Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
TAR SICILIA, Catania, Sez. I, 10 novembre 2008, sentenza n. 2069
INQUINAMENTO ACUSTICO - URBANISTICA ED EDILIZIA - Insediamenti produttivi -
Rumori ed esalazioni - Disciplina civilistica - Disciplina urbanistica -
Violazione dei limiti - Prova. La nocività di rumori ed esalazioni
provenienti da insediamenti produttivi va intesa in una doppia accezione: sul
piano dei rapporti tra fondi vicini, essa è il limite alla normale tollerabilità
delle esalazioni dal fondo del vicino (ex art. 844 cod.civ.); sul piano
urbanistico, costituisce il limite qualitativo e tipologico delle attività
insediabili. Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi, nella prima accezione;
e come elemento urbanistico nel secondo dei casi. In entrambe le ipotesi,
tuttavia, la sua violazione va comprovata: se tale violazione viene invocata ai
fini della disciplina urbanistica, ossia si lamenta che il tipo di impianto
essendo ordinariamente preordinato all’esalazione di immissioni nocive, è
incompatibile con la destinazione di zona, allora va offerta la prova della
sussistenza strutturale di esalazioni nell’attività produttiva. Laddove la prova
in esame viene offerta, invece, come sussistenza di occasionali immissioni,
magari derivanti da una natura delle lavorazioni dell’impianto differente da
quelle per il quale l’impianto è stato autorizzato, allora si rientra nella
ordinaria ipotesi di tutela di cui all’art. 844 cod.civ. e, in tal caso, non è
la concessione edilizia ad essere illegittima, ma l’attività in sé, così come
condotta, con ogni conseguenza, sul piano civile e penale della tutela.
Pres.Messina, Est. Gatto Costantino - F.S.R. e altri (avv.ti Leone ed Amato) c.
Comune di Torrenova (avv. Cassata), Assessorato Regionale Territorio e Ambiente
e altro (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez.I - 10 novembre 2008,
n.2069
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA
Sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
N. 02069/2008 REG.SEN.
N. 03144/2001 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 3144 del 2001, proposto da:
Franchina Sutera Rosina + 2, rappresentato e difeso dagli avv. Sebastiano Leone,
Paolo Amato, con domicilio eletto presso Luigi Pettinato in Catania, via Pasubio,
30; Franchina Antonina, Franchina Nunzia;
contro
Comune di Torrenova (Me), rappresentato e difeso dall'avv. Nello Cassata, con
domicilio eletto presso Vito De Benedetto in Catania, via Leocata, 6;
Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Ufficio Genio Civile di Messina,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in
Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti di
Sicilferro Torrenovese Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Marcello
Scurria, con domicilio eletto presso Egidio Incorpora in Catania, via Aloi, 46;
per l'annullamento
della concessione edilizia nr. 76/2006 (Rep.n.2197) e del relativo “piano di
lottizzazione” rilasciati dal Comune di Torrenova alla ditta Sicilferro
Torrenovese Srl,in data 09.11.2000, portati a conoscenza delle ricorrenti in
data 13.07.2001, per le opere di urbanizzazione del piano di lottizzazione di
un’area artigianale sita in località Pietra di Roma, ricadente in zona D del
P.di F. vigente, sull’area o sull’immobile distinti al Catasto, foglio n. 06
part. 116 e 254;
della concessione edilizia n. 18/2001 (Rep. n. 2255) rilasciata dal Comune di
Torrenova alla ditta Sicilferro Torrenovese Srl, in data 12.04.2001 portata a
conoscenza delle ricorrenti in data 13.07.2001, per la Realizzazione di uno
stabilimento per la produzione e commercializzazione di Blocchi, Muri, Solai
tipo Plastbau, accessori ed affini, da sorgere in c.da Pietra di Roma, ricadente
in zona D del P.di F.vigente, sull’area o sull’immobile distinti al catasto
foglio n. 06 part. 116 e 254;
di tutti gli altri atti e provvedimenti presupposti, preparatori, di esecuzione,
conseguenziali e comunque connessi, nonché, ove esistente, dello (sconosciuto)
verbale di allineamento e quote;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Torrenova (Me);
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale Territorio ed
Ambiente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ufficio Genio Civile di Messina;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sicilferro Torrenovese Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23/10/2008 il dott. Salvatore Gatto
Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Ricorrono le sigg.re Franchina Sutera Rosina, Nunzia ed Antonia, comproprietarie
(unitamente a Franchina Salvatore) di un fondo nel Comune di Torrenova,
coltivato in parte ad agrumeto e per altra parte edificato con fabbricato
residenziale (abitato dalle ricorrenti), contro le concessioni edilizie in
epigrafe indicate con le quali il Comune di Torrenova ha permesso alla ditta
controinteressata Sicilferro Torrenovese la realizzazione di uno stabilimento
industriale.
La realizzazione di quest’ultimo avrebbe comportato, secondo le ricorrenti, la
trasformazione del suolo di posa a mezzo di rilevanti agglomerati di detriti e
materiale da riporto i quali, ammassati e cementificati lungo il confine ovest
del terreno, esistente tra il terreno della controinteressata e quello delle
ricorrenti, avrebbero occluso un canale di scolo di acque naturali (meteoriche e
di drenaggio) direttamente sfociante sul mare, deputato all’elusione del
concreto pericolo di dannose inondazioni dei terreni medesimi.
Lamentando quindi l’alterazione dell’equilibrio naturale e colturale della zona,
come comprovato anche da specifica perizia tecnica di parte, le ricorrenti hanno
proposto l’odierno ricorso, notificato il 2 agosto 2001 e depositato il 3
settembre 2001, ldeducendo la violazione del regolamento edilizio e degli
strumenti urbanistici comunali, con articolate argomentazioni in fatto ed in
diritto.
Il Comune di Torrenova, costituitosi in giudizio il 14 settembre 2001, resiste
all’azione avversaria, difendendo la legittimità delle concessioni edilizie
impugnate, chiedendo il rigetto del ricorso per inammissibilità, tardività ed
infondatezza.
Respinta la domanda cautelare nella camera di consiglio del 24.10.2001 (ord.nr.
2020/01), la causa è stata chiamata in decisione alla Udienza pubblica del 24
marzo 2004, nella quale la Sezione ha disposto, con ordinanza nr. 220/04, una
verificazione sui fatti di causa, che è stata affidata all’Ingegnere Capo del
Genio Civile di Messina (o funzionario dallo stesso delegato).
Il verificatore è stato poi sostituito dalla Sezione con ordinanza nr. 304/06,
pronunciata inter partes alla Udienza pubblica del 22 giugno 2006, con la quale
è stato incaricato dell’esecuzione della verificazione medesima, il Prof. Arch.
Paolo La Greca, docente di Urbanistica presso l’Università degli Studi di
Catania.
La relazione di verificazione è stata depositata in giudizio il 12 aprile 2007.
La parte ricorrente ha depositato una propria memoria in data 2 e 3 giugno 2007,
nella quale si contestano le risultanze della relazione di verificazione,
chiedendo, così, il richiamo del verificatore.
Alla udienza pubblica del 5 luglio 2007, con ordinanza nr. 473/07, è stato
disposto il richiamo del verificatore al fine di meglio chiarire i punti
contestati della relazione di verificazione.
Adempiuto da parte del verificatore all’ordine istruttorio, con relazione
integrativa depositata il 7 maggio 2008, la causa è stata chiamata in decisione
alla udienza pubblica del 3 luglio 2008, ove il Collegio ha disposto il rinvio
della trattazione del giudizio per le motivazioni meglio indicate nella
ordinanza nr. 330 del 30 luglio 2008.
La causa è stata quindi chiamata in decisione alla Udienza pubblica del 23
ottobre 2008.
DIRITTO
Le ricorrenti contestano le impugnate concessioni edilizie, i cui lavori, in
particolare con riferimento all’alterazione del piano di campagna, avrebbero
alterato il normale deflusso delle acque meteoriche, provocando danni al proprio
terreno (I censura, in parte); se ne lamenta la illegittimità anche per la
mancanza della relazione geologica di cui al DM 11.03.1988 (I censura, in altra
parte). Inoltre, (II censura) si lamenta la violazione dello strumento
urbanistico, che non prevederebbe per la zona D1 in esame l’impianto di
stabilimenti industriali, quale quello della controinteressata; le concessioni
impugnate sarebbero illegittime anche per illogicità manifesta e
contraddittorietà (III censura), in quanto nel Comune di Torrenova sussistendo
il consorzio per le aree ed i nuclei industriali “ASI del Tirreno” non sarebbe
logico prevedere insediamenti industriali al di fuori di detto comprensorio.
Infine (IV censura), mancherebbe il parere del Genio Civile ex art. 13 l.
64/1974.
Con ulteriore capo di domanda, le ricorrenti chiedono il risarcimento del danno,
quantificandolo in euro 516.456,89.
I) Va preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dal Comune, secondo cui il
gravame sarebbe tardivo.
Infatti, secondo la difesa comunale, non corrisponderebbe al vero l’affermazione
delle ricorrenti di avere avuto conoscenza delle denunciate concessioni edilizie
solo in data 13.07.2001: già il 18.05.2000 il sig. Castro Giuseppe, nipote delle
ricorrenti ed anche egli comproprietario del fondo, inoltrava richiesta di copia
degli elaborati relativi alla lottizzazione e l’istanza reca in calce la
sottoscrizione, per ricevuta, della ricorrente Sutera Rosina; il 16.01.2001, lo
stesso nipote delle ricorrenti chiedeva ed otteneva copia degli elaborati
relativi al progetto che sarebbe stato poi oggetto della concessione edilizia nr.
18/2001; la ricorrente Sutera Rosina, poi, presentava denuncia alla Procura
della Repubblica circa la illegittimità dell’operato della ditta
controinteressata in data 12.06.2001.
Alla luce di quanto esposto dalla difesa comunale, l’eccezione di tardività va
dunque sicuramente disattesa per le ricorrenti Franchina Nunzia e Franchina
Antonina: nessun particolare rapporto tra queste ultime e la ricorrente Rosina
viene indicato per affermare una conoscenza degli atti comune a tutte e tre.
Ma, ad approfondito esame, neppure può ritenersi tardivo il gravame per la
ricorrente Franchina Rosina, perché, per il tipo di censure proposte,
l’interesse a ricorrere è sorto in capo ad essa, come alle altre due ricorrenti,
nel momento in cui l’attività della ditta controinteressata ha assunto
consistenza.
L’eccezione quindi va disattesa ed il ricorso ritenuto tempestivo.
II) La quarta censura e parte della prima censura del ricorso sono infondate.
Secondo le ricorrenti, mancherebbe la relazione geologica di cui al DM
11.03.1988 ed il parere del Genio civile sulla lottizzazione, ex art. 13 l.
64/1974.
Tuttavia, dall’esame dei documenti versati in giudizio, risulta che i progetti
oggetto di concessione edilizia sono assistiti dalla relazione geologica;
inoltre il parere del Genio Civile è stato richiesto dal Comune resistente in
data 14.06.2000, con nota 6913 e che l’Autorità predetta si è espressa
favorevolmente con nota 15990 del 26.07.2000.
Le suddette censure sono dunque infondate in fatto.
III) Per ragioni di semplicità espositiva, il Collegio prende adesso in esame la
terza censura e la respinge.
Sostenere che è illogica la previsione di una area D1 per insediamenti
artigianali ed industriali in zone diverse da quelle del comprensorio ASI è
affermazione che, di per sé, trascura la naturale discrezionalità della
pianificazione urbanistica; tuttavia, è prima inammissibile che infondata,
perché va rivolta contro il Piano regolatore che non è stato oggetto di gravame.
IV) Possono adesso essere esaminate la seconda censura e parte della prima, che,
sostanzialmente, sono quelle che sorreggono il gravame.
Sostengono, innanzitutto, le ricorrenti che l’impianto produttivo della
controinteressata non è compatibile con l’area a destinazione D1 del
comprensorio, nella quale sarebbero ammissibili solamente insediamenti
artigianali.
Inoltre, la tipologia delle costruzioni assentite, soprattutto con riferimento
all’alterazione del piano di campagna che è stato innalzato rispetto alla quota
d’origine, avrebbe alterato il regime delle acque provocando danni ai terreni.
Sulle questioni introdotte con le censure in esame è stata disposta una
articolata verificazione che ha raggiunto le seguenti conclusioni.
IV. a) Al momento del rilascio della concessione nell’area interessata
dall’insediamento, vigeva il PdF variato a seguito del Decreto ARTA n. 1010/87
del 23.07.1987. Il lotto ricade in ZTO D1 “lotti per l’artigianato di produzione
o piccola industria”. Le norme di piano prevedono per la zona in esame:
superficie minima del lotto in base alle esigenze, indice di copertura pari al
40% della superficie, 8,00 metri di Hmax, 2 piani fuori terra, ed il divieto di
insediare “tutte le attività che, in qualsiasi modo, per effetto di
inquinamento, o di rumore, o di odori, si rendono nocive nei confronti delle
residenze”.
Successivamente, viene approvato il nuovo PRG con D.A. n. 449/03, pubblicato
sulla GURS il 30.05.2003, nel quale si confermano le previsioni di area del
lotto in esame, fissando però il lotto minimo in 5.000 mq; si conferma la
inclusione della proprietà delle ricorrenti e della controinteressata nella ZTO
D1 del nuovo strumento urbanistico.
Lo stabilimento della controinteressata viene ricondotto dal verificatore alla
tipologia della piccola impresa industriale e come tale è ritenuto compatibile
con le norme di zona.
IV. b) Il nuovo assetto dei luoghi ha determinato la modifica del regime di
permeabilità dei suoli, sia per le vaste superfici coperte realizzate secondo le
previsioni di piano che per la intervenuta impermeabilizzazione dei terreni
conseguente alla realizzazione degli ampi piazzali che circondano questi edifici
industriali. In particolare, nel caso della controinteressata, mentre nella
prima concessione edilizia era previsto un regime di scolo delle acque
meteoriche che era assicurato da una apposita tubazione, l’impianto è stato poi
realizzato, con la seconda concessione edilizia, mediante un “cunettone” di
scolo all’aria aperta che finisce però con il convogliare anche acque di
provenienza da altri terreni a monte e che si immette direttamente nella “saja”
di confine (che è appunto quel canale originario di deflusso che le ricorrenti
assumono essere stato alterato).
La difesa delle ricorrenti ha chiesto la sostituzione del verificatore ed ha
contestato le conclusioni cui è pervenuta la verificazione.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, la causa appare matura per essere decisa,
perché l’istruttoria ha fornito sufficienti elementi di giudizio.
V) Quanto alla compatibilità urbanistica tra la lottizzazione e la disciplina
d’area, la censura va ritenuta infondata, con alcune precisazioni.
Intanto, dall’esame degli atti emerge che, a differenza di quanto sostenuto
dalla difesa della parte ricorrente, la normativa in esame (così come
ricostruita dal verificatore) prevede la possibilità di insediare sia imprese
artigiane che industriali (PdF variato a seguito del decreto ARTA n. 1010/87 del
23.07.1987).
Al di là della specifica tipologia di imprese, il limite che le NTA pongono agli
insediamenti produttivi previsti è che non debbano essere nocivi, quanto a
rumori ed esalazioni, per le residenze.
La nocività va intesa, dunque in una doppia accezione: sul piano dei rapporti
tra fondi vicini, essa è il limite alla normale tollerabilità delle esalazioni
dal fondo del vicino (ex art. 844 cod.civ.) ed, al contempo, sul piano
urbanistico, costituisce il limite qualitativo e tipologico delle attività
insediabili.
Rileva dunque nei rapporti civili tra fondi, nella prima accezione; e come
elemento urbanistico nel secondo dei casi.
In entrambe le ipotesi, tuttavia, la sua violazione va comprovata: se tale
violazione viene invocata ai fini della disciplina urbanistica, ossia si lamenta
che il tipo di impianto essendo ordinariamente preordinato all’esalazione di
immissioni nocive, è incompatibile con la destinazione di zona, allora va
offerta la prova della sussistenza strutturale di esalazioni nell’attività
produttiva, che la qualifica come incompatibile con il regime delle NTA per la
zona D1 in esame. Laddove la prova in esame viene offerta, invece, come
sussistenza di occasionali immissioni, magari derivanti da una natura delle
lavorazioni dell’impianto differente da quelle per il quale l’impianto è stato
autorizzato, allora si rientra nella ordinaria ipotesi di tutela di cui all’art.
844 cod.civ. e, in tal caso, non è la concessione edilizia ad essere
illegittima, ma l’attività in sé, così come condotta, con ogni conseguenza, sul
piano civile e penale della tutela.
Le ricorrenti non solo non hanno espresso alcuna censura nei termini suddetti
(essendosi limitate a contestare nel ricorso che le NTA consentirebbero
solamente l’insediamento di impianti artigianali), ma, anche a tacere di questo
aspetto, non hanno sicuramente comprovato che le attività della Sicilferro siano
stabilmente e ontologicamente nocive per le residenze. A questo proposito, il
Collegio osserva che nella perizia di parte depositata in allegato al ricorso,
pur essendo presente una V.I.A. per l’analisi del fabbricato della Sicilferro,
quest’ultima evidenzia come l’emissione di odori potrà avvenire solo per cattivo
funzionamento dell’impianto e in particolari condizioni atmosferiche;
l’emissione di polveri o fumi dovrebbe essere assente, visto il tipo di
impianto, e quindi si espone che non si comprende il perché dette esalazioni si
manifestano di notte (con il che si adombra una cattiva gestione dell’impianto o
comunque il compimento di attività non assentite); modificazioni
chimico-biologiche delle acque non dovrebbero avvenire perché non sono previsti
scarichi di alcuna natura direttamente sul terreno; e così via.
In altri termini, è la stessa produzione di parte ricorrente che consente di
ritenere che l’attività assentita non sia, sul piano urbanistico, contrastante
con le norme di zona, perché viene escluso (oltre a non essere neppure
lamentato) che essa sia stabilmente, strutturalmente ed ordinariamente atta a
produrre quelle esalazioni nocive o comunque incompatibili con le residenze che
potrebbero giustificare un giudizio di incompatibilità del manufatto con le
previsioni di Piano.
Va da sé che le lamentate (e non comprovate) esalazioni che sarebbero avvenute
in concreto, potranno essere oggetto di apposita azione a tutela di fronte al
giudice civile, competente a conoscerla ex art. 844 cod.civ. ove dovessero
ripresentarsi; ad ogni modo, per la loro occasionalità e non pertinenza
strutturale con l’impianto, non potranno essere considerate come causa di
illegittimità delle concessioni edilizie.
VI) Quanto alla questione del deflusso delle acque, il verificatore ha accertato
elementi che inducono il Collegio a ritenere fondata la prima parte della prima
censura, laddove si lamenta che il regime delle acque è stato alterato (cfr.
verificazione, pagg. 14-15-16) con conseguenze di pericolo per il terreno delle
ricorrenti.
Le concessioni edilizie, in particolare la seconda, laddove non prevedono un
adeguato sistema di deflusso delle acque, sono illegittime ed, in tale parte,
vanno annullate, sancendo l’obbligo per l’Amministrazione e per la
controinteressata di provvedere ad una efficiente regimazione delle acque di
scolo, con l’immissione diretta nel sistema di collettazione delle acque, tale
da escludere rischi di allagamenti nel terreno delle ricorrenti.
VII) La domanda di risarcimento danni è generica e come tale va dichiarata allo
stato inammissibile.
Nessuna prova della quantificazione dei danni subiti è stata infatti offerta
dalle ricorrenti medesime: invero, con la perizia di parte allegata al ricorso
si produce una “stima dei danni”, ma all’analisi del contenuto della stessa,
emerge che la valutazione condotta dal CTP è puramente nominale e generica, come
tale insufficiente a consentire la ammissibilità della domanda. Infatti, nella
suddetta relazione, il CTP si limita ad esporre (pag. 35, lett. “A”) il metodo
di analisi con cui si individuano i valori dei beni immobili delle ricorrenti
danneggiati dalle concessioni edilizie della controinteressata; poi, (pag. 37,
lett. “B”) si determina una stima del reddito, per ottenere quindi il (solo)
valore di mercato più probabile dei fabbricati (e non del danno) ammontante a
lire 1.334.925.000; infine, nelle conclusioni, si determina il valore finale del
risarcimento, incrementando il valore di mercato ottenuto al paragrafo
precedente con una stima di deprezzamento derivante dall’essere diventato il
terreno delle ricorrenti lotto intercluso, ed aumentandolo con il valore
affettivo del fabbricato, il tutto per una complessiva somma pari a lire
2.500.000.000.
Appare evidente, innanzitutto, che tali stime non offrono al giudizio del
Tribunale alcun riferimento su quale potrebbe essere la causa del danno
quantificato, in relazione alle censure svolte nel ricorso (ove, ad esempio, non
si parla di lotto intercluso): dunque, ai fini dell’azione ex art. 2043, manca
del tutto il requisito del nesso causale tra l’illegittimità lamentata degli
atti e la tipologia dei danni sofferti. Ma, ad analisi ancora più attenta,
emerge che è la stessa quantificazione del perito di parte che si rivela
insufficiente, perché si limita essenzialmente a stimare il valore degli
immobili dei ricorrenti, e quindi è priva di alcuna prova in ordine al “quantum”
richiesto. Ciò, d’altronde, appare la logica conseguenza del fatto che il danno
lamentato non viene in alcun modo presentato in relazione alle illegittimità
delle concessioni edilizie impugnate, specie sotto il profilo, che come si è
visto è l’unico fondato, della alterazione del deflusso delle acque.
La domanda è dunque inammissibile, allo stato, per genericità.
La fondatezza solo parziale del gravame costituisce giusta causa per la
compensazione delle spese di lite tra le parti, ad eccezione delle spese di
verificazione che sono poste a carico del Comune resistente e della
controinteressata, in solido tra loro e che saranno liquidate con separato
decreto collegiale motivato ai sensi del DPR 115/2002.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di
Catania, Sezione Prima, ACCOGLIE, nei limiti di cui in parte motiva, il ricorso
in epigrafe e, per l’effetto, ANNULLA gli atti impugnati, nella parte relativa
alle opere di urbanizzazione necessarie al regime del deflusso delle acque di
scolo, e FA OBBLIGO al Comune ed alla controinteressata di curarne la
riprogettazione e la successiva realizzazione, in conformità a quanto indicato
dal verificatore d’ufficio.
DICHIARA INAMMISSIBILE la domanda di risarcimento del danno, per genericità.
COMPENSA tra le parti le spese di lite, ad eccezione degli importi della
verificazione, che saranno liquidati con separato decreto collegiale motivato, a
mente del DPR 115/2002 e che sono posti a carico dell’Amministrazione resistente
e della controinteressata in solido tra loro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 23/10/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Rosalia Messina, Presidente
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it