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TAR SICILIA, Catania, Sez. I, 15 maggio 2008, sentenza n. 916
 

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Area inserita nella lista UNESCO del patrimonio comune dell’umanità - Comune - Assentimento di “deroga minima” agli strumenti urbanistici locali - Violazione immediata e diretta degli obblighi internazionali - Ragioni. Quando lo Stato assume obblighi internazionali di tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale, quali quelli di cui alla convenzione firmata a Parigi il 23 novembre 1972 e ratificata in Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184, che sono volti a conservare la consistenza e la qualità degli abitati urbani, la violazione degli strumenti urbanistici locali (di programma o anche attuativi), o la deroga, anche minima, alle norme in essi contenute comporta anche la violazione immediata e diretta dei suddetti obblighi. Diversamente opinando, si riconoscerebbe all’Autorità locale un potere discrezionale di ammettere oppure di vietare le “deroghe” allo strumento urbanistico (e quindi agli obblighi di tutela che nelle suddette norme si traducono e si attualizzano) senza che tale discrezionalità si riveli guidata da alcun parametro normativo e senza che l’asserita “irrilevanza” o “minima entità” delle stesse possa assurgere a legittimo criterio discretivo di ciò che può ammettersi, in dispetto della previsione urbanistica, e ciò che invece va vietato (fattispecie relativa all’isola di Ortigia, facente parte del patrimonio comune dell’umanità UNESCO). Pres. Zingales, Est. Gatto Costantino - P.E. (avv. Giuliano) c. Comune di Siracusa (avv. Bianca), Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altri (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 15 maggio 2008, n. 916


 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE  PER LA SICILIA

- Sezione staccata di Catania - Sezione Prima


Reg.Sent. 916/08
Reg.Gen. 3389/05
 


composto dai Signori Magistrati:

 

Dott. Vincenzo Zingales, Presidente
Dott.ssa Rosalia Messina, Giudice
Dott. Salvatore Gatto Costantino Giudice rel.est.


ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA


Sul ricorso nr. 3389/05, proposto da: PACIOTTI ELENA ORNELLA, rappresentata e difesa dall’Avv. Corrado Giuliano, con domicilio eletto in Catania Via Pasubio 33, presso il suo studio;


contro


il Comune di Siracusa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Bianca, con domicilio eletto in Catania, via Gorizia nr. 54 (presso lo studio Caltabiano);
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Assessorato regionale BB.CC.AA. e Pubblica Istruzione, la Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Siracusa, la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, ciascuno in persona del rispettivo rappresentante legale pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege presso la sua sede in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

e nei confronti di
Giuliano Marzio, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Riscica, con domicilio eletto in Catania, via XX Settembre, 40, presso il suo studio;

per l'annullamento
della concessione edilizia n. 08/2005 U.T.S.O. – prat. 2429 del 02 agosto 2005 in favore del sig. Marzio Giuliano;
della relazione istruttoria tecnica-finanziaria dell’Ufficio Tecnico Speciale per Ortigia del 28 aprile 2005 e di ogni ulteriore atto presupposto e consequenziale.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Siracusa, dell’ASSESSORATO REGIONALE BB. CC. AA. E PUBBLICA ISTRUZIONE del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI, della SOPRINTENDENZA BENI CULTURALI ED AMBIENTALI SIRACUSA
E di GIULIANO MARZIO ;

Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, all’udienza pubblica del 10 gennaio 2008, il Referendario dr. Salvatore Gatto Costantino;
Uditi altresì gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;


Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:


In fatto e in diritto


La ricorrente, proprietaria di un appartamento nel più ampio immobile di Siracusa, via Capodieci 4, impugna il provvedimento meglio descritto in epigrafe, con il quale il controinteressato, proprietario di immobile sito al piano terra dello stabile (ingresso da via Capodieci 8), ha ottenuto dall’Ufficio speciale di Ortigia l’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso dei locali di sua proprietà, da abitazione ad attività commerciale (risotrante) ed ad eseguire lavori di ristrutturazione.
Con il gravame, ritualmente notificato, lamenta:
I) Violazione dell’art. 7 della legge 241/90 ed 8 della LR 10/91 (I censura, con la quale sostiene il proprio diritto di vicina e di condomina a partecipare al procedimento);
II) Violazione dell’art. 4 e dell’art. 36 della L.R. 71/78 – eccesso di potere per difetto di istruttoria (II censura, con la quale sostiene che il controinteressato non avrebbe avuto titolo a richiedere l’autorizzazione, dal momento che questa, incidendo su parti comuni dell’edificio, avrebbe dovuto essere richiesta con il consenso del condominio o comunque da quest’ultimo);
III) Violazione artt.47 e 51 vigente regolamento edilizio del Comune di Siracusa,, artt. 1 e 3 D.A. 27 marzo 1990 n. 286, art. 12 lett. C) e d) P.P.O. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria (III censura, con la quale si lamenta rispettivamente, che l’altezza del locale di m. 2,80 viola i limiti minimi di altezza dei locali commerciali, fissati in 3,50 m; la sottoelevazione del piano di calpestio del locale porta ad una quota di calpestio complessivamente pari a 53 cm sotto il livello della strada, mentre il regolamento edilizio prescrive che il piano di calpestio deve essere sopra il piano strada di almeno 10 cm; l’abbattimento di una parete divisorio ainterna crea un unico ambiente, in violazione del Piano Particolareggiato di Ortigia che impone il vincolo assoluto “di conservazione in posizione e struttura dei muri interni con libertà di tagliare nuove aperture”)
IV) Violazione art. 10 Cost. in relazione all’art. 4 Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale firmata a Parigi il 23 novembre 1972, ratificata in Italia con l. 6.4.1977, n. 184 ed in relazione all’inserimento dell’isola di Ortigia nella lista UNESCO. Violazione LR 79/76. Violazione DA 27 marzo 1990 n. 286 e PPO.Violazione DPRS 11 aprile 1968 (IV censura, con la quale si lamenta che le difformità edilizie rilevate sarebbero in violazione anche degli speciali obblighi di protezione dell’abitato derivanti dall’inserimento dell’isola di Ortigia nell’elenco dei beni tutelati dall’UNESCO come patrimonio comune di tutta l’umanità).
Si è costituito in giudizio il Comune di Siracusa con memoria depositata il 23 dicembre 2005, che oppone alla ricorrente che (in relazione alla I censura) nessun titolo di partecipazione possiede in relazione al procedimento in esame il condomino, né tantomeno il condominio, atteso che non vengono modificate parti comuni o ne viene alterata la funzione; che (in relazione alla II e III censura) le modifiche sono di minima entità ed in ogni caso non arrecano nocumento ai condomini; che (in relazione alla IV censura) non viene violato il Piano UNESCO le cui direttive non hanno portata precettiva tale da ritenersi violate con l’autorizzazione in parola.
Si è costituito anche il controinteressato il quale, oltre ad esplicare motivi di difesa analoghi a quelli eccepiti dalla difesa comunale, eccepisce la tardività del gravame rispetto alla data di pubblicazione dell’atto all’Albo Pretorio, pubblicizzato, tra l’altro, anche dai cartelli affissi nel cantiere, ove veniva indicata la tipologia dell’opera assentita.
Nella Camera di Consiglio del 09 Febbraio 2006 è stata concessa la misura della sospensione degli effetti dell’atto impugnato (ord. nr. 316/06).
Il C.G.A., con ordinanza 572/06, ha annullato la ordinanza cautelare di primo grado.
Il 22 dicembre 2006 si è costituito ad adiuvandum anche il condominio, che sostiene il gravame con argomenti di diritto sostanzialmente coincidenti con quelli della ricorrente.
Con memoria depositata il 6 dicembre 2007, l’Avvocatura ha chiesto l’estromissione del Ministero per i beni e le attività culturali e della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO, in quanto estranee ai fatti di lite.
Le parti hanno scambiato memorie e documenti.
Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2008, la causa è stata trattenuta in decisione.


I) Preliminarmente, in accoglimento della apposita domanda dell’Avvocatura prima richiamata, va disposta l’estromissione del Ministero per i Beni e le Attività culturali e della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO dalla lite, non avendo essa partecipato in alcun modo all’adozione dei provvedimenti impugnati e non essendo titolari di un interesse anche solo di mero fatto alla conservazione dei predetti atti. Invero, con il quarto capo di gravame si lamenta che i provvedimenti impugnati avrebbero violato gli specifici obblighi di protezione che sussistono sull’isola di Ortigia, in quanto facente parte del “patrimonio comune dell’umanità”: ma ciò non concretizza certamente un interesse oppositivo alla domanda della parte ricorrente in capo al Ministero o all’Organismo internazionale ed alla sua rappresentanza italiana, posto che la convenzione approvativa del Piano UNESCO è assunta solo quale parametro normativo violato nella censura in esame.


II) Va quindi esaminata la eccezione preliminare di inammissibilità del gravame per tardività del ricorso, sollevata dalla difesa della controinteressata: secondo quest’ultima, la parte ricorrente avrebbe dovuto agire entro 60 giorni dall’inizio dei lavori, dei quali aveva ogni possibilità di percepire la lesività, così come poi denunciato, essendo relativi al medesimo ambito abitativo e comunque resi noti dall’apposito cartello apposto sul cantiere.
L’eccezione è infondata.
Il ricorso è stato notificato in data 24 novembre 2005: secondo la parte controinteressata, il termine decadenziale troverebbe decorrenza dalla data di pubblicazione della concessione edilizia all’albo comunale (terminata il 21 agosto 2005) o dall’inizio dei lavori, avviati sempre durante l’estate, come da dichiarazione inviata al Comune in data 5 agosto 2005 e pubblicizzata mediante affissione di cartello sulla parete fronte strada dell’edificio.
Invero, la concreta lesività dei lavori, come denunciata nelle censure oggetto dell’odierno gravame, non può essere stata percepita dalla ricorrente se non dal loro concreto avanzamento, ovvero quando l’alterazione del prospetto è stata manifesta ed effettiva. La data di effettiva percepibilità di tale alterazione avrebbe dovuto essere comprovata dalla parte controinteressata; la quale ha invece basato la propria eccezione solo sul termine legale di pubblicazione della concessione edilizia, che non rileva ai fini della acquisizione della piena conoscenza e sulla data di avvio dei lavori che, in quanto tali, neppure potevano essere ex ante percepiti come lesivi, quantomeno in relazione alla denunciata violazione dei diritti condominiali e di condomina della ricorrente, ma anche con riferimento alle lamentate violazioni del regolamento edilizio del Comune di Siracusa per l’Isola di Ortigia che sono dedotte in relazione alle alterazioni interne degli originari volumi.


III) Quanto al merito del ricorso, osserva il Collegio, preliminarmente, che non è dubbio che i lavori intrapresi dal controinteressato riguardino parti comuni dell’edificio: a tacere del fatto che il cambio di destinazione d’uso da abitazione a locale commerciale incide sulla tipologia edilizia e quindi sugli standards (su questo punto vedasi infra), appare comunque preliminare ad ogni altra valutazione che nello stesso progetto presentato al Comune dal controinteressato (in atti, vedi prod. Nr. 3 della ricorrente) si indicano, quali lavori oggetto della richiesta, “lavori sulle parti comuni e rifacimento delle facciate”.
Più precisamente, sono oggetto di intervento “fornitura e posa in opera di impianto con pompe di calore che saranno posizionate all’interno del cortile in comunione, rimozione dei portoni di ingresso del basso e realizzazione dei portoni di ingresso al basso commerciale, rimozione delle grate in ferro poste all’ingresso del basso e, soprattutto, la riapertura di una porta di ingresso posta sulla via Capodieci, oltre all’apertura di altre porte verso il cortile interno.
Pertanto, anche a voler dubitare della fondatezza della prima censura del ricorso, con la quale si afferma la violazione del diritto di partecipazione al procedimento da parte della ricorrente in quanto condomina, aspetto questo che, sia pure in sede cautelare, il CGA ha ritenuto non fondato, si rivela sicuramente fondato il gravame in relazione ai punti successivi, ossia la sussistenza dell’obbligo del Comune di verificare la sussistenza del consenso dei condomini all’intervento edilizio, aspetto questo sul quale la giurisprudenza, invero, appare pacifica (cfr. le decisioni del Consiglio di Stato, V, 15 marzo 2001, n. 1507, e 21 ottobre 2003, n. 6529; cfr. anche TAR Lombardia Brescia, 22 febbraio 2002, tutte pronunce citate dalla difesa della ricorrente; cfr. inoltre, TAR Lombardia, Milano, 8 marzo 2007, nr. 381; Consiglio di Stato, V, 3 gennaio 2007, nr. 11; TAR Lombardia, Brescia, 12 maggio 2003, nr.677).
Pertanto, anche ad escludere la sussistenza dell’obbligo del Comune procedente a indirizzare loro l’avviso di avvio del procedimento, non si può comunque negare che i condomini possiedano interesse qualificato ad impugnare la relativa concessione edilizia, laddove lamentino che quest’ultima è relativa ad una trasformazione delle parti comuni non preventivamente assentita nelle dovute sedi condominiali.
Invero, i lavori in esame hanno comportato una alterazione di parti comuni dell’edificio (specie il prospetto), a sua volta sostanziatasi anche in una diversa qualificazione edilizia ed urbanistica dell’unità immobiliare sita al primo piano dell’edificio, che da civile abitazione viene trasformata in locale adibito al pubblico esercizio.
Nel regolamento comunale vigente, infatti, le due tipologie di unità immobiliari sono soggette a regimi normativi diversi (rispettivamente, sono classificati A1 ed A2, con specifici requisiti volumetrici e di standards abitativi, cfr. artt. 37 e 38 del regolamento edilizio depositato in atti, allegato alla memoria del controinteressato depositata il 19 dicembre 2007).
Tale ultima considerazione esclude la pertinenza nel caso di specie dei richiami difensivi che il Comune ed il controinteressato hanno invocato (a sostegno delle rispettive tesi), circa le conclusioni cui pure è pervenuta la giurisprudenza in ordine alla possibilità che il condomino apporti alla cosa comune senza il necessario consenso degli altri comproprietari modifiche strettamente funzionali al proprio uso, a patto che non ne impedisca o renda pregiudizievole l’uso comune o che non ne alteri la destinazione (art. 1102 cod civ; cfr. la giurisprudenza richiamata prima).
Sebbene, infatti, il principio sia certamente condivisibile, esso non può essere tuttavia applicato alla fattispecie in esame, perché i lavori del controinteressato hanno sicuramente inciso nella qualificazione edilizia delle “cose comuni”, per effetto della mutata destinazione d’uso del locale posto al pianterreno dell’edificio che non si è tradotta in mere modifiche interne, riguardando invece, come visto, anche il prospetto.


IV) Quanto alla lamentata difformità dei lavori rispetto ai regolamenti edilizi (censura sub III), giova osservare che le doglianze relative alla violazione dell’altezza minima del locale (alto m.2,80), sono state effettivamente superate, come sostiene il controinteressato, dalla modifica regolamentare medio tempore intervenuta (delibera del Consiglio comunale nr. 108 del 22 aprile 2005, che modifica gli artt. 37 e 38 del regolamento edilizio del Comune di Siracusa) che l’ha ridotta, per le tipologie edilizie A2 nella quale rientra il locale commerciale, a m. 2,70.
Più precisamente, sulla censura in esame si è formata una sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente, perché anche quando l’atto dovesse essere annullato, nella riedizione del potere conseguente all’annullamento troverebbe applicazione la regola sopravvenuta e quindi il manufatto sarebbe considerato legittimo così com’è all’esito dei lavori originariamente contrastanti con il regolamento edilizio all’epoca in vigore.
Non è invece condivisibile la teoria difensiva secondo la quale l’abbassamento del piano di calpestio non produrrebbe aumento di volumetria (che, seppure minimo è indiscusso), ed è manifestamente fondata la censura secondo la quale l’abbattimento della parete interna divisoria è vietato dal P.P.O. ( si osserva che l’ufficio comunale, nella relazione prot. 6122 del 21 dicembre 2005, versata in atti, afferma che la violazione sussiste, ma è di minima importanza ed è frutto della necessaria tolleranza che la “talvolta eccessiva rigidità” del P.P.O. imporrebbe, in relazione alle diverse esigenze di opportunità, per consentire la maggiore vivibilità e salubrità degli ambienti, posto che sarebbero comunque consentite nuove aperture nel medesimo muro).


V) La violazione del Piano Particolareggiato per Ortigia derivante dall’abbattimento del muro interno divisorio dell’abitazione del controinteressato conduce a ritenere fondata anche l’ultima censura, sub IV del ricorso, ove si denuncia la violazione degli obblighi internazionali che lo Stato Italiano (ed esso anche per le sue articolazioni territoriali, quale l’Amministrazione locale) ha assunto a tutela della protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale (convenzione firmata a Parigi il 23 novembre 1972 e ratificata in Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184).
Nella specie, le assentite demolizioni delle pareti divisorie interne (muri con campitura nel P.P.O. sono in contrasto con le previsioni del suddetto strumento urbanistico che prescrivono il vincolo di conservazione dello spazio interno delle unità immobiliari.
Secondo la difesa comunale, minime variazioni delle consistenze delle abitazioni e dei fabbricati quale quella in esame non possono essere considerate violazioni degli obblighi internazionali, che si porrebbero solo come enunciazioni di principio o comunque tali da ammettere tolleranza applicativa in relazione alle concrete situazioni di fatto.
Si deve invece ritenere che, quando lo Stato assume obblighi internazionali di tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale, quali quelli in esame, che sono volti a conservare la consistenza e la qualità degli abitati urbani, la violazione degli strumenti urbanistici locali (di programma o anche attuativi), o la deroga, anche minima, alle norme in essi contenute - che tali obblighi assistono con una tutela esecutiva o di dettaglio - comporta anche la violazione immediata e diretta dei suddetti obblighi.
Diversamente opinando, si riconoscerebbe all’Autorità locale un potere discrezionale di ammettere oppure di vietare le “deroghe” allo strumento urbanistico (e quindi agli obblighi di tutela che nelle suddette norme si traducono e si attualizzano) senza che tale discrezionalità si riveli guidata da alcun parametro normativo (e quindi si tratterebbe di un potere discrezionale “puro” non contemplato dalle norme di riferimento) e senza che l’asserita “irrilevanza” o “minima entità” delle stesse possa assurgere a legittimo criterio discretivo di ciò che può ammettersi, in dispetto della previsione urbanistica, e ciò che invece va vietato.


*****


Consegue, da quanto esposto, che il ricorso è fondato e come tale va accolto.
Sussistono ad avviso del Collegio giuste ragioni per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti, ad eccezione delle spese e degli onorari di lite relativi alle parti da estromettersi (cfr. supra sub I) che sono poste a carico della parte ricorrente e che si liquidano in euro 1.000,00 complessivamente e forfettariamente.


P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania - Sezione Prima :
ESTROMETTE il Ministero per i Beni e le Attività culturali e la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO dal giudizio;
CONDANNA la parte ricorrente alla refusione integrale delle spese e degli onorari di lite nei confronti delle parti estromesse, che liquida, forfetariamente e complessivamente, in euro 1.000/00;
ACCOGLIE il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, ANNULLA i provvedimenti impugnati con esso.
COMPENSA integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria del Tribunale affinchè comunichi la presente Sentenza alle parti.


Così deciso in Catania, nella Camera di Consiglio del 10 gennaio 2008.

L’ESTENSORE
dr. Salvatore Gatto Costantino
IL PRESIDENTE
dr.Vincenzo Zingales

Depositata in Segreteria il 15 maggio 2008
 


 

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