolo di dolo o colpa e comporta l’obbligo, per il
responsabile, di procedere alla rimozione, all’avvio al recupero ed allo
smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. È escluso,
inoltre, che l’evento possa essere imputato, a titolo di responsabilità
oggettiva, in capo al proprietario dell’area che non abbia, in alcun modo,
concorso alla produzione dell’evento (cfr. altresì T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I
- 11 giugno 2007, n. 2248; TAR Lombardia, Milano, 27/06/2007 n. 5289; T.A.R.
SARDEGNA, Sez. II - 8 ottobre 2007, n. 1809 secondo la quale “non appare
legittima l’imposizione della MISE in caso di contaminazioni pregresse, senza
alcuna motivazione specifica sulla situazione di emergenza e sull’esigenza di
scongiurare il rischio immediato che possano giustificare l’intervento
richiesto” ).
In senso contrario risulta, allo stato, solamente la pronuncia di TAR Toscana,
Sez. II, Sent. n. 393 del 14/03/2007 che afferma la sussistenza di una
responsabilità del proprietario incolpevole di un sito inquinato, in
applicazione dell’art. 2051 c.c., secondo la quale “Il proprietario di un sito
contaminato si presume responsabile, secondo quanto previsto dalle regole
civilistiche (art. 2051 c.c.), dei danni cagionati a terzi dalle cose in
custodia, inclusi i danni derivanti dall’inquinamento presente nel sito, salvo
che non provi il caso fortuito o il fatto altrui”.; tuttavia si osserva che
quest’ultima pronuncia ha ritenuto applicabile l’art. 2051 cc, senza prendere in
considerazione l’intero impianto normativo di cui al dlgs 152/06 e ciò consente
al Collegio di disattenderne l’orientamento, che peraltro, allo stato – così
come detto – è rimasto isolato.
II) In accoglimento della prima censura dedotta in ricorso, il gravame è fondato
anche per l’evidente ragione dell’avvenuta violazione del giudicato cautelare
formatosi in relazione ai gravami proposti inter partes davanti a questo
Tribunale (ossia quelli conclusisi con la sentenza nr. 1254/07) nei quali è
stata concessa la misura della sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati
(che costituiscono antecedenti causali dei provvedimenti oggetto dell’odierno
gravame - cfr. ex multis ordinanze nn. 1934 e 1936 del 7 dicembre 2006 ed
ordinanza nr. 338 dell’8 marzo 2007): i provvedimenti impugnati hanno dato
prosecuzione al procedimento amministrativo posto in essere con le
determinazioni adottate nelle conferenze dei servizi del 2005 e del 2006,
nonostante fossero queste già state sospese dal TAR nei giudizi pendenti con
ordinanze nelle quali si era data ampia motivazione delle ragioni di fondatezza
del gravame, ragioni che l’Amministrazione non ha neppure inteso prendere in
considerazione ai fini della motivazione degli atti (Cons. Stato, Sez. IV, ord,
9 gennaio 2001, n. 253; cfr. anche TAR Campania, Napoli, Sez. V, 3 febbraio
2005, n. 766; TAR Lazio, sez. I, 19 gennaio 2000, n. 236).
A giudizio del Collegio, inoltre, la nullità delle statuizioni amministrative
contenute nei provvedimenti impugnati discende anche dalla disposizione di cui
all’art. 21 septies della l.241/90, secondo la quale sono nulli i provvedimenti
adottati in violazione o elusione del giudicato.
Infatti (e non è mancato in dottrina chi lo ha rilevato), ragioni di effettività
della tutela giudiziale ed il principio di separazione dei poteri, conducono
necessariamente a ritenere che nel termine “giudicato” utilizzato dal
legislatore, non possa che ricomprendersi anche quel particolare tipo di
giudicato che si viene a costituire sulla pronuncia cautelare non suscettibile
di impugnazione.
Quanto al primo aspetto (effettività della tutela giudiziale), è da ritenersi
che, sebbene la pronuncia cautelare non oppugnata fa stato tra le parti solo
fino alla definizione del giudizio (e quindi possiede solamente una sorta di
stabilità condizionata), sarebbe comunque del tutto inutile pronunciarla se
l’Amministrazione destinataria di un ordine del giudice, nel periodo della
vigenza della pronuncia cautelare medesima, potesse senza sanzione alcuna
continuare ad operare avvalendosi degli effetti (sospesi) dell’impugnato
provvedimento amministrativo in una successiva sequenza procedimentale che lo
utilizzi come presupposto o come precedente. Inoltre, sotto il secondo profilo
(separazione dei poteri) – il che è ancora più grave - l’Amministrazione
disattendendo l’ordine cautelare, incide su un assetto di interessi che trova la
sua fonte non più nell’esercizio del potere amministrativo, ma in una
statuizione del giudice, vanificandola o comunque rendendola priva di effetti
pratici e così compromettendo, in definitiva, il buon esito del processo che la
misura cautelare è volta a tutelare (essa è infatti preordinata a rendere
possibile, in quanto ancora effettiva, la pronuncia sulla causa che sarà
contenuta nella sentenza).
III) Restano adesso da esaminare le distinte questioni che le società ricorrenti
nei ricorsi nn.727/07 (Syndial), 728/07 (ENI), e 739/07 (ERG) hanno posto con i
motivi aggiuntivi, ritualmente proposti ed in accoglimento dei quali, in sede
cautelare, la Sezione ha concesso le misure cautelari nella camera di consiglio
del 5 luglio 2007.
A mezzo dei motivi aggiuntivi, le società ricorrenti hanno impugnato le
determinazioni della conferenza dei servizi, variamente riportate nel verbale
del 16 febbraio 2007, con le quali la Pubblica Autorità ha adottato prescrizioni
che fissano nuovi obiettivi e nuovi parametri di bonifica per i siti industriali
di loro proprietà, a modifica dei progetti di bonifica che le stesse imprese
hanno già in corso di realizzazione e che erano stati precedentemente approvati
con decreti interministeriali nella vigenza (ed a norma) del DM 471/99.
Più precisamente, con i motivi aggiuntivi proposti nel ricorso nr. 727/07, la
società Syndial ha impugnato le determinazioni della conferenza dei servizi che
sono riportate nel verbale del 16 febbraio 2007 al punto n. 36 dell’ordine del
giorno, con le quali la conferenza ha deliberato di ritenere “non approvabile”
la proposta di rimodulazione degli obiettivi di bonifica presentata dalla
Società ai sensi dell’art. 265 comma IV del d.lgs n. 152 del 2006 per i suoli
delle aree interessati dall’impianto T.A.F. (trattamento acque reflue).
La società Syndial censura il diniego sotto il profilo dell’incompetenza del
Direttore Generale a modificare un progetto approvato con decreto
interministeriale (III motivo), dell’omesso preavviso di rigetto ex art. 10 bis
della legge n. 241 del 1990 (IV motivo), della violazione delle norme
transitorie di cui al d.lgs n. 152/06 (V motivo), della carenza di istruttoria e
di motivazione (V, VI e VII motivo).
Con i motivi aggiuntivi proposti nel ricorso nr. 728/07, la società ENI ha
impugnato le determinazioni della conferenza dei servizi che sono riportate nel
verbale del 16 febbraio 2007 al punto n. 28 dell’ordine del giorno.
La conferenza di servizi ha impartito “ prescrizioni in merito alla
caratterizzazione delle aree interne alla Raffineria” (censurate con il PUNTO A
dei motivi aggiuntivi), in relazione alle quali la ricorrente si duole che la
conferenza di servizi del 16 febbraio 2007 richiede a distanza di anni dalla
presentazione e dall’approvazione del piano di caratterizzazione presentato e
dalla realizzazione e completamento delle relative indagini, immotivate
integrazioni delle attività di caratterizzazione, attraverso la ripetizione non
solo delle analisi dei campioni, ma anche dei sondaggi già effettuati, nonché
l’ingiustificato ampliamento dello spettro degli analiti che erano stati già
ricercati sulla base delle indicazioni progettuali approvate dalla stessa
Conferenza di servizi.
Quanto alle prescrizioni relative alla falda acquifera sottostante la raffineria
(punto B dei motivi aggiuntivi), la ricorrente si duole che La Conferenza di
Servizi decisoria del 16 febbraio 2007 ribadisce la richiesta di integrare il
progetto definitivo di bonifica delle acque di falda con un marginamento fisico
entro 30 giorni dalla data di ricevimento del presente verbale, richiesta già
formulata dalla conferenza dei servizi decisoria del 21.07.06 e sospesa in via
cautelare dalla Sezione alla camera di consiglio del 7 dicembre 2006.
La prescrizione, infatti, impone senza alcuna adeguata motivazione di integrare
le tecnologie di bonifica della falda già approvate in via definitiva con
decreto interministeriale e già in avanzata fase di esecuzione e già a pieno
regime, con la realizzazione di un’opera (confinamento fisico) ingiustificata in
rapporto ai costi-benefici e la cui implementazione nelle condizioni sito
specifiche dell’area (secondo la ricorrente nemmeno prese in considerazione
dell’Amministrazione) è stato affermato essere tecnicamente non realizzabile.
Tale prescrizione, ricorda la ricorrente, è già stata sospesa da questo stesso
Tribunale che, con le ordinanze prima richiamate, pronunciate inter partes nella
camera di consiglio del 7 dicembre 2006 sui ricorsi nn 2939/06 e 3235/06, ha
affermato che “quanto alle opere di bonifica su aree private, già autorizzate,
l’Amministrazione ha illegittimamente imposto un cambio di metodologia, senza
adeguata istruttoria e motivazione specie in relazione al notevole aggravio di
attività e costi che ne derivano”.
Inoltre, quanto alle prescrizioni relative al progetto definitivo di bonifica
dei suoli (punto “C” dei motivi aggiuntivi), la ricorrente deduce che le
prescrizioni sono illegittime per la parte in cui l’Amministrazione non consente
l’adeguamento del procedimento ai nuovi criteri di cui al d.lgs n. 152 del 2006,
nonostante le espresse richieste da parte della società ricorrente, ma formula
prescrizioni incompatibili con le nuove disposizioni normative o, addirittura,
ribadisce pedissequamente, a distanza di mesi dall’entrata in vigore della nuova
disciplina, prescrizioni adottate nella vigenza dell’abrogato d.m. n. 471 del
1999.
Infine, quanto alla richiesta di misure di messa in sicurezza di emergenza
(punto D motivi aggiuntivi), la ricorrente deduce che i provvedimenti impugnati
sono illegittimi per la parte in cui richiedono di adottare interventi di messa
in sicurezza di emergenza senza alcuna adeguata istruttoria e motivazione che
dimostri la sussistenza dei presupposti normativi degli interventi stessi.
La Conferenza di Servizi decisoria del 16 febbraio 2007 ha infatti richiesto
alla ricorrente di adottare “entro 10 giorni dalla data del ricevimento” del
verbale, “gli interventi di messa in sicurezza di emergenza in corrispondenza
degli hot spot rilevati per la matrice suolo (…) e per la matrice acqua di
falda” (Pagina 78 del verbale).
La società ricorrente lamenta che le prescrizioni impartite in merito alla
caratterizzazione delle aree interne alla Raffineria sono illegittime per
difetto dei presupposti, per difetto di istruttoria e per incongruità della
motivazione, nonché per incompetenza.
Con i motivi aggiuntivi proposti nel ricorso nr. 739/07, ha proposto gravame
avverso i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo la società ERG,
relativamente alle determinazioni assunte con riguardo alle aree a terra di sua
spettanza, e segnatamente in ordine alla falda acquifera ed al suolo della
Raffineria ISAB Impianti Nord.
Anche la società ERG impugna le determinazioni contenute nel punto n. 28
dell’ordine del giorno dalla conferenza di servizi del 16 febbraio 2007, essendo
queste rivolte alle imprese del gruppo ENI cui la stessa ricorrente appartiene.
Pertanto le censure che sono state formulate contro dette prescrizioni sono in
tutto sovrapponibili a quelle, già esposte, contenute nel ricorso nr. 728/07 e
possono essere trattate congiuntamente
Alla camera di consiglio del 5 luglio 2007, sono state concesse le misure
cautelari anche in ordine alle prescrizioni impugnate con i motivi aggiuntivi;
intervenuta la decisione nel merito dei ricorsi chiamati alla udienza pubblica
del 7 giugno 2007, con sentenza nr. 1254/07, il Collegio può esaminare il
gravame odierno avvalendosi di quanto già ritenuto e statuito con la predetta
sentenza nr. 1254/07, alla luce delle cui conclusioni gli odierni gravami vanno
riconosciuti come fondati anche in relazione al contenuto dei motivi aggiuntivi,
sebbene l’oggetto delle prescrizioni in esame imponga alcuni approfondimenti.
IIIA) Per come già ritenuto e deciso con la sentenza nr. 1254/07, fondate ed
assorbenti, rispetto a tutte le altre censure proposte, sono le censure con le
quali le società ricorrenti variamente si dolgono dell’avvenuta violazione del
contraddittorio, dell’obbligo di motivazione e della omissione del preavviso di
rigetto nonché della violazione delle norme in materia di V.I.A.
Il Collegio ritiene sufficiente, anche sul punto in esame, richiamare quanto già
puntualmente affermato dalla Sezione con la sentenza nr. 1254/07: medesime
prescrizioni erano state infatti già sospese dalla Sezione con ordinanze del 7
dicembre 2006 sui ricorsi nn 2939/06 e 3235/06 e, quindi, annullata con la già
richiamata sentenza n. 1254/07 (cfr., in particolare, pagg. 219-224) per ragioni
sintetizzabili come di seguito esposto:
- i progetti definitivi di bonifica della falda che la Conferenza dei servizi
intende modificare erano stati approvati con decreto interministeriale e si
trovano attualmente in fase di esecuzione o addirittura già a pieno regime (ciò
emerge dagli atti e non ha costituito oggetto di contestazione da parte della
difesa erariale o di quella della società controinteressata o del Comune
resistente). Pertanto, eventuali modifiche possono essere deliberate solo con
l’approvazione di un decreto interministeriale correttivo (e comunque sulla base
dell’eventuale richiesta degli obiettivi di bonifica);
- è del tutto illogica - e comunque insufficiente - la motivazione di modificare
/ integrare il progetto di bonifica della falda – già approvato ed in esecuzione
- mediante la realizzazione di un opera (confinamento o barrieramento fisico)
con tecnologia completamente diversa da quella approvata (barrieramento
idraulico) sul presupposto di presunti “ritardi” nel completamento della stessa.
Anziché sollecitare il completamento delle opere già approvate ed autorizzate
(che si affermano essere in ritardo), l’Amministrazione impone la realizzazione
di un’opera completamente diversa, incompatibile con quella approvata e per la
cui realizzazione sono prevedibili tempi lunghissimi;
- la prescrizione non risulta comunque motivata da alcun adeguato accertamento
tecnico: circa la presunta (ma nemmeno affermata) insufficienza o inidoneità
della soluzione di barrieramento prescelta e approvata; circa l’applicabilità
della diversa tecnologia imposta (barrieramento fisico) in relazione alle
caratteristiche geologiche del sito; circa il rapporto costi/benefici di tale
intervento; circa i tempi di esecuzione dell’intervento diretto alla bonifica
del sito (sul punto, cfr. anche TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 11 giugno 2007, n.
2247, 2248, 2249 e 2250);
- nessuno studio è stato condotto dall’Amministrazione sull’impatto che la
realizzazione di tale progetto arrecherebbe all’ambiente circostante;
- oltre che denunciare il palese difetto di istruttoria del procedimento, tale
omissione si caratterizza anche come specifica violazione della disciplina sulla
valutazione di impatto ambientale. L’opera di confinamento fisico ipotizzata dal
Ministero dell’ambiente ed imposta con i provvedimenti impugnati è infatti
soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale sia ai
sensi della normativa vigente (in quanto rientrante, in particolare, negli
impianti contemplati dall’art. 1, comma 1, lett. l) del d.p.c.m.10 agosto 1988,
n. 377), sia ai sensi delle nuove norme in materia ambientale approvate con il
d.lgs 3 aprile 2006, n. 152 (si veda in particolare, la previsione di cui alla
voce n. 15 dell’Elenco A dell’Allegato III alla Parte Seconda del decreto cit.,
elenco richiamato dall’art. 23, comma 1, lett. a);
- l’Amministrazione chiede delle modifiche progettuali dopo aver approvato gli
interventi sin dal 2004 e non aver successivamente avanzato alcuna obiezione in
merito alle tecnologie prescelte, l’esecuzione delle quali viene trimestralmente
rendicontata alla Amministrazione stessa. Emerge dunque la palese
contraddittorietà delle prescrizioni impugnate e la violazione del principio di
legittimo affidamento;
- manca inoltre una adeguata istruttoria che giustifichi la correttezza della
prescrizione relativa all’integrazione del sistema di barrieramento idraulico
con un sistema di confinamento fisico. In particolare non risulta effettuata
alcuna istruttoria sulla compatibilità tra le due tipologie di interventi.
Conclusivamente sul punto, si deve pertanto affermare che l’Amministrazione
resistente ha omesso di motivare il provvedimento impugnato in relazione ai
contenuti partecipativi comunque già versati in atti dalle ricorrenti, alterando
unilateralmente progetti di bonifica già approvati ed in corso di realizzazione
con l’imposizione di oneri non supportati da alcuna istruttoria e neppure da
fatti o elementi nuovi o da nuovi apprezzamenti razionali e giustificati dello
stato di fatto per come emergente dall’istruttoria.
IIIC) Fondato è, infine, anche l’ulteriore motivo aggiuntivo di gravame, anche
questo variamente articolato dalle ricorrenti, con il quale esse denunciano la
violazione della disciplina transitoria prevista dal d.lgs n. 152 del 2006.
Tale censura obbliga il collegio ad un ulteriore approfondimento.
Secondo le ricorrenti, l’Amministrazione non solo non consente l’adeguamento del
procedimento di bonifica dei suoli ai nuovi criteri di cui al d.lgs n. 152 del
2006, nonostante le espresse richieste avanzate, ma formula prescrizioni
incompatibili con le nuove disposizioni normative o, addirittura, ribadisce
pedissequamente, a distanza di mesi dall’entrata in vigore della nuova
disciplina, prescrizioni adottate nella vigenza dell’abrogato d.m. n. 471 del
1999.
La richiesta di presentazione del “progetto definitivo di bonifica dei suoli”,
integrato con l’adempimento alle prescrizioni istruttorie impartite con
riferimento alla disciplina di cui al d.m. n. 471 del 1999 si configurerebbe
pertanto come rigetto dell’istanza di rimodulazione del progetto a sua volta
presentata nei termini della disciplina transitoria, senza che esso sia stato
preceduto dal necessario preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della
legge n. 241 del 1990, ed in violazione della menzionata disciplina transitoria
di cui all’art. 265, comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006 .
In punto di fatto, osserva il Collegio, che la comunicazione è stata effettuata
nei termini di legge, tempestivamente rispetto al termine del 26 ottobre 2006
previsto dal d.lgs. n. 152/06.
Le doglianze della società ricorrente sono fondate.
La norma transitoria di cui all’art. 265, comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006
espressamente recita: “fatti salvi gli interventi realizzati alla data di
entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta
giorni da tale data, può essere presentata all'autorità competente adeguata
relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già
autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente
decreto. L'autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti
al progetto necessarie”.
Tale disposizione oltre a confermare, insieme all’art. 264, comma 1, l’immediata
applicazione del nuovo regime di cui al Titolo V a tutti i procedimenti in
corso, consente addirittura l’applicazione dei nuovi principi normativi anche ai
procedimenti di bonifica che siano già arrivati alla conclusione della fase
progettuale, con l’approvazione dei progetti definitivi con decreto
interministeriale rilasciato ai sensi dell’art. 15 del d.m. n. 471 del 1999 .
Osserva il Collegio che la norma prevede chiaramente che sia il soggetto
interessato a scegliere il regime applicabile entro un congruo termine (180
giorni dall’entrata in vigore del decreto delegato): potrebbe infatti accadere
che l’interessato non ha ragione di rivedere gli obiettivi di bonifica – già
autorizzati – e riaprire una nuova istruttoria positivamente conclusa in base a
criteri diversi (confluenti nella analisi di rischio).
Per le stesse ragioni (tutela delle situazioni consolidate), la locuzione
normativa “fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore
della parte quarta del presente decreto” pone un limite espresso alla
rimodulazione, a garanzia degli investimenti già realizzati, in conformità agli
obiettivi a suo tempo già approvati.
La norma, infatti, garantisce l’interessato che dalla eventuale rimodulazione
degli obiettivi di bonifica, non derivi la ricostruzione o lo smantellamento di
opere già realizzate, vanificando i relativi investimenti, ovvero duplicandone i
costi e le opere.
Pertanto, la norma in questione rimette, in via transitoria e dunque a pena di
un termine di decadenza espresso, al titolare di un progetto di bonifica già
approvato ai sensi del dm 471/99 la facoltà di scegliere tra il mantenimento
della previgente disciplina, e dei relativi precedenti obiettivi di bonifica, o
l’adesione, totale o parziale (a seconda cioè degli interventi già realizzati)
alla nuova disciplina introdotta dal dlgs 152/06, procedendo, in ossequio a
quest’ultima, alla corrispondente revisione degli obiettivi di bonifica.
Condizioni dell’esercizio di tale facoltà sono solamente la previsione di un
termine perentorio per il suo esercizio (la comunicazione doveva essere
trasmessa entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto delegato, cioè
entro il 26 ottobre 2006) e la regolarità della documentazione tecnica allegata,
che è finalizzata a fare emergere e comprovare la piena corrispondenza tra i
nuovi obiettivi di bonifica proposti (ai fini della rimodulazione) le soluzioni
prescelte e le previsioni di cui alla parte IV del decreto legislativo (e tale
corrispondenza formerà l’oggetto principale dell’esame che l’Amministrazione
procedente dovrà condurre).
Appare evidente che l’esito finale di tale giudizio dell’Autorità (condotto
sempre nel rispetto delle intense garanzie partecipative che la legge disciplina
in favore sia della stessa P.A. procedente che dei privati interessati), potrà
essere o l’accoglimento della istanza, o il suo rigetto con correlativa conferma
dei precedenti interventi di bonifica; ma in quest’ultimo caso il rigetto potrà
essere motivato solo dall’assenza dei presupposti di legge per la rimodulazione,
ossia la presentazione tardiva dell’istanza (ma, opina il Collegio, anche in
questo caso l’interesse pubblico ad una migliore attività di recupero dell’area
potrebbe legittimare la P.A. ad un accoglimento della domanda, anche se
presentata oltre il termine, che appare perentorio per il solo privato
proponente), oppure l’inadeguatezza tecnica o teconologica delle nuove proposte
a garantire il rispetto delle più incisive (rispetto al sistema normativo di cui
al dlgs 22/97) previsioni ed obiettivi di bonifica che il dlgs. 152/06 contempla
(ed anche in questo caso, ad avviso del Collegio, sono salvi i poteri e le
facoltà istruttorie della P.A. che potrebbe, in luogo del respingimento della
istanza, chiedere o imporre prescrizioni integrative o correttive delle
modulazioni proposte).
Nel caso in esame al Collegio, si evince che nonostante il chiaro disposto della
norma in esame, la conferenza dei servizi, si è limitata a respingere il
progetto di rimodulazione ed ha imposto oneri contraddittori ed immotivati, come
visto, in spregio alle garanzie di partecipazione al procedimento (in
particolare sotto l’aspetto della violazione dell’art. 10 bis l. 241/90) e senza
neppure richiamare uno dei presupposti che si sono appena illustrati per
disporre il non accoglimento della istanza.
Appare evidente, dunque, la censurata violazione della normativa transitoria e
si conferma, ancora di più, come l’azione della P.A. sul punto è stata
impermeabile all’apporto partecipativo della ricorrente.
Pertanto, anche sotto questo aspetto, il gravame è fondato e va accolto e ne
consegue l’obbligo per l’Autorità di riesaminare le istanze delle società
ricorrenti, nei modi e nei termini esposti a seguire.
Gli ulteriori motivi aggiuntivi di gravame possono considerarsi assorbiti.
*********
Conclusivamente, in accoglimento dei motivi di censura raggruppati sub 2 dei
ricorsi ed in accoglimento del primo motivo di ciascun ricorso, va affermato che
le determinazioni impugnate, inerenti gli atti conclusivi del procedimento di
bonifica, nonché gli interventi sulle aree marine della Rada di Augusta ed,
infine, le prescrizioni relative alle aree a terra (falda e suoli), assunte
nella conferenza dei servizi del 16 febbraio 2007, sono illegittime per eccesso
di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti, del difetto di
istruttoria ed incongruità della motivazione, nonché per violazione delle
corrispondenti previsioni del dlgs 152/2006 e violazione del giudicato
cautelare.
In questi limiti, i ricorsi sono dunque fondati e come tale da accogliersi,
disponendo l’annullamento degli atti impugnati.
Quanto al diniego alla istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica
delle varie società ricorrenti, meglio individuate in atti, la fondatezza del
gravame comporta che permane l’obbligo dell’Amministrazione resistente all’esame
della istanza di ciascuna delle società ricorrenti, obbligo che dovrà essere
esitato, nelle forme di legge e con il rispetto delle dovute garanzie di
partecipazione, nonché considerando espressamente nella motivazione dei
provvedimenti da adottarsi le osservazioni ampiamente esposte in atti, entro 90
giorni dalla comunicazione della presente Sentenza da parte della Segreteria del
TAR o dalla sua notificazione a cura di parte.
Le spese e gli onorari seguono la soccombenza e si liquidano, forfetariamente e
definitivamente, in ciascun ricorso, in euro 3.000, oltre all’importo del
contributo unificato, delle altre spese sostenute per le notifiche, IVA e CPA, e
con deduzione delle spese ed onorari relative alla estromissione dell’ISPESEL,
di cui alla parte motiva, che sono invece poste a carico delle società
ricorrenti ed in solido tra loro nella misura complessiva, forfetaria e
definitiva, di euro 3000,00 (tremila), oltre IVA e CPA;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia –Sezione staccata di Catania
(Sez.1°), riuniti i giudizi in epigrafe:
ESTROMETTE dai giudizi l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza
del Lavoro;
CONDANNA le società ricorrenti in solido tra loro alle spese e competenze del
giudizio in favore di quest’ ultima, che liquida nella misura forfetaria e
definitiva di euro 3000,00 (tremila) complessive, oltre IVA e CPA;
RESPINGE la richiesta di estromissione dal giudizio della Società Sviluppo
Italia Spa, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Prefetto di
Siracusa, della Regione Sicilia, dell’Assessorato regionale all’Industria, ;
ACCOGLIE i ricorsi in epigrafe e per l’effetto, ANNULLA gli atti ed i
provvedimenti impugnati;
ORDINA al Ministero per l’Ambiente di provvedere all’esame della proposte di
rimodulazione degli obiettivi di bonifica di cui alla parte motiva, con le
modalità pure in parte motiva esposte, in favore di ciascuna delle società
rispettivamente proponenti, nel termine di 90 giorni dalla comunicazione della
presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
CONDANNA le Amministrazioni resistenti e la Società Sviluppo Italia Spa, in
solido tra loro, alla refusione integrale delle rimanenti spese di giudizio che
liquida, forfetariamente e definitivamente, per ciascuno dei ricorsi riuniti, in
euro 3.000 oltre l’importo del contributo unificato, notifiche, IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e
manda alla Segreteria di comunicarla alle parti.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2007 e 25
ottobre 2007.
L’Estensore Il Presidente
Dr. Salvatore Gatto Costantino Dr. Vincenzo Zingales
Depositata in Segreteria il 29 gennaio 2008
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