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TAR SICILIA, Palermo, Sez. II, 9 gennaio 2008, sentenza n. 8
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Art. 87 del codice delle comunicazioni
elettroniche - Regione siciliana - Immediata applicabilità. Il procedimento
delineato dall’art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche deve
ritenersi immediatamente applicabile nel territorio della Regione siciliana,
indipendentemente dal suo recepimento e senza che sia dato distinguere tra
disposizioni in materia di urbanistica e disposizioni in materia di tutela della
concorrenza e dell’ambiente (cfr., altresì, T.A.R. Sicilia, sez. II, 9 maggio
2006, n. 1009). Pres. Monteleone, Est. Di Paola - E. s.p.a. (avv. Sartorio) c.
Comune di Marsala (avv. Pensabene Lionti) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II
- 9 gennaio 2008, n. 8
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Provvedimento autorizzatorio unico - Finalità -
Procedimento unitario ambientale/urbanistico. La previsione di un unico
procedimento autorizzatorio per l'installazione delle infrastrutture di
comunicazione elettronica è finalizzata a garantire, tramite procedure
tempestive e semplificate, la parità delle condizioni concorrenziali fra i
diversi gestori nella realizzazione delle proprie reti di comunicazione sul
territorio nazionale, nonché la osservanza di livelli uniformi di compatibilità
ambientale delle emissioni radioelettriche: l’unico provvedimento autorizzatorio
deve essere rilasciato sulla base di un procedimento unitario, nel contesto del
quale devono essere fatte confluire le valutazioni sia di tipo ambientale che di
tipo urbanistico (cfr. Corte Costituzionale, 28 marzo 2006, n. 129; 6 luglio
2006, n. 265). Pres. Monteleone, Est. Di Paola - E. s.p.a. (avv. Sartorio) c.
Comune di Marsala (avv. Pensabene Lionti) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II
- 9 gennaio 2008, n. 8
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Infrastrutture di comunicazione - Assimilabilità
alle normali costruzioni edilizie - Esclusione - Applicabilità delle
prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti - Esclusione - Ragioni. In
presenza della specifica previsione di cui all’art. 86 del D.lgs. n. 259/2003,
il quale assimila, ad ogni effetto, le infrastrutture di reti pubbliche di
comunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, ed in assenza di specifiche
previsioni, deve ritenersi che gli impianti di telefonia mobile non possano
essere assimilati alle normali costruzioni edilizie e, pertanto, la loro
realizzazione non sia soggetta a prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti,
le quali si riferiscono a tipologie di opere diverse e sono state elaborate con
riferimento a possibilità di diverso utilizzo del territorio,
nell’inconsapevolezza del fenomeno della telefonia mobile e, più in generale,
dell’inquinamento elettromagnetico in generale. Conseguentemente, il titolo
autorizzatorio non può essere negato se non avuto riguardo ad una specifica
disciplina conformativa, che prenda in considerazione le reti infrastrutturali
tecnologiche necessarie per il funzionamento del servizio pubblico (in tal
senso, Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2003, n. 7725; TAR Campania, sez. I, 13
febbraio 2002, n. 983, 20 dicembre 2004, n. 14908). Pres. Monteleone, Est. Di
Paola - E. s.p.a. (avv. Sartorio) c. Comune di Marsala (avv. Pensabene Lionti) -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II - 9 gennaio 2008, n. 8
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti di telefonia mobile - Pubblica utilità
- Art. 90 d.lgs. n. 259/2003 - Compatibilità con ogni destinazione urbanistica.
L’art. 90 del D.Lgs. n. 259/2003 dispone che gli impianti di telefonia mobile e
le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno “carattere di
pubblica utilità”, con possibilità, quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte
del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni
urbanistiche (residenziale, verde, agricola, ecc.: cfr., in tal senso, C.G.A.
ordinanza 5 luglio 2006, n. 543; Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2006, n.
5096). Pres. Monteleone, Est. Di Paola - E. s.p.a. (avv. Sartorio) c. Comune di
Marsala (avv. Pensabene Lionti) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II - 9
gennaio 2008, n. 8
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA SICILIA,
Sede di Palermo, Sezione Seconda
N. 8/08 Reg. Sent.
N. 3203 Reg. Gen.
ANNO 2005
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R. G. n. 3203/2005 proposto dalla ERICSSON TELECOMUNICAZIONI s.p.a.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Giuseppe Sartorio ed elettivamente domiciliato in Palermo, via
Ammiraglio Gravina n. 95 (studio avv. Alessandro Reale),
contro
il Comune di Marsala, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Salvatore Pensabene Lionti, presso il cui studio in Palermo, via
Giusti n. 45, è elettivamente domiciliato,
per l’annullamento
-del provvedimento n. 6844 del 25.10.2005, con il quale il Comune di Marsala
ha diffidato la società ricorrente dal dare corso ai lavori per la realizzazione
di una stazione radio base per telefonia cellulare;
-di tutti gli atti allo stesso preordinati, connessi e/o consequenziali, ivi
inclusa la deliberazione consiliare n. 18 del 31.1.2001, con particolare
riferimento all’art. 10.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marsala;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 208 del 17 febbraio 2006 di accoglimento della domanda
incidentale di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore il Consigliere Cosimo Di Paola;
Uditi alla pubblica udienza 6 giugno 2007 i difensori delle parti, come da
verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
Fatto
Con il ricorso in esame, la ricorrente Ericsson Telecomunicazioni s.p.a ha
impugnato il provvedimento n. 6844 del 25.10.2005, con il quale il Comune di
Marsala ha diffidato la società ricorrente dal dare corso ai lavori per la
realizzazione di una stazione radio base per telefonia cellulare, nonché il
regolamento per l’installazione di impianti di telecomunicazioni e
radiodiffusione approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del
31.1.2001 (con particolare riferimento all’art. 10).
La società ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati, previa
sospensiva e col favore delle spese, deducendo i seguenti motivi di gravame:
1) Violazione e mancata applicazione dell’art. 93 del D.lgs. 1 agosto 2003, n.
259 e della legge reg.le 28 dicembre 2004, n. 17 – Eccesso di potere per errore
sui presupposti e difetto di istruttoria;
2)Violazione degli artt. 7, 8 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 -
Violazione e mancata applicazione dell’art. 93 del D.lgs. 1 agosto 2003, n. 259
e della legge reg.le 28 dicembre 2004, n. 17 – Eccesso di potere per errore sui
presupposti e difetto di istruttoria;
3)Violazione degli artt. 86, 87 e 93 del D.lgs. 1 agosto 2003, n. 259
–Violazione dell’art. 103 della legge reg.le 28 dicembre 2004, n. 17 –
Violazione della normativa comunitaria - Violazione e falsa applicazione del
D.P.C.M. 8 luglio 2003 e dell’art. 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 –
Illegittimità derivata - Incompetenza - Eccesso di potere per difetto di
istruttoria e sviamento – Violazione dell’art. 41 della Costituzione;
4)Violazione degli artt. 86, 87 e 93 del D.lgs. 1 agosto 2003, n. 259
–Violazione dell’art. 103 della legge reg.le 28 dicembre 2004, n. 17 –
Violazione della normativa comunitaria - Violazione e falsa applicazione del
D.P.C.M. 8 luglio 2003 e dell’art. 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 –
Illegittimità derivata - Incompetenza - Eccesso di potere per difetto di
istruttoria e sviamento – Violazione dell’art. 41 della Costituzione;
5)Violazione della legge 31 luglio 1997, n. 249 e del del D.M. n. 381 del 10
settembre 1998 - Violazione degli artt. 42 e 48 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.
267 e del D.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 -
Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erronea valutazione dei
presupposti e sviamento;
6)Illegittimità derivata dalla deliberazione C.C. n. 29 del 16 marzo 2001 -
Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 della legge n. 1150/1942 e
successive modificazioni – Violazione dell’art. 5 della legge reg.le n. 7171978
e dell’art. 3 della legge reg.le n. 15/1998;
7)Violazione e falsa applicazione della legge 22 febbraio 2001, n. 36, del D.M.
n. 381/1998 (oggi D.P.C.M. 8 luglio 2003) e dell’art. 89 del D.lgs. 1 agosto
2003, n. 259 – Violazione dell’art. 41 della Costituzione – Incompetenza -
Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, sviamento,
illogicità e contraddittorietà – Violazione del giusto procedimento;
8)Violazione dell’art. 3, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 –
Violazione del giusto procedimento - Violazione e falsa applicazione del
D.P.C.M. 8 luglio 2003 – Violazione della legge 22 febbraio 2001, n. 36 e del
D.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 – Violazione dell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n.
447/1998 – Incompetenza - Eccesso di potere per difetto di motivazione e di
istruttoria e per sviamento - Violazione dell’art. 41 della Costituzione.
Il Comune di Marsala, costituitosi in giudizio, con memoria nei termini, ha
contestato la fondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto, con vittoria di
spese ed onorari.
Con ordinanza n. 208 del 17 febbraio 2006, è stata accolta la domanda cautelare
di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.
Con memoria depositata il 23 maggio 2007, la società ricorrente ha ulteriormente
illustrato quanto dedotto nell’atto introduttivo del giudizio.
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2007, su conforme richiesta dei difensori
delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.
Diritto
Il ricorso è fondato sotto gli assorbenti profili di censura dedotti con i
motivi d’impugnazione quarto, quinto, sesto, settimo ed ottavo (che, per la loro
intrinseca omogeneità, possono esaminarsi congiuntamente).
La ricorrente società Ericsson Telecomunicazioni, nel dedurre, in particolare,
la violazione della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della legge 31 luglio 1997,
n. 249, degli artt. 86 e 87 del D.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, incompetenza ed
eccesso di potere sotto vari profili, sostiene che il Comune, per la
realizzazione delle stazioni radio base per telefonia cellulare, non può imporre
limiti non previsti dalla vigente disciplina normativa, impedendo così
l’espletamento di un servizio pubblico e mortificando il legittimo esercizio da
parte della ricorrente stessa della propria iniziativa economica.
Le articolate doglianze, che ripropongono la dibattuta questione dei poteri
comunali in materia di installazione delle stazioni radio base necessarie per
fornire il sistema di telefonia mobile nel territorio nazionale, meritano
accoglimento.
Il Collegio ritiene, infatti, di dover confermare l’orientamento espresso di
recente da questa stessa Sezione, in fattispecie analoghe alla presente, con le
sentenze 17 gennaio 2006 n. 70, 9 maggio 2006 n. 1010, 21 luglio 2006 n. 1743,
19 febbraio 2007, n. 566, 20 febbraio 2007, n. 583, 11 aprile 2007, n. 1106, 10
maggio 2007, n. 1320, in conformità, peraltro, a un condiviso indirizzo
giurisprudenziale ormai consolidato (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. VI,
11 gennaio 2005, n. 100; 9 giugno 2005, n. 3040; 26 luglio 2005, n. 4000; 4
settembre 2006, n. 5096).
Ed invero, in ordine al quadro normativo di riferimento, deve brevemente
rilevarsi che il 3° comma dell’art. 86 del D.lgs. n. 259/2003 “Codice delle
comunicazioni elettroniche” dispone che “nel caso di installazione di impianti,
con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore
ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di
attenzione e degli obiettivi di qualità sopra indicati, è sufficiente la
denuncia di inizio attività”; ed, al successivo comma 9 che "le denunce di
attività di cui al presente articolo si intendono accolte qualora, entro novanta
giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda (…) non sia
stato comunicato un provvedimento di diniego”.
I problemi conseguenti alla successione nel tempo del d.lgs. 4 settembre 2002,
n. 198 (dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 303
del 1/10/03) e del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 sono stati risolti dal d.l. 14
novembre 2003, n. 315, convertito con la legge 16 gennaio 2004, n. 5, che,
all’art. 4, ha espressamente previsto che “I procedimenti di rilascio di
autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazioni
elettroniche iniziati ai sensi del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198,
ed in corso alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale
n. 303 del 1° ottobre 2003, sono disciplinati dal decreto legislativo 1° agosto
2003, n. 259. I termini procedimentali, ferma restando la loro decorrenza dalla
data di presentazione della domanda o della denuncia di inizio attività, sono
computati ai sensi degli articoli 87 e 88 del medesimo decreto legislativo n.
259 del 2003”.
E’ vero che il predetto d.lgs. n. 259/2003 è stato recepito nella Regione
Siciliana con l’art. 103 della l.r. 28 dicembre 2004, n. 17, entrata in vigore
il successivo giorno 31 (e quindi successivamente alla data di adozione del
regolamento comunale impugnato); va, tuttavia, ribadito quanto statuito da
questa Sezione nella richiamata sentenza n. 1010 del 9 maggio 2006 (con la quale
è stata riesaminata funditus la questione oggetto anche del presente giudizio),
e cioè che il procedimento delineato dall’art. 87 del Codice delle comunicazioni
elettroniche deve ritenersi immediatamente applicabile nel territorio della
Regione siciliana, indipendentemente dal suo recepimento e senza che sia dato
distinguere tra disposizioni in materia di urbanistica e disposizioni in materia
di tutela della concorrenza e dell’ambiente (cfr., altresì, T.A.R. Sicilia, sez.
II, 9 maggio 2006, n. 1009).
La previsione di un unico procedimento autorizzatorio per l'installazione delle
infrastrutture di comunicazione elettronica è finalizzata a garantire, tramite
procedure tempestive e semplificate, la parità delle condizioni concorrenziali
fra i diversi gestori nella realizzazione delle proprie reti di comunicazione
sul territorio nazionale, nonché la osservanza di livelli uniformi di
compatibilità ambientale delle emissioni radioelettriche, stante che l’intento
perseguito dal legislatore comunitario e da quello nazionale è quello di
consentire la installazione di stazioni radio base in forza di un unico
provvedimento autorizzatorio, che deve essere rilasciato sulla base di un
procedimento unitario, nel contesto del quale devono essere fatte confluire le
valutazioni sia di tipo ambientale che di tipo urbanistico (cfr., altresì, Corte
Costituzionale, 28 marzo 2006, n. 129; 6 luglio 2006, n. 265).
Va, poi, osservato che, in presenza della specifica previsione di cui all’art.
86 del D.lgs. n. 259/2003, il quale, come dedotto in ricorso, assimila, ad ogni
effetto, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione alle opere di
urbanizzazione primaria, ed in assenza di specifiche previsioni, deve ritenersi
che gli impianti di telefonia mobile non possano essere assimilati alle normali
costruzioni edilizie e, pertanto, la loro realizzazione non sia soggetta a
prescrizioni urbanistico-edilizie preesistenti, le quali si riferiscono a
tipologie di opere diverse e sono state elaborate con riferimento a possibilità
di diverso utilizzo del territorio, nell’inconsapevolezza del fenomeno della
telefonia mobile e, più in generale, dell’inquinamento elettromagnetico in
generale. Conseguentemente, il titolo autorizzatorio non può essere negato se
non avuto riguardo ad una specifica disciplina conformativa, che prenda in
considerazione le reti infrastrutturali tecnologiche necessarie per il
funzionamento del servizio pubblico (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 17
ottobre 2003, n. 7725; TAR Campania, sez. I, 13 febbraio 2002, n. 983, 20
dicembre 2004, n. 14908).
Va, ancora, rilevato che l’art. 90 del citato D.Lgs. n. 259/2003 dispone che gli
impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità
hanno “carattere di pubblica utilità”, con possibilità, quindi, di essere
ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con
tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola, ecc.: cfr.,
in tal senso, C.G.A. ordinanza 5 luglio 2006, n. 543; Cons. Stato, sez. VI, 4
settembre 2006, n. 5096).
Come condivisibilmente osservato da questa Sezione nella più volte citata
sentenza n. 1010 del 9 maggio 2006 e come sopra evidenziato, gli impianti di
telefonia mobile non possono, infatti, essere assimilati alle normali
costruzioni edilizie, in quanto normalmente non sviluppano volumetria o
cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle
costruzioni, non hanno un impatto sul territorio paragonabile a quello degli
edifici in cemento armato o muratura. Trattasi, inoltre, di strutture, che, per
esigenze di irradiamento del segnale, si sviluppano normalmente in altezza,
tramite strutture metalliche, pali o tralicci, talora collocate su strutture
preesistenti, su lastrici solari, su tetti, a ridosso di pali. Tali
caratteristiche peculiari impongono, quindi, una valutazione separata e distinta
del fenomeno, che deve essere compiuta con specifico riferimento alle
infrastrutture telefoniche, escludendosi la legittimità di una estensione
analogica di una normativa edilizia concepita per altri scopi e diretta a
regolamentare altre forme di utilizzazione del territorio (cfr., tra le tante,
Cons. Stato, VI, 26 agosto 2003, n. 4847; 24 novembre 2003, n. 7725, T.A.R.
Campania Napoli, sez. I, 4 marzo 2005, n. 1610).
Va, quindi, ribadito che il Comune, ancorchè mantenga intatte le proprie
competenze in materia di governo del territorio, queste tuttavia, per espressa
valutazione legislativa, non possono interferire con quelle relative alla
installazione delle reti di telecomunicazione e, in particolare, non possono
determinare vincoli e limiti così stringenti da concretizzarsi in un divieto di
carattere pressoché generalizzato (e senza prevedere alcuna possibile
localizzazione alternativa), in contrasto con le esigenze tecniche necessarie a
consentire la realizzazione effettiva della rete di telefonia cellulare che
assicuri la copertura del servizio nell’intero territorio comunale.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 331/2003, ha, infatti, chiarito che nell’esercizio dei suoi poteri, il Comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il Comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla legge quadro n. 36 del 2001. Devono, pertanto, ritenersi illegittimi per incompetenza e per eccesso di potere gli atti del Comune che intenda regolamentare la materia in argomento per profili estranei all’urbanistica ed alla pianificazione del territorio.
In particolare, il Comune non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti
di natura edilizia-urbanistica, adottare misure, le quali nella sostanza
costituiscano una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici
fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di
installare stazioni radio-base per telefonia cellulare in tutte le zone
territoriali omogenee, ovvero la introduzione di distanze fisse da osservare
rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle
persone o al centro cittadino (cfr. anche, in tal senso, Cons. Stato, sez. VI,
29 novembre 2006, n. 6994; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 31 gennaio 2005, n.
554).
Tali disposizioni sono, infatti, funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell'elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36/2000 riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’Ambiente di concerto con il Ministro della Salute (in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, IV, 3 giugno 2002, n. 3095, 20 dicembre 2002, n. 7274, 10 febbraio 2003, n. 673, 14 febbraio 2005, n. 450, 5 agosto 2005, n. 4159; sez. VI, 1° aprile 2003, n. 1226, 30 maggio 2003, n. 2997, 30 luglio 2003, n. 4391; 26 agosto 2003, n. 4841, 15 giugno 2006, n. 3534).
Nella fattispecie in esame, il Comune di Marsala, con le impugnate previsioni
regolamentari, ha inteso disciplinare non profili urbanistici rientranti nella
competenza dell’ente locale, ma, con un divieto di carattere pressocchè
generalizzato, a tutelare la salute umana al fine di prevenire i rischi
derivanti dalla esposizione della popolazione a campi elettromagnetici,
esorbitando, come tale, dall’ambito normativamente riservato ai c.d. regolamenti
di minimizzazione.
Ne consegue la illegittimità derivata del provvedimento n. 6844 del 25.10.2005,
con il quale il Comune ha diffidato la società ricorrente dal dare corso ai
lavori per la realizzazione di una stazione radio base per telefonia cellulare.
Per le suesposte considerazioni e assorbito quant’altro, il ricorso deve essere
accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Sussistono giusti motivi, in considerazione della natura della controversia, per
disporre tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione seconda, accoglie
il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, nelle Camere di Consiglio del 6 giugno 2007 e del 10
ottobre 2007, con l'intervento dei Signori Magistrati:
- Nicolò Monteleone - Presidente
- Cosimo Di Paola - Consigliere - estensore
- Gianmario Palliggiano - Referendario
Depositata in Segreteria il 09/01/2008.
Il Segretario
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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
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